Analisi eseguibili

Centro Diagnostico Trasimeno

Il Laboratorio, negli ultimi anni, si è attrezzato con una tecnologia strumentale all’avanguardia per riuscire a eseguire i test analitici totalmente in sede.  Lo sviluppo delle analisi, sempre più particolari e specifiche, non permette però di raggiungere il numero/anno test e il rapporto costi/numero. Questo non è sufficiente all’introduzione di queste analisi nella routine del laboratorio. La struttura ha considerato e preso la decisione che, per questa tipologia di richieste, dovesse formare con altre strutture una rete di professionisti in grado di soddisfare la quasi totalità di tutti i test prodotti dalla ricerca sanitaria.  Per una trasparenza la struttura ha identificato con un simbolo “*” accanto al nome del test la cui esecuzione avviene tramite la rete professionale. I pazienti, vengono edotti al momento del prelievo.

Clicca  sulle voci per aprire il dettaglio

Analisi non presente nell’elenco chiamare  Tel. 075 965 27 64 o accedere al MODULO richiesta Informazioni
                 

A

AB ANTI-DECARBOSSILASI ACIDO GLUTAMMICO (GADA)

Gli autoanticorpi coinvolti nell’autoimmunità del diabete sono proteineprodotte dal sistema immunitario associate al diabete di tipo I (presenti nel 95-98% delle persone affette da diabete mellito di tipo I).Questo esame consente di rilevare la presenza di uno o più di questi autoanticorpi nel sangue.Il diabete mellito di tipo I è una patologia caratterizzata dalla carenza di insulina dovuta ad un processo autoimmune responsabile della distruzione delle cellule beta del pancreas, produttrici insulina. Gli autoanticorpi possono essere presenti prima della diagnosi di diabete di tipo I (pre-diabete), lo sono di solito alla diagnosi e la loro frequenza diminuisce nel corso dei 5-10 anni successivi alla diagnosi.Gli autoanticorpi, pur evidenziando la presenza di un processo autoimmune responsabile della distruzione delle cellule beta, non sono considerati la causa del diabete di tipo I. Il diabete mellito di tipo II è invece dovuto alla resistenza dell’organismo agli effetti dell’insulina (insulino resistenza) associata alla progressiva diminuzione della produzione di insulina, senza il coinvolgimento di meccanismi autoimmunitari.Il diabete di tipo I era noto come diabete giovanile o insulino-dipendente; è stato poi ricaratterizzato per riflettere la carenza assoluta di insulina. Alla diagnosi di diabete di tipo I, sono rilevabili un tipo o più tipi di autoanticorpi nel 95% degli affetti. Nel diabete di tipo II, gli autoanticorpi sono di norma assenti.I cinque principali autoanticorpi correlati al diabete sono:

  • Anticorpi citoplasmatici anti-insula pancreatica (ICA)
  • Anticorpi anti-decarbossilasi dell’acido glutammico (GADA)
  • Anticorpi-2 associati all’insulinoma (IA-2A)
  • Anticorpi anti-insulina (IAA)
  • Anticorpi anti-trasportatore dello zinco 8 (ZnT8A)

Per maggiori informazioni, consultare la sezione Approfondimenti.Circa il 10% di tutti i casi di diabete diagnosticati è di tipo I (autoimmune); la maggior parte dei casi sono diagnosticati prima dei 20 anni anche se il diabete di tipo I può manifestarsi in persone di qualsiasi età. I sintomi del diabete, come la minzione frequente, la sete, la perdita di peso e la scarsa guarigione delle ferite, emergono quando circa l’80-90% delle cellule beta del pancreas sono state distrutte e non sono più in grado di produrre insulina.L’organismo necessita d’insulina quotidianamente, affinché il glucosio possa entrare nelle cellule ed essere usato per la produzione di energia. Senza una quantità di insulina sufficiente, le cellule non ricevono l’apporto adeguato di glucosio e il paziente va incontro a iperglicemia (concentrazione di glucosio elevata nel sangue). L’iperglicemia acuta può provocare una crisi diabetica (chetoacidosi diabetica, stato iperglicemico-iperosmolare o una combinazione di entrambi). L’iperglicemia cronica può danneggiare la parete dei vasi, i nervi ed alcuni organi, tra cui i reni.

The autoantibodies involved in diabetes autoimmunity are proteins produced by the immune system associated with type I diabetes (found in 95-98% of people with type I diabetes mellitus).This test detects the presence of one or more of these autoantibodies in the blood.Type I diabetes mellitus is a disease characterized by insulin deficiency due to an autoimmune process responsible for the destruction of the insulin-producing beta cells of the pancreas. Autoantibodies may be present before the diagnosis of type 1 diabetes (pre-diabetes), are usually present at diagnosis, and their frequency decreases over the 5 to 10 years following diagnosis.Autoantibodies, while highlighting the presence of an autoimmune process responsible for the destruction of beta cells, are not considered the cause of type I diabetes. Type II diabetes mellitus is instead due to the body’s resistance to the effects of insulin (insulin resistance) associated with the progressive decrease in insulin production, without the involvement of autoimmune mechanisms.Type I diabetes used to be known as juvenile or insulin-dependent diabetes; it was then recharacterized to reflect absolute insulin deficiency. At the diagnosis of type I diabetes, one or more types of autoantibodies are detectable in 95% of those affected. In type II diabetes, autoantibodies are usually absent.The top five autoantibodies related to diabetes are:Anti-pancreatic islet cell (ICA) cytoplasmic antibodiesAnti-glutamic acid decarboxylase (GADA) antibodiesInsulinoma-associated antibodies-2 (IA-2A)Anti-insulin antibodies (IAA)Anti-zinc transporter 8 (ZnT8A) antibodiesFor more information, see the Learn More section.About 10% of all diagnosed diabetes cases are type I (autoimmune); most cases are diagnosed before the age of 20, although type I diabetes can occur in people of any age. Symptoms of diabetes, such as frequent urination, thirst, weight loss, and poor wound healing, emerge when approximately 80-90% of the beta cells in the pancreas have been destroyed and are no longer able to produce insulin .The body needs insulin every day so that glucose can enter cells and be used for energy production. Without sufficient insulin, cells do not receive an adequate supply of glucose and the patient develops hyperglycemia (high blood glucose concentration). Acute hyperglycemia can lead to a diabetic crisis (diabetic ketoacidosis, hyperglycemic-hyperosmolar state, or a combination of both). Chronic high blood sugar can damage blood vessel walls, nerves, and some organs, including the kidneys.

ACE – SACE – Angiotensin Converting Enzyme

L’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) è necessario nella regolazione della pressione sanguigna. In presenza di sarcoidosi sono presenti elevati livelli di ACE. La sarcoidosi è un disordine sistemico di origini ignota che spesso colpisce i polmoni ma che può anche colpire molti altri organi, inclusi gli occhi, la pelle, i nervi, il fegato e il cuore. Questo test misura la quantità di ACE nel sangue.Spesso la sarcoidosi è associata allo sviluppo di granulomi, piccole masse di tessuto simil- tumorale composto da cellule infiammatorie e immunitarie e tessuto fibroso, che creano dei noduli sotto la cute e in altre parti del corpo. I granulomi cambiano la struttura dei tessuti circostanti e, se in quantità elevata, possono infiammare e danneggiare i tessuti circostanti tanto da interferire con le loro normali funzioni. Le cellule poste ai margini del granuloma possono produrre una grande quantità di ACE perciò la quantità di ACE nel sangue aumenta quando aumenta la quantità di granulomi correlati alla sarcoidosi.

The conversion enzyme of angiotensin (ACE) is necessary in regulating blood pressure. In the presence of sarcoidosis there are high levels of ACE. Sarcoidosis is a systemic disorder of unknown origins that often affects the lungs but which can also affect many other organs, including eyes, skin, nerves, liver and heart. This test measures the amount of ace in the blood. Spess the sarcoidosis is associated with the development of granulomas, small masses of tumor-like tissue composed of inflammatory and immune cells and fibrous tissue, which create nodules under the skin and other parts of the body Granulomas change the structure of the surrounding tissues and, if in high quantities, they can inflame and damage the surrounding tissues so as to interfere with their normal functions. The cells placed on the edge of granuloma can produce a large amount of ace therefore the amount of ace in the blood increases when the amount of granulomas related to sarcoidosis increases.

ACETONE

I chetoni o corpi chetonici sono dei prodotti del metabolismo degli acidi grassi. Questo test misura la quantità di chetoni presenti nel sangue (chetonemia).I corpi chetonici vengono prodotti in condizioni di scarsità di glucosio o nel caso in cui la carenza di insulina determini l’impossibilità dell’utilizzo del glucosio come fonte energetica da parte delle cellule dell’organismo. In questo caso il metabolismo dei grassi (lipidi), utilizzati come fonte energetica alternativa, comporta la formazione e l’aumento nel sangue dei corpi chetonici, con conseguente chetosi. La chetosi può progredire quindi in chetoacidosi, una forma di acidosi metabolica. Questa patologia è frequente nelle persone con diabete di tipo 1 scompensato, ma può insorgere anche nel diabete tipo 2.La chetoacidosi diabetica si associa associata a grave aumento della glicemia (iperglicemia acuta), in presenza di grave carenza di insulina e a sbilanciamento dell’equilibrio acido-base dell’organismo. I chetoni e il glucosio in eccesso vengono riversati nell’urina da parte dei reni, nel tentativo di abbassarne i livelli ematici. L’iperglicemia comporta minzione frequente, polidipsia, disidratazione e perdita di elettroliti. La persona con chetoacidosi diabetica può anche presentare sintomi quali respiro affannoso, fiato corto e dall’odore fruttato (per la presenza di chetoni nel respiro), nausea, vomito, dolore allo stomaco, affaticamento, stato confusionale, coma.In alcuni casi, la chetoacidosi può presentarsi in assenza di iperglicemia (chetoacidosi normoglicemica) ed essere caratterizzata da livelli sierici di bicarbonato di 10 mEq/L o leggermente inferiori e livelli di glicemia inferiori a 250 mg/dL (14 mmol/L). Questa forma di chetoacidosi può manifestarsi in donne in gravidanza con diabete pregestazionale tipo 1 o 2 o con diabete gestazionale, ed il fattore predisponente è la condizione di digiuno accelerato determinato dalla gravidanza per sé. La chetoacidosi normoglicemica si può anche presentare nei pazienti con deficit di insulina in terapia con alcuni anti-iperglicemici orali, le glifozine (inibitori di SGLT2).Anche il digiuno prolungato, l’alcolismo e le diete povere di carboidrati e ricche di grassi possono determinare la comparsa di chetosi e chetoacidosi. Talvolta può essere indotta di proposito in alcuni bambini affetti da epilessia, con convulsioni frequenti ma refrattari ad altri tipi di terapie.Esistono tre corpi chetonici: acetoacetato, beta-idrossibutirrato e acetone.

  • L’acetoacetato viene prodotto per primo, durante il metabolismo degli acidi grassi
  • Il beta-idrossibutirrato si forma a partire dall’acetoacetato. É il chetone predominante in corso di grave chetoacidosi diabetica
  • L’acetone si crea spontaneamente dall’acetoacetato

Differenti metodi sono in grado di misurare differenti tipi di chetoni; pertanto, i risultati di questi metodi non sono intercambiabili.I test ematici per la misura della chetonemia forniscono un’istantanea della condizione di accumulo dei corpi chetonici al momento del prelievo. La misura dei corpi chetonici nell’urina (chetonuria) riflette invece la quantità di corpi chetonici che sono stati prodotti nel sangue in tempi precedenti la raccolta. La chetonuria può essere eseguita anche con le metodiche di autocontrollo del diabete, in alcuni pazienti, insieme alla misura del glucosio urinario. Questo test, inoltre, è uno dei parametri che vengono valutati quando si esegue l’analisi dell’urina. I metodi di misura della chetonuria possono rilevare il solo acetoacetato oppure l’acetoacetato e l’acetone, ma non il beta-idrossibutirrato.I corpi chetonici ematici possono essere misurati sia in laboratorio o sia mediante dispositivi portatili. Solitamente, i test di laboratorio misurano l’acetoacetato nel siero, la porzione liquida del sangue. Per la misura del beta-idrossibutirrato, invece, è necessario effettuare una richiesta specifica.I dispositivi portatili che misurano la quantità di corpi chetonici a partire da una goccia di sangue prelevata dalla puntura del dito in genere misurano il beta-idrossibutirrato. Questo test può essere eseguito tramite i dispositivi POCT (al letto del paziente) in un paziente ricoverato o in pronto soccorso, oppure a livello ambulatoriale o dal paziente stesso tramite i dispostivi di autocontrollo.

The ketones or ketone bodies are products of the metabolism of fatty acids. This test measures the quantity of ketones in the blood (ketonemia). The ketone bodies are produced in conditions of scarcity of glucose or in the event that the deficiency of insulin determines the impossibility of the use of glucose as an energy source by the cells of the body. In this case, the metabolism of fats (lipids), used as an alternative energy source, involves the formation and increase in the blood of the ketone bodies, with consequent ketosis. Ketosis can therefore progress in ketacidosis, a form of metabolic acidosis. This pathology is frequent in people with type 1 type 1 diabetes, but can also arise in diabetes type 2. The diabetic ketoacidosis is associated with serious increase in blood sugar (acute hyperglycaemia), in the presence of serious deficiency of insulin and for the imbalance of balance acid-base of the organism. The ketones and excess glucose are poured into the urine by the kidneys, in an attempt to lower their blood levels. Hyperglicemia involves frequent urination, polyidipsia, dehydration and loss of electrolytes. The person with diabetic ketoacidosis can also present symptoms such as frantic breath, short breath and fruity smell (due to the presence of ketons in breath), nausea, vomiting, stomach pain, fatigue, confusional state, coma.In some cases, the ketoacidosis can present itself in the absence of hyperglycaemia (normoglycaemic ketoacidosis) and be characterized by serum bicarbonate levels of 10 mEQ/l or slightly lower and blood sugar levels lower than 250 mg/dl (14 mmol/l). This form of ketoacidosis can manifest itself in pregnant women with prayer diabetes type 1 or 2 or with gestational diabetes, and the predisposing factor is the accelerated fasting condition determined by pregnancy for itself. Normoglycemic ketoacidosis can also be presented in patients with insulin deficit in therapy with some oral anti-hyperglycemic, glyphozins (SGLT2 inhibitors) The appearance of ketosis and ketoacidosis. Sometimes it can be induced on purpose in some children with epilepsy, with frequent but refractory convulsions to other types of therapies. There are three ketone bodies: aceto care, beta-hydroxybutirrato and acetone.
Aceto care is produced first, during the metabolism of fatty acidsBeta-hydroxybutirrato is formed starting from acetotate. It is the predominant ketone in progress of severe diabetic ketoacidosisAcetone is created spontaneously from aceto careDifferent methods are able to measure different types of ketones; Therefore, the results of these methods are not interchangeable. Henmatic tests for the measure of ketonemia provide a snapshot of the condition of accumulation of the ketone bodies at the time of the withdrawal. The size of the ketone bodies in urine (ketonuria) instead reflects the amount of ketone bodies that have been produced in the blood in previous times the collection. Chetonuria can also be performed with the self -control methods of diabetes, in some patients, together with the measure of urinary glucose. This test is also one of the parameters that are evaluated when performing the analysis of urine. The measuring methods of ketonuria can detect only aceto-cotatate or the vinegar and acetone, but not the beta-hydroxybutirrato. The blood cherry bodies can be measured either in the laboratory or whether through portable devices. Usually, laboratory tests measure the vinegar in the serum, the liquid portion of the blood. For the measurement of the beta-hydroxybutirrato, however, it is necessary to make a specific request. The portable devices that measure the amount of ketone bodies starting from a drop of blood taken from the puncture of the finger in general measure the beta-hydroxybutirrato. This test can be performed through Pocst devices (to the patient’s bed) in a patient hospitalized or in the emergency room, or at an outpatient level or by the patient himself through self -control arrangements.

ACIDI BILIARI

Gli acidi biliari sono formati nel fegato a partire dal colesterolo e coniugati principalmente con glicina e taurina; sono concentrati nella cistifellea e sono escreti, con la bile, nell’intestino tenue in seguito ad un pasto. Gli acidi biliari sono potenti detergenti, riescono ad emulsionare i grassi ingeriti con la dieta facilitandone l’idrolisi da parte della lipasi pancreatica.. Nell’ultima parte dell’intestino tenue, gli acidi biliari sono riassorbiti per il 90% e tornano al fegato per ricominciare il ciclo. Nel siero delle persone sane, la concentrazione degli acidi biliari è mantenuta bassa dalla captazione epatica, anche dopo un pasto; al contrario, specialmente dopo un pasto, livelli elevati sono riscontrati in varie malattie epatiche quali cirrosi, epatite, colestasi, trombosi portale, sindrome di Budd-Chiari, colangite, malattia di Wilson, emocromatosi. Non si riscontrano invece livelli aumentati nella malattia di Gilbert, nelle sindromi di Crigler-Najar e di Dubin-Johnson.Il malassorbimento intestinale non causa un aumento della concentrazione degli acidi biliari nel siero.

Bile acids are formed in the liver starting from cholesterol and combined mainly with glycine and taurine; They are concentrated in the gallbladder and are excreted, with bile, in the small intestine following a meal. Bile acids are powerful detergents, they manage to emulsify the fat ingested with the diet facilitating the hydrolysis by the pancreatic lipase .. In the last part of the small intestine, bile acids are reabsorbed for 90% and return to the liver for Start the cycle again. In the serum of healthy people, the concentration of bile acids is maintained low by liver goat, even after a meal; On the contrary, especially after a meal, high levels are found in various liver diseases such as cirrhosis, hepatitis, cholestasis, portal thrombosis, budd-chiari syndrome, cholangite, Wilson’s disease, bloodocromatosis. On the other hand, there are no levels increased in Gilbert’s disease, in Crigler-Najar and Dubin-Johnson syndromes. Intestinal malabsorption does not cause an increase in the concentration of bile acids in the serum.

ACIDO 2 ETOSSIACETICO

Le sostanze solventi genericamente definite cellosolve e cellosolve acetato, rispettivamente 2-etossietanolo e 2-etossietil acetato, sono largamente impiegate nella produzione di vernici e nei processi di verniciatura. Le caratteristiche fisiche dei cellosolve (alto punto di ebollizione, bassa tensione di vapore), portano in genere ad una minor dispersione nell’aria dei relativi vapori rispetto ai solventi tradizionali. D’altro canto le loro elevate caratteristiche di liposolubilità ne esaltano l’assorbimento attraverso la cute. Ne consegue che l’indagine più efficace per la misura dell’assorbimento e quindi dell’esposizione professionale è quella biologica associata a quella ambientale. Il metabolita specifico da ricercare nelle urine è rappresentato dall’acido 2-etossiacetico. Una esposizione cronica può causare danni ematologici (anemia e leucopenia) e alterazioni del S.N.C.

The solvents generically defined as cellosolve and cellosolve acetate, respectively 2-etoxiethanol and 2-etoxietil acetate, are widely used in the production of paints and in the painting processes. The physical characteristics of the cellosolve (high boiling point, low steam tension), generally lead to less dispersion of the relative vapors compared to traditional solvents. On the other hand, their high characteristics of liposolubility enhance their absorption through the skin. It follows that the most effective investigation for the measure of absorption and therefore of the professional exposure is the biological one associated with the environmental one. The specific metabolite to be found in the urine is represented by 2-etoxiac acid. A chronic exposure can cause hematological damage (anemia and leukopenia) and alterations of the S.N.C.

ACIDO 5-IDROSSIINDOLACETICO

L’acido 5-idrossi-indolacetico (5-HIAA) è il principale metabolita della serotonina, una sostanza chimica (neurotrasmettitore) che favorisce i collegamenti tra le cellule nervose. L’esame misura la concentrazione di 5-HIAA nell’urina o nel sangue.La serotonina è prodotta, al bisogno, dal sistema nervoso (principalmente dal cervello) ma anche da particolari cellule dell’albero bronchiale (polmoni) e del tratto gastrointestinale (GI). E’ una molecola che favorisce la trasmissione degli impulsi nervosi, è un vasocostrittore, contribuisce al ritmo sonno-veglia e condiziona l’umore. Dopo aver svolto la sua funzione, viene metabolizzata a livello epatico ed i suoi metaboliti, compreso l’acido 5-idrossi-indolacetico, vengono escreti nell’urina.Normalmente, nell’urina sono presenti solo piccole quantità di acido 5-idrossi-indolacetico. Notevoli quantità di serotonina e acido 5-idrossi-indolacetico possono essere prodotte, invece, dai tumori carcinoidi. Si tratta di masse neuroendocrine cancerose o non cancerose a crescita lenta che interessano il tratto gastrointestinale, specialmente l’appendice, e i polmoni. Circa 2 tumori carcinoidi su 3 sono stati osservati nel tratto gastrointestinale, gli altri prevalentemente nei polmoni, ma anche in altri organi. Secondo la Fondazione AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) i tumori neuroendocrini o carcinoidi più frequenti riguardano il tratto gastro-entero-pancreatico (60-70 per cento); seguono quelli che colpiscono polmoni e apparato respiratorio (20-30 per cento) o altre regioni del corpo (10 per cento).Quando i tumori carcinoidi vengono scoperti in pazienti asintomatici nel corso di interventi chirurgici eseguiti per altre ragioni, questi vengono definiti tumori “incidentali” o incidentalomi. Una piccola percentuale di questi tumori può crescere in misura tale da provocare ostruzione intestinale o bronchiale.Circa il 10% dei tumori carcinoidi, prevalentemente quelli trovati nel tratto gastrointestinale che interessano il fegato, producono serotonina in quantità sufficiente da provocare sintomi come vampate, diarrea, accelerata frequenza cardiaca e asma, tutti riferibili alla sindrome carcinoide. La serotonina che provoca la sindrome carcinoide può essere rilasciata in modo continuo o intermittente e può provocare il rilascio di quantità significative di 5-HIAA nell’urina e nel sangue.

5-hydroxy-indolacetic acid (5-ostae) is the main metabolite of serotonin, a chemical (neurotransmitter) that promotes connections between the nerve cells. The exam measures the concentration of 5-ost in urine or in the blood.The serotonin is produced, as needed, by the nervous system (mainly by the brain) but also by particular cells of the bronchial tree (lungs) and of the gastrointestinal tract ( Gi). It is a molecule that promotes the transmission of nerve impulses, it is a vasoconstrictor, contributes to the sleep-wake rhythm and conditions the mood. After performing its function, it is metabolized at the liver and its metabolites, including 5-hydroxy-indolacetic acid, they are excreted in the urine. Normally, in urine there are only small quantities of 5-hydroxy-industry acid Remarkable quantities of serotonin and 5-hydroxy-industry acid can instead be produced by carcinoid tumors. These are neuroendocrine cancerous or non -slow growing growth that affect the gastrointestinal tract, especially the appendix, and the lungs. About 2 out of 3 out of 3 carcinoid tumors were observed in the gastrointestinal tract, the others mainly in the lungs, but also in other organs. According to the AIRC Foundation (Italian Association for Cancer Research), the most frequent neuroendocrine or carcinoid tumors concern the gastro-entercreatic trait (60-70 percent); Those that affect lungs and respiratory systems (20-30 percent) or other regions of the body (10 percent) are followed. When carcinoid tumors are discovered in asymptomatic patients during surgery interventions performed for other reasons, these are called tumors ” incidental “or incidentalomas. A small percentage of these tumors can grow to such an extent as to cause intestinal or bronchial obstruction. 10% of the carcinoid tumors, mainly those found in the gastrointestinal tract affecting the liver, produce serotonin in sufficient quantities to be caused symptoms such as hot, diarrhea, accelerated heart rate and asthma, all referable to carcinoid syndrome. The serotonin that causes carcinoid syndrome can be released continuously or intermittently and can cause the release of significant quantities of 5-osta in urine and blood.

ACIDO FENILGLIOSSILICO

L’acido fenilgliossilico rappresenta, insieme all’acido mandelico, uno dei principali metaboliti dello stirene, idrocarburo aromatico ampiamente utilizzato in numerosi processi di sintesi chimica oltre che come solvente. L’intossicazione da stirene provoca effetti irritativi sulla cute e le mucose; a più elevate concentrazioni svolge un’azione tossica sul Sistema Nervoso Centrale. La concentrazione urinaria dell’acido fenilgliossilico è ben correlata con i livelli di esposizione allo stirene. Poiché questo acido è caratterizzato da una emivita biologica più lunga rispetto a quella dell’acido mandelico, la sua concentrazione urinaria tende ad aumentare nel corso della settimana lavorativa. Il monitoraggio biologico dell’esposizione a stirene può essere effettuato anche attraverso la determinazione della concentrazione urinaria di acido mandelico, o attraverso i valori di concentrazione di questi due metaboliti

Phenylglyoxylic acid represents, together with mandelic acid, one of the main metabolites of styrene, an aromatic hydrocarbon widely used in numerous chemical synthesis processes as well as as a solvent. Styrene poisoning causes irritative effects on the skin and mucous membranes; at higher concentrations it has a toxic action on the Central Nervous System. Urinary phenylglyoxylic acid concentration is well correlated with styrene exposure levels. Since this acid is characterized by a longer biological half-life than mandelic acid, its urinary concentration tends to increase during the working week. Biological monitoring of styrene exposure can also be performed by determining the urinary concentration of mandelic acid, or by measuring the concentration values of these two metabolites

ACIDO FOLICO

La vitamina B12 e i folati fanno parte del complesso di vitamine B e, insieme alla vitamina C, aiutano l’organismo a produrre nuove proteine. Sia la vitamina B12 che l’acido folico sono necessari per la normale formazione dei globuli rossi (RBC) e dei globuli bianchi (WBC), per la riparazione di cellule e tessuti e per la sintesi del DNA. Entrambi questi nutrienti devono essere assunti con la dieta poiché non possono essere prodotti dall’organismo. Questo test misura le concentrazioni di folati e vitamina B12 nella porzione liquida del sangue (siero o plasma), per determinarne le eventuali carenze. La concentrazione di folati può essere misurata anche all’interno dei globuli rossi (RBC).

  • La vitamina B12, o cobalamina, è presente nei prodotti di origine animale come carni rosse, pesce, pollame, latte, yogurt e uova
  • Con il nome di “folato” (vitamina B9) ci si riferisce alla forma naturale del composto, mentre con “acido folico” si indica un additivo aggiunto a cibi e bevande. Il folato si trova nella verdura a foglia larga, negli agrumi, nei fagioli e nei piselli secchi, nel fegato e nel lievito.

Negli ultimi anni, i cereali, il pane e altri particolari prodotti del grano sono diventati importanti risorse di vitamina B12 e folati (identificati come “acido folico” nelle etichette nutrizionali riportate sulle confezioni dei cibi). Una carenza di vitamina B12 o folati può provocare anemia macrocitica. L’anemia megaloblastica, un tipo di anemia macrocitica, è caratterizzata dalla produzione di pochi ma grandi globuli rossi chiamati macrociti, oltre a cambiamenti cellulari a livello del midollo osseo. Altri risultati di laboratorio mostrano, in associazione all’anemia megaloblastica, una diminuzione della conta dei globuli bianchi (WBC), dei RBC, dei reticolociti e delle piastrine.La vitamina B12 è importante per la salute dei nervi; per questo la sua carenza può essere associata a varie forme di neuropatia, danneggiamenti dei nervi che possono provocare formicolio e intorpidimento a mani e piedi della persona affetta.I folati sono necessari per la divisione cellulare, come si osserva nello sviluppo fetale. La loro carenza durante le prime fasi della gravidanza può aumentare il rischio di difetti del tubo neurale, come la spina bifida, nel feto in crescita.Le carenze di vitamina B12 e folati sono spesso causate da un loro apporto insufficiente (tramite dieta o integratori), da un utilizzo prolungato di alcuni farmaci, da un assorbimento inadeguato o da un aumentato fabbisogno, come accade in gravidanza.

  • L’apporto insufficiente: nel mondo occidentale non è un fenomeno frequente, poiché molti cibi e bevande sono addizionate con queste vitamine, che si depositano nell’organismo. Gli adulti tipicamente hanno riserve di vitamina B12 nel fegato per molti anni e di folati per tre mesi. Le carenze nella dieta solitamente non causano sintomi finché tali riserve non sono esaurite. Le carenze di vitamina B12 sono state talvolta osservate nei soggetti vegani (coloro che non consumano alcun prodotto di origine animale) e nei loro bambini, se allattati al seno.
  • L’assorbimento inadeguato: l’assorbimento della vitamina B12 avviene in una serie di passaggi. La vitamina B12 è normalmente rilasciata dal cibo grazie all’acido presente nello stomaco, successivamente, a livello dell’intestino tenue, si lega al fattore intrinseco (IF), una proteina sintetizzata dalle cellule parietali dello stomaco. Il complesso B12- IF è dunque assorbito dall’intestino tenue e legato da proteine trasportatrici (transcobalamine), che favoriscono l’entrata nel circolo sanguigno. Se ci sono patologie o condizioni che interferiscono con alcuni di questi passaggi, l’assorbimento di B12 è ridotto.
  • L’aumentato fabbisogno: questo fenomeno è stato osservato in varie condizioni e patologie. L’aumentato fabbisogno di folati è richiesto in gravidanza, durante l’allattamento, nell’infanzia, in presenza di tumori e di anemia emolitica cronica.

Vitamin B12 and folate are part of the vitamin B complex and, together with vitamin C, help the body produce new proteins. Both vitamin B12 and folic acid are required for normal red blood cell (RBC) and white blood cell (WBC) formation, cell and tissue repair, and DNA synthesis. Both of these nutrients must be obtained from the diet as they cannot be produced by the body. This test measures the concentrations of folate and vitamin B12 in the liquid portion of the blood (serum or plasma), to determine any deficiencies. Folate concentration can also be measured within red blood cells (RBCs).Vitamin B12, or cobalamin, is found in animal products such as red meat, fish, poultry, milk, yogurt and eggsThe name “folate” (vitamin B9) refers to the natural form of the compound, while “folic acid” refers to an additive added to foods and beverages. Folate is found in green leafy vegetables, citrus fruits, dried beans and peas, liver and yeast.In recent years, cereals, breads, and other specialty grain products have become important sources of vitamin B12 and folate (identified as “folic acid” on nutrition labels on food packages). A deficiency of vitamin B12 or folate can result in macrocytic anemia. Megaloblastic anemia, a type of macrocytic anemia, is characterized by the production of just a few large red blood cells called macrocytes, as well as cellular changes in the bone marrow. Other laboratory findings show decreased white blood cell (WBC), RBC, reticulocytes, and platelet counts in association with megaloblastic anemia. Vitamin B12 is important for nerve health; for this its deficiency can be associated with various forms of neuropathy, nerve damage that can cause tingling and numbness in the hands and feet of the affected person. Folates are necessary for cell division, as observed in fetal development. Their deficiency during early pregnancy can increase the risk of neural tube defects, such as spina bifida, in the growing fetus. Vitamin B12 and folate deficiencies are often caused by insufficient intake (through diet or supplements). , from prolonged use of certain drugs, from inadequate absorption or from an increased need, as occurs in pregnancy.Insufficient intake: in the Western world it is not a frequent phenomenon, since many foods and drinks are supplemented with these vitamins, which are deposited in the body. Adults typically have stores of vitamin B12 in the liver for many years and folate for three months. Dietary deficiencies usually do not cause symptoms until these reserves are depleted. Vitamin B12 deficiencies have sometimes been observed in vegans (those who do not consume any animal products) and in their infants if they are breastfed.Inadequate Absorption: Absorption of vitamin B12 occurs in a series of steps. Vitamin B12 is normally released from food thanks to the acid present in the stomach, subsequently, in the small intestine, it binds to intrinsic factor (IF), a protein synthesized by the parietal cells of the stomach. The B12-IF complex is therefore absorbed from the small intestine and bound by transporter proteins (transcobalamin), which favor entry into the bloodstream. If there are diseases or conditions that interfere with some of these steps, the absorption of B12 is reduced.   The increased need: This phenomenon has been observed in various conditions and pathologies. The increased need for folate is required during pregnancy, breastfeeding, childhood, in the presence of tumors and chronic haemolytic anemia.

ACIDO FOLICO ( FOLATO o VITAMINA B9)

La vitamina B12 e i folati fanno parte del complesso di vitamine B e, insieme alla vitamina C, aiutano l’organismo a produrre nuove proteine. Sia la vitamina B12 che l’acido folico sono necessari per la normale formazione dei globuli rossi (RBC) e dei globuli bianchi (WBC), per la riparazione di cellule e tessuti e per la sintesi del DNA. Entrambi questi nutrienti devono essere assunti con la dieta poiché non possono essere prodotti dall’organismo.  Questo test misura le concentrazioni di folati e vitamina B12 nella porzione liquida del sangue (siero o plasma), per determinarne le eventuali carenze. La concentrazione di folati può essere misurata anche all’interno dei globuli rossi (RBC). La vitamina B12, o cobalamina, è presente nei prodotti di origine animale come carni rosse, pesce, pollame, latte, yogurt e uova  Con il nome di “folato” (vitamina B9) ci si riferisce alla forma naturale del composto, mentre con “acido folico” si indica un additivo aggiunto a cibi e bevande. Il folato si trova nella verdura a foglia larga, negli agrumi, nei fagioli e nei piselli secchi, nel fegato e nel lievito.

Negli ultimi anni, i cereali, il pane e altri particolari prodotti del grano sono diventati importanti risorse di vitamina B12 e folati (identificati come “acido folico” nelle etichette nutrizionali riportate sulle confezioni dei cibi).  Una carenza di vitamina B12 o folati può provocare anemia macrocitica. L’anemia megaloblastica, un tipo di anemia macrocitica, è caratterizzata dalla produzione di pochi ma grandi globuli rossi chiamati macrociti, oltre a cambiamenti cellulari a livello del midollo osseo. Altri risultati di laboratorio mostrano, in associazione all’anemia megaloblastica, una diminuzione della conta dei globuli bianchi (WBC), dei RBC, dei reticolociti e delle piastrine. La vitamina B12 è importante per la salute dei nervi; per questo la sua carenza può essere associata a varie forme di neuropatia, danneggiamenti dei nervi che possono provocare formicolio e intorpidimento a mani e piedi della persona affetta. I folati sono necessari per la divisione cellulare, come si osserva nello sviluppo fetale. La loro carenza durante le prime fasi della gravidanza può aumentare il rischio di difetti del tubo neurale, come la spina bifida, nel feto in crescita. Le carenze di vitamina B12 e folati sono spesso causate da un loro apporto insufficiente (tramite dieta o integratori), da un utilizzo prolungato di alcuni farmaci, da un assorbimento inadeguato o da un aumentato fabbisogno, come accade in gravidanza.  L’aumentato fabbisogno: questo fenomeno è stato osservato in varie condizioni e patologie. L’aumentato fabbisogno di folati è richiesto in gravidanza, durante l’allattamento, nell’infanzia, in presenza di tumori e di anemia emolitica cronica.  L’apporto insufficiente: nel mondo occidentale non è un fenomeno frequente, poiché molti cibi e bevande sono addizionate con queste vitamine, che si depositano nell’organismo. Gli adulti tipicamente hanno riserve di vitamina B12 nel fegato per molti anni e di folati per tre mesi. Le carenze nella dieta solitamente non causano sintomi finché tali riserve non sono esaurite. Le carenze di vitamina B12 sono state talvolta osservate nei soggetti vegani (coloro che non consumano alcun prodotto di origine animale) e nei loro bambini, se allattati al seno. L’assorbimento inadeguato: l’assorbimento della vitamina B12 avviene in una serie di passaggi. La vitamina B12 è normalmente rilasciata dal cibo grazie all’acido presente nello stomaco, successivamente, a livello dell’intestino tenue, si lega al fattore intrinseco (IF), una proteina sintetizzata dalle cellule parietali dello stomaco. Il complesso B12- IF è dunque assorbito dall’intestino tenue e legato da proteine trasportatrici (transcobalamine), che favoriscono l’entrata nel circolo sanguigno. Se ci sono patologie o condizioni che interferiscono con alcuni di questi passaggi, l’assorbimento di B12 è ridotto.

Vitamin B12 and folate are part of the B vitamin complex and, together with vitamin C, help the body produce new proteins. Both vitamin B12 and folic acid are required for normal red blood cell (RBC) and white blood cell (WBC) formation, cell and tissue repair, and DNA synthesis. Both of these nutrients must be taken in with the diet as they cannot be produced by the body.  This test measures the concentrations of folate and vitamin B12 in the liquid portion of the blood (serum or plasma), to determine any deficiencies. Folate concentration can also be measured within red blood cells (RBCs). Vitamin B12, or cobalamin, is present in products of animal origin such as red meat, fish, poultry, milk, yogurt and eggs. The name “folate” (vitamin B9) refers to the natural form of the compound, while “folic acid” indicates an additive added to foods and drinks. Folate is found in broadleaf vegetables, citrus fruits, dried beans and peas, liver, and yeast. In recent years, cereals, bread and other particular wheat products have become important resources of vitamin B12 and folate (identified as “folic acid” in the nutritional labels on food packaging).  A deficiency of vitamin B12 or folate can cause macrocytic anemia. Megaloblastic anemia, a type of macrocytic anemia, is characterized by the production of a few but large red blood cells called macrocytes, as well as cellular changes at the bone marrow level. Other laboratory findings show, in association with megaloblastic anaemia, a decrease in white blood cell (WBC), RBC, reticulocyte and platelet counts. Vitamin B12 is important for nerve health; for this reason its deficiency can be associated with various forms of neuropathy, nerve damage that can cause tingling and numbness in the affected person’s hands and feet. Folates are necessary for cell division, as seen in fetal development. Their deficiency during early pregnancy can increase the risk of neural tube defects, such as spina bifida, in the growing fetus. Vitamin B12 and folate deficiencies are often caused by insufficient intake (through diet or supplements), prolonged use of certain drugs, inadequate absorption or increased needs, as happens during pregnancy. The increased requirement: this phenomenon has been observed in various conditions and pathologies. The increased requirement for folate is required in pregnancy, during lactation, in infancy, in the presence of tumours and chronic haemolytic anaemia.  Insufficient intake: in the Western world it is not a frequent phenomenon, since many foods and drinks are added with these vitamins, which are deposited in the body. Adults typically have reserves of vitamin B12 in the liver for many years and folate for three months. Deficiencies in the diet usually do not cause symptoms until those stores are depleted. Vitamin B12 deficiencies have sometimes been observed in vegans (those who do not consume any animal products) and their babies if breastfed. Inadequate absorption: Vitamin B12 absorption occurs in a number of steps. Vitamin B12 is normally released from food thanks to the acid present in the stomach, subsequently, at the level of the small intestine, it binds to intrinsic factor (IF), a protein synthesized by the parietal cells of the stomach. The B12-IF complex is therefore absorbed by the small intestine and bound by transporter proteins (transcobalamins), which promote entry into the bloodstream. If there are pathologies or conditions that interfere with some of these steps, the absorption of B12 is reduced.

ACIDO IPPURICO

L’acido ippurico è un metabolita del toluene, prodotto dal fegato per coniugazione dell’aminoacido glicina con acido benzoico, ma è presente anche nelle urine di soggetti non esposti al solvente in quanto metabolita di sostanze normalmente presenti nella dieta (vegetali, farmaci). Il toluene è irritante sulla cute e le mucose; è anche tossico sul Sistema Nervoso Centrale e sulla crasi ematica. La quota assorbita nel corso dell’esposizione professionale si somma a quella introdotta con la dieta determinando un innalzamento della concentrazione rispetto ai valori normali. Tale innalzamento risulta proporzionale ai livelli di esposizione al toluene.

Hippuric acid is a metabolite of toluene, produced by the liver by conjugation of the amino acid glycine with benzoic acid, but it is also present in the urine of subjects not exposed to the solvent as a metabolite of substances normally present in the diet (vegetables, drugs). Toluene is irritating to the skin and mucous membranes; it is also toxic on the Central Nervous System and on the blood count. The amount absorbed during occupational exposure is added to that introduced with the diet, resulting in an increase in concentration with respect to normal values. This increase is proportional to the levels of exposure to toluene.

ACIDO MANDELICO FINE TURNO

L’acido mandelico e l’acido fenilgliossilico sono i principali metaboliti dello stirene. L’acido mandelico risulta presente anche come metabolita dell’etilbenzene.L’intossicazione da stirene provoca effetti irritativi sulla cute e le mucose; a più elevate concentrazioni svolge un’azione tossica sul Sistema Nervoso Centrale. Poiché la concentrazione urinaria dell’acido mandelico è ben correlata con i livelli di esposizione sia dello stirene che dell’etilbenzene, la sua determinazione può essere utilizzata per il monitoraggio biologico dell’esposizione professionale a entrambe le due sostanze. Si ricorda che l’acido mandelico è chimicamente più stabile dell’acido fenilgliossilico per cui risulta essere il metabolita di riferimento.

Mandelic acid and phenylglyoxylic acid are the major metabolites of styrene. Mandelic acid is also present as a metabolite of ethylbenzene. Styrene poisoning causes irritative effects on the skin and mucous membranes; at higher concentrations it has a toxic action on the Central Nervous System. Since the urinary concentration of mandelic acid is well correlated with the exposure levels of both styrene and ethylbenzene, its determination can be used for biological monitoring of occupational exposure to both substances. It should be remembered that mandelic acid is chemically more stable than phenylglyoxylic acid, making it the reference metabolite.

ACIDO MANDELICO INIZIO TURNO

L’acido mandelico e l’acido fenilgliossilico sono i principali metaboliti dello stirene. L’acido mandelico risulta presente anche come metabolita dell’etilbenzene.L’intossicazione da stirene provoca effetti irritativi sulla cute e le mucose; a più elevate concentrazioni svolge un’azione tossica sul Sistema Nervoso Centrale. Poiché la concentrazione urinaria dell’acido mandelico è ben correlata con i livelli di esposizione sia dello stirene che dell’etilbenzene, la sua determinazione può essere utilizzata per il monitoraggio biologico dell’esposizione professionale a entrambe le due sostanze. Si ricorda che l’acido mandelico è chimicamente più stabile dell’acido fenilgliossilico per cui risulta essere il metabolita di riferimento.

Mandelic acid and phenylglyoxylic acid are the major metabolites of styrene. Mandelic acid is also present as a metabolite of ethylbenzene. Styrene poisoning causes irritative effects on the skin and mucous membranes; at higher concentrations it has a toxic action on the Central Nervous System. Since the urinary concentration of mandelic acid is well correlated with the exposure levels of both styrene and ethylbenzene, its determination can be used for biological monitoring of occupational exposure to both substances. It should be remembered that mandelic acid is chemically more stable than phenylglyoxylic acid, making it the reference metabolite.

ACIDO METIL-IPPURICO (Inizio/Fine turno)

Lo xilene è un idrocarburo aromatico molto utilizzato nell’industria sia come materia prima in numerosi procedimenti di sintesi chimica che come solvente. Lo xilene è irritante per la cute e le mucose; ha anche un’azione tossica sul Sistema Nervoso Centrale e sulla crasi ematica. È presente in tre distinte forme isomeriche orto, meta e para e la metabolizzazione comporta la sintesi del metabolita acido metilippurico. Questo metabolita viene eliminato attraverso le urine con una cinetica piuttosto rapida. La sua concentrazione è ben correlata con i livelli di esposizione ambientale agli xileni.

Xylene is an aromatic hydrocarbon widely used in industry both as a raw material in numerous chemical synthesis processes and as a solvent. Xylene is irritating to skin and mucous membranes; it also has a toxic action on the Central Nervous System and on the blood crasis. It is present in three distinct isomeric forms ortho, meta and para and metabolization involves the synthesis of the metabolite methyl hippuric acid. This metabolite is eliminated in the urine with rather rapid kinetics. Its concentration is well correlated with levels of environmental exposure to xylenes.

ACIDO OSSALICO

L’acido ossalico è un prodotto terminale del metabolismo dell’acido ascorbico e dell’ac. gliossilico. La maggior parte dell’acido ossalico (80 – 90 %) è di origine endogena, ma esiste anche una quota esogena legata all’apporto alimentare (spinaci, cacao, the, barbabietole, rabarbaro, pomodori). Ci sono anche lavoratori esposti a sostanze che lo contengono (detergenti, sbiancanti) e può ritrovarsi come metabolita dopo esposizione a glicole etilenico. L’acido ossalico viene eliminato per via renale e tende facilmente a precipitare dando luogo, se in eccesso, a depositi di ossalato di calcio con nefropatia tubulo-interstiziale, nefrocalcinosi, calcolosi renale.

Oxalic acid is an end product of the metabolism of ascorbic acid and ac. glyoxylic. Most of the oxalic acid (80-90%) is of endogenous origin, but there is also an exogenous share linked to food intake (spinach, cocoa, tea, beets, rhubarb, tomatoes). There are also workers exposed to substances containing it (detergents, bleaches) and it can be found as a metabolite after exposure to ethylene glycol. Oxalic acid is eliminated by the kidneys and tends to precipitate easily, giving rise, if in excess, to deposits of calcium oxalate with tubulo-interstitial nephropathy, nephrocalcinosis, kidney stones.

ACIDO SALICIDICO

L’acido acetilsalicilico è un farmaco ampiamente utilizzato come analgesico, antinfiammatorio e antipiretico. Negli stati infiammatori acuti (in particolare nel reumatismo articolare acuto) si utilizza a dosaggio pieno. A dosaggi minori (100-300 mg) è anche un efficace antiaggregante piastrinico. Assorbito a livello gastrointestinale viene idrolizzato ad acido salicilico che è il metabolita farmacologicamente attivo. Il suo meccanismo d’azione è legato all’inibizione irreversibile dell’enzima ciclossigenasi che trasforma l’acido arachidonico in trombossano. Gli effetti collaterali più comuni, anche a dosaggi terapeutici, sono quelli gastrolesivi. L’intossicazione comporta invece importanti alterazioni dell’equilibrio acido-base, possibile sofferenza epatica (necrosi epato-cellulare dose dipendente) e del Sistema Nervoso Centrale.

Acetylsalicylic acid is a drug widely used as an analgesic, anti-inflammatory and antipyretic. In acute inflammatory states (particularly in acute articular rheumatism) it is used at full dosage. In smaller doses (100-300 mg) it is also an effective antiplatelet agent. Absorbed at the gastrointestinal level, it is hydrolysed to salicylic acid which is the pharmacologically active metabolite. Its mechanism of action is linked to the irreversible inhibition of the cyclooxygenase enzyme which transforms arachidonic acid into thromboxane. The most common side effects, even at therapeutic doses, are gastrolesive ones. On the other hand, intoxication leads to important alterations of the acid-base balance, possible hepatic suffering (dose dependent hepato-cellular necrosis) and of the Central Nervous System.

ACIDO TRANSMUCONICO

Il benzene è una importante sostanza chimica ampiamente utilizzata nell’industria, a causa della sua presenza in miscele di olii minerali ed alla sua formazione in molti processi di combustione, è considerato un inquinante per l’ambiente. Da quando il benzene è stato classificato cancerogeno per l’uomo, ha assunto una importanza rilevante. L’acido transmuconico attualmente è considerato il metabolita più selettivo per il monitoraggio dell’esposizione a benzene anche in basse concentrazioni nell’ambiente.

Benzene is an important chemical substance widely used in industry, due to its presence in mineral oil mixtures and its formation in many combustion processes, it is considered a pollutant for the environment. Since benzene has been classified as a human carcinogen, it has assumed significant importance. Transmuconic acid is currently considered the most selective metabolite for monitoring exposure to benzene even in low concentrations in the environment.

ACIDO TRICLOROACETICO

L’acido tricloroacetico urinario rappresenta il composto di elezione, insieme al tricloroetanolo, nel monitoraggio biologico dell’esposizione professionale a idrocarburi alifatici clorurati. È un indicatore sufficientemente sensibile ma scarsamente specifico in quanto le caratteristiche tossicocinetiche e tossicodinamiche variano, talora anche notevolmente, tra i diversi idrocarburi di questo gruppo. Per questo motivo anche i valori di riferimento subiscono notevoli variazioni. In alcuni casi, come ad esempio nell’esposizione a miscele di idrocarburi alifatici alogenati, potrebbe essere utile affiancare, od utilizzare in modo esclusivo, indicatori più specifici quali le quote dei diversi idrocarburi eliminate immodificate con le urine.

Urinary trichloroacetic acid represents the compound of choice, together with trichloroethanol, in the biological monitoring of occupational exposure to chlorinated aliphatic hydrocarbons. It is a sufficiently sensitive indicator but not very specific since the toxicokinetic and toxicodynamic characteristics vary, sometimes even considerably, among the various hydrocarbons of this group. For this reason, even the reference values undergo considerable variations. In some cases, such as for example in exposure to mixtures of halogenated aliphatic hydrocarbons, it could be useful to combine, or use exclusively, more specific indicators such as the amounts of the various hydrocarbons eliminated unchanged in the urine.

ACIDO URICO (Uricemia)

Questo test misura la quantità di acido urico nel sangue. L’acido urico viene prodotto in seguito alla degradazione delle purine, composti contenenti azoto presenti in varie sostanze del nostro organismo, come il DNA.Le purine vengono rilasciate nel sangue principalmente attraverso la normale degradazione ed il ricambio cellulare e, in minor misura, dalla digestione di alcuni cibi (come fegato, acciughe, sgombri, piselli e fagioli secchi) e bevande (vino e birra).La maggior parte dell’acido urico e rimossa dall’organismo attraverso l’azione di filtro dei reni, ed è escreto nelle urine; il rimanente è eliminato attraverso le feci.La produzione eccessiva o la diminuita eliminazione di acido urico, puòcomportare l’accumulo di questa sostanza nell’organismo e quindi l’aumento dei suoi livelli ematici (iperuricemia). L’eccesso di acido urico puòportare a gotta,una patologia caratterizzata da infiammazione articolare dovuta alla formazione di cristalli di acido urico all’interno del liquido sinoviale (fluido contenuto nelle articolazioni). L’eccesso di acido urico può anche portare alla deposizione in tessuti come il rene e quindi a conseguenti patologie renali e calcoli.L’accumulo di acido urico può essere dovuto sia ad un aumentata produzione che ad una diminuita eliminazione, o una combinazione di entrambe. L’aumentata produzione può essere causata,ad esempio, da unaumento della morte cellulare così come accade in corso di alcune terapie per la cura del cancro, o più raramente, in presenza di una tendenza ereditaria all’iper-produzione di acido urico. Spesso la diminuzione di eliminazione di acido urico è il risultato di una compromissione della funzionalità renale di varia natura.

This test measures the amount of uric acid in the blood. Uric acid is produced following the degradation of purines, nitrogen-containing compounds present in various substances in our body, such as DNA. Purines are released into the blood mainly through normal degradation and cell turnover and, to a lesser extent, from digestion of some foods (such as liver, anchovies, mackerel, dried peas and beans) and beverages (wine and beer). Most of the uric acid is removed from the body through the filtering action of the kidneys, and is excreted in the urine; the remainder is eliminated through the faeces. The excessive production or decreased elimination of uric acid can lead to the accumulation of this substance in the body and therefore the increase in its blood levels (hyperuricemia). Excess uric acid can lead to gout, a disease characterized by joint inflammation due to the formation of uric acid crystals within the synovial fluid (fluid contained in the joints). Excess uric acid can also lead to deposition in tissues such as the kidney, resulting in kidney disease and stones. Accumulation of uric acid can be due to either increased production or decreased elimination, or a combination of both. . The increased production can be caused, for example, by an increase in cell death as occurs in the course of some therapies for the treatment of cancer, or more rarely, in the presence of a hereditary tendency to hyper-production of uric acid. Often the decrease in uric acid elimination is the result of impaired renal function of various nature.

ACIDO VALPROICO

L’acido valproico (VPA) è un anticonvulsivante largamente utilizzato sia nella terapia delle diverse forme di epilessia generalizzata, tra cui ricordiamo le assenze, il grande male e le mioclonie, sia nelle epilessie parziali, in particolare quelle idiopatiche. Viene anche impiegato in alcuni disturbi dell’umore (mania, disturbo bipolare). Il VPA agisce attraverso molteplici meccanismi, non del tutto chiariti, ma questa sua complessità è probabilmente alla base dell’ampio spettro d’azione.Rapidamente assorbito nel tratto intestinale, si lega quasi completamente alle proteine plasmatiche.

Valproic acid (VPA) is an anticonvulsant widely used both in the therapy of the various forms of generalized epilepsy, including absences, grand mal and myoclonus, and in partial epilepsies, in particular idiopathic ones. It is also used in some mood disorders (mania, bipolar disorder). The VPA acts through multiple mechanisms, not fully understood, but this complexity is probably the basis of the broad spectrum of action.Rapidly absorbed in the intestinal tract, it is almost completely bound to plasma proteins.

ACIDO VANILMANDELICO (VMA)

L’acido vanilmandelico (VMA) è uno dei metaboliti delle catecolamine adrenalina (epinefrina) e noradrenalina (norepinefrina). L’esame misura la concentrazione dell’acido vanilmandelico escreto nell’urina, solitamente in un arco di tempo di 24 ore, per rilevare l’eccesso di adrenalina e noradrenalina. É utilizzato per rilevare la presenza di neuroblastomi o altri tumori neuroendocrini.Le catecolamine sono un gruppo di ormoni prodotti dalle cellule del sistema nervoso simpatico (in tal caso chiamate sostanze neurotrasmettitrici o neurotrasmettitori) o dalla midollare (porzione interna) delle ghiandole surrenali, piccoli organi di forma triangolare localizzati sopra i reni. Le catecolamine principali sono dopamina, adrenalina (epinefrina) e noradrenalina (norepinefrina). Questi ormoni vengono rilasciati nel sangue in risposta a stress fisici o emotivi e aiutano a trasmettere gli impulsi nervosi al cervello; aumentano il rilascio di glucosio e acidi grassi per fornire energia, dilatano i bronchioli (ramificazioni dell’albero bronchiale) e le pupille. La noradrenalina provoca la costrizione dei vasi sanguigni, con conseguente aumento della pressione arteriosa, e l’adrenalina accelera il battito cardiaco ed il metabolismo.Dopo aver svolto la loro azione, le catecolamine sono metabolizzate a forme inattive. La dopamina diventa acido omovanillico (HVA), la noradrenalina si trasforma in normetanefrina e acido vanilmandelico (VMA) e l’adrenalina diventa metanefrina e VMA. Sia gli ormoni che i loro metaboliti vengono escreti nell’urina. Il VMA è di solito presente nell’urina in piccole concentrazioni fluttuanti, che aumentano in modo apprezzabile durante e subito dopo l’esposizione allo stress.Differenti tipi di tumori possono originare dalle cellule del sistema neuroendocrino, composto da un insieme di cellule che producono ormoni e cellule nervose, localizzate in organi quali polmoni e apparato digerente.I tumori che originano da queste cellule sono definiti tumori neuroendocrini. I tumori neuroendocrini, quali neuroblastomi e feocromocitomi, possono talvolta produrre grandi quantità di catecolamine, con aumento di questi ormoni e dei loro metaboliti nel sangue e nell’urina. Le catecolamine prodotte dal tumore possono provocare segni e sintomi gravi, quali ipertensione persistente (pressione sanguigna alta), grave emicrania, tachicardia, sudorazione eccessiva, nausea, ansia e formicolio alle estremità.Il neuroblastoma è un tumore relativamente raro ma, in accordo con L’Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica (AIEOP), risulta essere il tumore più frequente in età neonatale. Ogni anno in Italia vengono diagnosticati 130-140 nuovi casi, con incidenza di circa 1: 40.000 nati vivi/anno. Solitamente, il tumore insorge nei primi anni di vita, con frequenza maggiore tra il secondo e il terzo anno. Raramente il neuroblastoma è presente alla nascita. Il tumore, che si sviluppa da cellule nervose primitive, può essere localizzato alla sede d’origine, quale addome, ghiandole surrenali, collo, torace o bacino. In circa la metà dei casi, alla diagnosi il tumore si presenta con localizzazioni secondarie in altre zona dell’organismo (metastasi).Nella maggior parte dei pazienti il trattamento del neuroblastoma risulta efficace. In alcuni casi il tumore può risolversi spontaneamente, senza alcuna terapia; in altri, le cellule tumorali possono maturare spontaneamente in cellule nervose normali, con conseguente conversione del neuroblastoma in un ganglioneuroma benigno o in un ganglioneuroblastoma parzialmente benigno.I feocromocitomi sono tumori abbastanza rari (incidenza 1/1.000.000 in Italia) che originano nelle ghiandole surrenali e, mentre pochissimi sono maligni, la maggior parte sono benigni e continuano a crescere senza diffondersi fuori dalla sede primaria. Se non trattato, tuttavia, il feocromocitoma può crescere e produrre catecolamine, ed i sintomi possono peggiorare.Nel tempo, l’ipertensione dovuta al feocromocitoma può causare danno renale, patologie cardiache ed aumentare il rischio di ictus e infarto. É importante diagnosticare questa patologia per intervenire sull’ipertensione, potenzialmente curabile, da questa provocata. Nella maggior parte dei casi, i feocromocitomi possono essere rimossi chirurgicamente, riducendo la quantità di catecolamine prodotte ed eliminando o attenuando i sintomi e le complicazioni ad essi associati.La misura del VMA, insieme a quella delle catecolamine e dei loro metaboliti, può essere utilizzata per contribuire a rilevare la presenza di neuroblastomi. I test d’elezione per la diagnosi del feocromocitoma includono le metanefrine libere plasmatiche, metanefrine urinarie e le catecolamine plasmatiche e urinarie. Il VMA può essere prescritto, insieme ad uno o più di questi esami, come ausilio per confermare o escludere la presenza di feocromocitomi.

Vanilmandelic acid (VMA) is one of the metabolites of the catecholamines adrenaline (epinephrine) and noradrenaline (norepinephrine). The test measures the concentration of vanilmandelic acid excreted in the urine, usually over a 24-hour period, to detect excess epinephrine and norepinephrine. It is used to detect the presence of neuroblastomas or other neuroendocrine tumors. Catecholamines are a group of hormones produced by cells of the sympathetic nervous system (in this case called neurotransmitter substances or neurotransmitters) or by the medulla (inner portion) of the adrenal glands, small triangular in shape located above the kidneys. The main catecholamines are dopamine, adrenaline (epinephrine) and noradrenaline (norepinephrine). These hormones are released into the blood in response to physical or emotional stress and help transmit nerve impulses to the brain; they increase the release of glucose and fatty acids to provide energy, dilate the bronchioles (branches of the bronchial tree) and the pupils. Norepinephrine causes blood vessels to constrict, resulting in an increase in blood pressure, and adrenaline accelerates the heart rate and metabolism. After doing their job, catecholamines are metabolized to inactive forms. Dopamine converts to homovanillic acid (HVA), norepinephrine converts to normetanephrine and vanilmandelic acid (VMA), and adrenaline converts to metanephrine and VMA. Both hormones and their metabolites are excreted in the urine. VMA is usually present in urine in small fluctuating concentrations, which increase appreciably during and immediately after exposure to stress. Different types of tumors can originate from cells of the neuroendocrine system, composed of a collection of cells that produce hormones and nerve cells, located in organs such as the lungs and digestive system. Tumors that arise from these cells are called neuroendocrine tumors. Neuroendocrine tumors, such as neuroblastomas and pheochromocytomas, can sometimes produce large amounts of catecholamines, with increases in these hormones and their metabolites in the blood and urine. The catecholamines produced by the tumor can cause serious signs and symptoms, such as persistent hypertension (high blood pressure), severe migraine, rapid heartbeat, excessive sweating, nausea, anxiety and tingling in the extremities. Neuroblastoma is a relatively rare tumor but, according to L ‘Italian Association of Pediatric Hematology and Oncology (AIEOP), appears to be the most frequent tumor in the neonatal age. Every year in Italy 130-140 new cases are diagnosed, with an incidence of about 1: 40,000 live births/year. Usually, the tumor occurs in the first years of life, with greater frequency between the second and third year. Neuroblastoma is rarely present at birth. The tumor, which develops from primitive nerve cells, may be located in its site of origin, such as the abdomen, adrenal glands, neck, chest or pelvis. In about half of the cases, at diagnosis the tumor presents itself with secondary localizations in other areas of the body (metastases). In the majority of patients, the treatment of neuroblastoma is effective. In some cases the tumor can resolve spontaneously, without any therapy; in others, the tumor cells can spontaneously mature into normal nerve cells, resulting in the conversion of the neuroblastoma into a benign ganglioneuroma or a partially benign ganglioneuroblastoma.Pheochromocytomas are fairly rare tumors (incidence 1/1,000,000 in Italy) that originate in adrenals and, while very few are malignant, most are benign and continue to grow without spreading beyond the primary site. If left untreated, however, pheochromocytoma can grow and produce catecholamines, and symptoms can worsen. Over time, high blood pressure from pheochromocytoma can cause kidney damage, heart disease, and increase the risk of stroke and heart attack. It is important to diagnose this pathology in order to intervene on the potentially curable hypertension caused by it. In most cases, pheochromocytomas can be surgically removed, reducing the amount of catecholamines produced and eliminating or alleviating the symptoms and complications associated with them. The measurement of the VMA, together with that of catecholamines and their metabolites, can be used to help detect the presence of neuroblastomas. Tests of choice for diagnosing pheochromocytoma include plasma free metanephrines, urinary metanephrines, and plasma and urine catecholamines. The VMA may be ordered, along with one or more of these tests, to help confirm or rule out the presence of pheochromocytomas.

ACTH (Adenocorticotropo)

L’ormone Adrenocorticotropo (ACTH) è un ormone che stimola la produzione di cortisolo. Il cortisolo è un ormone steroideo importante per la regolazione del metabolismo di glucosio, proteine e lipidi, per la soppressione della risposta del sistema immunitario e nel mantenimento della pressione sanguigna. Questo test misura la concentrazione di ACTH nel sangue.L’ACTH è prodotto dalla ghiandola ipofisaria, un piccolo organo delle dimensioni di un fagiolo posto alla base dell’encefalo. L’ipofisi fa parte del sistema endocrino, un complesso di ghiandole interconnesse responsabili della produzione di ormoni che agiscono su organi, tessuti ed altre ghiandole per regolare le funzioni dell’organismo. Normalmente, i livelli di ACTH aumentano al diminuire del cortisolo e decrescono all’aumentare del cortisolo nel sangue. Quando la concentrazione di cortisolo diminuisce nel sangue, l’ipotalamo produce l’ormone di rilascio della corticotropina (CRH) che stimola l’ipofisi alla produzione di corticotropina (ACTH). La corticotropina a sua volta stimola le ghiandole surrenali alla produzione di cortisolo. Il raggiungimento di livelli adeguati di cortisolo nel circolo sanguigno determina l’inibizione della produzione di CRH e ACTH ad opera di ipotalamo e ipofisi, creando così un controllo a feedback negativo. La produzione efficiente di cortisolo da parte dell’ipotalamo dipende dalla corretta funzionalità dell’ipofisi e le ghiandole surrenali.Le patologie che colpiscono l’ipofisi e le ghiandole surrenali possono far aumentare o diminuire la concentrazione di ACTH e di cortisolo ed interferire con la loro regolazione. Tutto ciò può provocare segni e sintomi associati ad un eccesso o ad una mancanza di cortisolo. Anche la presenza di tumori extra-ipofisari, localizzati ad esempio nei polmoni, può aumentare la concentrazione di cortisolo, con conseguente produzione di ACTH.

Adrenocorticotropic hormone (ACTH) is a hormone that stimulates the production of cortisol. Cortisol is a steroid hormone important in the regulation of glucose, protein and lipid metabolism, in the suppression of immune system response and in the maintenance of blood pressure. This test measures the concentration of ACTH in the blood. ACTH is produced by the pituitary gland, a small organ about the size of a bean at the base of the brain. The pituitary is part of the endocrine system, a complex of interconnected glands responsible for the production of hormones that act on organs, tissues and other glands to regulate body functions. Normally, ACTH levels increase as cortisol decreases and decrease as blood cortisol increases. When the concentration of cortisol in the blood decreases, the hypothalamus produces corticotropin-releasing hormone (CRH), which stimulates the pituitary gland to produce corticotropin (ACTH). Corticotropin in turn stimulates the adrenal glands to produce cortisol. The achievement of adequate levels of cortisol in the bloodstream results in the inhibition of the production of CRH and ACTH by the hypothalamus and pituitary, thus creating a negative feedback control. The efficient production of cortisol by the hypothalamus depends on the correct functioning of the pituitary and adrenal glands. Diseases affecting the pituitary and adrenal glands can increase or decrease the concentration of ACTH and cortisol and interfere with their adjustment. All of this can lead to signs and symptoms associated with too much or too little cortisol. Even the presence of extra-pituitary tumors, located for example in the lungs, can increase the concentration of cortisol, with consequent production of ACTH.

ADENOVIRUS, ANTICORPI ANTI

Gli Adenovirus sono virus a DNA appartenenti alla famiglia delle Adenoviridae, genere Mastadenovirus. Gli oltre 40 sierotipi di Adenovirus conosciuti sono raggruppati in 6 categorie (dalla A alla F) a seconda del tipo di patologia provocata. Le infezioni del tratto respiratorio e quelle gastrointestinali sono prevalenti. Normalmente l’infezione da Adenovirus, ancorchè acuta, è auto-limitante; nei soggetti gravemente immunodepressi e nei neonati può tuttavia essere mortale. Il contatto con il virus causa la formazione di specifici anticorpi della classe G (IgG) il cui aumento è però solo suggestivo di infezione da Adenovirus.

Adenoviruses are DNA viruses belonging to the family Adenoviridae, genus Mastadenovirus. The more than 40 known Adenovirus serotypes are grouped into 6 categories (from A to F) according to the type of pathology caused. Respiratory tract infections and gastrointestinal infections are prevalent. Adenovirus infection, although acute, is usually self-limiting; however, it can be fatal in severely immunocompromised individuals and infants. Contact with the virus causes the formation of specific class G (IgG) antibodies, the increase of which, however, is only suggestive of Adenovirus infection.

ADH ANTIDIURETICO

L’esame misura la quantità di ADH nel sangue. L’ADH (ormone antidiuretico), anche conosciuto come vasopressina, contribuisce a regolare l’equilibrio idrico dell’organismo controllando la quantità di acqua riassorbita dai reni. L’ADH è un ormone prodotto dall’ipotalamo (una porzione dell’encefalo) ed immagazzinato nella ghiandola pituitaria posteriore, o neuroipofisi, localizzata alla base del cervello. Il rilascio da parte dell’ipofisi avviene normalmente in risposta a dei sensori che rilevano un aumento dell’osmolalità del sangue (numero di particelle disciolte nel sangue) o una diminuzione del volume del sangue. L’ADH agisce quindi a livello del rene stimolando il riassorbimento dell’acqua, con conseguente produzione di urine più concentrate. L’acqua trattenuta diluisce il sangue, abbassa l’osmolalità e aumenta il volume e la pressione sanguigna. Se l’equilibrio idrico non risulta ancora ripristinato, segue il rilascio di ulteriori ormoni che stimolano la sensazione della sete, inducendo la persona a bere.La quantità di ADH rilasciata o la resistenza renale ai suoi effetti possono essere influenzate da un’ampia varietà di disturbi, patologie e farmaci. Sia la carenza che l’eccesso di ADH possono causare sintomi e complicazioni che, in rari casi, possono portare alla morte.Se l’ADH è scarso o i reni non rispondono adeguatamente all’ormone, i reni perdono una quantità elevata di acqua che non viene riassorbita, producendo un’urina più diluita e un sangue più concentrato. Questo può causare sete eccessiva, minzione frequente, disidratazione e, se non si beve abbastanza acqua per reintegrare quanta ne viene persa, alti livelli di sodio nel sangue.Bassi livelli di ADH o la resistenza renale all’azione dell’ormone sono la causa del diabete insipido.

  • Il diabete insipido centrale è associato alla mancata produzione di ADH da parte dell’ipotalamo o al mancato rilascio da parte dell’ipofisi, e può essere dovuto a una varietà di cause, tra cui: difetti genetici ereditari, trauma cranico, tumore al cervello, infezioni che causano encefalite o meningite.
  • Il diabete insipido nefrogenico ha origine nel rene ed è associato ad una diminuita sensibilità dei reni all’ADH, di conseguenza vi è incapacità di concentrare l’urina. Può essere ereditario o causato da varie malattie renali.

Entrambi i tipi di diabete insipido determinano l’eliminazione di grandi volumi di urina diluita attraverso i reni.Al contrario, l’eccesso di ADH causa un riassorbimento d’acqua spropositato, con conseguente aumento del volume del sangue. Questo può causare nausea, mal di testa, disorientamento, letargia e basso contenuto di sodio nel sangue.L’eccesso di ADH si manifesta nella “sindrome da inappropriata produzione dell’ormone antidiuretico” (SIADH), una malattia caratterizzata dalla produzione incontrollata di ADH, con conseguente ritenzione idrica, basso contenuto di sodio nel sangue e ridotta osmolalità nel sangue.

  • L’aumento nella produzione non è presente se la risposta ad un’elevata osmolalità o ad un basso volume di sangue risulta nella norma.
  • Il SIADH può essere causato da un’ampia varietà di malattie e condizioni che stimolano l’eccessiva produzione e rilascio di ADH oppure non ne inibiscono la secrezione.
  • Il SIADH può manifestarsi anche in presenza di tumori che producono ADH, o sostanze simili all’ADH, indipendentemente dall’ipotalamo e dalle ghiandole pituitarie.

Indipendentemente dalla causa o dalla fonte, l’eccesso di ADH causa il riassorbimento dell’acqua e l’aumento del volume del sangue e, di conseguenza, bassi livelli ematici di sodio e ridotta osmolalità.Queste condizioni sono raramente diagnosticate solo con la determinazione dell’ADH ma, più spesso, sulla base della storia clinica del paziente e di altri esami di laboratorio, come l’osmolalità del sangue, l’esame delle urine e gli elettroliti.

The test measures the amount of ADH in the blood. ADH (antidiuretic hormone), also known as vasopressin, helps regulate the body’s water balance by controlling the amount of water reabsorbed by the kidneys. ADH is a hormone produced by the hypothalamus (a portion of the brain) and stored in the posterior pituitary gland, or neurohypophysis, located at the base of the brain. Release from the pituitary usually occurs in response to sensors that detect an increase in blood osmolality (number of particles dissolved in the blood) or a decrease in blood volume. ADH therefore acts at the level of the kidney by stimulating the reabsorption of water, resulting in the production of more concentrated urine. The retained water dilutes the blood, lowers osmolality, and increases blood volume and pressure. If the water balance is still not restored, further hormones are released which stimulate the sensation of thirst, inducing the person to drink.The amount of ADH released or renal resistance to its effects can be affected by a wide variety of disorders, diseases, and medications. Both ADH deficiency and excess can cause symptoms and complications that, in rare cases, can lead to death.If ADH is low or the kidneys do not respond adequately to the hormone, the kidneys lose a large amount of water that is not reabsorbed, resulting in more dilute urine and more concentrated blood. This can cause excessive thirst, frequent urination, dehydration and, if you don’t drink enough water to replace what is lost, high blood sodium levels.Low levels of ADH or renal resistance to the action of the hormone are the cause of diabetes insipidus.Central diabetes insipidus is associated with failure of the hypothalamus to produce or release ADH from the pituitary gland, and can be due to a variety of causes, including: inherited genetic defects, head injury, brain tumor, infections causing encephalitis or meningitis.Nephrogenic diabetes insipidus originates in the kidney and is associated with decreased sensitivity of the kidneys to ADH, resulting in an inability to concentrate urine. It can be hereditary or caused by various kidney diseases.Both types of diabetes insipidus result in large volumes of dilute urine being passed through the kidneys.Conversely, excess ADH causes disproportionate water reabsorption, resulting in an increase in blood volume. This can cause nausea, headache, disorientation, lethargy and low blood sodium.Excess ADH manifests itself in “syndrome of inappropriate antidiuretic hormone production” (SIADH), a disease characterized by the uncontrolled production of ADH, resulting in water retention, low blood sodium, and low blood osmolality.The increase in production is not present if the response to high osmolality or low blood volume is normal.SIADH can be caused by a wide variety of diseases and conditions that either stimulate excessive production and release of ADH or fail to inhibit its secretion.SIADH can also occur in the presence of tumors that produce ADH, or ADH-like substances, independently of the hypothalamus and pituitary glands.Regardless of the cause or source, excess ADH causes water reabsorption and increased blood volume, resulting in low blood sodium levels and decreased osmolality.These conditions are rarely diagnosed by ADH determination alone but, more often, based on the patient’s medical history and other laboratory tests, such as blood osmolality, urinalysis, and electrolytes.

AFP (ALFA-FETO-PROTEINA)

Questo esame misura la concentrazione di alfa-fetoproteina (AFP) nel sangue. L’AFP è una proteina che viene principalmente prodotta dal fegato del feto; la sua concentrazione è tipicamente elevata alla nascita e poi diminuisce rapidamente. Oltre alla gravidanza e al parto, le lesioni epatiche ed alcuni tipi di tumore possono incrementare significativamente la concentrazione di AFP.L’AFP viene prodotta contemporaneamente alla rigenerazione delle cellule del fegato (epatociti). Nelle patologie croniche del fegato, quali epatiti e cirrosi, l’AFP risulta cronicamente elevata. Concentrazioni elevate di AFP possono essere prodotte da certi tipi di tumore; questa caratteristica rende la proteina utile come marcatore tumorale. Concentrazioni aumentate di AFP sono riscontrabili nella maggior parte dei soggetti affetti da carcinoma epatocellulare, il tipo più comune di tumore epatico, e di epatoblastoma, un raro tipo di tumore epatico che insorge comunemente in età pediatrica, così anche in alcuni casi di tumore ai testicoli e alle ovaie.Esistono diverse varianti di AFP. Il tipo di esame per AFP più richiesto è il test dell’AFP totale, che determina la concentrazione totale di tutte le possibili varianti della proteina stessa.Una delle varianti dell’AFP è chiamata L3, per la sua capacità di legarsi in vitro ad una particolare proteina detta agglutinina della Lens culinaris. La determinazione dell’AFP-L3 espressa in percentuale (AFP-L3%) è un test relativamente innovativo che confronta la quantità della variante L3 con la quantità di AFP totale. L’incremento della percentuale della variante L3 rispetto all’AFP totale è associato all’aumentato rischio di sviluppare un carcinoma epatocellulare e di avere una prognosi peggiore, essendo i tumori associati all’L3 più aggressivi.All’interno del cluster dei soggetti caratterizzati da un basso livello di AFP totale, l’AFP-L3 può risultare superiore nei pazienti affetti da carcinoma epatocellulare rispetto a quelli con malattie epatiche benigne. I marcatori tumorali, tra cui AFP totale e AFP-L3, sono utilizzati, insieme all’ecografia, per la sorveglianza del carcinoma epatocellulare in Giappone. Questa pratica è diversa da quella utilizzata negli Stati Uniti e in Europa; tuttavia, la tecnica è scarsamente standardizzata e l’esame non viene eseguito routinariamente.

This test measures the concentration of alpha-fetoprotein (AFP) in the blood. AFP is a protein that is mainly produced by the liver of the fetus; its concentration is typically high at birth and then declines rapidly. In addition to pregnancy and childbirth, liver injury and some types of cancer can significantly increase the concentration of AFP.AFP is produced simultaneously with the regeneration of liver cells (hepatocytes). In chronic liver diseases, such as hepatitis and cirrhosis, AFP is chronically elevated. Elevated concentrations of AFP can be produced by certain types of cancer; this feature makes the protein useful as a tumor marker. Increased AFP concentrations are found in most people with hepatocellular carcinoma, the most common type of liver cancer, and hepatoblastoma, a rare type of liver cancer that commonly occurs in childhood, as well as some testicular cancer and the ovaries.There are several variants of AFP. The most commonly requested type of AFP test is the total AFP test, which determines the total concentration of all possible variants of the protein itself.One of the variants of AFP is called L3, due to its ability to bind in vitro to a particular protein called Lens culinaris agglutinin. The determination of AFP-L3 expressed as a percentage (AFP-L3%) is a relatively innovative test that compares the amount of the L3 variant with the amount of total AFP. The increase in the percentage of the L3 variant in total AFP is associated with an increased risk of developing hepatocellular carcinoma and having a worse prognosis, since tumors associated with L3 are more aggressive.Within the cluster of individuals with low total AFP, AFP-L3 may be higher in patients with hepatocellular carcinoma than in those with benign liver disease. Tumor markers, including total AFP and AFP-L3, are used, in conjunction with ultrasound, for hepatocellular carcinoma surveillance in Japan. This practice is different from that used in the United States and Europe; however, the technique is poorly standardized and the test is not performed routinely.

AGGLUTININE A FREDDO

Le agglutinine fredde sono autoanticorpi prodotti dal sistema immunitario in grado di riconoscere erroneamente i globuli rossi. La presenza delle agglutinine causa, in seguito all’esposizione alle basse temperature, l’aggregazione dei globuli rossi. L’agglutinazione può comportare la distruzione dei globuli rossi operata dall’organismo. Questo test rileva e misura la quantità di agglutinine fredde nel sangue.La distruzione significativa dei globuli rossi dovuta alla presenza di agglutinine fredde, può portare ad anemia emolitica con diminuzione del numero dei globuli rossi e dell’emoglobina. Questa rara forma autoimmune di anemia emolitica e nota con il nome di malattia da agglutinine fredde. La malattia da agglutinine fredde può essere primaria (idiopatica) o secondaria, se indotta da altre patologie o condizioni cliniche come le infezioni (Mycoplasmapneumoniae), le malattie linfoproliferative, le malattie autoimmuni sistemiche o alcune patologie tumorali.La malattia da agglutinine fredde primaria in genere interessa persone di mezza età o anziane, ed ha una forte tendenza a cronicizzarsi. La malattia da agglutinine fredde secondaria invece può colpire persone di qualunque età e può essere acuta o cronica, temporanea o persistente.Il test delle agglutinine fredde non viene richiesto routinariamente. Si tratta di un test che in passato è stato largamente utilizzato maviene usato sempre meno da quando sono diventati disponibili test più specifici per la ricerca delle cause secondarie, come l’infezione da Mycoplasmapneumoniae.

The cold agglutinins are self -anti produced by the immune system capable of erroneously recognizing red blood cells. The presence of the agglutinine causes, following the exposure to low temperatures, the aggregation of red blood cells. Gurglutination can lead to the destruction of the red blood cells operated by the body. This test detects and measures the amount of cold agglutinine in the blood.The significant destruction of red blood cells due to the presence of cold agglutinins can lead to hemolytic anemia with a decrease in the number of red blood cells and hemoglobin. This rare autoimmune form of hemolytic anemia and known with the name of disease from cold agglutinine. Cold agglutinine disease can be primary (idiopathic) or secondary, if induced by other pathologies or clinical conditions such as infections (mycoplasmapneumoniae), lymphoproliferative diseases, systemic autoimmune diseases or some tumor pathologies.Primary cold agglutinine disease generally affects middle -aged or elderly people, and has a strong tendency to chronically. Secondary cold agglutinine disease can affect people of any age and can be acute or chronic, temporary or persistent.The cold agglutinine test is not routinely requested. It is a test that in the past has been widely used as it is used less and less since the most specific tests have become available for the search for secondary causes, such as mycoplasmapneumoniae infection.

ALA – Acido delta-Aminolevulinico

Le porfirine sono un gruppo di composti definiti dalla loro struttura chimica. Questi composti sono sottoprodotti della sintesi dell’eme e sono normalmente presenti in basse concentrazioni nel sangue e nei fluidi corporei. L’esame misura le porfirine ed i loro precursori nell’urina nel sangue e/o nelle feci.Il gruppo eme è un pigmento contenente ferro che compone l’emoglobina e numerose altre proteine. È costituito da una porzione organica (protoporfirina) legante un atomo di ferro. La sintesi dell’eme é un processo graduale che richiede l’azione sequenziale di 8 enzimi diversi. La carenza di uno di questi enzimi interrompe tale processo, con conseguente accumulo dei precursori della porfirina, quali uroporfirine, coproporfirine e protoporfirine, nei fluidi e nei tessuti dell’organismo. Il tipo di precursori che si accumulano dipende dall’enzima carente o non funzionale; i precursori possono essere tossici.Il test consente di diagnosticare e monitorare un gruppo di patologie definite porfirie. Esistono sette tipi di porfirie, ciascuno dei quali è associato ad una diversa carenza di enzimi. La maggior parte delle porfirie sono ereditarie, dovute alla presenza di variazioni nella sequenza di un gene. Le porfirie vengono classificate come neurologiche, cutanee o entrambe, sulla base dei segni e sintomi presenti.Le porfirie con sintomi neurologici si presentano con attacchi acuti che possono durare per giorni o settimane. Sono caratterizzate dalla presenza di dolori addominali, costipazione, stato confusionale, allucinazioni e convulsioni. Esistono quattro tipi di porfirie neurologiche: Porfiria Acuta Intermittente (AIP), Porfiria Variegata (VP), Coproporfiria Ereditaria (HCP) e Porfiria ALA-Deidratasi Carente (ALAD), particolarmente rara. In alcuni casi di VP e di HCP possono essere presenti anche sintomi cutanei.Le porfirie cutanee sono associate a fotosensibilità, che causa rossore, gonfiore, sensazione di bruciore, vescicole, ispessimento della pelle, iperpigmentazione ed in alcuni casi cicatrici. Esistono tre tipi di porfirie cutanee: Porfiria Cutanea Tarda (PCT), Protoporfiria (anche detta Protoporfiria Eritropoietica; EPP) e Porfiria Eritropoietica Congenita (CEP).Attualmente la comunità scientifica non concorda sull’eventualità che tutte le porfirie siano ereditarie. La porfiria cutanea tarda (PCT) può essere determinata da fattori genetici o ambientali, come l’esposizione a determinate sostanze chimiche, o dalla presenza di lesioni significative a livello epatico. Questo tipo di PCT viene definito “acquisito” o “sporadico”. Nei pazienti con PCT acquisita la patologia si sviluppa solitamente dopo i 30 anni, mentre l’esordio in età infantile è raro.La diagnosi di queste patologie si avvale della misura delle porfirine e dei loro precursori nell’urina, nel sangue e/o nelle feci. Il test può includere la misura di uno o più dei seguenti composti:

  • Porfobilinogeno (PGB), un precursore della porfirina presente nell’urina
  • Acido delta-aminolevulinico (ALA) un precursore della porfirina presente nell’urina
  • Porfirine (uroporfirine, coproporfirine e protoporfirine) nell’urina, nelle feci e nel sangue

Porphyrine are a group of compounds defined by their chemical structure. These compounds are by -products of the synthesis of the heme and are normally present in low concentrations in the blood and body fluids. The examination measures the porphyrins and their precursors in the urine in the blood and/or in the stool.The EME group is a pigment containing iron that composes hemoglobin and numerous other proteins. It consists of an organic (protoporphyrin) portion binds an iron atom. The synthesis of the AME is a gradual process that requires the sequential action of 8 different enzymes. The lack of one of these enzymes interrupts this process, with the consequent accumulation of the Porfirin precursors, such as urgerfirine, coproporphyre and protoporphyre, in the fluids and tissues of the body. The type of precursors that accumulate depends on the lack or non -functional enzyme; The precursors can be toxic. The test allows you to diagnose and monitor a group of defined porphyry diseases. There are seven types of porphy shops, each of which is associated with a different deficiency of enzymes. Most porphy whales are hereditary, due to the presence of variations in the sequence of a gene. Porphyries are classified as neurological, skin or both, on the basis of the signs and symptoms present. Porphories with neurological symptoms present themselves with acute attacks that can last for days or weeks. They are characterized by the presence of abdominal pain, constipation, confusion, hallucinations and convulsions. There are four types of neurological porphy shops: intermittent acute porphyria (AIP), variegated porphyria (VP), hereditary coproporphyria (HCP) and ala-dehydrate porphyria by the lack of (Alad), particularly rare. In some cases of VP and HCP, skin symptoms may also be present.The skin porphyhers are associated with photosensitivity, which causes redness, swelling, burning sensation, vesicles, thickening of the skin, hyperpigmentation and in some cases scars. There are three types of skin porphy shops: late skin porphyria (PCT), protoporphyria (also called erythropoietic protoporphony; EPP) and congenital erythropoietic porphyria (CEP). Actually the scientific community does not agree on the eventuality that all porphy shops are hereditary. Late skin porphyria (PCT) can be determined by genetic or environmental factors, such as exposure to certain chemicals, or by the presence of significant injuries at liver level. This type of PCT is called “acquired” or “sporadic”. In patients with PCT acquired, the pathology usually develops after 30 years, while the debut in childhood is rare. I did. The test can include the measure of one or more of the following compounds:
Porphobilinogen (PGB), a precursor of Porfirin present in urineDelta-aminolevulinic acid (wing) a precursor of porphyrine present in urinePorfirine (Uroporphirine, Coproporfirine and Protoporphirine) in urine, stool and blood

ALBUMINA

Questo esame misura la concentrazione di albumina nel sangue. L’albumina è una proteina prodotta dal fegato che rappresenta circa il 60% delle proteine totali. Svolge una serie di funzioni, tra cui prevenire la fuoriuscita di liquidi dai vasi sanguigni, fornire un apporto di aminoacidi per il metabolismo dei tessuti, trasportare ormoni, vitamine, farmaci e varie sostanze (come il calcio) attraverso l’organismo. La concentrazione di albumina nel sangue può aumentare o diminuire in presenza di patologie che interferiscono con la sua produzione da parte del fegato, accelerano il metabolismo, aumentano la perdita proteica attraverso i reni e / o aumentano/espandono il volume plasmatico (diluendo il sangue). Le due principali cause di ipoalbuminemia includono:

  • Gravi patologie epatiche; poiché l’albumina è prodotta dal fegato, il suo livello può diminuire in caso di grave perdita della funzionalità epatica
  • Patologie renali; il rene trattiene le proteine plasmatiche, tra cui l’albumina, per evitare che siano eliminate insieme ai prodotti di scarto durante la produzione dell’urina. L’albumina è presente in alte concentrazioni nel sangue e, se i reni funzionano correttamente, non viene eliminata tramite l’urina. Al contrario, pazienti affetti da patologie o danni renali non sono in grado di trattenere l’albumina e altre proteine; questo fenomeno si verifica frequentemente in presenza di patologie croniche, quali diabete e ipertensione. Nel corso della sindrome nefrosica, la quantità di albumina perduta con l’urina è significativa.

Da sola, la misura dell’albumina non è sufficiente per stabilire la diagnosi di tali patologie; tuttavia, fornisce importanti informazioni per identificare le problematiche alla loro base.

This test measures the level of albumin in the blood. Albumin is a protein produced by the liver that accounts for about 60% of total protein. It performs a number of functions, including preventing the leakage of fluid from blood vessels, providing a supply of amino acids for tissue metabolism, transporting hormones, vitamins, drugs and various substances (such as calcium) through the body. Blood albumin concentration may increase or decrease in the presence of conditions that interfere with its production by the liver, speed up metabolism, increase protein loss through the kidneys, and/or increase/expand plasma volume (by diluting the blood). .The two main causes of hypoalbuminemia include:Severe liver pathologies; since albumin is produced by the liver, its level may decrease in case of severe loss of liver functionKidney disease; the kidney retains plasma proteins, including albumin, to prevent them from being excreted with waste products during urine production. Albumin is present in high concentrations in the blood and, if the kidneys are working properly, it is not eliminated in the urine. Conversely, patients with kidney disease or damage are unable to retain albumin and other proteins; this phenomenon occurs frequently in the presence of chronic pathologies, such as diabetes and hypertension. During nephrotic syndrome, the amount of albumin lost in the urine is significant.Albumin measurement alone is not sufficient to establish the diagnosis of these pathologies; however, it does provide important information for identifying the underlying issues.

ALCOL ETILICO

L’alcol etilico, o etanolo, è un ingrediente tossico contenuto in alcune bevande come birra, vino e liquori. Viene ottenuto tramite fermentazione di amidi, lievito e zuccheri. Questo esame misura la quantità di etanolo presente nel sangue, nell’urina, nel respiro o nella saliva.L’alcol consumato viene assorbito dal tratto gastrointestinale e trasportato nell’organismo dal circolo sanguigno. Piccole quantità di etanolo sono eliminate con l’urina o dai polmoni tramite la respirazione, ma la maggior parte viene metabolizzata dal fegato.Il fegato può processare circa un bicchiere all’ora – un bicchiere è definito come la quantità di etanolo contenuta in circa 350 mL di birra, 150 mL di vino, o 45 mL di whisky e viene definito come unità alcolica (UA). Il consumo di più di un bicchiere in un’ora causa l’accumulo di etanolo nel circolo sanguigno. Tuttavia, il metabolismo dell’alcol è legato anche ad altri fattori, come la quantità di cibo consumato prima e durante la bevuta. La velocità con la quale l’alcol viene metabolizzato dipende anche dall’età, il genere, il peso, l’assetto genetico e l’ipotetica assunzione di altre sostanze tossiche (in genere farmaci o droghe) in grado di interagire con l’alcol.L’assunzione di bevande alcoliche ad una velocità maggiore rispetto al tempo necessario al fegato per metabolizzarle, può causare un aumento della concentrazione di etanolo nel sangue e quindi la comparsa di segni e sintomi di intossicazione, quali arrossamento congiuntivale, viso arrossato, difficoltà nel parlare e nel rispondere prontamente a domande o commenti, alterazione della capacità di giudizio, diminuzione delle abilità motorie, sonnolenza o difficoltà del sonno e/o vomito.Con un tasso alcolico molto alto, possono comparire segni e sintomi di tossicità più gravi come confusione, stupore, perdita di equilibrio, respiro irregolare o lento, perdita di coscienza, convulsioni e bassa temperatura corporea (ipotermia). Una concentrazione di etanolo molto alta nel sangue può portare a coma ed essere letale.L’eccessivo uso di alcol per un tempo prolungato può portare allo sviluppo di problemi di salute come patologie epatiche, problemi cardiovascolari, depressione e ansia. (Per maggiori informazioni si rimanda all’articolo Alcolismo).Oltre alla misura dell’etanolo, che fornisce informazioni circa l’assunzione recente di alcol, spesso vengono ricercati anche altri biomarcatori, al fine di determinare l’assunzione cronica di alcol o un’eventuale ricaduta dopo un periodo di astinenza. Alcuni esempi di marcatori di abuso alcolico includono:

  • Transferrina desialata (Carboydrate-deficient Transferrin – CDT): marcatore indiretto che contribuisce ad identificare l’abuso di alcol. Il riscontro di livelli aumentati di CDT suggerisce un consumo superiore a 50-80 grammi di alcol al giorno, corrispondenti a circa 3-6 drink, per un periodo di tempo di 2 o 3 settimane
  • Fosfatidil-etanolo (PEth): il fosfatidiletanolo è utilizzato come biomarcatore diretto per lo screening di un consumo di alcol recente, rilevabile già 30 minuti dopo l’inizio dell’assunzione e fino a 2 – 3 settimane dopo la fine. Questo test viene perlopiù utilizzato per studiare il consumo eccessivo episodico di sostanze alcoliche (“binge drinking”)
  • Etilglucuronide (EtG): marcatore diretto che presenta la maggiore sensibilità e specificità analitica, metabolita dell’etanolo che si forma esclusivamente dopo il consumo di alcol. Sue tracce possono essere rinvenute nel sangue, nelle urine e nei capelli. Cercare tracce di etilglucuronide nei capelli è una procedura consueta in medicina legale per verificare se la persona è veramente astinente e valutare il suo comportamento nel tempo rispetto al consumo di alcol.

L’EtG è caratterizzato da un’emivita nell’urina maggiore rispetto all’etanolo, fornendo indicazioni circa l’assunzione meno recente di alcol. L’EtG su urina viene utilizzato per attestare l’astemia del soggetto sottoposto all’indagine.L’assunzione di alcol può essere rilevata nel sangue entro pochi minuti dal consumo del primo drink. Il periodo di tempo entro il quale può essere rilevata l’assunzione di alcol nel sangue viene definito “finestra di rilevamento”, la quale risulta influenzata da diversi fattori, incluso il tipo di test eseguito. La seguente tabella riporta le finestre di rilevamento nel sangue per i test precedentemente descritti:

FINESTRE DI RILEVAMENTO DELL’ALCOL DOPO L’ULTIMO DRINK

 

FINESTRA DI RILEVAMENTO RILEVATA NEL SANGUE

Test per l’alcol etilico (etanolo) 6-12 ore
Transferrina desialata (CTD) 2-3 settimane
Fosfatidil-etanolo (Peth) 1-2 settimane
Etilglucuronide (ETG) fino a 80 ore

Ethyl alcohol, or ethanol, is a toxic ingredient contained in some drinks such as beer, wine and liqueurs. It is obtained by fermentation of starches, yeast and sugars. This examination measures the amount of ethanol present in the blood, urine, breath or saliva.The alcohol consumed is absorbed by the gastrointestinal tract and transported to the body by the bloodstream. Small quantities of ethanol are eliminated with urine or lungs through breathing, but most are metabolized by the liver.The liver can process about a glass per hour – a glass is defined as the amount of ethanol contained in about 350 ml of beer, 150 ml of wine, or 45 ml of whiskey and is defined as alcoholic unit (UA). The consumption of more than one glass in an hour causes the accumulation of ethanol in the bloodstream. However, alcohol metabolism is also linked to other factors, such as the amount of food consumed before and during the drink. The speed with which alcohol is metabolized also depends on age, gender, weight, genetic structure and hypothetical intake of other toxic substances (generally drugs or drugs) capable of interacting with alcoholThe intake of alcoholic beverages at a higher speed compared to the time necessary for the liver to metabolize them, can cause an increase in the concentration of ethanol in the blood and therefore the appearance of signs and symptoms of intoxication, such as conjunctival redness, blushed face, difficulty in speaking And in answering questions or comments promptly, alteration of the ability of judgment, decrease in motor skills, sleepiness or difficulty of sleep and/or vomiting.With a very high alcoholic rate, more serious signs and symptoms of toxicity such as confusion, amazement, loss of balance, irregular or slow breath, loss of consciousness, convulsions and low body temperature (hypotermia) may appear. A very high blood ethanol concentration can lead to coma and be lethal.The excessive use of alcohol for a prolonged time can lead to the development of health problems such as liver diseases, cardiovascular problems, depression and anxiety. (For more information, please refer to article alcoholism).In addition to the measurement of the Aanolol, which provides information about the recent alcohol intake, other biomarkers are often sought, in order to determine the chronic alcohol intake or a possible relapse after a period of abstinence. Some examples of alcoholic abuse markers include:Desialated transferrin (Carboydrate-Dicaficient Transferrin-CDT): indirect marker who contributes to identifying alcohol abuse. The response of increased levels of CDT suggests consumption greater than 50-80 grams of alcohol per day, corresponding to about 3-6 drinks, for a period of time of 2 or 3 weeksPhosphatidil-eTanol (Peth): the phosphatidiletanol is used as a direct biomarator for the screening of a recent alcohol consumption, already detectable 30 minutes after the start of the intake and up to 2-3 weeks after the end. This test is mostly used to study the excessive episodic consumption of alcoholic substances (“binge drinking”))Etilglucuronide (ETG): Direct marker who presents the greater sensitivity and analytical specificity, a metabolite of the ananol which is formed exclusively after the consumption of alcohol. Its traces can be found in the blood, in the urine and in the hair. Looking for traces of ethilglucuronide in hair is a usual procedure in legal medicine to check if the person is truly abstinent and evaluate his behavior over time compared to alcohol consumption.The ETG is characterized by an emany in the greater urine compared to the ananol, providing indications about the less recent alcohol intake. The ETG on urine is used to attest to the rod of the subject subject to the investigation.Alcohol intake can be detected in the blood within a few minutes from the consumption of the first drink. The period of time within which the intake of alcohol in the blood can be detected is called “detection window”, which is influenced by several factors, including the type of test performed. The following table shows the blood detection windows for the tests previously described:

Alcohol detection windows aftAer the last drink

 

Detection window detected in the blood

Ethyl alcohol test (ethanol) 6-12 hours
Desialated transferrin (CTD) 2-3 weeks
Phosphatidil-etanolo (Peth) 1-2 weeks
Etilglucuronide (ETG) up to 80 hours

ALCOL METILICO

L’alcool metilico o metanolo viene ampiamente utilizzato in ambito industriale: nell’industria di vernici come solvente e diluente, nell’industria farmaceutica e nell’industria chimica nei processi di sintesi. È inoltre presente, come sostanza non desiderata, in distillati alcolici. L’intossicazione da metanolo determina acidosi, danni oculari e neurologici. L’intossicazione acuta non trattata può risultare mortale.L’alcool metilico è normalmente presente nelle urine perché in piccole dosi viene anche assorbito con la dieta. Uno dei suoi metaboliti è rappresentato dall’acido formico.L’alcool metilico, dopo l’assorbimento nell’organismo, è presente nel sangue e viene eliminato con le urine anche nella sua forma originaria che, quindi, può essere utilizzata e misurata nel monitoraggio biologico dell’esposizione professionale. Si ricorda che la quota dovuta all’esposizione professionale si somma a quella endogena determinando un innalzamento dei valori normali.

Methylic or methanol alcohol is widely used in the industrial field: in the painting industry as a solvent and thinning, in the pharmaceutical industry and in the chemical industry in synthetic processes. It is also present, as an unwanted substance, in alcoholic distillates. Methanol poisoning determines acidosis, eye and neurological damage. Untered acute poisoning can be fatal.Methylic alcohol is normally present in the urine because in small doses it is also absorbed with the diet. One of its metabolites is represented by the tingle acid.The methyl alcohol, after absorption in the body, is present in the blood and is eliminated with the urine also in its original form which, therefore, can be used and measured in the biological monitoring of the professional exposure. It should be remembered that the share due to the professional exposure is added to the endogenous one by determining an increase in normal values.

ALDOLASI

L’aldolasi è un enzima che si trova principalmente nelle cellule del fegato, del cervello e del tessuto muscolare. Negli individui sani i livelli di aldolasi nel sangue sono bassi; al contrario, quando gli organi o il tessuto muscolare vengono danneggiati, l’aldolasi viene rilasciata nel sangue ed i suoi livelli aumentano. Questo esame misura i livelli di aldolasi nel sangue e può essere utilizzato come supporto alla diagnosi delle malattie muscolari.La funzione dell’aldolasi è quella di produrre energia a partire da zuccheri come il glucosio e il fruttosio.Le concentrazioni dell’aldolasi possono aumentare in corso di numerose patologie, incluse neoplasie e malattie infettive. Questo esame è stato largamente sostituito da indici più sensibili e specifici di danno epatico (ALT, AST) e muscolare (creatina chinasi, CK). Tuttavia, poichè una piccola percentuale di popolazione affetta da patologie muscolari mostra un’elevata concentrazione di aldolasi ed una concentrazione di creatina chinasi nella norma, questo esame può talvolta essere prescritto insieme alla CK.

Aldolasi is an enzyme that is mainly found in liver, brain and muscle tissue cells. In healthy individuals the levels of aldolasi in the blood are low; On the contrary, when organs or muscle tissue are damaged, the Aldolasi is released in the blood and its levels increase. This examination measures the levels of Aldolasi in the blood and can be used as a support for the diagnosis of muscle diseases.The function of aldolasi is to produce energy starting from sugars such as glucose and fructose.The concentrations of aldolase can increase during numerous pathologies, including neoplasms and infectious diseases. This examination was widely replaced by more sensitive and specific indexes of liver (alt, AST) and muscle (creatine chinase, CK) damage. However, as a small percentage of population suffering from muscle pathologies shows a high concentration of aldolasi and a concentration of creatine chinase in the norm, this exam can sometimes be prescribed together with the CK.

ALDOSTERONE SIERICO/URINARIO

L’aldosterone è un ormone che svolge un ruolo importante nel mantenere le concentrazioni normali di sodio e potassio nel sangue e nel controllo del volume e della pressione sanguigni. La renina è un enzima che controlla la produzione di aldosterone. Questi esami misurano le concentrazioni di aldosterone e renina nel sangue e/o la concentrazione di aldosterone nell’urina.L’aldosterone è prodotto dalla zona più esterna (chiamata corteccia surrenalica) delle ghiandole surrenali, localizzate sopra i reni. L’aldosterone stimola la ritenzione di sodio (sale) e l’escrezione di potassio da parte dei reni. La renina è prodotta dai reni e controlla l’attivazione dell’ormone angiotensina, che stimola la produzione di aldosterone da parte delle ghiandole surrenali.Il rene rilascia la renina quando c’è un abbassamento della pressione arteriosa o un decremento della concentrazione di cloruro di sodio nei tubuli renali. La renina catalizza la trasformazione della proteina del sangue angiotensinogeno in angiotensina I, che è convertita da un secondo enzima in angiotensina II. L’angiotensina II causa vasocostrizione e stimola la produzione di aldosterone. Questo aumenta la pressione sanguigna e mantiene sodio e potassio a livelli normali.Alcune patologie possono portare ad una sovrapproduzione di aldosterone (iperaldosteronismo, che è solitamente chiamato aldosteronismo) o ad una scarsa produzione (ipoaldosteronismo). Dal momento che renina ed aldosterone sono così correlati tra loro, le due sostanze sono spesso misurate insieme per identificare la causa di una concentrazione anomala di aldosterone.

Aldosterone is a hormone that plays an important role in maintaining normal sodium and potassium concentrations in the blood and control of volume and blood pressure. The renina is an enzyme that controls the production of aldosterone. These exams measure the concentrations of aldosterone and renin in the blood and/or the concentration of aldosterone in urine.Aldosterone is produced by the outermost area (called adrenal cortex) of the adrenal glands, located above the kidneys. Aldosterone stimulates sodium retention (salt) and potassium excretion by the kidneys. The renin is produced by the kidneys and controls the activation of the Anggiotense hormone, which stimulates the production of aldosterone by the adrenal glands.The kidney releases the renin when there is a lowering of blood pressure or a decrease in the concentration of sodium chloride in the kidney tubules. The renin catalyzes the transformation of the angentsinogen blood protein into Angiotensin I, which is converted by a second enzyme in Angiotensin II. Angiotensin II causes vasoconstriction and stimulates the production of aldosterone. This increases blood pressure and keeps sodium and potassium at normal levels.Some pathologies can lead to an overproduction of aldosterone (hyperaldosteronism, which is usually called aldosteronism) or to a poor production (hypowaldosteronism). Since Renina and Alfosterone are so correlated to each other, the two substances are often measured together to identify the cause of an anomalous concentration of aldosterone.

ALFA 2 MACROGLOBULINA

L’Alfa-2 macroglobulina (A2M) è una proteina con funzione di inibitore delle proteinasi ed è sintetizzata dalle cellule parenchimali del fegato. Concentrazioni elevate possono indicare patologie renali (es. sindrome nefrosica), a causa della perdita a livello renale di proteine a basso peso molecolare ed al conseguente aumento di produzione epatica di tutte le proteine, per compensare la risultante diminuzione di concentrazione delle proteine sieriche. Carenza di A2M è presente in soggetti con pancreatite acuta ed in alcune condizioni oncologiche (carcinoma della prostata)

Alpha-2 macroglobulin (A2 M) is a protein with proteinase inhibitor function and is synthesized by parenchymal cells in the liver. High concentrations may indicate renal pathologies (e.g. nephrotic syndrome), due to the renal loss of low molecular weight proteins and the consequent increase in hepatic production of all proteins, to compensate for the resulting decrease in serum protein concentration. A2M deficiency is present in subjects with acute pancreatitis and in some oncological conditions (prostate cancer)

ALFA-1-ANTITRIPSINA

L’alfa-1 antitripsina (AAT) è una proteina deputata alla protezione dei polmoni e del fegato dal danneggiamento causato dagli enzimi attivati. Questo esame misura la concentrazione di AAT nel sangue. Alcuni esami specifici sono in grado di identificare la forma anomala di AAT ereditata dal paziente.L’AAT favorisce l’inibizione di alcuni enzimi, di cui il più importante è rappresentato dall’elastasi. L’elastasi è un enzima rilasciato dai neutrofili, una tipologia di globuli bianchi, durante la normale risposta infiammatoria. L’elastasi degrada le proteine per favorirne la rimozione e l’eliminazione dall’organismo ma, se la sua azione non viene regolata dall’AAT, può determinare il danneggiamento del tessuto polmonare e causarne il collasso.Ogni individuo eredita due copie del gene SERPINA1 (inibitore delle serin proteasi) che codifica per la proteina alfa-1 antitripsina. Questo gene è codominante, ovvero ciascuna copia del gene SERPINA1 è responsabile della produzione di metà dell’AAT presente nell’organismo. La presenza di una mutazione in una o in entrambe le copie del gene determina la produzione di AAT in minor quantità e/o disfunzionale. La presenza di AAT ridotta del 30% rispetto alla norma determina carenza della proteina stessa, con conseguente aumento del rischio di sviluppare l’enfisema, una malattia polmonare progressiva che insorge in età adulta. Se il paziente è un fumatore o se, per la professione che svolge, è esposto a fumi o polveri, il danno ai polmoni tenderà a manifestarsi prima e ad essere più grave.Alcune tipologie di AAT disfunzionale tendono ad accumularsi nelle cellule del fegato (epatociti) che le producono, determinando la formazione di catena proteiche anomale e danno d’organo. Circa il 10% dei neonati affetti da carenza di AAT sviluppano l’ittero. Nei casi più gravi, è necessario ricorrere al trapianto di fegato per sopravvivere. La carenza di AAT è attualmente la causa genetica più comune delle patologie epatiche nei bambini. Circa il 15% degli adulti con deficit di AAT sviluppa cirrosi, che si verifica quando il tessuto epatico sano viene sostituito da tessuto cicatriziale che compromette la funzionalità epatica, ed è esposto ad un rischio aumentato di tumore al fegato (carcinoma epatocellulare).La quantità e la funzionalità dell’AAT prodotto dipende dal tipo di mutazione ereditata. Sono state identificate più di 75 varianti del gene SERPINA1 e, di queste, le più frequentemente associate al deficit sono denominate Z e S. La maggior parte degli individui, circa il 90%, possiede due copie dell’allele normale M (MM). I test comunemente utilizzati per la valutazione dei pazienti includono la misura della concentrazione di AAT presente, la determinazione del tipo di proteina AAT che viene prodotta (test del fenotipo) e l’identificazione della variante allelica presente (test del genotipo). Solitamente, vengono valutati soltanto l’allele normale M e le più comuni varianti (S e Z).Carenza di alfa-1 antitripsinaLa carenza di alfa-1 antitripsina è una patologia ereditaria associata al rischio di sviluppare malattie polmonari, epatiche e, più raramente, cutanee. La prevalenza nella popolazione dell’Europa Occidentale è circa 1 su 2500 persone.L’AAT è una proteina deputata alla protezione di vari tessuti dal danneggiamento; pertanto, la sua carenza è associata al rischio di sviluppare condizioni cliniche potenzialmente gravi, inclusi:   Disturbi respiratori; quali enfisema polmonare, asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). La BPCO è una condizione clinica che colpisce i polmoni e causa difficoltà respiratorie. L’enfisema è un tipo di BPCO causato dal danneggiamento dei polmoni. La BPCO rappresenta la complicanza più comunemente associata alla carenza di AAT, che si stima essere responsabile dell’1-2% di tutti i casi di BPCO. I soggetti fumatori o esposti a sostanze irritanti, quali polveri o sostanze chimiche che irritano i polmoni, hanno maggiori probabilità di sviluppare l’enfisema    Patologie epatiche; la carenza di AAT causa la comparsa di danni al fegato. Alcuni esempi di malattie del fegato associate includono l’epatite (infiammazione del fegato) e la cirrosi (cicatrizzazione del fegato). Inoltre, la carenza di AAT può aumentare il rischio di tumore al fegato   Panniculite: anche se più raramente, la carenza di AAT può causare l’insorgenza di panniculite, un’infiammazione del tessuto adiposo sottocutaneo che causa la comparsa di noduli sottocutanei dolenti e arrossati, solitamente localizzati sull’addome, sulle cosce o sui glutei.

The Alfa-1 Antitripsin (AAT) is a protein responsible for the protection of lungs and liver from damage caused by the enzymes activated. This examination measures the concentration of aat in the blood. Some specific tests are able to identify the anomalous form of AAT inherited from the patient.Aat favors the inhibition of some enzymes, of which the most important is represented by the elastase. Elastasis is an enzyme released by neutrophils, a type of white blood cells, during the normal inflammatory response. Elastasis degrades proteins to favor their removal and elimination from the body but, if its action is not regulated by the AT, it can determine the damage to the lung tissue and cause collapse.Each individual inherits two copies of the Serpine1 gene (Serin Proteasi inhibitor) which codes for the anti -ripine alpha-1 protein. This gene is codoming, or each copy of the Serpina1 gene is responsible for the production of half of the AT present in the body. The presence of a mutation in one or both copies of the gene determines the production of AAT in less quantities and/or dysfunctional. The presence of AAT reduced by 30% compared to the rule determines deficiency of the protein itself, with the consequent increase in the risk of developing emphysema, a progressive lung disease that arises in adulthood. If the patient is a smoker or if, for the profession he performs, he is exposed to fumes or dust, the damage to the lungs will tend to manifest himself before and to be more serious.Some types of dysfunctional aat tend to accumulate in the liver cells (hepatocytes) that produce them, determining the formation of anomalous protein chain and organ damage. About 10% of infants with AAT deficiency develop jaundice. In the most serious cases, it is necessary to resort to liver transplantation to survive. Aat’s shortage is currently the most common genetic cause of liver diseases in children. About 15% of adults with AAT deficit develop cirrhosis, which occurs when healthy hepatic tissue is replaced by scar tissue that compromises liver function, and is exposed to an increased risk of liver cancer (liver carcinoma).The quantity and functionality of the product AT depends on the type of inherited mutation. More than 75 variants of the Serpina1 gene were identified and, of these, the most frequently associated with the deficit are called Z and S. most individuals, about 90%, have two copies of the normal allele M (mm).The tests commonly used for the evaluation of patients include the measurement of the concentration of AAT present, the determination of the type of AAT protein which is produced (phenotype test) and the identification of the alleica variant present (genotype test). Usually, only the normal allele M and the most common variants (S and Z) are assessed.Alfa-1 antitripsin deficiencyThe deficiency of Alfa-1 Antripsin is an inheritance pathology associated with the risk of developing lung, liver and, more rarely, skin diseases. The prevalence in the population of Western Europe is about 1 out of 2500 people.Aat is a protein responsible for the protection of various fabrics from damage; Therefore, its deficiency is associated with the risk of developing potentially serious clinical conditions, including:   Respiratory disorders; such as pulmonary emphysema, asthma and chronic obstructive chronic bronchopneumopathy (COPD). COPD is a clinical condition that affects the lungs and causes breathing difficulties. The emphysema is a type of COPD caused by the damage of the lungs. The COPD represents the complication most commonly associated with AAT’s deficiency, which is estimated to be responsible for 1-2% of all cases of COPD. Smoking subjects or exposed to irritating substances, such as dust or chemicals that irritate the lungs, are more likely to develop emphysemaLiver diseases;  Aat deficiency causes the appearance of liver damage. Some examples of associated liver disease include hepatitis (liver inflammation) and cirrhosis (liver healing). In addition, AAT deficiency can increase the risk of liver cancer   Panniculitis: even if more rarely, the lack of AAT can cause the onset of diapers, an inflammation of the subcutaneous adipose tissue that causes the appearance of painful and red subcutaneous nodules, usually located on the abdomen, on the thighs or on the buttocks.

ALFA-1-GLICOPROTEINA ACIDA

È una proteina di fase acuta prodotta dal fegato e dai tessuti periferici in risposta alla reazione sistemica all’infiammazione; cioè una proteina la cui concentrazione nel plasma aumenta in modo caratteristico come risposta alla fase acuta di varie patologie come infezioni, traumi, ustioni o malattie infiammatorie, le concentrazioni di proteine sieriche sono state correlate con aumenti della sintesi epatica. L’interesse pratico nella determinazione delle proteine della fase acuta risiede nel fatto che il loro comportamento fornisce un’indicazione del processo patologico, in quanto rimangono elevate finché il processo persiste e diminuiscono quando questo regredisce.  La produzione è legata all’espressione del gene AGP ed è controllata da una combinazione dei principali mediatori regolatori, cioè glucocorticoidi e una rete di citochine che coinvolge principalmente l’interleuchina-1 beta (IL-1 beta), il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF alfa), l’interleuchina-6 e le citochine correlate all’IL-6.

It is an acute phase protein produced by the liver and peripheral tissues in response to the systemic reaction to inflammation; that is, a protein whose plasma concentration increases characteristically as a response to the acute phase of various pathologies such as infections, trauma, burns or inflammatory diseases, serum protein concentrations have been correlated with increases in liver synthesis. The practical interest in determining acute phase proteins lies in the fact that their behavior provides an indication of the pathological process, as they remain elevated as long as the process persists and decrease when it regresses.  Production is linked to the expression of the AGP gene and is controlled by a combination of the main regulatory mediators, i.e. glucocorticoids and a cytokine network mainly involving interleukin-1 beta (IL-1 beta), tumor necrosis factor alpha (TNF alpha), interleukin-6 and IL-6-related cytokines.

ALLERGIE (Esame Ematico)

Le immunoglobuline E (IgE) sono una classe di immunoglobuline associate a reazioni allergiche. Normalmente sono presenti nel circolo ematico in concentrazioni molto basse. Questo test misura la concentrazione ematica di IgE allergene-specifiche per individuare un’allergia ad uno specifico allergene.Le IgE sono anticorpi che fanno parte del sistema immunitario e che difendono l’organismo dagli “agenti estranei”. Vengono sintetizzate quando un soggetto geneticamente predisposto è esposto per la prima volta ad un potenziale allergene, come cibo, erba o forfora animale. L’organismo percepisce il potenziale allergene come una minaccia e sintetizza specifiche IgE che si legano alle mastocellule presenti nella pelle, nel tratto respiratorio e gastrointestinale e ai basofili (un tipo di globulo bianco) presenti nel circolo sanguigno.Alla successiva esposizione, gli anticorpi IgE legati alle cellule riconoscono l’antigene e provocano ilrilascio di istamina ed altre sostanze ad opera delle mastocellule e dei basofili, provocando una reazione allergica al livello del tessuto nel quale è avvenuta l’esposizione all’antigene.Il test delle IgE totali, corrisponde alla misura di tutte le IgE presenti nel circolo ematico, mentre lamisura delle IgE specifiche corrisponde alla misura delle IgE in grado di riconoscere uno specificoantigene. Ogni allergene richiede un esame dedicato e le determinazioni possono essere moltospecifiche: esse riescono a distinguere tra ape o calabrone, albume o tuorlo, ambrosia gigante ooccidentale. Si possono raggruppare i vari allergeni in pannelli alimentari, di gramigne, erbe regionali o muffe. Altrimenti il clinico può testare in maniera selettiva scegliendo da una lunga lista di allergeni che si sospettino essere la causa della reazione allergica.Il metodo tradizionalmente usato per questo tipo di test effettuato su sangue è il RAST (radioallergosorbent test) ma questo è stato largamente sostituito da un nuovo test immunoenzimatico IgE-specifico. Alcuni clinici continuano a fare riferimento al test RAST, nonostante questo non sia più utilizzato dal laboratorio.

Immunoglobulins E (IgE) are a class of immunoglobulins associated with allergic reactions. They are normally present in the bloodstream in very low concentrations. This test measures the blood concentration of allergen-specific IgE to detect an allergy to a specific allergen.IgE are antibodies that are part of the immune system and which defend the body against “foreign agents”. They are synthesized when a genetically predisposed person is exposed for the first time to a potential allergen, such as food, grass or animal dander. The body perceives the potential allergen as a threat and synthesizes specific IgE which binds to the mast cells present in the skin, in the respiratory and gastrointestinal tract and to the basophils (a type of white blood cell) present in the bloodstream.Upon subsequent exposure, the cell-bound IgE antibodies recognize the antigen and cause therelease of histamine and other substances by mast cells and basophils, causing an allergic reaction at the level of tissue where exposure to the antigen has occurred.The total IgE test corresponds to the measurement of all the IgE present in the bloodstream, while thespecific IgE measurement corresponds to the IgE measurement capable of recognizing a specificantigen. Each allergen requires a dedicated examination and the determinations can be manyspecifics: they can distinguish between bee or bumblebee, egg white or yolk, giant ragweed orwestern. The various allergens can be grouped into food panels, of weeds, regional herbs or moulds. Otherwise the clinician can selectively test by choosing from a long list of allergens that are suspected to be the cause of the allergic reaction.The method traditionally used for this type of test performed on blood is the RAST (radioallergosorbent test) but this has been largely replaced by a new IgE-specific enzyme immunoassay. Some clinicians continue to refer to the RAST test, even though it is no longer used by the laboratory.

ALP (FOSFATASI ALCALINA)

Questo esame misura i livelli di fosfatasi alcalina (ALP) nel sangue. L’ALP è un enzima che si trova in diversi tessuti dell’organismo. Negli individui sani, l’ALP ematica deriva principalmente dal fegato, dall’osso (scheletro), dall’intestino e dai reni. In presenza di patologie del fegato, dell’osso, delle vie biliari o di ostruzione delle vie biliari, l’ALP viene rilasciata nel sangue ed i suoi livelli aumentano.Nel fegato, la fosfatasi alcalina è presente nelle cellule che rivestono i dotti biliari (piccoli tubi che trasportano la bile dal fegato all’intestino, necessari per facilitare la digestione dei grassi); nelle ossa, invece, è prodotta dagli osteoblasti, cellule coinvolte nella formazione ossea. A seconda del tipo di tessuto che li produce, esistono diversi tipi di fosfatasi alcalina che prendono il nome di isoenzimi.Il grado di incremento dell’ALP può contribuire ad interpretare il risultato del test. Infatti, concentrazioni estremamente elevate di ALP nel sangue si verificano in seguito all’ostruzione delle vie biliari, causata solitamente dalla presenza di infiammazione della colecisti (colecistite) o di calcoli biliari. Aumenti moderati dell’ALP, invece, possono verificarsi in corso di carcinoma epatico, cirrosi, epatite ed assunzione di farmaci tossici per il fegato. Qualsiasi condizione clinica in grado di accelerare il turnover osseo, incluso il morbo di Paget, può aumentare la concentrazione di ALP. Bambini ed adolescenti sono caratterizzati da livelli elevati di ALP in circolo, poiché nel loro caso il processo di formazione ossea è ancora in corso. Per questo motivo, i risultati dell’ALP devono essere interpretati utilizzando valori di riferimento differenti per bambini e adulti.Da sola, la misura dell’ALP non è sufficiente per stabilire la diagnosi di tali patologie; tuttavia, fornisce informazioni importanti per il processo diagnostico. L’entità dell’incremento dell’ALP può riflettere la tipologia o la gravità della patologia presente. Inoltre, è possibile distinguere tra le varie forme (isoenzimi) di ALP prodotte dai differenti tipi di tessuti nell’organismo. Nel caso in cui la rilevazione di segni e sintomi non renda evidente la fonte di ALP (se epatica o ossea), è possibile eseguire ulteriori test per determinare il tipo di isoenzima che risulta aumentato nel sangue.

This examination measures the levels of alkaline phosphatase (alp) in the blood. The Alp is an enzyme that is found in different fabrics of the body. In healthy individuals, the Alp blood derives mainly from the liver, bone (skeleton), intestine and kidneys. In the presence of liver pathologies, bone, biliary tract or biliary tract obstruction, the Alp is released in the blood and its levels increase.In the liver, the alkaline phosphatase is present in the cells that cover bile ducts (small tubes that transport bile from the liver to the intestine, necessary to facilitate the digestion of fats); In the bones, however, it is produced by osteoblasts, cells involved in bone formation. Depending on the type of tissue that produces them, there are different types of alkaline phosphatases that take the name of isoenzymes.The degree of increase of the ALP can help interpret the test result. In fact, extremely high concentrations of Alp in the blood occur following the obstruction of the bile tracts, usually caused by the presence of inflammation of the gallbladder (cholecystitis) or gallstones. Moderate increases in the ALP, on the other hand, can occur during liver carcinoma, cirrhosis, hepatitis and intake of toxic drugs for the liver.Any clinical condition capable of accelerating the bone turnover, including Paget disease, can increase the concentration of Alp. Children and teenagers are characterized by high Alp levels in the circle, since in their case the bone formation process is still in progress. For this reason, the ALP results must be interpreted using different reference values for children and adults.On its own, the measure of the ALP is not enough to establish the diagnosis of these pathologies; However, it provides important information for the diagnostic process. The extent of the increase in the ALP can reflect the type or severity of the present pathology. In addition, it is possible to distinguish between the various forms (isoenzymes) of Alp produced by the different types of tissues in the body. In the event that the detection of signs and symptoms does not make the source of Alp (if hepatic or bone) evident, it is possible to perform further tests to determine the type of isoenzyme which is increased in the blood.

ALP ISOENZIMI

Si tratta di un enzima intracellulare presente in vari tessuti (fegato, osso) in differenti isoforme che il test è in grado di riconoscere.Serve a valutare la composizione percentuale delle frazioni di fosfatasi alcalina di origine epatica, ossea e di altri tessuti. I diversi isoenzimi derivano dalla diversa glicosilazione di uno stesso prodotto genico (epatico, osseo, renale) oppure di geni distinti (intestinale, placentare).Nel siero di un soggetto adulto normale sono presenti circa in ugual quantità la frazione epatica e quella ossea.Nei bambini e nei soggetti con elevata attività osteblastica prevale la frazione ossea.Nelle affezioni epatiche aumenta la frazione epatica e, nel caso di ittero ostruttivo, quella biliare.Nella gravidanza è presente l’isoenzima placentare, identico a una forma espressa in alcuni tumori (carcinoplacentare).

It is an intracellular enzyme present in various tissues (liver, bone) in different isoforms that the test is able to recognize.It serves to evaluate the percentage composition of the fractions of alkaline phosphatease of liver, bone and other tissues. The different isoenzymes derive from the different glycosilation of the same gene product (hepatic, bone, renal) or distinct genes (intestinal, placental).In the serum of a normal adult subject, the liver and bone fraction are present in equal quantities.In children and subjects with high osteblastic activity, the bone fraction prevails.In liver affections, the liver fraction increases and, in the case of obstructive jaundice, the biliary one.In pregnancy there is the placental isoenzyme, identical to a form expressed in some tumors (carcinoplacenta).

ALT, SGPT, GPT

L’Alanina amino transferasi (ALT) è un enzima che si trova principalmente nelle cellule del fegato e del rene; quantità molto minori si ritrovano anche nel cuore e nei muscoli. Negli individui sani i livelli di ALT nel sangue sono bassi; al contrario quando il fegato è danneggiato l’ALT viene rilasciata nel sangue e i suoi livelli aumentano. Questo solitamente accade prima che sintomi più evidenti di danno epatico, come l’ittero, possano apparire. Questo esame misura i livelli di ALT nel sangue ed è molto utile per la diagnosi precoce delle malattie epatiche.La funzione dell’ALT è quella di convertire l’alanina, uno degli aminoacidi che compongono le proteine, in piruvato, un composto chimico importante nella produzione di energia a livello cellulare.Il fegato è un organo vitale localizzato in alto e a destra della cavità addominale, al di sotto della gabbia toracica. Esso è coinvolto in molte importanti funzioni dell’organismo, quali: facilitare la degradazione dei cibi, produrre la bile che aiuta a digerire i grassi, sintetizzare molte importanti proteine (quali i fattori della coagulazione del sangue e l’albumina), metabolizzare sostanze potenzialmente tossiche in altre più innocue che possano essere secrete o utilizzate dall’organismo.Una grande varietà di condizioni patologiche possono provocare danneggiamento delle cellule epatiche, con conseguente aumento di ALT. L’esame è molto utile nel determinare il danno dovuto ad epatiti (infiammazioni del fegato), all’uso di farmaci o all’esposizione ad altre sostanze tossiche per il fegato.L’ALT è di solito richiesta insieme all’Aspartato amino transferasi (AST), un altro enzima epatico, come parte del pannello epatico. Sia la concentrazione dell’ALT che quella dell’AST di solito aumentano ogni volta che il fegato viene danneggiato, anche se l’ALT è più specifica per il fegato e, in alcuni casi, può essere l’unica delle due che aumenta. Il rapporto AST/ALT può essere calcolato per distinguere tra le cause e la severità del danno epatico, oltre che per discriminare tra danno epatico e danno cardiaco o muscolare.

Alanina Amino Transferase (alt) is an enzyme that is mainly found in liver and kidney cells; Very minor quantities are also found in the heart and muscles. In healthy individuals the levels of alt in the blood are low; On the contrary, when the liver is damaged, the alt is released in the blood and its levels increase. This usually happens before more evident symptoms of liver damage, such as jaundice, can appear. This examination measures alt levels in the blood and is very useful for the early diagnosis of liver diseases.The function of the ALT is to convert the alanin, one of the amino acids that make up the proteins, in pyruvate, an important chemical compound in the production of energy at cellular level.The liver is a vital organized organ located at the top and to the right of the abdominal cavity, below the thoracic cage. It is involved in many important functions of the body, such as: facilitating the degradation of food, producing bile that helps to digest fats, synthesize many important proteins (such as the factors of blood coagulation and albumin), metabolizing substances potentially Toxic in other more harmless that may be secreted or used by the body.A great variety of pathological conditions can cause damage to liver cells, with consequent increase in alt. The exam is very useful in determining the damage due to hepatitis (inflammation of the liver), the use of drugs or exposure to other toxic substances for the liver.The Alt is usually requested together with the aspartate Amino Transferase (AST), another liver enzyme, as part of the liver panel. Both the concentration of the ALT and that of the Ast usually increase every time the liver is damaged, even if the alt is more specific for the liver and, in some cases, it can be the only one of the two that increases. The AST/ALT ratio can be calculated to distinguish between the causes and the severity of the liver damage, as well as to discriminate between liver damage and heart or muscle damage.

AMA, AMA-M2

Questo esame rileva e misura la quantità (titolo) degli anticorpi anti-nucleo (AMA). Gli AMA sono autoanticorpi fortemente associati alla presenza di colangite biliare primitiva, nota anche come cirrosi biliare primitiva.Si tratta di una malattia autoimmune cronica che causa un’infiammazione cronica delle vie biliari e la loro conseguente cicatrizzazione. È una malattia a lento decorso in grado di causare la progressiva distruzione del fegato e l’ostruzione delle vie biliari. L’ostruzione dei dotti biliari porta all’accumulo di sostanze dannose all’interno del fegato con la conseguente formazione di tessuto cicatriziale permanente (cirrosi). La cirrosi biliare primitiva colpisce perlopiù le donne di età compresa tra i 35 ed i 60 anni e in circa il 90-95% delle persone affette è presente un alto titolo di AMA.Gli AMA sono autoanticorpi, ossia anticorpi diretti contro antigeni propri dell’organismo di appartenenza. Esistono nove tipi di autoanticorpi AMA, indicati con le sigle da M1 a M9. Di questi, gli anticorpi AMA-M2 e M9 sono associati alla malattia con maggiore frequenza (sono clinicamente significativi). La presenza di AMA di tipo M2 (AMA-M2) nel circolo ematico è particolarmente indicativa di cirrosi biliare primitiva, mentre gli altri tipi di AMA sono associati ad altre patologie.

This examination detects and measures the quantity (title) of anti-nucleus antibodies (AMA). He loves them are self -anti -recording strongly associated with the presence of primitive biliary cholangitis, also known as primitive biliary cirrhosis.It is a chronic autoimmune disease that causes chronic inflammation of the bile tract and their consequent healing. It is a slow -decorated disease capable of causing the progressive destruction of the liver and the obstruction of the biliary tract. The obstruction of bile ducts leads to the accumulation of harmful substances within the liver with the consequent formation of permanent cicatrial tissue (cirrhosis). The primitive biliary cirrhosis mostly affects women aged between 35 and 60 and in about 90-95% of the affected people there is a high title of Ama.He loves him are self -anti -reciters, that is, antibodies directed against antigens proper to the body of belonging. There are nine types of AMA AMA AUMO, indicated with the acronyms from M1 to M9. Of these, the Ama-M2 and M9 antibodies are associated with the disease more frequently (they are clinically significant). The presence of AMA of the M2 type (AMA-M2) in the blood club is particularly indicative of primitive bile cirrhosis, while the other types of Ama are associated with other pathologies.

AMH – Ormone anti-Mülleriano

L’ormone anti-Mülleriano (AMH) è prodotto dai tessuti riproduttivi, ovvero i testicoli nei maschi e le ovaie nelle femmine. Il ruolo dell’AMH e la sua concentrazione variano in relazione al sesso e all’età. Questo test misura la concentrazione dell’AMH nel sangue.Nei bambini maschi l’AMH è prodotto dai testicoli molto precocemente nello sviluppo, inibendo lo sviluppo degli organi riproduttivi femminili e promuovendo lo sviluppo di quelli maschili. Nei ragazzi, la concentrazione di AMH rimane alta fino alla pubertà, momento in cui inizia a decrescere.Nelle bambine, la limitata produzione di AMH, consente lo sviluppo degli organi riproduttivi femminili. La concentrazione di AMH rimane bassa fino alla pubertà, quando le ovaie cominciano a produrlo e la concentrazione aumenta. L’AMH decresce in modo costante nelle donne durante l’età fertile, diventando molto basso o anche non rilevabile dopo la menopausa.L’AMH è importante per le donne in età fertile. Alla nascita le femmine possiedono circa un milione di cellule uovo (ovociti), che decrescono numericamente nell’infanzia fino circa a500.000. Solo pochi di questi ovociti rimanenti andranno incontro a maturazione follicolare, ossia un ovocita ad ogni ciclo mestruale. L’AMH ha un effetto equilibrante sull’azione mensile dell’ormone follicolo- stimolante (FSH) e dell’ormone luteinizzante (LH) durante il processo di maturazione dell’ovocita e del suo rilascio (ovulazione). La concentrazione di AMH presente riflette la crescita follicolare.Diversi studi hanno dimostrato come la concentrazione di AMH possa essere utile nel determinare il numero di ovociti rimanenti che potrebbero andare incontro a maturazione(riserva ovarica) e la probabilità quindi delle donne di poter concepire un figlio. L’AMH diminuisce durante l’età fertile, abbassandosi significativamente all’avvicinarsi della menopausa, e diventando di solito non determinabile dopo la menopausa. La determinazione dell’AMH può essere utile nella valutazione della potenziale fertilità della donna e può predire l’inizio della menopausa.La presenza di una concentrazione elevata di AMH può essere associata ad una patologia che interessa l’ovaio conosciuta come sindrome da ovaio policistico (PCOS). La produzione di una elevata quantità di AMH è conseguente all’eccesso di follicoli presenti in questa particolare condizione.L’AMH inoltre gioca un ruolo fondamentale anche nella differenziazione sessuale del feto. Durante le prime settimane di gravidanza, il feto può potenzialmente sviluppare sia gli organi riproduttivi maschili che femminili. La produzione di AMH e di androgeni da parte dei testicoli presenti nel feto di sesso maschile inibisce lo sviluppo degli organi riproduttivi femminili (i dotti mülleriani si trovano sia nei feti maschili che in quelli femminili) e promuove la formazione di altri organi riproduttivi maschili. Se durante questo processo non è disponibile o non è presente una sufficiente concentrazione di AMH, allora si possono sviluppare sia gli organi maschili che quelli femminili. Alla nascita il bambino presenterà genitali ambigui e potrà non essere facilmente riconosciuto subito come maschio o femmina.L’AMH può essere elevato anche in alcuni tumori ovarici (benigni o maligni). Se il tumore produce l’ormone, la determinazione dell’AMH può essere utilizzata come marcatore tumorale per monitorare l’efficacia della terapia e la comparsa di recidive.

Anti-Müllerian hormone (AMH) is produced by the reproductive tissues, i.e. the testicles in males and the ovaries in females. The role of AMH and its concentration vary according to gender and age. This test measures the concentration of AMH in the blood.In male children, AMH is produced by the testicles very early in development, inhibiting the development of the female reproductive organs and promoting the development of the male ones. In boys, the AMH concentration remains high until puberty, at which time it begins to decline.In girls, the limited production of AMH allows for the development of the female reproductive organs. The concentration of AMH remains low until puberty, when the ovaries begin to produce it and the concentration increases. AMH decreases steadily in women during childbearing years, becoming very low or even undetectable after menopause.AMH is important for women of childbearing age. At birth, females possess about one million egg cells (oocytes), which decrease in number in infancy until about500,000. Only a few of these remaining oocytes will undergo follicular maturation, i.e. one oocyte per menstrual cycle. AMH has a balancing effect on the monthly action of follicle stimulating hormone (FSH) and luteinizing hormone (LH) during the process of oocyte maturation and release (ovulation). The concentration of AMH present reflects follicular growth.Several studies have shown that the concentration of AMH can be useful in determining the number of remaining oocytes that could mature.(ovarian reserve) and therefore the probability of women being able to conceive a child. AMH declines during childbearing years, declining significantly as menopause approaches, and usually becoming undetectable after menopause. AMH determination can be useful in assessing a woman’s fertility potential and can predict the onset of menopause.The presence of a high concentration of AMH can be associated with a condition affecting the ovary known as polycystic ovary syndrome (PCOS). The production of a high amount of AMH is consequent to the excess of follicles present in this particular condition.AMH also plays a fundamental role in the sexual differentiation of the fetus. During the first few weeks of pregnancy, the fetus has the potential to develop both male and female reproductive organs. The production of AMH and androgens by the testicles present in the male fetus inhibits the development of the female reproductive organs (the Müllerian ducts are found in both male and female fetuses) and promotes the formation of other male reproductive organs. If a sufficient concentration of AMH is not available or present during this process, then both male and female organs can develop. At birth, the baby will have ambiguous genitalia and may not be readily recognized as male or female immediately.AMH can also be elevated in some ovarian tumors (benign or malignant). If the tumor produces the hormone, the determination of AMH can be used as a tumor marker to monitor the effectiveness of the therapy and the occurrence of recurrences.

AMILASI

L’amilasi è uno degli enzimi prodotti dal pancreas coinvolti nella digestione dei carboidrati. Questo esame misura la quantità di amilasi nel sangue, nell’urina o, qualche volta, nel liquido peritoneale, ossia nel liquido presente tra le membrane che ricoprono la cavità addominale e intorno agli organi.Il pancreas è un organo piatto, lungo circa 15 cm, situato in profondità nella cavità addominale, sotto il fegato e tra lo stomaco e la colonna vertebrale. E’ collegato al duodeno, la prima parte dell’intestino tenue. Gli enzimi digestivi prodotti dal pancreas vengono introdotti nella prima parte dell’intestino tenue (il duodeno) attraverso un sistema di piccoli dotti che convergono nel dotto pancreatico.L’amilasi viene pertanto secreta attraverso il dotto pancreatico nella prima parte dell’intestino tenue, dove interviene nella digestione dei carboidrati assunti con la dieta.In condizioni normali nel sangue e nelle urine sono presenti solo piccole quantità di amilasi. In seguito a danno delle cellule pancreatiche, come nella pancreatite, o in caso di ostruzione del dotto pancreatico (per calcoli o raramente per cancro del pancreas), viene riversata in circolo una maggior quantità di amilasi con il conseguente aumento della sua concentrazione ematica ed urinaria.

Amylase is one of the enzymes produced by the pancreas involved in the digestion of carbohydrates. This test measures the amount of amylase in the blood, urine, or sometimes in the peritoneal fluid, the fluid between the membranes lining the abdominal cavity and around the organs.The pancreas is a flat organ, about 15 cm long, located deep in the abdominal cavity, under the liver and between the stomach and spine. It is connected to the duodenum, the first part of the small intestine. Digestive enzymes produced by the pancreas are introduced into the first part of the small intestine (the duodenum) through a system of small ducts that converge at the pancreatic duct.Therefore, amylase is secreted through the pancreatic duct into the first part of the small intestine, where it is involved in the digestion of carbohydrates taken with the diet.Under normal conditions, only small amounts of amylase are present in the blood and urine. Following pancreatic cell damage, as in pancreatitis, or in the case of obstruction of the pancreatic duct (by stones or rarely by pancreatic cancer), a greater quantity of amylase is released into the circulation with the consequent increase in its blood and urine concentration .

AMILASI PANCREATICA

L’alfa-amilasi è un enzima che catalizza l’idrolisi di alfa-1,4 gruppi di carboidrati, dando destrani, maltosio e glucosio. Ci sono due isoenzimi: uno è presente nella saliva (tipo S) dove inizia il processo chimico di digestione. Un altro proviene dal pancreas (tipo P); anch’esso in grado di idrolizzare amido dagli alimenti dando disaccaridi e trisaccaridi che sono convertiti da altri enzimi in glucosio per fornire energia al corpo. In condizioni fisiologiche l’amilasi presente nel sangue è prodotto dalle ghiandole salivari e dal pancreas.  L’amilasi pancreatica viene secreta nel tratto intestinale attraverso il dotto pancreatico. Nell’intestino l’attività dell’enzima è favorita dalle condizioni alcaline del duodeno. La determinazione specifica dell’amilasi pancreatica è indicata in caso di sospetta pancreatite acuta o per controllare il corso di pancreatite cronica.

Alpha-amylase is an enzyme that catalyzes the hydrolysis of alpha-1,4 carbohydrate groups, giving dextrans, maltose, and glucose. There are two isoenzymes: one is present in saliva (type S) where the chemical process of digestion begins. Another comes from the pancreas (type P); also capable of hydrolyzing starch from foods giving disaccharides and trisaccharides that are converted by other enzymes into glucose to provide energy to the body. Under physiological conditions amylase in the blood is produced by the salivary glands and pancreas.  Pancreatic amylase is secreted into the intestinal tract via the pancreatic duct. In the intestine, the activity of the enzyme is favored by the alkaline conditions of the duodenum. Specific determination of pancreatic amylase is indicated in cases of suspected acute pancreatitis or to control the course of chronic pancreatitis.

AMILASI SALIVARE

L’amilasi salivare, nota anche come ptialina, è un enzima prodotto dalle ghiandole salivari che inizia la digestione dei carboidrati nella bocca, scindendo l’amido in zuccheri più semplici come maltosio e maltotriosio. Questa sua funzione è fondamentale perché pre-digerisce gli amidi prima che il cibo raggiunga lo stomaco, dove l’enzima viene inattivato dall’acidità. La digestione completa dell’amido avviene in seguito nell’intestino tenue grazie all’amilasi pancreatica. Inizia la digestione degli amidi: L’amilasi salivare inizia il processo di scissione dell’amido (un polisaccaride) in carboidrati più semplici (oligosaccaridi) fin dalla masticazione. Pre-digestione: L’azione di questo enzima permette di semplificare il cibo, facilitando la successiva digestione ad opera dell’amilasi pancreatica nell’intestino. Interruzione nello stomaco: L’ambiente acido dello stomaco inattiva l’amilasi salivare, interrompendo temporaneamente la sua attività. Proseguimento nell’intestino: Nell’intestino tenue, l’amilasi pancreatica riprende la digestione degli amidi rimanenti. 

Salivary amylase, also known as ptyalin, is an enzyme produced by the salivary glands that begins the digestion of carbohydrates in the mouth, breaking down starch into simpler sugars such as maltose and maltotriose. This function is fundamental because it pre-digests starches before food reaches the stomach, where the enzyme is inactivated by acidity. Complete digestion of starch then occurs in the small intestine thanks to pancreatic amylase. Starch digestion begins: Salivary amylase begins the process of splitting starch (a polysaccharide) into simpler carbohydrates (oligosaccharides) right from chewing. Pre-digestion: The action of this enzyme allows you to simplify food, facilitating subsequent digestion by pancreatic amylase in the intestine. Disruption in the stomach: The acidic environment of the stomach inactivates salivary amylase, temporarily interrupting its activity. Continuation into the intestine: In the small intestine, pancreatic amylase resumes digestion of the remaining starches. 

AMMONIEMIA

Questo test misura la quantità di ammonio nel sangue. L’ammonio è un composto prodotto da batteri intestinali e dalle cellule dell’organismo durante la digestione delle proteine. Come prodotto di scarto, l’ammonio è normalmente trasportato al fegato, dove è convertito in urea e glutammina. L’urea è poi trasportata dal sangue ai reni, dove è escreta con le urine. Se questo “ciclo dell’urea” non è completo, l’ammonio non viene correttamente processato ed eliminato dall’organismo, si accumula nel sangue e passa attraverso la barriera emato-encefalica. Altre fonti di ammonio sono il rene e il muscolo.Nel cervello, l’ammonio e altri composti metabolizzati dal fegato possono accumularsi e causare encefalopatia epatica, come accade quando la funzionalità epatica è ridotta a causa di alcune patologie quali cirrosi o epatiti. L’encefalopatia epatica causa variazioni mentali e neurologiche che possono dar luogo a confusione, disorientamento, sonnolenza, ed infine coma e anche morte.Neonati e bambini con aumentati livelli di ammonio possono vomitare frequentemente, essere irritabili e sempre più letargici. Non curati possono avere epilessia, difficoltà respiratoria ed andare incontro a coma.Problemi con lo smaltimento dell’ammonio possono verificarsi per diversi motivi, quali:

  • Gravi malattie epatiche – il danno limita l’abilità del fegato a metabolizzare ammonio. Aumenti acuti dell’ammonio possono essere osservati in pazienti con malattia epatica stabile, specialmente in seguito ad un evento scatenante come un’emorragia gastrointestinale o uno squilibrio elettrolitico
  • Flusso di sangue al fegato diminuito – l’ammonio non è in grado di raggiungere il fegato per essere metabolizzato
  • La sindrome di Reye – una malattia rara che colpisce sangue, cervello e fegato. È caratterizzata da un aumento dei livelli di ammonio e da un crollo di quelli di glucosio, colpisce i bambini e gli adulti giovani. Nella maggior parte dei casi, si verifica a seguito di un’infezione virale, come l’influenza o la varicella. I bambini a cui viene somministrata l’aspirina sono esposti ad un rischio maggiore
  • Insufficienza renale – i reni non sono capaci di eliminare efficacemente l’urea dal corpo, portando ad un accumulo di ammonio nel sangue
  • Difetti genetici rari del ciclo dell’urea – carenza o difetto di uno o più enzimi necessari a completare la conversione dell’ammonio ad urea.

This test measures the amount of ammonia in the blood. Ammonium is a compound produced by intestinal bacteria and by the body’s cells during the digestion of proteins. As a waste product, ammonium is normally transported to the liver, where it is converted into urea and glutamine. The urea is then transported by the blood to the kidneys, where it is excreted in the urine. If this “urea cycle” is not complete, the ammonia is not properly processed and eliminated by the body, accumulates in the blood and passes through the blood-brain barrier. Other sources of ammonium are the kidney and muscle.In the brain, ammonium and other compounds metabolized by the liver can accumulate and cause hepatic encephalopathy, as occurs when liver function is impaired due to certain diseases such as cirrhosis or hepatitis. Hepatic encephalopathy causes mental and neurological changes that can result in confusion, disorientation, drowsiness, and eventually coma and even death.Infants and children with increased ammonium levels may vomit frequently, be irritable and increasingly lethargic. Untreated they can have epilepsy, difficulty breathing and go into a coma.Problems with ammonium disposal can occur for several reasons, such as:Severe liver disease – damage limits the liver’s ability to metabolize ammonium. Acute elevations in ammonium may be observed in patients with stable liver disease, especially following a triggering event such as gastrointestinal bleeding or electrolyte imbalanceDecreased blood flow to the liver – ammonia is unable to reach the liver to be metabolisedReye’s syndrome – a rare disease affecting the blood, brain and liver. It is characterized by a rise in ammonium levels and a fall in glucose levels, affecting children and young adults. In most cases, it occurs as a result of a viral infection, such as the flu or chicken pox. Children who are given aspirin are at increased riskKidney failure – the kidneys are unable to effectively remove urea from the body, leading to a buildup of ammonium in the blood  Rare genetic defects of the urea cycle – deficiency or defect of one or more enzymes necessary to complete the conversion of ammonium to urea.

ANA – Anticorpi Anti-Nucleo

Gli anticorpi anti-nucleo (ANA) sono un gruppo di anticorpi prodotti dal sistema immunitario in grado di riconoscere erroneamente delle strutture dell’organismo di appartenenza (autoanticorpi). Il test ANA identifica la presenza di questi autoanticorpi nel sangue.Gli ANA sono responsabili di segni e sintomi come l’infiammazione di organi e tessuti, il dolore articolare e muscolare e l’affaticamento. Gli ANA, nello specifico, riconoscono alcune sostanze presenti nel nucleo della cellula, da cui il nome “anti-nucleo”. E’ probabile che gli ANA non danneggino le cellule vitali, per l’impossibilità di accedere al loro nucleo. Possono tuttavia attaccare i tessuti reagendo con le sostanze nucleari rilasciate dalle cellule danneggiate o in apoptosi.Gli ANA sono uno dei marcatori della presenza di un processo autoimmune e consentono quindi di escludere la presenza di patologie caratterizzate da segni e sintomi analoghi. La positività al test ANA è associata a molteplici malattie autoimmuni. Ad esempio, i pazienti affetti da Lupus eritematoso sistemico (LES) sono per la maggior parte positivi agli ANA; la percentuale di pazienti positivi agli ANA e affetti da altre patologie autoimmuni è variabile. Infine, il test ANA può risultare positivo anche in molteplici altre patologie o condizioni cliniche (talvolta anche nelle persone sane), in modo particolare in caso di positività lievi.

Antinuclear antibodies (ANA) are a group of antibodies produced by the immune system capable of incorrectly recognizing structures of the organism they belong to (autoantibodies). The ANA test identifies the presence of these autoantibodies in the blood.ANAs are responsible for signs and symptoms such as organ and tissue inflammation, joint and muscle pain, and fatigue. Specifically, ANAs recognize certain substances present in the nucleus of the cell, hence the name “anti-nucleus”. It is probable that ANA do not damage viable cells, due to the impossibility of accessing their nucleus. However, they can attack tissue by reacting with nuclear substances released by damaged or apoptotic cells.ANAs are one of the markers of the presence of an autoimmune process and therefore allow the exclusion of the presence of pathologies characterized by analogous signs and symptoms. A positive ANA test is associated with multiple autoimmune diseases. For example, patients with systemic lupus erythematosus (SLE) are mostly ANA positive; the percentage of patients positive for ANA and affected by other autoimmune diseases is variable. Finally, the ANA test can also be positive in many other pathologies or clinical conditions (sometimes even in healthy people), especially in the case of mild positivity.

ANALISI DEL LIQUIDO SPERMATICO

Lo spermiogramma misura la quantità e la qualità del liquido rilasciato durante l’eiaculazione. Valuta sia la porzione liquida, chiamata liquido seminale, sia le cellule mobili chiamate spermatozoi tramite osservazione al microscopio. Questo esame viene spesso utilizzato nella valutazione dell’infertilità maschile.Lo sperma è un liquido viscoso e lattescente che contiene gli spermatozoi e i prodotti derivanti da diverse ghiandole; esso risulta abbastanza viscoso al momento dell’eiaculazione per poi liquefarsi dopo 10-30 minuti. Gli spermatozoi sono le cellule riproduttive presenti nel liquido seminale; sono dotati di una testa, un collo intermedio e una coda e contengono una copia di ogni cromosoma (tutti i geni portati dal maschio). Gli spermatozoi sono mobili, normalmente si muovono in avanti attraverso il liquido seminale. All’interno dell’utero, questa proprietà li rende capaci di raggiungere l’ovulo e di fondersi con esso, fecondandolo. Ogni campione di sperma contiene da 1.5 a 5.5 mL (circa un cucchiaino da te) di liquido, circa 20 milioni di spermatozoi per mL e concentrazioni variabili di fruttosio, soluzioni tampone, sostanze coagulanti, lubrificanti ed enzimi che dovrebbero supportare lo sperma e il processo di fecondazione.Uno spermiogramma normalmente misura:

  • Volume del liquido seminale
  • Consistenza (viscosità) del liquido
  • Numero totale di spermatozoi
  • Motilità degli spermatozoi (la percentuale che riesce a muoversi in modo deciso in avanti)
  • Numero di spermatozoi normali e non (difettosi) in termini di grandezza e forma
  • Concentrazione (densità)
  • Coagulazione e liquefazione
  • Fruttosio (lo zucchero che nel liquido seminale fornisce energia agli spermatozoi)
  • pH (acidità)
  • Numero di spermatozoi immaturi
  • Numero di leucociti (cellule che indicano un’infezione in atto)

Se la conta spermatica è bassa, la motilità è diminuita, la morfologia è anomala o il liquido seminale è anomalo, possono essere eseguiti alcuni esami aggiuntivi. Questi esami possono contribuire ad identificare alcune anomalie, come la presenza di anticorpi diretti contro gli spermatozoi, concentrazioni anomale di ormoni (testosterone, FSH, LH, prolattina) e un numero eccessivo di leucociti; i test genetici sono utili per le patologie che possono influenzare la fertilità, come la sindrome di Klinefelter, la fibrosi cistica o altre patologie cromosomiche.In alcuni casi, possono essere usati test per immagini a ultrasuoni, la TAC o la risonanza magnetica. Può anche essere necessaria una biopsia dei testicoli. Talvolta, viene prescritto un test di criosopravvivenza se la coppia desidera congelare gli spermatozoi per poi utilizzarli in futuro.

The spermiogram measures the quantity and quality of the liquid released during ejaculation. Evaluate both the liquid portion, called seminal fluid, and the mobile cells called spermatozoa by observation under a microscope. This test is often used in the evaluation of male infertility.Semen is a viscous, milky liquid that contains sperm and the products of various glands; it is quite viscous at the time of ejaculation and then liquefies after 10-30 minutes. Spermatozoa are the reproductive cells present in seminal fluid; they have a head, middle neck and tail and contain one copy of each chromosome (all the genes carried by the male). Sperm cells are motile, normally moving forward through the seminal fluid. Inside the uterus, this property makes them able to reach the egg and fuse with it, fertilizing it. Each semen sample contains 1.5 to 5.5 mL (about a teaspoon) of fluid, approximately 20 million sperm per mL, and varying concentrations of fructose, buffer solutions, clotting substances, lubricants, and enzymes that are supposed to support the sperm and process of fertilization.A spermiogram usually measures: Semen volume Consistency (viscosity) of the liquid Total number of sperm Sperm motility (the percentage that can move forward decisively) Number of normal and non (defective) sperm in terms of size and shape Concentration (density) Coagulation and liquefaction Fructose (the sugar that in seminal fluid provides energy to sperm) pH (acidity) Number of immature sperm Number of white blood cells (cells that indicate an active infection)If the sperm count is low, motility is decreased, the morphology is abnormal, or the semen is abnormal, some additional tests may be done. These tests can help identify some abnormalities, such as the presence of antibodies directed against sperm, abnormal concentrations of hormones (testosterone, FSH, LH, prolactin) and an excessive number of leukocytes; genetic testing is useful for conditions that can affect fertility, such as Klinefelter syndrome, cystic fibrosis or other chromosomal disorders.In some cases, ultrasound imaging tests, CT scans, or MRIs may be used. A testicle biopsy may also be needed. Sometimes, a cryosurvival test is ordered if the couple wishes to freeze the sperm cells for future use

ANALISI Delle URINE

L’esame chimico fisico e microscopico delle urine comprende un insieme di test per la rivelazione e la quantificazione dei prodotti fisiologici o patologici del metabolismo, nonché di cellule, batteri e frammenti cellulari. L’urina è un liquido prodotto dai reni a seguito della continua filtrazione del sangue, che contiene acqua, sali minerali, sostanze organiche e rarissimi leucociti: in condizioni normali non sono presenti nell’urina né batteri né lieviti. I reni sono una coppia di organi con la caratteristica forma a fagiolo, localizzati nella parte inferiore della gabbia toracica, posti ai lati della colonna vertebrale. L’urina viene trasportata tramite dei condotti chiamati ureteri fino alla vescica, dove permane temporaneamente, fino a che il soggetto non urina, e viene eliminata tramite l’uretra.In condizioni normali l’urina hanno una colorazione gialla ed un aspetto limpido ma, a seconda dell’ora della minzione, il colore, la quantità, la concentrazione ed il contenuto delle urine possono modificarsi a causa della variazione dei suoi costituenti.Numerose patologie possono essere diagnosticate in fase precoce ricercando la presenza di eventuali anomalie nell’urina. Tali anomalie includono l’aumentata concentrazione di costituenti che in condizioni normali non sono presenti in quantità significative nell’urina, quali: glucosio, proteine, bilirubina, globuli rossi, globuli bianchi, cristalli e batteri.Tali sostanze possono essere presenti per:

  • Elevata concentrazione della suddetta sostanza nel sangue, che l’organismo tenta di ridurre eliminandola con l’urina
  • Patologie renali che compromettono la capacità filtrante dei reni 
  • Infezione delle vie urinarie, caratterizzate dalla presenza di batteri e globuli bianchi nell’urina

L’analisi completa dell’urina comprende tre tipologie di esami:

  1. Esame fisico: ne rileva il colore, la limpidezza e la concentrazione
  2. Esame chimico: analizza chimicamente diverse sostanze che forniscono informazioni circa lo stato di salute del paziente
  3. Esame microscopico: identifica e conta il tipo di cellule, i cilindri, i cristalli ed altre componenti quali batteri e muco, che possono essere presenti nell’urina.

The chemical, physical and microscopic examination of urine includes a set of tests for the detection and quantification of physiological or pathological products of metabolism, as well as cells, bacteria and cell fragments. Urine is a liquid produced by the kidneys following the continuous filtration of the blood, which contains water, mineral salts, organic substances and very rare leukocytes: under normal conditions, neither bacteria nor yeasts are present in the urine. The kidneys are a pair of organs with the characteristic bean shape, located in the lower part of the rib cage, placed on the sides of the vertebral column. Urine is transported through ducts called ureters to the bladder, where it remains temporarily until the person urinates, and is eliminated through the urethra.Under normal conditions urine has a yellow color and a clear appearance but, depending on the time of urination, the colour, quantity, concentration and content of the urine can change due to the variation of its constituents.Numerous diseases can be diagnosed at an early stage by looking for the presence of any abnormalities in the urine. These abnormalities include increased concentrations of constituents that are not normally present in significant amounts in urine, such as: glucose, protein, bilirubin, red blood cells, white blood cells, crystals, and bacteria.These substances can be present for:High concentration of the aforementioned substance in the blood, which the body tries to reduce by eliminating it in the urineRenal pathologies that compromise the filtering capacity of the kidneysUrinary tract infection, characterized by the presence of bacteria and white blood cells in the urineComplete urine analysis includes three types of tests:Physical examination: it detects the color, clarity and concentrationChemical test: chemically analyzes various substances that provide information about the patient’s state of health

Microscopic examination: identifies and counts the type of cells, casts, crystals and other components such as bacteria and mucus, which may be present in the urine.

ANDROSTENEDIONE DELTA 4

L’androstenedione è un androgeno, uno degli ormoni sessuali “maschili” responsabili della differenziazione delle caratteristiche maschili e femminili e dell’instaurarsi dei caratteri sessuali secondari nell’uomo, come la barba e la voce profonda. Sebbene sia considerato un ormone maschile, esso è presente sia nelle donne che negli uomini ed è il precursore di altri androgeni più potenti, come il testosterone, o gli estrogeni nella donna. Questo test misura la concentrazione di androstenedionenel sangue.L’Androstenedione è prodotto dal testicolo nell’uomo, dall’ovaio nella donna e dal surrene in entrambi i generi, sotto controllo ipofisario.

  • L’ormone ipofisario LH stimola il rilascio di androstenedione da parte delle ovaie e dei testicoli.
  • L’ormone ipofisario adrenocorticotropo (ACTH) stimola il rilascio di androstenedione da parte delle ghiandole surrenali.

I livelli di androstenedione nel sangue variano durante il giorno e durante il ciclo ovarico nella donna. Per le sue origini e caratteristiche, l’androstenedione può essere utilizzato come marcatore di funzionalità surrenale, di produzione di androgeni e di funzionalità testicolare e ovarica. Spesso il test viene effettuato dopo il riscontro di valori alterati di testosterone o 17-OH progesterone.La presenza di concentrazioni eccessive di androstenedione e di altri androgeni nei bambini può comportareanomalie nei genitali (genitali ambigui), irsutismo, irregolarità nel ciclo mestruale nelle ragazze e pubertà precoce nei maschi.I tumori surrenali, i tumori secernenti ACTH e l’iperplasia surrenalica possono portare all’iperproduzione di androstenedione. Anche le donne affette dalla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS)possono presentare livelli eccessivi di androstenedione. Mentre una concentrazione aumentata non da segni macroscopici nell’uomo adulto, nella donna può causare virilizzazione e amenorrea.

Androstenedione is an androgen, one of the “male” sex hormones responsible for the differentiation of male and female characteristics and for the establishment of secondary sexual characteristics in men, such as a beard and a deep voice. Although considered a male hormone, it is present in both women and men and is the precursor to other more potent androgens, such as testosterone, or estrogen in women. This test measures the concentration of androstenedione in the blood.Androstenedione is produced by the testicle in men, by the ovary in women and by the adrenal gland in both genders, under pituitary control.The pituitary hormone LH stimulates the release of androstenedione from the ovaries and testicles.Adrenocorticotropic pituitary hormone (ACTH) stimulates the release of androstenedione from the adrenal glands.Blood androstenedione levels vary throughout the day and throughout the ovarian cycle in women. Due to its origins and characteristics, androstenedione can be used as a marker of adrenal function, androgen production and testicular and ovarian function. The test is often done after abnormal testosterone or 17-OH progesterone values are found.The presence of excessive concentrations of androstenedione and other androgens in children can lead to abnormalities in the genitals (ambiguous genitalia), hirsutism, menstrual irregularities in girls and precocious puberty in boys.Adrenal tumors, ACTH-producing tumors, and adrenal hyperplasia can lead to overproduction of androstenedione. Women with polycystic ovary syndrome (PCOS) can also have excessive levels of androstenedione. While an increased concentration does not give macroscopic signs in adult men, it can cause virilization and amenorrhea in women.

ANFETAMINE

Le anfetamine sono sostanze simpaticomimetiche con proprietà stimolanti del sistema nervoso centrale ed euforizzanti i cui effetti avversi tossici comprendono delirium, ipertensione, convulsioni e ipertermia (che può causare rabdomiolisi e insufficienza renale). La tossicità è gestita con terapia di supporto, comprendente benzodiazepine EV (per l’agitazione, l’ipertensione e le convulsioni) e tecniche di raffreddamento (per l’ipertermia). Non vi è alcuna tipica sindrome da astinenza.Il capostipite di questa classe di sostanze, l’anfetamina, è stato modificato con varie sostituzioni sul suo anello fenolico, portando a molte varianti, tra cui metanfetamina, metilenediossimetanfetamina (ecstasy, MDMA), metilendiossietilanfetamina e numerose altre.Alcune anfetamine, tra cui destroamfetamina, metanfetamina e il correlato metilfenidato, sono ampiamente utilizzate in medicina per curare il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, l’obesità e la narcolessia, creando così una possibile fonte soggetta a deviazione per uso illecito. La metanfetamina è facilmente prodotta in modo illecito.

Anphetamines are sympathomimetic substances with central nervous system stimulating and euphoriant properties whose toxic adverse effects include delirium, hypertension, seizures, and hyperthermia (which can cause rhabdomyolysis and renal failure). Toxicity is managed with supportive care, including IV benzodiazepines (for agitation, hypertension, and seizures) and cooling techniques (for hyperthermia). There is no typical withdrawal syndrome.The progenitor of this class of drugs, amphetamine, has been modified with various substitutions on its phenolic ring, resulting in many variants, including methamphetamine, methylenedioxymethamphetamine (ecstasy, MDMA), methylenedioxyethylanphetamine, and numerous others.Some amphetamines, including dextroamphetamine, methamphetamine, and the related methylphenidate, are used extensively medicinally to treat attention deficit hyperactivity disorder, obesity, and narcolepsy, thus creating a possible source subject to diversion for illicit use. Methamphetamine is easily produced illicitly.

ANGIOTENSINA CONVERTING ENZIMA (ACE)

L’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) è necessario nella regolazione della pressione sanguigna. In presenza di sarcoidosi sono presenti elevati livelli di ACE. La sarcoidosi è un disordine sistemico di origini ignota che spesso colpisce i polmoni ma che può anche colpire molti altri organi, inclusi gli occhi, la pelle, i nervi, il fegato e il cuore. Questo test misura la quantità di ACE nel sangue.Spesso la sarcoidosi è associata allo sviluppo di granulomi, piccole masse di tessuto simil- tumorale composto da cellule infiammatorie e immunitarie e tessuto fibroso, che creano dei noduli sotto la cute e in altre parti del corpo. I granulomi cambiano la struttura dei tessuti circostanti e, se in quantità elevata, possono infiammare e danneggiare i tessuti circostanti tanto da interferire con le loro normali funzioni. Le cellule poste ai margini del granuloma possono produrre una grande quantità di ACE perciò la quantità di ACE nel sangue aumenta quando aumenta la quantità di granulomi correlati alla sarcoidosi.

The conversion enzyme of angiotensin (ACE) is necessary in regulating blood pressure. In the presence of sarcoidosis there are high levels of ACE. Sarcoidosis is a systemic disorder of unknown origins that often affects the lungs but which can also affect many other organs, including eyes, skin, nerves, liver and heart. This test measures the amount of ace in the blood. Spess the sarcoidosis is associated with the development of granulomas, small masses of tumor-like tissue composed of inflammatory and immune cells and fibrous tissue, which create nodules under the skin and other parts of the body Granulomas change the structure of the surrounding tissues and, if in high quantities, they can inflame and damage the surrounding tissues so as to interfere with their normal functions. The cells placed on the edge of granuloma can produce a large amount of ace therefore the amount of ace in the blood increases when the amount of granulomas related to sarcoidosis increases.

ANTI TPO – TPOab

Gli autoanticorpi tiroidei sono anticorpi che si sviluppano quando il sistema immunitario, invece di attaccare elementi estranei all’organismo come batteri, virus, parassiti e tossine, reagisce erroneamente contro alcune componenti della ghiandola tiroidea o proteine tiroidee, provocando infiammazione cronica della tiroide (tiroidite), danneggiamento tissutale e/o compromissione della funzionalità tiroidea. Questi esami determinano la presenza di specifici autoanticorpi tiroidei e ne misurano la concentrazione nel sangue.La tiroide è una piccola ghiandola a forma di farfalla posta anteriormente alla trachea, alla base della gola. Gli ormoni primari che la ghiandola produce, la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3), sono implicati nella regolazione del consumo energetico da parte dell’organismo (metabolismo). L’organismo controlla la quantità di T4 e T3 nel sangue tramite un sistema a feedback che comprende l’ormone tireostimolante (TSH) e il suo ormone regolatorio, il fattore di rilascio della tireotropina (TRH); tali ormoni aumentano o diminuiscono la produzione di T3 e T4 operata dalla tiroide per mantenerne stabile la concentrazione in circolo.Quando gli anticorpi tiroidei interferiscono con questo processo, si possono sviluppare patologie croniche e malattie autoimmuni associate a ipotiroidismo o ipertiroidismo, come il Morbo di Graves e la Tiroidite di Hashimoto. La tiroidite di Hashimoto è la principale causa di ipotiroidismo; viene diagnosticata ogni anno a circa una persona ogni 1000​​​​​, con un rapporto tra il numero di diagnosi femminili e maschili di 20 a 1.​​ La malattia di Graves rappresenta più del 50% dei casi di ipertiroidismo e colpisce maggiormente il sesso femminile. Uno o più dei seguenti test possono essere eseguiti per stabilire la diagnosi e/o monitorare le malattie autoimmuni della tiroide:

  • Anticorpi anti-perossidasi tiroidea (TPOAb); utilizzati come marcatori delle malattie tiroidee autoimmuni. Tali anticorpi interferiscono con l’attività dell’enzima perossidasi, essenziale per la produzione degli ormoni tiroidei. La presenza di TPOAb è associata a difficoltà riproduttive come aborto, pre-eclampsia, parto prematuro e fallimento della fecondazione in vitro. Quasi la totalità dei pazienti con tiroidite di Hashimoto presenta alti livelli di TPOAb
  • Anticorpi anti-tireoglobulina (TgAb); sono diretti contro la tireoglobulina, la forma in cui vengono immagazzinati gli ormoni tiroidei. I TgAb possono essere riscontrati in presenza di lesioni tiroidee e solitamente vengono richiesti insieme alla misura della tireoglobulina, per il monitoraggio dei pazienti in trattamento per il cancro alla tiroide
  • Anticorpi anti-recettori dell’ormone stimolante la tiroide (TSHRAb); includono due tipi di autoanticorpi che legano i recettori del TSH nella tiroide:
  • Immunoglobuline stimolanti la tiroide (TSI); legano i recettori mimando l’attività del TSH, con conseguente aumentata produzione degli ormoni tiroidei ed ipertiroidismo. Tali anticorpi sono riscontrati nei pazienti affetti da morbo di Graves
  • Immunoglobuline inibenti il legame del TSH (TBII) bloccano il legame del TSH ai recettori, inibendo così la produzione degli ormoni tiroidei e causando ipotiroidismo

Generalmente viene richiesta soltanto la determinazione dei TRAb, ossia la presenza o assenza di anticorpi in grado di legare i recettori del TSH. Non si determina se si tratta di TBII o di TSI; questi anticorpi vengono misurati solo a scopo di ricerca ed in laboratori altamente specializzati.

Thyroid autoantibodies are antibodies that develop when the immune system, instead of attacking elements foreign to the body such as bacteria, viruses, parasites and toxins, mistakenly reacts against some components of the thyroid gland or thyroid proteins, causing chronic inflammation of the thyroid gland (thyroiditis). tissue damage and/or impaired thyroid function. These tests determine the presence of specific thyroid autoantibodies and measure their concentration in the blood.The thyroid is a small butterfly-shaped gland located in front of the trachea at the base of the throat. The primary hormones that the gland produces, thyroxine (T4) and triiodothyronine (T3), are involved in regulating the body’s energy expenditure (metabolism). The body controls the amount of T4 and T3 in the blood through a feedback system that includes thyroid stimulating hormone (TSH) and its regulatory hormone, thyrotropin-releasing factor (TRH); these hormones increase or decrease the production of T3 and T4 operated by the thyroid to keep its concentration in the circulation stable.When thyroid antibodies interfere with this process, chronic medical conditions and autoimmune diseases associated with hypothyroidism or hyperthyroidism, such as Graves’ disease and Hashimoto’s thyroiditis, can develop. Hashimoto’s thyroiditis is the leading cause of hypothyroidism; approximately one in 1,000 people are diagnosed every year​ the female sex.One or more of the following tests may be done to diagnose and/or monitor autoimmune thyroid disease:Anti-thyroid peroxidase antibodies (TPOAb); used as markers of autoimmune thyroid disease. These antibodies interfere with the activity of the peroxidase enzyme, which is essential for the production of thyroid hormones. The presence of TPOAb is associated with reproductive difficulties such as miscarriage, pre-eclampsia, premature delivery and IVF failure. Almost all patients with Hashimoto’s thyroiditis have high levels of TPOAbAnti-thyroglobulin antibodies (TgAb); they are directed against thyroglobulin, the form in which thyroid hormones are stored. TgAbs can be detected in the presence of thyroid lesions and are usually ordered along with a thyroglobulin measurement, for monitoring patients being treated for thyroid cancerAnti-thyroid stimulating hormone receptor antibodies (TSHRAb); include two types of autoantibodies that bind TSH receptors in the thyroid gland:Thyroid-stimulating immunoglobulin (TSI); bind receptors mimicking the activity of TSH, resulting in increased production of thyroid hormones and hyperthyroidism. These antibodies are found in patients with Graves’ diseaseTSH-binding inhibitory immunoglobulin (TBII) blocks the binding of TSH to receptors, thereby inhibiting the production of thyroid hormones and causing hypothyroidismGenerally only the determination of TRAb is required, i.e. the presence or absence of antibodies capable of binding TSH receptors. It is not determined whether it is TBII or TSI; these antibodies are measured only for research purposes and in highly specialized laboratories.

ANTI-CARDIOLIPINA IgM-IgG (aCL)

Gli anticorpi anti-cardiolipina sono autoanticorpi prodotti dal sistema immunitario, in grado di attaccare la cardiolipina, una molecola espressa sulla superficie di numerose cellule e piastrine, del suo stesso organismo. Questi autoanticorpi possono influenzare le capacità dell’organismo di regolare la coagulazione sanguigna con modalità attualmente non del tutto chiarite. Questo test rileva la presenza degli anticorpi anti-cardiolipina nel circolo ematico.La cardiolipina, così come altri fosfolipidi, è un fattore importante nella regolazione del processo emostatico. La presenza di autoanticorpi anti-cardiolipina aumenta il rischio di sviluppare una frequente e inappropriata formazione di coaguli (trombi) sia al livello venoso che arterioso, determinando patologie come la Trombosi Venosa Profonda, che interessa gli arti inferiori, o l’Embolia Polmonare. Spesso la presenza di questi anticorpi è associata anche a trombocitopenia (basso numero di piastrine), aborti spontanei multipli (in particolare nel secondo e terzo trimestre di gravidanza), parto prematuro e pre-eclampsia.Gli anticorpi anti-cardiolipina sono i più comuni anticorpi anti-fosfolipidi riscontrati e fanno parte di un gruppo di autoanticorpi correlati a patologie autoimmuni caratterizzate dall’ipercoagulazione, come il lupus. Spesso vengono rilevati insieme ad altri anticorpi anti-fosfolipidi, come il lupus anticoagulant (LAC) e l’anti-beta 2 glicoproteiona 1. talvolta possono comparire in maniera transitoria in persone affette da infezioni acute, HIV/AIDS, alcuni tipi di cancro e nelle persone anziane o sotto terapia con particolari farmaci come la fenitoina, la penicillina e la procainamide.La sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) è una patologia caratterizzata da episodi trombotici frequenti, aborti spontanei multipli, presenza di anticorpi anti-cardiolipina e/o altri anticorpi anti-fosfolipidi. Si distingue APS primaria e secondaria. L’APS primaria non è necessariamente associata con la presenza di un disordine autoimmune, mentre la secondaria sì.

Anti-cardiolipin antibodies are autoantibodies produced by the immune system, capable of attacking cardiolipin, a molecule expressed on the surface of numerous cells and platelets, of its own body. These autoantibodies may affect the body’s ability to regulate blood clotting in ways that are not currently fully understood. This test detects the presence of anti-cardiolipin antibodies in the bloodstream. Cardiolipin, like other phospholipids, is an important factor in the regulation of the hemostatic process. The presence of anti-cardiolipin autoantibodies increases the risk of developing a frequent and inappropriate formation of clots (thrombi) at both the venous and arterial levels, causing pathologies such as Deep Venous Thrombosis, which affects the lower limbs, or Pulmonary Embolism. Often the presence of these antibodies is also associated with thrombocytopenia (low platelet count), multiple miscarriages (particularly in the second and third trimesters of pregnancy), premature birth and pre-eclampsia. Anti-cardiolipin antibodies are the most common anti-phospholipids found and are part of a group of autoantibodies related to autoimmune disorders characterized by hypercoagulation, such as lupus. They are often detected together with other antiphospholipid antibodies, such as lupus anticoagulant (LAC) and anti-beta 2 glycoprotein 1. They can sometimes appear transiently in people with acute infections, HIV/AIDS, some types of cancer and in elderly people or under therapy with particular drugs such as phenytoin, penicillin and procainamide. Antiphospholipid antibody syndrome (APS) is a disease characterized by frequent thrombotic episodes, multiple spontaneous abortions, the presence of anti-cardiolipin antibodies and/or other antiphospholipid antibodies. A distinction is made between primary and secondary ODA. Primary APS is not necessarily associated with the presence of an autoimmune disorder, while secondary APS is.

ANTICOAGULANTE LUPUS-LIKE (LAC)

Il test del Lupus Anticoagulant (LA) serve per la ricerca di autoanticorpi, prodotti erroneamente dal sistema immunitario, in grado di riconoscere ed attaccare le cellule del proprio organismo. Questi autoanticorpi sono diretti contro dei fosfolipidi o proteine associate con fosfolipidi, esposte sulla superficie delle cellule (membrana cellulare). Il meccanismo con il quale questi anticorpi interferiscono con i processi coagulativi e il motivo per cui la loro presenza aumenti il rischio di sviluppare episodi trombotici, non è ancora del tutto chiarito. I test per il LA comprendono un pannello di test effettuati per ricercare questi autoanticorpi nel circolo sanguigno del paziente.   Il nome lupus anticoagulant può sembrare strano e confondente per due ragioni:  Il nome di questi autoanticorpi deriva dal fatto che questi sono stati identificati per la prima volta in pazienti affetti da LES (lupus eritematoso sistemico) ma in realtà questo test non viene utilizzato nella diagnosi di LES e spesso gli anticorpi LA non sono presenti in questi pazienti. Gli autoanticorpi LA possono svilupparsi in pazienti non affetti da patologie autoimmuni ma da altri tipi di patologie o che vengono sottoposti ad alcune terapie. Questi anticorpi sono presenti normalmente nel 2-4% della popolazione e possono svilupparsi anche in persone prive di fattori di rischio.    Il termine “anticoagulant” deriva dal fatto che questi anticorpi interferiscono con i test di laboratorio utilizzati nella valutazione dei processi coagulativi. Ad esempio, inibiscono le reazioni chimiche che portano alla coagulazione nel test del tempo di tromboplastina parziale (PTT), un test utilizzato routinariamente nella valutazione della coagulazione. In vivo, la presenza di LA è associata ad un aumentato rischio di sviluppare coagulazione inappropriata. È importante però sottolineare che di per sé, il LA non causa eventi emorragici nell’organismo.   Gli anticorpi LA non possono essere misurati in maniera diretta ma esistono molteplici test utilizzabili per la loro rilevazione. Di solito la presenza di LA viene accertata tramite l’utilizzo di un pannello di test:  In presenza di LA il tempo necessario alla coagulazione in test dipendenti da reagenti contenenti fosfolipidi, risulta allungato. Per questo motivo i primi test per il LA sono di norma il PTT, il PTT LA- sensibile o il test con veleno di vipera di Russel diluito (dRVVT).  La presenza o l’assenza di LA viene quindi confermata tramite esami successivi ai risultati dei test di primo livello (per maggiori dettagli si rimanda alla sezione “Approfondimenti”).

La presenza di LA può aumentare il rischio di sviluppare una coagulazione inappropriata nelle vene e nelle arterie dell’organismo, spesso nelle vene degli arti inferiori (trombosi venosa profonda). Questi coaguli possono determinare l’interruzione del flusso sanguigno in qualsiasi parte dell’organismo e quindi portare a ictus, arresto cardiaco o embolia polmonare. La presenza di LA è spesso associata anche ad aborti spontanei ricorrenti. Questi potrebbero essere dovuti al blocco dei vasi della placenta a seguito della formazione di coaguli o all’attacco dei tessuti placentari da parte degli autoanticorpi con conseguente danno allo sviluppo fetale.Gli anticorpi LA sono uno dei tre principali anticorpi antifosfolipidi associati con un aumentato rischio di trombosi e di sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi (APS), un raro disordine autoimmune caratterizzato dall’eccessiva formazione di coaguli, insufficienza d’organo e complicanze in gravidanza. Gli altri due sono gli anticorpi anticardiolipina (aCL) e gli antiβ2-glicoproteina I (β2GPI). Questi anticorpi aumentano il rischio di coagulazione inappropriata. I pazienti con APS positivi per questi tre autoanticorpi sono a maggior rischio di coagulazione inappropriata mentre la trombosi sembra essere maggiormente comune in presenza di LA.   La presenza di anticorpi antifosfolipidi non è associata ad alcun sintomo e sono presenti in circa il 5% della popolazione sana.

The Lupus Anticoagulant (LA) test is used to search for autoantibodies, erroneously produced by the immune system, capable of recognizing and attacking the cells of one’s body. These autoantibodies are directed against phospholipids or phospholipid-associated proteins exposed on the surface of cells (cell membrane). The mechanism by which these antibodies interfere with coagulation processes and why their presence increases the risk of developing thrombotic episodes is not yet fully clarified. AL tests include a panel of tests carried out to look for these autoantibodies in the patient’s bloodstream.   The name lupus anticoagulant may seem strange and confusing for two reasons: The name of these autoantibodies comes from the fact that they were first identified in patients suffering from SLE (systemic lupus erythematosus) but in reality this test is not used in the diagnosis of SLE and LA antibodies are often not present in these patients. LA autoantibodies can develop in patients who do not suffer from autoimmune diseases but from other types of pathologies or who undergo some therapies. These antibodies are normally present in 2-4% of the population and can develop even in people without risk factors.      The term “anticoagulant” comes from the fact that these antibodies interfere with laboratory tests used in the evaluation of coagulation processes. For example, they inhibit chemical reactions that lead to coagulation in the partial thromboplastin time (PTT) test, a test routinely used in the evaluation of coagulation. In vivo, the presence of LA is associated with an increased risk of developing inappropriate coagulation. However, it is important to point out that in itself, LA does not cause bleeding events in the body.   LA antibodies cannot be measured directly but there are multiple tests that can be used for their detection. Usually the presence of LA is ascertained through the use of a test panel: In the presence of LA the time necessary for coagulation in tests dependent on reagents containing phospholipids is lengthened. For this reason, the first tests for LA are usually the PTT, the LA-sensitive PTT or the diluted Russel viper venom test (dRVVT).  The presence or absence of LA is therefore confirmed through subsequent examinations of the results of first level tests (for further details, please refer to the section “Insights”).    The presence of LA may increase the risk of developing inappropriate clotting in the veins and arteries of the body, often in the veins of the lower extremities (deep vein thrombosis). These clots can result in disruption of blood flow to any part of the body and thus lead to stroke, cardiac arrest, or pulmonary embolism. The presence of LA is also often associated with recurrent miscarriages. These may be due to blockage of the vessels of the placenta as a result of clot formation or attack of placental tissues by autoantibodies resulting in fetal developmental damage.LA antibodies are one of the three major antiphospholipid antibodies associated with an increased risk of thrombosis and anti-phospholipid syndrome (APS), a rare autoimmune disorder characterized by excessive clot formation, organ failure and complications in pregnancy. The other two are anticardiolipin antibodies (aCL) and antiβ2-glycoprotein I (β2GPI). These antibodies increase the risk of inappropriate clotting. Patients with APS positive for these three autoantibodies are at increased risk of inappropriate clotting while thrombosis appears to be more common in the presence of LA.   The presence of antiphospholipid antibodies is not associated with any symptoms and are present in approximately 5% of the healthy population.

ANTICORPI ANTI-ß2-GLICOPROTEINA 1

Questo esame rileva e misura gli anticorpi anti-beta 2 glicoproteina 1 nel sangue. Gli anticorpi anti-beta 2 glicoproteina 1 (B2GP1) sono autoanticorpi associati all’eccessiva tendenza alla coagulazione.Gli anticorpi B2GP1 sono considerati i maggiori esponenti della classe di autoanticorpi definita anticorpi anti-fosfolipidi, i quali riconoscono come estranee ed attaccano alcune lipoproteine (fosfolipidi) presenti sulla membrana cellulare di cellule e piastrine. Questo test è spesso richiesto insieme agli anticorpi anti-cardiolipina e al lupus anticoagulante (LA).Gli anticorpi anti-fosfolipidi interferiscono con il processo coagulativo con meccanismi non ancora del tutto noti. La loro presenza è associata all’aumentato rischio di sviluppare disordini da iper-coagulazione, con conseguente formazione di trombi sia venosi che arteriosi.Gli anticorpi anti-fosfolipidi sono spesso presenti nelle persone affette da una patologia autoimmune nota come Sindrome da anti-fosfolipidi (APS), la quale è associata a frequenti episodi trombotici, trombocitopenia (ridotto numero di piastrine) o complicanze legate alla gravidanza come aborti spontanei ricorrenti e pre-eclampsia, in particolare nel corso del secondo e terzo trimestre.Inoltre, alcuni soggetti affetti da altre patologie autoimmuni, come il lupus (lupus eritematoso sistemico, LES), possono produrre più tipi di autoanticorpi. Questi soggetti risultano esposti ad un rischio maggiore di ipercoagulazione.

This test detects and measures antibodies to beta 2 glycoprotein 1 in the blood. Anti-beta 2 glycoprotein 1 (B2GP1) antibodies are autoantibodies associated with excessive clotting tendency.B2GP1 antibodies are considered the major exponents of the class of autoantibodies defined as antiphospholipid antibodies, which recognize as foreign and attack certain lipoproteins (phospholipids) present on the cell membrane of cells and platelets. This test is often ordered in conjunction with cardiolipin antibodies and lupus anticoagulant (LA).Anti-phospholipid antibodies interfere with the coagulation process with mechanisms that are not yet fully known. Their presence is associated with an increased risk of developing hypercoagulation disorders, with consequent formation of both venous and arterial thrombi.Antiphospholipid antibodies are often present in people with an autoimmune disorder known as Antiphospholipid Syndrome (APS), which is associated with frequent thrombotic episodes, thrombocytopenia (low platelet count), or pregnancy-related complications such as miscarriages recurrent and pre-eclampsia, particularly during the second and third trimesters.Also, some people with other autoimmune disorders, such as lupus (systemic lupus erythematosus, SLE), may produce multiple types of autoantibodies. These subjects are exposed to a greater risk of hypercoagulation.

ANTICORPI ANTI CELLULE PARIETALI (APCA)

Gli anticorpi anti-cellule parietali sono autoanticorpi prodotti dal sistema immunitario e in grado di riconoscere ed attaccare le cellule specializzate della parete dello stomaco dell’organismo di appartenenza. Questo esame consente di rilevare gli anticorpi anti cellule-parietali.L’anemia perniciosa è una malattia autoimmune caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi in grado di riconoscere e attaccare le cellule parietali e/o il fattore intrinseco.

  • Le cellule parietali sono cellule presenti nello stomaco deputate alla produzione dei succhi gastrici e del fattore intrinseco e quindi in grado di favorire la digestione.
  • Il fattore intrinseco è una molecola necessaria per l’assorbimento della vitamina B12 dagli alimenti.

Durante la digestione, i succhi gastrici prodotti dalle cellule parietali, consentono il rilascio della vitamina B12 dagli alimenti: La vitamina B12 viene quindi legata dal fattore intrinseco a formare un complesso che consente poi l’assorbimento della vitamina nell’intestino tenue. La vitamina B12 è essenziale per il corretto funzionamento dell’encefalo e del sistema nervoso, ed è anche implicata nella produzione dei globuli rossi (RBC).Nella gastrite atrofica autoimmune, gli autoanticorpi attaccano le cellule parietali e/o il fattore intrinseco, con la conseguente instaurazione di un processo infiammatorio progressivo. Ne consegue la distruzione delle cellule parietali e la carenza di fattore intrinseco.La carenza di fattore intrinseco determina il mancato assorbimento e quindi la carenza di vitamina B12. Questa può portare ad anemiamegaloblastica (anemia perniciosa), con presenza di RBC più grandi del normale (macrociti) ma in numero ridotto. Possono essere presenti anche sintomi neurologici (neuropatia), come intorpidimento e formicolio delle mani e dei piedi, debolezza muscolare, rallentamento dei riflessi, perdita della stabilità durante la camminata.In queste patologie, oltre all’anemia, possono esservi neutropenia (carenza di neutrofili) e trombocitopenia (carenza di piastrine).Questo esame può essere richiesto insieme ad altri esami, come l’emocromo e lo striscio di sangue periferico.

The parietal anti-cell antibodies are self-anti-actor produced by the immune system and able to recognize and attack the specialized cells of the wall of the body of the body to which they belong. This examination allows you to detect anti-cell-parietal antibodies.Pernicious anemia is an autoimmune disease characterized by the production of autoantibodies capable of recognizing and attacking parietal cells and/or intrinsic factor.Parietal cells are cells present in the stomach responsible for the production of gastric juices and intrinsic factor and therefore capable of promoting digestion.The intrinsic factor is a molecule necessary for the absorption of vitamin B12 by food.During digestion, the gastric juices produced by parietal cells allow the release of vitamin B12 by food: vitamin B12 is therefore linked by the intrinsic factor to form a complex that then allows the absorption of vitamin in the small intestine. Vitamin B12 is essential for the correct functioning of the brain and the nervous system, and is also implicated in the production of red blood cells (RBC).In autoimmune atrophic gastritis, autoantibodies attack parietal cells and/or intrinsic factor, with the consequent establishment of a progressive inflammatory process. It follows the destruction of the parietal cells and the deficiency of intrinsic factor.The deficiency of intrinsic factor determines the failure to absorb and therefore the lack of vitamin B12. This can lead to anemiamegaloblasty (pernicious anemia), with the presence of larger RBCs than normal (macrocites) but in a reduced numbers. Neurological symptoms (neuropathy), such as numbness and tingling of hands and feet, muscle weakness, slowdown of reflections, loss of stability during the walk may also be present.In these pathologies, in addition to anemia, there may be neutropenia (neutrophilic deficiency) and trombocytopenia (plate of platelet).This exam can be requested together with other exams, such as the blood and the suburb of peripheral blood.

ANTICORPI ANTI CITOPLASMA dei NEUTROFILI (ANCA)

Gli anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA) sono autoanticorpi prodotti dal sistema immunitario che, erroneamente, bersagliano e attaccano specifiche proteine appartenenti alla classe dei neutrofili (un tipo di globuli bianchi). Il test ANCA rileva e misura la quantità di tali anticorpi nel sangue. Due degli ANCA più comuni sono autoanticorpi diretti contro le proteine mieloperossidasi (MPO) e proteinasi 3 (PR3), noti rispettivamente come pANCA e cANCA.Esistono due tipi di test ANCA: l’Immunofluorescenza indiretta e il saggio ELISA.Il primo si basa sull’impiego di neutrofili fissati su un vetrino, incubati insieme al siero ottenuto dal campione di sangue in esame: gli eventuali ANCA presenti nel campione si legheranno alle proteine (antigeni)dei neutrofili. Incubando poi il vetrino con anticorpi marcati con fluorocromo, questi reagiranno con qualsiasi ANCA presente, producendo diversi modelli di fluorescenza visibili al microscopio. I tre modelli caratteristici sono visualizzati tramite una colorazione citoplasmatica (cANCA), una perinucleare (pANCA) e una atipica (X-ANCA).Il secondo test invece viene utilizzato dai laboratori per misurare gli autoanticorpi anti-mieloperossidasi e anti-proteinasi in modo diretto.La combinazione dei test ELISA e di immunofluorescenza è spesso utilizzata quando si sospettano casi di vasculite.Gli ANCA possono essere presenti in diversi disordini autoimmuni che provocano infiammazione, danno tissutale e insufficienza d’organo:

  • Le vasculiti sistemiche sono un gruppo di malattie associate a danno e indebolimento dei vasi sanguigni: il restringimento e l’ostruzione di tali vasi determinano riducono il flusso sanguigno con conseguente danno ai tessuti e agli organi. Possono anche causare indebolimento di alcune aree della parete dei vasi, un fenomeno noto come aneurisma, esponendole al rischio di rottura. Le vasculiti sistemiche possono causare una gamma di sintomi molto varia, che dipende sia dal grado di attività autoimmune che dalle aree dell’organismo coinvolte. Alcuni tipi di vasculiti sistemiche sono strettamente associate alla produzione di ANCA, quali:
  • poliangite granulomatosa (granulomatosi di Wegener)
  • poliangite microscopica
  • granulomatosi eosinofila conpoliangite (sindrome di Churg Strauss)
  • poliartrite nodosa (PAN)

(Per maggiori informazioni su queste specifiche patologie, vedi l’articolo sulle Vasculiti).Gli anticorpi cANCA/PR3 sono più frequentemente associati alla poliangite granulomatosa, mentre gli anticorpi pANCA/MPO alla poliangite microscopica; tuttavia entrambi possono essere presenti in tutti e tre i tipi di poliangite, con diversi gradi di reattività.

  • La colite ulcerosa (CU)è un tipo di malattia infiammatoria intestinale (IBD)associata a gonfiore e danneggiamento dei tessuti di rivestimento del colon. Può essere difficile distinguere tra CU e malattia di Crohn (MdC), un altro tipo di IBD che può colpire qualsiasi parte del tratto intestinale. La presenza di ANCA atipici è generalmente associata a CU (nell’80% dei pazienti), mentre è rilevata solo nel 20% dei pazienti con MdC.

Anti-neutrophil cytoplasmic antibodies (ANCA) are autoantibodies produced by the immune system that mistakenly target and attack specific proteins belonging to the class of neutrophils (a type of white blood cell). The ANCA test detects and measures the amount of these antibodies in the blood. Two of the most common ANCAs are autoantibodies directed against the proteins myeloperoxidase (MPO) and proteinase 3 (PR3), known as pANCA and cANCA, respectively.There are two types of ANCA tests: the indirect immunofluorescence assay and the ELISA assay.The first is based on the use of neutrophils fixed on a slide, incubated together with the serum obtained from the blood sample under examination: any ANCA present in the sample will bind to the proteins (antigens) of the neutrophils. When the slide is then incubated with fluorochrome labeled antibodies, these will react with any ANCA present, producing different patterns of fluorescence visible under a microscope. The three characteristic patterns are visualized by cytoplasmic (cANCA), perinuclear (pANCA), and atypical (X-ANCA) staining.The second test, on the other hand, is used by laboratories to measure the anti-myeloperoxidase and anti-proteinase autoantibodies directly.The combination of ELISA and immunofluorescence tests is often used when cases of vasculitis are suspected.ANCA can be present in several autoimmune disorders that cause inflammation, tissue damage, and organ failure:Systemic vasculitides are a group of diseases associated with damage and weakening of blood vessels: the narrowing and obstruction of these vessels lead to reduced blood flow resulting in tissue and organ damage. They can also cause certain areas of the vessel wall to weaken, a phenomenon known as an aneurysm, putting them at risk of rupture. Systemic vasculitis can cause a very varied range of symptoms, which depends both on the degree of autoimmune activity and on the areas of the body involved. Some types of systemic vasculitis are closely associated with the production of ANCA, such as:granulomatous polyangiitis (Wegener’s granulomatosis)microscopic polyangiitiseosinophilic granulomatosis with polyangiitis (Churg Strauss syndrome)polyarthritis nodosa (PAN)(For more information on these specific pathologies, see the article on Vasculitis).cANCA/PR3 antibodies are more frequently associated with granulomatous polyangiitis, while pANCA/MPO antibodies with microscopic polyangiitis; however both can be present in all three types of polyangiitis, with varying degrees of reactivity.Ulcerative colitis (UC) is a type of inflammatory bowel disease (IBD) associated with swelling and damage to the lining tissues of the colon. It can be difficult to distinguish between UC and Crohn’s disease (CD), another type of IBD that can affect any part of the intestinal tract. The presence of atypical ANCA is generally associated with UC (in 80% of patients), while it is detected only in 20% of patients with MdC.

ANTICORPI ANTI CYTOMEGALOVIRUS (IgG e IgM)

Il Cytomegalovirus (CMV) è un virus comune, che causa infezioni generalmente asintomatiche o malattia lieve. In gravidanza, l’infezione può essere trasmessa al feto. E’ importante segnalare che il CMV è la più importante causa di sordità neurosensoriale non genetica nell’infanzia ed è secondo alla sindrome di Down come causa di ritardo mentale. Nei soggetti immunocompromessi si possono avere patologie gravi.Il test CMV ricerca gli anticorpi specifici presenti nel sangue e prodotti dall’organismo in risposta all’infezione, oppure direttamente il CMV DNA in vari campioni e liquidi biologici.Il Cytomegalovirus (CMV) è un virus che appartiene alla famiglia Herpesviridae e, come tutti gli altri membri, è in grado di stabilire latenza all’interno dell’organismo per tutta la vita, e quindi riattivarsi in caso di indebolimento del sistema immunitario (chemioterapia per un tumore, infezione da HIV, riceventi trapianto d’organo o di midollo, ecc). Il virus stabilisce latenza a livello di alcune cellule del sangue (linfociti T, linfociti B), delle cellule tubulari renali, delle ghiandole salivari e delle cellule epatiche. L’infezione da CMV può essere il risultato di un’infezione primaria o non primaria (riattivazione endogena con lo stesso ceppo della prima infezione o reinfezione con un ceppo diverso).L’uomo è l’unico serbatoio di infezione, la trasmissione avviene da persona a persona tramite i fluidi corporei, quali sangue, saliva, urina, liquido seminale, secrezione vaginale e latte materno oppure attraverso il contatto con oggetti contaminati. L’infezione quindi si trasmette facilmente nell’ambiente domestico e nelle comunità scolastiche. Il contagio può avvenire per contatto da persona a persona, prevalentemente tramite l’inalazione o l’ingestione di goccioline di saliva o di muco, più raramente mediante il contatto con l’urina. Infine, il CMV può essere trasmesso attraverso trasfusioni di sangue o emoderivati, con trapianti di midollo o di organi e dalla madre al figlio durante la gravidanza (infezione prenatale) o durante il parto (infezione perinatale) o con l’allattamento (infezione postnatale).Il CMV è diffuso in tutto il mondo e in tutti gli strati sociali della popolazione, particolarmente nei paesi in via di sviluppo e nelle aree caratterizzate da scarse risorse socioeconomiche. Si parla di prevalenza dell’infezione per indicare la percentuale di individui che possiedono anticorpi e che quindi sono stati infettati. Tale valore è del 90-100% in Africa, Sud America e Asia, del 40-60% in America del Nord, del 50% circa in Gran Bretagna, del 70-80% circa in Italia e negli altri Paesi europei. Le persone che per lavoro (operatori in scuole materne e nidi) o legami familiari sono a stretto contatto con i bambini, soprattutto se di età inferiore ai tre anni, sono a maggior rischio di infezione e mostrano un tasso di sieroconversione annuale del 10-20%. Si stima, infatti, che nel 10-40% dei casi i bambini piccoli eliminano il virus con le urine e con la saliva.La maggioranza delle persone contrae l’infezione durante l’infanzia o in giovane età. Gli individui con sintomatologia lieve possono presentare segni e sintomi aspecifici, come mal di gola, febbre, stanchezza e linfonodi ingrossati. Negli adulti, l’infezione da CMV può talvolta causare sintomi simili alla mononucleosi (mono), come estrema stanchezza, febbre, brividi, dolori muscolari e/o mal di testa e innalzamento delle transaminasi, che di solito si risolvono in poche settimane.Il CMV può causare considerevoli problemi di salute in diverse situazioni:

  • Una donna infettata per la prima volta (infezione primaria) durante la gravidanza può trasmettere l’infezione al feto attraverso la placenta. La prevalenza dei neonati infetti in USA è 0,5-2,2% dei nati vivi, in Italia è molto più bassa (0,15-0,5%) in quanto la prevalenza degli anticorpi è elevata e quindi le infezioni primarie in età adulta sono più rare. L’infezione può causare gravi problemi fisici e di sviluppo nel bambino. Il rischio di trasmissione al feto per infezione primaria materna è del 32% in totale: 30%-40% nel primo e secondo trimestre e 40%-70% nel terzo trimestre. Il rischio di trasmissione a seguito di un’infezione secondaria è invece molto più basso (1-2%). Nelle infezioni primarie del primo trimestre l’infezione può anche causare aborto spontaneo e morte fetale. L’85-90% dei neonati infettati è asintomatico, il 10-15% presenta alla nascita sintomi da malattia citomegalica, che possono essere transitori (epatosplenomegalia, polmonite, ittero, convulsioni) o permanenti (microcefalia, ventricolomegalia, corioretinite, sordità neurosensoriale, deficit visivi, ritardo mentale, ritardo psicomotorio, ecc). Un ulteriore 8-15% dei neonati infetti ma apparentemente sani presenterà sequele tardive, nella maggior parte dei casi un difetto uditivo neurosensoriale più o meno grave. La comparsa di disabilità permanenti è più probabile nei bambini che mostrano i sintomi già alla nascita. Il CMV può essere trasmesso dalla madre al neonato anche durante il parto (infezione perinatale) oppure attraverso l’allattamento (infezione postnatale). In genere, la trasmissione perinatale e postnatale del CMV non è associata alla comparsa di un’infezione di tipo sintomatico o di sequele neurologiche, se non in rare eccezioni, come ad esempio nei bambini prematuri o con basso peso alla nascita.
  • Il CMV può causare gravi malattie nelle persone immunodepresse, come coloro che sono affetti da HIV/AIDS, coloro che hanno ricevuto un trapianto di organi solidi o di midollo, nei pazienti con tumore sottoposti a chemioterapia. Questi individui possono manifestare sintomi più gravi, l’infezione da CMV può essere più duratura e il CMV può riattivarsi con maggiore frequenza, causando infezione in varie sedi:
  • Occhi, causando infiammazione della retina (retinite), che può portare a cecità
  • Apparato digerente, causando diarrea ematica e dolore addominale
  • Polmoni, causando polmonite con tosse non produttiva e difficoltà respiratorie
  • Encefalo, causando encefalite
  • Fegato e milza (epatosplenomegalia, epatite)
  • Pancreas (causando pancreatiti)
  • Cuore (causando miocarditi)

Inoltre, un’infezione da CMV può causare il rigetto di un trapianto e deprimere ulteriormente il sistema immunitario, favorendo il verificarsi d’infezioni secondarie come le infezioni fungine.

Cytomegalovirus (CMV) is a common virus, causing usually asymptomatic infections or mild disease. During pregnancy, the infection can be transmitted to the fetus. It is important to note that CMV is the most important cause of non-genetic sensorineural deafness in childhood and is second to Down syndrome as a cause of mental retardation. Serious pathologies can occur in immunocompromised subjects.The CMV test searches for specific antibodies present in the blood and produced by the body in response to infection, or directly for CMV DNA in various samples and biological fluids.Cytomegalovirus (CMV) is a virus that belongs to the Herpesviridae family and, like all other members, is able to establish latency within the body for life, and therefore reactivate in case of weakening of the immune system (chemotherapy for cancer, HIV infection, organ or bone marrow transplant recipients, etc.). The virus establishes latency in some blood cells (T lymphocytes, B lymphocytes), renal tubular cells, salivary glands and liver cells. CMV infection can be the result of a primary or non-primary infection (endogenous reactivation with the same strain as the first infection or reinfection with a different strain).Man is the only reservoir of infection, transmission occurs from person to person through body fluids, such as blood, saliva, urine, seminal fluid, vaginal secretion and breast milk or through contact with contaminated objects. The infection is therefore easily transmitted in the home environment and in school communities. Contagion can occur by person-to-person contact, mainly by inhaling or ingesting droplets of saliva or mucus, more rarely by contact with urine. Finally, CMV can be transmitted through transfusions of blood or blood products, with bone marrow or organ transplants and from mother to child during pregnancy (prenatal infection) or during delivery (perinatal infection) or by breastfeeding (postnatal infection). .CMV is widespread throughout the world and in all social strata of the population, particularly in developing countries and in areas characterized by low socio-economic resources. We talk about the prevalence of the infection to indicate the percentage of individuals who possess antibodies and who have therefore been infected. This value is 90-100% in Africa, South America and Asia, 40-60% in North America, about 50% in Great Britain, about 70-80% in Italy and other European countries. People who are in close contact with children for work (operators in nursery schools and nursery schools) or family ties, especially if under the age of three, are at greater risk of infection and show an annual seroconversion rate of 10-20 %. In fact, it is estimated that in 10-40% of cases, young children eliminate the virus with urine and saliva.Most people become infected in childhood or at a young age. Individuals with mild symptoms may have nonspecific signs and symptoms, such as sore throat, fever, tiredness, and swollen lymph nodes. In adults, CMV infection can sometimes cause mononucleosis (mono)-like symptoms, such as extreme tiredness, fever, chills, body aches and/or headaches, and elevated transaminases, which usually resolve within a few weeks.CMV can cause considerable health problems in several situations:A woman infected for the first time (primary infection) during pregnancy can transmit the infection across the placenta to her fetus. The prevalence of infected newborns in the USA is 0.5-2.2% of live births, in Italy it is much lower (0.15-0.5%) as the prevalence of antibodies is high and therefore primary infections in adulthood are rarer. The infection can cause serious physical and developmental problems in the child. The risk of transmission to the fetus from maternal primary infection is 32% overall: 30%-40% in the first and second trimester and 40%-70% in the third trimester. The risk of transmission following a secondary infection is much lower (1-2%). In primary infections of the first trimester, the infection can also cause miscarriage and fetal death. 85-90% of infected newborns are asymptomatic, 10-15% present at birth with symptoms of cytomegalic disease, which can be transient (hepatosplenomegaly, pneumonia, jaundice, convulsions) or permanent (microcephaly, ventriculomegaly, chorioretinitis, sensorineural hearing loss, visual impairment, mental retardation, psychomotor retardation, etc.). A further 8-15% of infected but apparently healthy infants will present late sequelae, in most cases a more or less serious sensorineural hearing defect. Permanent disabilities are more likely in children who show symptoms at birth.

ANTICORPI ANTI DNA NATIVO

Gli anticorpi anti-DNA a doppia elica (anti-dsDNA) fanno parte di un gruppo di autoanticorpi chiamati anticorpi antinucleo (ANA). Normalmente gli anticorpi vengono prodotti dal sistema immunitario per combattere le infezioni; gli autoanticorpi sono anticorpi diretti contro strutture e molecole proprie dell’organismo di appartenenza. Gli autoanticorpi attaccano pertanto le cellule sane causando danni a organi e tessuti. Nello specifico, gli anticorpi anti-dsDNA attaccano il materiale genetico (DNA), presente nel nucleo della cellula (da cui il nome anti-dsDNA).Questo esame rileva la presenza degli anti-dsDNA.Sebbene gli anti-dsDNA possano essere presenti in piccole quantità nel sangue di soggetti affetti da altre patologie, sono principalmente associati al lupus. Il lupus è una malattia autoimmune cronica infiammatoria che colpisce vari organi e tessuti tra cui i reni, le articolazioni, i vasi sanguigni, la pelle, il cuore, i polmoni e l’encefalo. (Per maggiori dettagli si rimanda alla pagina Lupus). L’esame per gli anti-dsDNA, insieme ad altri test per la ricerca di altri autoanticorpi, viene prescritto nell’ambito del percorso diagnostico per la diagnosi di lupus o di altre patologie autoimmuni.Una delle complicanze più gravi del lupus è la nefrite, un’infiammazione renale che può portare a proteinuria, ipertensione e insufficienza renale. La nefrite è dovuta al deposito al livello renale dei complessi formati dal legame degli autoanticorpi ai propri antigeni. Nella valutazione di questo tipo di complicazione, è utile tenere presente che un alto titolo anticorpale (alta concentrazione di anticorpi nel sangue) di anti-dsDNA è generalmente associato a infiammazione e danno renale.

Antibodies to double-stranded DNA (anti-dsDNA) are part of a group of autoantibodies called antinuclear antibodies (ANAs). Antibodies are usually produced by the immune system to fight infections; autoantibodies are antibodies directed against structures and molecules of their own organism. Autoantibodies therefore attack healthy cells causing damage to organs and tissues. Specifically, anti-dsDNA antibodies attack the genetic material (DNA), present in the nucleus of the cell (hence the name anti-dsDNA).This test detects the presence of anti-dsDNA.Although anti-dsDNAs may be present in small amounts in the blood of people with other conditions, they are mostly associated with lupus. Lupus is a chronic inflammatory autoimmune disease that affects various organs and tissues including the kidneys, joints, blood vessels, skin, heart, lungs and brain. (For more details, see the Lupus page). The anti-dsDNA test, along with other tests for the search for other autoantibodies, is prescribed as part of the diagnostic workup for the diagnosis of lupus or other autoimmune diseases.One of the most serious complications of lupus is nephritis, a kidney inflammation that can lead to proteinuria, high blood pressure, and kidney failure. Nephritis is due to the deposition in the kidney of complexes formed by the binding of autoantibodies to their own antigens. In evaluating this type of complication, it is helpful to keep in mind that a high antibody titer (high concentration of antibodies in the blood) of anti-dsDNA is generally associated with inflammation and kidney damage.

ANTICORPI ANTI DS-DNA

Gli anticorpi anti-DNA a doppia elica (anti-dsDNA) fanno parte di un gruppo di autoanticorpi chiamati anticorpi antinucleo (ANA). Normalmente gli anticorpi vengono prodotti dal sistema immunitario per combattere le infezioni; gli autoanticorpi sono anticorpi diretti contro strutture e molecole proprie dell’organismo di appartenenza. Gli autoanticorpi attaccano pertanto le cellule sane causando danni a organi e tessuti. Nello specifico, gli anticorpi anti-dsDNA attaccano il materiale genetico (DNA), presente nel nucleo della cellula (da cui il nome anti-dsDNA).Questo esame rileva la presenza degli anti-dsDNA.Sebbene gli anti-dsDNA possano essere presenti in piccole quantità nel sangue di soggetti affetti da altre patologie, sono principalmente associati al lupus. Il lupus è una malattia autoimmune cronica infiammatoria che colpisce vari organi e tessuti tra cui i reni, le articolazioni, i vasi sanguigni, la pelle, il cuore, i polmoni e l’encefalo. (Per maggiori dettagli si rimanda alla pagina Lupus). L’esame per gli anti-dsDNA, insieme ad altri test per la ricerca di altri autoanticorpi, viene prescritto nell’ambito del percorso diagnostico per la diagnosi di lupus o di altre patologie autoimmuni.Una delle complicanze più gravi del lupus è la nefrite, un’infiammazione renale che può portare a proteinuria, ipertensione e insufficienza renale. La nefrite è dovuta al deposito al livello renale dei complessi formati dal legame degli autoanticorpi ai propri antigeni. Nella valutazione di questo tipo di complicazione, è utile tenere presente che un alto titolo anticorpale (alta concentrazione di anticorpi nel sangue) di anti-dsDNA è generalmente associato a infiammazione e danno renale.

Antibodies to double-stranded DNA (anti-dsDNA) are part of a group of autoantibodies called antinuclear antibodies (ANAs). Antibodies are usually produced by the immune system to fight infections; autoantibodies are antibodies directed against structures and molecules of their own organism. Autoantibodies therefore attack healthy cells causing damage to organs and tissues. Specifically, anti-dsDNA antibodies attack the genetic material (DNA), present in the nucleus of the cell (hence the name anti-dsDNA).This test detects the presence of anti-dsDNA.Although anti-dsDNAs may be present in small amounts in the blood of people with other conditions, they are mostly associated with lupus. Lupus is a chronic inflammatory autoimmune disease that affects various organs and tissues including the kidneys, joints, blood vessels, skin, heart, lungs and brain. (For more details, see the Lupus page). The anti-dsDNA test, along with other tests for the search for other autoantibodies, is prescribed as part of the diagnostic workup for the diagnosis of lupus or other autoimmune diseases.One of the most serious complications of lupus is nephritis, a kidney inflammation that can lead to proteinuria, high blood pressure, and kidney failure. Nephritis is due to the deposition in the kidney of complexes formed by the binding of autoantibodies to their own antigens. In evaluating this type of complication, it is helpful to keep in mind that a high antibody titer (high concentration of antibodies in the blood) of anti-dsDNA is generally associated with inflammation and kidney damage.

ANTICORPI ANTI MUSCOLO-LISCIO (ASMA)

Gli anticorpi anti-muscolo liscio (ASMA) sono autoanticorpi, ossia proteine prodotte dal sistema immunitario in grado di riconoscere ed attaccare l’actina presente nella muscolatura liscia e in altri tessuti dell’organismo di appartenenza, specialmente nel fegato. Questo esame rileva e misura la quantità (titolo anticorpale) degli ASMA (o anticorpi anti-actina) nel sangue.La produzione degli anticorpi anti-muscolo liscio è fortemente associata alla presenza di epatite autoimmune; talvolta è stata osservata anche in altre patologie del fegato, come la cirrosi biliare primitiva, ma in genere con un titolo anticorpale basso.L’epatite autoimmune si instaura quando il sistema immunitario attacca le cellule del fegato. Essa si presenta come un’infiammazione acuta o cronica del fegato non dovuta ad altre cause, quali infezioni virali, esposizione a farmaci o tossine, patologie ereditarie o abuso di alcol. Essa può portare alla cirrosi epatica e, in alcuni casi, ad insufficienza epatica. L’epatite autoimmune può colpire chiunque in qualsiasi fascia d’età, ma nell’80% dei casi si tratta di donne. Più del 70% dei soggetti affetti da questa malattia presenta ASMA o anticorpi anti-actina, da soli o insieme ad anticorpi anti-nucleo (ANA).La maggior parte degli anticorpi anti-muscolo liscio prodotti nelle epatiti autoimmuni è specificatamente rivolta contro una proteina chiamata actina o F-actina. Esiste un test che rileva gli anticorpi specifici anti-actina, ma non è disponibile ovunque. Gli esami per gli anticorpi specifici anti-actina sono più efficaci nel rilevare le epatiti autoimmuni, ma alcuni studi hanno messo in risalto come essi diano più spesso risultati falsi positivi rispetto al test degli anticorpi anti-muscolo.

Anti-smooth muscle antibodies (ASMA) are autoantibodies, i.e. proteins produced by the immune system capable of recognizing and attacking the actin present in smooth muscle and other tissues of the body, especially in the liver. This test detects and measures the amount (antibody titer) of ASMA (or anti-actin antibodies) in the blood.The production of anti-smooth muscle antibodies is strongly associated with the presence of autoimmune hepatitis; it has also sometimes been observed in other liver diseases, such as primary biliary cirrhosis, but usually with a low antibody titre.Autoimmune hepatitis occurs when the immune system attacks liver cells. It presents as acute or chronic inflammation of the liver not due to other causes, such as viral infections, exposure to drugs or toxins, inherited disorders, or alcohol abuse. It can lead to liver cirrhosis and, in some cases, liver failure. Autoimmune hepatitis can affect anyone in any age group, but 80% of cases are women. More than 70% of people with this disease have ASMA or anti-actin antibodies, alone or in combination with antinuclear antibodies (ANA).Most of the anti-smooth muscle antibodies produced in autoimmune hepatitis are specifically directed against a protein called actin or F-actin. There is a test that detects specific anti-actin antibodies, but it is not available everywhere. Actin-specific antibody tests are more effective at detecting autoimmune hepatitis, but some studies have found that they give false-positive results more often than muscle antibody tests.

ANTICORPI ANTI ROSOLIA (IgG e IgM)

Il virus della Rosolia è un virus del genere Rubivirus e generalmente causa lievi infezioni caratterizzate da febbre ed eruzioni cutanee che persistono per 2-3 giorni. L’infezione è estremamente contagiosa, ma prevenibile tramite il vaccino. Il test d’elezione per la diagnosi di Rosolia consiste nella ricerca nel sangue degli anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta ad un’infezione da virus della Rosolia.Generalmente, l’infezione da Rosolia viene trasmessa tramite contatto con soggetti infetti e/o tramite colpi di tosse o starnuti. L’infezione determina la comparsa di piccole eruzioni cutanee di colore rosa sul volto e sul collo, che possono poi diffondersi al tronco e agli arti e scomparire entro pochi giorni. Inoltre, l’infezione può causare febbre, ingrossamento dei linfonodi, rinorrea (naso che cola), arrossamento oculare e dolori articolari. Talvolta, i sintomi sono così lievi, in particolare nei bambini, da passare inosservati. Nella maggior parte delle persone, la Rosolia si risolve spontaneamente entro pochi giorni, senza la necessità di sottoporsi ad alcun trattamento.I soggetti maggiormente esposti al rischio di sviluppare gravi complicanze sono rappresentati dalle donne che contraggono il virus in gravidanza, poichè possono trasmettere l’infezione al feto. Il rischio di trasmissione aumenta durante il primo trimestre e nelle ultime settimane della gravidanza. In questi periodi, lo sviluppo del feto risulta particolarmente vulnerabile. La trasmissione materno-fetale del virus della Rosolia può causare aborto, nascita prematura o una patologia nota come sindrome da rosolia congenita (CRS), che può causare numerose malformazioni permanenti nel bambino. Tale sindrome può determinare la presenza di disordini dello sviluppo e dell’intelletto, sordità, opacità del cristallino (cataratta), microcefalia (testa piccola) e difetti cardiaci.A causa delle gravi complicanze associate all’infezione da virus della Rosolia nello sviluppo fetale, nel 1972 in Italia è stato introdotto un vaccino anti-rosolia per le ragazze in età prepuberale. Inoltre, nei primi anni ’90 è stato introdotto il vaccino combinato trivalente MPR (Morbillo, Parotite, Rosolia) per la vaccinazione universale di tutti i nuovi nati. In Italia, il vaccino MPR è obbligatorio dall’anno scolastico 2017-2018, fornito gratuitamente secondo la Legge 119 del 31/7/2017 e previsto dal Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale PNPV 2017-2019. Il protocollo di vaccinazione dell’infanzia prevede la prima dose a 13-15 mesi e la seconda dose a 5-6 anni.In Europa, nel 2018 sono stati segnalati 579 casi di Rosolia in 14 Stati. L’Italia è al terzo posto per numero di casi segnalati dopo Polonia (450 casi) e Germania (58 casi).Attualmente, secondo i dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dai Centri statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle malattie (CDC), in 80 Paesi la campagna di vaccinazioni ha permesso di debellare completamente la malattia. In Italia, nonostante la diminuzione dei casi dopo il 2017, le basse coperture vaccinali raggiunte non hanno fermato la circolazione della Rosolia ed il rischio di sindrome da rosolia congenita è ancora significativamente presente.

Rubella virus is a member of the Rubivirus genus and usually causes mild infections characterized by fever and rashes that persist for 2-3 days. The infection is extremely contagious, but preventable by vaccine. The test of choice for the diagnosis of rubella consists in the search in the blood for antibodies produced by the immune system in response to a rubella virus infection.Generally, rubella infection is transmitted through contact with infected individuals and/or through coughing or sneezing. The infection causes small pink rashes to appear on the face and neck, which can then spread to the trunk and limbs and disappear within a few days. In addition, the infection can cause fever, swollen lymph nodes, rhinorrhea (runny nose), eye redness and joint pain. Sometimes, the symptoms are so mild, particularly in children, that they go unnoticed. In most people, rubella resolves on its own within a few days, without the need for any treatment.The subjects most exposed to the risk of developing serious complications are represented by women who contract the virus during pregnancy, as they can transmit the infection to the fetus. The risk of transmission increases during the first trimester and in the last weeks of pregnancy. In these periods, the development of the fetus is particularly vulnerable. Maternal-fetal transmission of the rubella virus can cause miscarriage, premature birth or a condition known as congenital rubella syndrome (CRS), which can cause many permanent birth defects in the baby. This syndrome can lead to developmental and intellectual disorders, deafness, clouding of the lens (cataract), microcephaly (small head), and heart defects.Due to the serious complications associated with rubella virus infection in fetal development, a rubella vaccine was introduced in Italy for prepubertal girls in 1972. Furthermore, in the early 1990s the combined trivalent MMR vaccine (Measles, Mumps, Rubella) was introduced for the universal vaccination of all newborns. In Italy, the MMR vaccine is mandatory from the 2017-2018 school year, provided free of charge according to Law 119 of 7/31/2017 and envisaged by the National Vaccine Prevention Plan PNPV 2017-2019. The childhood vaccination protocol provides for the first dose at 13-15 months and the second dose at 5-6 years.In Europe, 579 cases of rubella were reported in 14 countries in 2018. Italy ranks third in the number of cases reported after Poland (450 cases) and Germany (58 cases).Currently, according to data collected by the World Health Organization (WHO) and the US Centers for Disease Control and Prevention (CDC), in 80 countries the vaccination campaign has made it possible to completely eradicate the disease. In Italy, despite the decrease in cases after 2017, the low vaccination coverage achieved has not stopped the circulation of rubella and the risk of congenital rubella syndrome is still significantly present.

ANTICORPI ANTI-CCP

Gli anticorpi anti peptide ciclico citrullinato (anti-CCP) sono autoanticorpi prodotti dal sistema immunitario contro il peptide ciclico citrullinato (CCP). Questo esame rileva e misura la quantità di anti-CCP nel sangue.La citrullina viene normalmente prodotta nell’organismo come parte del metabolismo dell’aminoacido arginina. Tuttavia, nelle articolazioni dei soggetti affetti da artrite reumatoide (AR), questa conversione avviene a velocità più elevata. La citrullina cambia la struttura proteica e può quindi indurre una risposta immunitaria diretta contro le proteine presenti nelle articolazioni. Gli anticorpi anti-CCP sono utili nella diagnosi precoce di AR e consentono d’identificare i soggetti maggiormente propensi alla forma erosiva della malattia.L’AR è una patologia autoimmune sistemica cronica che causa infiammazione, dolore, rigidità e deformazione delle mani, dei piedi e di altre articolazioni. Possono essere affette persone di ogni età ma esiste una prevalenza per le donne (circa il 75%) tra i 40 e i 60 anni. Il decorso e la prognosi di AR sono variabili. Può svilupparsi e progredire rapidamente o lentamente. In alcune persone può andare in remissione mentre in altre può sparire. Se non trattata, determina un accorciamento della vita e, entro pochi anni, può causare disabilità importanti.Esistono molti trattamenti volti a minimizzare gli effetti dell’AR, ma per la loro efficacia è necessario che la diagnosi venga effettuata precocemente, prima dello sviluppo di significativi danni alle articolazioni. Il primo test utilizzato nella diagnosi di AR e nella diagnosi differenziale con altri tipi di artrite o disordini infiammatori, è stato la ricerca e misura del fattore reumatoide (FR) nel sangue. Tuttavia la sensibilità e la specificità del FR non sono ottimali: può essere negativo in persone con segni di AR e positivo in persone che non ne sono affette. Alcuni studi hanno dimostrato una superiorità degli anticorpi anti-CCP nella specificità per l’AR (95-98%), in particolare per la capacità di fornire una diagnosi precoce.Nel 2010, l’American College of Rheumatology (ACR) ha incluso il test degli anticorpi anti-CCP all’interno dei criteri di classificazione per l’AR, al fianco della misura del FR. Secondo l’ACR, gli anticorpi anti-CCP permettono la diagnosi di AR nel 50-60% di persone ancora negli stadi precoci della malattia (3-6 mesi dall’inizio della malattia). La diagnosi precoce di AR è molto importante perché permette un tempestivo intervento con una terapia mirata aggressiva, tale da minimizzare le complicanze della malattia dovute al danno tissutale.

Anti-cyclic citrullinated peptide (anti-CCP) antibodies are autoantibodies produced by the immune system against cyclic citrullinated peptide (CCP). This test detects and measures the amount of anti-CCP in the blood.Citrulline is normally produced in the body as part of the metabolism of the amino acid arginine. However, in the joints of people with rheumatoid arthritis (RA), this conversion occurs at a faster rate. Citrulline changes the protein structure and can therefore induce an immune response directed against the proteins present in the joints. Anti-CCP antibodies are useful in the early diagnosis of RA and allow identification of subjects more prone to the erosive form of the disease.RA is a chronic systemic autoimmune disease that causes inflammation, pain, stiffness, and disfigurement of the hands, feet, and other joints. People of any age can be affected but there is a prevalence for women (about 75%) between the ages of 40 and 60. The course and prognosis of RA are variable. It can develop and progress quickly or slowly. In some people it can go into remission while in others it can go away. If left untreated, it can lead to shortened life and, within a few years, can cause serious disabilities.There are many treatments aimed at minimizing the effects of RA, but for their effectiveness, diagnosis must be made early, before significant joint damage develops. The first test used in the diagnosis of RA and in the differential diagnosis with other types of arthritis or inflammatory disorders, was the research and measurement of rheumatoid factor (RF) in the blood. However, the sensitivity and specificity of the RF are not optimal: it can be negative in people with signs of RA and positive in people who are not affected. Some studies have demonstrated a superiority of anti-CCP antibodies in specificity for RA (95-98%), particularly in the ability to provide early diagnosis.In 2010, the American College of Rheumatology (ACR) included anti-CCP antibody testing as part of the classification criteria for RA, alongside the measurement of RE. According to the ACR, anti-CCP antibodies allow the diagnosis of RA in 50-60% of people still in the early stages of the disease (3-6 months after the onset of the disease). Early diagnosis of RA is very important because it allows timely intervention with aggressive targeted therapy, such as to minimize the complications of the disease due to tissue damage

ANTICORPI ANTI-INSULINA (IAA)

Gli autoanticorpi coinvolti nell’autoimmunità del diabete sono proteineprodotte dal sistema immunitario associate al diabete di tipo I (presenti nel 95-98% delle persone affette da diabete mellito di tipo I).Questo esame consente di rilevare la presenza di uno o più di questi autoanticorpi nel sangue.Il diabete mellito di tipo I è una patologia caratterizzata dalla carenza di insulina dovuta ad un processo autoimmune responsabile della distruzione delle cellule beta del pancreas, produttrici insulina. Gli autoanticorpi possono essere presenti prima della diagnosi di diabete di tipo I (pre-diabete), lo sono di solito alla diagnosi e la loro frequenza diminuisce nel corso dei 5-10 anni successivi alla diagnosi.Gli autoanticorpi, pur evidenziando la presenza di un processo autoimmune responsabile della distruzione delle cellule beta, non sono considerati la causa del diabete di tipo I. Il diabete mellito di tipo II è invece dovuto alla resistenza dell’organismo agli effetti dell’insulina (insulino resistenza) associata alla progressiva diminuzione della produzione di insulina, senza il coinvolgimento di meccanismi autoimmunitari.Il diabete di tipo I era noto come diabete giovanile o insulino-dipendente; è stato poi ricaratterizzato per riflettere la carenza assoluta di insulina. Alla diagnosi di diabete di tipo I, sono rilevabili un tipo o più tipi di autoanticorpi nel 95% degli affetti. Nel diabete di tipo II, gli autoanticorpi sono di norma assenti.I cinque principali autoanticorpi correlati al diabete sono:

  • Anticorpi citoplasmatici anti-insula pancreatica (ICA)
  • Anticorpi anti-decarbossilasi dell’acido glutammico (GADA)
  • Anticorpi-2 associati all’insulinoma (IA-2A)
  • Anticorpi anti-insulina (IAA)
  • Anticorpi anti-trasportatore dello zinco 8 (ZnT8A)

Per maggiori informazioni, consultare la sezione Approfondimenti.Circa il 10% di tutti i casi di diabete diagnosticati è di tipo I (autoimmune); la maggior parte dei casi sono diagnosticati prima dei 20 anni anche se il diabete di tipo I può manifestarsi in persone di qualsiasi età. I sintomi del diabete, come la minzione frequente, la sete, la perdita di peso e la scarsa guarigione delle ferite, emergono quando circa l’80-90% delle cellule beta del pancreas sono state distrutte e non sono più in grado di produrre insulina.L’organismo necessita d’insulina quotidianamente, affinché il glucosio possa entrare nelle cellule ed essere usato per la produzione di energia. Senza una quantità di insulina sufficiente, le cellule non ricevono l’apporto adeguato di glucosio e il paziente va incontro a iperglicemia (concentrazione di glucosio elevata nel sangue). L’iperglicemia acuta può provocare una crisi diabetica (chetoacidosi diabetica, stato iperglicemico-iperosmolare o una combinazione di entrambi). L’iperglicemia cronica può danneggiare la parete dei vasi, i nervi ed alcuni organi, tra cui i reni.

The autoantibodies involved in diabetes autoimmunity are proteins produced by the immune system associated with type I diabetes (found in 95-98% of people with type I diabetes mellitus).This test detects the presence of one or more of these autoantibodies in the blood.Type I diabetes mellitus is a disease characterized by insulin deficiency due to an autoimmune process responsible for the destruction of the insulin-producing beta cells of the pancreas. Autoantibodies may be present before the diagnosis of type 1 diabetes (pre-diabetes), are usually present at diagnosis, and their frequency decreases over the 5 to 10 years following diagnosis.Autoantibodies, while highlighting the presence of an autoimmune process responsible for the destruction of beta cells, are not considered the cause of type I diabetes. Type II diabetes mellitus is instead due to the body’s resistance to the effects of insulin (insulin resistance) associated with the progressive decrease in insulin production, without the involvement of autoimmune mechanisms.Type I diabetes used to be known as juvenile or insulin-dependent diabetes; it was then recharacterized to reflect absolute insulin deficiency. At the diagnosis of type I diabetes, one or more types of autoantibodies are detectable in 95% of those affected. In type II diabetes, autoantibodies are usually absent.The top five autoantibodies related to diabetes are:Anti-pancreatic islet cell (ICA) cytoplasmic antibodiesAnti-glutamic acid decarboxylase (GADA) antibodiesInsulinoma-associated antibodies-2 (IA-2A)Anti-insulin antibodies (IAA)Anti-zinc transporter 8 (ZnT8A) antibodiesFor more information, see the Learn More section.About 10% of all diagnosed diabetes cases are type I (autoimmune); most cases are diagnosed before the age of 20, although type I diabetes can occur in people of any age. Symptoms of diabetes, such as frequent urination, thirst, weight loss, and poor wound healing, emerge when approximately 80-90% of the beta cells in the pancreas have been destroyed and are no longer able to produce insulin .The body needs insulin every day so that glucose can enter cells and be used for energy production. Without sufficient insulin, cells do not receive an adequate supply of glucose and the patient develops hyperglycemia (high blood glucose concentration). Acute hyperglycemia can lead to a diabetic crisis (diabetic ketoacidosis, hyperglycemic-hyperosmolar state, or a combination of both). Chronic high blood sugar can damage blood vessel walls, nerves, and some organs, including the kidneys.

ANTICORPI ANTI-SUPERFICIE EPATITE B (Anti-HBs)

L’epatite B è una patologia causata dall’infezione da parte del virus B dell’epatite (HBV). I test per l’epatite B rilevano la presenza proteine virali (antigeni), di anticorpi prodotti in risposta all’infezione o del materiale genetico (DNA) del virus. La valutazione complessiva dell’insieme dei risultati dei test consente di discriminare tra infezione attiva e pregressa e tra l’immunità risultante da una precedente esposizione o dalla vaccinazione.L’epatite è una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Può avere diverse cause, una delle quali è l’infezione operata dai virus dell’epatite, tra cui si annoverano HAV (epatite A), HBV (epatite B), HCV (epatite C), HDV (epatite D) ed HEV (epatite E).L’HBV si trasmette tramite il contatto con il sangue o altri liquidi biologici di persone infette. Il contagio può avvenire, ad esempio, tramite la condivisione di aghi per l’iniezione di droghe per via endovenosa o tramite rapporti sessuali non protetti. Le persone che abitano o che viaggiano in zone del mondo ad alta prevalenza di epatite B sono esposte ad un rischio maggiore di contrarre l’infezione.In rari casi, le madri possono trasmettere l’infezione ai figli durante il parto o tramite l’allattamento. Il virus non si diffonde tramite contatti superficiali come strette di mano, colpi di tosse o starnuti. Tuttavia, il virus può sopravvivere all’esterno dall’organismo per più di sette giorni, anche nel sangue secco, e può essere contratto usando rasoi o spazzolini di una persona infetta o tramite strumenti per cure estetiche o odontoiatriche non correttamente igienizzati.Il più drastico decremento di incidenza di epatite B in Italia è stato osservato in seguito all’introduzione della vaccinazione nel 1988 per persone appartenenti a gruppi ad alto rischio di infezione da virus HBV, e divenuta obbligatoria nel 1991 per tutti i nuovi nati e per i dodicenni (fino al 2003). Grazie al protocollo Seieva (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta) è possibile monitorare costantemente tale evoluzione epidemiologica. Nel 2018 sono stati registrati 6 casi ogni 100.000 abitanti, di cui l’11% erano infezioni acute, il 56% croniche ed il 33% classificate come “sconosciute”. Attualmente, la fascia d’età maggiormente a rischio è quella di età compresa tra i 25 e i 34 anni.Il decorso dell’infezione da epatite B può variare da forme lievi che durano solo poche settimane fino a forme croniche gravi che permangono per anni. Talvolta, l’HBV cronica porta a sequele gravi come cirrosi, insufficienza epatica o tumore epatico. Alcuni degli stadi e delle forme di epatite B includono:

  • Infezione acuta; presenza di segni e sintomi con test di screening positivo
  • Infezione cronica; infezione persistente con rilevazione del virus tramite test di laboratorio e quadro clinico positivo (infiammazione del fegato)
  • Portatore sano (stato inattivo); infezione persistente senza infiammazione del fegato (il portatore è colui che non manifesta problemi di salute ma è stato infettato dal virus e può potenzialmente contagiare gli altri)
  • Infezione “risolta” – assenza di segni d’infezione; i test degli antigeni virali e del DNA risultano negativi e non sono presenti segni o sintomi d’infiammazione epatica (anche se, in alcuni casi, il virus è presente nel fegato in stato inattivo)
  • Riattivazione – riattivazione dell’infezione da HBV con danneggiamento del fegato in persona portatrice o che ha avuto un’infezione pregressa risolta. Si verifica più frequentemente in persone affette da forme tumorali per le quali sia necessaria una terapia chemioterapica o in persone affette da malattie autoimmuni o sottoposte a trapianto d’organo e in cura con immunosoppressori.

Sebbene possa essere un’infezione potenzialmente grave, l’HBV acuta si risolve spontaneamente nella maggior parte degli adulti. Nei bambini e nei ragazzi tende a svilupparsi la forma cronica più spesso (in circa il 90% de casi) che negli adulti. Nei bambini da 1 a 5 anni il rischio di sviluppare epatite cronica oscilla tra il 25% e il 50%. Sopra i 5 anni, la probabilità scende a meno del 5%.La maggior parte dei pazienti affetti da infezioni croniche è asintomatica. Nelle infezioni acute, i sintomi sono molto simili a quelli che si sviluppano nelle altre epatiti acute e includono febbre, affaticamento, nausea, vomito e ittero, anche se in più della metà dei casi non vi sono sintomi. Nell’epatite acuta, il fegato è danneggiato e non funziona più normalmente. Di conseguenza, le tossine e i prodotti di scarto come la bilirubina non vengono più metabolizzati ed eliminati, determinando l’accumulo progressivo nel sangue di bilirubina ed enzimi epatici. I test come bilirubina e pannello epatico rappresentano un sostegno nella diagnosi di epatite, pur non consentendo la definizione dell’agente eziologico. I test per la ricerca dei virus dell’epatite consentono invece di definirne la causa.

Hepatitis B is a disease caused by infection with the hepatitis B virus (HBV). Tests for hepatitis B detect the presence of viral proteins (antigens), antibodies produced in response to infection, or the genetic material (DNA) of the virus. The overall evaluation of the set of test results makes it possible to discriminate between active and previous infection and between immunity resulting from previous exposure or vaccination.Hepatitis is a disease characterized by inflammation and enlargement of the liver. It can have several causes, one of which is infection by hepatitis viruses, including HAV (hepatitis A), HBV (hepatitis B), HCV (hepatitis C), HDV (hepatitis D) and HEV (hepatitis AND).HBV is transmitted through contact with the blood or other body fluids of infected people. Contagion can occur, for example, through sharing needles for intravenous drug injection or through unprotected sexual intercourse. People who live in or travel to areas of the world with a high prevalence of hepatitis B are at an increased risk of contracting the infection.In rare cases, mothers can pass the infection to their babies during childbirth or by breastfeeding. The virus is not spread by superficial contacts such as handshakes, coughs or sneezes. However, the virus can survive outside the body for more than seven days, even in dried blood, and can be contracted using an infected person’s razors or toothbrushes or from improperly sanitized cosmetic or dental equipment.The most drastic decrease in the incidence of hepatitis B in Italy was observed following the introduction of vaccination in 1988 for people belonging to groups at high risk of infection with the HBV virus, which became compulsory in 1991 for all newborns and for 12-year-olds (until 2003).Thanks to the Seieva protocol (Integrated Epidemiological System of Acute Viral Hepatitis) it is possible to constantly monitor this epidemiological evolution. In 2018, 6 cases per 100,000 inhabitants were recorded, of which 11% were acute infections, 56% chronic and 33% classified as “unknown”. Currently, the age group most at risk is between the ages of 25 and 34.The course of hepatitis B infection can vary from mild forms that last only a few weeks to severe chronic forms that last for years. Sometimes, chronic HBV leads to serious sequelae such as cirrhosis, liver failure, or liver cancer. Some of the stages and forms of hepatitis B include:Acute infection; presence of signs and symptoms with a positive screening testChronic infection; persistent infection with detection of the virus by laboratory tests and positive clinical picture (inflammation of the liver)Healthy carrier (inactive state); persistent infection without liver inflammation (carrier is someone who has no health problems but has been infected with the virus and can potentially infect others)“Cleared” infection – no signs of infection; tests for viral antigens and DNA are negative, and there are no signs or symptoms of liver inflammation (although, in some cases, the virus is present in the liver in an inactive state)Reactivation – reactivation of HBV infection with liver damage in a person who is a carrier or has had a previous infection that resolved. It occurs more frequently in people suffering from tumor forms for which chemotherapy is required or in people suffering from autoimmune diseases or undergoing organ transplantation and being treated with immunosuppressants.Although it can be a potentially serious infection, acute HBV resolves spontaneously in most adults. In children and adolescents the chronic form tends to develop more often (in about 90% of cases) than in adults. In children aged 1 to 5 years, the risk of developing chronic hepatitis varies between 25% and 50%. Over 5 years, the probability drops to less than 5%.Most patients with chronic infections are asymptomatic. In acute infections, symptoms closely resemble those that develop in other acute hepatitis and include fever, fatigue, nausea, vomiting, and jaundice, although more than half of the cases are asymptomatic. In acute hepatitis, the liver is damaged and no longer functions normally. As a result, toxins and waste products such as bilirubin are no longer metabolized and eliminated, resulting in the progressive accumulation of bilirubin and liver enzymes in the blood. Tests such as bilirubin and liver panel are an aid in the diagnosis of hepatitis, although they do not allow the definition of the etiological agent. The tests for the search for hepatitis viruses allow the cause to be defined.

ANTICORPI ANTI-TETANO

Il Clostridium tetani, agente etiologico del tetano, è un batterio sporigeno gram positivo, ubiquitario, normalmente presente nell’intestino degli animali (specialmente equini) e quindi nel terreno, dove riesce a sopravvivere trasformandosi in spora. Il tetano si sviluppa solo quando le spore del Clostridium tetani germinano e questo avviene in condizioni di anaerobiosi (tipicamente nelle ferite profonde, e quindi temporaneamente ipovascolarizzate, contaminate da terriccio o polvere); la germinazione delle spore è seguita dal rilascio di una potente neurotossina, la tetanospasmina, che causa le manifestazioni cliniche del tetano. L’unico modo per evitare il tetano è attraverso l’immunizzazione attiva (vaccino) o passiva (somministrazione di immunoglobuline specifiche nell’immediatezza della possibile esposizione).L’infezione o la vaccinazione causano la comparsa di immunoglobuline della classe G (IgG) che permangono tutta la vita.

Clostridium tetani, the etiological agent of tetanus, is a gram-positive, ubiquitous spore-forming bacterium, normally present in the intestines of animals (especially horses) and therefore in the soil, where it manages to survive by transforming itself into a spore. Tetanus develops only when the spores of Clostridium tetani germinate and this occurs in anaerobic conditions (typically in deep wounds, and therefore temporarily hypovascularized, contaminated by soil or dust); spore germination is followed by the release of a potent neurotoxin, tetanospasmin, which causes the clinical manifestations of tetanus. The only way to avoid tetanus is through active (vaccine) or passive immunization (administration of specific immunoglobulins immediately upon possible exposure).Infection or vaccination causes the appearance of class G immunoglobulins (IgG) which are present for life.

ANTICORPI ANTI-TIREGLOBULINA (TgAb)

Gli autoanticorpi tiroidei sono anticorpi che si sviluppano quando il sistema immunitario, invece di attaccare elementi estranei all’organismo come batteri, virus, parassiti e tossine, reagisce erroneamente contro alcune componenti della ghiandola tiroidea o proteine tiroidee, provocando infiammazione cronica della tiroide (tiroidite), danneggiamento tissutale e/o compromissione della funzionalità tiroidea. Questi esami determinano la presenza di specifici autoanticorpi tiroidei e ne misurano la concentrazione nel sangue.La tiroide è una piccola ghiandola a forma di farfalla posta anteriormente alla trachea, alla base della gola. Gli ormoni primari che la ghiandola produce, la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3), sono implicati nella regolazione del consumo energetico da parte dell’organismo (metabolismo). L’organismo controlla la quantità di T4 e T3 nel sangue tramite un sistema a feedback che comprende l’ormone tireostimolante (TSH) e il suo ormone regolatorio, il fattore di rilascio della tireotropina (TRH); tali ormoni aumentano o diminuiscono la produzione di T3 e T4 operata dalla tiroide per mantenerne stabile la concentrazione in circolo.Quando gli anticorpi tiroidei interferiscono con questo processo, si possono sviluppare patologie croniche e malattie autoimmuni associate a ipotiroidismo o ipertiroidismo, come il Morbo di Graves e la Tiroidite di Hashimoto. La tiroidite di Hashimoto è la principale causa di ipotiroidismo; viene diagnosticata ogni anno a circa una persona ogni 1000​​​​​, con un rapporto tra il numero di diagnosi femminili e maschili di 20 a 1.​​ La malattia di Graves rappresenta più del 50% dei casi di ipertiroidismo e colpisce maggiormente il sesso femminile. Uno o più dei seguenti test possono essere eseguiti per stabilire la diagnosi e/o monitorare le malattie autoimmuni della tiroide:

  • Anticorpi anti-perossidasi tiroidea (TPOAb); utilizzati come marcatori delle malattie tiroidee autoimmuni. Tali anticorpi interferiscono con l’attività dell’enzima perossidasi, essenziale per la produzione degli ormoni tiroidei. La presenza di TPOAb è associata a difficoltà riproduttive come aborto, pre-eclampsia, parto prematuro e fallimento della fecondazione in vitro. Quasi la totalità dei pazienti con tiroidite di Hashimoto presenta alti livelli di TPOAb
  • Anticorpi anti-tireoglobulina (TgAb); sono diretti contro la tireoglobulina, la forma in cui vengono immagazzinati gli ormoni tiroidei. I TgAb possono essere riscontrati in presenza di lesioni tiroidee e solitamente vengono richiesti insieme alla misura della tireoglobulina, per il monitoraggio dei pazienti in trattamento per il cancro alla tiroide
  • Anticorpi anti-recettori dell’ormone stimolante la tiroide (TSHRAb); includono due tipi di autoanticorpi che legano i recettori del TSH nella tiroide:
  • Immunoglobuline stimolanti la tiroide (TSI); legano i recettori mimando l’attività del TSH, con conseguente aumentata produzione degli ormoni tiroidei ed ipertiroidismo. Tali anticorpi sono riscontrati nei pazienti affetti da morbo di Graves
  • Immunoglobuline inibenti il legame del TSH (TBII) bloccano il legame del TSH ai recettori, inibendo così la produzione degli ormoni tiroidei e causando ipotiroidismo

Generalmente viene richiesta soltanto la determinazione dei TRAb, ossia la presenza o assenza di anticorpi in grado di legare i recettori del TSH. Non si determina se si tratta di TBII o di TSI; questi anticorpi vengono misurati solo a scopo di ricerca ed in laboratori altamente specializzati.

Thyroid autoantibodies are antibodies that develop when the immune system, instead of attacking elements foreign to the body such as bacteria, viruses, parasites and toxins, mistakenly reacts against some components of the thyroid gland or thyroid proteins, causing chronic inflammation of the thyroid gland (thyroiditis). tissue damage and/or impaired thyroid function. These tests determine the presence of specific thyroid autoantibodies and measure their concentration in the blood.The thyroid is a small butterfly-shaped gland located in front of the trachea at the base of the throat. The primary hormones that the gland produces, thyroxine (T4) and triiodothyronine (T3), are involved in regulating the body’s energy expenditure (metabolism). The body controls the amount of T4 and T3 in the blood through a feedback system that includes thyroid stimulating hormone (TSH) and its regulatory hormone, thyrotropin-releasing factor (TRH); these hormones increase or decrease the production of T3 and T4 operated by the thyroid to keep its concentration in the circulation stable.When thyroid antibodies interfere with this process, chronic medical conditions and autoimmune diseases associated with hypothyroidism or hyperthyroidism, such as Graves’ disease and Hashimoto’s thyroiditis, can develop. Hashimoto’s thyroiditis is the leading cause of hypothyroidism; approximately one in 1,000 people are diagnosed every year​ the female sex.One or more of the following tests may be done to diagnose and/or monitor autoimmune thyroid disease:Anti-thyroid peroxidase antibodies (TPOAb); used as markers of autoimmune thyroid disease. These antibodies interfere with the activity of the peroxidase enzyme, which is essential for the production of thyroid hormones. The presence of TPOAb is associated with reproductive difficulties such as miscarriage, pre-eclampsia, premature delivery and IVF failure. Almost all patients with Hashimoto’s thyroiditis have high levels of TPOAbAnti-thyroglobulin antibodies (TgAb); they are directed against thyroglobulin, the form in which thyroid hormones are stored. TgAbs can be detected in the presence of thyroid lesions and are usually ordered along with a thyroglobulin measurement, for monitoring patients being treated for thyroid cancerAnti-thyroid stimulating hormone receptor antibodies (TSHRAb); include two types of autoantibodies that bind TSH receptors in the thyroid gland:Thyroid-stimulating immunoglobulin (TSI); bind receptors mimicking the activity of TSH, resulting in increased production of thyroid hormones and hyperthyroidism. These antibodies are found in patients with Graves’ diseaseTSH-binding inhibitory immunoglobulin (TBII) blocks the binding of TSH to receptors, thereby inhibiting the production of thyroid hormones and causing hypothyroidismGenerally only the determination of TRAb is required, i.e. the presence or absence of antibodies capable of binding TSH receptors. It is not determined whether it is TBII or TSI; these antibodies are measured only for research purposes and in highly specialized laboratories.

ANTICORPI ANTI-VITUS dell’ EPATITE A (HAV-Ab )

L’epatite A è un’infezione del fegato molto contagiosa causata dal virus A dell’epatite (HAV). É una delle cause di epatite, una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Questo esame ricerca la presenza nel sangue di anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione da HAV, come indice di infezione recente o pregressa.L’HAV è uno dei cinque “virus dell’epatite”, tra cui si annoverano i virus B, C, D ed E, noti per causare la patologia. Il virus HAV causa un’infezione acuta che solitamente perdura per 1 o 2 mesi, ma non causa infezione cronica, come altri virus dell’epatite. Raramente, l’epatite A può risultare grave e causare danni al fegato o insufficienza epatica.Solitamente il contagio da HAV avviene attraverso le feci o mediante l’ingestione di cibo o acqua contaminati dalle feci di una persona infetta (via oro-fecale). I fattori di rischio per il contagio con HAV comprendono il contatto stretto con persone affette, i viaggi verso zone del mondo in cui il virus è molto diffuso (di solito per le scarse condizioni igienico-sanitarie), la coabitazione o lo stretto contatto con bambini presenti negli asili, l’assunzione di cibo contaminato, l’abitudine ad avere rapporti sessuali non protetti (in maniera particolare tra uomini omosessuali) e l’uso di droghe per via endovenosa.Sebbene le cause di epatite siano molteplici, i sintomi sono gli stessi. In caso di epatite, il fegato è danneggiato e non funziona correttamente, non riuscendo a metabolizzare ed eliminare dall’organismo le tossine o i prodotti di scarto come la bilirubina. Con il progredire della patologia, la bilirubina e gli enzimi epatici possono aumentare nel sangue. Per questo motivo, test come la bilirubina e il pannello epatico possono fornire informazioni al clinico circa le condizioni del fegato, senza tuttavia identificare la causa scatenante dell’epatite. La ricerca degli anticorpi diretti contro i virus dell’epatite può invece contribuire a determinarne la causa.Esistono due differenti classi di immunoglobuline anti-epatite A che possono essere testate: le IgM e le IgG. In seguito all’esposizione al virus HAV, l’organismo produce prima gli anticorpi IgM, che compaiono entro 2-3 settimane dal contagio (e sono determinabili prima dello sviluppo dei sintomi) e persistono in circolo per 3-6 mesi. Le IgG vengono prodotte dopo 1-2 settimane dalla comparsa delle IgM e persistono per tutta la vita.In Italia sono disponibili due diversi vaccini contro l’epatite A, raccomandati in soggetti a rischio quali soggetti pediatrici, donne in gravidanza, coloro che effettuano viaggi in paesi nei quali l’epatite A è endemica, che lavorano in ambienti a contatto con il virus o con persone infette o che sono affette da patologie croniche che potrebbero esacerbare i sintomi e la gravità della malattia.Secondo i dati statistici, l’incidenza dell’infezione varia ciclicamente, con un aumento ogni 10-15 anni. Il report dell’ECDC relativo al 2018 riporta 15.677 casi confermati di epatite A nell’Unione Europea, con una predominanza di casi tra la popolazione maschile (57,2% vs 42,8%). La fascia d’età più colpita continua ad essere quella compresa tra i 5 ed i 14 anni.

Hepatitis A is a highly contagious liver infection caused by the hepatitis A virus (HAV). It is one of the causes of hepatitis, a disease characterized by inflammation and enlargement of the liver. This test looks for the presence in the blood of antibodies produced by the immune system in response to HAV infection, as an indication of recent or previous infection.HAV is one of five “hepatitis viruses,” including viruses B, C, D, and E, known to cause the disease. The HAV virus causes an acute infection that usually lasts for 1 to 2 months, but does not cause chronic infection, like other hepatitis viruses. Rarely, hepatitis A can be serious and cause liver damage or liver failure.HAV is usually transmitted through feces or by ingesting food or water contaminated with the feces of an infected person (fecal-oral route). Risk factors for infection with HAV include close contact with affected people, travel to areas of the world where the virus is widespread (usually due to poor sanitation conditions), cohabitation or close contact with children present in kindergartens, the intake of contaminated food, the habit of having unprotected sex (especially between homosexual men) and the use of intravenous drugs.Although the causes of hepatitis are varied, the symptoms are the same. In case of hepatitis, the liver is damaged and malfunctions, failing to metabolize and remove toxins or waste products such as bilirubin from the body. As the disease progresses, bilirubin and liver enzymes may increase in the blood. For this reason, tests such as bilirubin and the liver panel can provide information to the clinician about the condition of the liver, without identifying the underlying cause of the hepatitis. The search for antibodies directed against the hepatitis virus can instead help determine the cause.There are two different classes of hepatitis A immunoglobulin that can be tested: IgM and IgG. Following exposure to the HAV virus, the body first produces IgM antibodies, which appear within 2-3 weeks of infection (and are detectable before the development of symptoms) and persist in the circulation for 3-6 months. IgG is produced 1-2 weeks after the appearance of IgM and persists for life.In Italy there are two different vaccines against hepatitis A, recommended in subjects at risk such as pediatric subjects, pregnant women, those who travel to countries where hepatitis A is endemic, who work in environments in contact with the virus or with people who are infected or have chronic conditions that could exacerbate the symptoms and severity of the disease.According to statistical data, the incidence of infection varies cyclically, with an increase every 10-15 years. The ECDC report for 2018 reports 15,677 confirmed cases of hepatitis A in the European Union, with a predominance of cases among the male population (57.2% vs 42.8%). The age group most affected continues to be between 5 and 14 years.

ANTICORPI EPATITE C (Anti-HCV – HCV)

SIGNIFICATO CLINICO

L’epatite C (HCV) è un virus che causa infezione a livello epatico, caratterizzata da infiammazione e danno d’organo. I test dell’epatite C comprendono una serie di analisi utilizzate per diagnosticare l’epatite C, rilevare la presenza di un’infezione corrente o pregressa e monitorarne il trattamento.Il test dell’epatite C include:

  • Ricerca degli anticorpi anti-HCV; rileva nel sangue la presenza di specifici anticorpi prodotti in risposta all’infezione
  • Ricerca dell’RNA di HCV; rileva e misura la concentrazione di RNA virale presente nel sangue
  • Determinazione del genotipo HCV; determina la specifica sottospecie del virus. Questa informazione contribuisce a stabilire l’approccio terapeutico adeguato

L’epatite C è uno dei cinque tipi di virus, inclusi A, B, D ed E, attualmente identificati in grado di causare l’epatite. L’HCV può essere trasmessa mediante esposizione a sangue contaminato, principalmente a seguito della condivisione di aghi infetti durante l’iniezione di droghe d’abuso per via endovenosa. Meno frequentemente, l’infezione può avvenire in seguito alla condivisione di oggetti personali con persone portatrici del virus (rasoi, spazzolini), rapporti sessuali non protetti con partner infetti, punture accidentali con aghi infetti nelle categorie professionali a rischio, esecuzione di tatuaggi effettuati con strumenti non sterilizzati e, più raramente, tramite trasmissione dalla madre infetta al figlio durante la gravidanza o il parto. Prima che i test dell’HCV fossero disponibili, negli anni ’90, la principale via di trasmissione era rappresentata dalle trasfusioni di sangue. Attualmente, non è disponibile un vaccino per prevenire l’infezione da epatite C.

  • Infezione acuta da epatite C; si verifica entro sei mesi dall’esposizione al virus. In alcuni casi, l’infezione da HCV può causare sintomi lievi o risultare asintomatica e risolversi spontaneamente senza alcun trattamento. La maggior parte dei soggetti portatori di HCV non è a conoscenza del proprio stato. Occasionalmente, nel 20-30% dei casi, l’infezione in fase acuta può provocare sintomi gravi, quali ittero ed affaticamento
  • Infezione cronica da epatite C; circa il 50% dei soggetti che hanno contratto l’infezione evolvono verso una cronicizzazione della patologia. Se non trattata, è possibile sviluppare problematiche gravi a lungo termine, quali cirrosi, insufficienza epatica e tumore al fegato. L’epatite cronica è caratterizzata da una progressione lenta, pertanto è possibile che gli individui affetti non siano a conoscenza della patologia finché le lesioni al fegato non abbiano compromesso la funzionalità epatica

Dopo una drastica flessione registrata nei primi dieci anni di sorveglianza, l’incidenza di epatite C acuta in Italia ha continuato un trend in diminuzione, stabilizzandosi su tassi tra 0,2 e 0,3 per 100.000 abitanti, a partire dal 2009. Nel 2020 l’incidenza è stata di 0,04 casi per 100.000 abitanti (in diminuzione rispetto a quella del 2019 anche per effetto della pandemia da COVID-19), di cui il 73,7% era rappresentato da soggetti di età superiore ai 35 anni. Anche per l’epatite C la diminuzione di incidenza ha interessato in particolar modo i soggetti d’età compresa fra i 15 e i 24 anni (verosimilmente per cambiamenti comportamentali da parte dei tossicodipendenti). Inoltre, riguardo alla distribuzione per genere, negli ultimi anni il rapporto uomini/donne è andato diminuendo anche se nel 2020 il numero di maschi tra i casi è ancora superiore (66%) (dati dell’Istituto Superiore di Sanità). Circa l’85% delle cronicizzazioni dopo l’infezione acuta si risolvono. La maggior parte dei soggetti infetti non è a conoscenza della patologia; la diagnosi viene stabilita in seguito all’esecuzione dell’esame per l’epatite C.I pazienti che hanno contratto l’infezione dovrebbero sottoporsi ad una terapia antivirale o ad un trattamento specifico per le patologie epatiche o infettive. ll test per la ricerca di HCV-RNA dovrebbe essere ripetuto prima dell’inizio del trattamento, per rilevare l’eventuale persistenza del virus e dell’infezione e per stabilire il livello basale da comparare con i risultati ottenuti durante il trattamento.Sono disponibili diverse terapie antivirali per il trattamento dell’epatite C; alcune sono indirizzate verso il trattamento di specifici tipi (genotipi) del virus, altre verso tutti i genotipi del virus. Solitamente, il trattamento richiede l’assunzione di farmaci per via orale per circa 8-12 settimane o, talvolta, per periodi di tempo più lunghi. Questi farmaci risultano efficaci in oltre il 90% dei casi di epatite C cronica e causano effetti collaterali relativamente modesti. L’infezione viene considerata risolta se il paziente non presenta livelli rilevabili di HCV nel sangue entro 12 settimane dopo il completamento del trattamento.

Hepatitis C (HCV) is a virus that causes infection in the liver, characterized by inflammation and organ damage. Hepatitis C tests include a series of tests used to diagnose hepatitis C, detect the presence of a current or past infection, and monitor its treatment.The hepatitis C test includes:Search for anti-HCV antibodies; detects in the blood the presence of specific antibodies produced in response to the infectionSearch for HCV RNA; detects and measures the concentration of viral RNA present in the bloodDetermination of the HCV genotype; determines the specific subspecies of the virus. This information helps to establish the appropriate therapeutic approachHepatitis C is one of five types of viruses, including A, B, D, and E, currently identified that can cause hepatitis. HCV can be transmitted by exposure to contaminated blood, mainly as a result of sharing infected needles when injecting drugs of abuse intravenously. Less frequently, the infection can occur following the sharing of personal objects with people who carry the virus (razors, toothbrushes), unprotected sexual intercourse with infected partners, accidental punctures with infected needles in professional categories at risk, tattooing performed with unsterilized instruments and, more rarely, by transmission from an infected mother to her child during pregnancy or delivery. Before HCV tests were available in the 1990s, the main route of transmission was through blood transfusions. Currently, there is no vaccine available to prevent hepatitis C infection.Acute hepatitis C infection; occurs within six months of exposure to the virus. In some cases, HCV infection may cause mild symptoms or be asymptomatic and resolve on its own without any treatment. Most HCV carriers are unaware of their status. Occasionally, in 20-30% of cases, acute infection can cause severe symptoms, such as jaundice and fatigueChronic hepatitis C infection; about 50% of subjects who have contracted the infection evolve towards a chronicity of the pathology. If left untreated, it is possible to develop serious long-term problems, such as cirrhosis, liver failure and liver cancer. Chronic hepatitis is characterized by slow progression, so affected individuals may not be aware of the disease until liver lesions have compromised liver functionAfter a drastic decline recorded in the first ten years of surveillance, the incidence of acute hepatitis C in Italy continued a downward trend, stabilizing at rates between 0.2 and 0.3 per 100,000 inhabitants, starting from 2009. In 2020 the incidence was 0.04 cases per 100,000 inhabitants (a decrease compared to that of 2019 also due to the effect of the COVID-19 pandemic), of which 73.7% was represented by subjects over the age of 35. Also for hepatitis C the decrease in incidence has particularly affected subjects aged between 15 and 24 years (probably due to behavioral changes on the part of drug addicts). Furthermore, with regard to the distribution by gender, in recent years the male/female ratio has decreased even if in 2020 the number of males among the cases is still higher (66%) (data from the Istituto Superiore di Sanità). About 85% of chronicizations after acute infection resolve. Most infected subjects are unaware of the disease; the diagnosis is established after testing for hepatitis C.Patients who have contracted the infection should undergo antiviral therapy or specific treatment for liver or infectious diseases. The HCV RNA test should be repeated before the start of treatment, to detect any persistence of the virus and infection and to establish the baseline level to compare with the results obtained during treatment.There are several antiviral therapies available for the treatment of hepatitis C; some are aimed at treating specific types (genotypes) of the virus, others at all genotypes of the virus. Treatment usually involves taking medications by mouth for about 8 to 12 weeks, or sometimes for longer periods of time. These drugs are effective in over 90% of chronic hepatitis C cases and cause relatively few side effects. The infection is considered resolved if the patient has no detectable blood levels of HCV within 12 weeks after completion of treatment.

ANTICORPI TOTALI ANTI-HBC (EPATITE B)

L’epatite B è una patologia causata dall’infezione da parte del virus B dell’epatite (HBV). I test per l’epatite B rilevano la presenza proteine virali (antigeni), di anticorpi prodotti in risposta all’infezione o del materiale genetico (DNA) del virus. La valutazione complessiva dell’insieme dei risultati dei test consente di discriminare tra infezione attiva e pregressa e tra l’immunità risultante da una precedente esposizione o dalla vaccinazione.L’epatite è una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Può avere diverse cause, una delle quali è l’infezione operata dai virus dell’epatite, tra cui si annoverano HAV (epatite A), HBV (epatite B), HCV (epatite C), HDV (epatite D) ed HEV (epatite E).L’HBV si trasmette tramite il contatto con il sangue o altri liquidi biologici di persone infette. Il contagio può avvenire, ad esempio, tramite la condivisione di aghi per l’iniezione di droghe per via endovenosa o tramite rapporti sessuali non protetti. Le persone che abitano o che viaggiano in zone del mondo ad alta prevalenza di epatite B sono esposte ad un rischio maggiore di contrarre l’infezione.In rari casi, le madri possono trasmettere l’infezione ai figli durante il parto o tramite l’allattamento. Il virus non si diffonde tramite contatti superficiali come strette di mano, colpi di tosse o starnuti. Tuttavia, il virus può sopravvivere all’esterno dall’organismo per più di sette giorni, anche nel sangue secco, e può essere contratto usando rasoi o spazzolini di una persona infetta o tramite strumenti per cure estetiche o odontoiatriche non correttamente igienizzati.Il più drastico decremento di incidenza di epatite B in Italia è stato osservato in seguito all’introduzione della vaccinazione nel 1988 per persone appartenenti a gruppi ad alto rischio di infezione da virus HBV, e divenuta obbligatoria nel 1991 per tutti i nuovi nati e per i dodicenni (fino al 2003). Grazie al protocollo Seieva (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta) è possibile monitorare costantemente tale evoluzione epidemiologica. Nel 2018 sono stati registrati 6 casi ogni 100.000 abitanti, di cui l’11% erano infezioni acute, il 56% croniche ed il 33% classificate come “sconosciute”. Attualmente, la fascia d’età maggiormente a rischio è quella di età compresa tra i 25 e i 34 anni.Il decorso dell’infezione da epatite B può variare da forme lievi che durano solo poche settimane fino a forme croniche gravi che permangono per anni. Talvolta, l’HBV cronica porta a sequele gravi come cirrosi, insufficienza epatica o tumore epatico. Alcuni degli stadi e delle forme di epatite B includono:

  • Infezione acuta; presenza di segni e sintomi con test di screening positivo
  • Infezione cronica; infezione persistente con rilevazione del virus tramite test di laboratorio e quadro clinico positivo (infiammazione del fegato)
  • Portatore sano (stato inattivo); infezione persistente senza infiammazione del fegato (il portatore è colui che non manifesta problemi di salute ma è stato infettato dal virus e può potenzialmente contagiare gli altri)
  • Infezione “risolta” – assenza di segni d’infezione; i test degli antigeni virali e del DNA risultano negativi e non sono presenti segni o sintomi d’infiammazione epatica (anche se, in alcuni casi, il virus è presente nel fegato in stato inattivo)
  • Riattivazione – riattivazione dell’infezione da HBV con danneggiamento del fegato in persona portatrice o che ha avuto un’infezione pregressa risolta. Si verifica più frequentemente in persone affette da forme tumorali per le quali sia necessaria una terapia chemioterapica o in persone affette da malattie autoimmuni o sottoposte a trapianto d’organo e in cura con immunosoppressori.

Sebbene possa essere un’infezione potenzialmente grave, l’HBV acuta si risolve spontaneamente nella maggior parte degli adulti. Nei bambini e nei ragazzi tende a svilupparsi la forma cronica più spesso (in circa il 90% de casi) che negli adulti. Nei bambini da 1 a 5 anni il rischio di sviluppare epatite cronica oscilla tra il 25% e il 50%. Sopra i 5 anni, la probabilità scende a meno del 5%.La maggior parte dei pazienti affetti da infezioni croniche è asintomatica. Nelle infezioni acute, i sintomi sono molto simili a quelli che si sviluppano nelle altre epatiti acute e includono febbre, affaticamento, nausea, vomito e ittero, anche se in più della metà dei casi non vi sono sintomi. Nell’epatite acuta, il fegato è danneggiato e non funziona più normalmente. Di conseguenza, le tossine e i prodotti di scarto come la bilirubina non vengono più metabolizzati ed eliminati, determinando l’accumulo progressivo nel sangue di bilirubina ed enzimi epatici. I test come bilirubina e pannello epatico rappresentano un sostegno nella diagnosi di epatite, pur non consentendo la definizione dell’agente eziologico. I test per la ricerca dei virus dell’epatite consentono invece di definirne la causa.

Hepatitis B is a disease caused by infection with the hepatitis B virus (HBV). Tests for hepatitis B detect the presence of viral proteins (antigens), antibodies produced in response to infection, or the genetic material (DNA) of the virus. The overall evaluation of the set of test results makes it possible to discriminate between active and previous infection and between immunity resulting from previous exposure or vaccination.Hepatitis is a disease characterized by inflammation and enlargement of the liver. It can have several causes, one of which is infection by hepatitis viruses, including HAV (hepatitis A), HBV (hepatitis B), HCV (hepatitis C), HDV (hepatitis D) and HEV (hepatitis AND).HBV is transmitted through contact with the blood or other body fluids of infected people. Contagion can occur, for example, through sharing needles for intravenous drug injection or through unprotected sexual intercourse. People who live in or travel to areas of the world with a high prevalence of hepatitis B are at an increased risk of contracting the infection.In rare cases, mothers can pass the infection to their babies during childbirth or by breastfeeding. The virus is not spread by superficial contacts such as handshakes, coughs or sneezes. However, the virus can survive outside the body for more than seven days, even in dried blood, and can be contracted using an infected person’s razors or toothbrushes or from improperly sanitized cosmetic or dental equipment.The most drastic decrease in the incidence of hepatitis B in Italy was observed following the introduction of vaccination in 1988 for people belonging to groups at high risk of infection with the HBV virus, which became compulsory in 1991 for all newborns and for 12-year-olds (until 2003).Thanks to the Seieva protocol (Integrated Epidemiological System of Acute Viral Hepatitis) it is possible to constantly monitor this epidemiological evolution. In 2018, 6 cases per 100,000 inhabitants were recorded, of which 11% were acute infections, 56% chronic and 33% classified as “unknown”. Currently, the age group most at risk is between the ages of 25 and 34.The course of hepatitis B infection can vary from mild forms that last only a few weeks to severe chronic forms that last for years. Sometimes, chronic HBV leads to serious sequelae such as cirrhosis, liver failure, or liver cancer. Some of the stages and forms of hepatitis B include:Acute infection; presence of signs and symptoms with a positive screening testChronic infection; persistent infection with detection of the virus by laboratory tests and positive clinical picture (inflammation of the liver)Healthy carrier (inactive state); persistent infection without liver inflammation (carrier is someone who has no health problems but has been infected with the virus and can potentially infect others)“Cleared” infection – no signs of infection; tests for viral antigens and DNA are negative, and there are no signs or symptoms of liver inflammation (although, in some cases, the virus is present in the liver in an inactive state)Reactivation – reactivation of HBV infection with liver damage in a person who is a carrier or has had a previous infection that resolved. It occurs more frequently in people suffering from tumor forms for which chemotherapy is required or in people suffering from autoimmune diseases or undergoing organ transplantation and being treated with immunosuppressants.Although it can be a potentially serious infection, acute HBV resolves spontaneously in most adults. In children and adolescents the chronic form tends to develop more often (in about 90% of cases) than in adults. In children aged 1 to 5 years, the risk of developing chronic hepatitis varies between 25% and 50%. Over 5 years, the probability drops to less than 5%.Most patients with chronic infections are asymptomatic. In acute infections, symptoms closely resemble those that develop in other acute hepatitis and include fever, fatigue, nausea, vomiting, and jaundice, although more than half of the cases are asymptomatic. In acute hepatitis, the liver is damaged and no longer functions normally. As a result, toxins and waste products such as bilirubin are no longer metabolized and eliminated, resulting in the progressive accumulation of bilirubin and liver enzymes in the blood. Tests such as bilirubin and liver panel are an aid in the diagnosis of hepatitis, although they do not allow the definition of the etiological agent. The tests for the search for hepatitis viruses allow the cause to be defined.

ANTICORPI tTG – tTGA ANTI TRANSGLUTAMINASI TISSUTALE

SIGNIFICATO CLINICO

La celiachia è una malattia autoimmune caratterizzata da un’inappropriata risposta immunitaria al glutine, una proteina presente nel grano, nella segale e nell’orzo. Gli esami sierologici della celiachia sono utili nella diagnosi e nel monitoraggio della celiachia e di altri disturbi relativi all’intolleranza del glutine e rilevano gli autoanticorpi (prodotti come risposta immunitaria) nel sangue del soggetto affetto.La risposta immunitaria inappropriata causa infiammazione dell’intestino tenue con conseguente danneggiamento e distruzione dei villi che ricoprono il lume intestinale. I villi sono estroflessioni, ripiegamenti del tessuto verso l’esterno, che aumentano la superficie intestinale permettendo l’assorbimento di nutrienti, vitamine, minerali, fluidi ed elettroliti. Se una persona affetta da celiachia ingerisce il glutine, il suo sistema immunitario produce autoanticorpi diretti contro una parte costituente dei villi intestinali. Il danneggiamento e la distruzione dei villi, determinano il ridotto assorbimento di cibo: per questo motivo la persona affetta sviluppa sintomi associati alla malnutrizione e al malassorbimento.L’analisi di un frammento di tessuto prelevato con una biopsia dell’intestino tenue è tuttora considerata il “gold standard”, ovvero l’esame di conferma per la diagnosi di celiachia, ma la disponibilità di altri esami non invasivi ha ridotto il numero di biopsie richieste.

Antibodies to double-stranded DNA (anti-dsDNA) are part of a group of autoantibodies called antinuclear antibodies (ANAs). Antibodies are usually produced by the immune system to fight infections; autoantibodies are antibodies directed against structures and molecules of their own organism. Autoantibodies therefore attack healthy cells causing damage to organs and tissues. Specifically, anti-dsDNA antibodies attack the genetic material (DNA), present in the nucleus of the cell (hence the name anti-dsDNA).This test detects the presence of anti-dsDNA.Although anti-dsDNAs may be present in small amounts in the blood of people with other conditions, they are mostly associated with lupus. Lupus is a chronic inflammatory autoimmune disease that affects various organs and tissues including the kidneys, joints, blood vessels, skin, heart, lungs and brain. (For more details, see the Lupus page). The anti-dsDNA test, along with other tests for the search for other autoantibodies, is prescribed as part of the diagnostic workup for the diagnosis of lupus or other autoimmune diseases.One of the most serious complications of lupus is nephritis, a kidney inflammation that can lead to proteinuria, high blood pressure, and kidney failure. Nephritis is due to the deposition in the kidney of complexes formed by the binding of autoantibodies to their own antigens. In evaluating this type of complication, it is helpful to keep in mind that a high antibody titer (high concentration of antibodies in the blood) of anti-dsDNA is generally associated with inflammation and kidney damage.

ANTIGENE CA 50

Il CA 50 è un marcatore tumorale glicoproteico, simile al CA 19-9, utilizzato principalmente per monitorare tumori delle vie biliari, del rene, della vescica, dell’utero e della prostata. Non è un indicatore diagnostico esclusivo, poiché il suo livello può aumentare anche in caso di patologie non tumorali come infiammazioni intestinali e pancreatiche.  Viene usato per monitorare l’efficacia del trattamento in pazienti già diagnosticati con un tumore. Permette di controllare i livelli nei pazienti in remissione per individuare eventuali ricadute. Viene utilizzato insieme ad altri esami per contribuire alla diagnosi di determinate neoplasie.   Il CA 50 non è sempre attendibile per la diagnosi perché il suo livello può aumentare anche in assenza di tumore.

CA 50 is a glycoprotein tumor marker, similar to CA 19-9, used primarily to monitor tumors of the biliary tract, kidney, bladder, uterus, and prostate. It is not an exclusive diagnostic indicator, since its level can increase even in the case of non-tumor pathologies such as intestinal and pancreatic inflammation.  It is used to monitor the effectiveness of treatment in patients already diagnosed with cancer. It allows you to check levels in patients in remission for relapses. It is used together with other tests to help diagnose certain cancers.   CA 50 is not always reliable for diagnosis because its level can increase even in the absence of cancer.

ANTIGENE CA 72.4
CA 72.4 è un marcatore tumorale utilizzato per monitorare principalmente i tumori allo stomaco, ma anche quelli dell’ovaio e del colon. Si tratta di una glicoproteina le cui elevazioni possono indicare la presenza di tumori, ma anche di alcune patologie benigne come il Morbo di Crohn o gastriti.

È una glicoproteina ad alto peso molecolare, appartenente alla famiglia delle mucine.  Viene utilizzata principalmente per la diagnosi e il monitoraggio dei tumori, in particolare allo stomaco.  L’aumento dei livelli di CA 72.4 è associato a tumori dell’ovaio, del polmone, del colon, della mammella, dello stomaco e del pancreas.  Può aumentare anche in condizioni non tumorali, come il Morbo di Crohn, gastriti, coliti, esofagiti e malattie infiammatorie croniche intestinali.  Il test è utile per monitorare l’andamento della malattia e la risposta al trattamento nei pazienti con diagnosi di cancro.
Può essere utilizzato per valutare il rischio di recidiva in pazienti con storia di cancro allo stomaco, secondo studi scientifici.
CA 72.4 is a tumor marker used to monitor primarily stomach cancers, but also ovarian and colon cancers. It is a glycoprotein whose elevations can indicate the presence of tumors, but also of some benign pathologies such as Crohn’s disease or gastritis.  
It is a high molecular weight glycoprotein, belonging to the mucin family.  It is mainly used for the diagnosis and monitoring of tumors, particularly in the stomach.  Increased CA 72.4 levels are associated with ovarian, lung, colon, breast, stomach, and pancreatic cancers.  It can also increase in non-tumor conditions, such as Crohn’s disease, gastritis, colitis, esophagitis and chronic inflammatory bowel disease.  The test is useful for monitoring disease progress and response to treatment in patients diagnosed with cancer. 
It can be used to assess the risk of recurrence in patients with a history of stomach cancer, according to scientific studies. 
ANTIGENE CARBOIDRATICO 125 (CA 125)

Questo esame misura la concentrazione dell’antigene carboidratico 125 (CA-125) nel sangue. Il CA-125 è una proteina presente sulla superficie cellulare in alcuni tipi di tumore e più raramente, in associazione con fatti infiammatori o altre patologie, anche in tessuti normali.Il CA-125 è prodotto nella maggior parte (in circa l’80% dei casi) dei carcinomi sierosi dell’ovaio (i tumori più comuni di questo organo) e per tale ragione viene utilizzato come marcatore tumorale in questa neoplasia per monitorare l’efficacia del trattamento oppure per riconoscere una eventuale recidiva. Tuttavia, dato che circa il 20% dei tumori dell’ovaio non produce il CA- 125, alcune pazienti con carcinoma ovarico anche in stadio avanzato possono non avere livelli elevati di questo marcatore.Il CA-125 può anche essere usato, in associazione con la visita clinica e gli esami ecografici, nella diagnosi differenziale di una tumefazione pelvica o nelle pazienti che riferiscono di avere con relativa continuità e frequenza (es. più di 12 volte al mese) uno dei seguenti sintomi: persistente distensione addominale (la paziente spesso riferisce questo sintomo come “gonfiore”), dolore pelvico o addominale persistente, aumento dell’urgenza e/o della frequenza di urinare).Bisogna però tenere presente che il livelli di CA-125 nel sangue sono in relazione diretta con la estensione del tumore; quindi, in una paziente con un tumore iniziale i livelli del CA-125 nel sangue possono essere normali perché il tumore, essendo di piccole dimensioni, produce quantità limitate di marcatore.Inoltre il CA-125 non è specifico per il carcinoma dell’ovaio in quanto può essere prodotto e rilasciato nel sangue anche da tessuti normali o infiammati e da altri tipi di tumore. I livelli nel sangue possono essere quindi moderatamente elevati in una varietà di condizioni oncologiche, non oncologiche e fisiologiche, comprese le mestruazioni, la gravidanza e le malattie infiammatorie pelviche.A causa della bassa sensibilità per la malattia iniziale e della scarsa specificità tumorale il CA- 125 non è indicato per lo screening del carcinoma ovarico delle donne senza sintomi.Anche nelle donne con varianti patogenetiche (mutazioni) nei geni BRCA1/2 associate a un aumentato rischio di cancro ovarico o che hanno una familiarità per questa malattia, lo screening di routine del cancro ovarico con il CA-125 e l’ecografia transvaginale non è raccomandato. L’ecografia transvaginale e/o la misurazione del CA-125 possono essere considerati solo per la sorveglianza a breve termine nelle donne ad alto rischio di cancro ovarico a partire dai 30-35 anni che scelgono di non eseguire la salpingo-ovariectomia bilaterale preventiva.Sulla base dei dati raccolti dai Registri Tumori Italiani si è stimato che nel 2020 in Italia 5.180 donne abbiano avuto una diagnosi di tumore dell’ovaio e 3.000 siano decedute per questa malattia. Il cancro ovarico occupa in Italia il decimo posto per incidenza e il settimo per mortalità tra tutti i tumori nelle donne. L’elevata mortalità associata a questo tumore è principalmente dovuta a una sintomatologia non specifica e tardiva e alla mancanza di strategie di screening per effettuare una diagnosi precoce. Infatti, in circa l’80% dei casi la diagnosi viene fatta quando la malattia è in fase avanzata. In genere, il riscontro di un carcinoma iniziale ancora limitato alle ovaie o alla pelvi avviene occasionalmente durante controlli ginecologici di routine.Pertanto l’identificazione di un test sensibile e specifico per la diagnosi precoce del carcinoma ovarico in donne asintomatiche rimane una priorità della ricerca.  Per capire il significato clinico di un esame di laboratorio è necessario confrontare il proprio risultato con lo specifico intervallo di riferimento di quel tipo di esame. Gli intervalli di riferimento, chiamati a volte “valori normali”, indicano per ogni tipo di esame l’intervallo di valori che ci siaspetta di trovare in una persona sana e sono in genere riportati sul referto di laboratorio accanto al risultato dello stesso.Tuttavia, essendo i “marcatori tumorali” prevalentemente utilizzati a scopo di valutazione iniziale del paziente o di monitoraggio, e solo raramente nella diagnosi differenziale rispetto alla malattia benigna, gli intervalli di riferimento identificati come precedentemente descritto hanno solo un valore indicativo e non possono essere utilizzati per “classificare” il risultato dell’esame. Per questo è essenziale che il paziente si astenga dal tentativo di interpretare da solo il risultato dell’esame, e si raccomanda che, per l’interpretazione del risultato, il paziente si rivolga al medico curante che ha prescritto l’esame.Nel caso del CA-125 bisogna anche ricordare che risultati e valori di riferimento possono variare da laboratorio a laboratorio se vengono utilizzati metodi diversi. É pertanto consigliabile eseguire il dosaggio di CA-125 nello stesso laboratorio e con lo stesso metodo per poter confrontare e interpretare correttamente i risultati durante il decorso della malattia.

This test measures the concentration of carbohydrate antigen 125 (CA-125) in the blood. CA-125 is a protein present on the cell surface in some types of tumor and more rarely, in association with inflammation or other pathologies, also in normal tissues.CA-125 is produced in the majority (in about 80% of cases) of serous carcinomas of the ovary (the most common tumors of this organ) and for this reason it is used as a tumor marker in this neoplasm to monitor the effectiveness of the treatment or to recognize a possible recurrence. However, since approximately 20% of ovarian cancers do not produce CA-125, some patients with even advanced ovarian cancer may not have elevated levels of this marker.The CA-125 can also be used, in association with physical examination and ultrasound examinations, in the differential diagnosis of pelvic swelling or in patients who report having with relative continuity and frequency (e.g. more than 12 times a month) a of the following symptoms: persistent abdominal distension (the patient often refers to this symptom as “bloating”), persistent pelvic or abdominal pain, increased urgency and/or frequency to urinate). However, it must be kept in mind that the levels of CA-125 in the blood are directly related to the extent of the tumor; therefore, in a patient with an early tumor, CA-125 blood levels may be normal because the tumor, being small, produces limited amounts of the marker.Furthermore, CA-125 is not specific for ovarian cancer as it can also be produced and released into the blood from normal or inflamed tissue and other types of cancer. Blood levels may therefore be moderately elevated in a variety of oncological, non-oncological and physiological conditions, including menstruation, pregnancy and pelvic inflammatory disease.Because of low sensitivity for the initial disease and poor tumor specificity, CA-125 is not indicated for ovarian cancer screening of symptom-free women.Even in women with pathogenic variants (mutations) in the BRCA1/2 genes associated with an increased risk of ovarian cancer or who have a family history of this disease, routine ovarian cancer screening with CA-125 and transvaginal ultrasound is not recommended. Transvaginal ultrasonography and/or CA-125 measurement may be considered only for short-term surveillance in women at high risk for ovarian cancer starting in their 30s and 35s who choose not to have preventive bilateral salpingo-oophorectomy.Based on the data collected by the Italian Cancer Registries, it was estimated that in 2020 in Italy 5,180 women were diagnosed with ovarian cancer and 3,000 died of this disease. Ovarian cancer occupies the tenth place in Italy for incidence and the seventh for mortality among all tumors in women. The high mortality associated with this tumor is mainly due to non-specific and late symptoms and the lack of screening strategies to make an early diagnosis. In fact, in about 80% of cases the diagnosis is made when the disease is in an advanced stage. In general, the discovery of an initial carcinoma still limited to the ovaries or pelvis occurs occasionally during routine gynecological checkups.Therefore, the identification of a sensitive and specific test for the early diagnosis of ovarian cancer in asymptomatic women remains a research priority.Reference Intervals – What they are and how to use themTo understand the clinical significance of a laboratory test, you need to compare your result with the specific reference range of that type of test. The reference ranges, sometimes called “normal values”, indicate the range of values for each type of test expected to be found in a healthy person and are generally reported on the laboratory report next to the result of the same.However, since “tumor markers” are mainly used for initial patient assessment or monitoring purposes, and only rarely in the differential diagnosis with respect to benign disease, the reference intervals identified as previously described have only an indicative value and cannot be used to “classify” the exam result. For this reason it is essential that the patient refrains from attempting to interpret the result of the examination on his own, and it is recommended that, for the interpretation of the result, the patient consults the treating physician who prescribed the examination.In the case of CA-125 it must also be remembered that results and reference values can vary from laboratory to laboratory if different methods are used. It is therefore advisable to perform the dosage of CA-125

ANTIGENE CARBOIDRATICO 15.3 (CA 15.3)

Questo test misura i livelli dell’antigene tumorale 15-3 (CA 15-3) nel circolo ematico. Il CA 15-3 è una proteina prodotta dalle cellule del seno normali. In molte delle persone affette da tumore mammario maligno, si osserva un aumento della produzione di CA 15-3 e dell’antigene tumorale 27.29 ad esso correlato.Sebbene il CA 15-3 non causi il cancro, esso viene liberato dalle cellule tumorali ed entra nel circolo ematico. Pertanto è un marcatore tumorale utile per il monitoraggio della malattia.Il CA 15-3 è elevato in meno del 50% delle donne con tumore localizzato allo stadio iniziale o con una massa tumorale di piccole dimensioni, ma è elevato in circa l’80% delle donne con tumore mammario metastatico. L’esecuzione di questo test non è indicata in tutte le situazioni, poiché il CA 15-3 non è elevato in tutte le donne con tumore alla mammella.Il CA 15-3 non è molto specifico. Esso infatti può essere elevato nelle persone sane e nelle persone con altri tipi di tumore (ad esempio nelle persone affette da tumori maligni al colon, al polmone, al pancreas, all’ovaio o alla prostata) o in altri tipi di patologie/condizioni cliniche come la cirrosi, l’epatite e patologie benigne della mammella.

This test measures the levels of tumor antigen 15-3 (CA 15-3) in the bloodstream. CA 15-3 is a protein produced by normal breast cells. Increased production of CA 15-3 and related tumor antigen 27,29 is observed in many people with malignant breast cancer.Although CA 15-3 does not cause cancer, it is released from tumor cells and enters the bloodstream. Therefore it is a useful tumor marker for disease monitoring.CA 15-3 is elevated in less than 50% of women with localized early-stage cancer or with a small tumor burden, but it is elevated in about 80% of women with metastatic breast cancer. This test is not indicated in all situations because CA 15-3 is not elevated in all women with breast cancer.CA 15-3 is not very specific. In fact, it can be high in healthy people and in people with other types of cancer (for example in people with malignant tumors of the colon, lung, pancreas, ovary or prostate) or in other types of pathologies/clinical conditions such as cirrhosis, hepatitis and benign breast disease.

ANTIGENE CARBOIDRATICO CA 19-9 (GICA)

Questo esame misura la concentrazione dell’antigene carboidratico 19-9 (CA 19-9) nel sangue o in altri liquidi biologici. Il CA 19-9 è una proteina presente sulla superficie cellulare in alcuni tipi di tumore o, più raramente e in associazione con fatti infiammatori o altre patologie, anche in tessuti normali. Il CA 19-9 non è responsabile della insorgenza o della progressione di un tumore, ma ne è una conseguenza; viene infatti rilasciato dalle cellule tumorali e può essere rilevato nel sangue e, in casi particolari, in altri fluidi corporei. Il CA 19-9 viene in genere misurato nel sangue come “marcatore tumorale” sia per fare una valutazione iniziale del tumore del pancreas o delle vie biliari (il CA 19-9 è elevato in circa il 70-95% delle persone con carcinoma pancreatico avanzato e nel 50-65 % dei pazienti con tumore delle vie biliari), sia per monitorare il successivo decorso di queste neoplasie.Tuttavia, il CA 19-9 non è un marcatore specifico per il cancro del pancreas e delle vie biliari. Infatti, il CA 19-9 può essere elevato anche in altri tipi di tumore (tumori del colon-retto, dello stomaco, dell’ovaio e della tuba, del polmone, della mammella), nei quali però le linee guida non ne raccomandano l’utilizzo clinico. Inoltre, i livelli di CA 19-9 nel sangue possono essere aumentati in numerose malattie non tumorali (ad esempio, pancreatite acuta, pancreatite cronica, calcoli delle vie biliari, infiammazione della colecisti, malattie reumatiche e autoimmuni, diabete, nefropatia diabetica, epatopatia cronica, cirrosi epatica, epatite acuta, patologie benigne del polmone, fibrosi cistica). In particolare, in caso di ittero si possono verificare incrementi del CA 19.9 dell’ordine di centinaia o migliaia di U/mL, compatibili quindi con una neoplasia avanzata. Pertanto, poiché il CA 19-9 non è specifico per il cancro del pancreas o delle vie biliari, non può essere utilizzato da solo come marcatore per lo screening o la diagnosi di tali neoplasie, tantomeno se un paziente ha l’ittero.Inoltre, bisogna ricordare che in alcune persone con un particolare gruppo sanguigno (antigene Lewis negativo) il CA 19-9 può essere non essere misurabile anche in pazienti con carcinoma del pancreas.Gli Intervalli di Riferimento – Cosa sono e come usarliPer capire il significato clinico di un esame di laboratorio è necessario confrontare il proprio risultato con lo specifico intervallo di riferimento di quel tipo di esame. Gli intervalli di riferimento, chiamati a volte “valori normali”, indicano per ogni tipo di esame l’intervallo di valori che ci si aspetta di trovare in una persona sana esono in genere riportati sul referto di laboratorio accanto al risultato dello stesso. Per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo Intervallo di riferimento.Tuttavia, essendo i “marcatori tumorali” prevalentemente utilizzati a scopo di valutazione iniziale del paziente o di monitoraggio, e solo raramente come diagnosi differenziale rispetto alla malattia benigna, gli intervalli di riferimento identificati come precedentemente descritto hanno solo un valore indicativo e non possono essere utilizzati per “classificare” il risultato dell’esame. Per questo è essenziale che il paziente si astenga dal tentativo di interpretare da solo il risultato dell’esame, e si raccomanda che, per l’interpretazione del risultato, il paziente si rivolga al medico curante che ha prescritto l’esame.Nel caso del CA 19-9 bisogna anche ricordare che risultati e valori di riferimento possono variare da laboratorio a laboratorio se vengono utilizzati metodi diversi. É pertanto consigliabile eseguire il dosaggio di CA 19-9 nello stesso laboratorio e con lo stesso metodo per poter confrontare e interpretare correttamente i risultati lungo il decorso della malattia.

This test measures the concentration of carbohydrate antigen 19-9 (CA 19-9) in blood or other body fluids. CA 19-9 is a protein present on the cell surface in some types of tumors or, more rarely and in association with inflammation or other pathologies, also in normal tissues. CA 19-9 is not responsible for the onset or progression of a tumor, but it is a consequence of it; it is in fact released by cancer cells and can be detected in the blood and, in special cases, in other body fluids. CA 19-9 is typically measured in the blood as a “tumor marker” either to make an initial assessment of pancreatic or biliary tract cancer (CA 19-9 is elevated in about 70-95% of people with pancreatic cancer advanced and in 50-65% of patients with biliary tract cancer), and to monitor the subsequent course of these neoplasms.However, CA 19-9 is not a specific marker for pancreatic and biliary tract cancer. In fact, CA 19-9 can also be elevated in other types of tumors (colorectal, stomach, ovarian and tube, lung, breast cancers), in which, however, the guidelines do not recommend its use. clinical use. In addition, CA 19-9 blood levels may be increased in many noncancerous diseases (e.g., acute pancreatitis, chronic pancreatitis, biliary tract stones, gallbladder inflammation, rheumatic and autoimmune diseases, diabetes, diabetic nephropathy, chronic liver disease liver cirrhosis, acute hepatitis, benign lung disease, cystic fibrosis). In particular, in the case of jaundice, increases in CA 19.9 of the order of hundreds or thousands of U/mL can occur, therefore compatible with an advanced neoplasm. Therefore, since CA 19-9 is not specific for pancreatic or biliary tract cancer, it cannot be used on its own as a marker for screening or diagnosing these malignancies, much less if a patient has jaundice.Furthermore, it must be remembered that in some people with a particular blood type (Lewis antigen negative) CA 19-9 may be unmeasurable even in patients with pancreatic cancer.Reference Intervals – What they are and how to use themTo understand the clinical significance of a laboratory test, you need to compare your result with the specific reference range of that type of test. The reference ranges, sometimes called “normal values”, indicate for each type of test the range of values that are expected to be found in a healthy person and are generally reported on the laboratory report next to the result of the same. For more information on this, see the article Reference range.However, since “tumor markers” are mainly used for initial patient assessment or monitoring purposes, and only rarely as a differential diagnosis with respect to benign disease, the reference intervals identified as previously described have only an indicative value and cannot be used to “classify” the exam result. For this reason it is essential that the patient refrains from attempting to interpret the result of the examination on his own, and it is recommended that, for the interpretation of the result, the patient consults the treating physician who prescribed the examination.In the case of CA 19-9 it must also be remembered that results and reference values can vary from laboratory to laboratory if different methods are used. It is therefore advisable to perform the CA 19-9 assay in the same laboratory and with the same method in order to correctly compare and interpret the results along the course of the disease.

ANTIGENE CARCINOEMBRIONARIO (CEA)

L’antigene carcinoembrionario (CEA) è una proteina fisiologicamente presente in alcuni tessuti del feto, la cui concentrazione diminuisce fino a livelli molto bassi dopo la nascita. Negli adulti i livelli ematici di CEA sono ridotti, ma possono aumentare nei soggetti affetti da alcuni tipi di cancro. Questo esame misura la concentrazione di CEA nel sangue come supporto nella valutazione clinica dei pazienti neoplastici. Il CEA è un marcatore tumorale che, inizialmente, era considerato specifico per il cancro del colon. Tuttavia, successivamente è stato dimostrato che il suo aumento può verificarsi in vari tipi di tumore. Inoltre, il CEA può risultare aumentato in alcune condizioni cliniche non cancerogene, quali cirrosi, ulcera peptica, polipi rettali, enfisema, pancreatite, malattie infiammatorie croniche intestinali quali colite ulcerosa e diverticolite, colecistite, patologie benigne della mammella e nei fumatori. Pertanto, l’antigene carcinoembrionario non può essere utilizzato come esame di screening nella popolazione generale, bensì come test di follow-up per valutare la responsività alla terapia. Nei pazienti con diagnosi di cancro può essere richiesto il test del CEA prima dell’inizio della terapia, per stabilirne il livello basale. Se la concentrazione risulta elevata, viene eseguita la misura seriata nel tempo del CEA per il monitoraggio del tumore durante il trattamento.

Carcinoembryonic antigen (CEA) is a protein physiologically present in some fetal tissues, the concentration of which decreases to very low levels after birth. CEA blood levels are low in adults, but can increase in people with some types of cancer. This test measures the concentration of CEA in the blood as an aid in the clinical evaluation of cancer patients.CEA is a tumor marker that was initially considered specific for colon cancer. However, it was later shown that its increase can occur in various types of tumors. In addition, CEA may be increased in some non-cancerous clinical conditions, such as cirrhosis, peptic ulcer, rectal polyps, emphysema, pancreatitis, inflammatory bowel disease such as ulcerative colitis and diverticulitis, cholecystitis, benign breast disease, and in smokers. Therefore, carcinoembryonic antigen cannot be used as a screening test in the general population, but as a follow-up test to evaluate responsiveness to therapy. In patients diagnosed with cancer, CEA testing may be ordered prior to initiation of therapy to establish the baseline level. If the concentration is elevated, time-series CEA measurements are performed to monitor the tumor during treatment.

ANTIGENE POLIPEPTIDICO TISSUTALE (TPA)

SINONIMI

L’antigene polipeptidico tissutale o TPA è un complesso circolante di frammenti polipeptidici delle citocheratine 8, 18 e 19. la concentrazione sierica di TPA è correlata alla proliferazione cellulare. Il TPA è un marker generale dei carcinomi, in grado di riflettere la crescita maligna in vari organi. I livelli serici sono elevati soprattutto nei tumori metastatici e disseminati.

Tissue polypeptide antigen or TPA is a circulating complex of polypeptide fragments of cytokeratins 8, 18 and 19. The serum concentration of TPA correlates with cell proliferation. TPA is a general marker of carcinomas, reflecting malignant growth in various organs. Serum levels are elevated especially in metastatic and disseminated tumors.

ANTIGENE PROSTATICO SPECIFICO (PSA TOTALE)

Questo esame misura la quantità di antigene prostatico specifico (PSA) nel sangue. Il PSA è una proteina prodotta dalle cellule della prostata, una piccola ghiandola che circonda l’uretra negli uomini e produce il liquido prostatico che contribuisce alla formazione del liquido seminale. La maggior parte del PSA prodotto dalla prostata è rilasciato nel liquido seminale, ma piccole quantità vengono liberate anche nel circolo ematico. Il PSA è presente nel sangue in due forme: complessato (cPSA, legato ad altre proteine) e libero (fPSA, non legato ad altre proteine). Il test del PSA usato più frequentemente è il PSA totale, che misura la somma delle concentrazioni della maggior parte delle forme di PSA complessato e di quello libero.Il PSA può essere utilizzato per lo screening, la diagnosi e il monitoraggio del cancro alla prostata. Si parla di screening quando il test viene fatto su uomini asintomatici, mentre la diagnosi si riferisce a uomini con sintomi associabili a patologie della prostata. L’obiettivo dello screening è individuare il cancro quando è ancora iniziale e confinato alla prostata. La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che lo screening dovrebbe essere effettuato su uomini asintomatici con una attesa di vita di almeno 10 anni in buone condizioni generali e solo dopo un’approfondita discussione con il medico curante su benefici e rischi di una diagnosi precoce. L’esecuzione del PSA a scopo di screening deve quindi essere una decisione condivisa fra medico e paziente. Livelli ematici elevati di PSA sono associati al cancro alla prostata, ma possono anche essere osservati nella malattia infiammatoria della prostata (prostatite) e nell’iperplasia prostatica benigna (IPB). I livelli di PSA tendono ad aumentare con l’avanzare dell’età in tutti gli uomini. I soggetti di origini africane possono avere livelli più alti anche in età più precoce. Il PSA non consente di diagnosticare il cancro della prostata. Infatti, l’esame per porre la diagnosi è la biopsia, che consiste il prelievo, mediante un ago, di una piccola quantità di tessuto prostatico su cui viene eseguito l’esame istologico. La biopsia comporta il rischio di complicazioni come dolore, febbre, sangue nelle urine o infezione del tratto urinario (Leggere l’articolo su Anatomia Patologica per ulteriori informazioni sulle biopsie). Sia il PSA totale che l’esplorazione rettale sono utilizzati per valutare la necessità di una biopsia prostatica. Un PSA elevato può essere seguito da una biopsia. Bisogna però ricordare che livelli di PSA normali non escludono la presenza di un tumore della prostata.Quando la presenza di un cancro alla prostata è confermata dalla biopsia, deve essere presa una decisione circa la terapia. Il tumore della prostata è relativamente comune negli uomini con l’avanzare dell’età, e molti dei tumori della prostata, se non la maggior parte, sono a lenta crescita; questi tumori raramente provocano la morte del paziente a potrebbero anche non causare mai sintomi. Il PSA e l’esplorazione rettale non permettono, in generale, di prevedere la velocità di crescita e il decorso della malattia. L’anatomo-patologo, esaminando il tessuto del tumore, può essere in grado di distinguere tra i tumori a crescita lenta e quelli che possono crescere in modo aggressivo e diffondersi ad altre parti del corpo (metastatizzare). Le opzioni terapeutiche principali sono la chirurgia, con asportazione radicale della prostata, la radioterapia curativa e la sorveglianza attiva. Quest’ultima opzione consiste nel monitoraggio periodico del paziente con visita, PSA e biopsia ed è riservata ai tumori di estensione limitata e con caratteristiche tali da far prevedere una crescita lenta.La frequenza del tumore della prostata nell’uomo dopo i 60 anni e la prevalenza delle forme a lenta crescita, in caso di screening in uomini asintomatici, comportano il rischio di sovradiagnosi e sovratrattamento. Per sovradiagnosi si intende la diagnosi di una malattia che non avrebbe mai causato sintomi o morte nel corso della vita attesa di una data persona. La sovradiagnosi è un effetto collaterale dello screening di forme iniziali del tumore della prostata e induce terapie non necessarie (sovratrattamento). Quindi, sebbene la diagnosi precoce del tumore della prostata in alcuni casi salvi la vita, più frequentemente può portare a trattamenti non necessari con effetti collaterali negativi, come l’incontinenza e la disfunzione erettile, maggiori dei possibili vantaggi. Altri test, come ad esempio il PSA libero, sono a volte usati per valutare la necessità di una biopsia nei casi in cui il PSA totale sia debolmente positivo. Tuttavia, non ci sono ancora nelle linee guida raccomandazioni che chiariscano l’utilità di questi test aggiuntivi.

This test measures the amount of prostate specific antigen (PSA) in the blood. PSA is a protein produced by cells of the prostate, a small gland that surrounds the urethra in men and produces prostatic fluid that contributes to the formation of seminal fluid. Most of the PSA produced by the prostate is released in the seminal fluid, but small amounts are also released into the bloodstream. PSA is present in the blood in two forms: complexed (cPSA, bound to other proteins) and free (fPSA, not bound to other proteins). The most commonly used PSA test is total PSA, which measures the sum of the concentrations of most forms of complexed and free PSA.PSA can be used for prostate cancer screening, diagnosis, and monitoring. We talk about screening when the test is done on asymptomatic men, while the diagnosis refers to men with symptoms associated with prostate disease. The goal of screening is to detect cancer when it is still early and confined to the prostate. Most experts agree that screening should be performed in asymptomatic men with a life expectancy of at least 10 years in good general condition and only after a thorough discussion with the treating physician about the benefits and risks of early diagnosis. The execution of the PSA for screening purposes must therefore be a shared decision between doctor and patient. Elevated PSA blood levels are associated with prostate cancer, but can also be seen in inflammatory prostate disease (prostatitis) and benign prostatic hyperplasia (BPH). PSA levels tend to increase with advancing age in all men. Individuals of African descent may have higher levels even at an earlier age.PSA does not diagnose prostate cancer. In fact, the test to make the diagnosis is the biopsy, which consists of taking, using a needle, a small amount of prostate tissue on which the histological examination is performed. The biopsy carries the risk of complications such as pain, fever, blood in the urine or urinary tract infection (Read the article on Pathological Anatomy for more information on biopsies). Both total PSA and rectal examination are used to evaluate the need for a prostate biopsy. An elevated PSA can be followed up with a biopsy. However, it must be remembered that normal PSA levels do not exclude the presence of prostate cancer.When the presence of prostate cancer is confirmed by biopsy, a decision about treatment must be made. Prostate cancer is relatively common in men as they age, and many if not most prostate cancers are slow growing; these tumors rarely lead to death and may never cause symptoms. PSA and rectal examination do not, in general, make it possible to predict the rate of growth and the course of the disease. By examining the tumor tissue, a pathologist may be able to distinguish between tumors that grow slowly and those that can grow aggressively and spread to other parts of the body (metastasize). The main therapeutic options are surgery, with radical removal of the prostate, curative radiotherapy and active surveillance. The latter option consists of periodic monitoring of the patient with examination, PSA and biopsy and is reserved for tumors of limited extension and with characteristics such as to predict slow growth.The frequency of prostate cancer in men after the age of 60 and the prevalence of slow-growing forms, when screening asymptomatic men, carry the risk of overdiagnosis and overtreatment. Overdiagnosis is the diagnosis of a disease that would never have caused symptoms or death in a given person’s expected lifetime. Overdiagnosis is a side effect of screening for early forms of prostate cancer and leads to unnecessary treatment (overtreatment). So while early detection of prostate cancer is life-saving in some cases, more often it can lead to unnecessary treatment with negative side effects, such as incontinence and erectile dysfunction, that outweigh the possible benefits. Other tests, such as free PSA, are sometimes used to evaluate the need for a biopsy in cases where total PSA is weakly positive. However, there are still no guidelines in the guidelines clarifying the usefulness of these additional tests.

ANTIGENE SUPERFICIE EPATITE B (HBsAg)

L’epatite B è una patologia causata dall’infezione da parte del virus B dell’epatite (HBV). I test per l’epatite B rilevano la presenza proteine virali (antigeni), di anticorpi prodotti in risposta all’infezione o del materiale genetico (DNA) del virus. La valutazione complessiva dell’insieme dei risultati dei test consente di discriminare tra infezione attiva e pregressa e tra l’immunità risultante da una precedente esposizione o dalla vaccinazione.L’epatite è una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Può avere diverse cause, una delle quali è l’infezione operata dai virus dell’epatite, tra cui si annoverano HAV (epatite A), HBV (epatite B), HCV (epatite C), HDV (epatite D) ed HEV (epatite E).L’HBV si trasmette tramite il contatto con il sangue o altri liquidi biologici di persone infette. Il contagio può avvenire, ad esempio, tramite la condivisione di aghi per l’iniezione di droghe per via endovenosa o tramite rapporti sessuali non protetti. Le persone che abitano o che viaggiano in zone del mondo ad alta prevalenza di epatite B sono esposte ad un rischio maggiore di contrarre l’infezione.In rari casi, le madri possono trasmettere l’infezione ai figli durante il parto o tramite l’allattamento. Il virus non si diffonde tramite contatti superficiali come strette di mano, colpi di tosse o starnuti. Tuttavia, il virus può sopravvivere all’esterno dall’organismo per più di sette giorni, anche nel sangue secco, e può essere contratto usando rasoi o spazzolini di una persona infetta o tramite strumenti per cure estetiche o odontoiatriche non correttamente igienizzati.Il più drastico decremento di incidenza di epatite B in Italia è stato osservato in seguito all’introduzione della vaccinazione nel 1988 per persone appartenenti a gruppi ad alto rischio di infezione da virus HBV, e divenuta obbligatoria nel 1991 per tutti i nuovi nati e per i dodicenni (fino al 2003). Grazie al protocollo Seieva (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta) è possibile monitorare costantemente tale evoluzione epidemiologica. Nel 2018 sono stati registrati 6 casi ogni 100.000 abitanti, di cui l’11% erano infezioni acute, il 56% croniche ed il 33% classificate come “sconosciute”. Attualmente, la fascia d’età maggiormente a rischio è quella di età compresa tra i 25 e i 34 anni.Il decorso dell’infezione da epatite B può variare da forme lievi che durano solo poche settimane fino a forme croniche gravi che permangono per anni. Talvolta, l’HBV cronica porta a sequele gravi come cirrosi, insufficienza epatica o tumore epatico. Alcuni degli stadi e delle forme di epatite B includono:

  • Infezione acuta; presenza di segni e sintomi con test di screening positivo
  • Infezione cronica; infezione persistente con rilevazione del virus tramite test di laboratorio e quadro clinico positivo (infiammazione del fegato)
  • Portatore sano (stato inattivo); infezione persistente senza infiammazione del fegato (il portatore è colui che non manifesta problemi di salute ma è stato infettato dal virus e può potenzialmente contagiare gli altri)
  • Infezione “risolta” – assenza di segni d’infezione; i test degli antigeni virali e del DNA risultano negativi e non sono presenti segni o sintomi d’infiammazione epatica (anche se, in alcuni casi, il virus è presente nel fegato in stato inattivo)
  • Riattivazione – riattivazione dell’infezione da HBV con danneggiamento del fegato in persona portatrice o che ha avuto un’infezione pregressa risolta. Si verifica più frequentemente in persone affette da forme tumorali per le quali sia necessaria una terapia chemioterapica o in persone affette da malattie autoimmuni o sottoposte a trapianto d’organo e in cura con immunosoppressori.

Sebbene possa essere un’infezione potenzialmente grave, l’HBV acuta si risolve spontaneamente nella maggior parte degli adulti. Nei bambini e nei ragazzi tende a svilupparsi la forma cronica più spesso (in circa il 90% de casi) che negli adulti. Nei bambini da 1 a 5 anni il rischio di sviluppare epatite cronica oscilla tra il 25% e il 50%. Sopra i 5 anni, la probabilità scende a meno del 5%.La maggior parte dei pazienti affetti da infezioni croniche è asintomatica. Nelle infezioni acute, i sintomi sono molto simili a quelli che si sviluppano nelle altre epatiti acute e includono febbre, affaticamento, nausea, vomito e ittero, anche se in più della metà dei casi non vi sono sintomi. Nell’epatite acuta, il fegato è danneggiato e non funziona più normalmente. Di conseguenza, le tossine e i prodotti di scarto come la bilirubina non vengono più metabolizzati ed eliminati, determinando l’accumulo progressivo nel sangue di bilirubina ed enzimi epatici. I test come bilirubina e pannello epatico rappresentano un sostegno nella diagnosi di epatite, pur non consentendo la definizione dell’agente eziologico. I test per la ricerca dei virus dell’epatite consentono invece di definirne la causa.

Hepatitis B is a disease caused by infection with the hepatitis B virus (HBV). Tests for hepatitis B detect the presence of viral proteins (antigens), antibodies produced in response to infection, or the genetic material (DNA) of the virus. The overall evaluation of the set of test results makes it possible to discriminate between active and previous infection and between immunity resulting from previous exposure or vaccination.Hepatitis is a disease characterized by inflammation and enlargement of the liver. It can have several causes, one of which is infection by hepatitis viruses, including HAV (hepatitis A), HBV (hepatitis B), HCV (hepatitis C), HDV (hepatitis D) and HEV (hepatitis AND).HBV is transmitted through contact with the blood or other body fluids of infected people. Contagion can occur, for example, through sharing needles for intravenous drug injection or through unprotected sexual intercourse. People who live in or travel to areas of the world with a high prevalence of hepatitis B are at an increased risk of contracting the infection.In rare cases, mothers can pass the infection to their babies during childbirth or by breastfeeding. The virus is not spread by superficial contacts such as handshakes, coughs or sneezes. However, the virus can survive outside the body for more than seven days, even in dried blood, and can be contracted using an infected person’s razors or toothbrushes or from improperly sanitized cosmetic or dental equipment.The most drastic decrease in the incidence of hepatitis B in Italy was observed following the introduction of vaccination in 1988 for people belonging to groups at high risk of infection with the HBV virus, which became compulsory in 1991 for all newborns and for 12-year-olds (until 2003).Thanks to the Seieva protocol (Integrated Epidemiological System of Acute Viral Hepatitis) it is possible to constantly monitor this epidemiological evolution. In 2018, 6 cases per 100,000 inhabitants were recorded, of which 11% were acute infections, 56% chronic and 33% classified as “unknown”. Currently, the age group most at risk is between the ages of 25 and 34.The course of hepatitis B infection can vary from mild forms that last only a few weeks to severe chronic forms that last for years. Sometimes, chronic HBV leads to serious sequelae such as cirrhosis, liver failure, or liver cancer. Some of the stages and forms of hepatitis B include: Acute infection; presence of signs and symptoms with a positive screening test Chronic infection; persistent infection with detection of the virus by laboratory tests and positive clinical picture (inflammation of the liver) Healthy carrier (inactive state); persistent infection without liver inflammation (carrier is someone who has no health problems but has been infected with the virus and can potentially infect others) “Cleared” infection – no signs of infection; tests for viral antigens and DNA are negative, and there are no signs or symptoms of liver inflammation (although, in some cases, the virus is present in the liver in an inactive state)Reactivation – reactivation of HBV infection with liver damage in a person who is a carrier or has had a previous infection that resolved. It occurs more frequently in people suffering from tumor forms for which chemotherapy is required or in people suffering from autoimmune diseases or undergoing organ transplantation and being treated with immunosuppressants.Although it can be a potentially serious infection, acute HBV resolves spontaneously in most adults. In children and adolescents the chronic form tends to develop more often (in about 90% of cases) than in adults. In children aged 1 to 5 years, the risk of developing chronic hepatitis varies between 25% and 50%. Over 5 years, the probability drops to less than 5%.Most patients with chronic infections are asymptomatic. In acute infections, symptoms closely resemble those that develop in other acute hepatitis and include fever, fatigue, nausea, vomiting, and jaundice, although more than half of the cases are asymptomatic. In acute hepatitis, the liver is damaged and no longer functions normally. As a result, toxins and waste products such as bilirubin are no longer metabolized and eliminated, resulting in the progressive accumulation of bilirubin and liver enzymes in the blood. Tests such as bilirubin and liver panel are an aid in the diagnosis of hepatitis, although they do not allow the definition of the etiological agent. The tests for the search for hepatitis viruses allow the cause to be defined.

ANTIGENI NUCLEARE ESTRAIBILE (ENA)

Gli ENA (Extractable Nuclear Antigen) sono antigeni nucleari di natura proteica estratti dal nucleo cellulare. Nelle patologie su base autoimmunitaria vengono prodotti diversi tipi di anticorpi diretti contro queste proteine nucleari che non sono più riconosciute come proprie (perdita della tolleranza immunitaria). Gli anticorpi anti-Ena di più comune riscontro sono gli anti SM, SSA/Ro, SSB/La, RNP, SCL 70, Jo1. Le patologie autoimmuni cui sono associati comprendono: Lupus eritematoso sistemico (LES), Sclerodermia sistemica, dermatomiosite, sindrome di Sjogren (sindrome sicca), connettiviti miste.

ENA (Extractable Nuclear Antigen) are nuclear antigens of a protein nature extracted from the cell nucleus. In autoimmune-based pathologies, different types of antibodies are produced directed against these nuclear proteins which are no longer recognized as their own (loss of immune tolerance). The most common anti-Ena antibodies are anti-SM, SSA/Ro, SSB/La, RNP, SCL 70, Jo1. The autoimmune diseases to which they are associated include: Systemic lupus erythematosus (SLE), systemic scleroderma, dermatomyositis, Sjogren’s syndrome (sicca syndrome), mixed connective tissue diseases.

ANTITROMBINA III (AT3)

L’antitrombina è una proteina prodotta dal fegato che aiuta a regolare la formazione del coagulo nel sangue (è un blando fluidificante del sangue). Il test dell’antitrombina misura l’attività (funzionalità) e la concentrazione (quantità) di antitrombina nel sangue di un individuo ed è richiesto per approfondimenti diagnostici in caso di eccessiva formazione di coaguli nel sangue.Normalmente, quando un vaso sanguigno viene danneggiato, l’organismo, per prevenire la perdita eccessiva di sangue, attiva una serie di eventi che culminano con la formazione del coagulo; si tratta di un processo regolato finemente per il mantenimento del delicato equilibrio emostatico. L’emostasi infatti regola la coagulazione, impedendo l’eccessiva perdita di sangue ma anche prevenendo l’eccessiva formazione di coaguli. La coagulazione è consentita dall’attivazione di alcune proteine, chiamate fattori della coagulazione, in una serie di passaggi conosciuti come cascata coagulativa. L’antitrombina si inserisce nella modulazione di questo processo, inibendo l’azione di fattori attivati della coagulazione, inclusi la trombina e i fattori Xa, IXa e XIa così da rallentare il processo e prevenire l’eccessiva e inappropriata formazione di coaguli (trombosi).Le persone affette da disordini della coagulazione dovuti a carenza ereditaria o acquisita di antitrombina, hanno un rischio aumentato di sviluppare coaguli ematici, specialmente nelle vene profonde, come quelle delle gambe (trombosi venosa profonda). Le carenze ereditarie sono rare e colpiscono circa 1 persona su 5000.Nelle persone che hanno ereditato un gene dell’antitrombina alterato e uno normale (eterozigoti), gli episodi trombotici si manifestano tipicamente attorno ai 20-30 anni d’età. Gli individui omozigoti per il gene mutato (che ereditano due geni per l’antitrombina alterati) sono molto rari; in tal caso la patologia trombotica si manifesta subito dopo la nascita.La carenza di antitrombina acquisita può sopraggiungere ad ogni età. Essa è associata a più patologie e condizioni cliniche dovute a carenza o eccessivo consumo della proteina. Queste includono patologie del fegato, trombosi estesa, coagulazione intravascolare disseminata (CID), sindromi emorragiche, cancro e sindrome nefrosica, una forma di patologia renale.Esistono due tipi di carenze di antitrombina. Nel tipo 1 è presente sia una riduzione della quantità di proteina che una riduzione della funzionalità. Nel tipo 2, la quantità di proteina prodotta è sufficiente ma la funzionalità è compromessa. Questi due tipi di carenza possono essere differenziati e valutati con due test:

  • Attività dell’antitrombina, che valuta la funzionalità dell’antitrombina.
  • Antigene dell’antitrombina, che misura la quantità di antitrombina presente.

Antithrombin is a protein produced by the liver that helps regulate blood clot formation (it is a mild blood thinner). The antithrombin test measures the activity (functionality) and concentration (amount) of antithrombin in an individual’s blood and is required for further diagnostics if there is excessive blood clot formation.Normally, when a blood vessel is damaged, the body, to prevent excessive blood loss, activates a series of events that culminate in the formation of the clot; it is a finely regulated process for maintaining the delicate haemostatic balance. In fact, hemostasis regulates coagulation, preventing excessive blood loss but also preventing excessive clot formation. Clotting is enabled by the activation of certain proteins, called clotting factors, in a series of steps known as the coagulation cascade. Antithrombin plays a role in the modulation of this process, by inhibiting the action of activated coagulation factors, including thrombin and factors Xa, IXa and XIa so as to slow down the process and prevent excessive and inappropriate formation of blood clots (thrombosis).People with bleeding disorders due to inherited or acquired antithrombin deficiency are at increased risk of developing blood clots, especially in deep veins, such as those in the legs (deep vein thrombosis). Hereditary deficiencies are rare, affecting about 1 in 5,000 people.In people who have inherited one abnormal and one normal antithrombin gene (heterozygotes), thrombotic episodes typically begin around age 20 to 30. Individuals homozygous for the mutated gene (inheriting two altered antithrombin genes) are very rare; in this case the thrombotic pathology manifests itself immediately after birth.Acquired antithrombin deficiency can occur at any age. It is associated with multiple diseases and clinical conditions due to deficiency or excessive consumption of the protein. These include liver disease, extensive thrombosis, disseminated intravascular coagulation (DIC), bleeding syndromes, cancer and nephrotic syndrome, a form of kidney disease.There are two types of antithrombin deficiencies. In type 1 there is both a reduction in the amount of protein and a reduction in function. In type 2, the amount of protein produced is sufficient but function is impaired. These two types of deficiency can be differentiated and evaluated with two tests: Antithrombin activity, which evaluates the function of antithrombin. Antithrombin antigen, which measures the amount of antithrombin present.

APCR (Resistenza Proteina C Attivata)

Le mutazioni del fattore V Leiden e della protrombina 20210 (PT 20210) sono associate ad un rischio aumentato di trombosi. La ricerca di queste mutazioni è possibile tramite l’esecuzione di due esami separati, in grado di ricercare le alterazioni del DNA specifiche, ma richiesti in parallelo, al fine di stimare il rischio trombotico complessivo dell’individuo.Il fattore V e la protrombina sono due fattori della coagulazione, ossia due delle proteine essenziali per la corretta formazione del coagulo. Qualsiasi evento in grado di provocare un danno ai tessuti e quindi un sanguinamento, innesca un complesso processo chiamato emostasi responsabile della formazione di un “tappo” in corrispondenza dell’area danneggiata e quindi dell’interruzione del sanguinamento. Nella prima fase del processo, le piastrine aderiscono all’area danneggiata aggregandosi; nella seconda fase, i fattori della coagulazione vengono attivati progressivamente tramite un meccanismo a cascata che culmina con la formazione del coagulo. Il coagulo si dissolve solo in seguito alla completa guarigione del tessuto danneggiato.Per la corretta formazione e successiva dissoluzione del coagulo, devono essere presenti tutti i fattori della coagulazione, in quantità adeguata e devono essere funzionali. Una carenza quantitativa o funzionale dei fattori della coagulazione, può portare ad alterazioni nell’emostasi.Le mutazioni del fattore V Leiden e della PT20210 della protrombina, sono ereditarie e in grado di aumentare il rischio di trombosi. Si tratta di mutazioni ereditate con meccanismi autosomici dominanti (è sufficiente una sola copia del gene alterato per la manifestazione del fenotipo): è possibile ereditare una copia (eterozigote) o due copie (omozigote) del gene mutato, con conseguenze di diversa entità.Queste due mutazioni sono indipendenti e vengono testate con due esami separati, anche se, di solito, eseguiti nello stesso momento come parte degli approfondimenti richiesti in seguito ad un episodio trombotico in individui sospettati di avere una predisposizione genetica ereditaria per idisordini della coagulazione. Ciascun test è utilizzato per rilevare la presenza di specifiche mutazioni e se queste sono presenti in una copia (eterozigote) o due copie (omozigote).   Durante l’emostasi, il fattore V è normalmente inattivato da una proteina chiamata proteina C attivata (APC), responsabile della prevenzione della formazione di coaguli troppo grossi. La mutazione genica del fattore V Leiden può portare alla formazione di un fattore V in grado di resistere all’inattivazione da parte di APC. Come conseguenza, il processo coagulativo rimane più attivo del normale, aumentando il rischio di formazione di trombosi venose profonde (TVP) o di rottura del coagulo e blocco di una vena (tromboembolismo venoso o TEV).  Durante il normale processo coagulativo, un enzima converte la protrombina in trombina. La mutazione, a carico del gene che codifica per la protrombina, chiamata PT20210, può provocare un’aumentata concentrazione di protrombina, la formazione anomala di coaguli e l’aumento del rischio di TVP o TEV.

The factor V Leiden and prothrombin 20210 (PT 20210) mutations are associated with an increased risk of thrombosis. The search for these mutations is possible by performing two separate tests, capable of searching for specific DNA alterations, but required in parallel, in order to estimate the individual’s overall thrombotic risk.Factor V and prothrombin are two coagulation factors, i.e. two of the proteins essential for proper clot formation. Any event capable of causing tissue damage and therefore bleeding triggers a complex process called hemostasis responsible for the formation of a “plug” in the damaged area and therefore for the interruption of bleeding. In the first stage of the process, platelets adhere to the damaged area by aggregating; in the second phase, the coagulation factors are progressively activated through a cascade mechanism which culminates in the formation of the clot. The clot dissolves only after the damaged tissue has completely healed.For the correct formation and subsequent dissolution of the clot, all the coagulation factors must be present, in adequate quantities and must be functional. A quantitative or functional deficiency of coagulation factors can lead to alterations in haemostasis.The factor V Leiden and prothrombin PT20210 mutations are hereditary and can increase the risk of thrombosis. These are mutations inherited with autosomal dominant mechanisms (a single copy of the altered gene is sufficient for the manifestation of the phenotype): it is possible to inherit one copy (heterozygous) or two copies (homozygous) of the mutated gene, with consequences of different entities.These two mutations are independent and are tested in two separate tests, although usually performed at the same time as part of investigations required following a thrombotic episode in individuals suspected of having an inherited genetic predisposition for thecoagulation disorders. Each test is used to detect the presence of specific mutations and whether they are present in one copy (heterozygous) or two copies (homozygous). During hemostasis, factor V is normally inactivated by a protein called activated protein C (APC), which is responsible for preventing too large clots from forming. The factor V Leiden gene mutation can lead to the formation of a factor V that is able to resist inactivation by APC. As a result, the clotting process remains more active than normal, increasing the risk of developing deep vein thrombosis (DVT) or a clot breaking down and blocking a vein (venous thromboembolism or VTE). During the normal clotting process, an enzyme converts prothrombin to thrombin. The mutation in the gene that codes for prothrombin, called PT20210, can cause an increased concentration of prothrombin, abnormal blood clot formation and an increased risk of DVT or VTE.

APOLIPOPROTEINA A-I (APO A-I)

L’Apoliproteina A-I (Apo A-I) è una proteinacaratterizzata da un ruolo specifico nel metabolismo dei lipidi ed è la componente proteica nelle lipoproteine ad alta densità (HDL, il “colesterolo buono”). Questo test misura la concentrazione di Apo A-I nel sangue.I lipidi non possono disciogliersi nel sangue, risulterebbero come le gocce di olio che galleggiano sull’acqua. Le Apolipoproteine sono le proteine che legano i lipidi e, formando le lipoproteine, consentono il loro trasporto nel circolo sanguigno. Le apolipoproteine forniscono un’integrità strutturale alle lipoproteine e proteggono la parte lipidica idrorepellente (idrofobica) al loro interno.La maggior parte delle lipoproteine sono ricche di colesterolo o trigliceridi e trasportano i lipidi attraverso l’organismo, rendendoli disponibili per le cellule. Le HDL sono invece come un taxi senza passeggeri.Esse entrano nei tessuti, catturano il colesterolo in eccesso e lo trasportano nel fegato. Nel fegato il colesterolo viene, o riciclato per un uso successivo, o eliminato con la bile. Il trasporto inverso effettuato dalle HDL è l’unico modo che hanno le cellule per sbarazzarsi dell’eccesso di colesterolo. Il trasporto inverso aiuta a proteggere le arterie e, se le HDL sono presenti in quantità sufficiente, possono far regredire la formazione delle placche lipidiche, i depositi conseguenti alla aterosclerosi, che possono causare malattie cardiovascolari(CVD).L’apolipoproteina A è come il conducente del taxi. Essa attiva gli enzimi che spostano il colesterolo dai tessuti alle HDL, consente alle HDL stesse di essere riconosciute e, alla fine del trasporto, di legarsi ai recettori nel fegato. Esistono due forme di apolipoproteina A, l’Apo A-I e l’Apo A-II (presenti in rapporto di circa 3 : 1). La concentrazione di Apo A-I può essere misurata direttamente e tende ad aumentare e a diminuire insieme alla concentrazione di HDL. Carenze di Apo A-I sembrano correlare bene con un aumentato rischio di sviluppare CVD, in particolare in caso di concentrazioni ridotte di HDL.

Apoliprotein A-I (Apo A-I) is a protein characterized by a specific role in lipid metabolism and is the protein component in high-density lipoprotein (HDL, the “good cholesterol”). This test measures the concentration of Apo A-I in the blood.Lipids cannot dissolve in the blood, they would look like drops of oil floating on water. Apolipoproteins are the proteins that bind lipids and, forming lipoproteins, allow their transport in the bloodstream. Apolipoproteins provide structural integrity to lipoproteins and protect the water-repellent (hydrophobic) lipid moiety within them.Most lipoproteins are rich in cholesterol or triglycerides and carry lipids throughout the body, making them available to cells. HDLs are instead like a taxi without passengers.They enter the tissues, capture excess cholesterol and transport it to the liver. In the liver, cholesterol is either recycled for later use or eliminated with the bile. Reverse transport by HDL is the only way for cells to get rid of excess cholesterol. Reverse transport helps protect arteries and, if HDL is present in sufficient quantities, it can reverse the formation of fatty plaques, the deposits resulting from atherosclerosis, which can cause cardiovascular disease (CVD).Apolipoprotein A is like the cab driver. It activates enzymes that move cholesterol from tissue to HDL, allows HDL to be recognized and, upon transport, to bind to receptors in the liver. There are two forms of apolipoprotein A, Apo A-I and Apo A-II (present in a ratio of approximately 3:1). The Apo AI concentration can be measured directly and tends to increase and decrease with the HDL concentration. Apo A-I deficiencies appear to correlate well with an increased risk of developing CVD, particularly in the case of low HDL concentrations.

APOLIPOPROTEINA B-100 (APO B)

SIGNIFICATO CLINICO

L’Apolipoproteina B-100 (nota anche come Apolipoproteina B o Apo B) è una proteina coinvolta nel metabolismo dei lipidi ed è la principale proteina costituente le lipoproteine come le lipoproteine a bassissima densità (VLDL) e le lipoproteine a bassa densità (LDL, il “colesterolo cattivo”). Questo test misura la concentrazione di Apo B nel sangue.Le apolipoproteine si legano ai lipidi per trasportarli nel circolo sanguigno e conferiscono integrità strutturale alle lipoproteine, schermando la parte lipidica idrorepellente (idrofobica) al loro interno. La maggior parte delle lipoproteine è ricca di colesterolo o di trigliceridi e veicola i lipidi nell’organismo, rendendoli disponibili per le cellule.I chilomicroni sono particelle lipoproteiche che trasportano i lipidi introdotti con la dieta, dal tratto digestivo, attraverso il circolo ematico, ai tessuti, principalmente al fegato. Nel fegato, i lipidi introdotti con la dieta vengono modificati e legati all’Apo B-100 per formare le VLDL ricche in trigliceridi. Si tratta di una sorta di taxi pieno di passeggeri, con Apo B-100 come conducente. Nel circolo ematico, il taxi si muove da un posto all’altro, rilasciando un passeggero per volta.Un enzima chiamato lipasi delle lipoproteine (LPL) rimuove i trigliceridi dalle VLDL per produrre lipoproteine a densità intermedia (IDL) prima e LDL poi. Ogni particella VLDL contiene una molecola di Apo B-100 che è trattenuta mentre le VLDL perdono trigliceridi e si restringono divenendo LDL, più ricche in colesterolo. Apo B-100 è riconosciuta dai recettori presenti sulla superficie di molte cellule dell’organismo e che favoriscono l’ingresso del colesterolo nelle cellule.Il colesterolo trasportato dalle LDL e da Apo B-100, è di vitale importanza per il mantenimento dell’integrità delle membrane cellulari, per la produzione di ormoni sessuali e di steroidi. Tuttavia, se presenti in eccesso, le LDL possono portare alla formazione di depositi grassi (placche) sulla parete delle arterie, causando indurimento e formazione di tessuto cicatriziale nei vasi sanguigni. Questa deposizione di grassi restringe i vasi in un processo chiamato aterosclerosi con conseguente aumento del rischio di attacco cardiaco.La concentrazione di Apo B-100 tende a rispecchiare la concentrazione di LDL-C, esame prescritto routinariamente come parte del profilo lipidico. E’ parere di alcuni esperti che la concentrazione di Apo B possa essere un miglior indicatore di rischio di malattie cardiovascolari (CVD) rispetto al LDL-C, nel caso in cui vi siano più fattori di rischio. Secondo altri invece, Apo B rappresenta solo parzialmente una migliore alternativa e non ne raccomandano l’uso in routine. L’utilità clinica di Apo B e degli altri marcatori emergenti di rischio cardiaco come Apo A-I, Lp(a) e hs-PCR deve ancora essere del tutto chiarita.

Apolipoprotein B-100 (also known as Apolipoprotein B or Apo B) is a protein involved in lipid metabolism and is the major constituent protein of lipoproteins such as very low-density lipoprotein (VLDL) and low-density lipoprotein (LDL, the “bad cholesterol”). This test measures the concentration of Apo B in the blood.Apolipoproteins bind to lipids to transport them in the bloodstream and confer structural integrity to lipoproteins by shielding the water-repellent (hydrophobic) lipid moiety within them. Most lipoproteins are rich in cholesterol or triglycerides and carry lipids throughout the body, making them available to cells.Chylomicrons are lipoprotein particles that transport lipids introduced with the diet, from the digestive tract, through the bloodstream, to the tissues, mainly to the liver. In the liver, dietary lipids are modified and bound to Apo B-100 to form triglyceride-rich VLDL. It is a kind of taxi full of passengers, with Apo B-100 as the driver. In the bloodstream, the taxi moves from place to place, releasing one passenger at a time.An enzyme called lipoprotein lipase (LPL) removes triglycerides from VLDL to produce intermediate density lipoprotein (IDL) first and then LDL. Each VLDL particle contains a molecule of Apo B-100 which is retained as the VLDL loses triglycerides and shrinks to become LDL, which is richer in cholesterol. Apo B-100 is recognized by receptors found on the surface of many cells in the body and which help cholesterol enter the cells.The cholesterol transported by LDL and Apo B-100 is vital for maintaining the integrity of cell membranes, for the production of sex hormones and steroids. However, when present in excess, LDL can lead to the formation of fatty deposits (plaque) on the artery wall, causing hardening and scar tissue to form in the blood vessels. This deposition of fat narrows the vessels in a process called atherosclerosis which increases the risk of heart attack.The Apo B-100 concentration tends to mirror the LDL-C concentration, which is routinely prescribed as part of the lipid profile. It is the opinion of some experts that Apo B concentration may be a better indicator of cardiovascular disease (CVD) risk than LDL-C, if there are multiple risk factors. However, according to others, Apo B is only partially a better alternative and do not recommend its routine use. The clinical utility of Apo B and other emerging cardiac risk markers such as Apo A-I, Lp(a), and hs-CRP has yet to be fully elucidated.

APTOGLOBINA

L’esame misura la quantità di aptoglobina nel sangue. L’aptoglobina è una proteina prodotta dal fegato e deputata alla rimozione dell’emoglobina libera (rilasciata in seguito alla distruzione dei globuli rossi) nel circolo sanguigno.L’emoglobina è una proteina contenente ferro deputata al trasporto dell’ossigeno ai tessuti e agli organi. Solitamente è localizzata all’interno dei globuli rossi (RBC) e soltanto una modesta quantità si trova libera in circolo. L’aptoglobina lega l’emoglobina libera nel sangue, formando un complesso che viene rapidamente rimosso dalla circolazione ed indirizzato al fegato per la distruzione e il riciclaggio del ferro. Inoltre, la formazione del complesso aptoglobina-emoglobina impedisce che l’emoglobina venga filtrata dai reni ed escreta con l’urina, poiché potenzialmente tossica per i reni.Tuttavia, l’aumentato danneggiamento e/o distruzione (emolisi) dei RBC determina il rilascio di emoglobina in circolo, con conseguente aumento della concentrazione di emoglobina libera nel sangue. La distruzione di quantità significative di RBC determina una temporanea diminuzione della concentrazione di aptoglobina nel sangue, poiché il consumo della proteina è superiore al tasso di produzione da parte del fegato. La diminuzione della quantità di aptoglobina può essere indice della presenza di una condizione clinica che causa la rottura dei globuli rossi. Quando la capacità legante dell’aptoglobina viene superata, la concentrazione di emoglobina libera in circolo aumenta, con conseguente danno tissutale e/o disfunzione d’organo a causa dello stress ossidativo indotto dall’emoglobina libera.L’aumentata distruzione dei RBC può essere riconducibile a condizioni ereditarie o acquisite; alcuni esempi includono: reazioni avverse in seguito alla trasfusione di sangue, alcuni farmaci e/o distruzione meccanica, come si può osservare in pazienti con valvole cardiache protesiche. La distruzione può essere lieve o grave, acuta o cronica, e può portare ad anemia emolitica. I pazienti affetti da anemia emolitica possono manifestare sintomi quali affaticamento, debolezza, respiro affannoso, pallore e ittero.La riduzione della concentrazione di aptoglobina può anche essere riconducibile alla presenza di patologie del fegato, poiché il danno epatico può inibire sia la produzione di aptoglobina che la rimozione dei complessi aptoglobina-emoglobina libera.

The test measures the amount of haptoglobin in the blood. Haptoglobin is a protein produced by the liver and responsible for the removal of free hemoglobin (released following the destruction of red blood cells) in the bloodstream.Hemoglobin is an iron-containing protein responsible for transporting oxygen to tissues and organs. It is usually located within the red blood cells (RBC) and only a modest amount is found free in the circulation. Haptoglobin binds free hemoglobin in the blood, forming a complex that is rapidly removed from the circulation and directed to the liver for iron breakdown and recycling. Furthermore, the formation of the haptoglobin-hemoglobin complex prevents hemoglobin from being filtered by the kidneys and excreted in the urine, as it is potentially toxic to the kidneys.However, increased damage and/or destruction (hemolysis) of the RBCs results in the release of hemoglobin into the circulation, resulting in an increase in the concentration of free hemoglobin in the blood. Destruction of significant quantities of RBC results in a temporary decrease in the concentration of haptoglobin in the blood, as consumption of the protein is higher than the rate of production by the liver. The decrease in the amount of haptoglobin may indicate the presence of a medical condition that causes red blood cells to break down. When the binding capacity of haptoglobin is exceeded, the concentration of free hemoglobin in the circulation increases, resulting in tissue damage and/or organ dysfunction due to the oxidative stress induced by free hemoglobin.Increased destruction of RBCs may be due to inherited or acquired conditions; some examples include: adverse reactions following blood transfusion, some drugs, and/or mechanical destruction, as may be seen in patients with prosthetic heart valves. The destruction can be mild or severe, acute or chronic, and can lead to hemolytic anemia. Patients with hemolytic anemia may experience symptoms such as fatigue, weakness, shortness of breath, pale skin and jaundice.Decreased haptoglobin concentrations may also be due to liver disease, as liver damage can inhibit both haptoglobin production and the removal of haptoglobin-free hemoglobin complexes.

ARA – ANTICORPI ANTIGLIADINA

La malattia celiaca (M.C.) è una enteropatia che colpisce soprattutto il tratto prossimale dell’intestino tenue provocando malassorbimento. Essa è causata da un’intolleranza al glutine, contenuta nel frumento ed in altri cereali. Gli anticorpi antigliadina (AGA) sono immunoglobuline di tipo IgA/IgG e si affiancano agli anticorpi antiendomisio (EMA) e antitransglutaminasi (TGA) nella diagnostica sierologica della M.C. Gli AGA sono rivolti contro la gliadina, una frazione solubile del glutine, sono abbastanza sensibili ma hanno minore specificità degli EMA e dei TGA, risultando più utili nel monitoraggio della terapia di eliminazione del glutine.

Celiac disease (C.D.) is an enteropathy that mainly affects the proximal tract of the small intestine causing malabsorption. It is caused by an intolerance to gluten, contained in wheat and other cereals. Anti-gliadin antibodies (AGA) are IgA/IgG-type immunoglobulins and work alongside anti-endomysial antibodies (EMA) and anti-transglutaminase antibodies (TGA) in the serological diagnosis of CD. AGAs are directed against gliadin, a soluble fraction of gluten, are quite sensitive but have less specificity than EMAs and TGAs, making them more useful in monitoring gluten elimination therapy.

ASPARTATO AMINOTRANSFERASI (AST/GOT)

Questo esame misura i livelli di aspartato aminotransferasi (AST) nel sangue. L’AST è un enzima che si trova in molti organi, principalmente nel fegato e nel cuore e, in minor concentrazione, nei reni e nei muscoli. Negli individui sani i livelli di AST sono bassi; al contrario, quando le cellule epatiche o muscolari sono danneggiate a causa di varie patologie, l’AST viene rilasciata nel sangue e i suoi livelli aumentano. Per questa ragione, l’AST viene considerato un esame utile per rilevare e monitorare il danno epatico, le infezioni correlate ed alcuni effetti collaterali associati ai farmaci.Il fegato è un organo situato nel quadrante superiore destro dell’addome. Svolge numerose funzioni dell’organismo: processa i nutrienti derivati dagli alimenti, produce la bile essenziale nella digestione dei lipidi, sintetizza importanti proteine come i fattori della coagulazione del sangue e metabolizza sostanze potenzialmente tossiche in altre considerate “innocue”, che possano essere secrete o utilizzate dall’organismo. Inoltre, contribuisce a metabolizzare alcuni farmaci.Numerose condizioni patologiche possono provocare il danneggiamento delle cellule epatiche (epatociti), con conseguente aumento dell’AST. L’esame viene utilizzato per determinare la presenza di lesioni dovute ad epatiti, all’assunzione di farmaci tossici per il fegato, alla cirrosi o all’alcolismo. Tuttavia, l’AST non è specifica per il fegato e può aumentare anche in patologie che interessano sedi extra-epatiche.Solitamente, l’AST viene eseguita insieme all’alanina aminotransferasi (ALT). Sia l’AST che l’ALT aumentano nelle patologie epatiche. Il rapporto AST/ALT può essere calcolato per distinguere tra le cause alla base del danno epatico e per determinare se l’incremento delle concentrazioni degli enzimi è riconducibile ad un danno cardiaco o muscolare.

This test measures the levels of aspartate aminotransferase (AST) in the blood. AST is an enzyme found in many organs, mainly in the liver and heart and, to a lesser extent, in the kidneys and muscles. In healthy individuals, AST levels are low; Conversely, when liver or muscle cells are damaged due to various diseases, AST is released into the blood and its levels rise. For this reason, AST is considered a useful test for detecting and monitoring liver damage, related infections, and some drug-associated side effects.The liver is an organ located in the right upper quadrant of the abdomen. It performs many functions in the body: processes nutrients derived from food, produces bile essential for the digestion of lipids, synthesizes important proteins such as blood clotting factors and metabolises potentially toxic substances into others considered “harmless”, which can be secreted or used by the body. It also helps metabolize some drugs.Many pathological conditions can cause damage to liver cells (hepatocytes), resulting in an increase in AST. The test is used to determine the presence of lesions due to hepatitis, the intake of drugs that are toxic to the liver, cirrhosis, or alcoholism. However, AST is not specific for the liver and can also increase in diseases involving extra-hepatic sites.Usually, AST is performed together with alanine aminotransferase (ALT). Both AST and ALT increase in liver disease. The AST/ALT ratio can be calculated to distinguish between the underlying causes of liver damage and to determine whether the increased enzyme concentrations are due to heart or muscle damage.

AZOTEMIA (UREA)

Questo esame misura la concentrazione di urea nel sangue (azotemia). L’urea è prodotta nel fegato quando le proteine sono frammentate nelle loro componenti elementari (amminoacidi) e metabolizzate. Questo processo produce ammoniaca, che è convertita in un prodotto di scarto meno tossico, l’urea. Talvolta, il rapporto urea/creatinina può essere calcolato per contribuire a determinare la causa di livelli elevati.L’azoto è un componente sia dell’ammoniaca che dell’urea. “Urea” e “azoto ureico” sono due modalità di esprimere lo stesso concetto: l’urea contiene azoto e rappresenta il mezzo di trasporto usato dall’organismo per rimuoverne l’eccesso, può essere quantificata come tale oppure come “azoto contenuto nell’urea” cioè l’azoto ureico. L’urea è rilasciata dal fegato nel circolo ematico ed è trasportata ai reni, dove viene filtrata dal sangue ed è escreta nell’urina. Questo è un processo sempre attivo, perciò una concentrazione bassa ma stabile di azoto ureico è sempre presente nell’urina. Tuttavia, in presenza di danni o patologie renali, i reni non sono in grado di filtrare correttamente i prodotti di scarto dal sangue, con conseguente aumento della concentrazione di urea.I reni sono una coppia di organi con la caratteristica forma a fagiolo, localizzati nella parte inferiore della gabbia toracica al lato sinistro e destro della schiena. Sono composti da circa un milione di nefroni, le unità funzionali in cui avviene la filtrazione del sangue. In ogni nefrone il sangue viene continuamente filtrato attraverso un gruppo di vasi sanguigni che formano una matassa, chiamata glomerulo. Questa struttura permette il passaggio di acqua e piccole molecole, mentre trattiene le cellule del sangue, le proteine come l’albumina e le molecole più grandi. Ad ogni glomerulo sono attaccati dei tubi (tubuli), che raccolgono i liquidi e le molecole che passano attraverso il glomerulo e riassorbono ciò che può essere riutilizzato dall’organismo. I prodotti di scarto rimanenti sono eliminati sotto forma di urina. La maggior parte delle patologie e condizioni che colpiscono i reni e il fegato possono potenzialmente aumentare l’urea presente nel sangue. Se c’è un’aumentata concentrazione di urea prodotta dal fegato o una diminuita escrezione da parte dei reni, allora la concentrazione nel sangue aumenta. Se un danno al fegato o una patologia inibisce la produzione di urea, l’azotemia può diminuire.

This test measures the concentration of urea in the blood (blood urea nitrogen). Urea is produced in the liver when proteins are broken down into their building blocks (amino acids) and metabolised. This process produces ammonia, which is converted into a less toxic waste product, urea. Sometimes, the urea/creatinine ratio can be calculated to help determine the cause of high levels.Nitrogen is a component of both ammonia and urea. “Urea” and “urea nitrogen” are two ways of expressing the same concept: urea contains nitrogen and represents the means of transport used by the body to remove the excess, it can be quantified as such or as “nitrogen contained in the urea” i.e. urea nitrogen. Urea is released from the liver into the bloodstream and is transported to the kidneys, where it is filtered from the blood and excreted in the urine. This is an always-on process, so a low but stable concentration of urea nitrogen is always present in the urine. However, in the presence of kidney damage or disease, the kidneys are unable to properly filter waste products from the blood, resulting in an increased urea concentration.The kidneys are a pair of bean-shaped organs located in the lower part of the rib cage on the left and right sides of the back. They are made up of about one million nephrons, the functional units in which blood filtration takes place. In each nephron, blood is continuously filtered through a group of blood vessels that form a skein, called a glomerulus. This structure allows the passage of water and small molecules, while retaining blood cells, proteins such as albumin and larger molecules. Attached to each glomerulus are tubes (tubules), which collect the fluids and molecules that pass through the glomerulus and reabsorb what can be reused by the body. The remaining waste products are excreted in the form of urine.Most diseases and conditions affecting the kidneys and liver have the potential to increase blood urea. If there is an increased concentration of urea produced by the liver or decreased excretion by the kidneys, then the blood concentration increases. If liver damage or disease inhibits urea production, blood urea nitrogen may decrease.

B

BARBITURICI

Nella pratica clinica i barbiturici risultano avere una pericolosità superiore alle benzodiazepine, e ciò è riconducibile ai rispettivi meccanismi d’azione. Le benzodiazepine aumentano la frequenza di apertura dei recettori canali GABAA in modo GABA dipendente, i barbiturici invece aumentano la permeabilità agli ioni Cl- interagendo direttamente sul canale anche in assenza di GABA. Per questa classe di farmaci quindi l’effetto controllo operato dalla naturale attività neuronale viene meno, ed è per questo che i barbiturici possono indurre effetti gravi come il coma a dosi relativamente vicine a quelle terapeutiche, mentre le dosi di benzodiazepine necessarie per avere effetti neurodepressivi seri sono molto lontani dalle dosi terapeutiche.I barbiturici sono GABA-agonisti e interagiscono specificatamente con la sottoclasse recettoriale GABA-A, aumentano la conduttanza agli ioni cloruro, l’aumento del passaggio di questi anioni provoca depressione dell’attività neuronale e tra le altre cose provoca anche sonnolenza.

In clinical practice, barbiturates appear to be more dangerous than benzodiazepines, and this is attributable to their respective mechanisms of action. Benzodiazepines increase the opening frequency of the GABAA channel receptors in a GABA-dependent manner, while barbiturates increase the permeability to Cl- ions by directly interacting on the channel even in the absence of GABA. Therefore, for this class of drugs the control effect operated by the natural neuronal activity is less, and it is for this reason that barbiturates can induce serious effects such as coma at doses relatively close to the therapeutic ones, while the doses of benzodiazepines necessary to have neurodepressant effects serious are very far from therapeutic doses.Barbiturates are GABA-agonists and interact specifically with the GABA-A receptor subclass, increase the conductance to chloride ions, the increase in the passage of these anions causes depression of neuronal activity and, among other things, also causes drowsiness.

BENZODIAZEPINE

La struttura delle benzodiazepine è costituita da un anello aromatico (benzenico) e da un anello diazepinico costituito da sette atomi: cinque di carbonio e due di azoto con un radicale fenilico in posizione 5 (anche se secondo la numerazione IUPAC attualmente usata e ritrovabile nelle voci relative ai singoli composti in en.wikipedia tutto viene spostato di una posizione, come da schema nella figura a lato e come evidenziato nella nomenclatura dei singoli farmaci). In ogni caso è necessario controllare la nomenclatura, anche se spesso è ritrovabile la seconda.Sebbene possano sembrare una classe unica di farmaci esistono molte differenze strutturali tra una molecola e l’altra, come è possibile osservare nelle strutture delle diverse Benzodiazepine. Queste differenze si riflettono poi nelle caratteristiche farmacocinetiche e nell’affinità di questi farmaci con il recettore GABA.Le benzodiazepine hanno in comune diversi effetti terapeutici:Ansiolitico (riducono l’ansia);Ipnoinducente o sedativo (inducono il sonno);Miorilassante (rilassano la muscolatura scheletrica);Anticonvulsionante (utilizzato nell’epilessia);Anestetico generale (se utilizzate per via endovenosa).Epilessia.

The structure of benzodiazepines is made up of an aromatic ring (benzene) and a diazepine ring made up of seven atoms: five of carbon and two of nitrogen with a phenyl radical in position 5 (although according to the IUPAC numbering currently used and found in the entries relating to the individual compounds in en.wikipedia everything is moved by one position, as per the diagram in the figure to the side and as highlighted in the nomenclature of the individual drugs). In any case it is necessary to check the nomenclature, even if the second one can often be found.While they may appear to be a unique class of drugs, there are many structural differences between one molecule and another, as can be seen in the structures of the different benzodiazepines. These differences are then reflected in the pharmacokinetic characteristics and affinity of these drugs with the GABA receptor.Benzodiazepines have several therapeutic effects in common: Anxiolytic (reduce anxiety); Hypnotic or sedative (induce sleep); Muscle relaxant (relax skeletal muscles); Anticonvulsant (used in epilepsy); General anesthetic (when used intravenously ).Epilepsy.

BETA GLUCURONIDASI

Enzima che catalizza il distacco di unità di acido glucuronico dalle molecole dei glicosaminoglicani. Il suo deficit è responsabile di una mucopolisaccaridosi, la mucolipidosi VIII, in cui si accumula eparansolfato.Le Mucopolisaccaridosi rappresentano un gruppo di patologie da accumulo lisosomiale causate dal deficit degli enzimi che catalizzano la degradazione dei glicosaminoglicani (mucopolisaccaridi). A seconda del tipo di deficit enzimatico puo essere ostacolata la degradazione del dermatansolfato, dell’eparansolfato, del cheratansolfato, del condroitinsolfato e dell’acido ialuronico, singolarmente o in combinazione. L’accumulo lisosomiale dei glicosaminoglicani porta alla disfunzione delle cellule, dei tessuti e degli organi. Sono noti 11 enzimi carenti che danno origine a sette forme distinte di Mucopolisaccaridosi.Le Mucopolisaccaridosi condividono molti sintomi clinici, sebbene con diversi gradi. I sintomi comprendono un decorso cronico e progressivo, un interessamento multisistemico, organomegalia, disostosi multipla, e anomalie facciali. Possono essere colpiti l’udito, la vista, la respirazione, la funzione cardiovascolare, la motilita articolare. Un grave ritardo mentale e presente nella Mucopolisaccaridosi IH (Sindrome di Hurler ), nella forma grave di Mucopolisaccaridosi II ( Sindrome di Hunter), e in tutti i sottotipi di Mucopolisaccaridosi III (Sindrome di Sanfilippo), mentre negli altri tipi l’intelligenza puo rimanere normale. Le lesioni ossee della Mucopolisaccaridosi IV (Sindrome di Morquio) sono specifiche di questo disordine. Vi e una similitudine clinica tra i vari tipi di deficit enzimatici, e al contrario, un vasto spettro di gravita clinica in ogni carenza enzimatica. (C. Scriver et al., The Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease, Eighth Edition).La ricerca dei glicosaminoglicani urinari e stato il primo metodo disponibile per la diagnosi di Mucopolisaccaridosi e rimane utile come test iniziale. L’identificazione dei glicosaminoglicani urinari puo aiutare a discriminare tra le grandi classi di Mucopolisaccaridosi, ma non permette di distinguere i sottogruppi. (C. Scriver et al., The Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease, Eighth Edition).

Enzyme that catalyzes the detachment of glucuronic acid units from glycosaminoglycan molecules. Its deficiency is responsible for a mucopolysaccharidosis, mucolipidosis VIII, in which heparan sulfate accumulates. Mucopolysaccharidoses represent a group of lysosomal storage diseases caused by the deficiency of enzymes that catalyze the degradation of glycosaminoglycans (mucopolysaccharides). Depending on the type of enzyme deficiency, the degradation of dermatan sulphate, heparan sulphate, keratan sulphate, chondroitin sulphate and hyaluronic acid can be hindered, individually or in combination. Lysosomal accumulation of glycosaminoglycans leads to dysfunction of cells, tissues and organs. There are 11 known deficient enzymes that give rise to seven distinct forms of mucopolysaccharidosis.Mucopolysaccharidoses share many clinical symptoms, albeit to varying degrees. Symptoms include a chronic and progressive course, multisystem involvement, organomegaly, dysostosis multiplex, and facial abnormalities. Hearing, vision, respiration, cardiovascular function, joint motility may be affected. Severe mental retardation is present in Mucopolysaccharidosis IH (Hurler syndrome), in the severe form of Mucopolysaccharidosis II (Hunter syndrome), and in all subtypes of Mucopolysaccharidosis III (Sanfilippo syndrome), while in the other types, intelligence may remain normal. The bone lesions of Mucopolysaccharidosis IV (Morquio syndrome) are specific to this disorder. There is a clinical similarity between the various types of enzyme deficiencies, and conversely, a broad spectrum of clinical severity in any enzyme deficiency. (C. Scriver et al., The Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease, Eighth Edition).Urinary glycosaminoglycan testing was the first available method for the diagnosis of mucopolysaccharidosis and remains useful as an initial test. Identification of urinary glycosaminoglycans can help discriminate between broad classes of mucopolysaccharidoses, but does not distinguish subgroups. (C. Scriver et al., The Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease, Eighth Edition).

BETA-2-GLICOPROTEINA ANTICORPI ANTI (B2GP1)

Questo esame rileva e misura gli anticorpi anti-beta 2 glicoproteina 1 nel sangue. Gli anticorpi anti-beta 2 glicoproteina 1 (B2GP1) sono autoanticorpi associati all’eccessiva tendenza alla coagulazione.Gli anticorpi B2GP1 sono considerati i maggiori esponenti della classe di autoanticorpi definita anticorpi anti-fosfolipidi, i quali riconoscono come estranee ed attaccano alcune lipoproteine (fosfolipidi) presenti sulla membrana cellulare di cellule e piastrine. Questo test è spesso richiesto insieme agli anticorpi anti-cardiolipina e al lupus anticoagulante (LA).Gli anticorpi anti-fosfolipidi interferiscono con il processo coagulativo con meccanismi non ancora del tutto noti. La loro presenza è associata all’aumentato rischio di sviluppare disordini da iper-coagulazione, con conseguente formazione di trombi sia venosi che arteriosi.Gli anticorpi anti-fosfolipidi sono spesso presenti nelle persone affette da una patologia autoimmune nota come Sindrome da anti-fosfolipidi (APS), la quale è associata a frequenti episodi trombotici, trombocitopenia (ridotto numero di piastrine) o complicanze legate alla gravidanza come aborti spontanei ricorrenti e pre-eclampsia, in particolare nel corso del secondo e terzo trimestre.Inoltre, alcuni soggetti affetti da altre patologie autoimmuni, come il lupus (lupus eritematoso sistemico, LES), possono produrre più tipi di autoanticorpi. Questi soggetti risultano esposti ad un rischio maggiore di ipercoagulazione.

This test detects and measures antibodies to beta 2 glycoprotein 1 in the blood. Anti-beta 2 glycoprotein 1 (B2GP1) antibodies are autoantibodies associated with excessive clotting tendency.B2GP1 antibodies are considered the major exponents of the class of autoantibodies defined as antiphospholipid antibodies, which recognize as foreign and attack certain lipoproteins (phospholipids) present on the cell membrane of cells and platelets. This test is often ordered in conjunction with cardiolipin antibodies and lupus anticoagulant (LA).Anti-phospholipid antibodies interfere with the coagulation process with mechanisms that are not yet fully understood. Their presence is associated with an increased risk of developing hypercoagulation disorders, with consequent formation of both venous and arterial thrombi.Antiphospholipid antibodies are often present in people with an autoimmune disorder known as Antiphospholipid Syndrome (APS), which is associated with frequent thrombotic episodes, thrombocytopenia (low platelet count), or pregnancy-related complications such as miscarriages recurrent and pre-eclampsia, particularly during the second and third trimesters.Also, some people with other autoimmune disorders, such as lupus (systemic lupus erythematosus, SLE), may produce multiple types of autoantibodies. These subjects are exposed to a greater risk of hypercoagulation.

BETA-HCG – Gonadotropina corionica umana

La gonadotropina corionica umana (hCG) è un ormone prodotto dalla placenta nelle donne in gravidanza. I livelli di hCG aumentano precocemente in gravidanza ed essa viene eliminata con l’urina. Il test di gravidanza rileva l’hCG nel sangue o nell’urina per la conferma o l’esclusione di una gravidanza.Durante le prime settimane di gravidanza, l’hCG svolge un importante ruolo nel mantenimento delle funzionalità del corpo luteo. La produzione di hCG aumenta costantemente durante il primo trimestre di gravidanza (8-10 settimane), raggiungendo un picco intorno alla 10° settimana dopo l’ultimo ciclo mestruale. I livelli di hCG quindi diminuiscono progressivamente per il resto della gravidanza. Entro poche settimane dal parto, l’hCG nell’urina non è più rilevabile.Nel caso in cui sia presente una gravidanza ectopica (fuori dall’utero), i livelli di hCG nel sangue aumentano a velocità ridotta. Per questo motivo, nel caso in cui si sospetti tale condizione, è necessario monitorare i livelli ematici della gonadotropina corionica umana, effettuando più prelievi e misurando i livelli di hCG (test quantitativo).I livelli di hCG possono essere alterati anche nel caso in cui il feto risulti portatore di difetti cromosomici come quelli responsabili della sindrome di Down. Il test hCG fa parte, insieme ad altri test, di un protocollo di screening per la rilevazione delle anomalie cromosomiche fetali (per maggiori informazioni a riguardo, consultare gli articoli “Screening del primo trimestre di gravidanza” e “Screening del secondo trimestre di gravidanza”).
La gonadotropina corionica umana (hCG) è un ormone, costituito da una subunità alfa e una beta, normalmente prodotto dalla placenta e pertanto misurabile solamente nelle donne in gravidanza. Alcuni tessuti tumorali possono tuttavia produrre hCG, rendendolo così unutile marcatore tumorale. Questo test misura pertanto la quantità di hCG, e talvolta della sua subunità beta, nel sangue.I livelli di hCG risultano aumentati in presenza di malattia trofoblastica gestazionale e in alcuni tumori a cellule germinali (siano essi benigni che cancerosi). Pertanto, la misura dell’hCG viene considerata un utile strumento nella diagnosi e nel monitoraggio di questi tumori.

Malattia trofoblastica gestazionale o tumori trofoblastici gestazionali (GTT)

Si tratta di un gruppo di tumori che possono svilupparsi nell’utero di una donna a partire dallo strato di cellule che circondano l’embrione (trofoblasto) e che sono deputate alla generazione della placenta durante una gravidanza normale; pertanto, sono in grado di produrre hCG. La GTT può svilupparsi all’inizio di una normale gravidanza nella quale questo strato di cellule, piuttosto che produrre la placenta, forma una massa tissutale anomala. Nella maggior parte dei casi questo tipo di tumore è benigno, anche se in una piccola percentuale può essere canceroso. Secondo l’American Cancer Society la GTT viene riscontrata in una gravidanza ogni 1000. Talvolta può essere anche conseguenza di un aborto spontaneo. Secondo l’OMS la GTT si può classificare in:

  • Mola vescicolare (o idatiforme) – nota anche con il termine “gravidanza molare”, può essere completa (costituita solo da tessuto tumorale) o parziale (costituita da tessuto tumorale misto a tessuto fetale, che comunque non arriverà mai a termine); in genere è un tumore di tipo benigno ma deve essere rimosso chirurgicamente.
  • Mola invasiva – simile alla mola vescicolare ma si sviluppa all’interno della parete dell’utero; deve essere rimossa chirurgicamente ma l’eventuale tessuto residuo può determinare una persistenza della GTT.
  • Coriocarcinoma – una rara forma di cancro che può svilupparsi a partire da GTT ogni 2-7 gravidanze su 100.000; questo tipo di cancro è in grado di svilupparsi velocemente e metastatizzare (diffondersi ad altre sedi dell’organismo).
  • Sito del tumore placentare trofoblastico – questo raro tumore deriva dalle cellule trofoblastiche intermedie che persistono dopo una gravidanza o un aborto, ma non è in grado di metastatizzare.
  • Tumore trofoblastico epitelioide – tumore estremamente raro simile al coriocarcinoma ma attualmente considerato separato da esso. Per essere rilevato possono trascorrere anche molti anni ed è in grado di diffondersi in altre aree dell’organismo.

Nota: se trattata in maniera adeguata, la GTT ha un tasso di guarigione molto alto.

Tumori a cellule germinali

Si tratta di un gruppo di tumori che possono svilupparsi principalmente in sede gonadica (testicoli e ovaie) o extragonadica (tipicamente nel torace). I tumori a cellule germinali gonadici possono svilupparsi nelle ovaie delle giovani donne (vedi la pagina “Tumori dell’utero”) o nei testicoli degli uomini, per i quali rappresentano più del 90% dei tumori testicolari (vedi la pagina “Tumori del testicolo”).I livelli di hCG possono essere elevati anche in presenza di altre patologie, come in presenza di tumori dello stomaco, del fegato, del polmone, della mammella e della pelle, oltre che in condizioni benigne come la cirrosi, l’ulcera duodenale, la malattia infiammatoria intestinale.

Human chorionic gonadotropin (hCG) is a hormone produced by the placenta in pregnant women. Levels of hCG rise early in pregnancy and it is excreted in the urine. The pregnancy test detects hCG in blood or urine to confirm or rule out pregnancy.During the first weeks of pregnancy, hCG plays an important role in maintaining the function of the corpus luteum. The production of hCG increases steadily during the first trimester of pregnancy (8-10 weeks), reaching a peak around the 10th week after the last menstrual cycle. The hCG levels then progressively decrease for the remainder of the pregnancy. Within a few weeks of giving birth, hCG in urine is no longer detectable.If an ectopic (outside the womb) pregnancy is present, the hCG levels in the blood rise at a slow rate. For this reason, if this condition is suspected, blood levels of human chorionic gonadotropin should be monitored by taking multiple blood samples and measuring hCG levels (quantitative testing).The levels of hCG can also be altered if the fetus carries chromosomal defects such as those responsible for Down’s syndrome. The hCG test is part, together with other tests, of a screening protocol for the detection of fetal chromosomal abnormalities (for more information on this, consult the articles “Screening of the first trimester of pregnancy” and “Screening of the second trimester of pregnancy” ).Human chorionic gonadotropin (hCG) is a hormone, consisting of an alpha and a beta subunit, normally produced by the placenta and therefore measurable only in pregnant women. However, some tumor tissue can produce hCG, thus making it auseful tumor marker. This test therefore measures the amount of hCG, and sometimes its beta subunit, in the blood.hCG levels are increased in gestational trophoblastic disease and in some germ cell tumors (both benign and cancerous). Therefore, hCG measurement is considered a useful tool in the diagnosis and monitoring of these tumors.Gestational trophoblastic disease or gestational trophoblastic tumors (GTT)It is a group of tumors that can develop in a woman’s uterus starting from the layer of cells surrounding the embryo (trophoblast) and which are responsible for generating the placenta during a normal pregnancy; therefore, they are able to produce hCG. GTT can develop early in a normal pregnancy in which this layer of cells, rather than producing the placenta, forms an abnormal mass of tissue. In most cases this type of tumor is benign, although a small percentage can be cancerous. According to the American Cancer Society, GTT is found in one in every 1,000 pregnancies. Sometimes it can also be the result of a miscarriage. According to the WHO, the GTT can be classified into:Vesicular (or hydatidiform) mole – also known by the term “molar pregnancy”, can be complete (consisting only of tumor tissue) or partial (consisting of tumor tissue mixed with fetal tissue, which in any case will never reach term); it is usually a benign tumor but must be surgically removed.Invasive mole – similar to vesicular mole but develops within the wall of the uterus it must be surgically removed, but any remaining tissue may cause the GTT to persist.Choriocarcinoma – a rare form of cancer that can develop from GTT in every 2-7 pregnancies out of 100,000; this type of cancer can grow quickly and metastasize (spread to other parts of the body).Placental trophoblastic tumor site – this rare tumor arises from intermediate trophoblastic cells that persist after pregnancy or abortion, but are unable to metastasize.Epithelioid trophoblastic tumor – extremely rare tumor similar to choriocarcinoma but currently considered separate from it. It can take many years to be detected and it is able to spread to other areas of the body.Note: GTT has a very high cure rate when treated properly.Germ cell tumorsIt is a group of tumors that can develop mainly in the gonadal (testes and ovaries) or extragonadal (typically in the chest) site. Gonadal germ cell tumors can develop in the ovaries of young women (see the page “Tumors of the uterus”) or in the testicles of men, for which they account for more than 90% of testicular tumors (see the page “Tumors of the testicle” ).hCG levels can also be elevated if you have other medical conditions, such as stomach, liver, lung, breast, and skin cancers, as well as

BETA2 MICROGLOBULINA

La beta-2 microglobulina (B2M) è una proteina presente sulla superficie delle cellule nucleate (che contengono il nucleo) ed è coinvolta nel funzionamento del sistema immunitario. Questa proteina è solitamente rilasciata dalle cellule nel circolo ematico e si trova in molti fluidi corporei, molto concentrata nel sangue, scarsamente presente nel liquido cefalorachidiano e in tracce nelle urine.Nei reni, la B2M passa attraverso le unità filtranti il sangue chiamate glomeruli ed è poi riassorbita dai tubuli renali prossimali, strutture che richiamano acqua, proteine, vitamine, minerali e altre sostanze vitali. Normalmente solo una piccola parte di B2M è presente nelle urine, ma quando i tubuli renali sono danneggiati o affetti da patologie, le concentrazioni di B2M aumentano a causa della diminuita capacità di riassorbire le proteine. La presenza di un danno glomerulare determina la loro incapacità di filtrare la B2M ed il conseguente aumento della sua concentrazione nel sangue.

Beta-2 microglobulin (B2M) is a protein found on the surface of nucleated cells (which contain the nucleus) and is involved in the functioning of the immune system. This protein is usually released from cells into the bloodstream and is found in many body fluids, highly concentrated in blood, low in cerebrospinal fluid and trace amounts in urine.In the kidneys, B2M passes through blood-filtering units called glomeruli and is then reabsorbed by the proximal renal tubules, structures that draw in water, proteins, vitamins, minerals and other vital substances. Normally only a small amount of B2M is present in the urine, but when the renal tubules are damaged or diseased, B2M concentrations increase due to a decreased ability to reabsorb protein. The presence of glomerular damage determines their inability to filter B2M and the consequent increase in its concentration in the blood.

BILIRUBINA, INDIRETTA, DIRETTA E TOTALE

La bilirubina è un pigmento giallo- arancio che deriva dalla degradazione del gruppo eme. Il gruppo eme è un componente dell’emoglobina, contenuta all’interno dei globuli rossi (RBC). La bilirubina viene processata nello stadio finale dal fegato, per poi essere eliminata dall’organismo. Questo esame misura la concentrazione di bilirubina nel sangue per valutare la funzionalità epatica (se il fegato non funziona adeguatamente la bilirubina ematica aumenta) o come supporto nel diagnosticare l’anemia causata dalla distruzione dei globuli rossi (anemia emolitica) (eccessiva produzione della bilirubina).Solitamente la vita media dei globuli rossi in circolo è di circa 120 giorni. La bilirubina viene prodotta in seguito alla distruzione dei RBC. Due forme di bilirubina possono essere misurate o quantificate tramite esami di laboratorio:

  • La bilirubina non coniugata deriva dalla conversione del gruppo eme, il quale viene rilasciato dall’emoglobina liberata durante la distruzione dei RBC. La bilirubina non coniugata, tramite il legame con alcune proteine (in particolare l’albumina), viene veicolata al fegato, dove subisce l’attacco (coniugazione) di due molecole di acido glucuronico per formare la bilirubina coniugata
  • La bilirubina coniugata viene trasferita fuori dal fegato, entra nelle bile e viene riversata nell’intestino tenue, dove viene degradata dai batteri ed eliminata con le feci. I prodotti di degradazione della bilirubina conferiscono alle feci il caratteristico colore marrone. Normalmente sono presenti piccole quantità di bilirubina coniugata nel sangue.

L’esame della bilirubina è incluso nel pannello metabolico e nel pannello epatico, che sono spesso utilizzati per valutare lo stato di salute generale del paziente.

  • Solitamente, prima viene misurata la bilirubina totale (che comprende entrambe le forme di bilirubina, coniugata e non coniugata)
  • Se il livello totale di bilirubina risulta aumentato, si può procedere eseguendo un secondo test, il quale rileva la forma idrosolubile della bilirubina, definita “diretta”. Il test della bilirubina diretta fornisce una stima della concentrazione di bilirubina coniugata presente.
  • Sottraendo la concentrazione della bilirubina diretta da quella della bilirubina totale, si ha una stima della concentrazione della bilirubina “indiretta”, o non coniugata
  • Meno comunemente può essere misurata la delta-bilirubina, un tipo di bilirubina coniugata legata covalentemente all’albumina e in grado di permanere nel sangue per un periodo di tempo prolungato. La delta-bilirubina si forma quando l’escrezione della bilirubina coniugata dal fegato risulta compromessa, ad esempio in seguito ad ostruzione dei dotti biliari.

Una piccola quantità (circa 250-350 mg, o circa 4 mg per kg di peso corporeo) di bilirubina viene prodotta quotidianamente nell’adulto sano. La maggior parte (70%-90%) deriva dal danno o della degradazione dei RBC, mentre la quantità rimanente proviene dal midollo osseo o dal fegato. Normalmente, piccole quantità di bilirubina non coniugata vengono rilasciate nel sangue, mentre la bilirubina coniugata è assente.Se la bilirubina aumenta nel sangue la persona può apparire itterica, con colorito giallastro della pelle e/o degli occhi. L’insieme dei risultati dei test della bilirubina può fornire al clinico informazioni riguardanti la patologia presente (per maggiori informazioni a riguardo, consultare “Cosa significa il risultato del test?” nella sezione “Domande Frequenti”).

Bilirubin is a yellow-orange pigment that results from the degradation of the heme group. The heme group is a component of hemoglobin, contained within red blood cells (RBC). Bilirubin is processed in the final stage by the liver and then eliminated from the body. This test measures the concentration of bilirubin in the blood to evaluate liver function (blood bilirubin rises if the liver is not working properly) or to help diagnose anemia caused by destruction of red blood cells (hemolytic anemia) (overproduction of bilirubin). .The average life span of circulating red blood cells is usually about 120 days. Bilirubin is produced following the destruction of RBCs.Two forms of bilirubin can be measured or quantified by laboratory tests:Unconjugated bilirubin results from the conversion of the heme group, which is released from the hemoglobin released during RBC destruction. The unconjugated bilirubin, through the binding with some proteins (in particular albumin), is conveyed to the liver, where it undergoes the attack (conjugation) of two molecules of glucuronic acid to form the conjugated bilirubinThe conjugated bilirubin is transferred out of the liver, enters the bile, and is passed into the small intestine, where it is degraded by bacteria and eliminated in the stool. The breakdown products of bilirubin give stool its characteristic brown color. There are normally small amounts of conjugated bilirubin in the blood.The bilirubin test is included in the metabolic panel and liver panel, which are often used to evaluate the patient’s overall health.Usually, total bilirubin (which includes both conjugated and unconjugated forms of bilirubin) is measured first.If the total level of bilirubin is increased, a second test can be performed, which detects the water-soluble form of bilirubin, called “direct”. The direct bilirubin test provides an estimate of the concentration of conjugated bilirubin present.Subtracting the concentration of direct bilirubin from that of total bilirubin gives an estimate of the concentration of “indirect” or unconjugated bilirubin.Less commonly, delta-bilirubin, a type of conjugated bilirubin covalently linked to albumin and capable of remaining in the blood for an extended period of time, can be measured. Delta-bilirubin is formed when the excretion of conjugated bilirubin from the liver is impaired, for example by blockage of the bile ducts.A small amount (about 250-350 mg, or about 4 mg per kg of body weight) of bilirubin is produced daily in healthy adults. The majority (70%-90%) comes from RBC damage or degradation, with the remainder coming from the bone marrow or liver. Normally, small amounts of unconjugated bilirubin are released into the blood, while conjugated bilirubin is absent.If bilirubin increases in the blood, the person may appear jaundiced, with yellowish discoloration of the skin and/or eyes. The pool of bilirubin test results can provide the clinician with information regarding the underlying disease (for more information on this, see “What does the test result mean?” in the “FAQ” section).

BNP / NT-proBNP

Il peptide natriuretico di tipo B (BNP) e il frammento ammino-terminale del pro peptide natriuretico di tipo B (NT-proBNP) sono piccole proteine o parti di esse, normalmente prodotte nel cuore e rilasciate in caso di sollecitazioni cardiache. Il rilascio di queste proteine è conseguente alla ritenzione di liquidi, l’aumento del volume nelle arterie e nelle vene e la sollecitazione e stiramento delle cellule muscolari cardiache. Il test misura la concentrazione di BNP e/o NT-proBNP nel sangue, per rilevare a valutare la presenza di insufficienza cardiaca (scompenso cardiaco), definita come l’incapacità del cuore di fornire quantità adeguate di sangue rispetto alla richiesta dell’organismo. La misura di BNP e di NT-proBNP fornisce valori differenti, ma l’interpretazione clinica risulta intercambiabile; quindi i due test non dovrebbero essere utilizzati insieme.Il nome BNP, peptide natriuretico cerebrale (Brain Natriuretic Peptide), deriva dalla prima sede nella quale questo ormone è stato rilevato. Il BNP viene chiamato così anche per distinguerlo da un altro ormone peptidico simile (chiamato ANP) prodotto principalmente negli atri cardiaci. In realtà il BNP è prodotto principalmente dal ventricolo cardiaco, che pompa il sangue in tutto l’organismo, soprattutto quando è presente una malattia cardiaca. Nel cuore sono prodotte continuamente piccole quantità di pro-BNP che è il peptide precursore sia del BNP che del NT-proBNP. Infatti, il pro-BNP viene scisso in due parti da un enzima chiamato corina, dai miocardiociti, che rilasciano così nel sangue l’ormone attivo BNP e un frammento inattivo, l’NT-proBNP. Tuttavia, una certa quantità di pro-BNP viene rilasciata intatta dai miocadiociti, soprattutto quando la produzione del peptide è molto aumentata (come nel caso dello scompenso cardiaco severo) e quindi i peptidi BNP e NT-proBNP possono essere prodotti in circolo dall’azione di alcune proteasi plasmatiche.Quando il ventricolo sinistro è dilatato, per l’eccessivo carico di lavoro, la concentrazione ematica di BNP e/o di NT-proBNP, può aumentare notevolmente. Questi peptidi sono quindi indicatori di un aumentato carico di lavoro cardiaco e di problemi nel soddisfare le richieste di sangue da parte dell’organismo. L’aumento di BNP e NT-proBNP nel sangue riflette quindi la diminuita capacità del cuore di far fronte a queste richieste. Da un punto di vista clinico, le informazioni fornite da BNP e dal peptide correlato NT-proBNP non sono sostanzialmente diverse (esistono invece delle differenze di tipo analitico).

B-type natriuretic peptide (BNP) and the amino-terminal fragment of pro-B-type natriuretic peptide (NT-proBNP) are small proteins or parts thereof, normally produced in the heart and released under cardiac stress. The release of these proteins is consequent to the retention of liquids, the increase of the volume in the arteries and veins and the solicitation and stretching of the cardiac muscle cells. The test measures the concentration of BNP and/or NT-proBNP in the blood to detect and evaluate the presence of heart failure (heart failure), defined as the inability of the heart to supply adequate amounts of blood compared to the body’s demand. The measurement of BNP and NT-proBNP provides different values, but the clinical interpretation is interchangeable; thus the two tests should not be used together.The name BNP, Brain Natriuretic Peptide (Brain Natriuretic Peptide), derives from the first site where this hormone was detected. BNP is also called this to distinguish it from another similar peptide hormone (called ANP) produced mainly in the heart atria. In reality, BNP is mainly produced by the heart ventricle, which pumps blood throughout the body, especially when heart disease is present. Small amounts of pro-BNP, which is the precursor peptide of both BNP and NT-proBNP, are continuously produced in the heart. In fact, pro-BNP is split into two parts by an enzyme called corin, by myocardiocytes, which thus release the active hormone BNP and an inactive fragment, NT-proBNP, into the blood. However, some pro-BNP is released intact from the myocadiocyte, especially when the production of the peptide is greatly increased (as in the case of severe heart failure) and therefore the peptides BNP and NT-proBNP can be produced in the circulation by the action of some plasma proteases.When the left ventricle is dilated, due to excessive workload, the blood concentration of BNP and/or NT-proBNP can increase significantly. These peptides are therefore indicators of an increased cardiac workload and problems meeting the body’s demands for blood. The increase in BNP and NT-proBNP in the blood therefore reflects the decreased ability of the heart to cope with these demands. From a clinical point of view, the information provided by BNP and the related peptide NT-proBNP are not substantially different (however, there are analytical differences).

BORDETELLA PERTUSSIS, ANTI Abs

La pertosse è un’infezione delle vie respiratorie causata dal batterio Bordetella pertussis, la cui patogenicità è mediata soprattutto da tossine. Questo batterio è altamente contagioso e può essere trasmesso da una persona all’altra tramite goccioline rilasciate con tosse e starnuti. Il test della pertosse viene effettuato per diagnosticare un’infezione causata da B. pertussis. Raramente B. parapertussis, B. holmesii e B. bronchiseptica possono causare forme simili alla pertosse, ma più lievi.Il tempo che intercorre fra l’esposizione al batterio e la manifestazione dei segni e sintomi (periodo di incubazione) è di circa 8-10 giorni (massimo 21 giorni). In genere B. pertussis causa un’infezione prolungata, suddivisibile in tre fasi:

  • La prima fase della malattia, chiamata fase catarrale, dura in genere due settimane ed è caratterizzata da sintomi simili ad un comune raffreddore, quali lacrimazione, febbricola e tosse prevalentemente notturna. I neonati possono sviluppare apnea (assenza temporanea di respirazione) insieme a cianosi (colorazione bluastra della pelle e delle mucose) ed essere più inclini al soffocamento. In questa fase i soggetti risultano estremamente infettanti e l’inizio della terapia è efficace nel ridurre la contagiosità
  • La seconda fase viene chiamata fase parossistica e può durare da 1-2 settimane fino a un paio di mesi, con tosse ad accessi, intensa e incontrollabile, con sensazione di soffocamento. La tosse è spesso seguita dal ‘grido’ inspiratorio e vomito subito dopo l’accesso. Il vomito è molto frequente nei bambini al di sotto di 1 anno di età, in cui la malattia non si presenta generalmente con attacchi di tosse ma con crisi di apnea, in cui il bambino smette di respirare ed è necessario il ricovero in ospedale
  • Infine, nella fase di convalescenza, la frequenza dei colpi di tosse comincia a diminuire nel giro di alcune settimane e le condizioni generali migliorano

Il CDC ha reso operativa dal 1/1/2020 la seguente definizione di caso di pertosse, secondo quanto stabilito dal Council of State and Territorial Epidemiologists (CSTE). Tale definizione corrisponde a quella europea dell’ECDC:In assenza di una diagnosi più probabile, viene posta diagnosi di pertosse quando è presente una tosse che dura da più di due settimane, associata ad uno o più dei seguenti sintomi:

  • Accessi di tosse
  • “Grido” inspiratorio
  • Vomito post-pertussico
  • Apnea (con o senza cianosi)

La pertosse può talvolta sfociare in complicanze, più frequenti in soggetti asmatici o affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), che richiedono un ricovero, soprattutto per i bambini; queste includono insufficienza respiratoria, apnea, polmonite, meno frequentemente convulsioni, malattie o danni cerebrali.La prognosi è particolarmente severa al di sotto del 1° anno di vita (in particolare al di sotto dei 6 mesi), con un tasso di mortalità dello 0,2% nei Paesi sviluppati e fino al 4% nei Paesi in via di sviluppo.L’adozione della vaccinazione e della terapia antibiotica hanno modificato l’epidemiologia della malattia e la letalità. Nel mondo, dati OMS del 2008 indicano che ogni anno l’infezione da Bordetella pertussis è responsabile di circa 16 milioni di casi di malattia e di 195.000 casi di morte infantile, con il 95% dei casi rilevato nei paesi in via di sviluppo. La pertosse è anche motivo di preoccupazione nei paesi sviluppati (USA, Australia, Europa), dove la malattia, nonostante un’alta copertura vaccinale, è in aumento negli ultimi anni.Nel 2017 sono stati riportati dall’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) 42.242 casi di pertosse in Europa. I bambini di età inferiore ad 1 anno erano il gruppo di età più rappresentato. L’ECDC segnala che la presentazione clinica della pertosse negli adolescenti e negli adulti può essere atipica o lieve, pertanto potrebbe non essere riconosciuta e rappresentare un rischio per i bambini più piccoli, che non hanno completato il ciclo vaccinale. In Italia il numero di casi di pertosse è notevolmente diminuito a partire dagli anni 2000, grazie al progressivo aumento delle coperture vaccinali dovuto all’introduzione del vaccino acellulare nel 1996, con una sensibile caduta del carico di malattia nel periodo 2010-2013. L’ incidenza è diminuita da 86.3 per 100.000 nel 1927 a 1 per 100.000 dopo il 2008. Dal 2014 però, anno in cui si è realizzato un calo delle coperture vaccinali, il numero di bambini con età minore di 1 anno ricoverati per pertosse sono aumentati. In Italia l’incidenza della malattia è bassa rispetto a molti paesi europei. Nel 2017 in Italia sono stati segnalati 964 casi. Nel 2019, la copertura vaccinale è risalita: a 24 mesi per i bambini nati nel 2017 è stata del 95,1%.In USA, a seguito della vaccinazione, i casi riportati si sono gradualmente ridotti costantemente fino al 1976. A partire dal 1980 invece i casi sono aumentati, fino al 2012 (ultimo anno epidemico) in cui sono stati riportati 48.277 casi. Negli anni successivi i casi riportati sono progressivamente calati, fino al 2017 in cui si sono avuti 18.975 casi. Tutti i valori annuali erano comunque molto più alti di quelli osservati negli anni Novanta e inizio anni Duemila.Una situazione analoga si è osservata in tutto il mondo, a causa di una serie di fattori, che possono aver contribuito all’incremento: immunità vaccinale poco duratura (4-12 anni); vaccini acellulari (introdotti negli anni Novanta) più sicuri ma meno immunogeni rispetto ai vaccini cellulari; migliorata capacità diagnostica e quindi maggior notifica; modifiche molecolari del batterio stesso con comparsa di mutanti resistenti; maggior numero di casi causati da B. parapertussis; ecc.Il decadimento dell’immunità che si verifica negli adolescenti e negli adulti ha determinato l’aumento dell’incidenza della malattia in queste fasce d’età e, di conseguenza, nei neonati non vaccinati.Molti adulti, anche se vaccinati, possono sviluppare un’infezione più blanda, con solo tosse persistente, senza la caratteristica tosse parossistica. È probabile che la malattia nei soggetti vaccinati dipenda dalla presenza di nuovi ceppi mutati. Dati riportati in letteratura suggeriscono un’evoluzione di B. pertussis tramite piccole mutazioni e grandi riarrangiamenti genomici, che contribuiscono a conferire al patogeno un forte vantaggio selettivo sia negli ospiti non vaccinati che in quelli vaccinati.Il test diagnostico della pertosseLa pertosse richiede test di laboratorio per la diagnosi di infezione, perché i sintomi della fase catarrale sono spesso indistinguibili rispetto a quelli di un comune raffreddore o di qualsiasi altra patologia respiratoria, come bronchite, influenza e, nei bambini, infezione da virus respiratorio sinciziale (RSV). Esistono test con diverse caratteristiche, la cui prescrizione è subordinata al periodo di tempo trascorso dalla comparsa dei sintomi:

  • Esame colturale: una piccola quantità di campione del paziente viene ‘seminato’ su una piastra di agar selettiva e incubata in atmosfera aerobia e camera umida a 35 – 37° C, senza arricchimento di anidride carbonica. I batteri eventualmente presenti nel campione cresceranno sulla piastra, confermando la presenza di infezione. Possono essere richiesti fino a 10 giorni per la crescita: la probabilità di crescita dei batteri diminuisce se il paziente è stato trattato con antibiotici prima della raccolta del campione. L’identificazione viene condotta sulla base di colorazione di Gram, identificazione biochimica o MALDI-TOF (Matrix-Assisted Laser Desorption/Ionization), agglutinazione su vetrino con sieri anti B. pertussis oppure tramite metodi molecolari. Il test colturale risulta particolarmente utile se eseguito entro le due settimane successive all’insorgenza dei sintomi
  • Test molecolare: PCR (reazione a catena della polimerasi) o Real time PCR (qPCR) che rileva la presenza del materiale genetico (DNA) dei batteri in meno di due ore. Questo test può essere applicato dal momento dell’insorgenza dei sintomi fino a circa 3-4 settimane dopo. Si tratta di un metodo più sensibile rispetto al metodo colturale e può essere singolo: ricerca solo la B. pertussis, oppure doppio: ricerca sia la B. pertussis che la B. parapertussis, oppure multiplo e quindi rientra nel pannello dei patogeni respiratori, responsabili di polmoniti gravi. I target genici per la diagnosi differenziale di B. pertussis rispetto ad altre specie del genere Bordetella in real time PCR sono molteplici. La positività per il target IS481, confermato dalla positività per il target ptxA-Pr, è diagnostica per la presenza di B. pertussis
  • Test sierologici per la ricerca di anticorpi anti B. pertussis (IgA, IgG, IgM): questi test rilevano la presenza di anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione da B. pertussis. Il test non è considerato adatto per l’identificazione dell’infezione in atto, in quanto la risposta immunitaria è tardiva. Risulta particolarmente utile se eseguito nelle 3-4 settimane successive all’insorgenza dei sintomi, nei casi clinicamente dubbi ed in corso di epidemie. In accordo con il CDC e il ECDC, i test sierologici possono essere eseguiti dalle 2 alle 8 settimane dopo l’insorgenza della tosse, e in alcuni casi, fino a 12 settimane dopo. Il test sierologico per IgG non deve essere usato per determinare lo stato vaccinale, né in soggetti recentemente vaccinati (bambini da 4 a 7 anni) perché non può distinguere fra risposta immune indotta dalla vaccinazione o da una recente infezione

Come viene raccolto il campione per il test?La tecnica utilizzata nella raccolta del campione è importante per la tipologia del test eseguito.Per l’esame colturale o molecolare viene richiesto un tampone naso-faringeo o un aspirato nasale. Per il test anticorpale viene invece richiesto un campione di sangue.

  • Il tampone nasofaringeo viene prelevato piegando la testa del paziente all’indietro e inserendo (per 7-9 cm) un tampone (simile ad un lungo cottonfioc con una piccola punta) nelle narici, fino a toccare la parete posteriore del rino-faringe, dove viene lasciato per alcuni secondi e quindi ruotato alcune volte prima di disinserirlo. Non è una procedura dolorosa ma può essere fastidiosa e indurre prurito, lacrimazione e colpi di tosse
  • Per l’esecuzione dell’aspirato nasale è possibile utilizzare una siringa, con la quale viene inserita della soluzione salina nel naso del paziente e applicata una leggera aspirazione per recuperare il fluido di lavaggio

Per il test anticorpale viene prelevato un campione di sangue venoso dal braccio.

Pertussis is a respiratory tract infection caused by the bacterium Bordetella pertussis, whose pathogenicity is mainly mediated by toxins. This bacterium is highly contagious and can be transmitted from one person to another via droplets released by coughing and sneezing. Pertussis testing is done to diagnose an infection caused by B. pertussis. Rarely, B. parapertussis, B. holmesii, and B. bronchiseptica can cause forms similar to but milder pertussis.The time between exposure to the bacterium and the manifestation of signs and symptoms (incubation period) is about 8-10 days (maximum 21 days). B. pertussis usually causes a prolonged infection, which can be divided into three phases:The first phase of the disease, called the catarrhal phase, usually lasts two weeks and is characterized by symptoms similar to a common cold, such as lacrimation, low-grade fever and a predominantly nocturnal cough. Newborns may develop apnea (temporary absence of breathing) along with cyanosis (bluish discoloration of the skin and mucous membranes) and be more prone to suffocation. In this phase the subjects are extremely infectious and the beginning of the therapy is effective in reducing the contagiousnessThe second phase is called the paroxysmal phase and can last from 1-2 weeks to a couple of months, with intense and uncontrollable coughing, with a feeling of suffocation. The cough is often followed by inspiratory ‘shout’ and vomiting soon after access. Vomiting is very frequent in children under 1 year of age, in which the disease does not generally present with coughing attacks but with apnea crises, in which the child stops breathing and hospitalization is requiredFinally, in the convalescent phase, the frequency of coughing begins to decrease within a few weeks and general conditions improveThe CDC has implemented the following pertussis case definition as of 1/1/2020, as established by the Council of State and Territorial Epidemiologists (CSTE). This definition corresponds to the European one of the ECDC:In the absence of a more likely diagnosis, a diagnosis of whooping cough is made when there is a cough lasting more than two weeks, associated with one or more of the following symptoms:Cough fitsInspiratory “cry”.Post-pertussis vomitingApnea (with or without cyanosis)Pertussis can sometimes lead to complications, more frequent in asthmatic subjects or suffering from chronic obstructive pulmonary disease (COPD), which require hospitalization, especially for children; these include respiratory failure, apnoea, pneumonia, less commonly seizures, brain disease or damage.The prognosis is particularly severe below the 1st year of life (particularly below 6 months), with a mortality rate of 0.2% in developed countries and up to 4% in developing countries.The adoption of vaccination and antibiotic therapy have changed the epidemiology of the disease and lethality. In the world, WHO data from 2008 indicate that each year Bordetella pertussis infection is responsible for about 16 million cases of disease and 195,000 cases of infant death, with 95% of cases detected in developing countries. Pertussis is also a cause for concern in developed countries (USA, Australia, Europe), where the disease, despite high vaccination coverage, has been on the rise in recent years.In 2017, 42,242 cases of pertussis were reported by the ECDC (European Center for Disease Prevention and Control) in Europe. Children younger than 1 year were the most represented age group. ECDC reports that the clinical presentation of pertussis in adolescents and adults can be atypical or mild, and therefore may go unrecognized and pose a risk to younger children who have not completed their vaccination course.In Italy, the number of pertussis cases has significantly decreased since the 2000s, thanks to the progressive increase in vaccination coverage due to the introduction of the acellular vaccine in 1996, with a significant drop in the disease burden in the period 2010-2013. The incidence decreased from 86.3 per 100,000 in 1927 to 1 per 100,000 after 2008. However, since 2014, the year in which there was a decline in vaccination coverage, the number of children under the age of 1 hospitalized for pertussis has increased . In Italy the incidence of the disease is low compared to many European countries. In 2017, 964 cases were reported in Italy. In 2019, vaccination coverage rose: at 24 months for children born in 2017 it was 95.1%.In the USA, following vaccination, the reported cases gradually decreased steadily until 1976. Since 1980, however, the cases increased, up to 2012 (the last epidemic year) in which 48,277 cases were reported. In the following years the cases reported

BORRELIA BURGDORFERI ANTI Abs

Scoperta nel 1982, la spirocheta Borrelia burgdorferi è l’agente etiologico della borreliosi di Lyme, malattia trasmessa da diverse specie di zecche del genere Ixodes. La borreliosi di Lyme è un’affezione multi sistemica che può colpire diversi organi, come la pelle, il sistema nervoso, le articolazioni maggiori e il sistema cardiovascolare. Sebbene i batteri agenti della malattia di Lyme inducano una vigorosa risposta immunitaria, le spirochete sopravvivono e persistono nel sistema circolatorio dei soggetti infettati. La borreliosi di Lyme evolve generalmente in modo simile alla sifilide attraverso diversi stadi clinici:Stadio 1: lesione della pelle a livello del morso della zecca; in assenza di terapia l’infezione precoce con esantema localizzato può trasformasi in infezione disseminata.Stadio 2: affezioni neurologiche.Stadio 3: artrite che si può osservare anche anni dopo l’infezione.

Discovered in 1982, the spirochete Borrelia burgdorferi is the etiological agent of Lyme borreliosis, a disease transmitted by various species of ticks of the genus Ixodes. Lyme borreliosis is a multisystem disease that can affect several organs, such as the skin, nervous system, major joints and cardiovascular system. Although the bacterial agents of Lyme disease induce a vigorous immune response, the spirochetes survive and persist in the circulatory systems of infected individuals. Lyme borreliosis generally evolves similar to syphilis through several clinical stages:Stage 1: skin lesion at the level of the tick bite; in the absence of therapy, early infection with localized exanthema can transform into disseminated infection.Stage 2: neurological affections.Stage 3: Arthritis that can be seen even years after the infection.

BREATH TEST AL LATTOSIO – LATTULOSIO

INTOLLERANZA AL LATTOSIO/LATTULOSIO 2h – 4h

Il test di intolleranza al lattosio misura la quantità di idrogeno dell’espirato o i cambiamenti dei livelli di glucosio nel sangue (glicemia) dopo la somministrazione di una bevanda contenente lattosio, al fine di valutare le capacità del paziente di digerire il lattosio.Il lattosio è uno zucchero complesso (disaccaride) presente nel latte ed in molti prodotti caseari. Per poter essere assorbito ed utilizzato dall’organismo, esso deve essere scomposto nei due zuccheri semplici che lo compongono: il glucosio e il galattosio. Questa digestione è operata dall’enzima lattasi, prodotto dalle cellule della parete dell’intestino tenue.La mancanza della lattasi determina il passaggio del lattosio non digerito dall’intestino tenue al crasso, dove i batteri della flora residente sono in grado di digerirlo producendo gas idrogeno ed acido lattico. Questo processo può comportare lo sviluppo di gas, gonfiore e dolori addominali con lo sviluppo di flatulenza e diarrea entro 30 minuti e fino a due ore dopo l’assunzione di latte o prodotti caseari. Quasi tutti i bambini nascono con la capacità di digerire il lattosio, ma la produzione della lattasi diminuisce in genere con l’età. Nel mondo, circa il 60-70% della popolazione sviluppa un qualche grado di intolleranza al lattosio dopo il raggiungimento dell’età adulta, con una frequenza che varia in base all’etnia. Infatti, mentre solo il 5% dei nord-europei è intollerante al lattosio, gli asiatici ed i nativi americani diventano intolleranti al lattosio nel 90% dei casi.Esistono essenzialmente due tipi di test di intolleranza al lattosio. In entrambi i casi, prima dell’esecuzione del test viene somministrata alla persona esaminata una bevanda contenente quantità standard di lattosio. Un campione per il test viene prelevato immediatamente prima, mentre una serie di campioni vengono prelevati successivamente ad intervalli di tempo regolari.

Test del respiro (Breath test) all’idrogeno

Attualmente è il test eseguito più frequentemente per la diagnosi di intolleranza al lattosio. Per l’esecuzione del test, al paziente viene somministrata una bevanda contenente una quantità nota di lattosio; quindi viene gli chiesto di espirare, ad intervalli di tempo regolari, in un macchinario in grado di misurare la quantità di idrogeno presente nell’aria espirata. Infatti nelle persone intolleranti al lattosio, il lattosio non digerito viene metabolizzato dalla flora batterica residente presente nell’intestino crasso con la conseguente produzione di quantità in eccesso di gas idrogeno. Questo passa nel circolo ematico e viene eliminato tramite l’espirazione.L’aumento dei livelli di idrogeno nel respiro indica con buona probabilità la presenza di un’intolleranza al lattosio.

Test ematico di tolleranza al lattosio

Questo test viene eseguito talvolta come supporto alla diagnosi di intolleranza al lattosio. Per l’esecuzione del test viene somministrata per via orale al paziente una quantità nota di lattosio; quindi vengono raccolti dei campioni di sangue ad intervalli regolari, utilizzati per misurare la quantità di glucosio presente (glicemia). Poiché la digestione del lattosio determina la liberazione di glucosio e galattosio, il mancato aumento dei livelli di glucosio nel sangue indica la presenza di intolleranza al lattosio.

The lactose intolerance test measures the amount of breath hydrogen or changes in blood glucose levels (blood sugar) after the administration of a lactose-containing beverage, in order to assess the patient’s ability to digest lactose.Lactose is a complex sugar (disaccharide) found in milk and many dairy products. In order to be absorbed and used by the body, it must be broken down into the two simple sugars that make it up: glucose and galactose. This digestion is carried out by the enzyme lactase, produced by the cells of the wall of the small intestine.The lack of lactase determines the passage of undigested lactose from the small intestine to the large intestine, where the bacteria of the resident flora are able to digest it by producing hydrogen gas and lactic acid. This process can result in the development of gas, bloating and abdominal pain with the development of flatulence and diarrhea within 30 minutes and up to two hours after ingesting milk or dairy products. Most babies are born with the ability to digest lactose, but lactase production typically decreases with age. Worldwide, approximately 60-70% of the population develops some degree of lactose intolerance after reaching adulthood, with the frequency varying according to ethnicity. In fact, while only 5% of Northern Europeans are lactose intolerant, Asians and Native Americans become lactose intolerant in 90% of cases.There are essentially two types of lactose intolerance tests. In both cases, a drink containing standard amounts of lactose is administered to the person tested before carrying out the test. A sample for testing is taken immediately beforehand, and a series of samples are taken at regular time intervals afterwards. Hydrogen breath testIt is currently the most frequently performed test for the diagnosis of lactose intolerance. To perform the test, the patient is given a drink containing a known amount of lactose; then he is asked to exhale, at regular intervals, into a machine capable of measuring the amount of hydrogen present in the exhaled air. In fact, in lactose intolerant people, the undigested lactose is metabolized by the bacterial flora residing in the large intestine with the consequent production of excess quantities of hydrogen gas. This passes into the bloodstream and is eliminated through exhalation.Increased levels of hydrogen in the breath most likely indicate the presence of lactose intolerance.Lactose tolerance blood testThis test is sometimes done to help diagnose lactose intolerance. For the execution of the test, a known quantity of lactose is administered orally to the patient; then blood samples are collected at regular intervals, used to measure the amount of glucose (blood sugar) present. Since digestion of lactose results in the release of glucose and galactose, failure to raise blood glucose levels indicates lactose intolerance.

C

C ANCA

Gli anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA) sono autoanticorpi prodotti dal sistema immunitario che, erroneamente, bersagliano e attaccano specifiche proteine appartenenti alla classe dei neutrofili (un tipo di globuli bianchi). Il test ANCA rileva e misura la quantità di tali anticorpi nel sangue. Due degli ANCA più comuni sono autoanticorpi diretti contro le proteine mieloperossidasi (MPO) e proteinasi 3 (PR3), noti rispettivamente come pANCA e cANCA.Esistono due tipi di test ANCA: l’Immunofluorescenza indiretta e il saggio ELISA.Il primo si basa sull’impiego di neutrofili fissati su un vetrino, incubati insieme al siero ottenuto dal campione di sangue in esame: gli eventuali ANCA presenti nel campione si legheranno alle proteine (antigeni)dei neutrofili. Incubando poi il vetrino con anticorpi marcati con fluorocromo, questi reagiranno con qualsiasi ANCA presente, producendo diversi modelli di fluorescenza visibili al microscopio. I tre modelli caratteristici sono visualizzati tramite una colorazione citoplasmatica (cANCA), una perinucleare (pANCA) e una atipica (X-ANCA).Il secondo test invece viene utilizzato dai laboratori per misurare gli autoanticorpi anti-mieloperossidasi e anti-proteinasi in modo diretto.La combinazione dei test ELISA e di immunofluorescenza è spesso utilizzata quando si sospettano casi di vasculite.Gli ANCA possono essere presenti in diversi disordini autoimmuni che provocano infiammazione, danno tissutale e insufficienza d’organo:

  • Le vasculiti sistemiche sono un gruppo di malattie associate a danno e indebolimento dei vasi sanguigni: il restringimento e l’ostruzione di tali vasi determinano riducono il flusso sanguigno con conseguente danno ai tessuti e agli organi. Possono anche causare indebolimento di alcune aree della parete dei vasi, un fenomeno noto come aneurisma, esponendole al rischio di rottura. Le vasculiti sistemiche possono causare una gamma di sintomi molto varia, che dipende sia dal grado di attività autoimmune che dalle aree dell’organismo coinvolte. Alcuni tipi di vasculiti sistemiche sono strettamente associate alla produzione di ANCA, quali:
  • poliangite granulomatosa (granulomatosi di Wegener)
  • poliangite microscopica
  • granulomatosi eosinofila conpoliangite (sindrome di Churg Strauss)
  • poliartrite nodosa (PAN)

(Per maggiori informazioni su queste specifiche patologie, vedi l’articolo sulle Vasculiti).Gli anticorpi cANCA/PR3 sono più frequentemente associati alla poliangite granulomatosa, mentre gli anticorpi pANCA/MPO alla poliangite microscopica; tuttavia entrambi possono essere presenti in tutti e tre i tipi di poliangite, con diversi gradi di reattività.   La colite ulcerosa (CU)è un tipo di malattia infiammatoria intestinale (IBD)associata a gonfiore e danneggiamento dei tessuti di rivestimento del colon. Può essere difficile distinguere tra CU e malattia di Crohn (MdC), un altro tipo di IBD che può colpire qualsiasi parte del tratto intestinale. La presenza di ANCA atipici è generalmente associata a CU (nell’80% dei pazienti), mentre è rilevata solo nel 20% dei pazienti con MdC.

Anti-neutrophil cytoplasmic antibodies (ANCA) are autoantibodies produced by the immune system that mistakenly target and attack specific proteins belonging to the class of neutrophils (a type of white blood cell). The ANCA test detects and measures the amount of these antibodies in the blood. Two of the most common ANCAs are autoantibodies directed against the proteins myeloperoxidase (MPO) and proteinase 3 (PR3), known as pANCA and cANCA, respectively.There are two types of ANCA tests: the indirect immunofluorescence assay and the ELISA assay.The first is based on the use of neutrophils fixed on a slide, incubated together with the serum obtained from the blood sample under examination: any ANCA present in the sample will bind to the proteins (antigens) of the neutrophils. When the slide is then incubated with fluorochrome labeled antibodies, these will react with any ANCA present, producing different patterns of fluorescence visible under a microscope. The three characteristic patterns are visualized by cytoplasmic (cANCA), perinuclear (pANCA), and atypical (X-ANCA) staining.The second test, on the other hand, is used by laboratories to measure the anti-myeloperoxidase and anti-proteinase autoantibodies directly.The combination of ELISA and immunofluorescence tests is often used when cases of vasculitis are suspected.ANCA can be present in several autoimmune disorders that cause inflammation, tissue damage, and organ failure:Systemic vasculitides are a group of diseases associated with damage and weakening of blood vessels: the narrowing and obstruction of these vessels lead to reduced blood flow resulting in tissue and organ damage. They can also cause certain areas of the vessel wall to weaken, a phenomenon known as an aneurysm, putting them at risk of rupture. Systemic vasculitis can cause a very varied range of symptoms, which depends both on the degree of autoimmune activity and on the areas of the body involved. Some types of systemic vasculitis are closely associated with the production of ANCA, such as:granulomatous polyangiitis (Wegener’s granulomatosis)microscopic polyangiitiseosinophilic granulomatosis with polyangiitis (Churg Strauss syndrome)polyarthritis nodosa (PAN)(For more information on these specific pathologies, see the article on Vasculitis).cANCA/PR3 antibodies are more frequently associated with granulomatous polyangiitis, while pANCA/MPO antibodies with microscopic polyangiitis; however both can be present in all three types of polyangiitis, with varying degrees of reactivity.Ulcerative colitis (UC) is a type of inflammatory bowel disease (IBD) associated with swelling and damage to the lining tissues of the colon. It can be difficult to distinguish between UC and Crohn’s disease (CD), another type of IBD that can affect any part of the intestinal tract. The presence of atypical ANCA is generally associated with UC (in 80% of patients), while it is detected only in 20% of patients with CD.

C1-INIBITORE

Il sistema del complemento è un sistema complesso composto da più di 60 proteine, di cui circa 30 circolanti, che cooperano per promuovere la risposta immunitaria e infiammatoria. Il test del complemento misura la quantità o l’attività delle proteine del complemento presenti nel circolo ematico.Il ruolo principale di queste proteine è distruggere le sostanze estranee, come batteri e virus. Il nome “complemento” deriva da ruolo di sostegno di queste proteine all’attività di altri agenti del sistema immunitario, come gli anticorpi. Il sistema del complemento si attiva perciò anche in presenza di patologie autoimmuni nelle quali l’organismo produce anticorpi in grado di riconoscere organi e tessuti appartenenti all’organismo stesso (autoanticorpi).Il sistema del complemento fa parte del sistema immunitario innato. A differenza del sistema immunitario acquisito, che produce anticorpi che riconoscono e proteggono l’organismo da minacce specifiche, il sistema immunitario innato è aspecifico ma è in grado di rispondere rapidamente alle sostanze estranee. Inoltre, non necessita di una preventiva esposizione al microrganismo estraneo, né mantiene memoria di quelli con i quali è venuto in contatto.Esistono nove proteine principali del complemento, denominate da C1 a C9. Esse sono affiancate e regolate da numerose sottocomponenti e inibitori. Le proteine C1-C9, insieme a tutte le altre proteine del complemento, interagiscono secondo un modello a cascata che determina l’attivazione, l’amplificazione, la frammentazione e la formazione di complessi in grado di rispondere alle infezioni, di attaccare i tessuti considerati estranei (come nei trapianti), di agire nelle infiammazioni e nei processi di morte cellulare (apoptosi).L’attivazione del complemento può essere iniziata seguendo diverse vie, che sono denominate via di attivazione classica (che include le proteine C1qrs, C2 e C4), alternativa (che include il C3, il fattore B e la properdina) o della lectina. Tuttavia il prodotto finale di tutte le diverse vie di attivazione è sempre lo stesso: la formazione del Complesso di Attacco della Membrana (MAC). L’attivazione del complemento causa diversi eventi (Cascata del complemento):

  • Il MAC si lega alla superficie di tutti i microrganismi o cellule anomale che sono state avviate alla distruzione. Così facendo provoca una lesione (foro) nella membrana cellulare, causando la lisi della cellula, cioè la sua distruzione per fuoriuscita del contenuto, analogamente a quanto succede bucando un palloncino pieno d’acqua.
  • Aumenta la permeabilità dei vasi sanguigni, permettendo ai globuli bianchi (leucociti) di fuoriuscire dal torrente circolatorio e spostarsi nei tessuti.
  • Attrae i leucociti nella sede dell’infezione
  • Stimola la fagocitosi, un processo attraverso il quale i microrganismi vengono “inghiottiti” dai macrofagi e dai neutrofili e così uccisi.
  • Aumenta la solubilità degli immunocomplessi, favorendone così l’eliminazione dal sangue.

Il test del complemento permette di misurare nel sangue la quantità o l’attività delle proteine del complemento. Per valutare se il sistema funziona normalmente, le componenti del complemento possono essere misurate singolarmente o nel loro insieme. Le proteine del complemento misurate più frequentemente sono la C3 e la C4. Nel caso in cui il clinico sospetti la presenza di un difetto non evidenziabile con la misura del C3 e del C4, può essere misurata l’attività totale del complemento (CH50). Il CH50 misura la funzionalità completa della via classica di attivazione del complemento C1-C9. Se questa misura è al di fuori dell’intervallo di riferimento, ciascuna delle nove diverse proteine può essere misurata individualmente per individuaredeficit ereditari o acquisiti.

The complement system is a complex system composed of more than 60 proteins, of which about 30 are circulating, which cooperate to promote the immune and inflammatory response. The complement test measures the amount or activity of complement proteins in the bloodstream.The main role of these proteins is to destroy foreign substances, such as bacteria and viruses. The name “complement” derives from the role of these proteins in supporting the activity of other agents of the immune system, such as antibodies. The complement system is therefore also activated in the presence of autoimmune diseases in which the body produces antibodies capable of recognizing organs and tissues belonging to the body itself (autoantibodies).The complement system is part of the innate immune system. Unlike the acquired immune system, which produces antibodies that recognize and protect the body from specific threats, the innate immune system is nonspecific but is able to respond rapidly to foreign substances. Furthermore, it does not require prior exposure to foreign microorganisms, nor does it keep track of those with which it has come into contact.There are nine major complement proteins, designated C1 through C9. They are complemented and regulated by numerous sub-components and inhibitors. The C1-C9 proteins, together with all the other complement proteins, interact according to a cascade pattern that determines the activation, amplification, fragmentation and formation of complexes capable of responding to infections, of attacking the target tissues foreign (as in transplants), to act in inflammation and cell death processes (apoptosis).Complement activation can be initiated following several pathways, which are termed classical (which includes C1qrs, C2, and C4 proteins), alternative (which includes C3, factor B, and properdin), or lectin activation pathway. However, the end product of all the different activation pathways is always the same: the formation of the Membrane Attack Complex (MAC). Complement activation causes several events (Complement cascade):MAC binds to the surface of any microorganisms or abnormal cells that have been set up for destruction. In doing so it causes a lesion (hole) in the cell membrane, causing lysis of the cell, i.e. its destruction due to the leakage of the contents, similar to what happens by puncturing a balloon full of water.It increases the permeability of blood vessels, allowing white blood cells (leukocytes) to leave the bloodstream and move into the tissues.Attracts leukocytes to the site of infectionStimulates phagocytosis, a process by which microorganisms are “engulfed” by macrophages and neutrophils and thus killed.Increases the solubility of immune complexes, thus promoting their elimination from the blood.The complement test measures the amount or activity of complement proteins in the blood. To assess whether the system is functioning normally, the components of complement can be measured individually or as a whole. The most frequently measured complement proteins are C3 and C4. In the event that the clinician suspects the presence of a defect that cannot be detected with the measurement of C3 and C4, total complement activity (CH50) can be measured. The CH50 measures the full functionality of the classical C1-C9 complement activation pathway. If this measurement is outside the reference range, each of the nine different proteins can be measured individually to pinpointhereditary or acquired deficits.

CA 125

Questo esame misura la concentrazione dell’antigene carboidratico 125 (CA-125) nel sangue. Il CA-125 è una proteina presente sulla superficie cellulare in alcuni tipi di tumore e più raramente, in associazione con fatti infiammatori o altre patologie, anche in tessuti normali.Il CA-125 è prodotto nella maggior parte (in circa l’80% dei casi) dei carcinomi sierosi dell’ovaio (i tumori più comuni di questo organo) e per tale ragione viene utilizzato come marcatore tumorale in questa neoplasia per monitorare l’efficacia del trattamento oppure per riconoscere una eventuale recidiva. Tuttavia, dato che circa il 20% dei tumori dell’ovaio non produce il CA- 125, alcune pazienti con carcinoma ovarico anche in stadio avanzato possono non avere livelli elevati di questo marcatore.Il CA-125 può anche essere usato, in associazione con la visita clinica e gli esami ecografici, nella diagnosi differenziale di una tumefazione pelvica o nelle pazienti che riferiscono di avere con relativa continuità e frequenza (es. più di 12 volte al mese) uno dei seguenti sintomi: persistente distensione addominale (la paziente spesso riferisce questo sintomo come “gonfiore”), dolore pelvico o addominale persistente, aumento dell’urgenza e/o della frequenza di urinare). Bisogna però tenere presente che il livelli di CA-125 nel sangue sono in relazione diretta con la estensione del tumore; quindi, in una paziente con un tumore iniziale i livelli del CA-125 nel sangue possono essere normali perché il tumore, essendo di piccole dimensioni, produce quantità limitate di marcatore.Inoltre il CA-125 non è specifico per il carcinoma dell’ovaio in quanto può essere prodotto e rilasciato nel sangue anche da tessuti normali o infiammati e da altri tipi di tumore. I livelli nel sangue possono essere quindi moderatamente elevati in una varietà di condizioni oncologiche, non oncologiche e fisiologiche, comprese le mestruazioni, la gravidanza e le malattie infiammatorie pelviche.A causa della bassa sensibilità per la malattia iniziale e della scarsa specificità tumorale il CA- 125 non è indicato per lo screening del carcinoma ovarico delle donne senza sintomi.Anche nelle donne con varianti patogenetiche (mutazioni) nei geni BRCA1/2 associate a un aumentato rischio di cancro ovarico o che hanno una familiarità per questa malattia, lo screening di routine del cancro ovarico con il CA-125 e l’ecografia transvaginale non è raccomandato. L’ecografia transvaginale e/o la misurazione del CA-125 possono essere considerati solo per la sorveglianza a breve termine nelle donne ad alto rischio di cancro ovarico a partire dai 30-35 anni che scelgono di non eseguire la salpingo-ovariectomia bilaterale preventiva.Sulla base dei dati raccolti dai Registri Tumori Italiani si è stimato che nel 2020 in Italia 5.180 donne abbiano avuto una diagnosi di tumore dell’ovaio e 3.000 siano decedute per questa malattia. Il cancro ovarico occupa in Italia il decimo posto per incidenza e il settimo per mortalità tra tutti i tumori nelle donne. L’elevata mortalità associata a questo tumore è principalmente dovuta a una sintomatologia non specifica e tardiva e alla mancanza di strategie di screening per effettuare una diagnosi precoce. Infatti, in circa l’80% dei casi la diagnosi viene fatta quando la malattia è in fase avanzata. In genere, il riscontro di un carcinoma iniziale ancora limitato alle ovaie o alla pelvi avviene occasionalmente durante controlli ginecologici di routine.Pertanto l’identificazione di un test sensibile e specifico per la diagnosi precoce del carcinoma ovarico in donne asintomatiche rimane una priorità della ricerca. Per capire il significato clinico di un esame di laboratorio è necessario confrontare il proprio risultato con lo specifico intervallo di riferimento di quel tipo di esame. Gli intervalli di riferimento, chiamati a volte “valori normali”, indicano per ogni tipo di esame l’intervallo di valori che ci si aspetta di trovare in una persona sana e sono in genere riportati sul referto di laboratorio accanto al risultato dello stesso.Tuttavia, essendo i “marcatori tumorali” prevalentemente utilizzati a scopo di valutazione iniziale del paziente o di monitoraggio, e solo raramente nella diagnosi differenziale rispetto alla malattia benigna, gli intervalli di riferimento identificati come precedentemente descritto hanno solo un valore indicativo e non possono essere utilizzati per “classificare” il risultato dell’esame. Per questo è essenziale che il paziente si astenga dal tentativo di interpretare da solo il risultato dell’esame, e si raccomanda che, per l’interpretazione del risultato, il paziente si rivolga al medico curante che ha prescritto l’esame.Nel caso del CA-125 bisogna anche ricordare che risultati e valori di riferimento possono variare da laboratorio a laboratorio se vengono utilizzati metodi diversi. É pertanto consigliabile eseguire il dosaggio di CA-125 nello stesso laboratorio e con lo stesso metodo per poter confrontare e interpretare correttamente i risultati durante il decorso della malattia.

This test measures the concentration of carbohydrate antigen 125 (CA-125) in the blood. CA-125 is a protein present on the cell surface in some types of tumor and more rarely, in association with inflammation or other pathologies, also in normal tissues.CA-125 is produced in the majority (in about 80% of cases) of serous carcinomas of the ovary (the most common tumors of this organ) and for this reason it is used as a tumor marker in this neoplasm to monitor the effectiveness of the treatment or to recognize a possible recurrence. However, since approximately 20% of ovarian cancers do not produce CA-125, some patients with even advanced ovarian cancer may not have elevated levels of this marker.The CA-125 can also be used, in association with physical examination and ultrasound examinations, in the differential diagnosis of pelvic swelling or in patients who report having with relative continuity and frequency (e.g. more than 12 times a month) a of the following symptoms: persistent abdominal distension (the patient often refers to this symptom as “bloating”), persistent pelvic or abdominal pain, increased urgency and/or frequency to urinate).However, it must be kept in mind that the levels of CA-125 in the blood are directly related to the extent of the tumor; therefore, in a patient with an early tumor, CA-125 blood levels may be normal because the tumor, being small, produces limited amounts of the marker.Furthermore, CA-125 is not specific for ovarian cancer as it can also be produced and released into the blood from normal or inflamed tissue and other types of cancer. Blood levels may therefore be moderately elevated in a variety of oncological, non-oncological and physiological conditions, including menstruation, pregnancy and pelvic inflammatory disease.Because of low sensitivity for the initial disease and poor tumor specificity, CA-125 is not indicated for ovarian cancer screening of symptom-free women.Even in women with pathogenic variants (mutations) in the BRCA1/2 genes associated with an increased risk of ovarian cancer or who have a family history of this disease, routine ovarian cancer screening with CA-125 and transvaginal ultrasound is not recommended. Transvaginal ultrasonography and/or CA-125 measurement may be considered only for short-term surveillance in women at high risk for ovarian cancer starting in their 30s and 35s who choose not to have preventive bilateral salpingo-oophorectomy.Based on the data collected by the Italian Cancer Registries, it was estimated that in 2020 in Italy 5,180 women were diagnosed with ovarian cancer and 3,000 died of this disease. Ovarian cancer occupies the tenth place in Italy for incidence and the seventh for mortality among all tumors in women. The high mortality associated with this tumor is mainly due to non-specific and late symptoms and the lack of screening strategies to make an early diagnosis. In fact, in about 80% of cases the diagnosis is made when the disease is in an advanced stage. In general, the discovery of an initial carcinoma still limited to the ovaries or pelvis occurs occasionally during routine gynecological checkups.Therefore, the identification of a sensitive and specific test for the early diagnosis of ovarian cancer in asymptomatic women remains a research priority.Reference Intervals – What they are and how to use themTo understand the clinical significance of a laboratory test, you need to compare your result with the specific reference range of that type of test. The reference ranges, sometimes called “normal values”, indicate the range of values for each type of testexpected to be found in a healthy person and are generally reported on the laboratory report next to the result of the same.However, since “tumor markers” are mainly used for initial patient assessment or monitoring purposes, and only rarely in the differential diagnosis with respect to benign disease, the reference intervals identified as previously described have only an indicative value and cannot be used to “classify” the exam result. For this reason it is essential that the patient refrains from attempting to interpret the result of the examination on his own, and it is recommended that, for the interpretation of the result, the patient consults the treating physician who prescribed the examination.In the case of CA-125 it must also be remembered that results and reference values can vary from laboratory to laboratory if different methods are used. It is therefore advisable to perform the dosage of CA-125

CA 15.3

Questo test misura i livelli dell’antigene tumorale 15-3 (CA 15-3) nel circolo ematico. Il CA 15-3 è una proteina prodotta dalle cellule del seno normali. In molte delle persone affette da tumore mammario maligno, si osserva un aumento della produzione di CA 15-3 e dell’antigene tumorale 27.29 ad esso correlato.Sebbene il CA 15-3 non causi il cancro, esso viene liberato dalle cellule tumorali ed entra nel circolo ematico. Pertanto è un marcatore tumorale utile per il monitoraggio della malattia.Il CA 15-3 è elevato in meno del 50% delle donne con tumore localizzato allo stadio iniziale o con una massa tumorale di piccole dimensioni, ma è elevato in circa l’80% delle donne con tumore mammario metastatico. L’esecuzione di questo test non è indicata in tutte le situazioni, poiché il CA 15-3 non è elevato in tutte le donne con tumore alla mammella.Il CA 15-3 non è molto specifico. Esso infatti può essere elevato nelle persone sane e nelle persone con altri tipi di tumore (ad esempio nelle persone affette da tumori maligni al colon, al polmone, al pancreas, all’ovaio o alla prostata) o in altri tipi di patologie/condizioni cliniche come la cirrosi, l’epatite e patologie benigne della mammella.

This test measures the levels of tumor antigen 15-3 (CA 15-3) in the bloodstream. CA 15-3 is a protein produced by normal breast cells. Increased production of CA 15-3 and related tumor antigen 27,29 is observed in many people with malignant breast cancer.Although CA 15-3 does not cause cancer, it is released from tumor cells and enters the bloodstream. Therefore it is a useful tumor marker for disease monitoring.CA 15-3 is elevated in less than 50% of women with localized early-stage cancer or with a small tumor burden, but it is elevated in about 80% of women with metastatic breast cancer. This test is not indicated in all situations because CA 15-3 is not elevated in all women with breast cancer.CA 15-3 is not very specific. In fact, it can be high in healthy people and in people with other types of cancer (for example in people with malignant tumors of the colon, lung, pancreas, ovary or prostate) or in other types of pathologies/clinical conditions such as cirrhosis, hepatitis and benign breast disease.

CA 19.9

Questo esame misura la concentrazione dell’antigene carboidratico 19-9 (CA 19-9) nel sangue o in altri liquidi biologici. Il CA 19-9 è una proteina presente sulla superficie cellulare in alcuni tipi di tumore o, più raramente e in associazione con fatti infiammatori o altre patologie, anche in tessuti normali. Il CA 19-9 non è responsabile della insorgenza o della progressione di un tumore, ma ne è una conseguenza; viene infatti rilasciato dalle cellule tumorali e può essere rilevato nel sangue e, in casi particolari, in altri fluidi corporei. Il CA 19-9 viene in genere misurato nel sangue come “marcatore tumorale” sia per fare una valutazione iniziale del tumore del pancreas o delle vie biliari (il CA 19-9 è elevato in circa il 70-95% delle persone con carcinoma pancreatico avanzato e nel 50-65 % dei pazienti con tumore delle vie biliari), sia per monitorare il successivo decorso di queste neoplasie.Tuttavia, il CA 19-9 non è un marcatore specifico per il cancro del pancreas e delle vie biliari. Infatti, il CA 19-9 può essere elevato anche in altri tipi di tumore (tumori del colon-retto, dello stomaco, dell’ovaio e della tuba, del polmone, della mammella), nei quali però le linee guida non ne raccomandano l’utilizzo clinico. Inoltre, i livelli di CA 19-9 nel sangue possono essere aumentati in numerose malattie non tumorali (ad esempio, pancreatite acuta, pancreatite cronica, calcoli delle vie biliari, infiammazione della colecisti, malattie reumatiche e autoimmuni, diabete, nefropatia diabetica, epatopatia cronica, cirrosi epatica, epatite acuta, patologie benigne del polmone, fibrosi cistica). In particolare, in caso di ittero si possono verificare incrementi del CA 19.9 dell’ordine di centinaia o migliaia di U/mL, compatibili quindi con una neoplasia avanzata. Pertanto, poiché il CA 19-9 non è specifico per il cancro del pancreas o delle vie biliari, non può essere utilizzato da solo come marcatore per lo screening o la diagnosi di tali neoplasie, tantomeno se un paziente ha l’ittero.Inoltre, bisogna ricordare che in alcune persone con un particolare gruppo sanguigno (antigene Lewis negativo) il CA 19-9 può essere non essere misurabile anche in pazienti con carcinoma del pancreas.
Per capire il significato clinico di un esame di laboratorio è necessario confrontare il proprio risultato con lo specifico intervallo di riferimento di quel tipo di esame. Gli intervalli di riferimento, chiamati a volte “valori normali”, indicano per ogni tipo di esame l’intervallo di valori che ci si aspetta di trovare in una persona sana e sono in genere riportati sul referto di laboratorio accanto al risultato dello stesso. Tuttavia, essendo i “marcatori tumorali” prevalentemente utilizzati a scopo di valutazione iniziale del paziente o di monitoraggio, e solo raramente come diagnosi differenziale rispetto alla malattia benigna, gli intervalli di riferimento identificati come precedentemente descritto hanno solo un valore indicativo e non possono essere utilizzati per “classificare” il risultato dell’esame. Per questo è essenziale che il paziente si astenga dal tentativo di interpretare da solo il risultato dell’esame, e si raccomanda che, per l’interpretazione del risultato, il paziente si rivolga al medico curante che ha prescritto l’esame.Nel caso del CA 19-9 bisogna anche ricordare che risultati e valori di riferimento possono variare da laboratorio a laboratorio se vengono utilizzati metodi diversi. É pertanto consigliabile eseguire il dosaggio di CA 19-9 nello stesso laboratorio e con lo stesso metodo per poter confrontare e interpretare correttamente i risultati lungo il decorso della malattia.

This test measures the concentration of carbohydrate antigen 19-9 (CA 19-9) in blood or other body fluids. CA 19-9 is a protein present on the cell surface in some types of tumors or, more rarely and in association with inflammation or other pathologies, also in normal tissues. CA 19-9 is not responsible for the onset or progression of a tumor, but it is a consequence of it; it is in fact released by cancer cells and can be detected in the blood and, in special cases, in other body fluids. CA 19-9 is typically measured in the blood as a “tumor marker” either to make an initial assessment of pancreatic or biliary tract cancer (CA 19-9 is elevated in about 70-95% of people with pancreatic cancer advanced and in 50-65% of patients with biliary tract cancer), and to monitor the subsequent course of these neoplasms.However, CA 19-9 is not a specific marker for pancreatic and biliary tract cancer. In fact, CA 19-9 can also be elevated in other types of tumors (colorectal, stomach, ovarian and tube, lung, breast cancers), in which, however, the guidelines do not recommend its use. clinical use. In addition, CA 19-9 blood levels may be increased in many noncancerous diseases (e.g., acute pancreatitis, chronic pancreatitis, biliary tract stones, gallbladder inflammation, rheumatic and autoimmune diseases, diabetes, diabetic nephropathy, chronic liver disease liver cirrhosis, acute hepatitis, benign lung disease, cystic fibrosis). In particular, in the case of jaundice, increases in CA 19.9 of the order of hundreds or thousands of U/mL can occur, therefore compatible with an advanced neoplasm. Therefore, since CA 19-9 is not specific for pancreatic or biliary tract cancer, it cannot be used on its own as a marker for screening or diagnosing these malignancies, much less if a patient has jaundice.Furthermore, it must be remembered that in some people with a particular blood type (Lewis antigen negative) CA 19-9 may be unmeasurable even in patients with pancreatic cancer.
Reference Intervals – What they are and how to use themTo understand the clinical significance of a laboratory test, you need to compare your result with the specific reference range of that type of test. The reference ranges, sometimes called “normal values”, indicate for each type of test the range of values that are expected to be found in a healthy person and are generally reported on the laboratory report next to the result of the same. For more information on this, see the article Reference range.However, since “tumor markers” are mainly used for initial patient assessment or monitoring purposes, and only rarely as a differential diagnosis with respect to benign disease, the reference intervals identified as previously described have only an indicative value and cannot be used to “classify” the exam result. For this reason it is essential that the patient refrains from attempting to interpret the result of the examination on his own, and it is recommended that, for the interpretation of the result, the patient consults the treating physician who prescribed the examination.In the case of CA 19-9 it must also be remembered that results and reference values can vary from laboratory to laboratory if different methods are used. It is therefore advisable to perform the CA 19-9 assay in the same laboratory and with the same method in order to correctly compare and interpret the results along the course of the disease.

CADMIO

Il cadmio è un metallo normalmente presente nell’ambiente e negli alimenti. In seguito ad esposizione professionale (industria galvanica, vernici, accumulatori e batterie al cadmio, ecc ) il cadmio aumenta rapidamente nel sangue, mentre nelle urine l’ incremento è più lento, conservando però i livelli raggiunti anche dopo la cessata esposizione. Pertanto, mentre la determinazione del cadmio nel sangue è un ottimo mezzo per il monitoraggio biologico dell’esposizione recente, la determinazione nelle urine da informazioni sull’accumulo del metallo nell’organismo. L’intossicazione acuta interessa l’apparato respiratorio (fino all’edema polmonare), nervoso, digestivo e renale. L’intossicazione cronica coinvolge il polmone e il rene (S. De Toni- Fanconi- Debré). Si sospetta anche teratogenicità e cancerogenicità.

Cadmium is a metal normally present in the environment and in food. Following professional exposure (galvanic industry, paints, cadmium accumulators and batteries, etc.) cadmium increases rapidly in the blood, while in the urine the increase is slower, maintaining however the levels reached even after the cessation of exposure. Therefore, while the determination of cadmium in blood is an excellent means of biological monitoring of recent exposure, the determination in urine provides information on the accumulation of the metal in the body. Acute intoxication affects the respiratory (up to pulmonary edema), nervous, digestive and renal systems. Chronic poisoning involves the lungs and kidneys (S. De Toni- Fanconi- Debré). Teratogenicity and carcinogenicity are also suspected.

CALCIO

Il calcio è uno degli elementi più abbondanti e importanti dell’organismo. E’ essenziale per la comunicazione tra le cellule dell’organismo e per l’appropriato funzionamento di muscoli, nervi e cuore. Il calcio è necessario per la coagulazione del sangue ed è importante per la formazione, la densità e il mantenimento delle ossa. Questo esame misura la concentrazione di calcio nel sangue e nell’urina, valore che riflette la quantità totale di calcio ione nell’organismo.Circa il 99% del calcio presente nell’organismo si trova immagazzinato nelle ossa, mentre l’1% circola libero nel sangue. La concentrazione ematica di calcio (calcemia) è finemente regolata; nel caso in cui ne venga ingerito o assorbito troppo poco, o in presenza di un’eccessiva perdita renale o intestinale, il mantenimento costante della calcemia viene assicurato dalla mobilitazione del calcio dalle ossa. Circa la metà del calcio presente nel sangue è libero e metabolicamente attivo. La parte restante è legata all’albumina, o, in misura minore, complessato ad anioni, come i fosfati. Queste forme legate e complessate sono invece inattive.Esistono due esami per la misura del calcio presente nel circolo sanguigno. Il calcio totale misura sia quello libero che la forma legata. Il calcio ione misura solo quello libero, metabolicamente attivo.Ogni giorno viene perso un po’ di calcio, filtrato dal sangue attraverso i reni ed escreto con l’urina. La misura della quantità di calcio nell’urina consente di determinare la quantità di calcio eliminata dai reni.

Calcium is one of the most abundant and important elements in the body. It is essential for communication between cells in the body and for the proper functioning of muscles, nerves and the heart. Calcium is needed for blood clotting and is important for the formation, density and maintenance of bones. This test measures the concentration of calcium in the blood and urine, which reflects the total amount of calcium ion in the body.About 99% of the calcium in the body is stored in the bones, while 1% circulates freely in the blood. The blood calcium concentration (calcaemia) is finely regulated; in the event that too little is ingested or absorbed, or in the presence of excessive renal or intestinal loss, the constant maintenance of calcium is ensured by the mobilization of calcium from the bones. About half of the calcium in the blood is free and metabolically active. The remainder is bound to albumin, or, to a lesser extent, complexed with anions, such as phosphates. These linked and complexed forms are instead inactive.There are two tests to measure the calcium present in the bloodstream. Total kick measures both free and bound form. Calcium ion measures only free, metabolically active calcium.Every day some calcium is lost, filtered from the blood through the kidneys and excreted in the urine. By measuring the amount of calcium in the urine, it is possible to determine the amount of calcium eliminated by the kidneys.

CALCITONINA (CT)

La calcitonina è un ormone prodotto dalle cellule C della tiroide. La tiroide è una ghiandola a forma di farfalla posta anteriormente alla trachea, alla base della gola. Oltre alla calcitonina, la tiroide è responsabile della produzione di altri ormoni implicati nella regolazione del metabolismo, come la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3).L’esame misura la quantità di calcitonina nel sangue. La calcitonina è responsabile della regolazione dei livelli ematici del calcio tramite l’inibizione del riassorbimento osseo e del riassorbimento renale di calcio. Tuttavia, la misura della calcitonina non è utile nella valutazione dello stato del metabolismo del calcio, poiché il suo ruolo nella regolazione della calcemia è di minore importanza rispetto a quello svolto dall’ormone paratiroide (PTH) e dall’1,25-diidrossi vitamina D.Nel caso in cui siano presenti due rare patologie a carico della tiroide – iperplasia delle cellule C e carcinoma midollare della tiroide (CMT) – vengono prodotti livelli elevati di calcitonina. Il test della calcitonina può essere richiesto per rilevare e monitorare tali patologie.

  • L’iperplasia delle cellule C è una patologia benigna che causa la crescita anomala delle cellule della tiroide. Essa non progredisce necessariamente in CMT
  • Il carcinoma midollare della tiroide è un carcinoma maligno in grado di diffondere oltre la tiroide e pertanto difficile da trattare se non diagnosticato precocemente

Il carcinoma midollare della tiroide è un raro tumore tiroideo e rappresenta circa il 5-10% di tutti i tumori della tiroide. Secondo i dati AIRTUM (Associazione Italiana dei Registri Tumori) i nuovi casi di tumore della tiroide attesi nel 2019 erano 12.200. In Italia, il tasso di mortalità per il tumore della tiroide è pari a 1/1.334 negli uomini e 1/1.220 nelle donne.Circa il 75% dei casi di carcinoma midollare della tiroide sono forme sporadiche, ossia che si manifestano in assenza di familiarità. La maggior parte dei casi di CMT sporadico hanno un picco di incidenza nella fascia d’età 40-50 anni e colpiscono più frequentemente le donne rispetto agli uomini.Nel 25% dei casi, invece, si tratta di forme associate a mutazioni ereditarie del gene RET, che portano allo sviluppo di neoplasie endocrine multiple di tipo 2 (MEN2). La sindrome MEN2 è associata a varie patologie, incluso il CMT ed il feocromocitoma. La mutazione del gene RET viene ereditata in maniera autosomica dominante; questo significa che la presenza di una sola delle due copie del gene RET mutato – sia esso di origine materna o paterna – è sufficiente ad aumentare il rischio di sviluppare CMT. La forma ereditaria di CMT, differentemente da quella sporadica, può manifestarsi anche in età giovanile e con la stessa prevalenza in entrambi i sessi.

The test measures the amount of calcitonin in the blood. Calcitonin is responsible for regulating blood calcium levels by inhibition of bone resorption and renal calcium reabsorption. However, the measurement of calcitonin is not useful in assessing the state of calcium metabolism, since its role in regulating serum calcium is minor compared to that played by parathyroid hormone (PTH) and 1,25-dihydroxy vitamin d.When two rare thyroid diseases are present – C-cell hyperplasia and Medullary Thyroid Carcinoma (MTC) – high levels of calcitonin are produced. Calcitonin testing may be ordered to detect and monitor these conditions.C-cell hyperplasia is a benign disorder that causes abnormal growth of thyroid cells. It does not necessarily progress to CMTMedullary thyroid cancer is a malignant cancer capable of spreading beyond the thyroid and therefore difficult to treat unless diagnosed earlyMedullary thyroid cancer is a rare thyroid cancer and accounts for approximately 5-10% of all thyroid cancers. According to AIRTUM (Italian Association of Cancer Registries) data, the new cases of thyroid cancer expected in 2019 were 12,200. In Italy, the mortality rate for thyroid cancer is 1/1,334 in men and 1/1,220 in women.Approximately 75% of cases of medullary thyroid cancer are sporadic forms, i.e. they occur in the absence of familiarity. Most cases of sporadic CMT have a peak incidence in the 40-50 age group and affect women more frequently than men.In 25% of cases, however, these are forms associated with hereditary mutations of the RET gene, which lead to the development of multiple endocrine neoplasms type 2 (MEN2). MEN2 syndrome is associated with various disorders, including CMT and pheochromocytoma. The RET gene mutation is inherited in an autosomal dominant manner; this means that the presence of only one of the two copies of the mutated RET gene – whether of maternal or paternal origin – is sufficient to increase the risk of developing CMT. The hereditary form of CMT, differently from the sporadic one, can also occur at a young age and with the same prevalence in both sexes.

CALPROTECTINA

Questo esame misura la concentrazione di calprotectina nelle feci, utile marcatore di infiammazione intestinale. La calprotectina è una proteina rilasciata da un particolare tipo di leucociti, chiamati neutrofili. In caso di infiammazione, i neutrofili vengono richiamati nell’intestino e rilasciano calprotectina, la cui concentrazione nelle feci aumenta.Le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD o MICI) ed alcune infezioni di origine batterica del tratto gastrointestinale, sono associate ad infiammazione intestinale. Esistono tuttavia delle patologie intestinali non infiammatorie associate a sintomi simili. La calprotectina fecale (CF) può essere un utile marcatore per la diagnosi differenziale tra patologie intestinali infiammatorie e non infiammatorie.LeMICI sono un gruppo di patologie croniche caratterizzate dall’infiammazione e dal danneggiamento dei tessuti di rivestimento del tratto intestinale. La causa delleMICI non è del tutto chiarita, ma alcune di queste patologie sono ritenute essere associate a processi autoimmuni attivati da predisposizione genetica, da virus e/o fattori ambientali. Le MICI più comuni sono il morbo di Crohn (CD) e la colite ulcerosa (UC).Le persone affette da MICI alternano tipicamente momenti di acutizzazione della malattia a periodi di remissione. Durante le fasi acute, il paziente può avere attacchi di diarrea (con anche sangue nelle feci), dolori addominali, perdita di peso e febbre. Nei momenti di remissione, che possono durare anche a lungo, i sintomi diminuiscono. Il test della CF può essere un utile ausilio, oltre che alla diagnosi differenziale tra le malattie intestinali infiammatorie e non infiammatorie, anche al monitoraggio della patologia. Pur non trattandosi di un test diagnostico per IBD, permette comunque di valutare lo stato infiammatorio intestinale.

This test measures the concentration of calprotectin in the stool, a useful marker of intestinal inflammation. Calprotectin is a protein released by a particular type of leukocytes, called neutrophils. In the event of inflammation, neutrophils are called into the intestine and release calprotectin, the concentration of which in the stool increases.Inflammatory bowel disease (IBD or IBD) and some bacterial infections of the gastrointestinal tract are associated with intestinal inflammation. However, there are some non-inflammatory bowel diseases associated with similar symptoms. Faecal calprotectin (CF) may be a useful marker for the differential diagnosis between inflammatory and non-inflammatory bowel disease.MICIs are a group of chronic pathologies characterized by inflammation and damage to the lining tissues of the intestinal tract. The cause of IBDs is not fully understood, but some of these pathologies are believed to be associated with autoimmune processes activated by genetic predisposition, viruses and/or environmental factors. The most common IBDs are Crohn’s disease (CD) and ulcerative colitis (UC).People with IBD typically alternate periods of exacerbation of the disease with periods of remission. During the acute phases, the patient may have bouts of diarrhea (also with blood in the stool), abdominal pain, weight loss and fever. In moments of remission, which can last for a long time, the symptoms decrease. The CF test can be a useful aid, in addition to the differential diagnosis between inflammatory and non-inflammatory bowel diseases, also in the monitoring of the pathology. Although it is not a diagnostic test for IBD, it still allows to evaluate the intestinal inflammatory state.

CANNABINOIDI

I cannabinoidi o cannabinoli sono sostanze chimiche di origine naturale, biochimicamente classificate. Sono tutti accomunati dalla capacità di interagire con i ricettori cannabinoidi del nostro organismo.Ci sono tre tipi di cannabinoidi: fitocannabinoid, endocannabinoidi e cannabinoidi sintetici

  • I fitocannabinoidi sono derivati dalla pianta Cannabis Sativa L. (canapa). Finora ne sono stati scoperti circa 70 ed i più conosciuti sono il 9-teatraidrocannabinolo (9-THC), il cannabidiolo (CBD) e il cannabinolo (CBN).
  • Gli endocannabinoidi, tra cui l’2-arachidonico la glicerina (2-AG) e l’N-arachidonilico-dopamina (NADA), sono invece endogeni, ovvero sintetizzati all’interno delle cellule neuronali degli organismi animali (tra cui il corpo umano).
  • Infine, grazie alla conoscenza sulle relazioni e le strutture dei differenti tipi di cannabinoidi, ricercatori hanno progettato cannabinoidi sintetici nei laboratori come il nabilone e il naboctato, che posseggono proprietà terapeutiche.

Cannabinoids or cannabinols are chemical substances of natural origin, biochemically classified. They all have in common the ability to interact with the cannabinoid receptors in our body.There are three types of cannabinoids: phytocannabinoids, endocannabinoids and synthetic cannabinoids.Phytocannabinoids are derived from the plant Cannabis Sativa L. (hemp). About 70 have been discovered so far and the best known are 9-theatrahydrocannabinol (9-THC), cannabidiol (CBD) and cannabinol (CBN).Endocannabinoids, including 2-arachidonic acid, glycerin (2-AG) and N-arachidonyl-dopamine (NADA), are instead endogenous, i.e. synthesized within the neuronal cells of animal organisms (including the human body ).Finally, thanks to the knowledge about the relationships and structures of different types of cannabinoids, researchers have engineered synthetic cannabinoids in laboratories such as nabilone and naboctate, which possess therapeutic properties.

CARBAMAZEPINA

La carbamazepina è un farmaco usato principalmente nel trattamento di alcune patologie convulsive (soprattutto epilessia), ma viene prescritto anche per la stabilizzazione dell’umore in persone affette da disturbi bipolari, per facilitare l’astensione dall’alcol e per alleviare alcuni tipi di dolore neurologico. Può essere prescritta da sola o in combinazione con altri farmaci antiepilettici. Questo test misura la concentrazione di carbamazepina nel circolo ematico.I livelli di carbamazepina devono essere monitorati per mantenere il farmaco all’interno dell’intervallo terapeutico(intervallo di concentrazione all’interno del quale il farmaco è efficace senza essere tossico). Se i livelli di farmaco sono troppo bassi, il paziente può manifestare i sintomi della malattia (ad esempio crisi epilettiche, crisi maniacali, o dolore); livelli troppo alti possono invece portare alla comparsa degli effetti collaterali tossici. Il raggiungimento di questo equilibrio può essere difficile per diversi motivi:

  • Le dosi orali di carbamazepina possono essere assorbite dal tratto gastrointestinale in modo variabile.
  • Poiché la carbamazepina viene metabolizzata dal fegato, qualsiasi fattore in grado di influenzare la funzionalità epatica, può influenzare anche i livelli del farmaco.
  • Dopo l’assunzione prolungata di carbamazepina, il farmaco induce il suo stesso metabolismo.
  • La maggior parte del farmaco è legato alle proteine plasmatiche, ma la forma attiva è quella libera. Qualsiasi condizione che influenzi il legame del farmaco alla proteina è in grado di influenzare l’efficacia della terapia. Ad esempio possono essere fattori discriminanti la bassa concentrazione di albumina, la presenza di insufficienza renale o l’età del paziente (neonati o soggetti anziani).
  • Anche un metabolita della carbamazepina, la carbamazepina-10,11-epossido, è attivo e contribuisce a determinare l’effetto del farmaco.
  • Molti farmaci, assunti in associazione alla carbamazepina, possono interagire o influenzarne il metabolismo ed i livelli plasmatici.

I dosaggi della carbamazepina devono essere aggiustati fino a quando non viene raggiunta una concentrazione costante. La dose di farmaco che permette il raggiungimento di questa concentrazione costante è soggettiva, e può quindi cambiare nel tempo.La carbamazepina necessita di solito di monitoraggio a lungo termine essendo prescritta nel trattamento di epilessia cronica, disturbi bipolari, nevralgia del trigemino e dolore ai nervi causato dal diabete.L’epilessia influenza le capacità del sistema nervoso centrale nella trasmissione e nella regolazione dell’impulso nervoso. Nel corso di una crisi epilettica, il paziente può presentare alterazioni dello stato di coscienza, della vista, dell’olfatto e del gusto, e può manifestare episodi convulsivi. La frequenza delle crisi epilettiche può variare da un singolo episodio, a episodi occasionali fino a crisi ricorrenti. La carbamazepina viene prescritta per prevenire specifici tipi di crisi epilettiche ricorrenti.Il disturbo bipolare è una patologia caratterizzata da un alternarsi di episodi depressivi e maniacali che possono durare giorni, settimane, mesi o anni. Durante un episodio depressivo il paziente può essere triste, privo di speranza, astenico ed essere pervaso da pensieri di suicidio. Durante un episodio maniacale, il paziente può sentirsi euforico, essere irritabile, perdere la capacità di giudizio e intraprendere comportamenti rischiosi. La carbamazepina viene prescritta in pazienti con disturbi bipolari come stabilizzatore dell’umore, per prevenire perlopiù la fase maniacale.La nevralgia del trigemino è una patologia associata a dolore del nervo facciale, spasmi muscolari e coreoatetosi parossistica, una patologia con disturbi del movimento che determina la presenza di disturbi involontari degli arti, del tronco e dei muscoli facciali. Anche questa patologia viene talvolta trattata con la carbamazepina. Nel 10-20% delle persone affette da diabete mellito può essere presente dolore neuropatico periferico in grado di influenzare le attività, l’umore e il sonno.

Carbamazepine is a drug mainly used in the treatment of some seizure disorders (especially epilepsy), but it is also prescribed for mood stabilization in people with bipolar disorders, to facilitate alcohol abstention and to relieve some types of pain neurological. It can be prescribed alone or in combination with other antiepileptic drugs. This test measures the concentration of carbamazepine in the bloodstream.Carbamazepine levels must be monitored to keep the drug within the therapeutic range (concentration range within which the drug is effective without being toxic). If drug levels are too low, the patient may experience disease symptoms (eg, seizures, manic seizures, or pain); too high levels can instead lead to the appearance of toxic side effects. Striking this balance can be difficult for several reasons:Oral doses of carbamazepine can be absorbed from the gastrointestinal tract to a variable extent.Since carbamazepine is metabolized by the liver, any factor that affects liver function can also affect drug levels.After prolonged intake of carbamazepine, the drug induces its own metabolism.Most of the drug is bound to plasma proteins, but the active form is the free form. Any condition that affects the binding of the drug to the protein can affect the effectiveness of the therapy. For example, the low concentration of albumin, the presence of renal insufficiency or the age of the patient (infants or elderly subjects) can be discriminating factors.A metabolite of carbamazepine, carbamazepine-10,11-epoxide, is also active and contributes to the drug’s effect.Many drugs, taken in combination with carbamazepine, can interact or influence its metabolism and plasma levels.Dosages of carbamazepine should be adjusted until a constant concentration is achieved. The dose of drug that allows the achievement of this constant concentration is subjective, and can therefore change over time.Carbamazepine usually needs long-term monitoring as it is prescribed in the treatment of chronic epilepsy, bipolar disorders, trigeminal neuralgia and nerve pain caused by diabetes.Epilepsy affects the ability of the central nervous system to transmit and regulate nerve impulses. During an epileptic seizure, the patient may have changes in consciousness, vision, smell and taste, and may experience seizures. The frequency of epileptic seizures can vary from a single episode, to occasional episodes up to recurrent seizures. Carbamazepine is prescribed to prevent specific types of recurrent seizures.Bipolar disorder is a disorder characterized by alternating depressive and manic episodes that can last days, weeks, months or years. During a depressive episode the patient may be sad, hopeless, asthenic and be pervaded by thoughts of suicide. During a manic episode, the patient may feel euphoric, be irritable, lose judgment, and engage in risky behaviors. Carbamazepine is prescribed in patients with bipolar disorder as a mood stabilizer, mostly to prevent the manic phase.Trigeminal neuralgia is a disorder associated with facial nerve pain, muscle spasms, and paroxysmal choreoathetosis, a movement disorder disorder that results in involuntary disturbances of the limbs, trunk, and facial muscles. This condition is also sometimes treated with carbamazepine. Peripheral neuropathic pain may be present in 10-20% of people with diabetes mellitus which can affect activity, mood and sleep.

CARDIOLIPINA (Anticorpi IgG/IgM)

Gli anticorpi anti-cardiolipina sono autoanticorpi prodotti dal sistema immunitario, in grado di attaccare la cardiolipina, una molecola espressa sulla superficie di numerose cellule e piastrine, del suo stesso organismo. Questi autoanticorpi possono influenzare le capacità dell’organismo di regolare la coagulazione sanguigna con modalità attualmente non del tutto chiarite. Questo test rileva la presenza degli anticorpi anti-cardiolipina nel circolo ematico.La cardiolipina, così come altri fosfolipidi, è un fattore importante nella regolazione del processo emostatico. La presenza di autoanticorpi anti-cardiolipina aumenta il rischio di sviluppare una frequente e inappropriata formazione di coaguli (trombi) sia al livello venoso che arterioso, determinando patologie come la Trombosi Venosa Profonda, che interessa gli arti inferiori, o l’Embolia Polmonare. Spesso la presenza di questi anticorpi è associata anche a trombocitopenia (basso numero di piastrine), aborti spontanei multipli (in particolare nel secondo e terzo trimestre di gravidanza), parto prematuro e pre-eclampsia.Gli anticorpi anti-cardiolipina sono i più comuni anticorpi anti-fosfolipidi riscontrati e fanno parte di un gruppo di autoanticorpi correlati a patologie autoimmuni caratterizzate dall’ipercoagulazione, come il lupus. Spesso vengono rilevati insieme ad altri anticorpi anti-fosfolipidi, come il lupus anticoagulant (LAC) e l’anti-beta 2 glicoproteiona 1. talvolta possono comparire in maniera transitoria in persone affette da infezioni acute, HIV/AIDS, alcuni tipi di cancro e nelle persone anziane o sotto terapia con particolari farmaci come la fenitoina, la penicillina e la procainamide.La sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) è una patologia caratterizzata da episodi trombotici frequenti, aborti spontanei multipli, presenza di anticorpi anti-cardiolipina e/o altri anticorpi anti-fosfolipidi. Si distingue APS primaria e secondaria. L’APS primaria non è necessariamente associata con la presenza di un disordine autoimmune, mentre la secondaria sì.

Anti-cladiolypine antibodies are self-anti-actor produced by the immune system, capable of attacking cardiolypine, a molecule expressed on the surface of numerous cells and platelets, of its own organism. These autoantibodies can influence the body’s ability to regulate blood coagulation in a way that is not completely clarified. This test detects the presence of anti-cardiolypine antibodies in the blood circulation.Cardiolypine, as well as other phospholipids, is an important factor in regulating the hemostatic process. The presence of anti-cladiolypine autoantibodies increases the risk of developing a frequent and inappropriate formation of clots (trombs) both at the venous and arterial level, determining pathologies such as deep venous thrombosis, which affects the lower limbs, or pulmonary embolism. Often the presence of these antibodies is also associated with trombocytopenia (low number of platelets), multiple spontaneous abortions (in particular in the second and third quarter of pregnancy), premature birth and pre-eclampsia.Anti-corodiolipine antibodies are the most common anti-phospalypid antibodies found and are part of a group of self-anti-actor related to autoimmune pathologies characterized by hypercoagulation, such as lupus. Often they are detected together with other anti-phospholipid antibodies, such as the Lupus Anticoagulant (LAC) and the anti-beaa 2 glycoproteion 1. Sometimes they can appear transient in people with acute infections, HIV/AIDS, some types of cancer and In elderly people or under therapy with particular drugs such as phenytoin, penicillin and procainamide.Antifospholipid antibodies syndrome (APS) is a pathology characterized by frequent thrombotic episodes, multiple spontaneous abortions, the presence of anti-cardiolipine antibodies and/or other anti-phospholipid antibodies. Primary and secondary APS is distinguished. The primary APS is not necessarily associated with the presence of an autoimmune disorder, while the secondary is yes.

CATECOLAMINE TOTALI URINARIE

Le catecolamine sono un gruppo di sostanze simili rilasciate nel sangue in risposta a stress fisici o emotivi. Le principali sono dopamina, epinefrina (adrenalina) e norepinefrina (noradrenalina). L’esame delle catecolamine misura la concentrazione di questi ormoni nel sangue e/o nell’urina. Normalmente l’esame delle urine è il più indicato dei due, infatti anche solo lo stress che precede il prelievo può aumentare il livello di catecolamine nel sangue.Le catecolamine possono essere prodotte dalle cellule del sistema nervoso simpatico o dalla midollare (porzione interna) delle ghiandole surrenali, piccoli organi di forma triangolare localizzati sopra i reni. Una volta rilasciate nel sangue, le catecolamine contribuiscono a trasmettere gli impulsi nervosi al cervello, aumentano la disponibilità di glucosio e acidi grassi per favorire la produzione di energia, dilatano i bronchioli e le pupille. La noradrenalina inoltre provoca la costrizione dei vasi sanguigni, aumentando la pressione arteriosa: l’adrenalina accelera il battito cardiaco e il metabolismo.Dopo aver svolto la loro azione, le catecolamine sono metabolizzate a forme inattive. La dopamina diventa acido omovanilico (HVA), la noradrenalina si trasforma in normetanefrina e acido vanilmandelico (VMA) e l’adrenalina diventa metanefrina e VMA. Sia gli ormoni che i loro metaboliti vengono escreti nell’urina.Normalmente le catecolamine e i loro metaboliti sono presenti nell’urina in piccole concentrazioni fluttuanti, che aumentano in modo apprezzabile durante e subito dopo l’esposizione allo stress. Tuttavia, rari tumori chiamati feocromocitomi e paragangliomi (definiti nel complesso PGL), possono produrre grandi quantità di catecolamine, con conseguente aumento della loro concentrazione sia nel sangue che nell’urina. Ciò può provocare ipertensione persistente ed episodica grave, accompagnata da forte mal di testa. Altri sintomi associati a questo fenomeno sono tachicardia, sudorazione eccessiva, nausea, ansia e formicolio alle estremità.Il feocromocitoma e il paraganglioma sono malattie rare: ad eccezione di pochissimi casi, la maggior parte sono benigni, cioè non si diffondono fuori dalla sede primaria. Se non trattato, però, il tumore può crescere e i sintomi peggiorare. Nel tempo, l’ipertensione dovuta al tumore può causare danno renale, patologie cardiache e aumentare il rischio di ictus e infarti.Le catecolamine urinarie e plasmatiche possono essere di supporto nel determinare la presenza di feocromocitoma. E’ molto importante diagnosticare e trattare precocemente queste rare forme tumorali, in quanto l’ipertensione che provocano è potenzialmente curabile. Nella maggior parte dei casi possono essere rimossi chirurgicamente e/o trattati, riducendo così la quantità di catecolamine prodotte ed eliminando o attenuando i sintomi e le complicanze ad esse associate.

Catecholamines are a group of similar substances released into the blood in response to physical or emotional stress. The main ones are dopamine, epinephrine (adrenaline) and norepinephrine (noradrenaline). The catecholamine test measures the concentration of these hormones in the blood and/or urine. Normally the urine test is the more indicated of the two, in fact even just the stress that precedes the sampling can increase the level of catecholamines in the blood.Catecholamines can be produced by cells of the sympathetic nervous system or by the medulla (inner portion) of the adrenal glands, small triangular-shaped organs located above the kidneys. Once released into the blood, catecholamines help transmit nerve impulses to the brain, increase the availability of glucose and fatty acids to promote energy production, dilate the bronchioles and pupils. Noradrenaline also causes blood vessels to constrict, increasing blood pressure: adrenaline accelerates the heart rate and metabolism.After performing their action, catecholamines are metabolized to inactive forms. Dopamine becomes homovanilic acid (HVA), norepinephrine turns into normatanephrine and vanilmandelic acid (VMA), and adrenaline becomes metanephrine and VMA. Both hormones and their metabolites are excreted in the urine.Normally catecholamines and their metabolites are present in urine in small fluctuating concentrations, which increase appreciably during and immediately after exposure to stress. However, rare tumors called pheochromocytomas and paragangliomas (collectively referred to as PGL), can produce large amounts of catecholamines, resulting in increased concentrations in both blood and urine. This can result in severe persistent and episodic hypertension accompanied by severe headache. Other symptoms associated with this phenomenon are rapid heartbeat, excessive sweating, nausea, anxiety and tingling in the extremities.Pheochromocytoma and paraganglioma are rare diseases: with the exception of very few cases, most are benign, that is, they do not spread outside the primary site. If left untreated, however, the tumor can grow and symptoms worsen. Over time, high blood pressure from cancer can cause kidney damage, heart disease, and increase the risk of strokes and heart attacks.Plasma and urine catecholamines may be helpful in determining the presence of pheochromocytoma. It is very important to diagnose and treat these rare forms of cancer early, as the hypertension they cause is potentially curable. In most cases they can be surgically removed and/or treated, thus reducing the amount of catecholamines produced and eliminating or alleviating the symptoms and complications associated with them.

CATENE LEGGERE CAPPA – LAMBDA

Le catene leggere (light chains) sono catene proteiche prodotte da un tipo di cellule immunitarie chiamate plasmacellule. Esistono due tipi di catene leggere, chiamate kappa e lambda (κ e λ); queste si associano, in maniera mutuamente esclusiva, ad altre proteine (catene pesanti o heavy chains) a formare le immunoglobuline (anticorpi). Le immunoglobuline così formate (IgG, IgA, IgM, IgD, IgE, kappa o lambda) sono responsabili del riconoscimento e neutralizzazione di batteri o virus che potrebbero attaccare l’organismo. Le plasmacellule producono fisiologicamente una piccola quantità in più di catene leggere rispetto alle catene pesanti. Questo comporta la presenza nel sangue di piccole quantità di catene leggere libere (FLC o catene leggere libere sieriche – SFLC), ossia non legate nelle immunoglobuline intere. Questo esame consiste nella misura della concentrazione di FLC kappa e lambda (κFLC e λFLC) nel sangue e nel calcolo del rapporto tra catene kappa/lambda. L’alterazione di questi parametri fornisce indicazioni diagnostiche, prognostiche e nel monitoraggio delle discrasie plasmacellulari associate all’aumentata produzione di FLC.Ciascun tipo di immunoglobulina (IgG, IgA, IgM, IgD, IgE) è composta da quattro catene proteiche: due catene pesanti identiche tra loro (γ, α, μ, δ, ε) e due catene leggere identiche tra loro (κ o λ). Una plasmacellula produce solo un tipo di immunoglobulina. In un gruppo di patologie chiamate discrasie plasmacellulari o gammopatie monoclonali le cellule vanno incontro a trasformazione neoplastica e cominciano a moltiplicarsi in maniera incontrollata, producendo un grande numero di copie di sé stesse (cloni) e spiazzando via le altre cellule dal midollo osseo. Il clone neoplastico, originatosi da una singola plasmacellula, produce così un gran numero di immunoglobuline di un solo tipo, dette monoclonali (proteine-M o componenti monoclonali). Nel siero dei pazienti è pertanto possibile rilevare grandi quantità di componente monoclonale che può essere costituita da immunoglobuline intere, catene leggere libere o raramente catene pesanti.Le patologie associate ad una produzione eccessiva di FLC sono il Mieloma Multiplo, l’ MGUS (gammopatie monoclonali di significato indeterminato, una particolare condizione clinica che può evolvere in mieloma multiplo) e l’ amiloidosi (primaria) a catene leggere. Nelle fasi iniziali queste patologie possono essere asintomatiche, ma possono progressivamente causare dolori alle ossa e fratture, anemia, astenia, perdita di peso e disfunzione renale.

Light chains are protein chains produced by a type of immune cell called plasma cells. There are two types of light chains, called kappa and lambda (κ and λ); these associate, in a mutually exclusive manner, with other proteins (heavy chains) to form immunoglobulins (antibodies). The immunoglobulins thus formed (IgG, IgA, IgM, IgD, IgE, kappa or lambda) are responsible for recognizing and neutralizing bacteria or viruses that could attack the body. Plasma cells physiologically produce a little more light chains than heavy chains. This involves the presence in the blood of small quantities of free light chains (FLC or serum free light chains – SFLC), i.e. unbound in whole immunoglobulins. This test consists in measuring the concentration of kappa and lambda FLC (κFLC and λFLC) in the blood and calculating the ratio between kappa/lambda chains. The alteration of these parameters provides diagnostic, prognostic and monitoring indications of the plasma cell dyscrasias associated with the increased production of FLC.Each type of immunoglobulin (IgG, IgA, IgM, IgD, IgE) is composed of four protein chains: two identical heavy chains (γ, α, μ, δ, ε) and two identical light chains (κ or λ ). A plasma cell produces only one type of immunoglobulin.In a group of disorders called plasma cell dyscrasias or monoclonal gammopathies, cells undergo neoplastic transformation and begin to multiply uncontrollably, making large numbers of copies of themselves (clones) and crowding out other cells from the bone marrow. The neoplastic clone, originating from a single plasma cell, thus produces a large number of immunoglobulins of a single type, called monoclonal (M-proteins or monoclonal components). In patient serum it is therefore possible to detect large amounts of monoclonal component which may consist of whole immunoglobulins, free light chains or rarely heavy chains.The pathologies associated with an excessive production of FLC are multiple myeloma, MGUS (monoclonal gammopathies of undetermined significance, a particular clinical condition that can evolve into multiple myeloma) and light chain amyloidosis (primary). In the initial stages these conditions may be asymptomatic, but may progressively cause bone pain and fractures, anemia, fatigue, weight loss and renal dysfunction.

CDT – TRANSFERRINA DESIALATA

La CDT (Carbohydrate-Deficient Transferrin), o transferrina desialata, è un indicatore di abuso cronico di alcol, poiché il consumo eccessivo modifica la struttura della transferrina, una proteina che trasporta il ferro nel sangue. Il test per la CDT misura i livelli di questa proteina anomala e viene utilizzato per diagnosticare e monitorare il consumo prolungato di alcol.  Transferrina: è una proteina che trasporta il ferro nel sangue.  Desialata: si riferisce alla perdita di residui di acido sialico, le “codine” di zuccheri, nella struttura della proteina. L’abuso cronico di alcol altera il processo di glicosilazione della transferrina, causando un aumento delle forme “desialate” (a basso o nullo contenuto di acido sialico), come la CDT.  Diagnosi di abuso cronico di alcol: È considerato un marcatore sensibile e specifico per l’abuso di alcol.  Monitoraggio dell’astinenza: Viene usato per verificare l’aderenza alla terapia e l’astinenza da alcol, specialmente in pazienti in trattamento.  Verifica in ambito medico-legale: È un esame richiesto per questioni come il rinnovo della patente o il rilascio del porto d’armi dopo una sospensione legata all’abuso di alcol.

Generalmente sono considerati normali i valori inferiori al 2% della transferrina totale.  Un valore elevato può indicare un abuso cronico di alcol, ma anche essere associato ad altre patologie del fegato o a varianti genetiche.  In caso di astinenza dall’alcol, il valore di CDT si dimezza in circa due settimane, normalizzandosi completamente in circa quattro settimane.
CDT (Carbohydrate-Deficient Transferrin), or transferrin desialata, is an indicator of chronic alcohol abuse, as excessive consumption changes the structure of transferrin, a protein that carries iron in the blood. The CDT test measures the levels of this abnormal protein and is used to diagnose and monitor prolonged alcohol consumption.  Transferrin: is a protein that transports iron in the blood.  Desialate: Refers to the loss of sialic acid residues, the “tails” of sugars, in the structure of the protein. Chronic alcohol abuse alters the glycosylation process of transferrin, causing an increase in “desialated” forms (with low or no sialic acid content), such as CDT.  Diagnosis of chronic alcohol abuse: It is considered a sensitive and specific marker for alcohol abuse.  Withdrawal monitoring: It is used to check adherence to therapy and alcohol withdrawal, especially in patients undergoing treatment.  Verification in the medico-legal field: It is an exam required for issues such as the renewal of the license or the issuing of a gun license after a suspension linked to alcohol abuse. 
Values below 2% of total transferrin are generally considered normal.  A high value can indicate chronic alcohol abuse, but also be associated with other liver diseases or genetic variants.  In case of abstinence from alcohol, the CDT value halves in about two weeks, completely normalizing in about four weeks. 
CDT TRANSFERRINA DESIALATA

Gli importanti effetti clinici e sociali dell’abuso dell’alcol hanno da tempo reso necessario sostituire indagini generiche sulle condizioni del fegato e dell’emocromo con markers tossicologici più specifici. La transferrina desialata (Carboydrate-deficient Transferrin – CDT) è un marker diagnostico estremamente sensibile e specifico per dimostrare la cronica assunzione di alcool. La transferrina è una glicoproteina di trasporto del ferro formata da una singola catena polipeptidica con due catene polisaccaridiche legate all’azoto. Queste catene polisaccaridiche sono ramificate con residui di acido sialico terminale. La transferrina umana è presente in diverse isoforme con gradi diversi di sializzazione. Sembra che le isoforme siano almeno 6: penta, tetra, tri, di, mono e asialo-transferrina e in un individuo non dedito all’abuso d’alcol dovrebbe prevalere la forma tetra-sialo. In seguito al consumo eccessivo e prolungato di alcol si riscontra invece un’aumentata presenza delle forme a-sialo, mono-sialo, di-sialo.

The important clinical and social effects of alcohol abuse have long made it necessary to replace generic investigations of liver conditions and blood counts with more specific toxicological markers. Desialated transferrin (Carboydrate-deficient Transferrin – CDT) is an extremely sensitive and specific diagnostic marker to demonstrate chronic alcohol intake. Transferrin is an iron transport glycoprotein consisting of a single polypeptide chain with two nitrogen-linked polysaccharide chains. These polysaccharide chains are branched with terminal sialic acid residues. Human transferrin is present in several isoforms with different degrees of sialization. It seems that there are at least 6 isoforms: penta, tetra, tri, di, mono and asialo-transferrin and in an individual not addicted to alcohol abuse the tetra-sial form should prevail. However, following excessive and prolonged consumption of alcohol, there is an increased presence of the forms a-sialo, mono-sialo, di-sialo.

CEA Antigene carcinoembrionario

L’antigene carcinoembrionario (CEA) è una proteina fisiologicamente presente in alcuni tessuti del feto, la cui concentrazione diminuisce fino a livelli molto bassi dopo la nascita. Negli adulti i livelli ematici di CEA sono ridotti, ma possono aumentare nei soggetti affetti da alcuni tipi di cancro. Questo esame misura la concentrazione di CEA nel sangue come supporto nella valutazione clinica dei pazienti neoplastici. Il CEA è un marcatore tumorale che, inizialmente, era considerato specifico per il cancro del colon. Tuttavia, successivamente è stato dimostrato che il suo aumento può verificarsi in vari tipi di tumore. Inoltre, il CEA può risultare aumentato in alcune condizioni cliniche non cancerogene, quali cirrosi, ulcera peptica, polipi rettali, enfisema, pancreatite, malattie infiammatorie croniche intestinali quali colite ulcerosa e diverticolite, colecistite, patologie benigne della mammella e nei fumatori. Pertanto, l’antigene carcinoembrionario non può essere utilizzato come esame di screening nella popolazione generale, bensì come test di follow-up per valutare la responsività alla terapia. Nei pazienti con diagnosi di cancro può essere richiesto il test del CEA prima dell’inizio della terapia, per stabilirne il livello basale. Se la concentrazione risulta elevata, viene eseguita la misura seriata nel tempo del CEA per il monitoraggio del tumore durante il trattamento.

Carcinoembryonic antigen (CEA) is a protein physiologically present in some fetal tissues, the concentration of which decreases to very low levels after birth. CEA blood levels are low in adults, but can increase in people with some types of cancer. This test measures the concentration of CEA in the blood as an aid in the clinical evaluation of cancer patients.CEA is a tumor marker that was initially considered specific for colon cancer. However, it was later shown that its increase can occur in various types of tumors. In addition, CEA may be increased in some non-cancerous clinical conditions, such as cirrhosis, peptic ulcer, rectal polyps, emphysema, pancreatitis, inflammatory bowel disease such as ulcerative colitis and diverticulitis, cholecystitis, benign breast disease, and in smokers. Therefore, carcinoembryonic antigen cannot be used as a screening test in the general population, but as a follow-up test to evaluate responsiveness to therapy. In patients diagnosed with cancer, CEA testing may be ordered prior to initiation of therapy to establish the baseline level. If the concentration is elevated, time-series CEA measurements are performed to monitor the tumor during treatment.

CELIACHIA, DETERMINAZIONE RISCHIO GENETICO

La celiachia è una malattia autoimmune caratterizzata da un’inappropriata risposta immunitaria al glutine, una proteina presente nel grano, nella segale e nell’orzo. Gli esami sierologici della celiachia sono utili nella diagnosi e nel monitoraggio della celiachia e di altri disturbi relativi all’intolleranza del glutine e rilevano gli autoanticorpi (prodotti come risposta immunitaria) nel sangue del soggetto affetto.La risposta immunitaria inappropriata causa infiammazione dell’intestino tenue con conseguente danneggiamento e distruzione dei villi che ricoprono il lume intestinale. I villi sono estroflessioni, ripiegamenti del tessuto verso l’esterno, che aumentano la superficie intestinale permettendo l’assorbimento di nutrienti, vitamine, minerali, fluidi ed elettroliti. Se una persona affetta da celiachia ingerisce il glutine, il suo sistema immunitario produce autoanticorpi diretti contro una parte costituente dei villi intestinali. Il danneggiamento e la distruzione dei villi, determinano il ridotto assorbimento di cibo: per questo motivo la persona affetta sviluppa sintomi associati alla malnutrizione e al malassorbimento.L’analisi di un frammento di tessuto prelevato con una biopsia dell’intestino tenue è tuttora considerata il “gold standard”, ovvero l’esame di conferma per la diagnosi di celiachia, ma la disponibilità di altri esami non invasivi ha ridotto il numero di biopsie richieste.La malattia celiaca oggi non si presenta più come una patologia monomorfica e rara ma come un quadro clinico polimorfo da sensibilità al glutine presente in molte patologie autoimmuni e non. Studi recenti hanno segnalato l’esistenza di una possibile associazione tra l’enteropatia da glutine e manifestazioni cliniche relative al sistema riproduttivo (sterilità, aborti ricorrenti, oligo/azospermia), disturbi neurologici (epilessia, parestesie, neuropatia periferica, demenza presenile, patologia cerebellare) e altro (dermatite erpetiforme, tiroidite autoimmune, alopecia).Screening di massa hanno evidenziato un’intolleranza al glutine geneticamente determinata nell’1% della popolazione.Numerosi autori hanno dimostrato che gli HLA di classe II DQ2 e DQ8 sono presenti in oltre il 90% dei soggetti celiaci, a fronte di una frequenza, nella popolazione generale, pari a circa il 25%. La presenza di questi aplotipi, indagata dal test genetico, è sufficiente per definire il rischio di un soggetto a manifestare la malattia e quindi la necessità o meno di essere indirizzato al successivo iter diagnostico (test sierologici e biopsia intestinale, esame ovviamente invasivo) atto a formalizzare la diagnosi.L’assenza, rilevata dal test genetico, degli aplotipi DQ2 e DQ8 ha invece un elevato, se non assoluto, valore predittivo negativo nella diagnosi di celiachia in quanto riduce al 2% la possibilità di sviluppare celiachia.

Celiac disease is an autoimmune disease characterized by an inappropriate immune response to gluten, a protein found in wheat, rye and barley. Serologic tests for celiac disease are useful in diagnosing and monitoring celiac disease and other gluten intolerance disorders and detect autoantibodies (produced as an immune response) in the affected person’s blood.The inappropriate immune response causes inflammation of the small intestine resulting in damage and destruction of the villi lining the intestinal lumen. Villi are outward folds of tissue that increase intestinal surface area, allowing for the absorption of nutrients, vitamins, minerals, fluids, and electrolytes. If a person with celiac disease ingests gluten, his immune system produces autoantibodies directed against a constituent part of the intestinal villi. The damage and destruction of the villi, determine the reduced absorption of food: for this reason the affected person develops symptoms associated with malnutrition and malabsorption.The analysis of a tissue fragment taken with a biopsy of the small intestine is still considered the “gold standard”, i.e. the confirmatory test for the diagnosis of celiac disease, but the availability of other non-invasive tests has reduced the number of required biopsies.Celiac disease today no longer presents itself as a monomorphic and rare pathology but as a polymorphic clinical picture of gluten sensitivity present in many autoimmune and non-autoimmune pathologies. Recent studies have reported the existence of a possible association between gluten enteropathy and clinical manifestations relating to the reproductive system (sterility, recurrent miscarriages, oligo/azospermia), neurological disorders (epilepsy, paraesthesia, peripheral neuropathy, presenile dementia, cerebellar pathology ) and others (herpetiform dermatitis, autoimmune thyroiditis, alopecia).Mass screenings have highlighted a genetically determined gluten intolerance in 1% of the population.Numerous authors have demonstrated that class II HLA DQ2 and DQ8 are present in over 90% of celiac subjects, compared with a frequency in the general population of approximately 25%. The presence of these haplotypes, investigated by the genetic test, is sufficient to define the risk of a subject to manifest the disease and therefore the need or not to be directed to the subsequent diagnostic procedure (serological tests and intestinal biopsy, obviously invasive examination) suitable for formalize the diagnosis.The absence, detected by the genetic test, of the DQ2 and DQ8 haplotypes has instead a high, if not absolute, negative predictive value in the diagnosis of celiac disease as it reduces the possibility of developing celiac disease to 2%.

CELLULE L.E.

Il metabolismo del ferro a carico del sistema immunitario potrebbe essere associato all’insorgere del Lupus eritematoso sistemico (Les). E’ questa la conclusione a cui è giunto uno studio pubblicato di recente sulla rivista Science che ha analizzato il ruolo delle cosiddette “cellule T”, un particolare tipo di anticorpi dal comportamento patologico.  Un’altra ricerca, pubblicata sempre su Science, ha indagato invece il comportamento di altri linfociti nella medesima patologia in ambito nefrologico, evidenziando la capacità delle “cellule B” di sopravvivere nei reni nonostante il forte accumulo di sodio all’interno di questi organi.  Secondo la prima indagine, le cosiddette “cellule T” svolgerebbero un ruolo importante nello scatenarsi del Les, mostrando un atteggiamento anomalo già a livello metabolico, in particolare nel metabolismo del ferro. Infatti, attraverso i risultati dell’inibizione del recettore della transferrina (CD71) nella membrana cellulare di questi linfociti, si è potuto concludere che il livello di assorbimento del ferro nell’organismo potrebbe essere associato all’insorgere della malattia, e che una sua riduzione potrebbe migliorare la condizione dei pazienti malati, come mostrano gli esperimenti sulle cavie, che riscontrano un miglioramento nelle funzionalità renali.

Anche il secondo articolo ha analizzato il rapporto tra l’ambito nefrologico e i linfociti, puntando in particolare sul comportamento anomalo delle cosiddette “cellule B”, le quali riescono a sopravvivere all’interno dei reni nonostante l’alta concentrazione di sodio, che, normalmente, è un fattore di rischio per la diminuzione delle popolazioni di linfociti. Un comportamento questo che riguarda una serie di malattie autoimmuni, Les compreso. Science riporta che il 10% delle morti per Lupus derivano dalle nefriti causate dal deposito di anticorpi in questi organi. Il meccanismo alla base della sopravvivenza di questi anticorpi non è ancora noto, ma lo studio mostra come queste cellule riuscirebbero a sopravvivere grazie all’azione della cosiddetta pompa sodio-potassio presente nella loro membrana, perpetuando il loro comportamento patologico a carico dei reni. Un’inibizione di questo enzima potrebbe, perciò, permettere un migliore funzionamento dell’apparato urinario, riducendo oltretutto il livello di proteinuria.

Il Lupus eritematoso sistemico è una malattia autoimmune, infiammatoria e sistemica di tipo cronico. Si presenta come una dermatosi della pelle nella zona del volto e in particolare del naso. Può tuttavia colpire un elevato numero di organi, anche interni, come reni, polmoni, cuore, cellule del sangue e persino neuroni, il che la rende di difficile e lenta identificazione. Il nome della malattia potrebbe derivare dal tipico sfogo all’altezza del naso, che ricorda la maschera paraorbitaria del lupo comune.  La malattia colpisce soprattutto la popolazione femminile, con un picco di incidenza nelle donne adulte fertili, in un rapporto di 9 a 1 con gli uomini. Anche nelle donne in menopausa il rapporto è a sfavore delle donne. Questa evidenza ha spinto a stabilire una corrispondenza tra la presenza di ormoni femminili e l’incidenza della malattia, considerata un fattore scatenante insieme alla predisposizione genetica. Anche a livello pediatrico, il Les colpisce maggiormente le giovani adolescenti, mentre l’incidenza nei bambini è di circa 1 su 100.000 casi, un dato peggiorato dalla difficoltà della diagnosi e dal suo conseguente ritardo. Oltre alle differenze di genere, esistono studi che rilevano una maggiore incidenza del Lupus nelle popolazioni appartenenti alle minoranze etniche.

Iron metabolism in the immune system could be associated with the onset of systemic Lupus erythematosus (Les). E’ this is the conclusion reached by a study recently published in the journal Science which analyzed the role of so-called “T cells”, a particular type of antibodies with pathological behavior.  Another research, also published in Science, investigated the behavior of other lymphocytes in the same pathology in the nephrological field, highlighting the ability of “B cells” to survive in the kidneys despite the strong accumulation of sodium within these organs.  According to the first investigation, the so-called “T cells” play an important role in the triggering of Les, showing an anomalous attitude already at a metabolic level, in particular in iron metabolism. In fact, through the results of the inhibition of the transferrin receptor (CD71) in the cell membrane of these lymphocytes, it was possible to conclude that the level of iron absorption in the body could be associated with the onset of the disease, and that its reduction could improve the condition of sick patients, as shown by the experiments on guinea pigs, which find an improvement in kidney function.      The second article also analyzed the relationship between the nephrological domain and lymphocytes, focusing in particular on the abnormal behavior of the so-called “B cells”, which manage to survive inside the kidneys despite the high concentration of sodium, which, normally, is a risk factor for the decrease in lymphocyte populations. This behavior concerns a series of autoimmune diseases, including Les. Science reports that 10% of Lupus deaths result from nephritis caused by the deposition of antibodies in these organs. The mechanism underlying the survival of these antibodies is not yet known, but the study shows how these cells would be able to survive thanks to the action of the so-called sodium-potassium pump present in their membrane, perpetuating their pathological behavior affecting the kidneys. An inhibition of this enzyme could, therefore, allow a better functioning of the urinary system, also reducing the level of proteinuria.      Systemic Lupus erythematosus is a chronic autoimmune, inflammatory and systemic disease. It presents as a dermatosis of the skin in the area of the face and in particular of the nose. However, it can affect a large number of organs, including internal ones, such as the kidneys, lungs, heart, blood cells and even neurons, which makes it difficult and slow to identify. The name of the disease may come from the typical vent at nose level, which resembles the paraorbital mask of the common wolf.  The disease mainly affects the female population, with a peak incidence in fertile adult women, in a ratio of 9 to 1 with men. Even in menopausal women the ratio is against women. This evidence prompted the establishment of a correspondence between the presence of female hormones and the incidence of the disease, which is considered a trigger along with genetic predisposition. Even at the pediatric level, Les affects young adolescents more, while the incidence in children is about 1 in 100,000 cases, a figure worsened by the difficulty of diagnosis and its consequent delay. In addition to gender differences, there are studies that find a higher incidence of Lupus in populations belonging to ethnic minorities.

CELLULE PARIETALI (Anticorpi APCA)

Gli anticorpi anti-cellule parietali sono autoanticorpi prodotti dal sistema immunitario e in grado di riconoscere ed attaccare le cellule specializzate della parete dello stomaco dell’organismo di appartenenza. Questo esame consente di rilevare gli anticorpi anti cellule-parietali.L’anemia perniciosa è una malattia autoimmune caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi in grado di riconoscere e attaccare le cellule parietali e/o il fattore intrinseco.

  • Le cellule parietali sono cellule presenti nello stomaco deputate alla produzione dei succhi gastrici e del fattore intrinseco e quindi in grado di favorire la digestione.
  • Il fattore intrinseco è una molecola necessaria per l’assorbimento della vitamina B12 dagli alimenti.

Durante la digestione, i succhi gastrici prodotti dalle cellule parietali, consentono il rilascio della vitamina B12 dagli alimenti: La vitamina B12 viene quindi legata dal fattore intrinseco a formare un complesso che consente poi l’assorbimento della vitamina nell’intestino tenue. La vitamina B12 è essenziale per il corretto funzionamento dell’encefalo e del sistema nervoso, ed è anche implicata nella produzione dei globuli rossi (RBC).Nella gastrite atrofica autoimmune, gli autoanticorpi attaccano le cellule parietali e/o il fattore intrinseco, con la conseguente instaurazione di un processo infiammatorio progressivo. Ne consegue la distruzione delle cellule parietali e la carenza di fattore intrinseco.La carenza di fattore intrinseco determina il mancato assorbimento e quindi la carenza di vitamina B12. Questa può portare ad anemiamegaloblastica (anemia perniciosa), con presenza di RBC più grandi del normale (macrociti) ma in numero ridotto. Possono essere presenti anche sintomi neurologici (neuropatia), come intorpidimento e formicolio delle mani e dei piedi, debolezza muscolare, rallentamento dei riflessi, perdita della stabilità durante la camminata.In queste patologie, oltre all’anemia, possono esservi neutropenia (carenza di neutrofili) e trombocitopenia (carenza di piastrine).Questo esame può essere richiesto insieme ad altri esami, come l’emocromo e lo striscio di sangue periferico.

Anti-parietal cell antibodies are autoantibodies produced by the immune system and capable of recognizing and attacking the specialized cells of the stomach wall of the body. This test allows the detection of anti-parietal cell antibodies.Pernicious anemia is an autoimmune disease characterized by the production of autoantibodies capable of recognizing and attacking parietal cells and/or intrinsic factor.Parietal cells are cells present in the stomach responsible for the production of gastric juices and intrinsic factor and therefore able to promote digestion.Intrinsic factor is a molecule required for the absorption of vitamin B12 from food.During digestion, the gastric juices produced by the parietal cells allow the release of vitamin B12 from food: Vitamin B12 is then bound by intrinsic factor to form a complex which then allows the absorption of the vitamin in the small intestine. Vitamin B12 is essential for the proper functioning of the brain and nervous system, and is also involved in the production of red blood cells (RBC).In autoimmune atrophic gastritis, autoantibodies attack the parietal cells and/or intrinsic factor, resulting in the establishment of a progressive inflammatory process. This results in the destruction of the parietal cells and intrinsic factor deficiency.Intrinsic factor deficiency results in lack of absorption and therefore vitamin B12 deficiency. This can lead to megaloblastic anemia (pernicious anemia), in which RBCs are larger than normal (macrocytes) but in small numbers. Neurological symptoms (neuropathy) may also be present, such as numbness and tingling of the hands and feet, muscle weakness, slow reflexes, loss of stability when walking.In these diseases, in addition to anemia, there may be neutropenia (neutrophil deficiency) and thrombocytopenia (platelet deficiency).This test may be ordered along with other tests, such as a complete blood count and peripheral blood smear.

CENTROMERO, ANTICORPI ANTI (ACA)

Gli anticorpi anti-centromero (ACA) sono autoanticorpi, ovvero proteine prodotte dal sistema immunitario in grado di riconoscere erroneamente come estranei i tessuti dell’organismo di appartenenza. Gli ACA sono uno degli anticorpi anti-nucleo esistenti, e sono in grado di riconoscere il centromero, ossia una componente dei cromosomi, contenuto nel nucleo delle cellule nucleate dell’organismo. Il test ACA rileva e misura la quantità di questi autoanticorpi nel circolo ematico, come supporto alla diagnosi di sclerodermia.La sclerodermia (nota anche con il nome di sclerosi sistemica) comprende un gruppo di rare patologie del tessuto connettivo. La sclerodermia può presentarsi in due forme, distinte sulla base dell’estensione delle aree cutanee coinvolte:

  • Sclerosi sistemica cutanea diffusa, che interessa l’intero organismo
  • Sclerosi sistemica cutanea limitata, frequentemente associata con uno o più sintomi noti con il nome di sindrome CREST

I sintomi della sindrome CREST includono:

  • Calcinosi (Calcinosis): depositi di calcio al di sotto della cute
  • Fenomeno di Raynaud (Raynaud phenomenon): episodi di diminuzione del flusso sanguigno a livello delle estremità, con conseguente cianosi o pallore di mani e piedi
  • Esofagopatia (Esophageal dysfunction): difficoltà di deglutizione, reflusso acido e bruciore di stomaco
  • Sclerodattilia (Sclerodactyly): ispessimento della pelle delle dita; la pelle diventa lucida e perde colore.
  • Teleangectasia: piccole macchie rosse sul viso e sulle mani causate dalla dilatazione dei capillari

Altri sintomi di sclerodermia includono perdita di tessuto a livello dei polpastrelli, modificazioni a carico dei capillari al di sotto dell’unghia, ipertensione polmonare (aumento della pressione all’interno delle arterie polmonari) e/o fibrosi polmonare (malattia polmonare interstiziale).Gli ACA sono presenti nel 60-80% dei pazienti affetti da sclerodermia cutanea limitata, mentre solo il 5% dei pazienti affetti da sclerodermia cutanea diffusa presenta ACA. Gli ACA sono presenti in più del 95% dei soggetti affetti dalla sindrome CREST.

Anti-centromere antibodies (ACA) are autoantibodies, i.e. proteins produced by the immune system capable of erroneously recognizing the body’s own tissues as foreign. ACAs are one of the existing antinuclear antibodies, and are able to recognize the centromere, i.e. a component of the chromosomes, contained in the nucleus of the nucleated cells of the organism. The ACA test detects and measures the amount of these autoantibodies in the bloodstream to help diagnose scleroderma.Scleroderma (also known as systemic sclerosis) is a group of rare connective tissue disorders. Scleroderma can present in two forms, distinguished on the basis of the extent of the skin areas involved:Diffuse cutaneous systemic sclerosis, affecting the whole bodyLimited cutaneous systemic sclerosis, frequently associated with one or more symptoms known as CREST syndromeSymptoms of CREST syndrome include:Calcinosis (Calcinosis): calcium deposits under the skinRaynaud phenomenon (Raynaud phenomenon): episodes of decreased blood flow to the extremities, resulting in cyanosis or paleness of the hands and feetEsophageal dysfunction: difficulty swallowing, acid reflux and heartburnSclerodactyly (Sclerodactyly): thickening of the skin of the fingers; the skin becomes shiny and loses color.Telangiectasia: small red spots on the face and hands caused by dilated capillariesOther symptoms of scleroderma include tissue loss from the fingertips, changes in the capillaries under the nail, pulmonary hypertension (increased pressure within the pulmonary arteries), and/or pulmonary fibrosis (interstitial lung disease).ACA are present in 60-80% of patients with limited cutaneous scleroderma, whereas only 5% of patients with diffuse cutaneous scleroderma have ACA. ACAs are present in more than 95% of individuals with CREST syndrome.

CERULOPLASMINA

Questo esame misura la quantità di ceruloplasmina nel sangue. La ceruloplasmina è un enzima contenente rame coinvolto nel metabolismo del ferro. Il rame è un minerale essenziale implicato nella regolazione del metabolismo del ferro, nella formazione del tessuto connettivo, nella produzione di energia a livello cellulare e nel funzionamento del sistema nervoso. Normalmente l’organismo assorbe il rame assunto tramite acqua e cibo nel tratto intestinale, dove viene immagazzinato od utilizzato per la produzione di vari enzimi. Nel fegato il rame viene legato ad una proteina per produrre la ceruloplasmina, che viene rilasciata nel sangue. Circa il 95% del rame presente nel sangue è legato alla ceruloplasmina. Per questo motivo spesso la misura della ceruloplasmina viene effettuata insieme ad uno o più test del rame, come supporto alla diagnosi della malattia di Wilson, un raro disordine ereditario che consiste in un eccessivo accumulo di rame nel fegato, nel cervello, negli occhi ed in altri organi.

This test measures the amount of ceruloplasmin in the blood. Ceruloplasmin is a copper-containing enzyme involved in iron metabolism.Copper is an essential mineral implicated in the regulation of iron metabolism, connective tissue formation, cellular energy production, and nervous system function. Normally, the body absorbs copper from water and food in the intestinal tract, where it is stored or used for the production of various enzymes.In the liver, copper is bound to a protein to produce ceruloplasmin, which is released into the blood. About 95% of copper in blood is bound to ceruloplasmin. For this reason, the measurement of ceruloplasmin is often performed together with one or more copper tests, as an aid in the diagnosis of Wilson’s disease, a rare hereditary disorder that consists of an excessive accumulation of copper in the liver, brain, eyes and other organs.

CHE (Colinesterasi)

Le colinesterasi sono un gruppo di enzimi deputati al corretto funzionamento del sistema nervoso. Esistono due tipi di colinesterasi: (1) acetilcolinesterasi, presente nei globuli rossi e nelle cellule di polmoni, milza, terminazioni nervose e materia grigia dell’encefalo, e (2) pseudocolinesterasi (butirrilcolinesterasi), presente nel siero e nel fegato, muscolo, pancreas, cuore e materia bianca dell’encefalo. Il test della colinesterasi misura l’attività di questi enzimi.L’acetilcolinesterasi è coinvolta nella trasmissione degli impulsi nervosi, degradando l’acetilcolina, una sostanza chimica implicata nella trasmissione nervosa. La diminuzione dell’attività dell’acetilcolinesterasi comporta l’accumulo di acetilcolina in corrispondenza delle terminazioni nervose. Ne consegue l’iperstimolazione delle innervazioni presenti nei tessuti e negli organi interessati. La pseudocolinesterasi invece è coinvolta nel processamento e metabolismo dei farmaci.I motivi principali per i quali questi enzimi vengono misurati sono:

  • Esposizione a pesticidi organofosfati. Gli insetticidi contenenti gli organofosfati inibiscono la colinesterasi e la pseudocolinesterasi. I sintomi possono essere gravi, in caso di esposizione acuta ai pesticidi, o possono manifestarsi progressivamente, in caso di esposizione cronica. I pesticidi possono essere assorbiti nell’organismo in seguito a ingestione, inalazione o contatto con la pelle. La misura dell’attività dell’acetilcolinesterasi eritrocitaria o della pseudocolinesterasi sierica, possono essere richieste in caso di sospetto avvelenamento acuto o in persone esposte ai pesticidi per motivi professionali (ad esempio le persone impiegate in aziende agricole o industrie chimiche).
  • Carenza ereditaria di pseudocolinesterasi. Alcune persone soffrono di una forma ereditaria di carenza di pseudocolinesterasi, dovuta alla presenza di una variante genetica di questo enzima. La pseudocolinesterasi è implicata nel metabolismo della succinilcolina, una sostanza miorilassante utilizzata frequentemente negli interventi chirurgici. Le persone carenti di pseudocolinesterasi possono manifestare effetti prolungati dell’attività del farmaco, con paralisi muscolare prolungata e apnea. Inoltre, le persone omozigoti per questa variante, possono manifestare una sintomatologia più grave rispetto alle persone eterozigoti. Il test della pseudocolinesterasi può essere richiesto prima di un intervento chirurgico in persone con anamnesifamiliare positiva per episodi di apnea o paralisi dopo la somministrazione di succinilcolina, al fine di evitare eventuali complicanze relative alla somministrazione di questo farmaco.
  • Valutazione della funzionalità epatica. La pseudocolinesterasi è una proteina a sintesi epatica, in presenza di danno epatico la sua concentrazione sierica diminuisce, utile per valutare la funzionalità epatica residua soprattutto in presenza di patologie epatiche croniche come la cirrosi.

Cholinesterases are a group of enzymes responsible for the proper functioning of the nervous system. There are two types of cholinesterases: (1) acetylcholinesterase, found in red blood cells and cells of the lungs, spleen, nerve endings, and gray matter of the brain, and (2) pseudocholinesterase (butyrylcholinesterase), found in serum and liver, muscle, pancreas, heart and white matter of the brain. The cholinesterase test measures the activity of these enzymes.Acetylcholinesterase is involved in the transmission of nerve impulses by degrading acetylcholine, a chemical involved in nerve transmission. Decreased acetylcholinesterase activity leads to accumulation of acetylcholine in nerve endings. This results in the hyperstimulation of the innervations present in the tissues and organs concerned. Pseudocholinesterase is involved in drug processing and metabolism.The main reasons these enzymes are measured are:Exposure to organophosphate pesticides. Insecticides containing organophosphates inhibit cholinesterase and pseudocholinesterase. Symptoms can be severe with acute exposure to pesticides or progressive with chronic exposure. Pesticides can be absorbed into the body following ingestion, inhalation or skin contact. Measurement of erythrocyte acetylcholinesterase activity or serum pseudocholinesterase may be required in cases of suspected acute poisoning or in people exposed to pesticides for occupational reasons (for example, people employed in farms or chemical industries).Hereditary pseudocholinesterase deficiency. Some people have an inherited form of pseudocholinesterase deficiency due to the presence of a genetic variant of this enzyme. Pseudocholinesterase is involved in the metabolism of succinylcholine, a muscle relaxant used frequently in surgery. Persons deficient in pseudocholinesterase may experience prolonged effects of the drug’s activity, with prolonged muscle paralysis and apnoea. Furthermore, people homozygous for this variant may show more severe symptoms than heterozygous people. Pseudocholinesterase testing may be ordered before surgery in people with a family history of apnoea or paralysis after administration of succinylcholine, in order to avoid any complications related to the administration of this drug.Evaluation of liver function. Pseudocholinesterase is a hepatic synthesis protein, in the presence of liver damage its serum concentration decreases, useful for evaluating residual liver function especially in the presence of chronic liver diseases such as cirrhosis.

CISTATINA C
La cistatina C è una proteina prodotta da tutte le cellule nucleate, presente nel sangue e utilizzata come indicatore della funzionalità renale. Poiché i reni filtrano questa proteina, il suo aumento nel sangue può indicare una ridotta capacità di filtrazione renale, rendendola un marcatore più sensibile e precoce rispetto alla creatinina in alcune situazioni, poiché non è influenzata da massa muscolare, dieta o età. L’esame misura la concentrazione di questa proteina nel sangue per valutare quanto bene i reni stanno filtrando il sangue, e viene quindi utilizzato per diagnosticare, monitorare e prevedere il rischio di disfunzione renale.  Produzione e filtrazione: La cistatina C viene prodotta costantemente da tutte le cellule nucleate dell’organismo e viene filtrata dai reni attraverso i glomeruli.  Funzione renale normale: Quando i reni funzionano correttamente, la concentrazione di cistatina C nel sangue è stabile perché viene filtrata ed eliminata. Funzione renale ridotta: Se la funzionalità renale diminuisce, i reni filtrano meno cistatina C, facendone aumentare la concentrazione nel sangue.

Vantaggi rispetto alla creatinina: La cistatina C è un marcatore migliore della creatinina per la valutazione della funzionalità renale perché non è influenzata da fattori come la massa muscolare, la dieta o l’età.  È utile per valutare la funzionalità renale in persone anziane, diabetici, obesi o con ridotta massa muscolare.  Valutazione precoce: Può rilevare una disfunzione renale in fase precoce, anche prima che sia evidente con altri test. Monitoraggio: Viene prescritta regolarmente per monitorare la progressione di patologie renali croniche (CKD). Monitoraggio pazienti a rischio: È indicata per monitorare la salute renale in pazienti con fattori di rischio per malattie renali o che assumono farmaci potenzialmente nefrotossici. Valutazione del rischio cardiovascolare: I suoi livelli sono anche predittivi di eventi cardiovascolari.

Cystatin C is a protein produced by all nucleated cells, present in the blood and used as an indicator of kidney function. Because the kidneys filter this protein, its increase in blood may indicate reduced kidney filtration capacity, making it a more sensitive and earlier marker than creatinine in some situations, as it is not affected by muscle mass, diet, or age. The test measures the concentration of this protein in the blood to assess how well the kidneys are filtering the blood, and is then used to diagnose, monitor and predict the risk of kidney dysfunction.  Production and filtration: Cystatin C is constantly produced by all nucleated cells in the body and is filtered by the kidneys through the glomeruli.  Normal kidney function: When the kidneys are functioning properly, the concentration of cystatin C in the blood is stable because it is filtered and eliminated. Reduced kidney function: If kidney function decreases, the kidneys filter less cystatin C, increasing its concentration in the blood.      Advantages over creatinine: Cystatin C is a better marker than creatinine for assessing kidney function because it is not affected by factors such as muscle mass, diet, or age.  It is useful for evaluating kidney function in elderly, diabetic, obese or people with reduced muscle mass.  Early assessment: May detect renal dysfunction early, even before it is evident with other tests. Monitoring: It is prescribed regularly to monitor the progression of chronic kidney disease (CKD). Monitoring patients at risk: It is indicated for monitoring renal health in patients with risk factors for kidney disease or who are taking potentially nephrotoxic drugs. Cardiovascular risk assessment: Its levels are also predictive of cardiovascular events. 

CITOMEGALOVIRUS (Anticorpi IgG/IgM)

Il Cytomegalovirus (CMV) è un virus comune, che causa infezioni generalmente asintomatiche o malattia lieve. In gravidanza, l’infezione può essere trasmessa al feto. E’ importante segnalare che il CMV è la più importante causa di sordità neurosensoriale non genetica nell’infanzia ed è secondo alla sindrome di Down come causa di ritardo mentale. Nei soggetti immunocompromessi si possono avere patologie gravi.Il test CMV ricerca gli anticorpi specifici presenti nel sangue e prodotti dall’organismo in risposta all’infezione, oppure direttamente il CMV DNA in vari campioni e liquidi biologici.Il Cytomegalovirus (CMV) è un virus che appartiene alla famiglia Herpesviridae e, come tutti gli altri membri, è in grado di stabilire latenza all’interno dell’organismo per tutta la vita, e quindi riattivarsi in caso di indebolimento del sistema immunitario (chemioterapia per un tumore, infezione da HIV, riceventi trapianto d’organo o di midollo, ecc). Il virus stabilisce latenza a livello di alcune cellule del sangue (linfociti T, linfociti B), delle cellule tubulari renali, delle ghiandole salivari e delle cellule epatiche. L’infezione da CMV può essere il risultato di un’infezione primaria o non primaria (riattivazione endogena con lo stesso ceppo della prima infezione o reinfezione con un ceppo diverso).L’uomo è l’unico serbatoio di infezione, la trasmissione avviene da persona a persona tramite i fluidi corporei, quali sangue, saliva, urina, liquido seminale, secrezione vaginale e latte materno oppure attraverso il contatto con oggetti contaminati. L’infezione quindi si trasmette facilmente nell’ambiente domestico e nelle comunità scolastiche. Il contagio può avvenire per contatto da persona a persona, prevalentemente tramite l’inalazione o l’ingestione di goccioline di saliva o di muco, più raramente mediante il contatto con l’urina. Infine, il CMV può essere trasmesso attraverso trasfusioni di sangue o emoderivati, con trapianti di midollo o di organi e dalla madre al figlio durante la gravidanza (infezione prenatale) o durante il parto (infezione perinatale) o con l’allattamento (infezione postnatale).Il CMV è diffuso in tutto il mondo e in tutti gli strati sociali della popolazione, particolarmente nei paesi in via di sviluppo e nelle aree caratterizzate da scarse risorse socioeconomiche. Si parla di prevalenza dell’infezione per indicare la percentuale di individui che possiedono anticorpi e che quindi sono stati infettati. Tale valore è del 90-100% in Africa, Sud America e Asia, del 40-60% in America del Nord, del 50% circa in Gran Bretagna, del 70-80% circa in Italia e negli altri Paesi europei. Le persone che per lavoro (operatori in scuole materne e nidi) o legami familiari sono a stretto contatto con i bambini, soprattutto se di età inferiore ai tre anni, sono a maggior rischio di infezione e mostrano un tasso di sieroconversione annuale del 10-20%. Si stima, infatti, che nel 10-40% dei casi i bambini piccoli eliminano il virus con le urine e con la saliva.La maggioranza delle persone contrae l’infezione durante l’infanzia o in giovane età. Gli individui con sintomatologia lieve possono presentare segni e sintomi aspecifici, come mal di gola, febbre, stanchezza e linfonodi ingrossati. Negli adulti, l’infezione da CMV può talvolta causare sintomi simili alla mononucleosi (mono), come estrema stanchezza, febbre, brividi, dolori muscolari e/o mal di testa e innalzamento delle transaminasi, che di solito si risolvono in poche settimane.Il CMV può causare considerevoli problemi di salute in diverse situazioni:

  • Una donna infettata per la prima volta (infezione primaria) durante la gravidanza può trasmettere l’infezione al feto attraverso la placenta. La prevalenza dei neonati infetti in USA è 0,5-2,2% dei nati vivi, in Italia è molto più bassa (0,15-0,5%) in quanto la prevalenza degli anticorpi è elevata e quindi le infezioni primarie in età adulta sono più rare. L’infezione può causare gravi problemi fisici e di sviluppo nel bambino. Il rischio di trasmissione al feto per infezione primaria materna è del 32% in totale: 30%-40% nel primo e secondo trimestre e 40%-70% nel terzo trimestre. Il rischio di trasmissione a seguito di un’infezione secondaria è invece molto più basso (1-2%). Nelle infezioni primarie del primo trimestre l’infezione può anche causare aborto spontaneo e morte fetale. L’85-90% dei neonati infettati è asintomatico, il 10-15% presenta alla nascita sintomi da malattia citomegalica, che possono essere transitori (epatosplenomegalia, polmonite, ittero, convulsioni) o permanenti (microcefalia, ventricolomegalia, corioretinite, sordità neurosensoriale, deficit visivi, ritardo mentale, ritardo psicomotorio, ecc). Un ulteriore 8-15% dei neonati infetti ma apparentemente sani presenterà sequele tardive, nella maggior parte dei casi un difetto uditivo neurosensoriale più o meno grave. La comparsa di disabilità permanenti è più probabile nei bambini che mostrano i sintomi già alla nascita. Il CMV può essere trasmesso dalla madre al neonato anche durante il parto (infezione perinatale) oppure attraverso l’allattamento (infezione postnatale). In genere, la trasmissione perinatale e postnatale del CMV non è associata alla comparsa di un’infezione di tipo sintomatico o di sequele neurologiche, se non in rare eccezioni, come ad esempio nei bambini prematuri o con basso peso alla nascita.
  • Il CMV può causare gravi malattie nelle persone immunodepresse, come coloro che sono affetti da HIV/AIDS, coloro che hanno ricevuto un trapianto di organi solidi o di midollo, nei pazienti con tumore sottoposti a chemioterapia. Questi individui possono manifestare sintomi più gravi, l’infezione da CMV può essere più duratura e il CMV può riattivarsi con maggiore frequenza, causando infezione in varie sedi:
  • Occhi, causando infiammazione della retina (retinite), che può portare a cecità
  • Apparato digerente, causando diarrea ematica e dolore addominale
  • Polmoni, causando polmonite con tosse non produttiva e difficoltà respiratorie
  • Encefalo, causando encefalite
  • Fegato e milza (epatosplenomegalia, epatite)
  • Pancreas (causando pancreatiti)
  • Cuore (causando miocarditi)

Inoltre, un’infezione da CMV può causare il rigetto di un trapianto e deprimere ulteriormente il sistema immunitario, favorendo il verificarsi d’infezioni secondarie come le infezioni fungine.

Cytomegalovirus (CMV) is a common virus, causing usually asymptomatic infections or mild disease. During pregnancy, the infection can be transmitted to the fetus. It is important to note that CMV is the most important cause of non-genetic sensorineural deafness in childhood and is second to Down syndrome as a cause of mental retardation. Serious pathologies can occur in immunocompromised subjects.The CMV test searches for specific antibodies present in the blood and produced by the body in response to infection, or directly for CMV DNA in various samples and biological fluids.Cytomegalovirus (CMV) is a virus that belongs to the Herpesviridae family and, like all other members, is able to establish latency within the body for life, and therefore reactivate in case of weakening of the immune system (chemotherapy for cancer, HIV infection, organ or bone marrow transplant recipients, etc.). The virus establishes latency in some blood cells (T lymphocytes, B lymphocytes), renal tubular cells, salivary glands and liver cells. CMV infection can be the result of a primary or non-primary infection (endogenous reactivation with the same strain as the first infection or reinfection with a different strain).Man is the only reservoir of infection, transmission occurs from person to person through body fluids, such as blood, saliva, urine, seminal fluid, vaginal secretion and breast milk or through contact with contaminated objects. The infection is therefore easily transmitted in the home environment and in school communities. Contagion can occur by person-to-person contact, mainly by inhaling or ingesting droplets of saliva or mucus, more rarely by contact with urine. Finally, CMV can be transmitted through transfusions of blood or blood products, with bone marrow or organ transplants and from mother to child during pregnancy (prenatal infection) or during delivery (perinatal infection) or by breastfeeding (postnatal infection). .CMV is widespread throughout the world and in all social strata of the population, particularly in developing countries and in areas characterized by low socio-economic resources. We talk about the prevalence of the infection to indicate the percentage of individuals who possess antibodies and who have therefore been infected. This value is 90-100% in Africa, South America and Asia, 40-60% in North America, about 50% in Great Britain, about 70-80% in Italy and other European countries. People who are in close contact with children for work (operators in nursery schools and nursery schools) or family ties, especially if under the age of three, are at greater risk of infection and show an annual seroconversion rate of 10-20 %. In fact, it is estimated that in 10-40% of cases, young children eliminate the virus with urine and saliva.Most people become infected in childhood or at a young age. Individuals with mild symptoms may have nonspecific signs and symptoms, such as sore throat, fever, tiredness, and swollen lymph nodes. In adults, CMV infection can sometimes cause mononucleosis (mono)-like symptoms, such as extreme tiredness, fever, chills, body aches and/or headaches, and elevated transaminases, which usually resolve within a few weeks.CMV can cause considerable health problems in several situations:A Woman infected for the first time (primary infection) during pregnancy can transmit the infection across the placenta to her fetus. The prevalence of infected newborns in the USA is 0.5-2.2% of live births, in Italy it is much lower (0.15-0.5%) as the prevalence of antibodies is high and therefore primary infections in adulthood are rarer. The infection can cause serious physical and developmental problems in the child. The risk of transmission to the fetus from maternal primary infection is 32% overall: 30%-40% in the first and second trimester and 40%-70% in the third trimester. The risk of transmission following a secondary infection is much lower (1-2%). In primary infections of the first trimester, the infection can also cause miscarriage and fetal death. 85-90% of infected newborns are asymptomatic, 10-15% present at birth with symptoms of cytomegalic disease, which can be transient (hepatosplenomegaly, pneumonia, jaundice, convulsions) or permanent (microcephaly, ventriculomegaly, chorioretinitis, sensorineural hearing loss, visual impairment, mental retardation, psychomotor retardation, etc.). A further 8-15% of infected but apparently healthy infants will present late sequelae, in most cases a more or less serious sensorineural hearing defect. Permanent disabilities are more likely in children who show symptoms at birth.

CITRULLINA ANTICORPI ANTI

Gli anticorpi anti peptide ciclico citrullinato (anti-CCP) sono autoanticorpi prodotti dal sistema immunitario contro il peptide ciclico citrullinato (CCP). Questo esame rileva e misura la quantità di anti-CCP nel sangue.La citrullina viene normalmente prodotta nell’organismo come parte del metabolismo dell’aminoacido arginina. Tuttavia, nelle articolazioni dei soggetti affetti da artrite reumatoide (AR), questa conversione avviene a velocità più elevata. La citrullina cambia la struttura proteica e può quindi indurre una risposta immunitaria diretta contro le proteine presenti nelle articolazioni. Gli anticorpi anti-CCP sono utili nella diagnosi precoce di AR e consentono d’identificare i soggetti maggiormente propensi alla forma erosiva della malattia.L’AR è una patologia autoimmune sistemica cronica che causa infiammazione, dolore, rigidità e deformazione delle mani, dei piedi e di altre articolazioni. Possono essere affette persone di ogni età ma esiste una prevalenza per le donne (circa il 75%) tra i 40 e i 60 anni. Il decorso e la prognosi di AR sono variabili. Può svilupparsi e progredire rapidamente o lentamente. In alcune persone può andare in remissione mentre in altre può sparire. Se non trattata, determina un accorciamento della vita e, entro pochi anni, può causare disabilità importanti.Esistono molti trattamenti volti a minimizzare gli effetti dell’AR, ma per la loro efficacia è necessario che la diagnosi venga effettuata precocemente, prima dello sviluppo di significativi danni alle articolazioni. Il primo test utilizzato nella diagnosi di AR e nella diagnosi differenziale con altri tipi di artrite o disordini infiammatori, è stato la ricerca e misura del fattore reumatoide (FR) nel sangue. Tuttavia la sensibilità e la specificità del FR non sono ottimali: può essere negativo in persone con segni di AR e positivo in persone che non ne sono affette. Alcuni studi hanno dimostrato una superiorità degli anticorpi anti-CCP nella specificità per l’AR (95-98%), in particolare per la capacità di fornire una diagnosi precoce.Nel 2010, l’American College of Rheumatology (ACR) ha incluso il test degli anticorpi anti-CCP all’interno dei criteri di classificazione per l’AR, al fianco della misura del FR. Secondo l’ACR, gli anticorpi anti-CCP permettono la diagnosi di AR nel 50-60% di persone ancora negli stadi precoci della malattia (3-6 mesi dall’inizio della malattia). La diagnosi precoce di AR è molto importante perché permette un tempestivo intervento con una terapia mirata aggressiva, tale da minimizzare le complicanze della malattia dovute al danno tissutale.

Anti-cyclic citrullinated peptide (anti-CCP) antibodies are autoantibodies produced by the immune system against cyclic citrullinated peptide (CCP). This test detects and measures the amount of anti-CCP in the blood.Citrulline is normally produced in the body as part of the metabolism of the amino acid arginine. However, in the joints of people with rheumatoid arthritis (RA), this conversion occurs at a faster rate. Citrulline changes the protein structure and can therefore induce an immune response directed against the proteins present in the joints. Anti-CCP antibodies are useful in the early diagnosis of RA and allow identification of subjects more prone to the erosive form of the disease.RA is a chronic systemic autoimmune disease that causes inflammation, pain, stiffness, and disfigurement of the hands, feet, and other joints. People of any age can be affected but there is a prevalence for women (about 75%) between the ages of 40 and 60. The course and prognosis of RA are variable. It can develop and progress quickly or slowly. In some people it can go into remission while in others it can go away. If left untreated, it can lead to shortened life and, within a few years, can cause serious disabilities.There are many treatments aimed at minimizing the effects of RA, but for their effectiveness, diagnosis must be made early, before significant joint damage develops. The first test used in the diagnosis of RA and in the differential diagnosis with other types of arthritis or inflammatory disorders, was the research and measurement of rheumatoid factor (RF) in the blood. However, the sensitivity and specificity of the RF are not optimal: it can be negative in people with signs of RA and positive in people who are not affected. Some studies have demonstrated a superiority of anti-CCP antibodies in specificity for RA (95-98%), particularly in the ability to provide early diagnosis.In 2010, the American College of Rheumatology (ACR) included anti-CCP antibody testing as part of the classification criteria for RA, alongside the measurement of RE. According to the ACR, anti-CCP antibodies allow the diagnosis of RA in 50-60% of people still in the early stages of the disease (3-6 months after the onset of the disease). Early diagnosis of RA is very important because it allows timely intervention with aggressive targeted therapy, such as to minimize the complications of the disease due to tissue damage.

CLAMIDIA PNEUMONIAE (Anticorpi)

Le Chlamydie sono batteri Gram-negativi di piccole dimensioni a parassitismo endocellulare obbligato, possiedono DNA, RNA e ribosomi, si replicano per scissione e sono sensibili agli antibiotici. Pur presentando caratteristiche antigeniche comuni, sono compresi nel genere Chlamydia una varietà di microrganismi caratterizzati da proprietà biologiche, sierologiche e patogene distinte. Chlamydia pneumoniae è un patogeno aereo che si diffonde in seguito all’inalazione di aerosol. Le infezioni da C. pneumoniae sono spesso asintomatiche o accompagnate da scarsa sintomatologia (ad es. faringite, raucedine marcata, bronchite o tosse). L’infezione può occasionalmente causare una malattia cronica con sindromi immunopatologiche quali eritema nodoso, artralgia, sindrome di Guillain-Barré (GBS) o mialgia. Inoltre, le infezioni croniche da C. pneumoniae sono state associate all’eziologia di asma, aterosclerosi e patologie cardiovascolari.Gli studi epidemiologici hanno assegnato a C. pneumoniae un ruolo di rilievo nell’eziologia della polmonite: approssimativamente il 5-15% dei pazienti affetti da polmonite acquisita in comunità è risultato positivo per C. pneumoniae. Anche il 5% dei pazienti con infezioni delle vie aeree superiori (bronchite, sinusite, otite, faringite, tracheobronchite) è risultato positivo per C. pneumoniae. Attualmente non è noto se un’infezione da C. pneumoniae sia sufficiente per indurre la polmonite e mantenere una patologia in atto, in alternativa, potrebbe indurre un danno iniziale e favorire altri patogeni, ad esempio Streptococcus pneumoniae e, in effetti, quest’ultimo è comunemente rilevabile nei pazienti con polmonite causata da C. pneumoniae.

Chlamydia are small Gram-negative bacteria with obligate intracellular parasitism, possess DNA, RNA and ribosomes, replicate by fission and are sensitive to antibiotics. Although presenting common antigenic characteristics, the genus Chlamydia includes a variety of microorganisms characterized by distinct biological, serological and pathogenic properties. Chlamydia pneumoniae is an airborne pathogen that is spread by inhalation of aerosols. C. pneumoniae infections are often asymptomatic or accompanied by few symptoms (eg, pharyngitis, marked hoarseness, bronchitis, or cough). Infection can occasionally cause a chronic disease with immunopathological syndromes such as erythema nodosum, arthralgia, Guillain-Barré syndrome (GBS) or myalgia. Furthermore, chronic C. pneumoniae infections have been associated with the etiology of asthma, atherosclerosis, and cardiovascular diseaseEpidemiological studies have assigned C. pneumoniae an important role in the etiology of pneumonia: approximately 5-15% of patients with community-acquired pneumonia test positive for C. pneumoniae. 5% of patients with upper respiratory tract infections (bronchitis, sinusitis, otitis, pharyngitis, tracheobronchitis) also tested positive for C. pneumoniae. It is currently unknown whether a C. pneumoniae infection is sufficient to induce pneumonia and maintain an ongoing disease, alternatively, it could induce initial damage and favor other pathogens, e.g. Streptococcus pneumoniae and, indeed, the latter it is commonly found in patients with pneumonia caused by C. pneumoniae.

CLAMIDIA TRACHOMATIS (Anticorpi)

La clamidiosi (o Clamidia) è una delle infezioni sessualmente trasmissibili (IST) più diffuse, causata dal batterio Chlamydia trachomatis. Se non trattata, può determinare l’insorgenza di gravi complicanze. Il test d’elezione per la diagnosi di infezione consiste nella ricerca del materiale genetico virale (DNA) dell’agente eziologico della Clamidia tramite un test di amplificazione dell’acido nucleico (NAAT). È un test sensibile e specifico che può essere eseguito su campioni ottenuti tramite tampone vaginale o raccolta dell’urina, senza la necessità di sottoporsi ad un esame pelvico per la donna.L’esecuzione del test di screening e la diagnosi dell’infezione da Clamidia è molto importante per la prevenzione della comparsa delle complicanze a lungo termine e della diffusione dell’infezione. L’infezione da Clamidia colpisce prevalentemente le persone sessualmente attive di età compresa tra i 15 e i 24 anni (il 67% di tutti i casi riportati in Europa). Secondo i dati forniti dall’ECDC (European Centre for Desease Prevention and Control), i casi di Clamidia in Europa nel 2017 corrispondono ad un’incidenza di 146 casi ogni 100.000 abitanti, in prevalenza donne asintomatiche. Negli anni, è stato riscontrato un aumento dei casi che potrebbe essere in parte riconducibile al miglioramento delle tecniche diagnostiche utilizzate e all’attuazione dei protocolli di screening su persone asintomatiche.Generalmente, l’infezione da Clamidia viene trasmessa tramite il contatto sessuale (orale, vaginale o anale) con un partner infetto. I fattori di rischio includono i rapporti sessuali occasionali, la presenza di altre malattie sessualmente trasmissibili contratte contestualmente o in precedenza ed il mancato utilizzo del profilattico.Molte persone con un’infezione da Clamidia risultano asintomatiche o presentano solo una sintomatologia lieve. I segni e sintomi della Clamidia possono essere confusi con quelli di altre malattie sessualmente trasmissibili, come la Gonorrea; pertanto, insieme al test della Clamidia possono essere richiesti vari altri test per queste malattie.L’infezione da Clamidia può essere trattata facilmente tramite terapia antibiotica. Tuttavia, se non trattata in maniera adeguata, può comportare la comparsa di gravi complicanze a livello dell’apparato riproduttivo o altri problemi di salute.Nelle donne l’infezione da Clamidia non trattata può portare a malattia infiammatoria pelvica, un’infezione che, originatasi nella cervice, si diffonde alle tube di Falloppio e alle ovaie. Questa condizione può causare:

  • Dolore pelvico cronico
  • Infertilità
  • Rischio aumentato di gravidanza ectopica, potenzialmente letale

Nelle donne in gravidanza con un’infezione da Clamidia possono verificarsi gravi emorragie prima del parto e la rottura prematura delle membrane, oltre al rischio di partorire bambini con basso peso alla nascita. Le madri infette possono trasmettere l’infezione al bambino durante il parto. Questi bambini sono esposti ad aumentato rischio di sviluppare complicanze come la polmonite o la congiuntivite, un’infiammazione che, se non trattata, può determinare gravi problemi alla vista.Raramente, gli uomini non trattati possono diventare sterili.

Chlamydiosis (or Chlamydia) is one of the most common sexually transmitted infections (STIs), caused by the bacterium Chlamydia trachomatis. If left untreated, it can lead to serious complications.The test of choice for the diagnosis of infection consists in the search for the viral genetic material (DNA) of the causative agent of Chlamydia using a nucleic acid amplification test (NAAT). It is a sensitive and specific test that can be performed on specimens obtained by vaginal swab or urine collection, without the need for a woman to undergo a pelvic exam.Performing the screening test and diagnosing chlamydia infection is very important for preventing the occurrence of long-term complications and the spread of the infection. Chlamydia infection predominantly affects sexually active people aged between 15 and 24 years (67% of all cases reported in Europe). According to data provided by the ECDC (European Center for Disease Prevention and Control), the cases of Chlamydia in Europe in 2017 correspond to an incidence of 146 cases per 100,000 inhabitants, mainly asymptomatic women. Over the years, an increase in cases has been noted which could be partly attributable to the improvement of the diagnostic techniques used and the implementation of screening protocols on asymptomatic people.Generally, chlamydia infection is transmitted through sexual contact (oral, vaginal or anal) with an infected partner. Risk factors include casual sex, the presence of other sexually transmitted diseases contracted at the same time or previously and not using a condom.Many people with a chlamydia infection are asymptomatic or have only mild symptoms. The signs and symptoms of chlamydia can be confused with those of other sexually transmitted diseases, such as gonorrhea; therefore, various other tests for these diseases may be ordered along with the Chlamydia test.Chlamydia infection can be treated easily with antibiotic therapy. However, if not treated properly, it can lead to serious complications of the reproductive system or other health problems.In women, untreated chlamydia infection can lead to pelvic inflammatory disease, an infection that starts in the cervix and spreads to the fallopian tubes and ovaries. This condition can cause:Chronic pelvic painInfertilityIncreased risk of potentially lethal ectopic pregnancy Pregnant women with a chlamydia infection may experience severe bleeding before delivery and premature rupture of membranes, as well as the risk of giving birth to low birth weight babies. Infected mothers can pass the infection to the baby during delivery. These children are at increased risk of developing complications such as pneumonia or conjunctivitis, an inflammation which, if left untreated, can lead to serious vision problems.Rarely, untreated men can become infertile.

CLORO (Cl)

Questo esame misura la concentrazione di cloro (un elettrolita) nel sangue e/o nell’urina. Il cloro è uno ione carico negativamente che, insieme ad altri elettroliti, come potassio, sodio e bicarbonato, è implicato nel mantenimento dell’equilibrio idrico e nella stabilizzazione dell’equilibrio acido- base. L’equilibrio acido-base viene finemente regolato a livello polmonare, renale e tramite processi chimici che compensano le minime alterazioni nel pH dell’organismo. Se l’organismo non è in grado di compensare tali alterazioni, si sviluppa un disturbo dell’equilibrio acido-base.Il cloro è presente in tutti i liquidi biologici, ma si trova principalmente nel sangue e nel liquido all’esterno delle cellule. Solitamente, il livello del cloro rispecchia quello del sodio, aumentando e diminuendo analogamente e in relazione all’andamento del sodio. Tuttavia, quando si verifica uno squilibrio acido-base il cloro ematico può variare indipendentemente dal sodio, agendo da tampone. Il cloro si sposta tra l’interno e l’esterno dalle cellule per contribuire a mantenere la neutralità elettrica (le concentrazioni dei cationi, carichi positivamente, e degli anioni, carichi negativamente, devono essere uguali).Il cloro è introdotto con la dieta, sia tramite sale da tavola (cloruro di sodio o NaCl) che con alcuni alimenti. La maggior parte del cloro è assorbita nel tratto gastrointestinale e l’eccesso viene escreto con l’urina. La concentrazione ematica rimane stabile, con una lieve diminuzione dopo i pasti: lo stomaco infatti produce acidi durante la digestione, utilizzando il cloro presente nel sangue.

This test measures the concentration of chlorine (an electrolyte) in your blood and/or urine. Chlorine is a negatively charged ion which, together with other electrolytes, such as potassium, sodium and bicarbonate, is involved in maintaining water balance and stabilizing the acid-base balance. The acid-base balance is finely regulated in the lungs, kidneys and through chemical processes that compensate for the slightest alterations in the body’s pH. If the body is unable to compensate for these changes, an acid-base balance disorder develops.Chlorine is present in all body fluids, but is found primarily in blood and fluid outside cells. Typically, the chlorine level mirrors the sodium level, increasing and decreasing similarly and in relation to the sodium trend. However, when acid-base imbalance occurs blood chloride can vary independently of sodium, acting as a buffer. Chlorine moves between the interior and exterior of cells to help maintain electrical neutrality (concentrations of positively charged cations and negatively charged anions must be equal).Chlorine is introduced with the diet, both through table salt (sodium chloride or NaCl) and with some foods. Most of the chloride is absorbed in the gastrointestinal tract and the excess is excreted in the urine. The blood concentration remains stable, with a slight decrease after meals: the stomach in fact produces acids during digestion, using the chlorine present in the blood.

CLOSTRIDIUM TETANI, ANTICORPI ANTI

Il Clostridium tetani, agente etiologico del tetano, è un batterio sporigeno gram positivo, ubiquitario, normalmente presente nell’intestino degli animali (specialmente equini) e quindi nel terreno, dove riesce a sopravvivere trasformandosi in spora. Il tetano si sviluppa solo quando le spore del Clostridium tetani germinano e questo avviene in condizioni di anaerobiosi (tipicamente nelle ferite profonde, e quindi temporaneamente ipovascolarizzate, contaminate da terriccio o polvere); la germinazione delle spore è seguita dal rilascio di una potente neurotossina, la tetanospasmina, che causa le manifestazioni cliniche del tetano. L’unico modo per evitare il tetano è attraverso l’immunizzazione attiva (vaccino) o passiva (somministrazione di immunoglobuline specifiche nell’immediatezza della possibile esposizione).L’infezione o la vaccinazione causano la comparsa di immunoglobuline della classe G (IgG) che permangono tutta la vita.

Clostridium tetani, the etiological agent of tetanus, is a gram-positive, ubiquitous spore-forming bacterium, normally present in the intestines of animals (especially horses) and therefore in the soil, where it manages to survive by transforming itself into a spore. Tetanus develops only when the spores of Clostridium tetani germinate and this occurs in anaerobic conditions (typically in deep wounds, and therefore temporarily hypovascularized, contaminated by soil or dust); spore germination is followed by the release of a potent neurotoxin, tetanospasmin, which causes the clinical manifestations of tetanus. The only way to avoid tetanus is through active (vaccine) or passive immunization (administration of specific immunoglobulins immediately upon possible exposure).Infection or vaccination causes the appearance of class G immunoglobulins (IgG) which are present for life.

COBALTO

Il cobalto è un metallo fisiologicamente presente in tracce nell’organismo ed è un essenziale costituente della vitamina B12. Il cobalto è anche utilizzato nell’industria (produzione di leghe, ceramiche, cemento, vetro). I fumi e i vapori vengono assorbiti per via polmonare e possono determinare fenomeni tossici acuti che provocano gastroenterite, nefrite, fenomeni emorragici. L’intossicazione cronica è responsabile di fenomeni allergici cutanei e respiratori e di fibrosi polmonare. Il cobalto viene eliminato per via renale.

Cobalt is a metal physiologically present in traces in the body and is an essential constituent of vitamin B12. Cobalt is also used in industry (production of alloys, ceramics, cement, glass). The fumes and vapors are absorbed through the lungs and can cause acute toxic phenomena that cause gastroenteritis, nephritis, haemorrhagic phenomena. Chronic intoxication is responsible for skin and respiratory allergies and pulmonary fibrosis. Cobalt is eliminated renally.

COCAINA

La cocaina (benzoilmetilecgonina) è una sostanza stupefacente che agisce come potente stimolante del sistema nervoso centrale, vasocostrittore e anestetico. È un alcaloide che si ottiene dalle foglie della coca (Erythroxylum coca), pianta originaria del Sud America, principalmente del Perù, della Colombia e della Bolivia. La cocaina crea dipendenza,[2] è la seconda droga illegale più utilizzata a livello globale, dopo la cannabis.[3] I sintomi principali sono perdita di contatto con la realtà e sensazioni di felicità o agitazione.[4] I sintomi fisici possono includere battito cardiaco accelerato, sudorazione aumentata e dilatazione delle pupille.[5]   Meccanismo di azione  La cocaina agisce principalmente come inibitore del recupero delle monoamine (dopamina in primis ma anche serotonina e noradrenalina), ciò provoca un loro aumento di concentrazione a livello cerebrale che è causa dei suoi effetti psicoattivi (il rapporto di potenza di inibizione delle monoamine nel cervello di ratti è circa serotonina:dopamina= 2:3, serotonina:norepinefrina= 2:5). Agisce inoltre come antagonista dei canali del sodio (in analogia ad altri anestetici) e a ciò sono dovute le sue proprietà anestetiche. Si è vista interagire anche con i recettori 5-HT3 e 5-HT2 della serotonina, in particolare l’antagonismo ai primi e l’agonismo ai secondi sembrano essere coinvolti nella disinibizione motoria; i recettori sigma[23] su cui agisce da agonista (e che sembra giocare un ruolo nella immunosoppressione indotta dalla sostanza) ma anche i recettori NMDA e i D1 e D2 della dopamina.L’effetto farmacologico maggiore e meglio caratterizzato a livello del sistema nervoso centrale (SNC) è quello di bloccare il reuptake di dopamina da parte del terminale presinaptico dopo che questa è stata nel vallo intersinaptico; la rimozione della dopamina dal terminale sinaptico avviene per mezzo delle cosiddette proteine di trasporto (Dopamine Active Transporter, DAT) che trasportano il neurotrasmettitore dall’esterno all’interno del neurone. Il risultato è un aumento della quantità di dopamina (e delle altre monoamine per mezzo del blocco delle attività dei rispettivi trasportatori) a livello delle terminazioni sinaptiche dei neuroni dopaminergici del SNC. In particolare, si assiste a un aumento di dopamina nelle sinapsi fra le terminazioni dei neuroni che proiettano dall’area tegmentale ventrale e i neuroni del nucleo accumbens e della corteccia prefrontale mediale. L’inibizione cronica dei processi di recupero provoca, specie nel lungo termine, l’esaurimento delle riserve di neurotrasmettitore del neurone presinaptico, causando una sorta di affaticamento, che altera la normale risposta fisiologica dei circuiti cerebrali. Tutti questi meccanismi portano a una serie di adattamenti nella struttura e nella chimica del cervello che sono responsabili degli effetti di astinenza, tolleranza ed effetti collaterali post acuti (sintomi cognitivi e psichiatrici che includono ma non si limitano a depressione e ansia). Questi meccanismi includono tra gli altri il fenomeno della tolleranza inversa, un fenomeno di up-regulation che aumenta la quantità di recettori per la dopamina postsinaptici: la conseguenza è l’aumento di sensibilità del sistema con aumento degli effetti psicotropi positivi e negativi della cocaina. Il craving da cocaina (ricerca ossessiva della sostanza) è invece indotto dal desiderio di evitare le crisi d’astinenza e dalla diminuzione della normale capacità di provare piacere legata ai sistemi di ricompensa. In farmacologia la cocaina è anche considerata un anestetico locale, ottimo per l’anestesia delle mucose e delle vie aeree superiori. Agisce inoltre come potente vasocostrittore diminuendo i sanguinamenti nel corso di interventi chirurgici. Il suo uso in campo anestesiologico è stato tuttavia, per ovvi motivi, fortemente ridotto, a favore di derivati sintetici con effetti sistemici e psicotropi irrilevanti come la novocaina. Problemi legati all’uso e dipendenza   Grafico comparativo sugli effetti negativi (dipendenza e danni fisici) delle varie droghe. Da notare come la cocaina occupi il secondo posto in assoluto per entrambi i parametri. Fonte: The LancetLa cocaina causa forte dipendenza psichica in chi ne fa uso. Dopo gli effetti di carattere eccitatorio, infatti, il consumatore di cocaina si sente spossato, stanco e completamente senza energie. Questo lo spinge a ripetere l’assunzione della droga per rivivere il benessere. Tale appagamento viene ricercato sebbene gli effetti negativi a livello psichico, reversibili e non, siano di primaria importanza. In relazione alla frequenza di assunzione e al contesto psico-ambientale, il soggetto dipendente dal consumo di cocaina modifica nel lungo termine e sempre più radicalmente la coscienza di sé e la percezione delle proprie azioni rispetto all’ambiente. Inoltre, a causa degli effetti della cocaina sia di tipo psicotropo sui freni inibitori, sia di tipo fisiologico sulla libido e sulla capacità erettile negli uomini. La dipendenza da cocaina, erroneamente ritenuta solo di tipo psicologico, ha anche un importante substrato fisico legato al neuro adattamento del sistema nervoso centrale ai suoi effetti. Gli studi sull’animale mostrano inoltre che le somministrazioni ripetute di cocaina inducono una degenerazione delle sinapsi dei neuroni dopaminergici in una specifica area del cervello (fascicolo retroflesso), con ripercussioni di tipo psicopatologico (psicosi, alterazioni della gratificazione).[52] Oltre a questi danni del cervello, l’atto di “sniffare” determina un danneggiamento progressivo dei tessuti interni e dei capillari del naso, con riduzione notevole della capacità olfattiva, può comportare frequenti perdite di sangue dal setto nasale, ulcere, perforazione delle cartilagini, con danni che possono portare alla necessità di interventi di chirurgia plastica. L’iperattivazione dell’apparato cardiovascolare, insieme con la vasocostrizione provocate dalla cocaina, sono causa di infarto e ictus. La cocaina, però, produce soprattutto danni a livello psichico, il consumo prolungato, infatti, porta a una progressiva modificazione dei tratti della personalità in senso paranoideo: prevale il sospetto, l’irritabilità, la sensazione di trovarsi in un ambiente ostile fino, talvolta, al delirio paranoide. La cocaina, infatti, blocca il riassorbimento di noradrenalina e dopamina, causando un eccesso della disponibilità di queste sostanze eccitanti, che possono alterare il funzionamento del cervello facendo comparire disturbi spesso non distinguibili da quelli causati da una psicosi. Il cocainomane è convinto di essere spiato, perseguitato, il tono dell’umore è disforico, in certi casi presenta allucinazioni (tipica la percezione di cimici che corrono sulla pelle, le “cocaine bug ” o allucinazioni visive denominate “bagliori della neve“). Frequenti sono gli attacchi di panico e uno stato di profonda depressione, che può durare anche alcune settimane. Ovviamente la reazione può essere influenzata da diversi fattori e sebbene l’uso di questa droga porti quasi sempre a modificare il comportamento del consumatore, si possono notare casi in cui pur non verificandosi attacchi di depressione o di panico, si osserva un’accentuazione di tratti patologici del soggetto stesso. La cocaina si distingue da altre sostanze psicotrope per l’elevata sensazione di adattamento che induce nel soggetto che l’assume ai ritmi di attività psico-fisica propri della società post-industriale e per il suo enorme grado di diffusione nelle società occidentali. Il traffico di questa sostanza costituisce una voce rilevante dell’economia globale.

Cocaine (benzoylmethylecgonine)Is a narcotic substance that acts as a potent central nervous system stimulant, vasoconstrictor, and anesthetic. It is an alkaloid obtained from coca leaves(Erythroxylum coca), plant native to South America, mainly Peru, Colombia and Bolivia. Cocaine is addictive, it is the second most used illegal drug globally, after cannabis. The main symptoms are loss of contact with reality and feelings of happiness or agitation. Physical symptoms can include rapid heart rate, increased sweating, and dilated pupils.Mechanism of actionCocaine acts mainly as an inhibitor of the recovery of monoamines (primarily dopamine but also serotonin and noradrenaline), this causes their concentration to increase in the brain which is the cause of its psychoactive effects (the inhibition power ratio of the monoamines in the brain of rats is approximately serotonin:dopamine=2:3, serotonin:norepinephrine=2:5). It also acts as an antagonist of sodium channels (in analogy to other anesthetics) and this is due to its anesthetic properties. It has also been seen to interact with the 5-HT3 and 5-HT2 receptors of serotonin, in particular the antagonism to the former and the agonism to the latter seem to be involved in motor disinhibition; the sigma receptors[23] on which it acts as an agonist (and which appears to play a role in drug-induced immunosuppression) but also the NMDA receptors and the dopamine D1 and D2 receptors. The greatest pharmacological effect is best characterized at the level of the central nervous system (CNS) is to block the reuptake of dopamine by the presynaptic terminal after it has been in the intersynaptic cleft; the removal of dopamine from the synaptic terminal takes place by means of the so-called transport proteins (Dopamine Active Transporter, DAT) which transport the neurotransmitter from the outside to the inside of the neuron. The result is an increase in the amount of dopamine (and other monoamines by blocking the activities of the respective transporters) at the level of the synaptic endings of the dopaminergic neurons of the CNS. In particular, there is an increase in dopamine in the synapses between the endings of neurons projecting from the ventral tegmental area and neurons in the nucleus accumbens and medial prefrontal cortex. The chronic inhibition of the recovery processes causes, especially in the long term, the depletion of the neurotransmitter reserves of the presynaptic neuron, causing a sort of fatigue, which alters the normal physiological response of the brain circuits. All of these mechanisms lead to a series of adaptations in brain structure and chemistry that are responsible for withdrawal effects, tolerance and post acute side effects (cognitive and psychiatric symptoms including but not limited to depression and anxiety). These mechanisms include, among others, the phenomenon of inverse tolerance, an up-regulation phenomenon which increases the quantity of postsynaptic dopamine receptors: the consequence is an increase in the sensitivity of the system with an increase in the positive and negative psychotropic effects of cocaine. Cocaine craving (obsessive search for the substance) is instead induced by the desire to avoid withdrawal crises and by the decrease in the normal ability to experience pleasure linked to reward systems. In pharmacology, cocaine is also considered a local anesthetic, excellent for anesthesia of the mucous membranes and upper airways. It also acts as a potent vasoconstrictor by decreasing bleeding during surgery. However, its use in the anesthesiological field has been, for obvious reasons, greatly reduced, in favor of synthetic derivatives with irrelevant systemic and psychotropic effects such as novocaine.
Problems related to use and addictionComparative graph on the negative effects (addiction and physical damage) of various drugs. It should be noted that cocaine occupies second place overall for both parameters. Source: The Lancet Cocaine causes strong psychic addiction in those who use it. In fact, after the excitatory effects, the cocaine user feels exhausted, tired and completely without energy. This prompts him to repeat taking the drug to revive well-being. This satisfaction is sought although the negative psychic effects, reversible and not, are of primary importance. In relation to the frequency of assumption and the psycho-environmental context, the subject addicted to cocaine consumption changes in the long term and more and more radically the self-awareness and the perception of one’s own actions with respect to the environment. Furthermore, due to the effects of cocaine both of a psychotropic type on inhibitory brakes and of a physiological type on the libido and on the

CODEINA

La codeina (Metilmorfina) (Codeinummorfina-3-metiletere; dal francese codéine, dal greco Kódeia, testa di papavero), è un alcaloide contenente 3-metilmorfina, un isomero naturale di morfina metilato, e 6-metilmorfina; è un oppiaceo utilizzato per l’analgesia. Viene ottenuta prevalentemente tramite metilazione della morfina, l’alcaloide principale del Papaver somniferum.Viene somministrata per via orale, sottocutanea, intramuscolare o rettale. La codeina è utilizzata principalmente come analgesico, spesso in combinazione con il paracetamolo o l’acido acetilsalicilico. Viene usata anche come antitussivo e antidiarroico. L’uso per la sedazione della tosse, asciugando le secrezioni può indurre nei broncopatici crisi di insufficienza respiratoria. Può causare cefalea, sedazione, depressione, euforia, ipotensione, tachicardia, stitichezza, vomito. La codeina è tossica, ma ha un effetto dieci volte meno potente della morfina, pertanto produce assuefazione fisica in modo proporzionale e provoca una bassa dipendenza psicologica, a meno che si tratti di individui già in passato assuefatti agli oppiacei per i quali va considerata una particolare attenzione.Meccanismo d’azioneLa codeina agisce sul sistema nervoso centrale dando analgesia. Viene metabolizzata in morfina nel fegato, che è dieci volte più potente sul recettore μ. I recettori oppioidi sono recettori accoppiati a proteine G che regolano positivamente e negativamente la trasmissione sinaptica. Il legame della codeina o della morfina al recettore μ per gli oppioidi provoca l’iperpolarizzazione del neurone che porta all’inibizione del rilascio di neurotrasmettitori nocicettivi, causando un effetto analgesico e una maggiore tolleranza al dolore data dalla ridotta eccitabilità neuronale.FarmacocineticaLa codeina è metabolizzata dal fegato nei composti attivi morfina-6-glucuronide e morfina-3-glucuronide. Circa il 5-10% della codeina viene convertito in morfina, per formare codeina-6-glucuronide o in norcodeina. È meno potente della morfina, ma come tutti gli oppiacei l’uso continuato di codeina induce dipendenza fisica. Tuttavia, i sintomi di astinenza sono relativamente lievi e di conseguenza la codeina è molto meno pesante rispetto agli altri oppiacei.La codeina è in generale utilizzata in dosi da 30 a 60 mg ogni 4 o 6 ore; presenta un effetto tetto per cui dopo una certa dose l’analgesia non aumenta e aumentano soltanto gli effetti collaterali (massima dose 240 mg in 24 ore). Trattandosi di un analgesico oppiaceo debole (appartenenza al secondo gradino della scala OMS) la codeina procura una lieve analgesia, per cui quando il dolore è più forte o la codeina perde potere antalgico (assuefazione) è necessario passare ad un altro oppiaceo come tapentadolo, ossicodone, morfina e fentanyl.La codeina è metabolizzata a codeina-6-glucuronide (C6G) dall’uridina difosfato glucuronosiltransferasi UGT2B7, e, dal momento che solo circa il 5% della codeina è metabolizzata dal citocromo P450 CYP2D6, la prova attuale è che C6G è il composto attivo primario. Le affermazioni riguardanti il presunto “effetto tetto” della codeina si basano sul presupposto che alte dosi di codeina saturino CYP2D6, impedendo l’ulteriore conversione di codeina a morfina.Non vi è inoltre alcuna prova che l’inibizione del CYP2D6 sia utile nel trattamento della dipendenza da codeina, anche se la trasformazione della codeina a morfina (e quindi quella ulteriore in coniugati morfina-glucuronide) ha un effetto sul potenziale abuso di codeina.

Codeine (Methylmorphine) (Codeinum, morphine-3-methylether; from the French codéine, from the Greek Kódeia, poppy head), is an alkaloid containing 3-methylmorphine, a natural isomer of methylated morphine, and 6-methylmorphine; it is an opioid used for analgesia. It is mainly obtained through the methylation of morphine, the main alkaloid of Papaver somniferum. It is administered orally, subcutaneously, intramuscularly or rectally. Codeine is mainly used as a pain reliever, often in combination with paracetamol or acetylsalicylic acid. It is also used as an antitussive and antidiarrheal. The use for cough sedation, drying the secretions can induce respiratory insufficiency crises in bronchopathic patients. It can cause headache, sedation, depression, euphoria, hypotension, tachycardia, constipation, vomiting. Codeine is toxic, but has an effect ten times less powerful than morphine, therefore it produces physical addiction in a proportional way and causes a low psychological dependence, unless we are dealing with individuals already addicted to opiates in the past for which it should be considered a particular Attention.Mechanism of actionCodeine acts on the central nervous system giving analgesia. It is metabolized to morphine in the liver, which is ten times more potent at the μ receptor. Opioid receptors are G protein-coupled receptors that positively and negatively regulate synaptic transmission. Binding of codeine or morphine to the μ-opioid receptor causes hyperpolarization of the neuron leading to inhibition of the release of nociceptive neurotransmitters, resulting in an analgesic effect and increased pain tolerance due to reduced neuronal excitability.PharmacokineticsCodeine is metabolized by the liver to the active compounds morphine-6-glucuronide and morphine-3-glucuronide. About 5-10% of codeine is converted to morphine, to form codeine-6-glucuronide or norcodeine. It is less potent than morphine, but like all opiates, continued use of codeine induces physical dependence. However, withdrawal symptoms are relatively mild and as a result codeine is much less burdensome than other opioids. Codeine is generally used in doses of 30 to 60 mg every 4 to 6 hours; it has a ceiling effect whereby after a certain dose the analgesia does not increase and only the side effects increase (maximum dose 240 mg in 24 hours). Being a weak opioid analgesic (belonging to the second step of the WHO scale), codeine provides a slight analgesia, so when the pain is more severe or the codeine loses its analgesic power (addiction) it is necessary to switch to another opioid such as tapentadol, oxycodone , morphine and fentanyl. Codeine is metabolized to codeine-6-glucuronide (C6G) by uridine diphosphate glucuronosyltransferase UGT2B7, and since only about 5% of codeine is metabolized by cytochrome P450 CYP2D6, the current evidence is that C6G is the primary active compound . Claims regarding the alleged “ceiling effect” of codeine are based on the assumption that high doses of codeine saturate CYP2D6, preventing further conversion of codeine to morphine.There is also no evidence that inhibition of CYP2D6 is beneficial in the treatment of codeine dependence, although the transformation of codeine to morphine (and then further to morphine-glucuronide conjugates) does have an effect on the abuse potential of codeine.

 

COLESTEROLO HDL

Le lipoproteine ad alta densità (High DensityLipoprotein, HDL) sono una classe di lipoproteine che trasportano il colesterolo nel sangue. L’HDL-C è composto principalmente da proteine e da una ridotta quantità di colesterolo. Il colesterolo è una molecola (uno steroide) essenziale per la vita ed un costituente delle membrane cellulari di tutti gli organi e tessuti. Tuttavia, il colesterolo può depositarsi nelle arterie, aumentando il rischio di malattie cardiache, infarto ed altri problemi di salute. L’HDL-C è considerato protettivo perché preleva il colesterolo in eccesso e lo trasporta al fegato per la rimozione, per questo è definito anche “colesterolo buono”. Questo esame misura la concentrazione di HDL-C nel sangue.Alte concentrazioni di colesterolo sono associate all’indurimento delle arterie (aterosclerosi) e allo sviluppo delle malattie cardiache. Quando il colesterolo è in eccesso nel sangue e non viene rimosso dalle HDL, può depositarsi sulle pareti dei vasi e formare placche. Queste placche possono portare ad indurimento delle arterie e, eventualmente, ostruire i vasi sanguigni limitando il flusso del sangue.Alte concentrazioni di HDL-C possono diminuire il rischio di sviluppare le placche, abbassando il rischio di infarto o ictus.Al contrario, alte concentrazioni di LDL-C sono considerate nocive per l’organismo: infatti, ilcolesterolo LDL è chiamato anche “colesterolo cattivo”, poiché deposita il colesterolo in eccesso sulle pareti dei vasi, contribuendo alla comparsa dell’aterosclerosi.

High Density Lipoproteins (HDL) are a class of lipoproteins that transport cholesterol in the blood. HDL-C is composed primarily of protein and a small amount of cholesterol. Cholesterol is a molecule (a steroid) essential for life and a constituent of the cell membranes of all organs and tissues. However, cholesterol can build up in your arteries, increasing your risk of heart disease, stroke, and other health problems. HDL-C is considered protective because it picks up excess cholesterol and transports it to the liver for removal, for this reason it is also called “good cholesterol”. This test measures the concentration of HDL-C in the blood.High concentrations of cholesterol are associated with hardening of the arteries (atherosclerosis) and the development of heart disease. When excess cholesterol is in the blood and is not removed by HDL, it can deposit on the vessel walls and form plaques. These plaques can lead to hardening of the arteries and possibly clog blood vessels, restricting blood flow.High concentrations of HDL-C can decrease the risk of developing plaques, lowering the risk of heart attack or stroke. Conversely, high concentrations of LDL-C are considered harmful to the body: in fact, LDL cholesterol is also called “bad cholesterol”. ”, as it deposits excess cholesterol on the walls of the vessels, contributing to the appearance of atherosclerosis.

COLESTEROLO LDL

Il colesterolo è una molecola (uno steroide) essenziale per la vita ed un costituente delle membrane cellulari di tutti gli organi e tessuti. É deputato alla formazione di ormoni essenziali per lo sviluppo, la crescita e la riproduzione nonchèd egli acidi biliari necessari per assorbire i nutrienti dagli alimenti. Una piccola quantità di colesterolo circola nel sangue complessata a particelle chiamate lipoproteine, classificate in base alla loro densità. Le lipoproteine a bassa densità (LowDensityLipoprotein, LDL) sono particelle lipoproteiche composte da colesterolo, sostanze simili e una ridotta quantità di proteine. Solitamente il colesterolo LDL (LDL-C) viene calcolato con una formula a partire dai valori ottenuti tramite il profilo lipidico, ma può anche essere misurato direttamente. Il monitoraggio e il mantenimento a concentrazioni normali del colesterolo e degli altri lipidi è importante per la salute. Mangiare troppi cibi ad alto contenuto di grassi saturi e di grassi insaturi trans o avere una predisposizione ereditaria può favorire la comparsa di un’elevata concentrazione di colesterolo nel sangue. Il colesterolo in eccesso può depositarsi sulle pareti dei vasi e formare placche che ostruiscono i vasi sanguigni, portando ad un indurimento delle arterie (aterosclerosi) e ad un aumentato rischio di problemi di salute, incluse patologie cardiache e ictus.Alte concentrazioni di LDL-C sono considerate nocive per l’organismo: infatti, LDL-C è chiamato anche “colesterolo cattivo”, poiché deposita il colesterolo in eccesso sulle pareti dei vasi, contribuendo alla formazione di placche, alla comparsa dell’aterosclerosi e delle malattie cardiache. Al contrario, alti livelli di HDL-C sono considerati protettivi per il rischio di sviluppare malattie cardiache, in quanto rimuovono l’eccesso di colesterolo dai depostiti e lo trasportano al fegato per la rimozione. Pertanto, l’HDL-C viene definito “colesterolo buono”.

Cholesterol is a molecule (a steroid) essential for life and a constituent of the cell membranes of all organs and tissues. It is responsible for the formation of hormones essential for development, growth and reproduction as well as the bile acids necessary to absorb nutrients from food. A small amount of cholesterol circulates in the blood complexed with particles called lipoproteins, classified according to their density. Low Density Lipoproteins (LDL) are lipoprotein particles composed of cholesterol, similar substances, and a small amount of protein. LDL cholesterol (LDL-C) is usually calculated with a formula from the values obtained through the lipid profile, but it can also be measured directly.Monitoring and maintaining normal concentrations of cholesterol and other lipids is important for health. Eating too many foods high in saturated fat and trans unsaturated fat or having a hereditary predisposition can favor the appearance of a high concentration of cholesterol in the blood. Excess cholesterol can build up on vessel walls and form plaques that block blood vessels, leading to hardening of the arteries (atherosclerosis) and an increased risk of health problems, including heart disease and stroke.High concentrations of LDL-C are considered harmful to the body: in fact, LDL-C is also called “bad cholesterol”, as it deposits excess cholesterol on the vessel walls, contributing to the formation of plaques, the onset of atherosclerosis and of heart disease. Conversely, high levels of HDL-C are considered protective for the risk of developing heart disease, as they remove excess cholesterol from stores and transport it to the liver for removal. Therefore, HDL-C is referred to as “good cholesterol”.

COLESTEROLO TOTALE

Il colesterolo è una molecola (uno steroide) essenziale per la vita ed un costituente delle membrane cellulari di tutti gli organi e tessuti. É deputato alla formazione di ormoni essenziali per lo sviluppo, la crescita e la riproduzione e degli acidi biliari necessari per assorbire i nutrienti dagli alimenti. Una piccola quantità di colesterolo circola nel sangue complessata a particelle chiamate lipoproteine. Ogni particella lipoproteica è composta da un insieme di proteine, colesterolo, trigliceridi e fosfolipidi. Le lipoproteine sono classificate, in base alla loro densità, in lipoproteine ad alta densità (HDL), lipoproteine a bassa densità (LDL) e lipoproteine a bassissima densità (VLDL). Le particelle HDL-C, chiamate anche “colesterolo buono”, rimuovono l’eccesso di colesterolo dai depostiti e lo trasportano al fegato per la rimozione, mentre le particelle LDL-C, o “colesterolo cattivo”, depositano il colesterolo in eccesso sulle pareti dei vasi, contribuendo alla comparsa dell’aterosclerosi. Il test per il colesterolo misura il colesterolo totale (buono e cattivo) trasportato nel sangue dalle lipoproteine, per contribuire a stabilire lo stato di salute del cuore.Il monitoraggio e il mantenimento di concentrazioni normali di questi lipidi è importante per la salute. Il colesterolo può essere sia introdotto con la dieta sia sintetizzato dall’organismo, in quanto coinvolto in funzioni cellulari essenziali. Mangiare troppi cibi ad alto contenuto di grassi saturi e di grassi insaturi trans o avere una predisposizione ereditaria può favorire la comparsa di un’elevata concentrazione di colesterolo nel sangue. Il colesterolo in eccesso può depositarsi sulle pareti dei vasi e formare placche che ostruiscono i vasi sanguigni, portando ad un indurimento delle arterie (aterosclerosi) e ad un aumentato rischio di problemi di salute, incluse patologie cardiache ed ictus.

Cholesterol is a molecule (a steroid) essential for life and a constituent of the cell membranes of all organs and tissues. It is responsible for the formation of hormones essential for development, growth and reproduction and of the bile acids necessary to absorb nutrients from food. A small amount of cholesterol circulates in the blood complexed with particles called lipoproteins. Each lipoprotein particle is composed of a mix of proteins, cholesterol, triglycerides and phospholipids. Lipoproteins are classified, according to their density, into high-density lipoproteins (HDL), low-density lipoproteins (LDL), and very low-density lipoproteins (VLDL). HDL-C particles, also called “good cholesterol”, remove excess cholesterol from deposits and transport it to the liver for removal, while LDL-C particles, or “bad cholesterol”, deposit excess cholesterol on the walls of the vessels, contributing to the appearance of atherosclerosis. The cholesterol test measures total cholesterol (good and bad) carried in the blood by lipoproteins to help determine heart health.Monitoring and maintaining normal concentrations of these lipids is important for health. Cholesterol can be both introduced with the diet and synthesized by the body, as it is involved in essential cellular functions. Eating too many foods high in saturated fat and trans unsaturated fat or having a hereditary predisposition can favor the appearance of a high concentration of cholesterol in the blood. Excess cholesterol can build up on vessel walls and form plaques that block blood vessels, leading to hardening of the arteries (atherosclerosis) and an increased risk of health problems, including heart disease and stroke.

COLINESTERASI (Pseudocolinesterasi)

Le colinesterasi sono un gruppo di enzimi deputati al corretto funzionamento del sistema nervoso. Esistono due tipi di colinesterasi: (1) acetilcolinesterasi, presente nei globuli rossi e nelle cellule di polmoni, milza, terminazioni nervose e materia grigia dell’encefalo, e (2) pseudocolinesterasi (butirrilcolinesterasi), presente nel siero e nel fegato, muscolo, pancreas, cuore e materia bianca dell’encefalo. Il test della colinesterasi misura l’attività di questi enzimi.L’acetilcolinesterasi è coinvolta nella trasmissione degli impulsi nervosi, degradando l’acetilcolina, una sostanza chimica implicata nella trasmissione nervosa. La diminuzione dell’attività dell’acetilcolinesterasi comporta l’accumulo di acetilcolina in corrispondenza delle terminazioni nervose. Ne consegue l’iperstimolazione delle innervazioni presenti nei tessuti e negli organi interessati. La pseudocolinesterasi invece è coinvolta nel processamento e metabolismo dei farmaci.I motivi principali per i quali questi enzimi vengono misurati sono:

Esposizione a pesticidi organofosfati. Gli insetticidi contenenti gli organofosfati inibiscono la colinesterasi e la pseudocolinesterasi. I sintomi possono essere gravi, in caso di esposizione acuta ai pesticidi, o possono manifestarsi progressivamente, in caso di esposizione cronica. I pesticidi possono essere assorbiti nell’organismo in seguito a ingestione, inalazione o contatto con la pelle. La misura dell’attività dell’acetilcolinesterasi eritrocitaria o della pseudocolinesterasi sierica, possono essere richieste in caso di sospetto avvelenamento acuto o in persone esposte ai pesticidi per motivi professionali (ad esempio le persone impiegate in aziende agricole o industrie chimiche).

  • Carenza ereditaria di pseudocolinesterasi. Alcune persone soffrono di una forma ereditaria di carenza di pseudocolinesterasi, dovuta alla presenza di una variante genetica di questo enzima. La pseudocolinesterasi è implicata nel metabolismo della succinilcolina, una sostanza miorilassante utilizzata frequentemente negli interventi chirurgici. Le persone carenti di pseudocolinesterasi possono manifestare effetti prolungati dell’attività del farmaco, con paralisi muscolare prolungata e apnea. Inoltre, le persone omozigoti per questa variante, possono manifestare una sintomatologia più grave rispetto alle persone eterozigoti. Il test della pseudocolinesterasi può essere richiesto prima di un intervento chirurgico in persone con anamnesifamiliare positiva per episodi di apnea o paralisi dopo la somministrazione di succinilcolina, al fine di evitare eventuali complicanze relative alla somministrazione di questo farmaco.
  • Valutazione della funzionalità epatica. La pseudocolinesterasi è una proteina a sintesi epatica, in presenza di danno epatico la sua concentrazione sierica diminuisce, utile per valutare la funzionalità epatica residua soprattutto in presenza di patologie epatiche croniche come la cirrosi.

Cholinesterases are a group of enzymes responsible for the proper functioning of the nervous system. There are two types of cholinesterases: (1) acetylcholinesterase, found in red blood cells and cells of the lungs, spleen, nerve endings, and gray matter of the brain, and (2) pseudocholinesterase (butyrylcholinesterase), found in serum and liver, muscle, pancreas, heart and white matter of the brain. The cholinesterase test measures the activity of these enzymes.Acetylcholinesterase is involved in the transmission of nerve impulses by degrading acetylcholine, a chemical involved in nerve transmission. Decreased acetylcholinesterase activity leads to accumulation of acetylcholine in nerve endings. This results in the hyperstimulation of the innervations present in the tissues and organs involved. Pseudocholinesterase is involved in drug processing and metabolism.The main reasons these enzymes are measured are:Exposure to organophosphate pesticides. Insecticides containing organophosphates inhibit cholinesterase and pseudocholinesterase. Symptoms can be severe with acute exposure to pesticides or progressive with chronic exposure. Pesticides can be absorbed into the body following ingestion, inhalation or skin contact. Measurement of erythrocyte acetylcholinesterase activity or serum pseudocholinesterase may be required in cases of suspected acute poisoning or in people exposed to pesticides for occupational reasons (for example, people employed in farms or chemical industries).Hereditary pseudocholinesterase deficiency. Some people have an inherited form of pseudocholinesterase deficiency due to the presence of a genetic variant of this enzyme. Pseudocholinesterase is involved in the metabolism of succinylcholine, a muscle relaxant used frequently in surgery. Persons deficient in pseudocholinesterase may experience prolonged effects of the drug’s activity, with prolonged muscle paralysis and apnoea. Furthermore, people homozygous for this variant may show more severe symptoms than heterozygous people. Pseudocholinesterase testing may be ordered before surgery in people with a family history of apnoea or paralysis after administration of succinylcholine, in order to avoid any complications related to the administration of this drug.

Evaluation of liver function. Pseudocholinesterase is a hepatic synthesis protein, in the presence of liver damage its serum concentration decreases, useful for evaluating residual liver function especially in the presence of chronic liver diseases such as cirrhosis.

COMPLEMENTO FRAZIONE C3

Il sistema del complemento è un sistema complesso composto da più di 60 proteine, di cui circa 30 circolanti, che cooperano per promuovere la risposta immunitaria e infiammatoria. Il test del complemento misura la quantità o l’attività delle proteine del complemento presenti nel circolo ematico.Il ruolo principale di queste proteine è distruggere le sostanze estranee, come batteri e virus. Il nome “complemento” deriva da ruolo di sostegno di queste proteine all’attività di altri agenti del sistema immunitario, come gli anticorpi. Il sistema del complemento si attiva perciò anche in presenza di patologie autoimmuni nelle quali l’organismo produce anticorpi in grado di riconoscere organi e tessuti appartenenti all’organismo stesso (autoanticorpi).Il sistema del complemento fa parte del sistema immunitario innato. A differenza del sistema immunitario acquisito, che produce anticorpi che riconoscono e proteggono l’organismo da minacce specifiche, il sistema immunitario innato è aspecifico ma è in grado di rispondere rapidamente alle sostanze estranee. Inoltre, non necessita di una preventiva esposizione al microrganismo estraneo, né mantiene memoria di quelli con i quali è venuto in contatto.Esistono nove proteine principali del complemento, denominate da C1 a C9. Esse sono affiancate e regolate da numerose sottocomponenti e inibitori. Le proteine C1-C9, insieme a tutte le altre proteine del complemento, interagiscono secondo un modello a cascata che determina l’attivazione, l’amplificazione, la frammentazione e la formazione di complessi in grado di rispondere alle infezioni, di attaccare i tessuti considerati estranei (come nei trapianti), di agire nelle infiammazioni e nei processi di morte cellulare (apoptosi).L’attivazione del complemento può essere iniziata seguendo diverse vie, che sono denominate via di attivazione classica (che include le proteine C1qrs, C2 e C4), alternativa (che include il C3, il fattore B e la properdina) o della lectina. Tuttavia il prodotto finale di tutte le diverse vie di attivazione è sempre lo stesso: la formazione del Complesso di Attacco della Membrana (MAC). L’attivazione del complemento causa diversi eventi (Cascata del complemento):

  • Il MAC si lega alla superficie di tutti i microrganismi o cellule anomale che sono state avviate alla distruzione. Così facendo provoca una lesione (foro) nella membrana cellulare, causando la lisi della cellula, cioè la sua distruzione per fuoriuscita del contenuto, analogamente a quanto succede bucando un palloncino pieno d’acqua.
  • Aumenta la permeabilità dei vasi sanguigni, permettendo ai globuli bianchi (leucociti) di fuoriuscire dal torrente circolatorio e spostarsi nei tessuti.
  • Attrae i leucociti nella sede dell’infezione
  • Stimola la fagocitosi, un processo attraverso il quale i microrganismi vengono “inghiottiti” dai macrofagi e dai neutrofili e così uccisi.
  • Aumenta la solubilità degli immunocomplessi, favorendone così l’eliminazione dal sangue.

Il test del complemento permette di misurare nel sangue la quantità o l’attività delle proteine del complemento. Per valutare se il sistema funziona normalmente, le componenti del complemento possono essere misurate singolarmente o nel loro insieme. Le proteine del complemento misurate più frequentemente sono la C3 e la C4. Nel caso in cui il clinico sospetti la presenza di un difetto non evidenziabile con la misura del C3 e del C4, può essere misurata l’attività totale del complemento (CH50). Il CH50 misura la funzionalità completa della via classica di attivazione del complemento C1-C9. Se questa misura è al di fuori dell’intervallo di riferimento, ciascuna delle nove diverse proteine può essere misurata individualmente per individuaredeficit ereditari o acquisiti.

The complement system is a complex system composed of more than 60 proteins, of which about 30 are circulating, which cooperate to promote the immune and inflammatory response. The complement test measures the amount or activity of complement proteins in the bloodstream.The main role of these proteins is to destroy foreign substances, such as bacteria and viruses. The name “complement” derives from the role of these proteins in supporting the activity of other agents of the immune system, such as antibodies. The complement system is therefore also activated in the presence of autoimmune diseases in which the body produces antibodies capable of recognizing organs and tissues belonging to the body itself (autoantibodies).The complement system is part of the innate immune system. Unlike the acquired immune system, which produces antibodies that recognize and protect the body from specific threats, the innate immune system is nonspecific but is able to respond rapidly to foreign substances. Furthermore, it does not require prior exposure to foreign microorganisms, nor does it keep track of those with which it has come into contact.There are nine major complement proteins, designated C1 through C9. They are complemented and regulated by numerous sub-components and inhibitors. The C1-C9 proteins, together with all the other complement proteins, interact according to a cascade pattern that determines the activation, amplification, fragmentation and formation of complexes capable of responding to infections, of attacking the target tissues foreign (as in transplants), to act in inflammation and cell death processes (apoptosis).Complement activation can be initiated following several pathways, which are termed classical (which includes C1qrs, C2, and C4 proteins), alternative (which includes C3, factor B, and properdin), or lectin activation pathway. However, the end product of all the different activation pathways is always the same: the formation of the Membrane Attack Complex (MAC). Complement activation causes several events (Complement cascade):MAC binds to the surface of any microorganisms or abnormal cells that have been set up for destruction. In doing so it causes a lesion (hole) in the cell membrane, causing lysis of the cell, i.e. its destruction due to the leakage of the contents, similar to what happens by puncturing a balloon full of water.It increases the permeability of blood vessels, allowing white blood cells (leukocytes) to leave the bloodstream and move into the tissues.Attracts leukocytes to the site of infectionStimulates phagocytosis, a process by which microorganisms are “engulfed” by macrophages and neutrophils and thus killed.Increases the solubility of immune complexes, thus promoting their elimination from the blood.The complement test measures the amount or activity of complement proteins in the blood. To assess whether the system is functioning normally, the components of complement can be measured individually or as a whole. The most frequently measured complement proteins are C3 and C4. In the event that the clinician suspects the presence of a defect that cannot be detected with the measurement of C3 and C4, total complement activity (CH50) can be measured. The CH50 measures the full functionality of the classical C1-C9 complement activation pathway. If this measurement is outside the reference range, each of the nine different proteins can be measured individually to pinpointhereditary or acquired deficits.

COMPLEMENTO FRAZIONE C4

Il sistema del complemento è un sistema complesso composto da più di 60 proteine, di cui circa 30 circolanti, che cooperano per promuovere la risposta immunitaria e infiammatoria. Il test del complemento misura la quantità o l’attività delle proteine del complemento presenti nel circolo ematico.Il ruolo principale di queste proteine è distruggere le sostanze estranee, come batteri e virus. Il nome “complemento” deriva da ruolo di sostegno di queste proteine all’attività di altri agenti del sistema immunitario, come gli anticorpi. Il sistema del complemento si attiva perciò anche in presenza di patologie autoimmuni nelle quali l’organismo produce anticorpi in grado di riconoscere organi e tessuti appartenenti all’organismo stesso (autoanticorpi).Il sistema del complemento fa parte del sistema immunitario innato. A differenza del sistema immunitario acquisito, che produce anticorpi che riconoscono e proteggono l’organismo da minacce specifiche, il sistema immunitario innato è aspecifico ma è in grado di rispondere rapidamente alle sostanze estranee. Inoltre, non necessita di una preventiva esposizione al microrganismo estraneo, né mantiene memoria di quelli con i quali è venuto in contatto.Esistono nove proteine principali del complemento, denominate da C1 a C9. Esse sono affiancate e regolate da numerose sottocomponenti e inibitori. Le proteine C1-C9, insieme a tutte le altre proteine del complemento, interagiscono secondo un modello a cascata che determina l’attivazione, l’amplificazione, la frammentazione e la formazione di complessi in grado di rispondere alle infezioni, di attaccare i tessuti considerati estranei (come nei trapianti), di agire nelle infiammazioni e nei processi di morte cellulare (apoptosi).L’attivazione del complemento può essere iniziata seguendo diverse vie, che sono denominate via di attivazione classica (che include le proteine C1qrs, C2 e C4), alternativa (che include il C3, il fattore B e la properdina) o della lectina. Tuttavia il prodotto finale di tutte le diverse vie di attivazione è sempre lo stesso: la formazione del Complesso di Attacco della Membrana (MAC). L’attivazione del complemento causa diversi eventi (Cascata del complemento):Il MAC si lega alla superficie di tutti i microrganismi o cellule anomale che sono state avviate alla distruzione. Così facendo provoca una lesione (foro) nella membrana cellulare, causando la lisi della cellula, cioè la sua distruzione per fuoriuscita del contenuto, analogamente a quanto succede bucando un palloncino pieno d’acqua.

  • Aumenta la permeabilità dei vasi sanguigni, permettendo ai globuli bianchi (leucociti) di fuoriuscire dal torrente circolatorio e spostarsi nei tessuti.
  • Attrae i leucociti nella sede dell’infezione
  • Stimola la fagocitosi, un processo attraverso il quale i microrganismi vengono “inghiottiti” dai macrofagi e dai neutrofili e così uccisi.
  • Aumenta la solubilità degli immunocomplessi, favorendone così l’eliminazione dal sangue.

Il test del complemento permette di misurare nel sangue la quantità o l’attività delle proteine del complemento. Per valutare se il sistema funziona normalmente, le componenti del complemento possono essere misurate singolarmente o nel loro insieme. Le proteine del complemento misurate più frequentemente sono la C3 e la C4. Nel caso in cui il clinico sospetti la presenza di un difetto non evidenziabile con la misura del C3 e del C4, può essere misurata l’attività totale del complemento (CH50). Il CH50 misura la funzionalità completa della via classica di attivazione del complemento C1-C9. Se questa misura è al di fuori dell’intervallo di riferimento, ciascuna delle nove diverse proteine può essere misurata individualmente per individuaredeficit ereditari o acquisiti.

The complement system is a complex system composed of more than 60 proteins, of which about 30 are circulating, which cooperate to promote the immune and inflammatory response. The complement test measures the amount or activity of complement proteins in the bloodstream.The main role of these proteins is to destroy foreign substances, such as bacteria and viruses. The name “complement” derives from the role of these proteins in supporting the activity of other agents of the immune system, such as antibodies. The complement system is therefore also activated in the presence of autoimmune diseases in which the body produces antibodies capable of recognizing organs and tissues belonging to the body itself (autoantibodies).The complement system is part of the innate immune system. Unlike the acquired immune system, which produces antibodies that recognize and protect the body from specific threats, the innate immune system is nonspecific but is able to respond rapidly to foreign substances. Furthermore, it does not require prior exposure to foreign microorganisms, nor does it keep track of those with which it has come into contact.There are nine major complement proteins, designated C1 through C9. They are complemented and regulated by numerous sub-components and inhibitors. The C1-C9 proteins, together with all the other complement proteins, interact according to a cascade pattern that determines the activation, amplification, fragmentation and formation of complexes capable of responding to infections, of attacking the target tissues foreign (as in transplants), to act in inflammation and cell death processes (apoptosis).Complement activation can be initiated following several pathways, which are termed classical (which includes C1qrs, C2, and C4 proteins), alternative (which includes C3, factor B, and properdin), or lectin activation pathway. However, the end product of all the different activation pathways is always the same: the formation of the Membrane Attack Complex (MAC). Complement activation causes several events (Complement cascade):MAC binds to the surface of any microorganisms or abnormal cells that have been set up for destruction. In doing so it causes a lesion (hole) in the cell membrane, causing lysis of the cell, i.e. its destruction due to the leakage of the contents, similar to what happens by puncturing a balloon full of water.It increases the permeability of blood vessels, allowing white blood cells (leukocytes) to leave the bloodstream and move into the tissues.Attracts leukocytes to the site of infectionStimulates phagocytosis, a process by which microorganisms are “engulfed” by macrophages and neutrophils and thus killed.Increases the solubility of immune complexes, thus promoting their elimination from the blood.The complement test measures the amount or activity of complement proteins in the blood. To assess whether the system is functioning normally, the components of complement can be measured individually or as a whole. The most frequently measured complement proteins are C3 and C4. In the event that the clinician suspects the presence of a defect that cannot be detected with the measurement of C3 and C4, total complement activity (CH50) can be measured. The CH50 measures the full functionality of the classical C1-C9 complement activation pathway. If this measurement is outside the reference range, each of the nine different proteins can be measured individually to pinpointhereditary or acquired deficits.

CONTA DI ADDIS

La conta di Addis è un metodo per la valutazione della funzionalità renale consistente nella determinazione quantitativa degli elementi figurati (globuli rossi, leucociti, cilindri, cristalli o particelle amorfe) e delle proteine, con l’esclusione delle cellule epiteliali squamose nelle urine raccolte nell’arco delle 12 o di 24 ore in un apposito recipiente in condizioni controllate. L’operazione è fatta tipicamente al mattino.È utilizzata per valutare la presenza di patologie renali o delle vie urinarie. La conta di Addis serve per verificare se si è in presenza di ematuria. I valori normali sono: 0-130.000/24 h.Sul sedimento (al fondo di una provetta dopo che è stata sottoposta a centrifugazione) di un campione di urina viene calcolata la quantità di cellule (in questo caso globuli rossi) emesse nel tempo base dell’esame. La presenza di una certa quantità di globuli rossi, che viene eliminata con le urine, è fisiologica. Quando le urine presentano una quantità maggiore di globuli rossi, allora si parla di ematuria. Essa può essere microscopica (rilevabile cioè solo con l’esame) o macroscopica, avvertita direttamente dal paziente per il colorito delle urine.

The Addis count is a method for evaluating renal function consisting in the quantitative determination of figured elements (red blood cells, leukocytes, casts, crystals or amorphous particles) and proteins, with the exclusion of squamous epithelial cells in urine collected in the over a period of 12 or 24 hours in a special container under controlled conditions. The operation is typically done in the morning. It is used to evaluate the presence of kidney or urinary tract pathologies. The Addis count is used to check if there is hematuria. Normal values ​​are: 0-130,000/24 ​​h. The quantity of cells (in this case red blood cells) emitted in the basic time of the test is calculated on the sediment (at the bottom of a test tube after it has been subjected to centrifugation) of a urine sample. The presence of a certain quantity of red blood cells, which is eliminated in the urine, is physiological. When the urine contains a greater quantity of red blood cells, then it is called hematuria. It can be microscopic (i.e. detectable only with the examination) or macroscopic, noticed directly by the patient due to the color of the urine.

COOMBS DIRETTO

Il test dell’antiglobulina diretto (TDC o Coombs diretto) rileva sulla superficie dei globuli rossi (GR) circolanti nel sangue la presenza di anticorpi, che ne determinano la distruzione. IGR presentano sulla superficie delle molecole chiamate antigeni. Ogni persona presenta sui globuli rossi i propri antigeni, ereditati dai genitori. Gli antigeni dei globuli rossi identificati più importanti sono gli A, i B e gli 0 e ogni persona può essere di gruppo sanguigno A, B, AB o 0 in accordo con la presenza o l’assenza di questi antigeni. Un altro importante antigene, presente sulla superficie dei globuli rossi è l’antigene D, facente parte del sistema Rh. Se l’antigene D è presente, allora la persona è di gruppo Rh positivo (Rh+), se è assente la persona è di gruppo Rh negativo (Rh-). Per informazioni più dettagliate, visitare la pagina Medicina trasfusionale. Sono inoltre presenti altri antigeni sulla superficie dei globuli rossi, meno conosciuti ma comunque clinicamente rilevanti: Kell, Duffy e Kidd.Ci sono diverse ragioni per cui gli anticorpi possono attaccare i globuli rossi:

  • Dopo una trasfusione di sangue: se un soggetto riceve una trasfusione di sangue da un donatore che non corrisponde completamente al suo gruppo sanguigno, il suo organismo produrrà anticorpi che riconoscono i GR del donatore come estranei. (Per ulteriori informazioni sui gruppi sanguigni, vedere l’articolo sulla Tipizzazione del sangue). Questi anticorpi attaccano i GR del donatore, distruggendoli. I pazienti che ricevono molte trasfusioni di sangue sono esposti ad una maggior probabilità di produrre tali anticorpi. Se il paziente mostra i sintomi di una reazione avversa dopo una trasfusione, occorre eseguire un TCD per determinare se sono presenti anticorpi diretti contro i GR.
  • Incompatibilità materno/fetale: il figlio può presentare sui suoi globuli rossi degli antigeni ereditati dal padre, che la madre non possiede. La madre può essere esposta a tali antigeni durante la gravidanza o al momento del parto: il sistema immunitario della madre può riconoscere i GR del figlio come estranei, producendo anticorpi diretti contro gli antigeni estranei. Gli anticorpi che attraversano la placenta, passando dal sangue della madre alla circolazione del bambino, attaccano i GR del bambino causando l’anemia emolitica nel neonato (MEN). Questa patologia solitamente non si manifesta durante la prima gravidanza, ma nelle successive, e nell’eventualità che la madre sia di gruppo Rh-negativo e il bambino Rh-positivo. IL TCD viene eseguito sul sangue del bambino per determinare la presenza di anticorpi sulla superficie dei globuli rossi. In passato, la causa più comune di malattia emolitica del neonato era la presenza di anticorpi diretti contro l’antigene Rh; ad oggi, la somministrazione di trattamenti preventivi somministrati alla madre Rh-negativa durante e dopo ogni gravidanza ha contribuito a renderle la MEN infrequente. Attualmente, la causa più comune è l’incompatibilità ABO tra la madre di gruppo O e il figlio. Questo tipo di incompatibilità materno-fetale è generalmente lieve.
  • Malattie autoimmuni e altre patologie: alcuni soggetti producono anticorpi diretti contro i propri antigeni esposti sulla superficie dei globuli rossi. Questi autoanticorpi possono essere prodotti in presenza di:

– malattie autoimmuni, come il Lupus – neoplasie maligne, quali il linfoma e la leucemia linfatica cronica. – infezioni, quali il mycoplasma pneumoniae e la mononucleosi

  • Anemia indotta da farmaci: alcuni farmaci possono indurre la produzione di anticorpi diretti contro i globuli rossi, causandone l’emolisi. Questa patologia può essere causata da alcuni antibiotici, compresa la penicillina, le cefalosporine e la piperacillina. In merito all’assunzione recente di farmaci è opportuno informare il medico che ne valuterà l’interruzione in caso di sospetto di anemia autoimmune indotta da farmaci. I sintomi si risolvono rapidamente dopo l’interruzione del farmaco.

The direct antiglobulin test (TDC or direct Coombs) detects the presence of antibodies on the surface of red blood cells (RBCs) circulating in the blood, which cause their destruction. THE RBCs have molecules called antigens on their surface. Each person has their own antigens on their red blood cells, inherited from their parents. The most important identified red blood cell antigens are A, B and 0 and each person can be of blood group A, B, AB or 0 according to the presence or absence of these antigens. Another important antigen present on the surface of red blood cells is the D antigen, which is part of the Rh system. If the D antigen is present, then the person is Rh positive (Rh+), if it is absent the person is Rh negative (Rh-). For more detailed information, visit the Transfusion Medicine page. There are also other antigens on the surface of red blood cells, less known but still clinically relevant: Kell, Duffy and Kidd. There are several reasons why antibodies can attack red blood cells: After a blood transfusion: If a person receives a blood transfusion from a donor that does not completely match their blood type, their body will produce antibodies that recognize the donor’s RBCs as foreign. (For more information on blood types, see the article on Blood Typing.) These antibodies attack the donor’s RBCs, destroying them. Patients who receive many blood transfusions are more likely to produce such antibodies. If the patient shows symptoms of an adverse reaction after a transfusion, a TCD should be performed to determine whether antibodies directed against the RBCs are present.Maternal/fetal incompatibility: the child may present on his red blood cells antigens inherited from the father, which the mother does not possess. The mother can be exposed to these antigens during pregnancy or at the time of birth: the mother’s immune system can recognize the baby’s RBCs as foreign, producing antibodies directed against the foreign antigens. Antibodies that cross the placenta, passing from the mother’s blood to the baby’s circulation, attack the baby’s RBCs causing haemolytic anemia in the newborn (MEN). This pathology usually does not manifest itself during the first pregnancy, but in subsequent ones, and in the event that the mother is Rh-negative and the baby is Rh-positive. TCD is performed on the child’s blood to determine the presence of antibodies on the surface of the red blood cells. In the past, the most common cause of hemolytic disease in the newborn was the presence of antibodies directed against the Rh antigen; To date, the administration of preventive treatments administered to the Rh-negative mother during and after each pregnancy has contributed to making MEN infrequent. Currently, the most common cause is ABO incompatibility between the group O mother and her child. This type of maternal-fetal incompatibility is generally mild. Autoimmune and other diseases: Some people produce antibodies directed against their own antigens exposed on the surface of red blood cells. These autoantibodies can be produced in the presence of: – autoimmune diseases, such as Lupus – malignant neoplasms, such as lymphoma and chronic lymphocytic leukemia. – infections, such as mycoplasma pneumoniae and mononucleosis Drug-induced anemia: Some drugs can induce the production of antibodies directed against red blood cells, causing hemolysis. This condition can be caused by some antibiotics, including penicillin, cephalosporins, and piperacillin. It is advisable to inform your doctor about recent drug intake, who will consider discontinuing it in case of suspicion of drug-induced autoimmune anemia. Symptoms resolve quickly after discontinuation of the drug.

COOMBS INDIRETTO

Il test di Coombs indiretto determina la presenza di anticorpi nel sangue diretti contro i globuli rossi (WBC). Principalmente, il paziente può sviluppare questo tipo di anticorpi in seguito all’esposizione a globuli rossi non suoi, ad esempio a causa di una trasfusione di sangue o di una gravidanza.I globuli rossi presentano sulla superficie delle strutture chiamate antigeni. Ogni persona presenta i propri antigeni, ereditati dai genitori, sui globuli rossi. I principali antigeni identificati sulla superficie dei globuli rossi includono 0, A e B e, di conseguenza, il sangue può essere di gruppo A, B, AB e 0, in accordo con la presenza o l’assenza degli antigeni. I soggetti di gruppo 0 producono naturalmente anticorpi diretti contro gli antigeni A e B, che non sono presenti sulla superficie dei suoi globuli rossi. Allo stesso modo, soggetti di gruppo A presentano naturalmente anticorpi anti-antigene B e quelli di gruppo B gli anticorpi anti-A. Un altro importante antigene presente sulla superficie dei globuli rossi è il fattore Rh, noto anche come antigene D. Se presente sulla superficie dei globuli rossi, il sangue viene definito di gruppo Rh + (positivo), se assente il sangue è Rh – (negativo). Per maggiori informazioni a riguardo, consultare la pagina Medicina Trasfusionale. Esistono anche altri antigeni meno conosciuti che rivestono la superficie dei WBC, come gli antigeni Kell, Lewis e Kidd.Alcuni esempi di circostanze nelle quali un individuo potrebbe produrre anticorpi diretti contro i globuli rossi includono:

  • Dopo una trasfusione: gli anticorpi diretti contro gli antigeni A e gli antigeni B vengono prodotti naturalmente, senza che il soggetto debba essere stato esposto ad un gruppo diverso dal suo. Prima di una trasfusione, il sangue del donatore e del ricevente vengono confrontati sul sistema AB0 ed Rh, per prevenire una reazione avversa alla trasfusione. Il sangue del donatore deve essere compatibile con quello del ricevente, in modo che il sistema immunitario di quest’ultimo non reagisca distruggendo i globuli rossi. Se un individuo riceve una trasfusione, l’organismo può riconoscere come estranei anche altri antigeni (ad esempio Kell o Kidd) presenti sulla superficie dei globuli rossi del donatore e produrre anticorpi diretti contro di essi. I soggetti esposti a trasfusioni ripetute producono anticorpi contro i globuli rossi, poiché sono stati esposti a globuli rossi estranei
  • Incompatibilità sierica materno-fetale: il feto può aver ereditato gli antigeni dei globuli rossi dal padre, che la madre non possiede. Nel caso in cui, durante la gravidanza o al momento del parto, qualche cellula del neonato entri nel circolo materno (i due circoli sono separati dalla placenta), la madre può essere esposta ai globuli rossi del figlio. In tal caso il sistema immunitario della madre può iniziare a produrre anticorpi diretti contro gli antigeni estranei, causando l’anemia emolitica nel neonato (MEN). Questa patologia solitamente non si manifesta durante la prima gravidanza, ma nelle successive, quando gli anticorpi materni attraversano la placenta, passando dal sangue della madre alla circolazione del bambino, e attaccano i globuli rossi del bambino, emolizzandoli. Il test di Coombs indiretto contribuisce a determinare se la madre ha sviluppato anticorpi diversi da quelli naturalmente prodotti dal suo sistema AB0.

Al momento della prima esposizione a globuli rossi estranei, in seguito a trasfusione o gravidanza, il soggetto può iniziare a produrre anticorpi, ma non ha tempo sufficiente per produrne abbastanza da distruggere i globuli rossi. Alla seconda esposizione, per gravidanza o trasfusione, il sistema immunitario produce immediatamente quantità elevate di anticorpi, che attaccano ed emolizzano i globuli rossi trasfusi o del bambino. Gli anticorpi del sistema AB0 sono prodotti naturalmente e non hanno bisogno di esposizione ai globuli rossi estranei. Il test per la valutazione degli anticorpi diretti contro i globuli rossi determina la presenza di anticorpi (non del sistema AB0) diretti contro i WBC. Gli anticorpi possono essere identificati con un test di identificazione degli anticorpi.

The indirect Coombs test determines the presence of antibodies in the blood directed against red blood cells (WBC). Mainly, the patient can develop this type of antibodies following exposure to red blood cells that are not their own, for example due to a blood transfusion or pregnancy. Red blood cells have structures called antigens on their surface. Each person has their own antigens, inherited from their parents, on their red blood cells. The main antigens identified on the surface of red blood cells include 0, A and B and, consequently, blood can be of groups A, B, AB and 0, according to the presence or absence of the antigens. Group 0 subjects naturally produce antibodies directed against antigens A and B, which are not present on the surface of their red blood cells. Similarly, group A subjects naturally have anti-B antigen antibodies and group B subjects have anti-A antibodies. Another important antigen present on the surface of red blood cells is the Rh factor, also known as D antigen. If present on the surface of red blood cells, the blood is defined as Rh + (positive), if absent the blood is Rh – (negative ). For more information on this, consult the Transfusion Medicine page. There are also other lesser-known antigens that coat the surface of WBCs, such as Kell, Lewis, and Kidd antigens. Some examples of circumstances in which an individual might produce antibodies directed against red blood cells include: After a transfusion: antibodies directed against antigens A and antigens B are produced naturally, without the subject having to have been exposed to a group other than his own. Before a transfusion, the blood of the donor and the recipient are compared on the AB0 and Rh system, to prevent an adverse reaction to the transfusion. The donor’s blood must be compatible with that of the recipient, so that the latter’s immune system does not react by destroying the red blood cells. If an individual receives a transfusion, the body can also recognize other antigens (for example Kell or Kidd) present on the surface of the donor’s red blood cells as foreign and produce antibodies directed against them. People exposed to repeated transfusions produce antibodies against red blood cells because they have been exposed to foreign red blood cellsMaternal-fetal serum incompatibility: the fetus may have inherited red blood cell antigens from the father, which the mother does not possess. If, during pregnancy or at the time of birth, some cells from the newborn enter the maternal circulation (the two circulations are separated by the placenta), the mother may be exposed to the red blood cells of her child. In this case, the mother’s immune system may begin to produce antibodies directed against foreign antigens, causing haemolytic anemia in the newborn (MEN). This pathology usually does not manifest itself during the first pregnancy, but in subsequent ones, when maternal antibodies cross the placenta, passing from the mother’s blood to the baby’s circulation, and attack the baby’s red blood cells, haemolysing them. The indirect Coombs test helps determine whether the mother has developed antibodies other than those naturally produced by her AB0 system. When the person is first exposed to foreign red blood cells, following a transfusion or pregnancy, they may begin to produce antibodies, but they do not have enough time to produce enough to destroy the red blood cells. Upon the second exposure, due to pregnancy or transfusion, the immune system immediately produces high quantities of antibodies, which attack and hemolyze the transfused or baby’s red blood cells. AB0 system antibodies are produced naturally and do not require exposure to foreign red blood cells. The test for the evaluation of antibodies directed against red blood cells determines the presence of antibodies (not of the AB0 system) directed against WBC. Atibodies can be identified with an antibody identification test.

COPROCOLTURA

La coprocoltura è finalizzata all’identificazione di batteri patogeni eventualmente presenti nel campione di feci. Questo test è in grado di distinguere tra i batteri normalmente presenti nel tratto gastrointestinale (flora batterica normale) e quelli in grado di causare una malattia (patogeni). Pertanto, il test viene eseguito per identificare i batteri patogeni presenti nel tratto gastrointestinale di un paziente con sintomi di gastroenterite.I batteri che vengono identificati nel campione di feci sono rappresentativi di tutti i batteri presenti nel tratto gastrointestinale. Alcuni batteri sono presenti normalmente nel tratto gastrointestinale di qualunque persona. Essi giocano un ruolo importante nel processo digestivo e nel prevenire la crescita di batteri patogeni nell’intestino.Talvolta l’assunzione di terapia antibiotica ad ampio spettro può comportare uno sbilanciamento della flora batterica intestinale; i farmaci inibiscono la crescita dei batteri non patogeni e favoriscono la sopravvivenza e la crescita di batteri resistenti agli antibiotici, come Clostridium difficile, con la conseguente comparsa di diarrea e dolori addominali.I batteri patogeni possono entrare nel tratto gastrointestinale e infettarlo tramite l’assunzione di cibi o acqua contaminata. Le possibili fonti di batteri patogeni includono uova crude o poco cotte, pollame o manzo, latte non pastorizzato, acque di fiumi o laghi e, talvolta, forniture d’acqua pubbliche.I viaggi in paesi in via di sviluppo sono potenzialmente a rischio per l’esposizione a batteri in grado di sviluppare malattie gastrointestinali. Alcuni batteri sono effettivamente patogeni, mentre altri sono normalmente presenti nel tratto gastrointestinale della popolazione residente ma potrebbero causare fastidi gastrointestinali nei turisti. Questi batteri possono essere assunti mangiando o bevendo qualsiasi cosa contaminata, inclusa l’acqua di rubinetto, i cubetti di ghiaccio in una bevanda, un’insalata fresca e cibi venduti da venditori ambulanti.I sintomi clinici più comuni in caso di infezioni batteriche gastrointestinali sono diarrea prolungata, sangue e/o muco nelle feci, dolori e crampi addominali e nausea. La diarrea prolungata per più di qualche giorno può portare a disidratazione e sbilanciamento degli elettroliti, condizioni particolarmente preoccupanti in particolare per bambini e anziani. La disidratazione si manifesta con pelle secca, senso di fatica e vertigini.Nei casi particolarmente gravi può essere necessaria l’ospedalizzazione per la somministrazione di terapia di supporto per la reidratazione. La sindrome emolitico-uremica è una grave complicanza caratterizzata dalla distruzione dei globuli rossi e da scompenso renale che può talvolta originare da un’infezione di un ceppo di Escherichia coli producente tossine.Questa patologia si sviluppa più frequentemente nei bambini, negli anziani e nelle persone con il sistema immunitario compromesso.L’esecuzione del test può non essere necessaria nel caso in cui i sintomi non siano gravi e non persistano a lungo. Tuttavia, in presenza di gravi sintomi clinici come diarrea mista a sangue e muco persistente, l’esecuzione del test può essere indicata. In modo particolare in pazienti che abbiano sviluppato tale malessere in seguito a viaggi in paesi in via di sviluppo o che abbiano mangiato o bevuto qualcosa che abbia determinato lo sviluppo dei sintomi anche in altre persone.Per una diagnosi più accurata, insieme alla coprocoltura possono essere richiesti anche altri esami volti alla ricerca di eventuali virus o parassiti responsabili degli stessi sintomi, come l’esame coproparassitologico o i test di ricerca di specifici antigeni.

Coproculture is aimed at identifying pathogenic bacteria that may be present in the stool sample. This test is able to distinguish between bacteria normally present in the gastrointestinal tract (normal bacterial flora) and those capable of causing disease (pathogens). Therefore, the test is performed to identify pathogenic bacteria present in the gastrointestinal tract of a patient with symptoms of gastroenteritis. The bacteria that are identified in the stool sample are representative of all the bacteria present in the gastrointestinal tract. Some bacteria are normally present in the gastrointestinal tract of any person. They play an important role in the digestive process and in preventing the growth of pathogenic bacteria in the intestine. Sometimes taking broad-spectrum antibiotic therapy can lead to an imbalance in the intestinal bacterial flora; the drugs inhibit the growth of non-pathogenic bacteria and promote the survival and growth of antibiotic-resistant bacteria, such as Clostridium difficile, resulting in diarrhea and abdominal pain. Pathogenic bacteria can enter the gastrointestinal tract and infect it through intake of contaminated food or water. Possible sources of pathogenic bacteria include raw or undercooked eggs, poultry or beef, unpasteurized milk, river or lake water, and sometimes public water supplies. Travel to developing countries is potentially risky for l exposure to bacteria capable of developing gastrointestinal diseases. Some bacteria are actually pathogenic, while others are normally present in the gastrointestinal tract of the resident population but could cause gastrointestinal discomfort in tourists. These bacteria can be acquired by eating or drinking anything contaminated, including tap water, ice cubes in a drink, a fresh salad, and foods sold from street vendors. The most common clinical symptoms of gastrointestinal bacterial infections are prolonged diarrhoea, blood and/or mucus in the stool, abdominal pain and cramps and nausea. Prolonged diarrhea for more than a few days can lead dehydration and electrolyte imbalance, particularly worrying conditions for children and the elderly in particular. Dehydration manifests itself with dry skin, a sense of fatigue and dizziness. In particularly severe cases, hospitalization may be necessary for the administration of rehydration support therapy. Hemolytic uremic syndrome is a serious complication characterized by the destruction of red blood cells and renal failure which can sometimes originate from an infection with a toxin-producing strain of Escherichia coli. This pathology develops more frequently in children, the elderly and people with a compromised immune system. Testing may not be necessary if the symptoms are not severe and do not persist for a long time. However, in the presence of severe clinical symptoms such as bloody diarrhea and persistent mucus, testing may be indicated. Particularly in patients who have developed this discomfort following travel to developing countries or who have eaten or drunk something that has led to the development of symptoms in other people as well. For a more accurate diagnosis, together with the coproculture they can be other tests aimed at searching for any viruses or parasites responsible for the same symptoms are also required, such as coproparasitological examination or tests for the search for specific antigens.

CORTICOTROPINA (ACTH)

L’ormone Adrenocorticotropo (ACTH) è un ormone che stimola la produzione di cortisolo. Il cortisolo è un ormone steroideo importante per la regolazione del metabolismo di glucosio, proteine e lipidi, per la soppressione della risposta del sistema immunitario e nel mantenimento della pressione sanguigna. Questo test misura la concentrazione di ACTH nel sangue.L’ACTH è prodotto dalla ghiandola ipofisaria, un piccolo organo delle dimensioni di un fagiolo posto alla base dell’encefalo. L’ipofisi fa parte del sistema endocrino, un complesso di ghiandole interconnesse responsabili della produzione di ormoni che agiscono su organi, tessuti ed altre ghiandole per regolare le funzioni dell’organismo. Normalmente, i livelli di ACTH aumentano al diminuire del cortisolo e decrescono all’aumentare del cortisolo nel sangue. Quando la concentrazione di cortisolo diminuisce nel sangue, l’ipotalamo produce l’ormone di rilascio della corticotropina (CRH) che stimola l’ipofisi alla produzione di corticotropina (ACTH). La corticotropina a sua volta stimola le ghiandole surrenali alla produzione di cortisolo. Il raggiungimento di livelli adeguati di cortisolo nel circolo sanguigno determina l’inibizione della produzione di CRH e ACTH ad opera di ipotalamo e ipofisi, creando così un controllo a feedback negativo. La produzione efficiente di cortisolo da parte dell’ipotalamo dipende dalla corretta funzionalità dell’ipofisi e le ghiandole surrenali.Le patologie che colpiscono l’ipofisi e le ghiandole surrenali possono far aumentare o diminuire la concentrazione di ACTH e di cortisolo ed interferire con la loro regolazione. Tutto ciò può provocare segni e sintomi associati ad un eccesso o ad una mancanza di cortisolo. Anche la presenza di tumori extra-ipofisari, localizzati ad esempio nei polmoni, può aumentare la concentrazione di cortisolo, con conseguente produzione di ACTH.

Adrenocorticotropic hormone (ACTH) is a hormone that stimulates the production of cortisol. Cortisol is a steroid hormone important for the regulation of glucose, protein and lipid metabolism, for the suppression of the immune system response and in the maintenance of blood pressure. This test measures the concentration of ACTH in the blood. ACTH is produced by the pituitary gland, a small organ the size of a bean at the base of the brain. The pituitary gland is part of the endocrine system, a complex of interconnected glands responsible for the production of hormones that act on organs, tissues and other glands to regulate the body’s functions. Normally, ACTH levels increase as cortisol decreases and decrease as cortisol in the blood increases. When the concentration of cortisol decreases in the blood, the hypothalamus produces corticotropin-releasing hormone (CRH) which stimulates the pituitary gland to produce corticotropin (ACTH). Corticotropin in turn stimulates the adrenal glands to produce cortisol. The achievement of adequate levels of cortisol in the bloodstream determines the inhibition of the production of CRH and ACTH by the hypothalamus and pituitary gland, thus creating a negative feedback control. The efficient production of cortisol by the hypothalamus depends on the correct functionality of the pituitary and adrenal glands. Pathologies that affect the pituitary and adrenal glands can increase or decrease the concentration of ACTH and cortisol and interfere with their regulation. All of this can cause signs and symptoms associated with an excess or lack of cortisol. Even the presence of extra-pituitary tumors, located for example in the lungs, can increase the concentration of cortisol, resulting in the production of ACTH.

CORTISOLO

Il cortisolo è un ormone coinvolto nel metabolismo delle proteine, dei lipidi e dei carboidrati. Influenza la concentrazione di glucosio nel sangue, contribuisce a mantenere costante la pressione arteriosa ed ha una funzione regolatoria sul sistema immunitario. La maggior parte del cortisolo nel sangue è legato a una proteina; solo una piccola percentuale è “libera” e biologicamente attiva. Il cortisolo libero viene secreto nell’urina ed è presente nella saliva. Questo esame misura la quantità di cortisolo nel sangue, nell’urina o nella saliva.Normalmente, la concentrazione di cortisolo nel sangue (come nell’urina e nella saliva) aumenta e diminuisce seguendo un “ritmo circadiano”. Raggiunge il picco al mattino presto, per poi decrescere durante il giorno, raggiungendo il punto più basso intorno a mezzanotte. Questo ritmo può cambiare se la persona lavora ad orari irregolari (ad esempio se fa i turni di notte) e dorme in momenti diversi della giornata; può perturbarsi quando una patologia frena o stimola la produzione di cortisolo.Il cortisolo è prodotto e secreto dalle ghiandole surrenali, due organi triangolari posti sopra i reni. La produzione dell’ormone è regolata dall’ipotalamo, nel cervello, e dall’ipofisi, un piccolo organo localizzato sotto l’encefalo. Quando la concentrazione di cortisolo diminuisce, l’ipotalamo rilascia corticotropin-releasing hormone (CRH), che stimola l’ipofisi a produrre ACTH (ormone adrenocorticotropo). L’ACTH stimola le ghiandole surrenali a produrre e rilasciare cortisolo. Affinché sia prodotta una normale quantità di cortisolo, l’ipotalamo, l’ipofisi e le ghiandole surrenali devono funzionare adeguatamente.Il gruppo di segni e sintomi che si possono osservare a seguito di un’elevata concentrazione di cortisolo è chiamato sindrome di Cushing. Un’aumentata produzione di cortisolo avviene a seguito di:

  • Somministrazione di grandi quantità di glucocorticosteroidi (come prednisone, prednisolone o desametasone) per il trattamento di varie patologie autoimmuni o di alcuni tumori
  • Tumori secernenti ACTH, nell’ipofisi e/o in altre parti dell’organismo
  • Aumentata produzione di cortisolo da parte delle ghiandole surrenali, a causa di tumori o eccessiva crescita del tessuto surrenalico (iperplasia)
  • Raramente, con tumori localizzati in varie parti dell’organismo, secernenti CRH

Una diminuita produzione di cortisolo avviene in seguito a:

  • Una diminuita attività dell’ipofisi o tumori dell’ipofisi che inibiscono la produzione di ACTH, conosciuta anche come insufficienza surrenalica secondaria
  • Ghiandole surrenali mal funzionanti o danneggiate (insufficienza surrenalica) che limitano la produzione di cortisolo; questa forma viene chiamata insufficienza surrenalica primaria ed è anche conosciuta come morbo di Addison
  • Interruzione del trattamento con glucocorticosteroidi, in particolare se brusca dopo un lungo periodo di cura.

Cortisolo Salivare

Cortisolo Libero

Cortisolo Urinario

Cortisol is a hormone involved in the metabolism of proteins, lipids and carbohydrates. It influences the concentration of glucose in the blood, helps to keep blood pressure constant and has a regulatory function on the immune system. Most of the cortisol in the blood is bound to a protein; only a small percentage is “free” and biologically active. Free cortisol is secreted in urine and is present in saliva. This test measures the amount of cortisol in your blood, urine, or saliva.Normally, the concentration of cortisol in the blood (as in urine and saliva) rises and falls following a “circadian rhythm”. It reaches its peak in the early morning, then decreases throughout the day, reaching its lowest point around midnight. This rhythm can change if the person works irregular hours (for example if they work night shifts) and sleeps at different times of the day; it can become disturbed when a pathology slows down or stimulates the production of cortisol.Cortisol is produced and secreted by the adrenal glands, two triangular organs located above the kidneys. The production of the hormone is regulated by the hypothalamus, in the brain, and by the pituitary gland, a small organ located under the brain. When the concentration of cortisol decreases, the hypothalamus releases corticotropin-releasing hormone (CRH), which stimulates the pituitary gland to produce ACTH (adrenocorticotropic hormone). ACTH stimulates the adrenal glands to produce and release cortisol. In order for a normal amount of cortisol to be produced, the hypothalamus, pituitary gland and adrenal glands must function adequately.The group of signs and symptoms that can be observed following a high concentration of cortisol is called Cushing’s syndrome. Increased production of cortisol occurs as a result of:Administration of large amounts of glucocorticosteroids (such as prednisone, prednisolone, or dexamethasone) to treat various autoimmune diseases or some cancersACTH-secreting tumors in the pituitary gland and/or other parts of the bodyIncreased production of cortisol by the adrenal glands, due to tumors or excessive growth of adrenal tissue (hyperplasia)Rarely, with tumors located in various parts of the body, secreting CRHDecreased cortisol production occurs as a result of:Decreased pituitary activity or pituitary tumors that inhibit ACTH production, also known as secondary adrenal insufficiencyPoorly functioning or damaged adrenal glands (adrenal insufficiency) that limit cortisol production; this form is called primary adrenal insufficiency and is also known as Addison’s diseaseDiscontinuation of treatment with glucocorticosteroids, particularly if abrupt after a long period of treatment.Salivary CortisolFree Cortisol

Urinary Cortisol

CPK ( Creatina chinasi )

Questo esame misura la quantità di creatina chinasi (CK) nel sangue. La creatina chinasi è un enzima localizzato a livello cardiaco, cerebrale, del muscolo scheletrico e di altri tessuti. Quando si verifica un danno muscolare, vengono rilasciate nel sangue quantità aumentate di CK.La piccola quantità di CK che si trova normalmente nel sangue proviene principalmente dal muscolo scheletrico. Ogni patologia che causa danno muscolare e/o interferisca con la produzione di energia muscolare o con il suo utilizzo può provocare un aumento di CK. Ad esempio, l’infiammazione muscolare, chiamata miosite, può incrementare la CK. La rabdomiolisi, una rottura del tessuto muscolare, è associata a concentrazioni di CK significativamente aumentate.La rabdomiolisi e l’aumento di CK si possono osservare a seguito di:

  • Schiacciatura e compressione del muscolo, trauma, ustione e scossa elettrica
  • Grossi interventi chirurgici
  • Crisi epilettica
  • Esercizio fisico intenso, in particolare quando è caldo e umido e il soggetto è disidratato
  • Infezioni virali (come influenza e HIV), batteriche, fungine e parassitiche (come la malaria)
  • Presenza di un coagulo ematico (trombosi) che blocca il flusso sanguigno
  • Contatto con farmaco o tossina che interferisce con la produzione di energia muscolare o aumenta il fabbisogno energetico

Il danno muscolare, tra cui anche il danno cardiaco che si verifica durante un infarto, può provocare un aumento di CK entro poche ore. La sua concentrazione ha un picco tra le 12 e le 24 ore e ritorna normale dopo 2- 4 giorni. Se si verificano ulteriori danni, allora le concentrazioni di CK possono rimanere elevate. Ciò rende il test del CK utile per il monitoraggio del danno progressivo muscolare o cardiaco.
This test measures the amount of creatine kinase (CK) in the blood. Creatine kinase is an enzyme located in the heart, brain, skeletal muscle and other tissues. When muscle damage occurs, increased amounts of CK are released into the blood.The small amount of CK normally found in the blood comes primarily from skeletal muscle. Any pathology that causes muscle damage and/or interferes with muscle energy production or use can cause an increase in CK. For example, muscle inflammation, called myositis, can increase CK. Rhabdomyolysis, a breakdown of muscle tissue, is associated with significantly increased CK concentrations.Rhabdomyolysis and CK elevation may be seen following:Crushing and compression of the muscle, trauma, burn and electric shockMajor surgeriesEpileptic crisisStrenuous exercise, particularly when it is hot and humid and the person is dehydratedViral (such as influenza and HIV), bacterial, fungal, and parasitic (such as malaria) infectionsPresence of a blood clot (thrombosis) that blocks blood flowContact with a drug or toxin that interferes with muscle energy production or increases energy needsMuscle damage, including heart damage that occurs during a heart attack, can cause an increase in CK within a few hours. Its concentration peaks between 12 and 24 hours and returns to normal after 2-4 days. If further damage occurs, then CK concentrations may remain elevated. This makes the CK test useful for monitoring progressive muscle or heart damage.

CPK MB

La creatina chinasi MB (CK-MB) è localizzata principalmente a livello delle cellule cardiache. È una delle tre forme (isoenzimi) dell’enzima creatina chinasi (CK). Gli isoenzimi includono:

  • CK-MM; localizzato principalmente nel muscolo scheletrico e nel cuore
  • CK-MB; localizzato principalmente nel cuore e, in minor quantità, nelle cellule del muscolo scheletrico
  • CK-BB; localizzato principalmente nel cervello e nella muscolatura liscia: intestino e utero

Il CK è rilasciato dalle cellule dei muscoli ed è rilevabile nel sangue in seguito a un danno muscolare. Una piccola concentrazione di CK che si trova normalmente nel sangue è principalmente costituita da CK-MM. Il CK-BB non è quasi mai rilevabile nel sangue, mentre il CK-MB è presente in concentrazioni significative in seguito a danno cardiaco. Il test del CK misura la concentrazione totale, ma non distingue tra i tre tipi di isoenzimi.

Creatine kinase MB (CK-MB) is mainly located in cardiac cells. It is one of the three forms (isoenzymes) of the enzyme creatine kinase (CK). Isoenzymes include:CK-MM; located mainly in skeletal muscle and heartCK-MB; located mainly in the heart and, to a lesser extent, in skeletal muscle cellsCK-BB; located mainly in the brain and smooth muscles: intestine and uterusCK is released from muscle cells and is detectable in the blood following muscle damage. A small concentration of CK normally found in the blood is primarily made up of CK-MM. CK-BB is almost never detectable in the blood, while CK-MB is present in significant concentrations following cardiac damage. The CK test measures the total concentration, but does not distinguish between the three types of isoenzymes.

CREATINA CHINASI (CK)

Questo esame misura la quantità di creatina chinasi (CK) nel sangue. La creatina chinasi è un enzima localizzato a livello cardiaco, cerebrale, del muscolo scheletrico e di altri tessuti. Quando si verifica un danno muscolare, vengono rilasciate nel sangue quantità aumentate di CK.La piccola quantità di CK che si trova normalmente nel sangue proviene principalmente dal muscolo scheletrico. Ogni patologia che causa danno muscolare e/o interferisca con la produzione di energia muscolare o con il suo utilizzo può provocare un aumento di CK. Ad esempio, l’infiammazione muscolare, chiamata miosite, può incrementare la CK. La rabdomiolisi, una rottura del tessuto muscolare, è associata a concentrazioni di CK significativamente aumentate.La rabdomiolisi e l’aumento di CK si possono osservare a seguito di:

  • Schiacciatura e compressione del muscolo, trauma, ustione e scossa elettrica
  • Grossi interventi chirurgici
  • Crisi epilettica
  • Esercizio fisico intenso, in particolare quando è caldo e umido e il soggetto è disidratato
  • Infezioni virali (come influenza e HIV), batteriche, fungine e parassitiche (come la malaria)
  • Presenza di un coagulo ematico (trombosi) che blocca il flusso sanguigno
  • Contatto con farmaco o tossina che interferisce con la produzione di energia muscolare o aumenta il fabbisogno energetico

Il danno muscolare, tra cui anche il danno cardiaco che si verifica durante un infarto, può provocare un aumento di CK entro poche ore. La sua concentrazione ha un picco tra le 12 e le 24 ore e ritorna normale dopo 2- 4 giorni. Se si verificano ulteriori danni, allora le concentrazioni di CK possono rimanere elevate. Ciò rende il test del CK utile per il monitoraggio del danno progressivo muscolare o cardiaco.
This test measures the amount of creatine kinase (CK) in the blood. Creatine kinase is an enzyme found in the heart, brain, skeletal muscle and other tissues. When muscle damage occurs, increased amounts of CK are released into the blood.The small amount of CK normally found in the blood comes mainly from skeletal muscle. Any disease that causes muscle damage and/or interferes with muscle energy production or use can cause an increase in CK. For example, muscle inflammation, called myositis, can increase CK. Rhabdomyolysis, a breakdown of muscle tissue, is associated with significantly increased CK concentrations.Rhabdomyolysis and CK increase can be seen as a result of:Crushing and compression of the muscle, trauma, burn and electric shockMajor surgeriesEpileptic crisisVigorous exercise, particularly when it is hot and humid and the person is dehydratedViral (such as influenza and HIV), bacterial, fungal, and parasitic (such as malaria) infectionsPresence of a blood clot (thrombosis) blocking blood flowContact with drug or toxin that interferes with muscle energy production or increases energy needsMuscle damage, including heart damage that occurs during a heart attack, can cause CK to rise within hours. Its concentration peaks between 12 and 24 hours and returns to normal after 2-4 days. If further damage occurs, then CK concentrations may remain elevated. This makes CK testing useful for monitoring progressive muscle or heart damage.

CREATINFOSFOCHINASI MB ( CK-MB)

La creatina chinasi MB (CK-MB) è localizzata principalmente a livello delle cellule cardiache. È una delle tre forme (isoenzimi) dell’enzima creatina chinasi (CK). Gli isoenzimi includono:

  • CK-MM; localizzato principalmente nel muscolo scheletrico e nel cuore
  • CK-MB; localizzato principalmente nel cuore e, in minor quantità, nelle cellule del muscolo scheletrico
  • CK-BB; localizzato principalmente nel cervello e nella muscolatura liscia: intestino e utero

Il CK è rilasciato dalle cellule dei muscoli ed è rilevabile nel sangue in seguito a un danno muscolare. Una piccola concentrazione di CK che si trova normalmente nel sangue è principalmente costituita da CK-MM. Il CK-BB non è quasi mai rilevabile nel sangue, mentre il CK-MB è presente in concentrazioni significative in seguito a danno cardiaco. Il test del CK misura la concentrazione totale, ma non distingue tra i tre tipi di isoenzimi.
Creatine kinase MB (CK-MB) is mainly located in cardiac cells. It is one of the three forms (isoenzymes) of the enzyme creatine kinase (CK). Isoenzymes include:CK-MM; located mainly in skeletal muscle and heartCK-MB; located mainly in the heart and, to a lesser extent, in skeletal muscle cellsCK-BB; located mainly in the brain and smooth muscles: intestine and uterusCK is released from muscle cells and is detectable in the blood following muscle damage. A small concentration of CK normally found in the blood is primarily made up of CK-MM. CK-BB is almost never detectable in the blood, while CK-MB is present in significant concentrations following cardiac damage. The CK test measures the total concentration, but does not distinguish between the three types of isoenzymes.

CREATININA

Questo esame misura la concentrazione della creatinina nel sangue e/o nell’urina. La creatinina è un prodotto di scarto dei muscoli proveniente dal metabolismo di una molecola chiamata creatina. La creatina fa parte di un ciclo metabolico che produce energia necessaria per la contrazione muscolare. Sia la creatina che la creatinina sono prodotte dall’organismo in modo relativamente costante. Quasi tutta la creatinina è escreta dai reni, perciò la concentrazione nel sangue è di solito un buon indicatore della funzionalità renale. La quantità prodotta dipende dalle dimensioni fisiche dell’individuo e dalla sua massa muscolare. Per questa ragione, la concentrazione di creatinina dovrebbe essere un po’ più alta negli uomini rispetto alla concentrazione in donne e bambini.I reni sono una coppia di organi con la caratteristica forma a fagiolo, localizzati nella parte inferiore della gabbia toracica al lato sinistro e destro della schiena. Sono composti da circa un milione di nefroni, le unità funzionali in cui avviene la filtrazione del sangue. In ogni nefrone il sangue viene continuamente filtrato attraverso un gruppo di vasi sanguigni che formano una matassa, chiamata glomerulo. Questa struttura permette il passaggio di acqua e piccole molecole, mentre trattiene le cellule del sangue, le proteine come l’albumina e le molecole più grandi. Ad ogni glomerulo sono attaccati dei tubi (tubuli), che raccolgono i liquidi e le molecole che passano attraverso il glomerulo e riassorbono ciò che può essere riutilizzato dall’organismo. I prodotti di scarto rimanenti sono eliminati sotto forma di urina.I risultati del test della creatinina su sangue e sull’urina raccolta nelle 24 ore dovrebbero essere utilizzati per calcolare il valore della clearance della creatinina, impiegato per valutare la funzionalità renale.

This test measures the concentration of creatinine in the blood and/or urine. Creatinine is a muscle waste product from the metabolism of a molecule called creatine. Creatine is part of a metabolic cycle that produces energy necessary for muscle contraction. Both creatine and creatinine are produced by the body in a relatively constant manner. Almost all creatinine is excreted by the kidneys, so the concentration in the blood is usually a good indicator of kidney function. The amount produced depends on the individual’s physical size and muscle mass. For this reason, the creatinine concentration should be somewhat higher in men than the concentration in women and children.The kidneys are a pair of organs with the characteristic bean shape, located in the lower part of the rib cage on the left and right sides of the back. They are composed of approximately one million nephrons, the functional units in which blood filtration occurs. In each nephron, blood is continuously filtered through a group of blood vessels that form a tangle, called a glomerulus. This structure allows the passage of water and small molecules, while retaining blood cells, proteins such as albumin and larger molecules. Tubes (tubules) are attached to each glomerulus, which collect fluids and molecules that pass through the glomerulus and reabsorb what can be reused by the body. The remaining waste products are eliminated in the form of urine.Creatinine test results from blood and 24-hour urine should be used to calculate the creatinine clearance value, which is used to evaluate kidney function.

CREATININA CLEARANCE

La creatinina è un prodotto di scarto dei muscoli proveniente dal metabolismo di una molecola chiamata creatina. La creatina partecipa alle reazioni metaboliche che producono l’energia necessaria per la contrazione muscolare. La quantità di creatinina prodotta dipende dalla massa muscolare dell’individuo e viene prodotta dall’organismo in modo relativamente costante. La clearance della creatinina misura le concentrazioni di creatinina sia nel sangue che nel campione di urina raccolta nelle 24 ore, per calcolare la concentrazione di creatinina che passa dal sangue all’urina e fornire una stima della funzionalità renale e della velocità di filtrazione glomerulare.Quasi tutta la creatinina è escreta dai reni, perciò la concentrazione nel sangue è di solito un buon indicatore della funzionalità renale. La compromissione della funzionalità renale determina una ridotta escrezione della creatinina, con conseguente aumento dei suoi livelli nel sangue.I reni sono una coppia di organi con la caratteristica forma a fagiolo, localizzati nella parte inferiore della gabbia toracica al lato sinistro e destro della schiena. Sono composti da circa un milione di nefroni, le unità funzionali in cui avviene la filtrazione del sangue. In ogni nefrone il sangue viene continuamente filtrato attraverso un gruppo di vasi sanguigni che formano una matassa, chiamata glomerulo. Questa struttura permette il passaggio di acqua e piccole molecole, mentre trattiene le cellule del sangue, le proteine come l’albumina e le molecole più grandi. Ad ogni glomerulo sono attaccati dei tubi (tubuli), che raccolgono i liquidi e le molecole che passano attraverso il glomerulo e riassorbono ciò che può essere riutilizzato dall’organismo. I prodotti di scarto rimanenti sono eliminati sotto forma di urina.La concentrazione di creatinina rimossa dal sangue dipende sia dalla capacità filtrante dei glomeruli che dalla velocità con cui il sangue giunge ai reni. Il calcolo della clearance della creatinina contribuisce a valutare questi parametri comparando le concentrazioni di creatinina nel sangue e nell’urina, per ottenere una stima calcolata della velocità di filtrazione glomerulare, nota come eGFR.La clearance della creatinina viene calcolata moltiplicando la concentrazione di creatinina nell’urina (creatininuria) per il volume di urina prodotta nell’arco della giornata (diuresi delle 24 ore) e dividendo per la concentrazione di creatinina nel sangue (creatininemia). Il valore finale viene espresso in millilitri di sangue al minuto (mL/min). Dal momento che la concentrazione di creatinina prodotta dipende dalla massa muscolare, alcuni calcoli utilizzano un fattore di correzione che tiene conto della superficie corporea. Solitamente, la misura della creatinina viene riportata come mL/min per 1,73 m2.

Creatinine is a muscle waste product from the metabolism of a molecule called creatine. Creatine participates in metabolic reactions that produce the energy necessary for muscle contraction. The amount of creatinine produced depends on the individual’s muscle mass and is produced by the body in a relatively constant manner. Creatinine clearance measures creatinine concentrations in both blood and urine samples collected over a 24-hour period to calculate the concentration of creatinine passing from the blood into urine and provide an estimate of kidney function and glomerular filtration rate.Almost all creatinine is excreted by the kidneys, so the concentration in the blood is usually a good indicator of kidney function. Impaired renal function causes reduced excretion of creatinine, resulting in an increase in its levels in the blood.The kidneys are a pair of organs with the characteristic bean shape, located in the lower part of the rib cage on the left and right sides of the back. They are composed of approximately one million nephrons, the functional units in which blood filtration occurs. In each nephron, blood is continuously filtered through a group of blood vessels that form a tangle, called a glomerulus. This structure allows the passage of water and small molecules, while retaining blood cells, proteins such as albumin and larger molecules. Tubes (tubules) are attached to each glomerulus, which collect fluids and molecules that pass through the glomerulus and reabsorb what can be reused by the body. The remaining waste products are eliminated in the form of urine.The concentration of creatinine removed from the blood depends both on the filtering capacity of the glomeruli and on the speed with which the blood reaches the kidneys. The creatinine clearance calculation helps evaluate these parameters by comparing creatinine concentrations in blood and urine to obtain a calculated estimate of glomerular filtration rate, known as eGFR.Creatinine clearance is calculated by multiplying the concentration of creatinine in the urine (creatinine) by the volume of urine produced during the day (24-hour urine output) and dividing by the concentration of creatinine in the blood (creatinine). The final value is expressed in milliliters of blood per minute (mL/min). Since the concentration of creatinine produced depends on muscle mass, some calculations use a correction factor that takes body surface area into account. Typically, creatinine measurement is reported as mL/min per 1.73 m2.

CREATININA URINE 24h

Questo esame misura la concentrazione della creatinina nel sangue e/o nell’urina. La creatinina è un prodotto di scarto dei muscoli proveniente dal metabolismo di una molecola chiamata creatina. La creatina fa parte di un ciclo metabolico che produce energia necessaria per la contrazione muscolare. Sia la creatina che la creatinina sono prodotte dall’organismo in modo relativamente costante. Quasi tutta la creatinina è escreta dai reni, perciò la concentrazione nel sangue è di solito un buon indicatore della funzionalità renale. La quantità prodotta dipende dalle dimensioni fisiche dell’individuo e dalla sua massa muscolare. Per questa ragione, la concentrazione di creatinina dovrebbe essere un po’ più alta negli uomini rispetto alla concentrazione in donne e bambini.I reni sono una coppia di organi con la caratteristica forma a fagiolo, localizzati nella parte inferiore della gabbia toracica al lato sinistro e destro della schiena. Sono composti da circa un milione di nefroni, le unità funzionali in cui avviene la filtrazione del sangue. In ogni nefrone il sangue viene continuamente filtrato attraverso un gruppo di vasi sanguigni che formano una matassa, chiamata glomerulo. Questa struttura permette il passaggio di acqua e piccole molecole, mentre trattiene le cellule del sangue, le proteine come l’albumina e le molecole più grandi. Ad ogni glomerulo sono attaccati dei tubi (tubuli), che raccolgono i liquidi e le molecole che passano attraverso il glomerulo e riassorbono ciò che può essere riutilizzato dall’organismo. I prodotti di scarto rimanenti sono eliminati sotto forma di urina.I risultati del test della creatinina su sangue e sull’urina raccolta nelle 24 ore dovrebbero essere utilizzati per calcolare il valore della clearance della creatinina, impiegato per valutare la funzionalità renale.

This test measures the concentration of creatinine in the blood and/or urine. Creatinine is a muscle waste product from the metabolism of a molecule called creatine. Creatine is part of a metabolic cycle that produces energy necessary for muscle contraction. Both creatine and creatinine are produced by the body in a relatively constant manner. Almost all creatinine is excreted by the kidneys, so the concentration in the blood is usually a good indicator of kidney function. The amount produced depends on the individual’s physical size and muscle mass. For this reason, the creatinine concentration should be somewhat higher in men than the concentration in women and children.The kidneys are a pair of organs with the characteristic bean shape, located in the lower part of the rib cage on the left and right sides of the back. They are composed of approximately one million nephrons, the functional units in which blood filtration occurs. In each nephron, blood is continuously filtered through a group of blood vessels that form a tangle, called a glomerulus. This structure allows the passage of water and small molecules, while retaining blood cells, proteins such as albumin and larger molecules. Tubes (tubules) are attached to each glomerulus, which collect fluids and molecules that pass through the glomerulus and reabsorb what can be reused by the body. The remaining waste products are eliminated in the form of urine.Creatinine test results from blood and 24-hour urine should be used to calculate the creatinine clearance value, which is used to evaluate kidney function.

CRIOGLOBULINE (Ricerca)

Le crioglobuline (CRG) sono proteine circolanti, nello specifico immunoglobuline (IgG, IgM, IgA o catene leggere), che si legano insieme (precipitano), in maniera reversibile, quando esposte al freddo. Le CRG posso essere presenti in piccole concentrazioni anche nel sangue di persone sane; tuttavia la loro presenza è più frequentemente associata ad una produzione anomala di proteine e ad una grande varietà di condizioni patologiche. Questo esame rileva e misura la quantità di crioglobuline nel sangue.Le crioglobuline precipitate possono muoversi nel circolo sanguigno e occludere i piccoli vasi. La presenza di una grande quantità di crioglobuline nel sangue, chiamata crioglobulinemia, può causare segni quali ecchimosi, eruzioni cutanee, dolore alle articolazioni, debolezza e il Fenomeno di Raynaud che consiste in dolore, pallore, colorazione blu, torpore, formicolio e freddo alle dita delle mani e dei piedi, se esposte alle basse temperature (questi sintomi possono sopraggiungere anche in assenza di crioglobulinemia). Le crioglobuline possono danneggiare la pelle fino a provocare ulcerazione e, nei casi più gravi, cancrena. Possono inoltre attivare il sistema immunitario, con il conseguente il deposito di immunocomplessi nei tessuti, causando infiammazione, sanguinamento e formazione di coaguli che possono rendere problematico l’apporto di sangue ad organi come reni e fegato.Esistono tre tipi di crioglobulinemia:

  • Tipo I, presenza di immunoglobuline monoclonali – un tipo unico di proteina prodotta da un clone anomalo di cellule conseguente ad un processo linfoproliferativo. Questo tipo di crioglobulinemia si riscontra nel mieloma e nel linfoma.
  • Tipo II, presenza di immunocomplessi costituiti da immunoglobuline monoclonali e policlonali. Questo tipo di crioglobulinemia si riscontra più spesso nei soggetti affetti da epatite C o da altre infezioni virali.
  • Tipo III, presenza diimmunoglobuline policlonali. Questo tipo di crioglobulinemia si riscontra spesso nei soggetti affetti da malattie autoimmuni.

Il test di primo livello non consente di distinguere tra i tre tipi di crioglobulinemia;per l’identificazione della natura delle le proteine coinvolte è necessario eseguire l’immunofissazione delle proteine.

Cryoglobulins (CRG) are circulating proteins, specifically immunoglobulins (IgG, IgM, IgA or light chains), which bind together (precipitate), in a reversible manner, when exposed to cold. CRGs can also be present in small concentrations in the blood of healthy people; however their presence is more frequently associated with abnormal protein production and a wide variety of pathological conditions. This test detects and measures the amount of cryoglobulins in the blood.Precipitated cryoglobulins can move into the bloodstream and occlude small vessels. The presence of a large amount of cryoglobulins in the blood, called cryoglobulinemia, can cause signs such as bruising, skin rashes, joint pain, weakness and Raynaud’s phenomenon which consists of pain, paleness, blue discoloration, numbness, tingling and cold fingers of the hands and feet, if exposed to low temperatures (these symptoms can occur even in the absence of cryoglobulinemia). Cryoglobulins can damage the skin to the point of causing ulceration and, in more serious cases, gangrene. They can also activate the immune system, resulting in the deposition of immune complexes in the tissues, causing inflammation, bleeding and the formation of clots which can make the blood supply to organs such as the kidneys and liver problematic.There are three types of cryoglobulinemia:Type I, presence of monoclonal immunoglobulins – a unique type of protein produced by an abnormal clone of cells resulting from a lymphoproliferative process. This type of cryoglobulinemia is found in myeloma and lymphoma.Type II, presence of immune complexes consisting of monoclonal and polyclonal immunoglobulins. This type of cryoglobulinemia is most often found in people with hepatitis C or other viral infections.Type III, presence of polyclonal immunoglobulins. This type of cryoglobulinemia is often found in people with autoimmune diseases.The first level test does not allow to distinguish between the three types of cryoglobulinemia; to identify the nature of the proteins involved it is necessary to perform immunofixation of the proteins.

CROMO

Gli effetti bio-fisiologici del cromo (III) continuano ad essere oggetto di dibattito.Alcuni studi suggeriscono che la forma biologicamente attiva [cromo (III)] venga trasportata nel corpo attraverso un oligopeptide chiamato “low – molecular – weight chromium – binding substance” (LMWCr) – ovvero sostanza legante il cromo a basso peso molecolare – che potrebbe svolgere un ruolo nella via di segnalazione dell’insulina.Alcuni esperti ritengono che questi riflettano risposte più che altro farmacologiche anziché nutrizionali, mentre altri suggeriscono che si tratti addirittura di effetti collaterali di un metallo ad azione tossica.Come anticipato – diversamente dell’EFSA – il “National Institutes of Health” degli Stati Uniti e altri dipartimenti governativi riconoscono il cromo come oligoelemento essenziale, per il suo ruolo evidente nell’azione dell’ormone insulina – fondamentale per il metabolismo dei carboidrati e per lo stoccaggio di glicogeno, tessuto adiposo e muscolare.Tuttavia i relativi meccanismi biologici non sono ancora stati definiti con precisione, lasciando un forte dubbio sull’essenzialità del cromo nelle persone sane.La carenza di cromo, che implica una mancanza di Cr (III) nel corpo o forse di un suo complesso come il fattore di tolleranza al glucosio, è altamente controversa. Può manifestarsi solo in seguito nutrizione parenterale totale a lungo termine.I sintomi della carenza di cromo sono: ridotta tolleranza al glucosio, perdita di peso, neuropatia periferica e confusione.Né le concentrazioni plasmatiche né quelle urinarie possono servire come indicatori clinici utili dello stato del cromo nell’organismo.Prima che il cromo diventasse un ingrediente standard nella nutrizione parenterale totale (TPN), le persone sottoposte a questo trattamento che sviluppavano sintomi da carenza, potevano guarire in sole due settimane dall’aggiunta nutrizionale dell’oligoelemento.

The bio-physiological effects of chromium(III) continue to be a subject of debate.Some studies suggest that the biologically active form [chromium (III)] is transported into the body via an oligopeptide called “low – molecular – weight chromium – binding substance” (LMWCr) – a low molecular weight chromium binding substance – which could a role in the insulin signaling pathway.Some experts believe that these reflect more pharmacological rather than nutritional responses, while others suggest that they are even side effects of a toxic metal.As anticipated – unlike EFSA – the “National Institutes of Health” of the United States and other government departments recognize chromium as an essential trace element, due to its evident role in the action of the hormone insulin – fundamental for the metabolism of carbohydrates and for storage of glycogen, adipose tissue and muscle.However, the relevant biological mechanisms have not yet been precisely defined, leaving a strong doubt about the essentiality of chromium in healthy people.Chromium deficiency, which implies a lack of Cr(III) in the body or perhaps a complex thereof such as glucose tolerance factor, is highly controversial. It may only occur following long-term total parenteral nutrition.Symptoms of chromium deficiency are: impaired glucose tolerance, weight loss, peripheral neuropathy and confusion.Neither plasma nor urinary concentrations can serve as useful clinical indicators of the state of chromium in the body.Before chromium became a standard ingredient in total parenteral nutrition (TPN), people undergoing this treatment who developed deficiency symptoms could recover in just two weeks from the nutritional addition of the trace element.

CROSS-LAPS (TELOPEPTIDE-C CTx)

L’osso è una struttura rigida composta perlopiù da tessuto connettivo duro, e costituisce la maggior parte dello scheletro umano. Si tratta di un tessuto vivo e continuamente in crescita e rimodellamento, con un tasso di ricambio di circa il 10% annuo. I marcatori ossei presenti nel sangue e nelle urine rilevano i prodotti del rimodellamento osseo, fornendo un’indicazione riguardo la velocità di riassorbimento e neoformazione ossea, e riguardo la sua eventuale alterazione, indice di una malattia ossea. I marcatori ossei possono essere utilizzati ai fini di una definizione del rischio di sviluppare una malattia ossea o per monitorare il trattamento di persone affette da una di queste malattie, come l’osteoporosi od il morbo di Paget.L’osso è costituito in larga parte da collagene di tipo 1, organizzato in una fitta rete proteica in grado di conferire alla struttura ossea la sua peculiare elasticità, insieme a fosfati di calcio, un complesso mineralizzato responsabile della durezza dell’osso e quindi della sua resistenza.Questa combinazione di collagene e calcio conferisce quindi alle ossa durezza, ma anche flessibilità tali da sopportare il peso e resistere alle sollecitazioni. Più del 99% del calcio di tutto l’organismo è contenuto all’interno delle ossa e nei denti. Il rimanente 1% è presente nel circolo ematico.Nel corso della vita di un individuo, le ossa vengono continuamente rimodellate al fine di mantenere la salute della struttura ossea. Nelle ossa esistono due tipi principali di cellule: gli osteoblasti e gli osteoclasti. Gli osteoblasti sono le cellule deputate alla formazione ossea, ma che inizialmente stimolano gli osteoclasti che assicurano il riassorbimento osseo nelle aree che necessitano di rinnovamento; questo grazie all’azione di alcuni acidi ed enzimi in grado di dissolvere la fitta rete proteica che costituisce l’impalcatura ossea.L’azione degli osteoblasti prevede la formazione di nuovo tessuto osseo tramite la secrezione di vari componenti in grado di costituire la nuova rete proteica, la quale subisce poi il processo di mineralizzazione grazie al calcio ed al fosfato. Questo continuo processo di rimodellamento osseo avviene in tutto l’organismo, al fine di mantenere la struttura ossea in vita e in salute. Durante l’infanzia e l’adolescenza, la neoformazione ossea avviene più velocemente di quanto avvenga il riassorbimento. Di conseguenza le ossa divengono progressivamente sempre più lunghe, larghe e dense. La formazione ossea avviene più velocemente rispetto al riassorbimento fintanto che la persona non raggiunge il picco di massa ossea (massima densità e forza), intorno ai 25-30 anni.Dopo questo periodo, il riassorbimento osseo comincia progressivamente ad essere più veloce ripetto alla formazione, con conseguenze perdita netta di massa ossea. Il momento in cui una persona comincia ad avvertire i primi sintomi di carenza ossea dipende dalla quantità di ossa formatasi durante il periodo di accrescimento e dal tasso di riassorbimento. In genere le donne sviluppano i sintomi più precocemente rispetto agli uomini, sia perché la massa ossea prodotta durante il picco di produzione è minore, sia per gli effetti della menopausa, durante la quale il riassorbimento osseo può risultare accelerato.Esistono diverse patologie caratterizzate da uno sbilanciamento tra la formazione ed il riassorbimento osseo. I marcatori osseo possono essere utilizzati in quest’ambito, per rilevare quindi eventuali sbilanciamenti. Nella maggior parte dei casi, i marcatori ossei vengono usati nella valutazione e nel monitoraggio dell’osteoporosi, inclusa quella correlata all’età o quella secondaria, nella quale la perdita ossea è dovuta ad altre patologie concomitanti. Tra queste si possono avere l’artrite reumatoide, l’iperparatiroidismo, il morbo di Cushing, le malattie renali croniche, il mieloma multiplo ma anche le conseguenze derivate dall’uso prolungato di farmaci antiepilettici, glucocorticoidi o litio.Nei bambini i marcatori ossei sono utili anche nella rilevazione di malattie metaboliche ossee e nel monitoraggio della terapia di queste patologie. Alcuni esempi includono il rachitismo, la malattia di Paget giovanile, l’osteogenesi imperfetta ed il rachitismo ipofosfatemico, un tipo di rachitismo associato a ipofosfatemia con livelli normali di calcio, responsabile della formazione anomala di ossa e denti.

Bone is a rigid structure composed mostly of hard connective tissue, and makes up the majority of the human skeleton. It is a living tissue that is continually growing and remodeling, with a turnover rate of approximately 10% per year. The bone markers present in the blood and urine detect the products of bone remodelling, providing an indication regarding the speed of bone reabsorption and new formation, and regarding its possible alteration, indicative of a bone disease. Bone markers can be used to define the risk of developing a bone disease or to monitor the treatment of people suffering from one of these diseases, such as osteoporosis or Paget’s disease.The bone is largely made up of type 1 collagen, organized in a dense protein network capable of giving the bone structure its peculiar elasticity, together with calcium phosphates, a mineralized complex responsible for the hardness of the bone and therefore for the its resistance.This combination of collagen and calcium therefore gives the bones hardness, but also flexibility to bear weight and resist stress. More than 99% of the calcium in the entire body is contained within the bones and teeth. The remaining 1% is present in the bloodstream.Throughout an individual’s life, bones are continually remodeled in order to maintain the health of the bone structure. There are two main types of cells in bones: osteoblasts and osteoclasts. Osteoblasts are the cells responsible for bone formation, but which initially stimulate osteoclasts which ensure bone reabsorption in the areas that need renewal; this thanks to the action of some acids and enzymes capable of dissolving the dense protein network that constitutes the bone scaffold.The action of osteoblasts involves the formation of new bone tissue through the secretion of various components capable of forming the new protein network, which then undergoes the mineralization process thanks to calcium and phosphate. This continuous process of bone remodeling occurs throughout the body, in order to keep the bone structure alive and healthy. During childhood and adolescence, new bone formation occurs faster than resorption. As a result, the bones progressively become longer, wider and denser. Bone formation occurs faster than resorption until the person reaches peak bone mass (maximum density and strength), around age 25-30.After this period, bone resorption progressively begins to occur faster than formation, resulting in a net loss of bone mass. The time at which a person begins to experience the first symptoms of bone deficiency depends on the amount of bone formed during the growth period and the rate of resorption. Women generally develop symptoms earlier than men, both because the bone mass produced during peak production is lower and due to the effects of menopause, during which bone resorption may be accelerated.There are several pathologies characterized by an imbalance between bone formation and resorption. Bone markers can be used in this area, to therefore detect any imbalances. In most cases, bone markers are used in the evaluation and monitoring of osteoporosis, including age-related or secondary osteoporosis, in which bone loss is due to other concomitant diseases. These may include rheumatoid arthritis, hyperparathyroidism, Cushing’s disease, chronic kidney disease, multiple myeloma but also the consequences resulting from the prolonged use of antiepileptic drugs, glucocorticoids or lithium.In children, bone markers are also useful in the detection of metabolic bone diseases and in monitoring the therapy of these pathologies. Some examples include rickets, juvenile Paget disease, osteogenesis imperfecta, and hypophosphatemic rickets, a type of rickets associated with hypophosphatemia with normal calcium levels, which is responsible for the abnormal formation of bones and teeth.

CROSS-LINK (DEOSSIPIRINOLINA)

L’osso è una struttura rigida composta perlopiù da tessuto connettivo duro, e costituisce la maggior parte dello scheletro umano. Si tratta di un tessuto vivo e continuamente in crescita e rimodellamento, con un tasso di ricambio di circa il 10% annuo. I marcatori ossei presenti nel sangue e nelle urine rilevano i prodotti del rimodellamento osseo, fornendo un’indicazione riguardo la velocità di riassorbimento e neoformazione ossea, e riguardo la sua eventuale alterazione, indice di una malattia ossea. I marcatori ossei possono essere utilizzati ai fini di una definizione del rischio di sviluppare una malattia ossea o per monitorare il trattamento di persone affette da una di queste malattie, come l’osteoporosi od il morbo di Paget.L’osso è costituito in larga parte da collagene di tipo 1, organizzato in una fitta rete proteica in grado di conferire alla struttura ossea la sua peculiare elasticità, insieme a fosfati di calcio, un complesso mineralizzato responsabile della durezza dell’osso e quindi della sua resistenza.Questa combinazione di collagene e calcio conferisce quindi alle ossa durezza, ma anche flessibilità tali da sopportare il peso e resistere alle sollecitazioni. Più del 99% del calcio di tutto l’organismo è contenuto all’interno delle ossa e nei denti. Il rimanente 1% è presente nel circolo ematico.Nel corso della vita di un individuo, le ossa vengono continuamente rimodellate al fine di mantenere la salute della struttura ossea. Nelle ossa esistono due tipi principali di cellule: gli osteoblasti e gli osteoclasti. Gli osteoblasti sono le cellule deputate alla formazione ossea, ma che inizialmente stimolano gli osteoclasti che assicurano il riassorbimento osseo nelle aree che necessitano di rinnovamento; questo grazie all’azione di alcuni acidi ed enzimi in grado di dissolvere la fitta rete proteica che costituisce l’impalcatura ossea.L’azione degli osteoblasti prevede la formazione di nuovo tessuto osseo tramite la secrezione di vari componenti in grado di costituire la nuova rete proteica, la quale subisce poi il processo di mineralizzazione grazie al calcio ed al fosfato. Questo continuo processo di rimodellamento osseo avviene in tutto l’organismo, al fine di mantenere la struttura ossea in vita e in salute. Durante l’infanzia e l’adolescenza, la neoformazione ossea avviene più velocemente di quanto avvenga il riassorbimento. Di conseguenza le ossa divengono progressivamente sempre più lunghe, larghe e dense. La formazione ossea avviene più velocemente rispetto al riassorbimento fintanto che la persona non raggiunge il picco di massa ossea (massima densità e forza), intorno ai 25-30 anni.Dopo questo periodo, il riassorbimento osseo comincia progressivamente ad essere più veloce ripetto alla formazione, con conseguenze perdita netta di massa ossea. Il momento in cui una persona comincia ad avvertire i primi sintomi di carenza ossea dipende dalla quantità di ossa formatasi durante il periodo di accrescimento e dal tasso di riassorbimento. In genere le donne sviluppano i sintomi più precocemente rispetto agli uomini, sia perché la massa ossea prodotta durante il picco di produzione è minore, sia per gli effetti della menopausa, durante la quale il riassorbimento osseo può risultare accelerato.Esistono diverse patologie caratterizzate da uno sbilanciamento tra la formazione ed il riassorbimento osseo. I marcatori osseo possono essere utilizzati in quest’ambito, per rilevare quindi eventuali sbilanciamenti. Nella maggior parte dei casi, i marcatori ossei vengono usati nella valutazione e nel monitoraggio dell’osteoporosi, inclusa quella correlata all’età o quella secondaria, nella quale la perdita ossea è dovuta ad altre patologie concomitanti. Tra queste si possono avere l’artrite reumatoide, l’iperparatiroidismo, il morbo di Cushing, le malattie renali croniche, il mieloma multiplo ma anche le conseguenze derivate dall’uso prolungato di farmaci antiepilettici, glucocorticoidi o litio.Nei bambini i marcatori ossei sono utili anche nella rilevazione di malattie metaboliche ossee e nel monitoraggio della terapia di queste patologie. Alcuni esempi includono il rachitismo, la malattia di Paget giovanile, l’osteogenesi imperfetta ed il rachitismo ipofosfatemico, un tipo di rachitismo associato a ipofosfatemia con livelli normali di calcio, responsabile della formazione anomala di ossa e denti.

Bone is a rigid structure composed mostly of hard connective tissue, and makes up the majority of the human skeleton. It is a living tissue that is continually growing and remodeling, with a turnover rate of approximately 10% per year. The bone markers present in the blood and urine detect the products of bone remodelling, providing an indication regarding the speed of bone reabsorption and new formation, and regarding its possible alteration, indicative of a bone disease. Bone markers can be used to define the risk of developing a bone disease or to monitor the treatment of people suffering from one of these diseases, such as osteoporosis or Paget’s disease.The bone is largely made up of type 1 collagen, organized in a dense protein network capable of giving the bone structure its peculiar elasticity, together with calcium phosphates, a mineralized complex responsible for the hardness of the bone and therefore for the its resistance.This combination of collagen and calcium therefore gives the bones hardness, but also flexibility to bear weight and resist stress. More than 99% of the calcium in the entire body is contained within the bones and teeth. The remaining 1% is present in the bloodstream.Throughout an individual’s life, bones are continually remodeled in order to maintain the health of the bone structure. There are two main types of cells in bones: osteoblasts and osteoclasts. Osteoblasts are the cells responsible for bone formation, but which initially stimulate osteoclasts which ensure bone reabsorption in the areas that need renewal; this thanks to the action of some acids and enzymes capable of dissolving the dense protein network that constitutes the bone scaffold.The action of osteoblasts involves the formation of new bone tissue through the secretion of various components capable of forming the new protein network, which then undergoes the mineralization process thanks to calcium and phosphate. This continuous process of bone remodeling occurs throughout the body, in order to keep the bone structure alive and healthy. During childhood and adolescence, new bone formation occurs faster than resorption. As a result, the bones progressively become longer, wider and denser. Bone formation occurs faster than resorption until the person reaches peak bone mass (maximum density and strength), around age 25-30.After this period, bone resorption progressively begins to occur faster than formation, resulting in a net loss of bone mass. The time at which a person begins to experience the first symptoms of bone deficiency depends on the amount of bone formed during the growth period and the rate of resorption. Women generally develop symptoms earlier than men, both because the bone mass produced during peak production is lower and due to the effects of menopause, during which bone resorption may be accelerated.There are several pathologies characterized by an imbalance between bone formation and resorption. Bone markers can be used in this area, to therefore detect any imbalances. In most cases, bone markers are used in the evaluation and monitoring of osteoporosis, including age-related or secondary osteoporosis, in which bone loss is due to other concomitant diseases. These may include rheumatoid arthritis, hyperparathyroidism, Cushing’s disease, chronic kidney disease, multiple myeloma but also the consequences resulting from the prolonged use of antiepileptic drugs, glucocorticoids or lithium.In children, bone markers are also useful in the detection of metabolic bone diseases and in monitoring the therapy of these pathologies. Some examples include rickets, juvenile Paget disease, osteogenesis imperfecta, and hypophosphatemic rickets, a type of rickets associated with hypophosphatemia with normal calcium levels, which is responsible for the abnormal formation of bones and teeth.

CUPREMIA (CU)

Il test del rame misura la quantità di rame nel sangue (cupremia), nell’urina (cupruria) o nel fegato (rame epatico). Il rame è un minerale essenziale utilizzato dall’organismo quale costituente di alcuni enzimi.Questi enzimi intervengono nella regolazione del metabolismo del ferro, nella formazione del tessuto connettivo, nella produzione di energia a livello cellulare, nella produzione della melanina (il pigmento responsabile del colore della pelle) e nel funzionamento del sistema nervoso.Il rame è presente in diversi alimenti, quali noci, cioccolato, funghi, crostacei, cereali integrali, frutta secca, fegato. L’acqua potabile, se trasportata attraverso tubi di rame, e gli alimenti, se cucinati con stoviglie di rame, possono contenere rame.

  • Normalmente l’organismo assorbe il rame assunto tramite acqua e cibo nel tratto intestinale, lo converte nella sua forma non tossica legandolo ad una proteina e veicola il complesso al fegato
  • Nel fegato il rame viene in parte immagazzinato ed in parte legato ad una proteina chiamata apoceruloplasmina. L’apoceruloplasmina, legando il rame, viene convertita nell’enzima ceruloplasmina. Circa il 95% del rame presente nel sangue è legato alla ceruloplasmina, la restante parte viene legata ad altre proteine, come l’albumina
  • Solo una piccola quota del rame rimane libero (non legato) nel sangue
  • Il fegato veicola l’eccesso di rame nella bile, il quale viene successivamente eliminato con le feci. Una percentuale minore di rame viene eliminata con l’urina

Sia la carenza che l’eccesso di rame sono rari. Nella malattia (o morbo) di Wilson, un raro disordine ereditario, il rame può accumularsi in maniera eccessiva negli occhi, nel fegato, nel cervello ed in altri organi. Anche l’esposizione a grandi quantità di rame in un periodo di tempo limitato (esposizione acuta) o l’esposizione a piccole quantità di rame per periodi di tempo prolungati (esposizione cronica) possono portare ad un eccessivo accumulo di rame nell’organismo (tossicità da rame).In presenza di gravi patologie da malassorbimento, come la fibrosi cistica o la celiachia, o in caso di alimentazione esclusiva con latte vaccino nei bambini piccoli, possono verificarsi delle carenze di rame.La malattia di Menkes, una rara malattia genetica causata da una mutazione nel cromosoma X, provoca carenza di rame a livello epatico e cerebrale nei bambini che ne sono affetti. Questa malattia, che colpisce prevalentemente i maschi, si manifesta con convulsioni, ritardo nello sviluppo mentale, anomalo sviluppo delle arterie cerebrali e presenza di capelli grigi, radi e fragili.

The copper test measures the amount of copper in the blood (cupremia), urine (cupruria), or liver (hepatic copper). Copper is an essential mineral used by the body as a constituent of some enzymes.These enzymes are involved in the regulation of iron metabolism, in the formation of connective tissue, in the production of energy at the cellular level, in the production of melanin (the pigment responsible for the color of the skin) and in the functioning of the nervous system.Copper is present in various foods, such as nuts, chocolate, mushrooms, shellfish, whole grains, dried fruit, liver. Drinking water, if transported through copper pipes, and food, if cooked with copper utensils, may contain copper.Normally the body absorbs copper taken through water and food in the intestinal tract, converts it into its non-toxic form by binding it to a protein and conveys the complex to the liverIn the liver, copper is partly stored and partly bound to a protein called apoceruloplasmin. Apoceruloplasmin, binding copper, is converted into the enzyme ceruloplasmin. About 95% of the copper present in the blood is bound to ceruloplasmin, the remaining part is bound to other proteins, such as albuminOnly a small amount of copper remains free (unbound) in the bloodThe liver carries excess copper into the bile, which is subsequently eliminated in the feces. A smaller percentage of copper is eliminated in the urineBoth copper deficiency and excess are rare. In Wilson’s disease, a rare hereditary disorder, copper can accumulate excessively in the eyes, liver, brain and other organs. Exposure to large amounts of copper in a limited period of time (acute exposure) or exposure to small amounts of copper for prolonged periods of time (chronic exposure) can also lead to excessive accumulation of copper in the body (toxicity from copper).In the presence of serious malabsorption diseases, such as cystic fibrosis or celiac disease, or in the case of exclusive feeding of cow’s milk in young children, copper deficiencies may occur.Menkes disease, a rare genetic disorder caused by a mutation in the X chromosome, causes copper deficiency in the liver and brain in affected children. This disease, which predominantly affects males, manifests itself with convulsions, delayed mental development, abnormal development of the cerebral arteries and the presence of grey, sparse and brittle hair.

CYFRA-21

Il Cyfra 21-1 appartiene alla stessa famiglia del TPA ed è un frammento della citocheratina 19; le citocheratine sono un gruppo di proteine che formano il citoscheletro cellulare. Il Cyfra 21-1 ha una discreta specificità per i tumori polmonari del tipo NSCLC (Non Small Cell Lung Carcinoma) in quanto la la citocheratina 19 è presente nelle cellule di tumori epiteliali e dell’albero bronchiale. Non presenta elevazioni in caso di microcitoma polmonare. Il suo livello ematico è proporzionale alla massa del tumore e alla sua aggressività. E’ utile nel monitoraggio della malattia e della risposta alla terapia. Valori oltre la norma possono essere dovuti a cause non neoplastiche, come alcune patologie benigne polmonari associate a infezione acuta.

Cyfra 21-1 belongs to the same family as TPA and is a fragment of cytokeratin 19; Cytokeratins are a group of proteins that form the cellular cytoskeleton. Cyfra 21-1 has a fair specificity for lung tumors of the NSCLC (Non Small Cell Lung Carcinoma) type as cytokeratin 19 is present in the cells of epithelial tumors and of the bronchial tree. It does not present elevations in the case of pulmonary microcytoma. Its blood level is proportional to the mass of the tumor and its aggressiveness. It is useful in monitoring the disease and response to therapy. Values above the norm may be due to non-neoplastic causes, such as some benign lung diseases associated with acute infection.

D

D-DIMERO

Il D-dimero è uno dei frammenti proteici prodotti in seguito alla degradazione dei coaguli presenti nell’organismo. Normalmente non è rilevabile a meno che non vi siano in corso formazione e conseguente degradazione di coaguli. In questi casi la quantità di D-dimero presente all’interno del circolo sanguigno può aumentare. Il test rileva la presenza di D-dimero nel sangue.La presenza di un danno vascolare o tissutale può determinare un sanguinamento che viene bloccato e/o limitato grazie ad un processo fisiologico chiamato emostasi. Questo processo porta alla formazione di un coagulo, formato essenzialmente da un reticolo di una proteina filiforme chiamata fibrina e dalle piastrine. Le piastrine e il reticolo di fibrina insieme, permettono l’interruzione del sanguinamento in attesa della riparazione del danno.Non appena il danno viene riparato, il coagulo non è più necessario. Interviene quindi un enzima, chiamato plasmina, deputato alla rottura del coagulo (trombo) in tanti piccoli pezzi che possono quindi essere rimossi. I frammenti che originano dalla degradazione della fibrina nel coagulo vengono chiamati prodotti di degradazione della fibrina (FDP), che consistono in tanti frammenti di varie dimensioni di fibrina reticolata. Uno dei prodotti finali della degradazione è il D-dimero, che, se presente, può essere misurato nel sangue. I livelli di D-dimero possono aumentare in maniera significativa nel caso in cui vi sia una significativa formazione e degradazione di coaguli all’interno dell’organismo.I pazienti che si rivolgono al pronto soccorso con rischio basso o intermedio di trombosi e/o di tromboembolismo, possono essere sottoposti al test del D-dimero per valutare l’eventuale presenza di coaguli. Un risultato negativo del D-dimero (ossia quando il D-dimero è in quantità inferiore rispetto al limite inferiore di riferimento) esclude con una buona probabilità la presenza di coaguli. Tuttavia, un risultato positivo non è indicativo della presenza dei coaguli. Per questo sono necessari ulteriori approfondimenti.Esistono molti fattori e patologie associate con la formazione inappropriata di coaguli. Una delle più comuni è la trombosi venosa profonda (TVP), che colpisce prevalentemente il circolo venoso profondo delle gambe. I coaguli possono ingrandirsi e bloccare il circolo venoso degli arti inferiori, causando gonfiore, dolore e danneggiamento dei tessuti. Il distacco (embolizzazione) di un pezzo del coagulo (trombo) e la sua diffusione in altre parti dell’organismo viene chiamato embolo. Nel caso in cui questo embolo raggiunga i polmoni, il paziente può andare incontro a embolia polmonare (EP).Nonostante i coaguli si formino più comunemente negli arti inferiori, la formazione di trombi può interessare anche altre aree dell’organismo. La misura del D-dimero può essere d’aiuto nella ricerca di trombi presenti in qualsiasi sito. Per esempio, per la ricerca di coaguli all’interno delle arterie coronarie, causa di infarto del miocardio. I coaguli possono formarsi sulle pareti interne del cuore o nelle valvole cardiache, in particolare nel caso in cui il cuore abbia un battito irregolare (fibrillazione atriale) o le valvole cardiache siano danneggiate. Allo stesso modo, i coaguli possono formarsi nelle grandi arteriecome conseguenza dei restringimenti e dei danni dovuti all’aterosclerosi. Piccoli frammenti di questi coaguli possono staccarsi e causare emboli che bloccano arterie situate in altre zone dell’organismo, come i reni o l’encefalo (con conseguente ictus ischemico).La misura del D-dimero può essere anche un utile supporto alla diagnosi di coagulazione intravascolare disseminata (CID). La CID è una patologia nella quale i fattori della coagulazione vengono attivati e quindi esauriti in tutto l’organismo. Di conseguenza si formano tanti piccoli coaguli ma, allo stesso tempo, il paziente affetto diventa vulnerabile ad un eccessivo sanguinamento. Questa patologia è complessa, potenzialmente letale e che può derivare da molteplici situazioni come alcuni interventi chirurgici, sepsi, morsi di serpenti velenosi, malattie epatiche e parto. In caso di CID i livelli di D-dimero sono normalmente elevati.

D-dimer is one of the protein fragments produced following the degradation of clots present in the body. It is normally not detectable unless there is ongoing formation and subsequent degradation of clots. In these cases the amount of D-dimer present within the blood circulation can increase. The test detects the presence of D-dimer in the blood.The presence of vascular or tissue damage can cause bleeding which is blocked and/or limited thanks to a physiological process called haemostasis. This process leads to the formation of a clot, essentially made up of a network of a thread-like protein called fibrin and platelets. The platelets and the fibrin network together allow the interruption of bleeding while waiting for the damage to be repaired.As soon as the damage is repaired, the clot is no longer needed. An enzyme, called plasmin, then intervenes, responsible for breaking the clot (thrombus) into many small pieces which can then be removed. The fragments that originate from the degradation of fibrin in the clot are called fibrin degradation products (FDP), which consist of many fragments of various sizes of cross-linked fibrin. One of the end products of degradation is D-dimer, which, if present, can be measured in the blood. D-dimer levels can increase significantly if there is significant clot formation and degradation within the body.Patients who go to the emergency room with low or intermediate risk of thrombosis and/or thromboembolism can undergo the D-dimer test to evaluate the possible presence of clots. A negative D-dimer result (i.e. when the D-dimer is in quantities lower than the lower reference limit) most likely excludes the presence of clots. However, a positive result is not indicative of the presence of clots. For this reason, further investigations are needed.There are many factors and conditions associated with inappropriate clot formation. One of the most common is deep vein thrombosis (DVT), which mainly affects the deep venous circulation of the legs. The clots can enlarge and block the venous circulation of the lower extremities, causing swelling, pain and tissue damage. The detachment (embolization) of a piece of the clot (thrombus) and its spread to other parts of the body is called an embolus. If this embolus reaches the lungs, the patient may suffer from pulmonary embolism (PE).Although clots most commonly form in the lower extremities, thrombus formation can also affect other areas of the body. The measurement of D-dimer can help in the search for thrombi present at any site. For example, to search for clots inside the coronary arteries, the cause of myocardial infarction. Clots can form on the inside walls of the heart or in the heart valves, particularly if the heart beats irregularly (atrial fibrillation) or the heart valves are damaged. Likewise, clots can form in large arteriesas a consequence of narrowing and damage due to atherosclerosis. Small fragments of these clots can break off and cause emboli that block arteries in other areas of the body, such as the kidneys or brain (resulting in an ischemic stroke).The measurement of D-dimer can also be a useful support in the diagnosis of disseminated intravascular coagulation (DIC). DIC is a disease in which clotting factors are activated and then depleted throughout the body. As a result, many small clots form but, at the same time, the affected patient becomes vulnerable to excessive bleeding. This pathology is complex, potentially lethal and can result from multiple situations such as certain surgeries, sepsis, poisonous snake bites, liver disease and childbirth. In case of DIC, D-dimer levels are normally elevated.

DEOSSIPIRIDINOLINA (CROSS-LINK)

L’osso è una struttura rigida composta perlopiù da tessuto connettivo duro, e costituisce la maggior parte dello scheletro umano. Si tratta di un tessuto vivo e continuamente in crescita e rimodellamento, con un tasso di ricambio di circa il 10% annuo. I marcatori ossei presenti nel sangue e nelle urine rilevano i prodotti del rimodellamento osseo, fornendo un’indicazione riguardo la velocità di riassorbimento e neoformazione ossea, e riguardo la sua eventuale alterazione, indice di una malattia ossea. I marcatori ossei possono essere utilizzati ai fini di una definizione del rischio di sviluppare una malattia ossea o per monitorare il trattamento di persone affette da una di queste malattie, come l’osteoporosi od il morbo di Paget.L’osso è costituito in larga parte da collagene di tipo 1, organizzato in una fitta rete proteica in grado di conferire alla struttura ossea la sua peculiare elasticità, insieme a fosfati di calcio, un complesso mineralizzato responsabile della durezza dell’osso e quindi della sua resistenza.Questa combinazione di collagene e calcio conferisce quindi alle ossa durezza, ma anche flessibilità tali da sopportare il peso e resistere alle sollecitazioni. Più del 99% del calcio di tutto l’organismo è contenuto all’interno delle ossa e nei denti. Il rimanente 1% è presente nel circolo ematico.Nel corso della vita di un individuo, le ossa vengono continuamente rimodellate al fine di mantenere la salute della struttura ossea. Nelle ossa esistono due tipi principali di cellule: gli osteoblasti e gli osteoclasti. Gli osteoblasti sono le cellule deputate alla formazione ossea, ma che inizialmente stimolano gli osteoclasti che assicurano il riassorbimento osseo nelle aree che necessitano di rinnovamento; questo grazie all’azione di alcuni acidi ed enzimi in grado di dissolvere la fitta rete proteica che costituisce l’impalcatura ossea.L’azione degli osteoblasti prevede la formazione di nuovo tessuto osseo tramite la secrezione di vari componenti in grado di costituire la nuova rete proteica, la quale subisce poi il processo di mineralizzazione grazie al calcio ed al fosfato. Questo continuo processo di rimodellamento osseo avviene in tutto l’organismo, al fine di mantenere la struttura ossea in vita e in salute. Durante l’infanzia e l’adolescenza, la neoformazione ossea avviene più velocemente di quanto avvenga il riassorbimento. Di conseguenza le ossa divengono progressivamente sempre più lunghe, larghe e dense. La formazione ossea avviene più velocemente rispetto al riassorbimento fintanto che la persona non raggiunge il picco di massa ossea (massima densità e forza), intorno ai 25-30 anni.Dopo questo periodo, il riassorbimento osseo comincia progressivamente ad essere più veloce ripetto alla formazione, con conseguenze perdita netta di massa ossea. Il momento in cui una persona comincia ad avvertire i primi sintomi di carenza ossea dipende dalla quantità di ossa formatasi durante il periodo di accrescimento e dal tasso di riassorbimento. In genere le donne sviluppano i sintomi più precocemente rispetto agli uomini, sia perché la massa ossea prodotta durante il picco di produzione è minore, sia per gli effetti della menopausa, durante la quale il riassorbimento osseo può risultare accelerato.Esistono diverse patologie caratterizzate da uno sbilanciamento tra la formazione ed il riassorbimento osseo. I marcatori osseo possono essere utilizzati in quest’ambito, per rilevare quindi eventuali sbilanciamenti. Nella maggior parte dei casi, i marcatori ossei vengono usati nella valutazione e nel monitoraggio dell’osteoporosi, inclusa quella correlata all’età o quella secondaria, nella quale la perdita ossea è dovuta ad altre patologie concomitanti. Tra queste si possono avere l’artrite reumatoide, l’iperparatiroidismo, il morbo di Cushing, le malattie renali croniche, il mieloma multiplo ma anche le conseguenze derivate dall’uso prolungato di farmaci antiepilettici, glucocorticoidi o litio.Nei bambini i marcatori ossei sono utili anche nella rilevazione di malattie metaboliche ossee e nel monitoraggio della terapia di queste patologie. Alcuni esempi includono il rachitismo, la malattia di Paget giovanile, l’osteogenesi imperfetta ed il rachitismo ipofosfatemico, un tipo di rachitismo associato a ipofosfatemia con livelli normali di calcio, responsabile della formazione anomala di ossa e denti.

Bone is a rigid structure composed mostly of hard connective tissue, and makes up the majority of the human skeleton. It is a living tissue that is continually growing and remodeling, with a turnover rate of approximately 10% per year. The bone markers present in the blood and urine detect the products of bone remodelling, providing an indication regarding the speed of bone reabsorption and new formation, and regarding its possible alteration, indicative of a bone disease. Bone markers can be used to define the risk of developing a bone disease or to monitor the treatment of people suffering from one of these diseases, such as osteoporosis or Paget’s disease.The bone is largely made up of type 1 collagen, organized in a dense protein network capable of giving the bone structure its peculiar elasticity, together with calcium phosphates, a mineralized complex responsible for the hardness of the bone and therefore for the its resistance.This combination of collagen and calcium therefore gives the bones hardness, but also flexibility to bear weight and resist stress. More than 99% of the calcium in the entire body is contained within the bones and teeth. The remaining 1% is present in the bloodstream.Throughout an individual’s life, bones are continually remodeled in order to maintain the health of the bone structure. There are two main types of cells in bones: osteoblasts and osteoclasts. Osteoblasts are the cells responsible for bone formation, but which initially stimulate osteoclasts which ensure bone reabsorption in the areas that need renewal; this thanks to the action of some acids and enzymes capable of dissolving the dense protein network that constitutes the bone scaffold.The action of osteoblasts involves the formation of new bone tissue through the secretion of various components capable of forming the new protein network, which then undergoes the mineralization process thanks to calcium and phosphate. This continuous process of bone remodeling occurs throughout the body, in order to keep the bone structure alive and healthy. During childhood and adolescence, new bone formation occurs faster than resorption. As a result, the bones progressively become longer, wider and denser. Bone formation occurs faster than resorption until the person reaches peak bone mass (maximum density and strength), around age 25-30.After this period, bone resorption progressively begins to occur faster than formation, resulting in a net loss of bone mass. The time at which a person begins to experience the first symptoms of bone deficiency depends on the amount of bone formed during the growth period and the rate of resorption. Women generally develop symptoms earlier than men, both because the bone mass produced during peak production is lower and due to the effects of menopause, during which bone resorption may be accelerated.There are several pathologies characterized by an imbalance between bone formation and resorption. Bone markers can be used in this area, to therefore detect any imbalances. In most cases, bone markers are used in the evaluation and monitoring of osteoporosis, including age-related or secondary osteoporosis, in which bone loss is due to other concomitant diseases. These may include rheumatoid arthritis, hyperparathyroidism, Cushing’s disease, chronic kidney disease, multiple myeloma but also the consequences resulting from the prolonged use of antiepileptic drugs, glucocorticoids or lithium.In children, bone markers are also useful in the detection of metabolic bone diseases and in monitoring the therapy of these pathologies. Some examples include rickets, juvenile Paget disease, osteogenesis imperfecta, and hypophosphatemic rickets, a type of rickets associated with hypophosphatemia with normal calcium levels, which is responsible for the abnormal formation of bones and teeth.

DHEA

Il DHEA deriva quasi esclusivamente dalla zona reticolare della corteccia surrenale; può essere prodotto anche dai testicoli ma non dalle ovaie; la concentrazione sierica di DHEA è 1000 volte inferiore rispetto quella del DHEAS e, rispetto a quest’ultima, presenta marcate variazioni circadiane. Debolmente androgenico, il DHEA viene metabolizzato, a livello dei tessuti periferici, principalmente a testosterone e diidrotestosterone. I livelli sierici di DHEA aumentano progressivamente durante l’infanzia e l’adolescenza, aumentano rapidamente dopo la pubertà e raggiungono il picco a circa 20 anni per poi diminuire progressivamente.

DHEA derives almost exclusively from the zona reticularis of the adrenal cortex; it can also be produced by the testes but not by the ovaries; the serum concentration of DHEA is 1000 times lower than that of DHEAS and, compared to the latter, presents marked circadian variations. Weakly androgenic, DHEA is metabolised, at the peripheral tissue level, mainly to testosterone and dihydrotestosterone. Serum DHEA levels increase progressively during childhood and adolescence, increase rapidly after puberty and reach a peak at approximately age 20 and then progressively decrease.

DHEA-S

Il deidroepiandrosterone solfato (DHEAS) è un androgeno, un ormone maschile presente sia negli uomini che nelle donne. Questo esame determina la quantità di DHEAS nel sangue.Il DHEAS:

  • nel maschio è coinvolto nello sviluppo dei caratteri sessuali secondari nel corso della pubertà
  • può essere convertito in androgeni più potenti, come testosterone ed androstenedione
  • può essere convertito in estrogeni (ormoni femminili)

Il DHEAS è prodotto quasi esclusivamente delle ghiandole surrenali; una piccola quantità è prodotta dalle ovaie della donna e dai testicoli dell’uomo.La determinazione del DHEAS è utile per verificare la funzionalità delle ghiandole surrenali.La presenza di tumori del surrene (cancerosi e non) e di iperplasia (ingrossamento) delle ghiandole surrenali può determinare una produzione anomala di DHEAS.Solo in rari casi la produzione di DHEAS può essere determinata da tumori delle ovaie.Livelli elevati di DHEAS:

  • possono non dare segni evidenti nell’uomo adulto
  • possono essere la causa di pubertà precoce nei bambini
  • nella donna possono causare amenorrea e sintomi visibili di virilizzazione, come l’irsutismo
  • possono portare alla nascita di bambine con genitali ambigui, ossia non chiaramente distinguibili in organi genitali maschili o femminili.

 

Dehydroepiandrosterone sulfate (DHEAS) is an androgen, a male hormone found in both men and women. This test determines the amount of DHEAS in the blood.The DHEAS:in males it is involved in the development of secondary sexual characteristics during puberty it can be converted into more potent androgens, such as testosterone and androstenedionecan be converted into estrogen (female hormone) DHEAS is produced almost exclusively by the adrenal glands; a small amount is produced by the ovaries of women and the testicles of men.The determination of DHEAS is useful for verifying the functionality of the adrenal glands.The presence of adrenal tumors (cancerous or otherwise) and hyperplasia (enlargement) of the adrenal glands can lead to abnormal production of DHEAS.Only in rare cases can the production of DHEAS be caused by ovarian tumors.Elevated DHEAS Levels:they may not show obvious signs in adult humanscan be the cause of precocious puberty in childrenin women they can cause amenorrhea and visible symptoms of virilization, such as hirsutism

can lead to the birth of girls with ambiguous genitalia, i.e. not clearly distinguishable into male or female genital organs.

DIAMINOSSIDASI (DAO)
La diaminossidasi (DAO) è un enzima che metabolizza l’istamina, degradandola per impedire il suo passaggio nel circolo sanguigno. Una sua carenza, che può essere genetica o acquisita (ad esempio per l’assunzione di farmaci che la inibiscono), può causare l’accumulo di istamina e provocare sintomi di intolleranza all’istamina, come emicranie, disturbi gastrointestinali, orticaria, o gonfiore. È possibile diagnosticarla tramite un esame del sangue, il “DAO test”, che valuta l’attività di questo enzima.  La DAO scompone l’istamina che deriva sia dal cibo (esogena) che da processi interni (endogena).   Si trova soprattutto nella mucosa intestinale, ma anche in reni, fegato e placenta.   La sua azione nell’intestino e nel fegato è cruciale per evitare un accumulo eccessivo di istamina nel corpo.  Sintomi dell’intolleranza all’istamina (da deficit di DAO .  Mal di testa, emicranie, stanchezza, problemi gastrointestinali, gonfiore, e reazioni cutanee come l’orticaria.  Aritmie, ipotensione, ostruzione delle vie respiratorie e secrezione nasale. È un esame del sangue che misura l’attività dell’enzima DAO e può aiutare a diagnosticare l’intolleranza all’istamina.
Diaminoxidase (DAO) is an enzyme that metabolizes histamine, degrading it to prevent its passage into the bloodstream. A deficiency, which can be genetic or acquired (for example by taking drugs that inhibit it), can cause the accumulation of histamine and cause symptoms of histamine intolerance, such as migraines, gastrointestinal disorders, urticaria, or swelling. It can be diagnosed through a blood test, the “DAO test”, which evaluates the activity of this enzyme.  DAO breaks down histamine that comes from both food (exogenous) and internal processes (endogenous).   It is found mainly in the intestinal mucosa, but also in the kidneys, liver and placenta.   Its action in the intestine and liver is crucial to avoid excessive accumulation of histamine in the body.  Symptoms of histamine intolerance (from DAO deficiency .  Headaches, migraines, tiredness, gastrointestinal problems, swelling, and skin reactions such as hives.  Arrhythmias, hypotension, respiratory tract obstruction and nasal discharge.  Diagnosis and Solutions It is a blood test that measures the activity of the DAO enzyme and can help diagnose histamine intolerance. 
DIGOSSINA

Questo esame misura la quantità di digossina nel sangue. La digossina è un farmaco utilizzato per trattare l’insufficienza cardiaca e le aritmie cardiache. Alcune malattie cardiache, inclusa l’insufficienza cardiaca congestizia, comportano la riduzione della funzionalità cardiaca. Di conseguenza, il sangue ristagna negli arti inferiori, nelle mani, nei piedi, nei polmoni e nel fegato, causando gonfiore, affanno ed affaticamento. La digossina viene somministrata per alleviare alcuni sintomi dell’insufficienza cardiaca. Essa, infatti, rinforza le contrazioni cardiache ed aiuta il cuore a pompare il sangue più efficientemente. La digossina viene anche utilizzata per il controllo delle aritmie cardiache. Non è in grado di curare l’insufficienza cardiaca o le aritmie, poiché queste sono patologie di tipo cronico; tuttavia, insieme a variazioni nella dieta, esercizio fisico ed altri farmaci, consente una migliore gestione dei sintomi.I livelli di digossina devono essere attentamente monitorati a causa della stretta finestra terapeutica di questo farmaco. Livelli troppo bassi del farmaco nel sangue possono comportare la ricomparsa dei sintomi, mentre livelli troppo alti possono risultare tossici.Il dosaggio della digossina può essere deciso sulla base dei livelli ematici misurati.

This test measures the amount of digoxin in the blood. Digoxin is a drug used to treat heart failure and cardiac arrhythmias. Some heart diseases, including congestive heart failure, cause reduced heart function. As a result, blood pools in the lower limbs, hands, feet, lungs and liver, causing swelling, breathlessness and fatigue.Digoxin is given to relieve some symptoms of heart failure. In fact, it strengthens cardiac contractions and helps the heart pump blood more efficiently. Digoxin is also used to control cardiac arrhythmias. It is not able to cure heart failure or arrhythmias, since these are chronic pathologies; however, combined with changes in diet, exercise and other medications, it allows for better management of symptoms.Digoxin levels should be carefully monitored due to the narrow therapeutic window of this drug. Too low levels of the drug in the blood can lead to the return of symptoms, while too high levels can be toxic.The dosage of digoxin can be decided based on the measured blood levels.

DIIDROTESTOSTERONE (DHT)

Il diidrotestosterone deriva dal testosterone attraverso una reazione enzimatica (5-α-reduttasi) a livello dei tessuti periferici. La concentrazione sierica di DHT, seppure più bassa, è strettamente correlata a quella del testosterone ma riflette scarsamente la concentrazione intracellulare di DHT; pertanto, anche se il DHT è responsabile per la crescita dei peli, il suo dosaggio nel siero non può essere utilizzato per valutare l’irsutismo.

Dihydrotestosterone is derived from testosterone through an enzymatic reaction (5-α-reductase) at the peripheral tissue level. The serum concentration of DHT, although lower, is closely related to that of testosterone but poorly reflects the intracellular concentration of DHT; therefore, although DHT is responsible for hair growth, its serum dosage cannot be used to evaluate hirsutism.

DISBIOSI INTESTINALE

La disbiosi intestinale è una particolare condizione in cui viene a mancare l’equilibrio microbico nell’intestino, con un aumento di batteri “cattivi”che ne causano l’ irritazione. Questa alterazione dell’equilibrio del microbioma intestinale può avere conseguenze di diverso tipo, da malattie infiammatorie, a colite e persino tumori. L’intestino è infatti l’organo più importante nel mantenimento del nostro stato di salute, considerato il nostro secondo cervello — basti pensare alla celebre citazione di Ippocrate: “Tutte le malattie hanno inizio nell’intestino”— ed è un organo molto più complesso di quanto si possa immaginare, strettamente legato al sistema immunitario e alla sua funzionalità. A maggior ragione diventa fondamentale prendersi cura del proprio intestino per un benessere sia fisico che psicologico.

Con l’espressione disbiosi intestinale si sta ad indicare quella particolare condizione in cui le famiglie batteriche presenti nel nostro intestino e che contribuiscono alla formazione della nostra flora intestinale, sono in un rapporto numerico anomalo e non equilibrato.  Il termine disbiosi (dysbiosis) indica la natura stessa di questa condizione: il prefisso “dis-”, utilizzato per indicare un’alterazione o un’inversione, precede il termine greco “bios”, ovvero “vita”, “essere vivente”, opposto al termine “eubiosi”, dove il prefisso “eu” significa “buono” o “equilibrio”. Il termine “vita”, in questo caso, fa proprio riferimento alla vita dei microrganismi che risiedono nell’intestino, o microbiota.  Il microbiota intestinale umano è infatti costituito da milioni di microrganismi considerati non patogeni di cui la maggior parte sono di origine batterica e virale. Ma cosa intendiamo per microbiota? Con il termine microbiota si indica quella popolazione complessa e dinamica che popola il nostro intestino (si tratta di più di mille specie con un peso complessivo di circa 1.5 Kg). Normalmente questi microrganismi sono in uno stato di equilibrio (o eubiosi) tra loro e con l’organismo ospitante. La disbiosi modifica quantitativamente e qualitativamente il microbiota intestinale e ciò a sua volta può determinare l’insorgenza a lungo andare di rilevanti implicazioni patologiche.

Flora intestinale e microbioma

L’equilibrio del microbiota ha una forte influenza sul benessere dell’organismo; il microbiota trae nutrimento dall’organismo per sopravvivere, mentre i prodotti del metabolismo batterico sono fondamentali per diverse funzioni vitali dell’organismo. Negli ultimi anni la ricerca scientifica sta mostrando un interesse crescente nei confronti dei microrganismi che popolano e colonizzano il nostro intestino. I risultati di questi studi si sono rivelati fondamentali e allo stesso tempo sorprendenti! Ad esempio, oggi sappiamo che i batteri che costituiscono la nostra flora intestinale forniscono le informazioni utili per la produzione di molteplici enzimi coinvolti nell’assorbimento dei nutrienti. Andiamo però con calma. Prima di tutto, cos’è la flora intestinale? Che differenza c’è tra flora intestinale, microbiota e microbioma?  Con il termine flora intestinale ci si riferisce all’insieme dei batteri che popolano il nostro intestino. Microbiota intestinale è il termine scientificamente corretto che viene utilizzato per riferirsi al suddetto concetto. Spesso i termini microbioma e microbiota si utilizzano impropriamente come sinonimi ma non è esatto in quanto indicano concetti nettamente differenti.  Per microbiota intendiamo tutti i microrganismi che vivono in un determinato ambiente, mentre per microbioma intendiamo indicare il patrimonio genetico del microbiota stesso. La composizione qualitativa e quantitativa del microbiota varia nei diversi tratti intestinali. Il microbiota si acquisisce alla nascita attraverso il parto stesso e la sua composizione viene influenzata dall’età, dal sesso, da fattori ambientali e dalla stessa alimentazione. Il microbiota può essere considerato un vero e proprio organo e il suo impatto sulla salute è notevole. I microrganismi, infatti, non solo agiscono contro la proliferazione dei microrganismi patogeni ma supportano le funzioni del nostro organismo come il metabolismo e l’azione protettiva esplicata dal sistema immunitario.  L’intestino rappresenta infatti uno degli organi a maggior contatto con vari agenti esogeni e perciò costituisce la prima barriera difensiva nei confronti di microrganismi patogeni. La sua condizione di equilibrio, o eubiosi è dunque fondamentale per una regolare funzionalità dell’organismo: quando questa viene alterata e vengono destabilizzati i rapporti tra le popolazioni microbiche, con la manifestazione di uno stato di disbiosi, possono verificarsi diversi disturbi che interessano l’intero corpo.

Eubiosi e disbiosi

Ma cosa si intende quindi per eubiosi e disbiosi? Il microbiota umano può presentarsi in due stati differenti: uno di eubiosi e l’altro di disbiosi. L’eubiosi è caratterizzata da un equilibrio sia quantitativo che qualitativo delle specie che costituiscono il microbiota intestinale, ovvero tra batteri buoni e cattivi. Si tratta di quella situazione che si instaura quando queste interagiscono correttamente tra di loro e con l’organismo ospite per il mantenimento dello stato di benessere dell’organismo. Si parla di disbiosi quando la popolazione microbica subisce modifiche a livello quantitativo e qualitativo compromettendo lo stato di equilibrio. Generalmente lo stato di disbiosi si manifesta in forme differenti e può essere determinato da:  Eccesso di patobioti, ovvero di batteri come, ad esempio, la famiglia batterica delle Enterobacteriaceae, potenzialmente patogena, che colonizza il nostro intestino ed in caso di eccessiva proliferazione può causare una serie di disturbi o patologie  Perdita di commensali. Al contrario, una perdita più o meno significativa dei batteri normalmente presenti può originare dismicrobismo intestinale   Alterazione della biodiversità batterica, dovuta a diete non corrette, farmaci, diabete, HIV e AIDS, ecc.   La disbiosi determina quindi un’alterazione del microbiota intestinale che causa l’insorgenza di una serie di disturbi a livello gastrointestinale e non solo. Tuttavia l’intestino non è l’unico organo ad essere popolato da batteri; vi sono altri tessuti che presentano microrganismi e un alterato equilibrio di quest’ultimi determina patologie note, come la cistite e la candida uro-genitale femminile.

Intestinal dysbiosis is a particular condition in which the microbial balance in the intestine is lacking, with an increase in “bad” bacteria that cause irritation. This alteration in the balance of the gut microbiome can have consequences of different kinds, from inflammatory diseases, to colitis and even tumors. The intestine is in fact the most important organ in maintaining our state of health, considered our second brain — just think of the famous quote from Hippocrates: “All diseases begin in the intestine”— and it is a much more complex organ than one might imagine, closely linked to the immune system and its functionality. Even more so, it becomes essential to take care of your intestines for both physical and psychological well-being.    The expression intestinal dysbiosis indicates that particular condition in which the bacterial families present in our intestine and which contribute to the formation of our intestinal flora are in an anomalous and unbalanced numerical ratio.  The term dysbiosis (dysbiosis) indicates the very nature of this condition: the prefix “dis-”, used to indicate an alteration or inversion, precedes the Greek term “bios”, or “life”, “living being”, opposite to the term “eubiosis”, where the prefix “eu” means “good” or “balance”. The term “life”, in this case, makes proper reference to the life of microorganisms residing in the gut, or microbiota.  The human intestinal microbiota is in fact made up of millions of microorganisms considered non-pathogenic, most of which are of bacterial and viral origin. But what do we mean by microbiota? The term microbiota indicates that complex and dynamic population that populates our intestine (there are more than a thousand species with a total weight of approximately 1.5 kg). Normally these microorganisms are in a state of equilibrium (or eubiosis) with each other and with the host organism. Dysbiosis quantitatively and qualitatively modifies the intestinal microbiota and this in turn can determine the long-term onset of relevant pathological implications. 

Intestinal flora and microbiome

The balance of the microbiota has a strong influence on the well-being of the organism; the microbiota draws nourishment from the organism to survive, while the products of bacterial metabolism are critical to several vital functions of the organism. In recent years, scientific research is showing a growing interest in the microorganisms that populate and colonize our intestine. The results of these studies proved to be fundamental and at the same time surprising! For example, today we know that the bacteria that make up our gut flora provide the useful information for the production of multiple enzymes involved in nutrient uptake. But let’s take it slow. First of all, what is intestinal flora? What is the difference between gut flora, microbiota and microbiome?  The term intestinal flora refers to the set of bacteria that populate our intestine. Intestinal microbiota is the scientifically correct term that is used to refer to the aforementioned concept. The terms microbiome and microbiota are often used improperly as synonyms but this is not accurate as they indicate clearly different concepts.    By microbiota we mean all microorganisms that live in a specific environment, while by microbiome we mean indicating the genetic heritage of the microbiota itself. The qualitative and quantitative composition of the microbiota varies in different intestinal tracts. The microbiota is acquired at birth through childbirth itself and its composition is influenced by age, sex, environmental factors and nutrition itself. The microbiota can be considered a real organ and its impact on health is notable. In fact, microorganisms not only act against the proliferation of pathogenic microorganisms but support the functions of our body such as metabolism and the protective action exerted by the immune system.  In fact, the intestine represents one of the organs in greatest contact with various exogenous agents and therefore constitutes the first defensive barrier against pathogenic microorganisms. Its condition of balance, or eubiosis is therefore fundamental for the regular functionality of the organism: when this is altered and the relationships between microbial populations are destabilized, with the manifestation of a state of dysbiosis, various disorders can occur that affect the entire body.

Eubiosis and dysbiosis

But what is meant by eubiosis and dysbiosis? The human microbiota can occur in two different states: one of eubiosis and the other of dysbiosis. Eubiosis is characterized by both a quantitative and qualitative balance of the species that make up the gut microbiota, that is, between good and bad bacteria. This is the situation that arises when these interact correctly with each other and with the host organism for the maintenance of the well-being state of the organism. We speak of dysbiosis when the microbial population undergoes changes at a quantitative and qualitative level, compromising the state of equilibrium. Generally the state of dysbiosis manifests itself in different forms and can be determined by: Excess of pathobiotes, i.e. bacteria such as, for example, the bacterial family of Enterobacteriaceae, potentially pathogenic, which colonizes our intestine and in case of excessive proliferation can cause a series of disorders or pathologies Loss of diners. On the contrary, a more or less significant loss of the bacteria normally present can give rise to intestinal dysmicrobism. Alteration of bacterial biodiversity, due to incorrect diets, drugs, diabetes, HIV and AIDS, etc.  Dysbiosis therefore causes an alteration of the intestinal microbiota which causes the onset of a series of disorders at the gastrointestinal level and beyond. However, the intestine is not the only organ to be populated by bacteria; there are other tissues that present microorganisms and an altered balance of the latter determines known pathologies, such as cystitis and female urogenital candida.

DNA DEL VIRUS EPATITE B

Il virus dell’epatite B (HBV) è endemico in tutto il mondo e rappresenta la principale causa delle patologie epatiche. L’HBV si trasmette mediante contatto diretto con il sangue o con altri fluidi corporei. Tra le vie di trasmissione più comuni vanno annoverate le seguenti: trasfusioni ematiche, punture di ago, contatto diretto con ferite aperte, rapporti sessuali e passaggio dalla madre al neonato al momento della nascita.Il periodo medio di incubazione di un’infezione da HBV oscilla tra 6 e 8 settimane (intervallo: da 1 a 6 mesi). I sintomi clinici più comuni includono malessere generale, febbre, gastroenterite e ittero. L’infezione da HBV può determinare tipicamente epatite itterica, epatite anitterica subclinica, epatite fulminante o epatite cronica persistente. Nell’adulto, una percentuale compresa tra il 90 e il 95% dei soggetti interessati da un’infezione da HBV si ristabilisce completamente dalla patologia acuta e non mostra più tracce del virus. All’incirca il 5-10% dei pazienti colpiti dall’HBV diventa portatore cronico. Il 90% circa dei neonati infettati dall’HBV sviluppa un’infezione cronica da epatite B. Si stima che più di 300 milioni di persone in tutto il mondo siano portatori cronici del virus. L’infezione da HBV, soprattutto se cronica, è significativamente associata allo sviluppo del carcinoma epatocellulare.Nel siero possono essere ricercati la proteina di superficie s (HBsAg, detto anche antigene australia) ed i corrispondenti anticorpi (HBsAb), la proteina e (HBeAg) ed i corrispettivi anticorpi HBeAb. Non è invece possibile ricercare la proteina del core c ma solo gli anticorpi corrispondenti, in forma totale (HBcAb) o solo quelli appartenenti alla classe M (HBcAb IgM); questi ultimi possono, raramente, essere il solo riscontro di infezione recente o in atto nella cosiddetta finestra sierologica, quando sia HBsAg che HBsAb non sono rilevabili (il primo perché sta scomparendo, i secondi perché stanno per comparire). La comparsa degli HBsAb segna la guarigione sierologica.

Hepatitis B virus (HBV) is endemic worldwide and represents the main cause of liver disease. HBV is transmitted by direct contact with blood or other body fluids. The most common routes of transmission include the following: blood transfusions, needle sticks, direct contact with open wounds, sexual intercourse and passage from mother to newborn at birth.The average incubation period of an HBV infection is 6 to 8 weeks (range: 1 to 6 months). The most common clinical symptoms include general malaise, fever, gastroenteritis and jaundice. HBV infection can typically result in jaundiced hepatitis, subclinical anicteric hepatitis, fulminant hepatitis, or chronic persistent hepatitis. In adults, a percentage of between 90 and 95% of subjects affected by an HBV infection completely recover from the acute pathology and no longer show traces of the virus. Approximately 5-10% of patients affected by HBV become chronic carriers. Approximately 90% of newborns infected with HBV develop chronic hepatitis B infection. It is estimated that more than 300 million people worldwide are chronic carriers of the virus. HBV infection, especially if chronic, is significantly associated with the development of hepatocellular carcinoma.The serum can be tested for surface protein s (HBsAg, also called Australian antigen) and the corresponding antibodies (HBsAb), protein e (HBeAg) and the corresponding HBeAb antibodies. However, it is not possible to search for the core c protein but only for the corresponding antibodies, in total form (HBcAb) or only those belonging to the M class (HBcAb IgM); the latter can, rarely, be the only finding of recent or ongoing infection in the so-called serological window, when both HBsAg and HBsAb are not detectable (the former because it is disappearing, the latter because they are about to appear). The appearance of HBsAb marks serological recovery.

DRUG TEST

Il test delle droghe d’abuso consiste nella rivelazione di una o più sostanze legali e/o illegali nell’urina o, più raramente, nel sangue, nella saliva, nei capelli o nel sudore. Questo test identifica delle sostanze che, di norma, non sono presenti nell’organismo umano, fatta eccezione per alcuni ormoni o steroidi misurati nell’ambito dei protocolli antidoping negli atleti.Di solito la prima fase del test consiste in uno screening iniziale seguito da un secondo test che identifica e/o conferma la presenza di una o più droghe. La maggior parte dei laboratori usa test commercialmente disponibili che sono stati sviluppati ed ottimizzati per lo screening urinario delle principali droghe d’abuso.Nella maggior parte dei casi, i risultati ottenuti con i test di primo livello vengono confrontati con una soglia predefinita (cut-off). I campioni al di sotto di tale soglia sono considerati negativi; quelli al di sopra sono considerati positivi al test di screening. Il laboratorio può anche eseguire specifici test volti a rilevare sostanze in grado di mascherare le sostanze ricercate (adulteranti). Queste sostanze sono infatti in grado di alterare il test o diluire il campione di urine.All’interno di ciascuna classe di droghe d’abuso testate, esistono numerose sostanze chimicamente simili. Le sostanze legali chimicamente simili a quelle illegali possono produrre un risultato positivo allo screening. Per questo motivo la positività ad un test di screening vene considerata “presunta”. Di conseguenza, i test di screening positivi per una o più classi di sostanze devono essere confermati con un secondo test che identifica la specifica sostanza presente usando un metodo sensibile e specifico, come la gascromatografia/spettrometria di massa (GC/MS) o cromatografia liquida /spettrometria di massa (LC/MS).Alcune delle droghe d’abuso più comunemente sottoposte a screening sono di seguito elencate qui sotto:

CLASSE ESEMPI DI DROGHE SPECIFICHE IDENTIFICATE DURANTE LA CONFERMA

  • Amfetamine
  • Metamfetamina, amfetamina
  • Barbiturici
  • Fenobarbital, secobarbital, pentobarbital, butalbital, amobarbital
  • Benzodiazepine
  • Diazepam, lorazepam, oxazepam, temazepam, alprazolam
  • Cannabinoidi
  • Marijuana
  • Cocaina
  • Cocaina e/o il suo metabolita (benzoilecognina)
  • Oppiacei
  • Codeina, morfina, metaboliti dell’eroina, ossicodone, ossimorfone, idrocodone, idromorfone
  • Fenciclidina (PCP)
  • PCP

Per un elenco più esaustivo delle droghe d’abuso, si rimanda alla tabella a fondo pagina.Le sostanze non appartenenti alle classi testate possono dare risultati “falsi negativi”. Alcune droghe possono essere difficili da rivelare con i metodi standard o perché il test non è stato messo a punto per rivelare quella droga, come la metilendiossi-metamfetamina (MDMA, Ecstasy), il fentanil, il metadone, l’ossicodone (Oxycontin), la meperedina o altri o la buprenorfina, o perché la droga non ha un’emivita (tempo nel quale permane all’interno dell’organismo) sufficientemente lunga da poter essere rivelata, come il gamma-idrossibutirrato (GHB).Per quanto riguarda i test per la rilevazione di ormoni o steroidi nell’ambito dei test di sreening anti-doping negli atleti, vengono utilizzati i test in grado di rilevare le sostanze ricercate e, di solito, si tratta di metodi quantitativi. Gli atleti, in modo particolare quelli in grado di competere al livello nazionale ed internazionale, vengono costantemente sottoposti a rigidi controlli al fine di rilevare l’uso e l’abuso di droghe ma anche di sostanze in grado di potenziare la performance agonistica (dopanti).Per motivi clinici o legali spesso vengono anche richiesti gruppi di test per lo screening di sostanze d’abuso anche nell’ambito della medicina del lavoro (in particolare per alcune mansioni considerate più a rischio) o per determinare la presenza di complicanze in pazienti che assumono alcune di queste sostanze per motivi clinici. Chi usa queste sostanze le assume mediante ingestione, inalazione, fumo o iniezione. Le quantità assorbite e gli effetti che ne derivano dipendono dal tipo di droghe assunte, dalle modalità di assunzione, dalle loro interazioni, dalla loro purezza e forza, dalla quantità, dal momento e dalla capacità individuale di metabolizzarle ed eliminarle. Alcune droghe possono interferire con l’azione od il metabolismo di altri farmaci; possono avere effetti additivi, come quando si assumono due droghe in grado di ridurre l’attività del sistema nervoso centrale (SNC), o effetti competitivi, come nel caso di assunzione di due sostanze rispettivamente in grado di stimolare e deprimere il SN

Stimolanti

  • Amfetamine
  • Dexedrine, Adderall, Benzedrina
  • Speed, Bennies, Uppers, Black Beauties, Crosses, Hearts, LA Turnaround, Speed, Truck Drivers
  • Cocaine
  • Soluzione topica di cocaina cloridrato (anestetico usato raramente nelle procedure mediche)
  • Crack, Coke, Candy, Blow, C, Flake, Rock
  • Metamfetamine
  • Desoxyn, Gradumet
  • Crank, Chalk, Crystal, Fire, Glass, Go Fast, Ice, Meth, Speed
  • Metilfenidate
  • Ritalin, Concerta
  • JIF, MPH, R-ball, Skippy, The Smart Drug, Vitamina R
  • Fenilpropanolamina
  • Propagest
  • BT 72s
  • Metilenediossimetamfetamine
  • MDMA
  • Ecstasy, Molly, Adam, Clarity, Eve, Lover’s Speed, Peace

Depressivi/Sedativi

  • Barbiturici
  • Fenobarbital (Luminal), pentobarbital (Nembutal), secobarbital
  • Barbs, Phennies, Red Birds, Reds, Tooies, Yellow Jackets, Yellows
  • Benzodiazepine
  • alprazolam (Xanax®), clorodiazepossido (Limbitrol®), diazepam (Valium®), lorazepam (Ativan®), triazolam (Halicon®)
  • Pumpkin Seeds, Downers, Candy, Tranks, Sleeping Pills
  • Etanolo
  • Alcol
  • Beer, wine, distilled alcohol
  • Etclorvinolo
  • Placidil
  • Pickles, Green Jeans
  • Flunitrazepam
  • Rohypnol
  • Circles, Date Rape Drug, Forget Pill, Forget-Me Pill, La Rocha, Lunch Money, Mexican Valium, Mind Eraser, Pingus, R2, Reynolds, Rib, Roach, Roach 2, Roaches, Roachies, Roapies, Rochas Dos, Roofies, Rope, Rophies, Row-Shay, Ruffies, Trip-and-Fall, Wolfies
  • Gamma-idrossibutirrato
  • GHB
  • G, Georgia Home Boy, Goop, Grievous Bodily Harm, Liquid Ecstasy, Liquid X, Soap, Scoop
  • Glutetimide
  • Doriden
  • CB
  • Meprobamato
  • Miltown
  • Bams
  • Metaqualone
  • Quaaludes
  • Soapers, 714, Ludes
  • Metiprilone
  • Noludar
  • Roach 19, Easter Bunny
  • Sedativi
  • eszopiclone (Lunesta®), zaleplon (Sonata®), zolpidem (Ambien®)
  • Forget-me Pill, Mexican Valium, R2, Roche, Roofies, Roofinol, Rope, Rophies

Droghe Dissociative

  • Destrometorfano o DMX
  • Farmaci per la tosse e il raffreddore da banco (molti marchi includono “DM”)
  • Robotripping, Robo, Triple C
  • Ketamine
  • Ketalar
  • Cat Valiums, Special K, Vitamin K
  • Fenciclidine
  • PCP
  • Angel Dust, Boat, Hog, Love Boat, Peace Pill
  • Salvia divinorum
  • Salvia
  • Maria Pastora, Sage of the Seers, Diviner’s Sage, Salvia, Sally-D, Magic Mint

Oppiacei / oppioidi sintetici

  • Ossicodone
  • Percodan, Percocet, Oxycontin
  • O.C., Oxycet, Oxycotton, Oxy, Hillbilly Heroin, Percs
  • Ossimorfone
  • Opana
  • Biscuits, Blue Heaven, Blues, Mrs. O, O Bomb, Octagons, Stop Signs
  • Fentanyl
  • Duragesic, Actiq, Sublimaze
  • Apache, China Girl, China White, Dance Fever, Friend, Goodfella, Jackpot, Murder 8, Tango and Cash, TNT
  • Eroina
  • Eroina
  • Brown sugar, China White, Dope, H, Horse, Junk, Skag, Skunk, Smack, White Horse
  • Idromorfone
  • Dilaudid
  • D, Dillies, Footballs, Juice, Smack
  • Metadone
  • Diskets, Dolophine, Methadose, Methadose Sugar-Free
  • Orange Barrel, Dolphin, Amidone, Fizzies
  • Codeina
  • Tylenol 3
  • Captain Cody, Cody, Lean, Schoolboy, Sizzurp, Purple Drank With glutethimide: Doors & Fours, Loads, Pancakes and Syrup
  • Idrocodone
  • Vicodin, Lortab, Lorcet
  • Vike, Vic, Watson-387
  • Morfine
  • MS Contin®, Avinza, Duxamorph, Roxanol
  • Morph, Miss Emma, M, White Stuff
  • Meperedine
  • Demerol
  • Demmies, Pain Killer
  • Oppio
  • Oppio
  • Dust
  • Pentazocine
  • Talwin
  • T’s
  • Propossifene
  • Darvon
  • Lilly

Psichedelici (Allucinogeni)

  • Dietilammide-25 dell’acido lisergico (Lysergic acid diethylamide)
  • LSD
  • Acid, Blotter, Blue Heaven, Cubes, Microdot, Yellow Sunshine
  • Mescalina
  • Peyote
  • Aztec, Blue Cap, Buttons, Cactus, Mesc
  • Psilocibina
  • Psilocibina
  • Little Smoke, Magic Mushrooms, Purple Passion, Shrooms

Cannabinoidi

  • Dronabinol (THC)
  • Marinol, Sativex
  • nessun nome comune
  • Olio di hashish
  • Olio di hashish
  • Honey Oil, Shatter, Wax, Ear Wax
  • Hashish
  • Hashish
  • Hash
  • Marijuana
  • Marijuana
  • Blunt, Bud, Dope, Ganja, Grass, Green, Herb, Joint, Mary Jane, Pot, Reefer, Sinsemilla, Skunk, Smoke, Trees, Weed; Hashish: Boom, Gangster, Hash, Hemp

Cannabinoidi Sintetici

  • Marijuana sintetica
  • Spezia
  • K2, Spice, Black Mamba, Bliss, Bombay Blue, Fake Weed, Fire, Genie, Moon Rocks, Skunk, Smacked, Yucatan, Zohai

Catinoni sintetici

  • Sali da bagno
  • Sali da bagno
  • Bloom, Cloud Nine, Cosmic Blast, Flakka, Ivory Wave, Lunar Wave, Scarface, Vanilla Sky, White Lightning

Tabacco

  • Nicotina
  • Sigarette, sigari, tabacco da masticare
  • Snuff, chew

Inalanti

  • Inalanti
  • Colla, diluente per vernici, benzina, lacca per capelli, vernice spray
  • Poppers, Snappers, Whippets, Laughing Gas

Sostanze dopanti

  • Agenti anabolizzanti
  • Nandrolone (Oxandrin®), oxandrolone (Anadrol®), ossimetolone (Winstrol®), stanozolol (Durabolin®), testosterone cypionate (Depo-testosterone®)
  • Stackers, Arnolds, Gym Candy, Pumpers, Roids, Weight Trainers, Gear, Juice
  • Beta Bloccanti
  • Acebutolol (Sectral), Atenolol (Apo-atenolol), Betaxolol (Kerlone), Bisoprolol (Zebta), Carteolol (Cartrol), Esmolol (Brevibloc), Labetalol (Normodyne), Metoprolol (Toprol), Nadolol (Corgard), Sotalol (Betapace), Oxprenolol (Trasicor), Penbutolol (Levatol), Pindolol (Novo-pindol), Propranolol (Inderal), Timolol (Apo-timol)
  • Beta bloccanti
  • Eritropoietina, EPO
  • Molti, inclusi Anfoe, Celpoeitin, Ceriton, Cres[, Epofer, Epodit, Epomine, Eporise, Eposis, Epox, Eptre, Erypo, Hemas, Neo Recormon, RPO, Vintor, Wepox, Zyrop
  • Eritropoietina, EPO
  • Ormoni Peptidici
  • Ormone della Crescita
  • Ormone della crescita
  • Insulin-like growth factor-1
  • IGF-1
  • IGF-1
  • Gonadotropina Corionica Umana
  • hCG, Novarel, Ovidrel, Pregnyl
  • hCG, Novarel, Ovidrel, Pregnyl

 

E

EBNA -IgG Ab

Il virus di Epstein-Barr (EBV) è di solito la causa un malessere caratterizzato da sintomi abbastanza lievi. Questo esame rileva la presenza di anticorpi diretti contro l’EBV nel sangue, come supporto alla diagnosi dell’infezione.Il virus di Epstein-Barr causa un’infezione molto comune. Secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), circa il 95% delle persone di età superiore ai 40 anni è stata infettata da EBV nel corso della propria vita. Il virus è altamente contagioso e viene trasmesso facilmente da persona a persona. Esso si trova nella saliva degli individui infetti e può essere diffuso mediante un contatto stretto, come tramite un bacio o condividendo stoviglie e tazze.Il periodo d’incubazione, ossia il periodo di tempo tra l’esposizione al virus e lo sviluppo dei sintomi, dura alcune settimane. Durante l’infezione primaria acuta, il virus si moltiplica; alla scomparsa dei sintomi, la carica virale diminuisce, ma il virus non viene eradicato completamente, permanendo nell’organismo in uno stato di latenza. Il virus EBV latente rimane all’interno dell’organismo della persona infettata per il resto della sua vita e, talvolta, può riattivarsi causando però problemi significativi solo in caso di particolare compromissione del sistema immunitario.La maggior parte delle persone viene a contatto con EBV durante l’infanzia, spesso in maniera asintomatica o con solo pochi sintomi parainfluenzali. Durante l’adolescenza invece, il virus può comportare l’insorgenza di mononucleosi, una malattia caratterizzata da senso di fatica, febbre, mal di gola, ingrossamento dei linfonodi, splenomegalia (aumento del volume della milza) e, talvolta, epatomegalia (aumento del volume del fegato). Questi sintomi si manifestano in circa il 25% degli adolescenti infettati da EBV e nei giovani adulti e, in genere, si risolvono nel giro di uno o due mesi.Le persone affette da mononucleosi ricevono di solito una diagnosi di tipo clinico (sulla base dei segni e sintomi presenti) avvalorata dai risultati dell’esame emocromocitometrico e del monotest (che rileva la presenza di anticorpi eterofili). Tuttavia, in circa il 25% dei casi, il monotest fornisce un risultato negativo nonostante la presenza dell’infezione da EBV, a causa della mancata produzione degli anticorpi eterofili. Ciò si verifica perlopiù nei bambini. Il test per la ricerca degli anticorpi anti EBV consente di verificare se i sintomi di queste persone siano o no associati alla presenza del virus EBV o siano ascrivibili ad altra causa.Il virus EBV è responsabile della mononucleosi. Esistono tuttavia altri patogeni in grado di sviluppare malattie con sintomi analoghi, come il citomegalovirus, i virus dell’epatite A, B o C, il virus della rosolia e il toxoplasma. A volte la diagnosi differenziale tra l’infezione da EBV ed altre patologie è molto importante. Ad esempio, nelle donne in gravidanza, il test può aiutare a distinguere un’infezione primaria da EBV, che non ha alcun effetto sullo sviluppo del bambino, dall’infezione da citomegalovirus (CMV), da virus herpes simplex o dalla toxoplasmosi, che invece possono creare complicanze durante la gravidanza e possono danneggiare il feto.L’esclusione della presenza di un’infezione da EBV può inoltre essere importante per il corretto approccio terapeutico di alcune affezioni. Ad esempio, la definizione dell’agente eziologico di alcuni sintomi simili a quelli presenti nella mononucleosi, come quelli dovuti alla presenza dello Streptococco beta-emolitico di gruppo A responsabile della faringotonsillite streptococcica, consente di procedere al trattamento antibiotico (inefficace invece nel caso di infezioni virali e quindi anche di EBV).Sono disponibili molti test in grado di rilevare i differenti tipi e classi di anticorpi diretti contro EBV. Gli anticorpi sono proteine prodotte dall’organismo durante la risposta immunitaria, in grado di riconoscere diversi antigeni del virus Epstein-Barr. Durante l’infezione primaria da EBV, la concentrazione di questi anticorpi aumenta e diminuisce progressivamente nel corso dell’infezione. La misura di questi anticorpi nel sangue può pertanto essere d’aiuto nella diagnosi e solitamente fornisce al medico informazioni riguardanti lo stadio dell’infezione, ossia se si tratti di un’infezione in corso, recente o passata.

The Epstein-Barr virus (EBV) usually causes an illness characterized by fairly mild symptoms. This test detects the presence of antibodies directed against EBV in the blood, to help diagnose the infection.The Epstein-Barr virus causes a very common infection. According to the Centers for Disease Control and Prevention (CDC), approximately 95% of people over the age of 40 have been infected with EBV in their lifetime. The virus is highly contagious and is easily transmitted from person to person. It is found in the saliva of infected individuals and can be spread through close contact, such as kissing or sharing dishes and cups.The incubation period, the period of time between exposure to the virus and the development of symptoms, lasts a few weeks. During acute primary infection, the virus multiplies; when the symptoms disappear, the viral load decreases, but the virus is not completely eradicated, remaining in the body in a state of latency. The latent EBV virus remains within the body of the infected person for the rest of his life and, sometimes, can reactivate, however, causing significant problems only in the case of particular compromise of the immune system.Most people come into contact with EBV during childhood, often asymptomatic or with only a few flu-like symptoms. During adolescence, however, the virus can lead to the onset of mononucleosis, a disease characterized by a sense of fatigue, fever, sore throat, swollen lymph nodes, splenomegaly (increase in the volume of the spleen) and, sometimes, hepatomegaly (increase in liver volume). These symptoms occur in approximately 25% of EBV-infected adolescents and young adults and typically resolve within one to two months.People suffering from mononucleosis usually receive a clinical diagnosis (based on the signs and symptoms present) supported by the results of the blood count and the monotest (which detects the presence of heterophile antibodies). However, in approximately 25% of cases, the monotest provides a negative result despite the presence of EBV infection, due to the lack of production of heterophile antibodies. This mostly occurs in children. The test for the detection of anti-EBV antibodies allows you to verify whether or not the symptoms of these people are associated with the presence of the EBV virus or are attributable to another cause.The EBV virus is responsible for mononucleosis. However, there are other pathogens capable of developing diseases with similar symptoms, such as cytomegalovirus, hepatitis A, B or C viruses, rubella virus and toxoplasma. Sometimes the differential diagnosis between EBV infection and other pathologies is very important. For example, in pregnant women, the test can help distinguish a primary EBV infection, which has no effect on the development of the baby, from cytomegalovirus (CMV), herpes simplex virus infection, or toxoplasmosis, which instead they can create complications during pregnancy and can damage the fetus.The exclusion of the presence of an EBV infection can also be important for the correct therapeutic approach of some conditions. For example, the definition of the etiological agent of some symptoms similar to those present in mononucleosis, such as those due to the presence of group A beta-hemolytic Streptococcus responsible for streptococcal pharyngotonsillitis, allows antibiotic treatment to proceed (ineffective however in the case of infections viral and therefore also EBV).Many tests are available that can detect different types and classes of antibodies directed against EBV. Antibodies are proteins produced by the body during the immune response, capable of recognizing different antigens of the Epstein-Barr virus. During primary EBV infection, the concentration of these antibodies progressively increases and decreases over the course of the infection. The measurement of these antibodies in the blood can therefore aid in diagnosis and usually provides the doctor with information regarding the stage of the infection, i.e. whether it is a current, recent or past infection.

ELETTROFORESI Hb

Il test, basato sulla separazione cromatografica ad alta pressione (HPLC), permette di individuare e di quantificare le varianti fisiologiche dell’emoglobina e le emoglobine atipiche. Le principali varianti fisiologiche dell’emoglobina A1 (Hb-A1) sono l’emoglobina fetale (Hb-F, presente solo in tracce nell’adulto) e l’emoglobina A2 (Hb-A2, normalmente inferiore al 2.5 % dell’emoglobina totale). Le principali emoglobine atipiche sono l’emoglobina S (Hb-S) e l’emoglobina C (Hb-C).

The test, based on high pressure chromatographic separation (HPLC), allows the identification and quantification of physiological variants of hemoglobin and atypical hemoglobins. The main physiological variants of hemoglobin A1 (Hb-A1) are fetal hemoglobin (Hb-F, present only in traces in adults) and hemoglobin A2 (Hb-A2, normally less than 2.5% of total hemoglobin ). The main atypical hemoglobins are hemoglobin S (Hb-S) and hemoglobin C (Hb-C).

ELETTROFORESI PROTEINE

Le proteine sono costituenti importanti di tutte le cellule e i tessuti. Hanno funzione strutturale all’interno della maggior parte degli organi, oltre a costituire gli enzimi ed alcuni ormoni che regolano le funzioni dell’organismo. L’elettroforesi delle proteine è un metodo che consente di separare le proteine sulla base della loro massa e carica elettrica. Conoscere quali proteine sono presenti, assenti, elevate o diminuite nei liquidi biologici può contribuire a diagnosticare e/o monitorare varie patologie e condizioni.I liquidi biologici, quali sangue, urina e liquido cefalorachidiano, contengono molte proteine differenti che hanno diverse funzioni, comprese il trasporto di nutrienti, la rimozione delle tossine e il controllo dei processi metabolici.Le due principali classi di proteine sono:

  • L’albumina, prodotta dal fegato, rappresenta circa il 60% delle proteine nel sangue.
  • Le globuline, un gruppo eterogeneo di proteine, sono prodotte dal fegato ad eccezione degli anticorpi e delle proteine del complemento.

Quando le proteine prelevate da un liquido biologico vengono separate mediante elettroforesi, formano un modello caratteristico di “bande di migrazione” di diversa ampiezza e intensità, che riflette la tipologia e la quantità di proteine presenti. Questo modello si divide in sei frazioni, chiamate prealbumina (raramente rilevata nell’elettroforesi su siero o urinaria), albumina, alfa 1, alfa 2, beta e gamma. In alcuni casi, la frazione beta si divide ulteriormente in beta 1 e beta 2.Ciascuno di questi gruppi proteici (frazioni elettroforetiche) è distinto e possiede concentrazioni specifiche. L’elettroforesi delle proteine orienta verso la diagnosi di varie patologie, ognuna delle quali associata ad un modello di bande caratteristico. La maggior parte delle proteine plasmatiche e la loro funzione è tabulata nella propria frazione elettroforetica (la banda a cui appartiene) in un tabella dal titolo Gruppi di Proteine.Le patologie e le condizioni associate all’alterata produzione o perdita delle proteine  causano variazioni nel modello delle bande rilevate sull’elettroforesi proteica. L’esempio più importante è la comparsa di una banda monoclonale ben visibile nella regione gamma (la frazione in cui migrano le immunoglobuline). Infatti, la crescita e la divisione cellulare incontrollata delle plasmacellule maligne nel corso del mieloma multiplo implicano la produzione di quantità elevate di un singolo tipo di immunoglobuline (immunoglobulina monoclonale), rilevate sul tracciato elettroforetico sotto forma di un picco visibile nella regione gamma. Quando viene rilevata la presenza di una proteina anomala (banda o picco), occorre effettuare ulteriori test per identificarne il tipo (immunotipizzazione).  L’ Immunofissazione (o immunoelettroforesi) e l’ immunosottrazione possono essere utilizzate per identificare le bande anomale rilevate sull’elettroforesi proteica, tipicamente nella regione gamma, al fine di determinare se un tipo di anticorpo (immunoglobulina) viene prodotto in modo anomalo (ad esempio, IgG, IgA, IgM).Nella maggior parte dei casi di mieloma multiplo, vengono prodotte quantità eccessive di un singolo tipo di immunoglobulina intera (intatta). Più raramente, le plasmacellule producono in eccesso solo parti di immunoglobuline, note come “catene leggere libere”, che vengono rilasciate nel sangue: essendo molecole molte piccole, passano il filtro renale e vengono eliminate con le urine. Le catene leggere in eccesso nell’urina vengono definite “proteine di Bence Jones”.

Proteins are important constituents of all cells and tissues. They have a structural function within most organs, as well as constituting the enzymes and some hormones that regulate the functions of the organism. Protein electrophoresis is a method that allows proteins to be separated based on their mass and electrical charge. Knowing which proteins are present, absent, elevated or decreased in biological fluids can help diagnose and/or monitor various diseases and conditions. Biological fluids, such as blood, urine and cerebrospinal fluid, contain many different proteins that have different functions, including the transport of nutrients, the removal of toxins and the control of metabolic processes. The two main classes of proteins are: Albumin, produced by the liver, represents approximately 60% of the proteins in the blood. Globulins, a diverse group of proteins, are produced by the liver with the exception of antibodies and complement proteins. When proteins taken from a biological fluid are separated by electrophoresis, they form a characteristic pattern of “migration bands” of different width and intensity, which reflects the type and quantity of proteins present. This pattern is divided into six fractions, called prealbumin (rarely detected in serum or urine electrophoresis), albumin, alpha 1, alpha 2, beta, and gamma. In some cases, the beta fraction further divides into beta 1 and beta 2. Each of these protein groups (electrophoretic moieties) is distinct and has specific concentrations. Protein electrophoresis orients towards the diagnosis of various pathologies, each of which is associated with a characteristic band pattern. Most plasma proteins and their function are tabulated in their electrophoretic fraction (the band to which they belong) in a table entitled. Protein Groups. Pathologies and conditions associated with impaired protein production or loss cause changes in the pattern of bands detected on protein electrophoresis. The most important example is the appearance of a clearly visible monoclonal band in the gamma region (the fraction into which immunoglobulins migrate). In fact, the growth and uncontrolled cell division of malignant plasma cells during multiple myeloma involve the production of high quantities of a single type of immunoglobulin (monoclonal immunoglobulin), detected on the electrophoretic trace in the form of a visible peak in the gamma region. When the presence of an abnormal protein (band or peak) is detected, further tests must be carried out to identify its type (immunotyping). Immunofixation (or immunoelectrophoresis) and immunosubtraction can be used to identify abnormal bands detected on protein electrophoresis, typically in the gamma region, in order to determine whether a type of antibody (immunoglobulin) is being produced abnormally (e.g. , IgG, IgA, IgM). In most cases of multiple myeloma, excessive amounts of a single type of whole (intact) immunoglobulin are produced. More rarely, plasma cells produce in excess only parts of immunoglobulins, known as “free light chains”, which are released into the blood: being very small molecules, they pass the renal filter and are eliminated in the urine. Excess light chains in urine are called “Bence Jones proteins”

EMATOCRITO

L’ematocrito è un esame che misura la proporzione dei globuli rossi (RBC) nel sangue. Questa misura dipende dalla dimensione e dal numero dei RBC nel campione di sangue analizzato. L’aumento dell’ematocrito comporta un aumento della viscosità del sangue. L’ematocrito è espresso come il rapporto tra il volume occupato dai RBC e quello occupato dall’insieme delle varie componenti, definito sangue intero. Il sangue contiene tre tipi di cellule sospese in un fluido chiamato plasma: i globuli bianchi (WBC), i globuli rossi (RBC) e le piastrine (PLT). Il valore dell’ematocrito è espresso in percentuale o in frazione (L/L): ad esempio, se il valore dell’ematocrito è pari al 40%, significa che sono presenti 40 mL di RBC in 100 mL di sangue intero.L’ematocrito è un esame semplice e veloce per valutare i globuli rossi e controllare patologie come l’anemia. Viene di norma eseguito insieme al test dell’emoglobina come parte dell’esame emocromocitometrico completo (CBC), un test che valuta le cellule circolanti nel sangue e che viene utilizzato spesso nella valutazione generale delle condizioni di salute dei pazienti.L’ematocrito riflette sia il numero di globuli rossi che il loro volume (volume corpuscolare medio o MCV): se il numero e/o il volume dei RBC diminuisce, diminuisce anche l’ematocrito e viceversa. In generale, l’ematocrito aumenta all’aumentare del numero di RBC e scende al di sotto dei livelli normali quando i RBC diminuiscono.I RBC sono prodotti nel midollo osseo e, dopo aver raggiunto la maturità, vengono rilasciati nel flusso sanguigno. Compongono approssimativamente il 37-49% del volume del sangue. I RBC contengono l’emoglobina, una proteina capace di legare l’ossigeno: la loro funzione principale è infatti quella di trasportare l’ossigeno dai polmoni verso tutti i tessuti e gli organi. Inoltre, trasportano una piccola porzione di anidride carbonica, un prodotto del metabolismo cellulare, dai tessuti e gli organi verso i polmoni, dove è espirata.La vita media dei RBC è di 120 giorni, pertanto il midollo osseo deve produrli continuamente per rimpiazzare quelli invecchiati, danneggiati o perduti durante il sanguinamento. Esistono varie patologie che colpiscono i RBC : alcune influenzano la loro produzione da parte del midollo osseo, altre la loro vita media in circolo. Il numero totale dei RBC e l’ematocrito possono diminuire, dando luogo ad anemia, nelle seguenti condizioni: aumento della distruzione dei RBC (emolisi), perdita dei RBC a seguito di un sanguinamento e/o diminuita produzione da parte del midollo osseo.In caso di anemia, l’organismo non è in grado di trasportare abbastanza ossigeno verso i tessuti e gli organi, causando affaticamento e stanchezza. Nel pazienti con policitemia invece sono prodotti troppi RBC (determinando l’aumento dell’ematocrito) e il sangue può diventare viscoso, causando un rallentamento nel flusso sanguigno e problematiche ad esso correlate.

Hematocrit is a test that measures the proportion of red blood cells (RBCs) in the blood. This measurement depends on the size and number of RBCs in the analyzed blood sample. The increase in hematocrit leads to an increase in blood viscosity. Hematocrit is expressed as the ratio between the volume occupied by RBCs and that occupied by all the various components, defined as whole blood. Blood contains three types of cells suspended in a fluid called plasma: white blood cells (WBC), red blood cells (RBC), and platelets (PLT). The hematocrit value is expressed as a percentage or fraction (L/L): for example, if the hematocrit value is 40%, it means that there are 40 mL of RBCs in 100 mL of whole blood.The hematocrit is a simple and quick test to evaluate red blood cells and check for diseases such as anemia. It is usually performed together with the hemoglobin test as part of the complete blood count (CBC), a test that evaluates the cells circulating in the blood and is often used in the general evaluation of patients’ health conditions.The hematocrit reflects both the number of red blood cells and their volume (mean corpuscular volume or MCV): if the number and/or volume of RBCs decreases, the hematocrit also decreases and vice versa. In general, hematocrit increases as the number of RBCs increases and falls below normal levels as RBCs decrease.RBCs are produced in the bone marrow and, after reaching maturity, are released into the bloodstream. They make up approximately 37-49% of the blood volume. RBCs contain hemoglobin, a protein capable of binding oxygen: their main function is in fact to transport oxygen from the lungs to all tissues and organs. They also carry a small portion of carbon dioxide, a product of cellular metabolism, from tissues and organs to the lungs, where it is exhaled.The average lifespan of RBCs is 120 days, so the bone marrow must continually produce them to replace those that are aged, damaged or lost during bleeding. There are various pathologies that affect RBCs: some influence their production by the bone marrow, others their average lifespan in circulation. The total number of RBCs and hematocrit may decrease, resulting in anemia, under the following conditions: increased destruction of RBCs (haemolysis), loss of RBCs due to bleeding and/or decreased production by the bone marrow.In case of anemia, the body is unable to transport enough oxygen to the tissues and organs, causing fatigue and tiredness. In patients with polycythemia, however, too many RBCs are produced (resulting in an increase in hematocrit) and the blood can become viscous, causing a slowdown in blood flow and related problems.

EMOCROMOCITOMETRICO ESAME

L’esame emocromocitometrico (CBC) è un test che valuta le cellule circolanti nel sangue. Il sangue contiene tre tipi di cellule sospese in un fluido chiamato plasma: i globuli bianchi (WBC), i globuli rossi (RBC) e le piastrine (PLT). Queste cellule sono prodotte e maturano principalmente nel midollo osseo e, in circostanze normali, sono rilasciate nel circolo sanguigno quando necessario.L’emocromo, oltre a determinare lo stato di salute generale del paziente, rileva la presenza di numerose patologie e condizioni, quali infezioni, anemia e leucemia.I tre tipi di cellule valutati nell’emocromo includono:Globuli bianchiI globuli bianchi del sangue (WBC), chiamati anche leucociti, sono cellule che circolano nel sangue, nel sistema linfatico e nei tessuti; svolgono un ruolo importante nella difesa dell’organismo contro le infezioni, oltre che nelle infiammazioni e nelle reazioni allergiche. Esistono cinque tipi di WBC, ognuno con una funzione differente:

  • Neutrofili; rappresentano i leucociti più abbondanti nel sangue; vengono prodotti nel midollo osseo in risposta a diverse malattie infiammatorie e infettive
  • Linfociti; i linfociti B ed i linfociti T sono localizzati principalmente nel sistema linfatico ed espletano una funzione di difesa contro batteri ed altri agenti patogeni nel sangue
  • Monociti; agiscono congiuntamente ai neutrofili per combattere le infezioni ed altre patologie rimuovendo le cellule morte e danneggiate
  • Eosinofili; attivati in corso di reazioni allergiche ed infezioni parassitarie
  • Basofili; sono coinvolti nell’identificazione precoce delle infezioni, nel processo di guarigione e nelle reazioni allergiche.

I WBC sono presenti nel sangue in un numero relativamente costante, che può temporaneamente aumentare o diminuire in relazione a cosa accade nell’organismo. Ad esempio, un’infezione può stimolare l’organismo a produrre un numero alto di neutrofili per combattere le infezioni batteriche. Durante le allergie invece può aumentare il numero degli eosinofili e durante le infezioni virali quello dei linfociti. In alcune patologie, come la leucemia, si altera rapidamente la produzione di globuli bianchi anomali (immaturi o maturi), con il conseguente aumento o riduzione della conta dei WBC.Globuli rossiI globuli rossi, anche chiamati eritrociti, sono prodotti nel midollo osseo e rilasciati nel circolo sanguigno quando diventano maturi. I RBC contengono l’emoglobina, una proteina che trasporta ossigeno dai polmoni ai tessuti e agli organi. Solitamente la vita media dei globuli rossi è di circa 120 giorni, pertanto il midollo osseo deve continuamente produrre nuovi RBC per rimpiazzare quelli invecchiati, degradati o perduti col sanguinamento. Varie patologie possono colpire la produzione dei nuovi RBC e/o la loro vita media, insieme a quelle che danno luogo a sanguinamenti significativi.I RBC di solito sono uniformi con variazioni minime di forma e grandezza; d’altra parte, variazioni significative possono verificarsi durante condizioni patologiche come la carenza di vitamina B12 e folati, la carenza di ferro, e altre. Se il numero di RBC normali è insufficiente, il paziente è anemico e può mostrare sintomi come stanchezza e affaticamento. Varie patologie possono causare anemia, pertanto, occorre eseguire ulteriori test per determinarne la causa. Per maggiori informazioni a riguardo, consultare gli articoli su Conta dei globuli rossi, Emoglobina ed Ematocrito.PiastrineLe piastrine, anche chiamate trombociti, sono speciali frammenti di cellule che svolgono un ruolo importante nella coagulazione. Quando il/i tessuto/i dell’organismo o le pareti dei vasi sanguigni vengono danneggiati, si verifica il sanguinamento, che le piastrine contribuiscono a fermare aderendo tra loro e aggregandosi nel sito della ferita. Inoltre, rilasciano fattori chimici che stimolano ulteriormente l’aggregazione di altre piastrine e contribuiscono alla formazione del coagulo, che si avvolge intorno al sito del danno stabilizzandolo finché il danno non è risolto.Pazienti affetti da condizioni e patologie che causano diminuzione della conta piastrina (trombocitopenia) possono avere un rischio aumentato di eccessivo sanguinamento o formazione di ecchimosi. L’aumento del numero di piastrine (trombocitosi) può invece determinare ipercoagulabilità. Per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo sulle Piastrine.

Quali sono i parametri inclusi nell’emocromo?

L’emocromo è di solito eseguito utilizzando strumenti automatizzati che misurano vari parametri, inclusa la conta delle cellule e un’indicazione sulle caratteristiche qualitative e funzionali delle cellule. Un emocromo standard include:Valutazione dei globuli rossi (RBC):

  • Conta dei RBC, è la conta del numero di globuli rossi nel sangue al momento del prelievo
  • Emoglobina (Hb), misura la quantità di proteina che trasporta l’ossigeno nel sangue; generalmente riflette il numero di RBC nel sangue.
  • Ematocrito (Hct), misura la percentuale di sangue occupata dai globuli rossi
  • Indici dei RBC, sono calcoli che forniscono informazioni sulle caratteristiche fisiche dei RBC:
  • volume medio dei RBC (MCV), è la misura della grandezza media dei RBC.
  • quantità media di emoglobina per singolo RBC (MCH), è il calcolo della quantità media di emoglobina dentro i globuli rossi.
  • concentrazione media di emoglobina nei RBC (MCHC), è il calcolo della concentrazione media di emoglobina dentro i globuli rossi.
  • ampiezza della distribuzione delle dimensioni dei RBC (RDW), rappresenta una misura dell’ampiezza delle variazioni di grandezza dei RBC.
  • L’emocromo può includere o meno la conta dei reticolociti, che è la misura della conta assoluta o della percentuale dei globuli rossi giovani nel sangue.

Valutazione dei globuli bianchi (WBC):

  • Conta dei WBC, è la conta del numero totale di globuli bianchi nel sangue al momento del prelievo.
  • Conta differenziale dei WBC (formula leucocitaria), può essere inclusa o meno nell’emocromo o essere eseguita come esame di follow-up in pazienti con conta dei WBC alta o bassa. Identifica e rileva il numero dei vari tipi di globuli bianchi presenti (neutrofili, linfociti, monociti, eosinofili e basofili), le cui conte possono essere riportate come valori assoluti e/o come percentuale del totale.

Valutazione delle piastrine (PLT):

  • Conta delle piastrine, è il numero di piastrine nel sangue del paziente.
  • Volume piastrinico medio (MPV), può essere riportato nell’emocromo. È il calcolo della dimensione media delle piastrine.
  • Ampiezza della distribuzione delle dimensioni piastriniche (PDW), può inoltre essere riportata con l’emocromo. Misura la variazione della dimensione delle piastrine.

Anomalie significative di una o più popolazioni di cellule del sangue possono indicare la presenza di una o più patologie. Di solito vengono eseguiti altri test come supporto nel determinare la causa di risultati anomali. Spesso, ciò richiede l’esame visivo dello striscio di sangue al microscopio. Il laboratorista esperto può valutare l’aspetto e le caratteristiche morfologiche qualitative delle cellule del sangue (come la grandezza, la forma e il colore) e rilevare le eventuali anomalie presenti. Le informazioni aggiuntive clinicamente utili rilevate a seguito dell’osservazione microscopica sono riportate sul referto di norma come note/commenti per il curante, perché abbia ulteriori indicazioni sulla causa del risultato anomalo dell’emocromo.

The complete blood count (CBC) is a test that evaluates the cells circulating in the blood. Blood contains three types of cells suspended in a fluid called plasma: white blood cells (WBC), red blood cells (RBC), and platelets (PLT). These cells are produced and mature primarily in the bone marrow and, under normal circumstances, are released into the bloodstream when needed.The blood count, in addition to determining the patient’s general state of health, detects the presence of numerous pathologies and conditions, such as infections, anemia and leukemia.The three cell types evaluated in the complete blood count include: White blood cellsWhite blood cells (WBCs), also called leukocytes, are cells that circulate in the blood, lymphatic system and tissues; they play an important role in the body’s defense against infections, as well as in inflammation and allergic reactions. There are five types of WBC, each with a different function:Neutrophils; they represent the most abundant leukocytes in the blood; they are produced in the bone marrow in response to various inflammatory and infectious diseasesLymphocytes; B lymphocytes and T lymphocytes are mainly located in the lymphatic system and perform a defense function against bacteria and other pathogens in the bloodMonocytes; they work together with neutrophils to fight infections and other pathologies by removing dead and damaged cellsEosinophils; activated during allergic reactions and parasitic infectionsBasophils; they are involved in the early identification of infections, the healing process and allergic reactions.WBCs are present in the blood in a relatively constant number, which can temporarily increase or decrease depending on what is happening in the body. For example, an infection can stimulate the body to produce high numbers of neutrophils to fight bacterial infections. During allergies, however, the number of eosinophils can increase and during viral infections the number of lymphocytes. In some pathologies, such as leukemia, the production of abnormal white blood cells (immature or mature) is rapidly altered, resulting in an increase or reduction in the WBC count.Red blood cellsRed blood cells, also called erythrocytes, are produced in the bone marrow and released into the bloodstream when they become mature. RBCs contain hemoglobin, a protein that carries oxygen from the lungs to tissues and organs. Usually the average lifespan of red blood cells is around 120 days, therefore the bone marrow must continually produce new RBCs to replace those that are aged, degraded or lost through bleeding. Various pathologies can affect the production of new RBCs and/or their average lifespan, together with those that give rise to significant bleeding.RBCs are usually uniform with minimal variation in shape and size; on the other hand, significant variations can occur during pathological conditions such as vitamin B12 and folate deficiency, iron deficiency, and others. If the number of normal RBCs is insufficient, the patient is anemic and may show symptoms such as tiredness and fatigue. Various conditions can cause anemia, so further tests should be performed to determine the cause. For more information about this, see the articles on Red blood cell count, Hemoglobin and Hematocrit.PlateletsPlatelets, also called thrombocytes, are special cell fragments that play an important role in clotting. When the body’s tissue(s) or blood vessel walls are damaged, bleeding occurs, which platelets help stop by sticking together and clumping together at the site of the wound. Furthermore, they release chemical factors that further stimulate the aggregation of other platelets and contribute to the formation of the clot, which wraps around the site of damage, stabilizing it until the damage is resolved.Patients with conditions and diseases that cause low platelet counts (thrombocytopenia) may have an increased risk of excessive bleeding or bruising. The increase in the number of platelets (thrombocytosis) can instead cause hypercoagulability. For more information on this, see the article on Platelets.What parameters are included in the blood count?The complete blood count is usually performed using automated instruments that measure various parameters, including cell count and an indication of the qualitative and functional characteristics of the cells. A standard blood count includes:Evaluation of red blood cells (RBCs):RBC count is the count of the number of red blood cells in the blood at the time of samplingHemoglobin (Hb), measures the amount of protein that transports oxygen in the blood; generally reflects the number of RBCs in the blood.Hematocrit (Hct), measures the percentage of blood oc

EMOGLOBINA

L’ematocrito è un esame che misura la proporzione dei globuli rossi (RBC) nel sangue. Questa misura dipende dalla dimensione e dal numero dei RBC nel campione di sangue analizzato. L’aumento dell’ematocrito comporta un aumento della viscosità del sangue. L’ematocrito è espresso come il rapporto tra il volume occupato dai RBC e quello occupato dall’insieme delle varie componenti, definito sangue intero. Il sangue contiene tre tipi di cellule sospese in un fluido chiamato plasma: i globuli bianchi (WBC), i globuli rossi (RBC) e le piastrine (PLT). Il valore dell’ematocrito è espresso in percentuale o in frazione (L/L): ad esempio, se il valore dell’ematocrito è pari al 40%, significa che sono presenti 40 mL di RBC in 100 mL di sangue intero.L’ematocrito è un esame semplice e veloce per valutare i globuli rossi e controllare patologie come l’anemia. Viene di norma eseguito insieme al test dell’emoglobina come parte dell’esame emocromocitometrico completo (CBC), un test che valuta le cellule circolanti nel sangue e che viene utilizzato spesso nella valutazione generale delle condizioni di salute dei pazienti.L’ematocrito riflette sia il numero di globuli rossi che il loro volume (volume corpuscolare medio o MCV): se il numero e/o il volume dei RBC diminuisce, diminuisce anche l’ematocrito e viceversa. In generale, l’ematocrito aumenta all’aumentare del numero di RBC e scende al di sotto dei livelli normali quando i RBC diminuiscono.I RBC sono prodotti nel midollo osseo e, dopo aver raggiunto la maturità, vengono rilasciati nel flusso sanguigno. Compongono approssimativamente il 37-49% del volume del sangue. I RBC contengono l’emoglobina, una proteina capace di legare l’ossigeno: la loro funzione principale è infatti quella di trasportare l’ossigeno dai polmoni verso tutti i tessuti e gli organi. Inoltre, trasportano una piccola porzione di anidride carbonica, un prodotto del metabolismo cellulare, dai tessuti e gli organi verso i polmoni, dove è espirata.La vita media dei RBC è di 120 giorni, pertanto il midollo osseo deve produrli continuamente per rimpiazzare quelli invecchiati, danneggiati o perduti durante il sanguinamento. Esistono varie patologie che colpiscono i RBC : alcune influenzano la loro produzione da parte del midollo osseo, altre la loro vita media in circolo. Il numero totale dei RBC e l’ematocrito possono diminuire, dando luogo ad anemia, nelle seguenti condizioni: aumento della distruzione dei RBC (emolisi), perdita dei RBC a seguito di un sanguinamento e/o diminuita produzione da parte del midollo osseo.In caso di anemia, l’organismo non è in grado di trasportare abbastanza ossigeno verso i tessuti e gli organi, causando affaticamento e stanchezza. Nel pazienti con policitemia invece sono prodotti troppi RBC (determinando l’aumento dell’ematocrito) e il sangue può diventare viscoso, causando un rallentamento nel flusso sanguigno e problematiche ad esso correlate.

Hematocrit is a test that measures the proportion of red blood cells (RBCs) in the blood. This measurement depends on the size and number of RBCs in the analyzed blood sample. The increase in hematocrit leads to an increase in blood viscosity. Hematocrit is expressed as the ratio between the volume occupied by RBCs and that occupied by all the various components, defined as whole blood. Blood contains three types of cells suspended in a fluid called plasma: white blood cells (WBC), red blood cells (RBC), and platelets (PLT). The hematocrit value is expressed as a percentage or fraction (L/L): for example, if the hematocrit value is 40%, it means that there are 40 mL of RBCs in 100 mL of whole blood.The hematocrit is a simple and quick test to evaluate red blood cells and check for diseases such as anemia. It is usually performed together with the hemoglobin test as part of the complete blood count (CBC), a test that evaluates the cells circulating in the blood and is often used in the general evaluation of patients’ health conditions.The hematocrit reflects both the number of red blood cells and their volume (mean corpuscular volume or MCV): if the number and/or volume of RBCs decreases, the hematocrit also decreases and vice versa. In general, hematocrit increases as the number of RBCs increases and falls below normal levels as RBCs decrease.RBCs are produced in the bone marrow and, after reaching maturity, are released into the bloodstream. They make up approximately 37-49% of the blood volume. RBCs contain hemoglobin, a protein capable of binding oxygen: their main function is in fact to transport oxygen from the lungs to all tissues and organs. They also carry a small portion of carbon dioxide, a product of cellular metabolism, from tissues and organs to the lungs, where it is exhaled.The average lifespan of RBCs is 120 days, so the bone marrow must continually produce them to replace those that are aged, damaged or lost during bleeding. There are various pathologies that affect RBCs: some influence their production by the bone marrow, others their average lifespan in circulation. The total number of RBCs and hematocrit may decrease, resulting in anemia, under the following conditions: increased destruction of RBCs (haemolysis), loss of RBCs due to bleeding and/or decreased production by the bone marrow.In case of anemia, the body is unable to transport enough oxygen to the tissues and organs, causing fatigue and tiredness. In patients with polycythemia, however, too many RBCs are produced (resulting in an increase in hematocrit) and the blood can become viscous, causing a slowdown in blood flow and related problems.

EMOGLOBINA GLICOSILATA (HbA1c)

Questo esame misura la concentrazione della emoglobina glicata A1c (HbA1c) nel sangue, un’emoglobina con attaccato il glucosio. La misura della percentuale di HbA1c consente di effettuare una stima della quantità di glucosio presente nel sangue (glicemia) negli ultimi 2-3 mesi.L’emoglobina è una proteina deputata al trasporto dell’ossigeno presente all’interno dei globuli rossi (RBC). Esistono vari tipi di emoglobina, ma la forma predominante, circa il 95-98%, è l’emoglobina A.Il glucosio è la principale fonte di energia delle cellule presenti nel nostro organismo. Durante la digestione i carboidrati assunti con il pasto vengono scomposti in glucosio, che entra nel circolo sanguigno aumentando la glicemia. Normalmente, in risposta a questo fenomeno, il pancreas rilascia nel sangue l’insulina, un ormone che contribuisce all’ingresso del glucosio nelle cellule dell’organismo, dove viene convertito in energia. Nel caso in cui l’organismo non sia in grado di produrre insulina (diabete di tipo 1) o vi sia una ridotta risposta delle cellule alla sua azione (diabete di tipo 2), la glicemia può aumentare fino a livelli pericolosi.Il glucosio, circolando nel sangue, in parte si lega spontaneamente all’emoglobina A. Le molecole di emoglobina legate al glucosio prendono il nome di emoglobine glicate. Più alta è la concentrazione di glucosio nel sangue, più emoglobina glicata si forma. Una volta che il glucosio si è legato all’emoglobina, vi rimane per tutta la vita del globulo rosso (120 giorni circa). La forma prevalente di emoglobina glicata è definita come HbA1c. L’HbA1c è prodotta quotidianamente ed è eliminata lentamente dal sangue man mano che i globuli rossi più vecchi muoiono, e vengono rimpiazzati da quelli più giovani che contengono pochissima emoglobina glicata.Secondo l’Amercan Diabetes Association (ADA), il test dell’HbA1c può essere usato, alternativamente ai criteri diagnostici basati sui livelli di glucosio (come il test di tolleranza al carico orale di glucosio [OGTT] e la misura della glicemia plasmatica a digiuno [FPG]), per lo screening o la diagnosi di diabete, o per valutare il rischio di svilupparlo.L’uso della misura dell’HbA1c è fortemente raccomandato per il monitoraggio dei pazienti diabetici per la verifica del controllo glicemico. A questo scopo, la percentuale di HbA1c ematica deve essere mantenuta a concentrazioni inferiori al 53 mmol/mol (7 %), tali da limitare le complicanze della patologia.Per il corretto controllo glicemico è importante che clinico e paziente collaborino strettamente.

This test measures the concentration of glycated hemoglobin A1c (HbA1c) in the blood, a hemoglobin with glucose attached. The measurement of the percentage of HbA1c allows you to estimate the amount of glucose present in the blood (glycaemia) in the last 2-3 months.Hemoglobin is a protein responsible for transporting oxygen present inside red blood cells (RBCs). There are various types of hemoglobin, but the predominant form, approximately 95-98%, is hemoglobin A.Glucose is the main source of energy for the cells in our body. During digestion, the carbohydrates taken with the meal are broken down into glucose, which enters the bloodstream, increasing blood sugar levels. Normally, in response to this phenomenon, the pancreas releases insulin into the blood, a hormone that contributes to the entry of glucose into the body’s cells, where it is converted into energy. If the body is unable to produce insulin (type 1 diabetes) or there is a reduced response of the cells to its action (type 2 diabetes), blood sugar levels can increase to dangerous levels.Glucose, circulating in the blood, partly spontaneously binds to hemoglobin A. The hemoglobin molecules bound to glucose are called glycated hemoglobins. The higher the concentration of glucose in the blood, the more glycated hemoglobin is formed. Once glucose is bound to hemoglobin, it remains there for the entire life of the red blood cell (approximately 120 days). The prevalent form of glycated hemoglobin is defined as HbA1c. HbA1c is produced daily and is slowly eliminated from the blood as older red blood cells die, and are replaced by younger ones that contain very little glycated hemoglobin.According to the American Diabetes Association (ADA), the HbA1c test can be used as an alternative to diagnostic criteria based on glucose levels (such as the oral glucose tolerance test [OGTT] and the measurement of fasting plasma glucose [FPG]), to screen for or diagnose diabetes, or to assess your risk of developing it.The use of HbA1c measurement is strongly recommended for monitoring diabetic patients for glycemic control. For this purpose, the percentage of HbA1c in the blood must be maintained at concentrations lower than 53 mmol/mol (7%), such as to limit the complications of the disease.For correct glycemic control it is important that the clinician and patient collaborate closely.

ENA (Extractable Nuclear Antigen)

Gli ENA (Extractable Nuclear Antigen) sono antigeni nucleari di natura proteica estratti dal nucleo cellulare. Nelle patologie su base autoimmunitaria vengono prodotti diversi tipi di anticorpi diretti contro queste proteine nucleari che non sono più riconosciute come proprie (perdita della tolleranza immunitaria). Gli anticorpi anti-Ena di più comune riscontro sono gli anti SM, SSA/Ro, SSB/La, RNP, SCL 70, Jo1. Le patologie autoimmuni cui sono associati comprendono: Lupus eritematoso sistemico (LES), Sclerodermia sistemica, dermatomiosite, sindrome di Sjogren (sindrome sicca), connettiviti miste.

ENAs (Extractable Nuclear Antigen) are nuclear antigens of a protein nature extracted from the cell nucleus. In autoimmune-based pathologies, different types of antibodies are produced directed against these nuclear proteins which are no longer recognized as their own (loss of immune tolerance). The most commonly encountered anti-Ena antibodies are anti SM, SSA/Ro, SSB/La, RNP, SCL 70, Jo1. The autoimmune pathologies with which they are associated include: Systemic lupus erythematosus (SLE), Systemic scleroderma, dermatomyositis, Sjogren’s syndrome (sicca syndrome), mixed connective tissue diseases.

ENA PROFILO (Anticorpi contro 6 antigeni)

Gli ENA (Extractable Nuclear Antigen) sono antigeni nucleari di natura proteica estratti dal nucleo cellulare. Nelle patologie su base autoimmunitaria vengono prodotti diversi tipi di anticorpi diretti contro queste proteine nucleari che non sono più riconosciute come proprie (perdita della tolleranza immunitaria). Gli anticorpi anti-Ena di più comune riscontro sono gli anti SM, SSA/Ro, SSB/La, RNP, SCL 70, Jo1. Le patologie autoimmuni cui sono associati comprendono: Lupus eritematoso sistemico (LES), Sclerodermia sistemica, dermatomiosite, sindrome di Sjogren (sindrome sicca), connettiviti miste.

ENAs (Extractable Nuclear Antigen) are nuclear antigens of a protein nature extracted from the cell nucleus. In autoimmune-based pathologies, different types of antibodies are produced directed against these nuclear proteins which are no longer recognized as their own (loss of immune tolerance). The most commonly encountered anti-Ena antibodies are anti SM, SSA/Ro, SSB/La, RNP, SCL 70, Jo1. The autoimmune pathologies with which they are associated include: Systemic lupus erythematosus (SLE), Systemic scleroderma, dermatomyositis, Sjogren’s syndrome (sicca syndrome), mixed connective tissue diseases.

ENDOMISIO (Anticorpi)

La celiachia è una malattia autoimmune caratterizzata da un’inappropriata risposta immunitaria al glutine, una proteina presente nel grano, nella segale e nell’orzo. Gli esami sierologici della celiachia sono utili nella diagnosi e nel monitoraggio della celiachia e di altri disturbi relativi all’intolleranza del glutine e rilevano gli autoanticorpi (prodotti come risposta immunitaria) nel sangue del soggetto affetto.La risposta immunitaria inappropriata causa infiammazione dell’intestino tenue con conseguente danneggiamento e distruzione dei villi che ricoprono il lume intestinale. I villi sono estroflessioni, ripiegamenti del tessuto verso l’esterno, che aumentano la superficie intestinale permettendo l’assorbimento di nutrienti, vitamine, minerali, fluidi ed elettroliti. Se una persona affetta da celiachia ingerisce il glutine, il suo sistema immunitario produce autoanticorpi diretti contro una parte costituente dei villi intestinali. Il danneggiamento e la distruzione dei villi, determinano il ridotto assorbimento di cibo: per questo motivo la persona affetta sviluppa sintomi associati alla malnutrizione e al malassorbimento.L’analisi di un frammento di tessuto prelevato con una biopsia dell’intestino tenue è tuttora considerata il “gold standard”, ovvero l’esame di conferma per la diagnosi di celiachia, ma la disponibilità di altri esami non invasivi ha ridotto il numero di biopsie richieste.

Celiac disease is an autoimmune disease characterized by an inappropriate immune response to gluten, a protein found in wheat, rye and barley. Celiac disease serological tests are useful in the diagnosis and monitoring of celiac disease and other disorders related to gluten intolerance and detect autoantibodies (produced as an immune response) in the affected person’s blood.The inappropriate immune response causes inflammation of the small intestine resulting in damage and destruction of the villi covering the intestinal lumen. The villi are extrusions, folds of the tissue towards the outside, which increase the intestinal surface allowing the absorption of nutrients, vitamins, minerals, fluids and electrolytes. If a person suffering from celiac disease ingests gluten, their immune system produces autoantibodies directed against a constituent part of the intestinal villi. The damage and destruction of the villi determine the reduced absorption of food: for this reason the affected person develops symptoms associated with malnutrition and malabsorption.The analysis of a fragment of tissue taken from a biopsy of the small intestine is still considered the “gold standard”, i.e. the confirmatory test for the diagnosis of celiac disease, but the availability of other non-invasive tests has reduced the number of biopsies required.

EPSTEIN BARR EA (Anticorpi Early)

Il virus di Epstein-Barr (EBV) è di solito la causa un malessere caratterizzato da sintomi abbastanza lievi. Questo esame rileva la presenza di anticorpi diretti contro l’EBV nel sangue, come supporto alla diagnosi dell’infezione.Il virus di Epstein-Barr causa un’infezione molto comune. Secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), circa il 95% delle persone di età superiore ai 40 anni è stata infettata da EBV nel corso della propria vita. Il virus è altamente contagioso e viene trasmesso facilmente da persona a persona. Esso si trova nella saliva degli individui infetti e può essere diffuso mediante un contatto stretto, come tramite un bacio o condividendo stoviglie e tazze.Il periodo d’incubazione, ossia il periodo di tempo tra l’esposizione al virus e lo sviluppo dei sintomi, dura alcune settimane. Durante l’infezione primaria acuta, il virus si moltiplica; alla scomparsa dei sintomi, la carica virale diminuisce, ma il virus non viene eradicato completamente, permanendo nell’organismo in uno stato di latenza. Il virus EBV latente rimane all’interno dell’organismo della persona infettata per il resto della sua vita e, talvolta, può riattivarsi causando però problemi significativi solo in caso di particolare compromissione del sistema immunitario.La maggior parte delle persone viene a contatto con EBV durante l’infanzia, spesso in maniera asintomatica o con solo pochi sintomi parainfluenzali. Durante l’adolescenza invece, il virus può comportare l’insorgenza di mononucleosi, una malattia caratterizzata da senso di fatica, febbre, mal di gola, ingrossamento dei linfonodi, splenomegalia (aumento del volume della milza) e, talvolta, epatomegalia (aumento del volume del fegato). Questi sintomi si manifestano in circa il 25% degli adolescenti infettati da EBV e nei giovani adulti e, in genere, si risolvono nel giro di uno o due mesi.Le persone affette da mononucleosi ricevono di solito una diagnosi di tipo clinico (sulla base dei segni e sintomi presenti) avvalorata dai risultati dell’esame emocromocitometrico e del monotest (che rileva la presenza di anticorpi eterofili). Tuttavia, in circa il 25% dei casi, il monotest fornisce un risultato negativo nonostante la presenza dell’infezione da EBV, a causa della mancata produzione degli anticorpi eterofili. Ciò si verifica perlopiù nei bambini. Il test per la ricerca degli anticorpi anti EBV consente di verificare se i sintomi di queste persone siano o no associati alla presenza del virus EBV o siano ascrivibili ad altra causa.Il virus EBV è responsabile della mononucleosi. Esistono tuttavia altri patogeni in grado di sviluppare malattie con sintomi analoghi, come il citomegalovirus, i virus dell’epatite A, B o C, il virus della rosolia e il toxoplasma. A volte la diagnosi differenziale tra l’infezione da EBV ed altre patologie è molto importante. Ad esempio, nelle donne in gravidanza, il test può aiutare a distinguere un’infezione primaria da EBV, che non ha alcun effetto sullo sviluppo del bambino, dall’infezione da citomegalovirus (CMV), da virus herpes simplex o dalla toxoplasmosi, che invece possono creare complicanze durante la gravidanza e possono danneggiare il feto.L’esclusione della presenza di un’infezione da EBV può inoltre essere importante per il corretto approccio terapeutico di alcune affezioni. Ad esempio, la definizione dell’agente eziologico di alcuni sintomi simili a quelli presenti nella mononucleosi, come quelli dovuti alla presenza dello Streptococco beta-emolitico di gruppo A responsabile della faringotonsillite streptococcica, consente di procedere al trattamento antibiotico (inefficace invece nel caso di infezioni virali e quindi anche di EBV).Sono disponibili molti test in grado di rilevare i differenti tipi e classi di anticorpi diretti contro EBV. Gli anticorpi sono proteine prodotte dall’organismo durante la risposta immunitaria, in grado di riconoscere diversi antigeni del virus Epstein-Barr. Durante l’infezione primaria da EBV, la concentrazione di questi anticorpi aumenta e diminuisce progressivamente nel corso dell’infezione. La misura di questi anticorpi nel sangue può pertanto essere d’aiuto nella diagnosi e solitamente fornisce al medico informazioni riguardanti lo stadio dell’infezione, ossia se si tratti di un’infezione in corso, recente o passata.

The Epstein-Barr virus (EBV) usually causes an illness characterized by fairly mild symptoms. This test detects the presence of antibodies directed against EBV in the blood, to help diagnose the infection.The Epstein-Barr virus causes a very common infection. According to the Centers for Disease Control and Prevention (CDC), approximately 95% of people over the age of 40 have been infected with EBV in their lifetime. The virus is highly contagious and is easily transmitted from person to person. It is found in the saliva of infected individuals and can be spread through close contact, such as kissing or sharing dishes and cups.The incubation period, the period of time between exposure to the virus and the development of symptoms, lasts a few weeks. During acute primary infection, the virus multiplies; when the symptoms disappear, the viral load decreases, but the virus is not completely eradicated, remaining in the body in a state of latency. The latent EBV virus remains within the body of the infected person for the rest of his life and, sometimes, can reactivate, however, causing significant problems only in the case of particular compromise of the immune system.Most people come into contact with EBV during childhood, often asymptomatic or with only a few flu-like symptoms. During adolescence, however, the virus can lead to the onset of mononucleosis, a disease characterized by a sense of fatigue, fever, sore throat, swollen lymph nodes, splenomegaly (increase in the volume of the spleen) and, sometimes, hepatomegaly (increase in liver volume). These symptoms occur in approximately 25% of EBV-infected adolescents and young adults and typically resolve within one to two months.People suffering from mononucleosis usually receive a clinical diagnosis (based on the signs and symptoms present) supported by the results of the blood count and the monotest (which detects the presence of heterophile antibodies). However, in approximately 25% of cases, the monotest provides a negative result despite the presence of EBV infection, due to the lack of production of heterophile antibodies. This mostly occurs in children. The test for the detection of anti-EBV antibodies allows you to verify whether or not the symptoms of these people are associated with the presence of the EBV virus or are attributable to another cause.The EBV virus is responsible for mononucleosis. However, there are other pathogens capable of developing diseases with similar symptoms, such as cytomegalovirus, hepatitis A, B or C viruses, rubella virus and toxoplasma. Sometimes the differential diagnosis between EBV infection and other pathologies is very important. For example, in pregnant women, the test can help distinguish a primary EBV infection, which has no effect on the development of the baby, from cytomegalovirus (CMV), herpes simplex virus infection, or toxoplasmosis, which instead they can create complications during pregnancy and can damage the fetus.The exclusion of the presence of an EBV infection can also be important for the correct therapeutic approach of some conditions. For example, the definition of the etiological agent of some symptoms similar to those present in mononucleosis, such as those due to the presence of group A beta-hemolytic Streptococcus responsible for streptococcal pharyngotonsillitis, allows antibiotic treatment to proceed (ineffective however in the case of infections viral and therefore also EBV).Many tests are available that can detect different types and classes of antibodies directed against EBV. Antibodies are proteins produced by the body during the immune response, capable of recognizing different antigens of the Epstein-Barr virus. During primary EBV infection, the concentration of these antibodies progressively increases and decreases over the course of the infection. The measurement of these antibodies in the blood can therefore aid in diagnosis and usually provides the doctor with information regarding the stage of the infection, i.e. whether it is a current, recent or past infection.

EPSTEIN BARR EBNA IgG (Anticorpi nucleari IgG)

Il virus di Epstein-Barr (EBV) è di solito la causa un malessere caratterizzato da sintomi abbastanza lievi. Questo esame rileva la presenza di anticorpi diretti contro l’EBV nel sangue, come supporto alla diagnosi dell’infezione.Il virus di Epstein-Barr causa un’infezione molto comune. Secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), circa il 95% delle persone di età superiore ai 40 anni è stata infettata da EBV nel corso della propria vita. Il virus è altamente contagioso e viene trasmesso facilmente da persona a persona. Esso si trova nella saliva degli individui infetti e può essere diffuso mediante un contatto stretto, come tramite un bacio o condividendo stoviglie e tazze.Il periodo d’incubazione, ossia il periodo di tempo tra l’esposizione al virus e lo sviluppo dei sintomi, dura alcune settimane. Durante l’infezione primaria acuta, il virus si moltiplica; alla scomparsa dei sintomi, la carica virale diminuisce, ma il virus non viene eradicato completamente, permanendo nell’organismo in uno stato di latenza. Il virus EBV latente rimane all’interno dell’organismo della persona infettata per il resto della sua vita e, talvolta, può riattivarsi causando però problemi significativi solo in caso di particolare compromissione del sistema immunitario.La maggior parte delle persone viene a contatto con EBV durante l’infanzia, spesso in maniera asintomatica o con solo pochi sintomi parainfluenzali. Durante l’adolescenza invece, il virus può comportare l’insorgenza di mononucleosi, una malattia caratterizzata da senso di fatica, febbre, mal di gola, ingrossamento dei linfonodi, splenomegalia (aumento del volume della milza) e, talvolta, epatomegalia (aumento del volume del fegato). Questi sintomi si manifestano in circa il 25% degli adolescenti infettati da EBV e nei giovani adulti e, in genere, si risolvono nel giro di uno o due mesi.Le persone affette da mononucleosi ricevono di solito una diagnosi di tipo clinico (sulla base dei segni e sintomi presenti) avvalorata dai risultati dell’esame emocromocitometrico e del monotest (che rileva la presenza di anticorpi eterofili). Tuttavia, in circa il 25% dei casi, il monotest fornisce un risultato negativo nonostante la presenza dell’infezione da EBV, a causa della mancata produzione degli anticorpi eterofili. Ciò si verifica perlopiù nei bambini. Il test per la ricerca degli anticorpi anti EBV consente di verificare se i sintomi di queste persone siano o no associati alla presenza del virus EBV o siano ascrivibili ad altra causa.Il virus EBV è responsabile della mononucleosi. Esistono tuttavia altri patogeni in grado di sviluppare malattie con sintomi analoghi, come il citomegalovirus, i virus dell’epatite A, B o C, il virus della rosolia e il toxoplasma. A volte la diagnosi differenziale tra l’infezione da EBV ed altre patologie è molto importante. Ad esempio, nelle donne in gravidanza, il test può aiutare a distinguere un’infezione primaria da EBV, che non ha alcun effetto sullo sviluppo del bambino, dall’infezione da citomegalovirus (CMV), da virus herpes simplex o dalla toxoplasmosi, che invece possono creare complicanze durante la gravidanza e possono danneggiare il feto.L’esclusione della presenza di un’infezione da EBV può inoltre essere importante per il corretto approccio terapeutico di alcune affezioni. Ad esempio, la definizione dell’agente eziologico di alcuni sintomi simili a quelli presenti nella mononucleosi, come quelli dovuti alla presenza dello Streptococco beta-emolitico di gruppo A responsabile della faringotonsillite streptococcica, consente di procedere al trattamento antibiotico (inefficace invece nel caso di infezioni virali e quindi anche di EBV).Sono disponibili molti test in grado di rilevare i differenti tipi e classi di anticorpi diretti contro EBV. Gli anticorpi sono proteine prodotte dall’organismo durante la risposta immunitaria, in grado di riconoscere diversi antigeni del virus Epstein-Barr. Durante l’infezione primaria da EBV, la concentrazione di questi anticorpi aumenta e diminuisce progressivamente nel corso dell’infezione. La misura di questi anticorpi nel sangue può pertanto essere d’aiuto nella diagnosi e solitamente fornisce al medico informazioni riguardanti lo stadio dell’infezione, ossia se si tratti di un’infezione in corso, recente o passata.

The Epstein-Barr virus (EBV) usually causes an illness characterized by fairly mild symptoms. This test detects the presence of antibodies directed against EBV in the blood, to help diagnose the infection.The Epstein-Barr virus causes a very common infection. According to the Centers for Disease Control and Prevention (CDC), approximately 95% of people over the age of 40 have been infected with EBV in their lifetime. The virus is highly contagious and is easily transmitted from person to person. It is found in the saliva of infected individuals and can be spread through close contact, such as kissing or sharing dishes and cups.The incubation period, the period of time between exposure to the virus and the development of symptoms, lasts a few weeks. During acute primary infection, the virus multiplies; when the symptoms disappear, the viral load decreases, but the virus is not completely eradicated, remaining in the body in a state of latency. The latent EBV virus remains within the body of the infected person for the rest of his life and, sometimes, can reactivate, however, causing significant problems only in the case of particular compromise of the immune system.Most people come into contact with EBV during childhood, often asymptomatic or with only a few flu-like symptoms. During adolescence, however, the virus can lead to the onset of mononucleosis, a disease characterized by a sense of fatigue, fever, sore throat, swollen lymph nodes, splenomegaly (increase in the volume of the spleen) and, sometimes, hepatomegaly (increase in liver volume). These symptoms occur in approximately 25% of EBV-infected adolescents and young adults and typically resolve within one to two months.People suffering from mononucleosis usually receive a clinical diagnosis (based on the signs and symptoms present) supported by the results of the blood count and the monotest (which detects the presence of heterophile antibodies). However, in approximately 25% of cases, the monotest provides a negative result despite the presence of EBV infection, due to the lack of production of heterophile antibodies. This mostly occurs in children. The test for the detection of anti-EBV antibodies allows you to verify whether or not the symptoms of these people are associated with the presence of the EBV virus or are attributable to another cause.The EBV virus is responsible for mononucleosis. However, there are other pathogens capable of developing diseases with similar symptoms, such as cytomegalovirus, hepatitis A, B or C viruses, rubella virus and toxoplasma. Sometimes the differential diagnosis between EBV infection and other pathologies is very important. For example, in pregnant women, the test can help distinguish a primary EBV infection, which has no effect on the development of the baby, from cytomegalovirus (CMV), herpes simplex virus infection, or toxoplasmosis, which instead they can create complications during pregnancy and can damage the fetus.The exclusion of the presence of an EBV infection can also be important for the correct therapeutic approach of some conditions. For example, the definition of the etiological agent of some symptoms similar to those present in mononucleosis, such as those due to the presence of group A beta-hemolytic Streptococcus responsible for streptococcal pharyngotonsillitis, allows antibiotic treatment to proceed (ineffective however in the case of infections viral and therefore also EBV).Many tests are available that can detect different types and classes of antibodies directed against EBV. Antibodies are proteins produced by the body during the immune response, capable of recognizing different antigens of the Epstein-Barr virus. During primary EBV infection, the concentration of these antibodies progressively increases and decreases over the course of the infection. The measurement of these antibodies in the blood can therefore aid in diagnosis and usually provides the doctor with information regarding the stage of the infection, i.e. whether it is a current, recent or past infection

EPSTEIN BARR VCA TOTALI (Anticorpi capsidici totali IgA/IgG)

Il virus di Epstein-Barr (EBV) è di solito la causa un malessere caratterizzato da sintomi abbastanza lievi. Questo esame rileva la presenza di anticorpi diretti contro l’EBV nel sangue, come supporto alla diagnosi dell’infezione.Il virus di Epstein-Barr causa un’infezione molto comune. Secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), circa il 95% delle persone di età superiore ai 40 anni è stata infettata da EBV nel corso della propria vita. Il virus è altamente contagioso e viene trasmesso facilmente da persona a persona. Esso si trova nella saliva degli individui infetti e può essere diffuso mediante un contatto stretto, come tramite un bacio o condividendo stoviglie e tazze.Il periodo d’incubazione, ossia il periodo di tempo tra l’esposizione al virus e lo sviluppo dei sintomi, dura alcune settimane. Durante l’infezione primaria acuta, il virus si moltiplica; alla scomparsa dei sintomi, la carica virale diminuisce, ma il virus non viene eradicato completamente, permanendo nell’organismo in uno stato di latenza. Il virus EBV latente rimane all’interno dell’organismo della persona infettata per il resto della sua vita e, talvolta, può riattivarsi causando però problemi significativi solo in caso di particolare compromissione del sistema immunitario.La maggior parte delle persone viene a contatto con EBV durante l’infanzia, spesso in maniera asintomatica o con solo pochi sintomi parainfluenzali. Durante l’adolescenza invece, il virus può comportare l’insorgenza di mononucleosi, una malattia caratterizzata da senso di fatica, febbre, mal di gola, ingrossamento dei linfonodi, splenomegalia (aumento del volume della milza) e, talvolta, epatomegalia (aumento del volume del fegato). Questi sintomi si manifestano in circa il 25% degli adolescenti infettati da EBV e nei giovani adulti e, in genere, si risolvono nel giro di uno o due mesi.Le persone affette da mononucleosi ricevono di solito una diagnosi di tipo clinico (sulla base dei segni e sintomi presenti) avvalorata dai risultati dell’esame emocromocitometrico e del monotest (che rileva la presenza di anticorpi eterofili). Tuttavia, in circa il 25% dei casi, il monotest fornisce un risultato negativo nonostante la presenza dell’infezione da EBV, a causa della mancata produzione degli anticorpi eterofili. Ciò si verifica perlopiù nei bambini. Il test per la ricerca degli anticorpi anti EBV consente di verificare se i sintomi di queste persone siano o no associati alla presenza del virus EBV o siano ascrivibili ad altra causa.Il virus EBV è responsabile della mononucleosi. Esistono tuttavia altri patogeni in grado di sviluppare malattie con sintomi analoghi, come il citomegalovirus, i virus dell’epatite A, B o C, il virus della rosolia e il toxoplasma. A volte la diagnosi differenziale tra l’infezione da EBV ed altre patologie è molto importante. Ad esempio, nelle donne in gravidanza, il test può aiutare a distinguere un’infezione primaria da EBV, che non ha alcun effetto sullo sviluppo del bambino, dall’infezione da citomegalovirus (CMV), da virus herpes simplex o dalla toxoplasmosi, che invece possono creare complicanze durante la gravidanza e possono danneggiare il feto.L’esclusione della presenza di un’infezione da EBV può inoltre essere importante per il corretto approccio terapeutico di alcune affezioni. Ad esempio, la definizione dell’agente eziologico di alcuni sintomi simili a quelli presenti nella mononucleosi, come quelli dovuti alla presenza dello Streptococco beta-emolitico di gruppo A responsabile della faringotonsillite streptococcica, consente di procedere al trattamento antibiotico (inefficace invece nel caso di infezioni virali e quindi anche di EBV).Sono disponibili molti test in grado di rilevare i differenti tipi e classi di anticorpi diretti contro EBV. Gli anticorpi sono proteine prodotte dall’organismo durante la risposta immunitaria, in grado di riconoscere diversi antigeni del virus Epstein-Barr. Durante l’infezione primaria da EBV, la concentrazione di questi anticorpi aumenta e diminuisce progressivamente nel corso dell’infezione. La misura di questi anticorpi nel sangue può pertanto essere d’aiuto nella diagnosi e solitamente fornisce al medico informazioni riguardanti lo stadio dell’infezione, ossia se si tratti di un’infezione in corso, recente o passata.

The Epstein-Barr virus (EBV) usually causes an illness characterized by fairly mild symptoms. This test detects the presence of antibodies directed against EBV in the blood, to help diagnose the infection.The Epstein-Barr virus causes a very common infection. According to the Centers for Disease Control and Prevention (CDC), approximately 95% of people over the age of 40 have been infected with EBV in their lifetime. The virus is highly contagious and is easily transmitted from person to person. It is found in the saliva of infected individuals and can be spread through close contact, such as kissing or sharing dishes and cups.The incubation period, the period of time between exposure to the virus and the development of symptoms, lasts a few weeks. During acute primary infection, the virus multiplies; when the symptoms disappear, the viral load decreases, but the virus is not completely eradicated, remaining in the body in a state of latency. The latent EBV virus remains within the body of the infected person for the rest of his life and, sometimes, can reactivate, however, causing significant problems only in the case of particular compromise of the immune system.Most people come into contact with EBV during childhood, often asymptomatic or with only a few flu-like symptoms. During adolescence, however, the virus can lead to the onset of mononucleosis, a disease characterized by a sense of fatigue, fever, sore throat, swollen lymph nodes, splenomegaly (increase in the volume of the spleen) and, sometimes, hepatomegaly (increase in liver volume). These symptoms occur in approximately 25% of EBV-infected adolescents and young adults and typically resolve within one to two months.People suffering from mononucleosis usually receive a clinical diagnosis (based on the signs and symptoms present) supported by the results of the blood count and the monotest (which detects the presence of heterophile antibodies). However, in approximately 25% of cases, the monotest provides a negative result despite the presence of EBV infection, due to the lack of production of heterophile antibodies. This mostly occurs in children. The test for the detection of anti-EBV antibodies allows you to verify whether or not the symptoms of these people are associated with the presence of the EBV virus or are attributable to another cause.The EBV virus is responsible for mononucleosis. However, there are other pathogens capable of developing diseases with similar symptoms, such as cytomegalovirus, hepatitis A, B or C viruses, rubella virus and toxoplasma. Sometimes the differential diagnosis between EBV infection and other pathologies is very important. For example, in pregnant women, the test can help distinguish a primary EBV infection, which has no effect on the development of the baby, from cytomegalovirus (CMV), herpes simplex virus infection, or toxoplasmosis, which instead they can create complications during pregnancy and can damage the fetus.The exclusion of the presence of an EBV infection can also be important for the correct therapeutic approach of some conditions. For example, the definition of the etiological agent of some symptoms similar to those present in mononucleosis, such as those due to the presence of group A beta-hemolytic Streptococcus responsible for streptococcal pharyngotonsillitis, allows antibiotic treatment to proceed (ineffective however in the case of infections viral and therefore also EBV).Many tests are available that can detect different types and classes of antibodies directed against EBV. Antibodies are proteins produced by the body during the immune response, capable of recognizing different antigens of the Epstein-Barr virus. During primary EBV infection, the concentration of these antibodies progressively increases and decreases over the course of the infection. The measurement of these antibodies in the blood can therefore aid in diagnosis and usually provides the doctor with information regarding the stage of the infection, i.e. whether it is a current, recent or past infection.

ESTRADIOLO (E2)- 17Beta Estadiolo

Gli estrogeni sono un gruppo di steroidi responsabili dello sviluppo e della funzionalità degli organi riproduttivi e della formazione dei caratteri secondari nelle donne. Insiemeall’ormone progesterone, aiutano a regolare il ciclo mestruale, sono coinvolti nella crescita del seno e dell’utero e aiutano a mantenere una gravidanza sana. Sebbene siano considerati gli ormoni femminili per eccellenza, essi sono presenti anche negli uomini e giocano un ruolo nel metabolismo osseo e nella crescita di entrambi i sessi. Il test degli estrogeni misura una delle tre componenti: estrone (E1), estradiolo (E2) o estriolo (E3) nel sangue o nell’urina:

  • Estrone (E1), viene convertito direttamente da androstenedione (dalle ghiandole surrenali) o indirettamente da altri androgeni. L’E1 può inoltre essere prodotto dalle ovaie, dalla placenta, dai testicoli e dal tessuto adiposo (grasso). E2 ed E1 possono anch’essi convertiti l’uno nell’altro e viceversa, al bisogno. L’E1 è l’estrogeno principale negli uomini e nelle donne dopo la menopausa.
  • Estradiolo (E2), è principalmente prodotto dalle ovaie nelle donne prima della menopausa sotto la stimolazione di FSH e LH, e dai testicoli degli uomini. E’ l’estrogeno più potente e quello che si presenta alla concentrazione più alta nelle donne non gravide e nelle donne prima della menopausa. La concentrazione di E2 può variare in relazione all’età della donna ed allo stato riproduttivo. E’ un buon marcatore di funzionalità ovarica.
  • Estriolo (E3) è prodotto dalla placenta, a concentrazioni progressivamente maggiori durante la gravidanza. Alti livelli di E3 in gravidanza correlano con il buon avanzamento della gravidanza e dello sviluppo del bambino. L’estriolo è parte dello screening del secondo trimestre di gravidanza, un test effettuato per valutare il rischio per il feto di essere affetto da un certo tipo di anomalie cromosomiche. Le donne non in gravidanza e gli uomini presentano livelli molto bassi di E3.

Estrogeni nelle donne  Il tipo e la concentrazione degli estrogeni normalmente presenti nel sangue delle donne variano nel corso della loro vita. La concentrazione varia anche durante ogni ciclo ovarico, durante la gravidanza e su base giornaliera (ritmo circadiano).  Alla nascita  L’estradiolo (E2) e l’estrone (E1) sono alti ma diminuiscono entro pochi giorni. La concentrazione è minima durante la prima infanzia.  Durante la pubertà  La concentrazione di E2 e di E1 inizia ad aumentare all’inizio della pubertà. Questi estrogeni sono responsabili dello sviluppo del seno, della crescita uterina e (insieme ad altri ormoni) dell’inizio e della regolazione delle mestruazioni. Una moderata concentrazione di E1 è presente dalla pubertà alla menopausa. Questa concentrazione varia durante il giorno ma è relativamente stabile.  Durante le mestruazioni  Il ciclo ovarico è lungo approssimativamente 28 giorni e consiste di due fasi, una fase follicolare (giorni 1-14) e una luteinica (giorni 15-28). Durante ogni ciclo, l’estradiolo (E2) e molti altri ormoni aumentano e diminuiscono normalmente secondo uno specifico andamento.  Durante la gravidanza  L’estriolo (E3) è il principale estrogeno presente durante la gravidanza. E’ prodotto dalla placenta, inizia ad aumentare nelle prime otto settimane di gestazione e continua ad alzarsi durante tutta la gravidanza. Un forte aumento di E3 avviene circa 4 settimane prima del parto. L’estriolo circolante nel sangue materno è rapidamente eliminato dall’organismo. Ogni misura dell’estriolo è un’istanteanea di ciò che accade alla placenta e al feto, anche se durante il giorno vi sono alcune variazioni.Anche l’E1 aumenta durante la gravidanza, di addirittura circa dieci volte tra la 24a e la 41a settimana. Dopo il parto, l’E1 diminuisce e l’E3 scende sotto la soglia di rilevabilità. Durante la menopausa L’estrone (E1) è l’estrogeno principalmente presente in menopausa. La concentrazione di E2 diminuisce significativamente al termine della produzione ovarica e si stabilizza ad una concentrazione bassa.

Estrogeni in uomini e ragazzi  Il tipo e la concentrazione di estrogeni normalmente presenti nel sangue degli uomini cambiano, ma la concentrazione e le variazioni delle stesse sono comunque molto inferiori rispetto a quelle presenti nelle donne.

Estrogens are a group of steroids responsible for the development and functionality of the reproductive organs and the formation of secondary characteristics in women. Togetherto the hormone progesterone, help regulate the menstrual cycle, are involved in the growth of the breast and uterus and help maintain a healthy pregnancy. Although they are considered the female hormones par excellence, they are also present in men and play a role in bone metabolism and growth in both sexes. The estrogen test measures one of three components: estrone (E1), estradiol (E2), or estriol (E3) in the blood or urine:Estrone (E1), is converted directly from androstenedione (by the adrenal glands) or indirectly from other androgens. E1 can also be produced by the ovaries, placenta, testes, and adipose (fat) tissue. E2 and E1 can also be converted into each other and vice versa, as needed. E1 is the primary estrogen in men and women after menopause.Estradiol (E2), is mainly produced by the ovaries in women before menopause under the stimulation of FSH and LH, and by the testes of men. It is the most potent estrogen and the one that occurs at the highest concentration in non-pregnant women and in women before menopause. The concentration of E2 can vary depending on the woman’s age and reproductive status. It is a good marker of ovarian function.Estriol (E3) is produced by the placenta, at progressively higher concentrations during pregnancy. High levels of E3 during pregnancy correlate with the good progress of the pregnancy and the development of the baby. Estriol is part of second trimester pregnancy screening, a test carried out to assess the risk of the fetus being affected by a certain type of chromosomal abnormality. Non-pregnant women and men have very low levels of E3.Estrogens in womenThe type and concentration of estrogens normally present in women’s blood vary throughout their lives. The concentration also varies during each ovarian cycle, during pregnancy and on a daily basis (circadian rhythm).At birthEstradiol (E2) and estrone (E1) are high but decrease within a few days. Concentration is lowest during early childhood.During pubertyThe concentration of E2 and E1 begins to increase at the onset of puberty. These estrogens are responsible for breast development, uterine growth, and (along with other hormones) the initiation and regulation of menstruation. A moderate concentration of E1 is present from puberty to menopause. This concentration varies throughout the day but is relatively stable.During menstruationThe ovarian cycle is approximately 28 days long and consists of two phases, a follicular phase (days 1-14) and a luteal phase (days 15-28). During each cycle, estradiol (E2) and many other hormones normally increase and decrease in a specific pattern.During pregnancyEstriol (E3) is the main estrogen present during pregnancy. It is produced by the placenta, begins to increase in the first eight weeks of gestation and continues to rise throughout pregnancy. A sharp increase in E3 occurs approximately 4 weeks before giving birth. The estriol circulating in the maternal blood is rapidly eliminated from the body. Each estriol measurement is a snapshot of what is happening to the placenta and fetus, even if there is some variation throughout the day.E1 also increases during pregnancy, approximately tenfold between the 24th and 41st weeks. After delivery, E1 decreases and E3 drops below the detectability threshold.During menopauseEstrone (E1) is the estrogen mainly present in menopause. The E2 concentration decreases significantly at the end of ovarian production and stabilizes at a low concentration.Estrogen in men and boysThe type and concentration of estrogen normally present in the blood of men changes, but the concentration and variations thereof are still much lower than those present in women.

ESTRIOLO (E3)

Gli estrogeni sono un gruppo di steroidi responsabili dello sviluppo e della funzionalità degli organi riproduttivi e della formazione dei caratteri secondari nelle donne. Insiemeall’ormone progesterone, aiutano a regolare il ciclo mestruale, sono coinvolti nella crescita del seno e dell’utero e aiutano a mantenere una gravidanza sana. Sebbene siano considerati gli ormoni femminili per eccellenza, essi sono presenti anche negli uomini e giocano un ruolo nel metabolismo osseo e nella crescita di entrambi i sessi. Il test degli estrogeni misura una delle tre componenti: estrone (E1), estradiolo (E2) o estriolo (E3) nel sangue o nell’urina:

  • Estrone (E1), viene convertito direttamente da androstenedione (dalle ghiandole surrenali) o indirettamente da altri androgeni. L’E1 può inoltre essere prodotto dalle ovaie, dalla placenta, dai testicoli e dal tessuto adiposo (grasso). E2 ed E1 possono anch’essi convertiti l’uno nell’altro e viceversa, al bisogno. L’E1 è l’estrogeno principale negli uomini e nelle donne dopo la menopausa.
  • Estradiolo (E2), è principalmente prodotto dalle ovaie nelle donne prima della menopausa sotto la stimolazione di FSH e LH, e dai testicoli degli uomini. E’ l’estrogeno più potente e quello che si presenta alla concentrazione più alta nelle donne non gravide e nelle donne prima della menopausa. La concentrazione di E2 può variare in relazione all’età della donna ed allo stato riproduttivo. E’ un buon marcatore di funzionalità ovarica.
  • Estriolo (E3) è prodotto dalla placenta, a concentrazioni progressivamente maggiori durante la gravidanza. Alti livelli di E3 in gravidanza correlano con il buon avanzamento della gravidanza e dello sviluppo del bambino. L’estriolo è parte dello screening del secondo trimestre di gravidanza, un test effettuato per valutare il rischio per il feto di essere affetto da un certo tipo di anomalie cromosomiche. Le donne non in gravidanza e gli uomini presentano livelli molto bassi di E3.

Estrogeni nelle donne  Il tipo e la concentrazione degli estrogeni normalmente presenti nel sangue delle donne variano nel corso della loro vita. La concentrazione varia anche durante ogni ciclo ovarico, durante la gravidanza e su base giornaliera (ritmo circadiano).  Alla nascita  L’estradiolo (E2) e l’estrone (E1) sono alti ma diminuiscono entro pochi giorni. La concentrazione è minima durante la prima infanzia.  Durante la pubertà  La concentrazione di E2 e di E1 inizia ad aumentare all’inizio della pubertà. Questi estrogeni sono responsabili dello sviluppo del seno, della crescita uterina e (insieme ad altri ormoni) dell’inizio e della regolazione delle mestruazioni. Una moderata concentrazione di E1 è presente dalla pubertà alla menopausa. Questa concentrazione varia durante il giorno ma è relativamente stabile.  Durante le mestruazioni  Il ciclo ovarico è lungo approssimativamente 28 giorni e consiste di due fasi, una fase follicolare (giorni 1-14) e una luteinica (giorni 15-28). Durante ogni ciclo, l’estradiolo (E2) e molti altri ormoni aumentano e diminuiscono normalmente secondo uno specifico andamento.  Durante la gravidanza  L’estriolo (E3) è il principale estrogeno presente durante la gravidanza. E’ prodotto dalla placenta, inizia ad aumentare nelle prime otto settimane di gestazione e continua ad alzarsi durante tutta la gravidanza. Un forte aumento di E3 avviene circa 4 settimane prima del parto. L’estriolo circolante nel sangue materno è rapidamente eliminato dall’organismo. Ogni misura dell’estriolo è un’istanteanea di ciò che accade alla placenta e al feto, anche se durante il giorno vi sono alcune variazioni.Anche l’E1 aumenta durante la gravidanza, di addirittura circa dieci volte tra la 24a e la 41a settimana. Dopo il parto, l’E1 diminuisce e l’E3 scende sotto la soglia di rilevabilità. Durante la menopausa L’estrone (E1) è l’estrogeno principalmente presente in menopausa. La concentrazione di E2 diminuisce significativamente al termine della produzione ovarica e si stabilizza ad una concentrazione bassa.

Estrogeni in uomini e ragazzi  Il tipo e la concentrazione di estrogeni normalmente presenti nel sangue degli uomini cambiano, ma la concentrazione e le variazioni delle stesse sono comunque molto inferiori rispetto a quelle presenti nelle donne.

Estrogens are a group of steroids responsible for the development and functionality of the reproductive organs and the formation of secondary characteristics in women. Togetherto the hormone progesterone, help regulate the menstrual cycle, are involved in the growth of the breast and uterus and help maintain a healthy pregnancy. Although they are considered the female hormones par excellence, they are also present in men and play a role in bone metabolism and growth in both sexes. The estrogen test measures one of three components: estrone (E1), estradiol (E2), or estriol (E3) in the blood or urine:Estrone (E1), is converted directly from androstenedione (by the adrenal glands) or indirectly from other androgens. E1 can also be produced by the ovaries, placenta, testes, and adipose (fat) tissue. E2 and E1 can also be converted into each other and vice versa, as needed. E1 is the primary estrogen in men and women after menopause.Estradiol (E2), is mainly produced by the ovaries in women before menopause under the stimulation of FSH and LH, and by the testes of men. It is the most potent estrogen and the one that occurs at the highest concentration in non-pregnant women and in women before menopause. The concentration of E2 can vary depending on the woman’s age and reproductive status. It is a good marker of ovarian function.Estriol (E3) is produced by the placenta, at progressively higher concentrations during pregnancy. High levels of E3 during pregnancy correlate with the good progress of the pregnancy and the development of the baby. Estriol is part of second trimester pregnancy screening, a test carried out to assess the risk of the fetus being affected by a certain type of chromosomal abnormality. Non-pregnant women and men have very low levels of E3.Estrogens in womenThe type and concentration of estrogens normally present in women’s blood vary throughout their lives. The concentration also varies during each ovarian cycle, during pregnancy and on a daily basis (circadian rhythm).At birthEstradiol (E2) and estrone (E1) are high but decrease within a few days. Concentration is lowest during early childhood.During pubertyThe concentration of E2 and E1 begins to increase at the onset of puberty. These estrogens are responsible for breast development, uterine growth, and (along with other hormones) the initiation and regulation of menstruation. A moderate concentration of E1 is present from puberty to menopause. This concentration varies throughout the day but is relatively stable.During menstruationThe ovarian cycle is approximately 28 days long and consists of two phases, a follicular phase (days 1-14) and a luteal phase (days 15-28). During each cycle, estradiol (E2) and many other hormones normally increase and decrease in a specific pattern.During pregnancyEstriol (E3) is the main estrogen present during pregnancy. It is produced by the placenta, begins to increase in the first eight weeks of gestation and continues to rise throughout pregnancy. A sharp increase in E3 occurs approximately 4 weeks before giving birth. The estriol circulating in the maternal blood is rapidly eliminated from the body. Each estriol measurement is a snapshot of what is happening to the placenta and fetus, even if there is some variation throughout the day.E1 also increases during pregnancy, approximately tenfold between the 24th and 41st weeks. After delivery, E1 decreases and E3 drops below the detectability threshold.During menopauseEstrone (E1) is the estrogen mainly present in menopause. The E2 concentration decreases significantly at the end of ovarian production and stabilizes at a low concentration.Estrogen in men and boysThe type and concentration of estrogen normally present in the blood of men changes, but the concentration and variations thereof are still much lower than those present in women.

ESTROGENI Frazionati

Gli estrogeni sono un gruppo di steroidi responsabili dello sviluppo e della funzionalità degli organi riproduttivi e della formazione dei caratteri secondari nelle donne. Insiemeall’ormone progesterone, aiutano a regolare il ciclo mestruale, sono coinvolti nella crescita del seno e dell’utero e aiutano a mantenere una gravidanza sana. Sebbene siano considerati gli ormoni femminili per eccellenza, essi sono presenti anche negli uomini e giocano un ruolo nel metabolismo osseo e nella crescita di entrambi i sessi. Il test degli estrogeni misura una delle tre componenti: estrone (E1), estradiolo (E2) o estriolo (E3) nel sangue o nell’urina:

  • Estrone (E1), viene convertito direttamente da androstenedione (dalle ghiandole surrenali) o indirettamente da altri androgeni. L’E1 può inoltre essere prodotto dalle ovaie, dalla placenta, dai testicoli e dal tessuto adiposo (grasso). E2 ed E1 possono anch’essi convertiti l’uno nell’altro e viceversa, al bisogno. L’E1 è l’estrogeno principale negli uomini e nelle donne dopo la menopausa.
  • Estradiolo (E2), è principalmente prodotto dalle ovaie nelle donne prima della menopausa sotto la stimolazione di FSH e LH, e dai testicoli degli uomini. E’ l’estrogeno più potente e quello che si presenta alla concentrazione più alta nelle donne non gravide e nelle donne prima della menopausa. La concentrazione di E2 può variare in relazione all’età della donna ed allo stato riproduttivo. E’ un buon marcatore di funzionalità ovarica.
  • Estriolo (E3) è prodotto dalla placenta, a concentrazioni progressivamente maggiori durante la gravidanza. Alti livelli di E3 in gravidanza correlano con il buon avanzamento della gravidanza e dello sviluppo del bambino. L’estriolo è parte dello screening del secondo trimestre di gravidanza, un test effettuato per valutare il rischio per il feto di essere affetto da un certo tipo di anomalie cromosomiche. Le donne non in gravidanza e gli uomini presentano livelli molto bassi di E3.

Estrogeni nelle donne

Il tipo e la concentrazione degli estrogeni normalmente presenti nel sangue delle donne variano nel corso della loro vita. La concentrazione varia anche durante ogni ciclo ovarico, durante la gravidanza e su base giornaliera (ritmo circadiano).

Alla nascita

L’estradiolo (E2) e l’estrone (E1) sono alti ma diminuiscono entro pochi giorni. La concentrazione è minima durante la prima infanzia.

Durante la pubertà

La concentrazione di E2 e di E1 inizia ad aumentare all’inizio della pubertà. Questi estrogeni sono responsabili dello sviluppo del seno, della crescita uterina e (insieme ad altri ormoni) dell’inizio e della regolazione delle mestruazioni. Una moderata concentrazione di E1 è presente dalla pubertà alla menopausa. Questa concentrazione varia durante il giorno ma è relativamente stabile.

Durante le mestruazioni

Il ciclo ovarico è lungo approssimativamente 28 giorni e consiste di due fasi, una fase follicolare (giorni 1-14) e una luteinica (giorni 15-28). Durante ogni ciclo, l’estradiolo (E2) e molti altri ormoni aumentano e diminuiscono normalmente secondo uno specifico andamento.

Durante la gravidanza

L’estriolo (E3) è il principale estrogeno presente durante la gravidanza. E’ prodotto dalla placenta, inizia ad aumentare nelle prime otto settimane di gestazione e continua ad alzarsi durante tutta la gravidanza. Un forte aumento di E3 avviene circa 4 settimane prima del parto. L’estriolo circolante nel sangue materno è rapidamente eliminato dall’organismo. Ogni misura dell’estriolo è un’istanteanea di ciò che accade alla placenta e al feto, anche se durante il giorno vi sono alcune variazioni.Anche l’E1 aumenta durante la gravidanza, di addirittura circa dieci volte tra la 24a e la 41a settimana. Dopo il parto, l’E1 diminuisce e l’E3 scende sotto la soglia di rilevabilità.

Durante la menopausa

L’estrone (E1) è l’estrogeno principalmente presente in menopausa. La concentrazione di E2 diminuisce significativamente al termine della produzione ovarica e si stabilizza ad una concentrazione bassa.

Estrogeni in uomini e ragazzi

Il tipo e la concentrazione di estrogeni normalmente presenti nel sangue degli uomini cambiano, ma la concentrazione e le variazioni delle stesse sono comunque molto inferiori rispetto a quelle presenti nelle donne.

Estrogens are a group of steroids responsible for the development and functionality of the reproductive organs and the formation of secondary characteristics in women. Togetherto the hormone progesterone, help regulate the menstrual cycle, are involved in the growth of the breast and uterus and help maintain a healthy pregnancy. Although they are considered the female hormones par excellence, they are also present in men and play a role in bone metabolism and growth in both sexes. The estrogen test measures one of three components: estrone (E1), estradiol (E2), or estriol (E3) in the blood or urine:Estrone (E1), is converted directly from androstenedione (by the adrenal glands) or indirectly from other androgens. E1 can also be produced by the ovaries, placenta, testes, and adipose (fat) tissue. E2 and E1 can also be converted into each other and vice versa, as needed. E1 is the primary estrogen in men and women after menopause.Estradiol (E2), is mainly produced by the ovaries in women before menopause under the stimulation of FSH and LH, and by the testes of men. It is the most potent estrogen and the one that occurs at the highest concentration in non-pregnant women and in women before menopause. The concentration of E2 can vary depending on the woman’s age and reproductive status. It is a good marker of ovarian function.Estriol (E3) is produced by the placenta, at progressively higher concentrations during pregnancy. High levels of E3 during pregnancy correlate with the good progress of the pregnancy and the development of the baby. Estriol is part of second trimester pregnancy screening, a test carried out to assess the risk of the fetus being affected by a certain type of chromosomal abnormality. Non-pregnant women and men have very low levels of E3.Estrogens in womenThe type and concentration of estrogens normally present in women’s blood vary throughout their lives. The concentration also varies during each ovarian cycle, during pregnancy and on a daily basis (circadian rhythm).At birthEstradiol (E2) and estrone (E1) are high but decrease within a few days. Concentration is lowest during early childhood.During pubertyThe concentration of E2 and E1 begins to increase at the onset of puberty. These estrogens are responsible for breast development, uterine growth, and (along with other hormones) the initiation and regulation of menstruation. A moderate concentration of E1 is present from puberty to menopause. This concentration varies throughout the day but is relatively stable.During menstruationThe ovarian cycle is approximately 28 days long and consists of two phases, a follicular phase (days 1-14) and a luteal phase (days 15-28). During each cycle, estradiol (E2) and many other hormones normally increase and decrease in a specific pattern.During pregnancyEstriol (E3) is the main estrogen present during pregnancy. It is produced by the placenta, begins to increase in the first eight weeks of gestation and continues to rise throughout pregnancy. A sharp increase in E3 occurs approximately 4 weeks before giving birth. The estriol circulating in the maternal blood is rapidly eliminated from the body. Each estriol measurement is a snapshot of what is happening to the placenta and fetus, even if there is some variation throughout the day.E1 also increases during pregnancy, approximately tenfold between the 24th and 41st weeks. After delivery, E1 decreases and E3 drops below the detectability threshold.During menopauseEstrone (E1) is the estrogen mainly present in menopause. The E2 concentration decreases significantly at the end of ovarian production and stabilizes at a low concentration.Estrogen in men and boyThe type and concentration of estrogen normally present in the blood of men changes, but the concentration and variations thereof are still much lower than those present in women.

ESTRONE (E1)

Gli estrogeni sono un gruppo di steroidi responsabili dello sviluppo e della funzionalità degli organi riproduttivi e della formazione dei caratteri secondari nelle donne. Insiemeall’ormone progesterone, aiutano a regolare il ciclo mestruale, sono coinvolti nella crescita del seno e dell’utero e aiutano a mantenere una gravidanza sana. Sebbene siano considerati gli ormoni femminili per eccellenza, essi sono presenti anche negli uomini e giocano un ruolo nel metabolismo osseo e nella crescita di entrambi i sessi. Il test degli estrogeni misura una delle tre componenti: estrone (E1), estradiolo (E2) o estriolo (E3) nel sangue o nell’urina:

  • Estrone (E1), viene convertito direttamente da androstenedione (dalle ghiandole surrenali) o indirettamente da altri androgeni. L’E1 può inoltre essere prodotto dalle ovaie, dalla placenta, dai testicoli e dal tessuto adiposo (grasso). E2 ed E1 possono anch’essi convertiti l’uno nell’altro e viceversa, al bisogno. L’E1 è l’estrogeno principale negli uomini e nelle donne dopo la menopausa.
  • Estradiolo (E2), è principalmente prodotto dalle ovaie nelle donne prima della menopausa sotto la stimolazione di FSH e LH, e dai testicoli degli uomini. E’ l’estrogeno più potente e quello che si presenta alla concentrazione più alta nelle donne non gravide e nelle donne prima della menopausa. La concentrazione di E2 può variare in relazione all’età della donna ed allo stato riproduttivo. E’ un buon marcatore di funzionalità ovarica.
  • Estriolo (E3) è prodotto dalla placenta, a concentrazioni progressivamente maggiori durante la gravidanza. Alti livelli di E3 in gravidanza correlano con il buon avanzamento della gravidanza e dello sviluppo del bambino. L’estriolo è parte dello screening del secondo trimestre di gravidanza, un test effettuato per valutare il rischio per il feto di essere affetto da un certo tipo di anomalie cromosomiche. Le donne non in gravidanza e gli uomini presentano livelli molto bassi di E3.

Estrogeni nelle donne   Il tipo e la concentrazione degli estrogeni normalmente presenti nel sangue delle donne variano nel corso della loro vita. La concentrazione varia anche durante ogni ciclo ovarico, durante la gravidanza e su base giornaliera (ritmo circadiano).

Alla nascita  L’estradiolo (E2) e l’estrone (E1) sono alti ma diminuiscono entro pochi giorni. La concentrazione è minima durante la prima infanzia.

Durante la pubertà  La concentrazione di E2 e di E1 inizia ad aumentare all’inizio della pubertà. Questi estrogeni sono responsabili dello sviluppo del seno, della crescita uterina e (insieme ad altri ormoni) dell’inizio e della regolazione delle mestruazioni. Una moderata concentrazione di E1 è presente dalla pubertà alla menopausa. Questa concentrazione varia durante il giorno ma è relativamente stabile.

Durante le mestruazioni  Il ciclo ovarico è lungo approssimativamente 28 giorni e consiste di due fasi, una fase follicolare (giorni 1-14) e una luteinica (giorni 15-28). Durante ogni ciclo, l’estradiolo (E2) e molti altri ormoni aumentano e diminuiscono normalmente secondo uno specifico andamento.

Durante la gravidanza  L’estriolo (E3) è il principale estrogeno presente durante la gravidanza. E’ prodotto dalla placenta, inizia ad aumentare nelle prime otto settimane di gestazione e continua ad alzarsi durante tutta la gravidanza. Un forte aumento di E3 avviene circa 4 settimane prima del parto. L’estriolo circolante nel sangue materno è rapidamente eliminato dall’organismo. Ogni misura dell’estriolo è un’istanteanea di ciò che accade alla placenta e al feto, anche se durante il giorno vi sono alcune variazioni.Anche l’E1 aumenta durante la gravidanza, di addirittura circa dieci volte tra la 24a e la 41a settimana. Dopo il parto, l’E1 diminuisce e l’E3 scende sotto la soglia di rilevabilità.

Durante la menopausa  L’estrone (E1) è l’estrogeno principalmente presente in menopausa. La concentrazione di E2 diminuisce significativamente al termine della produzione ovarica e si stabilizza ad una concentrazione bassa.

Estrogeni in uomini e ragazzi   Il tipo e la concentrazione di estrogeni normalmente presenti nel sangue degli uomini cambiano, ma la concentrazione e le variazioni delle stesse sono comunque molto inferiori rispetto a quelle presenti nelle donne.

Estrogens are a group of steroids responsible for the development and functionality of the reproductive organs and the formation of secondary characteristics in women. Together with the hormone progesterone, they help regulate the menstrual cycle, are involved in the growth of the breast and uterus and help maintain a healthy pregnancy. Although they are considered the female hormones par excellence, they are also present in men and play a role in bone metabolism and growth in both sexes. The estrogen test measures one of three components: estrone (E1), estradiol (E2), or estriol (E3) in the blood or urine:Estrone (E1), is converted directly from androstenedione (by the adrenal glands) or indirectly from other androgens. E1 can also be produced by the ovaries, placenta, testes, and adipose (fat) tissue. E2 and E1 can also be converted into each other and vice versa, as needed. E1 is the primary estrogen in men and women after menopause.Estradiol (E2), is mainly produced by the ovaries in women before menopause under the stimulation of FSH and LH, and by the testes of men. It is the most potent estrogen and the one that occurs at the highest concentration in non-pregnant women and in women before menopause. The concentration of E2 can vary depending on the woman’s age and reproductive status. It is a good marker of ovarian function.Estriol (E3) is produced by the placenta, at progressively higher concentrations during pregnancy. High levels of E3 during pregnancy correlate with the good progress of the pregnancy and the development of the baby. Estriol is part of second trimester pregnancy screening, a test carried out to assess the risk of the fetus being affected by a certain type of chromosomal abnormality. Non-pregnant women and men have very low levels of E3.Estrogens in womenThe type and concentration of estrogens normally present in women’s blood vary throughout their lives. The concentration also varies during each ovarian cycle, during pregnancy and on a daily basis (circadian rhythm).At birthEstradiol (E2) and estrone (E1) are high but decrease within a few days. Concentration is lowest during early childhood.During pubertyThe concentration of E2 and E1 begins to increase at the onset of puberty. These estrogens are responsible for breast development, uterine growth, and (along with other hormones) the initiation and regulation of menstruation. A moderate concentration of E1 is present from puberty to menopause. This concentration varies throughout the day but is relatively stable.During menstruationThe ovarian cycle is approximately 28 days long and consists of two phases, a follicular phase (days 1-14) and a luteal phase (days 15-28). During each cycle, estradiol (E2) and many other hormones normally increase and decrease in a specific pattern.During pregnancyEstriol (E3) is the main estrogen present during pregnancy. It is produced by the placenta, begins to increase in the first eight weeks of gestation and continues to rise throughout pregnancy. A sharp increase in E3 occurs approximately 4 weeks before giving birth. The estriol circulating in the maternal blood is rapidly eliminated from the body. Each estriol measurement is a snapshot of what is happening to the placenta and fetus, although there is some variation throughout the day. E1 also increases during pregnancy, as much as about tenfold between weeks 24 and 41 . After delivery, E1 decreases and E3 drops below the detectability threshold.During menopauseEstrone (E1) is the estrogen mainly present in menopause. The E2 concentration decreases significantly at the end of ovarian production and stabilizes at a low concentration.
Estrogen in men and boysThe type and concentration of estrogen normally present in the blood of men changes, but the concentration and variations thereof are still much lower than those present in women.

ESTRONE (E1)

Gli estrogeni sono un gruppo di steroidi responsabili dello sviluppo e della funzionalità degli organi riproduttivi e della formazione dei caratteri secondari nelle donne. Insiemeall’ormone progesterone, aiutano a regolare il ciclo mestruale, sono coinvolti nella crescita del seno e dell’utero e aiutano a mantenere una gravidanza sana. Sebbene siano considerati gli ormoni femminili per eccellenza, essi sono presenti anche negli uomini e giocano un ruolo nel metabolismo osseo e nella crescita di entrambi i sessi. Il test degli estrogeni misura una delle tre componenti: estrone (E1), estradiolo (E2) o estriolo (E3) nel sangue o nell’urina:

  • Estrone (E1), viene convertito direttamente da androstenedione (dalle ghiandole surrenali) o indirettamente da altri androgeni. L’E1 può inoltre essere prodotto dalle ovaie, dalla placenta, dai testicoli e dal tessuto adiposo (grasso). E2 ed E1 possono anch’essi convertiti l’uno nell’altro e viceversa, al bisogno. L’E1 è l’estrogeno principale negli uomini e nelle donne dopo la menopausa.
  • Estradiolo (E2), è principalmente prodotto dalle ovaie nelle donne prima della menopausa sotto la stimolazione di FSH e LH, e dai testicoli degli uomini. E’ l’estrogeno più potente e quello che si presenta alla concentrazione più alta nelle donne non gravide e nelle donne prima della menopausa. La concentrazione di E2 può variare in relazione all’età della donna ed allo stato riproduttivo. E’ un buon marcatore di funzionalità ovarica.
  • Estriolo (E3) è prodotto dalla placenta, a concentrazioni progressivamente maggiori durante la gravidanza. Alti livelli di E3 in gravidanza correlano con il buon avanzamento della gravidanza e dello sviluppo del bambino. L’estriolo è parte dello screening del secondo trimestre di gravidanza, un test effettuato per valutare il rischio per il feto di essere affetto da un certo tipo di anomalie cromosomiche. Le donne non in gravidanza e gli uomini presentano livelli molto bassi di E3.

Estrogeni nelle donne   Il tipo e la concentrazione degli estrogeni normalmente presenti nel sangue delle donne variano nel corso della loro vita. La concentrazione varia anche durante ogni ciclo ovarico, durante la gravidanza e su base giornaliera (ritmo circadiano).  Alla nascita  L’estradiolo (E2) e l’estrone (E1) sono alti ma diminuiscono entro pochi giorni. La concentrazione è minima durante la prima infanzia.  Durante la pubertà  La concentrazione di E2 e di E1 inizia ad aumentare all’inizio della pubertà. Questi estrogeni sono responsabili dello sviluppo del seno, della crescita uterina e (insieme ad altri ormoni) dell’inizio e della regolazione delle mestruazioni. Una moderata concentrazione di E1 è presente dalla pubertà alla menopausa. Questa concentrazione varia durante il giorno ma è relativamente stabile.  Durante le mestruazioni Il ciclo ovarico è lungo approssimativamente 28 giorni e consiste di due fasi, una fase follicolare (giorni 1-14) e una luteinica (giorni 15-28). Durante ogni ciclo, l’estradiolo (E2) e molti altri ormoni aumentano e diminuiscono normalmente secondo uno specifico andamento.  Durante la gravidanza  L’estriolo (E3) è il principale estrogeno presente durante la gravidanza. E’ prodotto dalla placenta, inizia ad aumentare nelle prime otto settimane di gestazione e continua ad alzarsi durante tutta la gravidanza. Un forte aumento di E3 avviene circa 4 settimane prima del parto. L’estriolo circolante nel sangue materno è rapidamente eliminato dall’organismo. Ogni misura dell’estriolo è un’istanteanea di ciò che accade alla placenta e al feto, anche se durante il giorno vi sono alcune variazioni.Anche l’E1 aumenta durante la gravidanza, di addirittura circa dieci volte tra la 24a e la 41a settimana. Dopo il parto, l’E1 diminuisce e l’E3 scende sotto la soglia di rilevabilità.   Durante la menopausa   L’estrone (E1) è l’estrogeno principalmente presente in menopausa. La concentrazione di E2 diminuisce significativamente al termine della produzione ovarica e si stabilizza ad una concentrazione bassa.

Estrogeni in uomini e ragazzi  Il tipo e la concentrazione di estrogeni normalmente presenti nel sangue degli uomini cambiano, ma la concentrazione e le variazioni delle stesse sono comunque molto inferiori rispetto a quelle presenti nelle donne.

Estrogens are a group of steroids responsible for the development and functionality of the reproductive organs and the formation of secondary characteristics in women. Togetherto the hormone progesterone, help regulate the menstrual cycle, are involved in the growth of the breast and uterus and help maintain a healthy pregnancy. Although they are considered the female hormones par excellence, they are also present in men and play a role in bone metabolism and growth in both sexes. The estrogen test measures one of three components: estrone (E1), estradiol (E2), or estriol (E3) in the blood or urine:Estrone (E1), is converted directly from androstenedione (by the adrenal glands) or indirectly from other androgens. E1 can also be produced by the ovaries, placenta, testes, and adipose (fat) tissue. E2 and E1 can also be converted into each other and vice versa, as needed. E1 is the primary estrogen in men and women after menopause.Estradiol (E2), is mainly produced by the ovaries in women before menopause under the stimulation of FSH and LH, and by the testes of men. It is the most potent estrogen and the one that occurs at the highest concentration in non-pregnant women and in women before menopause. The concentration of E2 can vary depending on the woman’s age and reproductive status. It is a good marker of ovarian function.Estriol (E3) is produced by the placenta, at progressively higher concentrations during pregnancy. High levels of E3 during pregnancy correlate with the good progress of the pregnancy and the development of the baby. Estriol is part of second trimester pregnancy screening, a test carried out to assess the risk of the fetus being affected by a certain type of chromosomal abnormality. Non-pregnant women and men have very low levels of E3.Estrogens in womenThe type and concentration of estrogens normally present in women’s blood vary throughout their lives. The concentration also varies during each ovarian cycle, during pregnancy and on a daily basis (circadian rhythm).At birthEstradiol (E2) and estrone (E1) are high but decrease within a few days. Concentration is lowest during early childhood.During pubertyThe concentration of E2 and E1 begins to increase at the onset of puberty. These estrogens are responsible for breast development, uterine growth, and (along with other hormones) the initiation and regulation of menstruation. A moderate concentration of E1 is present from puberty to menopause. This concentration varies throughout the day but is relatively stable.During menstruationThe ovarian cycle is approximately 28 days long and consists of two phases, a follicular phase (days 1-14) and a luteal phase (days 15-28). During each cycle, estradiol (E2) and many other hormones normally increase and decrease in a specific pattern.During pregnancyEstriol (E3) is the main estrogen present during pregnancy. It is produced by the placenta, begins to increase in the first eight weeks of gestation and continues to rise throughout pregnancy. A sharp increase in E3 occurs approximately 4 weeks before giving birth. The estriol circulating in the maternal blood is rapidly eliminated from the body. Each estriol measurement is a snapshot of what is happening to the placenta and fetus, even if there is some variation throughout the day.E1 also increases during pregnancy, approximately tenfold between the 24th and 41st weeks. After delivery, E1 decreases and E3 drops below the detectability threshold.During menopauseEstrone (E1) is the estrogen mainly present in menopause. The E2 concentration decreases significantly at the end of ovarian production and stabilizes at a low concentration.Estrogen in men and boysThe type and concentration of estrogen normally present in the blood of men changes, but the concentration and variations thereof are still much lower than those present in women.

ETANOLO

L’ alcool etilico è normalmente presente in concentrazioni variabili nel sangue e nelle urine poiché viene regolarmente introdotto nella dieta (vino, birra, liquori). È impiegato nell’industria come solvente e in processi di sintesi chimica. La quota assorbita nel corso di esposizioni professionali si somma a quella endogena determinando un innalzamento rispetto ai valori normali. Nonostante la metabolizzazione che consegue al suo assorbimento, una quota dell’alcool resta immodificata e può essere rilevata nel sangue e nelle urine, rendendo possibile il monitoraggio biologico dell’esposizione.  La variabilità della quota dovuta alla dieta suggerisce, per la valutazione dell’esposizione professionale, una correlazione del dato analitico con la conoscenza delle abitudini di vita del soggetto e con le condizioni espositive nei luoghi di lavoro.

Ethyl alcohol is normally present in variable concentrations in the blood and urine as it is regularly introduced into the diet (wine, beer, liqueurs). It is used in industry as a solvent and in chemical synthesis processes. The share absorbed during professional exposures adds to the endogenous one, resulting in an increase compared to normal values. Despite the metabolization that follows its absorption, a share of the alcohol remains unchanged and can be detected in the blood and urine, making biological monitoring of exposure possible.  The variability of the share due to diet suggests, for the evaluation of occupational exposure, a correlation of the analytical data with knowledge of the subject’s lifestyle habits and with exposure conditions in the workplace.

F

FARINGE, ESAME COLTURALE

Il batterio Streptococcus pyogenes, noto anche come Streptococco β-emolitico di gruppo A (SBEA) o Streptococco di gruppo A, è la causa batterica più frequente di infiammazione e/o dolore della parte posteriore della gola (faringite), comunemente noto come “mal di gola”. I test per lo Streptococco includono il test rapido e l’esame colturale, i quali rilevano la presenza del batterio in un campione prelevato dal cavo faringeo.  Nonostante la maggior parte delle faringiti sia di origine virale e si risolva spontaneamente entro pochi giorni, alcuni pazienti risultano affetti da mal di gola di origine streptococcica (faringite streptococcica). La faringite streptococcica è molto comune nei bambini di età compresa tra i 5 e i 15 anni. É importante che l’infezione streptococcica sia prontamente identificata e trattata con gli antibiotici, poiché altamente contagiosa e soggetta allo sviluppo di complicanze.       La faringite streptococcica può diffondersi facilmente in caso di stretto contatto con persone infette, le quali, tramite colpi di tosse o starnuti, possono rilasciare goccioline di saliva (aerosol) o muco. Inoltre, l’infezione può essere trasmessa tramite contatto diretto con oggetti contaminati. Il modo migliore per prevenire questo tipo di infezioni consiste nel lavarsi spesso ed accuratamente le mani e nell’evitare la condivisione di oggetti come posate e bicchieri. I pazienti affetti da mal di gola dovrebbero detergere spesso le mani e coprire la bocca con un fazzoletto in caso di colpi di tosse e starnuti   Se non diagnosticata e trattata, la faringite streptococcica può determinare l’insorgenza di complicanze, in particolare nei bambini. Tali complicanze includono la febbre reumatica, potenzialmente dannosa per il cuore, e la glomerulonefrite, che interessa i reni. Poiché questo tipo di infezioni vengono frequentemente diagnosticate e trattate in tempo, tali complicanze si verificano raramente   La diagnosi di faringite causata da Streptococco β-emolitico di gruppo A viene effettuata tramite il test rapido e/o l’esame colturale del tampone faringeo. Tale diagnosi permette al clinico di prescrivere un appropriato trattamento antibiotico.

The bacterium Streptococcus pyogenes, also known as Group A β-hemolytic Streptococcus (SBEA) or Group A Streptococcus, is the most frequent bacterial cause of inflammation and/or pain of the back of the throat (pharyngitis), commonly known as “sore throat”. Tests for Streptococcus include rapid testing and culture, which detect the presence of the bacterium in a sample taken from the pharyngeal cavity.  Although most pharyngitis is of viral origin and resolves spontaneously within a few days, some patients are affected by streptococcal sore throat (streptococcal pharyngitis). Streptococcal pharyngitis is very common in children between the ages of 5 and 15. It is important that streptococcal infection is readily identified and treated with antibiotics, as it is highly contagious and prone to developing complications.  Streptococcal pharyngitis can spread easily in case of close contact with infected people, who, through coughing or sneezing, can release droplets of saliva (aerosol) or mucus. In addition, infection can be transmitted by direct contact with contaminated objects. The best way to prevent these types of infections is to wash your hands often and thoroughly and to avoid sharing items such as cutlery and glasses. Patients with a sore throat should cleanse their hands often and cover their mouth with a tissue in case of coughing and sneezing. If not diagnosed and treated, streptococcal pharyngitis can lead to complications, particularly in children. Such complications include rheumatic fever, potentially harmful to the heart, and glomerulonephritis, which affects the kidneys. Since these types of infections are frequently diagnosed and treated in time, such complications rarely occur. The diagnosis of pharyngitis caused by group A β-hemolytic Streptococcus is made via rapid testing and/or culture examination of the throat swab. This diagnosis allows the clinician to prescribe an appropriate antibiotic treatment.

FATTORE II, RICERCA MUTAZIONE GENETICA

I fattori della coagulazione sono proteine essenziali per la formazione del coagulo. I test per la valutazione dei fattori della coagulazione, misurano la funzionalità e, talvolta, la quantità di questi fattori, alla ricerca di alterazioni sia quantitative che qualitative.  La coagulazione del sangue è un processo complesso che coinvolge un grande numero di fattori della coagulazione, i quali sono prodotti nel fegato e dai vasi sanguigni. Ciascun fattore della coagulazione può essere valutato tramite l’utilizzo di uno o più test. La carenza sia funzionale che quantitativa dei fattori della coagulazione determina l’incapacità di formare i coaguli sanguigni e, di conseguenza, la presenza di frequenti episodi emorragici. L’esame dei fattori della coagulazione consente al clinico di risalire alle cause degli episodi emorragici e quindi di valutare quale sia il miglior trattamento da somministrare al paziente.  Di solito, nei test di primo livello, viene misurata l’attività dei fattori della coagulazione; in questo modo infatti possono essere rilevati sia difetti quantitativi che deficit funzionali. La concentrazione dei fattori della coagulazione tramite test antigenici viene invece misurata raramente; questo parametro infatti consente di valutare solo la concentrazione delle proteine presenti ma non il loro corretto funzionamento.  In presenza di un sanguinamento dovuto, ad esempio, ad un trauma o un taglio, si attiva il processo emostatico, un complesso processoche porta alla formazione del coagulo sanguigno tramite l’attivazione sequenziale di numerosi fattori della coagulazione; tale processo prende il nome di cascata coagulativa. La cascata culmina con la formazione di una rete insolubile di fibrina in grado di creare, insieme alle piastrine,un aggregato e formare così un tappo stabile. La formazione del coagulo determina l’interruzione della perdita ematica e consente la riparazione del danno tissutale.     Il processo coagulativo è un processo di tipo dinamico; esistono infatti altri fattori in grado di dissolvere il coagulo in un processo noto con il nome di fibrinolisi. Nei soggetti sani infatti, dopo la riparazione del danno tissutale, il coagulo viene rimosso. L’equilibrio tra formazione e distruzione del coagulo assicura l’assenza di sanguinamento eccessivo ma anche l’eccessiva formazione dei coaguli qualora questi non siano più necessari.  Le persone affette da sindromi emorragiche possiedono quantità insufficienti di piastrine o fattori della coagulazione o con funzionalità alterata. Esistono delle patologie emorragiche ereditarie, quindi in grado di essere trasmesse alla prole, o acquisite dopo la nascita. La presenza di segni e sintomi caratteristici per queste patologie suggerisce l’esecuzione dell’analisi dei fattori della coagulazione al fine di definire le possibili cause alla base di tale sintomatologia.  Tramite questi test possono essere misurati nove fattori della coagulazione (vedi tabella). Queste proteine prendono di solito il nome “Fattore” seguito da un numero romano, ma spesso vengono anche chiamati con un nome specifico. Per esempio, il Fattore II è noto anche come protrombina. La presenza di scarse quantità di uno di questi fattori o anche la presenza di fattori con funzionalità alterata, può determinare la comparsa di sindromi emorragiche.

Coagulation factors are proteins essential for clot formation. Tests for the evaluation of coagulation factors measure the functionality and, sometimes, the quantity of these factors, in search of both quantitative and qualitative alterations.  Blood clotting is a complex process that involves a large number of clotting factors, which are produced in the liver and by blood vessels. Each clotting factor can be assessed through the use of one or more assays. Both functional and quantitative deficiency of coagulation factors determines the inability to form blood clots and, consequently, the presence of frequent bleeding episodes. The examination of coagulation factors allows the clinician to trace the causes of bleeding episodes and then evaluate which is the best treatment to administer to the patient.  Usually, in first-level tests, the activity of coagulation factors is measured; in this way, in fact, both quantitative defects and functional deficits can be detected. The concentration of coagulation factors through antigen tests is rarely measured; in fact, this parameter allows us to evaluate only the concentration of the proteins present but not their correct functioning.  In the presence of bleeding due, for example, to trauma or a cut, the hemostatic process is activated, a complex process that leads to the formation of the blood clot through the sequential activation of numerous coagulation factors; this process is called the coagulation cascade. The cascade culminates with the formation of an insoluble network of fibrin capable of creating, together with the platelets, an aggregate and thus forming a stable plug. Clot formation results in disruption of blood loss and allows tissue damage to be repaired.  The coagulation process is a dynamic process; in fact, there are other factors capable of dissolving the clot in a process known as fibrinolysis. In fact, in healthy subjects, after repairing tissue damage, the clot is removed. The balance between clot formation and destruction ensures the absence of excessive bleeding but also the excessive formation of clots if these are no longer necessary.  People with hemorrhagic syndromes have insufficient amounts of platelets or clotting factors or impaired function. There are hereditary hemorrhagic pathologies, therefore capable of being transmitted to offspring, or acquired after birth. The presence of characteristic signs and symptoms for these pathologies suggests the performance of the analysis of coagulation factors in order to define the possible underlying causes of such symptomatology.  Nine coagulation factors can be measured using these tests (see table). These proteins are usually named “Factor” followed by a Roman numeral, but are also often called by a specific name. For example, Factor II is also known as prothrombin. The presence of small quantities of one of these factors or even the presence of factors with altered function can determine the appearance of hemorrhagic syndromes.

FATTORE REUMATOIDE

Il Fattore Reumatoide (FR) è un autoanticorpo, ossia un’immunoglobulina IgM prodotta dal sistema immunitario in grado di riconoscere come estranei ed attaccare erroneamente i tessuti dell’organismo di appartenenza. Sebbene il ruolo biologico del FR non sia ben chiarito, la sua presenza è un utile indicatore di infiammazione e di attività autoimmunitaria. Questo test rileva e misura la quantità di FR nel circolo ematico e, insieme ad altri test, è implicato nella diagnosi di artrite reumatoide (AR).   L’AR è una patologia cronica e autoimmune, che causa infiammazione diffusa, dolore, rigidità e progressiva alterazione delle mani, dei piedi e delle articolazioni. Alcune persone possono manifestare affaticamento, febbre lieve e perdita dipeso.   La malattia può colpire persone di ogni età anche se in genere si manifesta in donne di mezza età e uomini di 60-80 anni. Più del 70% delle persone affette è di sesso femminile. Il decorso della malattia e la prognosi sono variabili. Può svilupparsi gradualmente o velocemente. Può avere periodi di remissione e, talvolta, scomparire. Se non trattata, l’AR comporta l’accorciamento dell’aspettativa di vita della persona affetta e, entro pochi anni, causa disabilità.

La causa dell’AR non è nota, ma si suppone che la patogenesi coinvolga un processo infettivo causato da virus o batteri ed altri fattori scatenanti che alterano il funzionamento del sistema immunitario, portando alla produzione del fattore reumatoide.  Esistono molteplici trattamenti per limitare le complicanze dell’AR; tuttavia è importante che questi vengano iniziati precocemente. Pertanto, la diagnosi accurata e precoce della malattia è un fattore importantissimo.   ll test del FR è un utile sostegno alla diagnosi di AR, anche se i livelli di sensibilità e specificità del test non sono tali da consentirne l’uso esclusivo nella diagnosi. Circa l’80% delle persone affette da AR presenta livelli elevati di FR, ma questo può essere negativo pur in presenza di segni clinici evidenti.   Esistono diversi metodi per misurare il fattore reumatoide, ad esempio tramite la determinazione del titolo anticorpale. Il titolo anticorpale è la misura della quantità di una specifica tipologia di anticorpi presenti nel sangue.  Un altro test utile affiancato al test per la misura del FR nella diagnosi di AR è il test degli anticorpi anti-peptide ciclico citrullinato (CCP). Questo test sembra essere migliore rispetto a quello del FR in termini di sensibilità e specificità, oltre a consentire la diagnosi precoce. Altri test utili nella diagnosi di AR sono:   Emocromo completo (per l’anemia e la trombocitosi)   –  Velocità di eritrosedimentazione  –  Proteina C reattiva  –  Anticorpi anti-nucleo  –  Anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili  –  Analisi del liquido sinoviale (per rilevare l’infiammazione delle articolazioni)  –  Ricerca dell’epatite B e C  –  Esami di diagnostica per immagini.

Il fattore reumatoide è elevato anche in una piccola percentuale di persone sane (circa il 5%). Inoltre può aumentare negli anziani privi di sintomi o in persone affette da altre patologie (falsi positivi), come:   Sindrome di Sjögren  –  Lupus eritematoso sistemico  –  Artrite idiopatica giovanile  –   Sclerodermia  –  Infezioni batteriche, virali o parassitarie persistenti (epatiti, tubercolosi, sifilide, lebbra, mononucleosi)  –  Alcuni tipi di cancro, inclusa la leucemia  – Malattie polmonari, epatiche e renali

Rheumatoid Factor (FR) is an autoantibody, i.e. an IgM immunoglobulin produced by the immune system capable of recognizing as foreign and mistakenly attacking the tissues of the body to which it belongs. Although the biological role of FR is not well elucidated, its presence is a useful indicator of inflammation and autoimmune activity. This test detects and measures the amount of FR in the bloodstream and, together with other tests, is implicated in the diagnosis of rheumatoid arthritis (RA).   RA is a chronic and autoimmune pathology, causing widespread inflammation, pain, stiffness and progressive alteration of the hands, feet and joints. Some people may experience fatigue, mild fever, and weight loss.   The disease can affect people of all ages although it generally occurs in middle-aged women and men aged 60-80. More than 70% of affected people are female. The course of the disease and prognosis are variable. It can develop gradually or quickly. It may have periods of remission and sometimes disappear. If left untreated, RA results in shortening the life expectancy of the affected person and, within a few years, causes disability. The cause of RA is not known, but the pathogenesis is supposed to involve an infectious process caused by viruses or bacteria and other triggers that alter the functioning of the immune system, leading to the production of rheumatoid factor.  There are multiple treatments to limit complications of RA; however it is important that these are initiated early. Therefore, accurate and early diagnosis of the disease is a very important factor. The FR test is a useful support for the diagnosis of RA, even if the levels of sensitivity and specificity of the test are not such as to allow its exclusive use in the diagnosis. Approximately ’80% of people with RA have high levels of FR, but this can be negative even in the presence of evident clinical signs.   There are several methods for measuring rheumatoid factor, for example by determining antibody titer. Antibody titer is the measurement of the quantity of a specific type of antibodies present in the blood.  Another useful test alongside the test for measuring FR in the diagnosis of RA is the citrullinated cyclic peptide (CCP) antibody test. This test appears to be better than that of the FR in terms of sensitivity and specificity, as well as allowing early diagnosis. Other tests useful in diagnosing RA are: Complete hemochrome (for anemia and thrombocytosis) – Erythrocyte sedimentation rate – C-reactive protein – Anti-nucleus antibodies – Anti-neutrophil cytoplasm antibodies – Synovial fluid analysis (to detect inflammation of the joints) – Hepatitis B and C research – Diagnostic imaging tests.   Rheumatoid factor is elevated even in a small percentage of healthy people (about 5%). In addition it may increase in elderly people without symptoms or in people with other (false positive) conditions, such as: Sjögren’s syndrome – Systemic lupus erythematosus – Juvenile idiopathic arthritis – Scleroderma – Persistent bacterial, viral or parasitic infections (hepatitis, tuberculosis, syphilis, leprosy, mononucleosis) – Certain types of cancer, including leukaemia – Lung, liver and kidney diseases

FATTORE V LEIDEN RICERCA MUTAZIONE GENETICA

Le mutazioni del fattore V Leiden e della protrombina 20210 (PT 20210) sono associate ad un rischio aumentato di trombosi. La ricerca di queste mutazioni è possibile tramite l’esecuzione di due esami separati, in grado di ricercare le alterazioni del DNA specifiche, ma richiesti in parallelo, al fine di stimare il rischio trombotico complessivo dell’individuo.  Il fattore V e la protrombina sono due fattori della coagulazione, ossia due delle proteine essenziali per la corretta formazione del coagulo. Qualsiasi evento in grado di provocare un danno ai tessuti e quindi un sanguinamento, innesca un complesso processo chiamato emostasi responsabile della formazione di un “tappo” in corrispondenza dell’area danneggiata e quindi dell’interruzione del sanguinamento. Nella prima fase del processo, le piastrine aderiscono all’area danneggiata aggregandosi; nella seconda fase, i fattori della coagulazione vengono attivati progressivamente tramite un meccanismo a cascata che culmina con la formazione del coagulo. Il coagulo si dissolve solo in seguito alla completa guarigione del tessuto danneggiato.  Per la corretta formazione e successiva dissoluzione del coagulo, devono essere presenti tutti i fattori della coagulazione, in quantità adeguata e devono essere funzionali. Una carenza quantitativa o funzionale dei fattori della coagulazione, può portare ad alterazioni nell’emostasi.

Le mutazioni del fattore V Leiden e della PT20210 della protrombina, sono ereditarie e in grado di aumentare il rischio di trombosi. Si tratta di mutazioni ereditate con meccanismi autosomici dominanti (è sufficiente una sola copia del gene alterato per la manifestazione del fenotipo): è possibile ereditare una copia (eterozigote) o due copie (omozigote) del gene mutato, con conseguenze di diversa entità.  Queste due mutazioni sono indipendenti e vengono testate con due esami separati, anche se, di solito, eseguiti nello stesso momento come parte degli approfondimenti richiesti in seguito ad un episodio trombotico in individui sospettati di avere una predisposizione genetica ereditaria per i disordini della coagulazione. Ciascun test è utilizzato per rilevare la presenza di specifiche mutazioni e se queste sono presenti in una copia (eterozigote) o due copie (omozigote).   Durante l’emostasi, il fattore V è normalmente inattivato da una proteina chiamata proteina C attivata (APC), responsabile della prevenzione della formazione di coaguli troppo grossi. La mutazione genica del fattore V Leiden può portare alla formazione di un fattore V in grado di resistere all’inattivazione da parte di APC. Come conseguenza, il processo coagulativo rimane più attivo del normale, aumentando il rischio di formazione di trombosi venose profonde (TVP) o di rottura del coagulo e blocco di una vena (tromboembolismo venoso o TEV).Durante il normale processo coagulativo, un enzima converte la protrombina in trombina. La mutazione, a carico del gene che codifica per la protrombina, chiamata PT20210, può provocare un’aumentata concentrazione di protrombina, la formazione anomala di coaguli e l’aumento del rischio di TVP o TEV.

Factor V Leiden and prothrombin 20210 (PT 20210) mutations are associated with an increased risk of thrombosis. The search for these mutations is possible through the performance of two separate tests, capable of searching for specific DNA alterations, but required in parallel, in order to estimate the overall thrombotic risk of the individual.  Factor V and prothrombin are two coagulation factors, i.e. two of the proteins essential for the correct formation of the clot. Any event capable of causing tissue damage and therefore bleeding triggers a complex process called hemostasis responsible for the formation of a “plug” at the damaged area and thus stopping the bleeding. In the first stage of the process, platelets adhere to the damaged area by aggregating; in the second stage, coagulation factors are progressively activated via a cascade mechanism that culminates in clot formation. The clot dissolves only following complete healing of the damaged tissue.  For the correct formation and subsequent dissolution of the clot, all coagulation factors must be present, in adequate quantities and must be functional. A quantitative or functional deficiency of coagulation factors can lead to alterations in hemostasis.    Mutations in factor V Leiden and PT20210 in prothrombin are hereditary and capable of increasing the risk of thrombosis. These are mutations inherited with autosomal dominant mechanisms (only one copy of the altered gene is sufficient for the manifestation of the phenotype): it is possible to inherit one copy (heterozygous) or two copies (homozygous) of the mutated gene, with consequences of different magnitudes.  These two mutations are independent and are tested with two separate tests, although usually performed at the same time as part of the investigations required following a thrombotic episode in individuals suspected of having an inherited genetic predisposition for coagulation disorders. Each test is used to detect the presence of specific mutations and whether they are present in one copy (heterozygous) or two copies (homozygous).   During hemostasis, factor V is normally inactivated by a protein called activated protein C (APC), which is responsible for preventing the formation of clots that are too large. Gene mutation of factor V Leiden can lead to the formation of a factor V that can resist inactivation by APC. As a result, the clotting process remains more active than normal, increasing the risk of deep vein thrombosis (DVT) formation or clot rupture and blockage of a vein (venous thromboembolism or VTE).During the normal coagulation process, an enzyme converts prothrombin into thrombin. The mutation, in the gene encoding prothrombin, called PT20210, can result in an increased concentration of prothrombin, abnormal clot formation, and increased risk of DVT or VTE.

FECI SANGUE OCCULTO

Sia il test per la ricerca di sangue occulto nelle feci (FOBT) che il test immunochimico fecale (FIT) ricercano il sangue presente nelle feci, ma non visibile ad occhio nudo. Sebbene la presenza di sangue nelle feci possa essere dovuta a molteplici cause, spesso è il primo e talvolta l’unico segno precoce della presenza del cancro al colon. Pertanto, questo tipo di test è utile nello screening di popolazione per il cancro del colon-retto.  In molti casi la comparsa del cancro del colon è preceduta dallo sviluppo di polipi intestinali benigni. I polipi benigni sono piuttosto comuni in persone di età superiore ai 50 anni e, sebbene nella maggior parte delle persone non creino problemi, esiste comunque il rischio che si sviluppino e subiscano una trasformazione in senso neoplastico, con conseguente diffusione delle cellule cancerose nel resto del corpo (metastasi). La diagnosi precoce consente di trattare con successo il cancro al colon; questo è il motivo per il quale è importante sottoporsi allo screening.   I polipi sono neoformazioni dall’aspetto simile a delle dita che crescono sporgendo all’interno del lume intestinale o del retto. Di conseguenza, possono essere fragili e sanguinare in maniera intermittente, in special modo in seguito al passaggio ed allo strofinamento con il materiale fecale. Il sangue rilasciato dai polipi si mescola al materiale fecale e, se in piccola quantità, può non essere visibile ad occhio nudo.    Esistono diversi metodi per la ricerca del sangue occulto nelle feci, tra i quali il test al guaiaco (gFOBT) ed alcuni test “da banco” colorimetrici, ma gli unici raccomandati dalle linee guida europee sono i test immunochimici (FIT o iFOBT). Tutti questi test rilevano l’emoglobina, una proteina contenuta all’interno dei globuli rossi. L’emoglobina è composta essenzialmente di due porzioni: una parte proteica, detta globina, ed una non proteica, il gruppo eme. Ciascun tipo di test ricerca e rileva parti differenti dell’emoglobina:

I test immunochimici (FIT) sono disegnati per ricercare la porzione proteica dell’emoglobina umana e in genere non rilevano l’emoglobina derivante da altre fonti, come quella contenuta nella carne. Questi test sono in grado di rilevare soltanto l’emoglobina integra; pertanto, l’emoglobina parzialmente digerita rilasciata in seguito a sanguinamento delle porzioni superiori del canale digerente non è rilevabile tramite i test FIT

I test al guaiaco (gFOBT, FOBT) misurano la porzione non proteica dell’emoglobina, ossia il gruppo eme, presente nelle feci. Poiché il gruppo eme è una porzione comune all’emoglobina di varia origine, i test gFOBT sono in grado di rilevare anche l’emoglobina assunta tramite l’alimentazione, generando risultati falsamente positivi. Rispetto al FIT, questo metodo ha altri limiti: esistono alimenti e farmaci in grado di alterare il risultato del test, i quali devono pertanto essere evitati nei giorni precedenti la raccolta del campione. Poiché il gruppo eme è resistente alla degradazione intestinale, questo tipo di test è in grado di rilevare sanguinamenti che originano anche da altri tratti del canale digerente, come lo stomaco o le gengive. I test FOBT sono pertanto meno specifici per il sanguinamento gastrointestinale rispetto ai FIT. Per questo motivo non sono raccomandati.

Both the fecal occult blood test (FOBT) and the fecal immunochemical test (FIT) look for blood present in the feces, but not visible to the naked eye. Although the presence of blood in the stool may be due to multiple causes, it is often the first and sometimes the only early sign of the presence of colon cancer, Therefore, this type of test is useful in population screening for colorectal cancer.  In many cases the appearance of colon cancer is preceded by the development of benign intestinal polyps. Benign polyps are quite common in people over the age of 50 and, although they do not create problems in most people, there is still a risk that they will develop and undergo a neoplastic transformation, resulting in the spread of cancer cells to the rest of the body (metastasis). Early diagnosis allows you to successfully treat colon cancer; this is why it is important to undergo screening.   Polyps are finger-like-looking neoformations that grow by protruding inside the intestinal lumen or rectum. As a result, they can be brittle and bleed intermittently, especially after passing through and rubbing with fecal material. The blood released by the polyps mixes with the fecal material and, if in small quantities, may not be visible to the naked eye.    There are several methods for searching for occult blood in the feces, including the guaiac test (gFOBT) and some colorimetric “over-the-counter” tests, but the only ones recommended by European guidelines are immunochemical tests (FIT or iFOBT). All of these tests detect hemoglobin, a protein contained within red blood cells. Hemoglobin is essentially composed of two portions: a protein part, called globin, and a non-protein part, the heme group. Each type of test searches for and detects different parts of hemoglobin:  Immunochemical assays (FITs) are designed to look for the protein portion of human hemoglobin and typically do not detect hemoglobin from other sources, such as that contained in meat. These assays are only able to detect intact hemoglobin; therefore, partially digested hemoglobin released following bleeding of the upper portions of the digestive canal is undetectable via FIT assays
Guaiac tests (gFOBT, FOBT) measure the non-protein portion of hemoglobin, which is the heme group, found in stool. Since the heme group is a common portion of hemoglobin of various origins, gFOBT tests are also able to detect hemoglobin taken through food, generating falsely positive results. Compared to FIT, this method has other limitations: there are foods and drugs capable of altering the test result, which must therefore be avoided in the days before collecting the sample. Since the heme group is resistant to intestinal degradation, this type of test is able to detect bleeding that also originates from other sections of the digestive canal, such as the stomach or gums. FOBT tests are therefore less specific for gastrointestinal bleeding than FITs. For this reason they are not recommended.

FENILIDANTOINA

La fenilidantoina è un farmaco anti-convulsivante maggiore che trova indicazione nelle crisi tonico-cloniche e parziali. Il suo meccanismo d’azione è legato alla stabilizzazione della membrana della cellula nervosa per un prolungamento dell’inattivazione dei canali del sodio voltaggio-dipendenti. E’ assorbita rapidamente dal tratto gastro-intestinale e si lega quasi totalmente all’albumina. Viene metabolizzata a livello epatico dove ha anche un’azione di induzione enzimatica microsomiale. Ha uno stretto indice terapeutico per cui aumenti della concentrazione oltre l’intervallo terapeutico possono dar luogo ad effetti tossici sul Sistema Nervoso Centrale (confusione mentale, atassia, diplopia, vertigini, letargia).  Aumentano la concentrazione di fenilidantoina: amiodarone, cimetidina, esomeprazolo, antibiotici (macrolidi, cloramfenicolo, sulfamidici, isoniazide, metronidazolo), antimicotici, antidepressivi, FANS, anticonvulsivanti (etosuccimide, oxcarbazepina, topiramato,). Riducono la concentrazione: teofillina, folati, carbamazepina. Valproato, barbiturici, benzodiazepine e primidone possono aumentare o ridurre la concentrazione.
Il sistema enzimatico epatico che la trasforma nel suo metabolita inattivo è saturabile per cui in alcuni casi piccoli aumenti del dosaggio possono produrre notevoli aumenti dei livelli plasmatici con potenziali effetti tossici. E’ opportuno dunque un costante monitoraggio del farmaco per un ottimale adattamento della posologia. Nel caso di assunzione orale, disturbi dell’alvo (diarrea) possono ridurre l’assorbimento del farmaco e quindi la sua concentrazione ematica.

Phenylhydantoin is a major anti-convulsant drug that is indicated in tonic-clonic and partial seizures. Its mechanism of action is related to the stabilization of the nerve cell membrane for a prolongation of the inactivation of voltage-gated sodium channels. E’ rapidly absorbed from the gastro-intestinal tract and binds almost totally to albumin. It is metabolised in the liver where it also has a microsomal enzyme induction action. It has a narrow therapeutic index whereby increases in concentration beyond the therapeutic range can give rise to toxic effects on the Central Nervous System (mental confusion, ataxia, diplopia, dizziness, lethargy).  The concentration of phenylhydantoin increases: amiodarone, cimetidine, esomeprazole, antibiotics (macrolides, chloramphenicol, sulphonamides, isoniazid, metronidazole), antifungals, antidepressants, NSAIDs, anticonvulsants (ethosuximide, oxcarbazepine, topiramate,). Reduce concentration: theophylline, folate, carbamazepine. Valproate, barbiturates, benzodiazepines and primidone can increase or reduce concentration.
The hepatic enzyme system that transforms it into its inactive metabolite is saturable so in some cases small increases in dosage can produce notable increases in plasma levels with potential toxic effects. It’ is therefore advisable to constantly monitor the drug for optimal adaptation of the dosage. In the case of oral intake, alvus disorders (diarrhoea) can reduce the absorption of the drug and therefore its blood concentration.

FENOBARBITAL

Il fenobarbital è un farmaco della classe dei barbiturici ampiamente utilizzato nelle epilessie.
Il suo meccanismo d’azione è legato ad un potenziamento dell’azione inibitoria del Gaba (acido gamma amino butirrico) ed ad una riduzione degli effetti eccitatori del glutammato. Ben assorbito dopo somministrazione orale, viene metabolizzato dal fegato con effetti di induzione enzimatica. Esiste una buona corrispondenza tra dose somministrata e concentrazione plasmatica. Gli effetti tossici sono soprattutto a carico del Sistema Nervoso Centrale (sonnolenza, agitazione, confusione, atassia, letargia). Può anche provocare ipotensione e depressione respiratoria.

Phenobarbital is a drug of the barbiturate class widely used in epilepsies.
Its mechanism of action is linked to an enhancement of the inhibitory action of Gaba (gamma amino butyric acid) and a reduction in the excitatory effects of glutamate. Well absorbed after oral administration, it is metabolised by the liver with enzymatic induction effects. There is a good correspondence between administered dose and plasma concentration. The toxic effects are mainly affecting the Central Nervous System (drowsiness, agitation, confusion, ataxia, lethargy). It can also cause hypotension and respiratory depression.

 

FENOLO

Il fenolo è un solido idrosolubile utilizzato nella sintesi di pesticidi, esplosivi, farmaci, coloranti, materie plastiche. L’ assorbimento avviene sia per via respiratoria che cutanea. L’intossicazione cronica è responsabile di alterazioni cutanee, digestive, respiratorie, renali ed epatiche. La determinazione della concentrazione di fenolo nei campioni di urine rappresenta un valido mezzo per il monitoraggio biologico dell’esposizione professionale a questa sostanza.

Phenol is a water-soluble solid used in the synthesis of pesticides, explosives, drugs, dyes and plastics. L’ absorption occurs both via the respiratory and skin routes. Chronic intoxication is responsible for cutaneous, digestive, respiratory, renal and hepatic alterations. The determination of the concentration of phenol in urine samples represents a valid means for biological monitoring of occupational exposure to this substance.

FERRITINA

Questo test misura la quantità di ferritina nel sangue. La ferritina è una proteina contenente ferro e rappresenta la principale forma di deposito di ferro dell’organismo. Le piccole quantità di ferritina rilasciate all’interno del circolo ematico riflettono direttamente l’entità dei depositi presenti. Il ferro è un elemento essenziale presente in tracce in molti alimenti che, tra le altre funzioni, è necessario per la produzione di globuli rossi sani ed il trasporto dell’ossigeno nell’organismo. Il nostro organismo non è in grado di produrre il ferro, ma può assorbirlo con la dieta o tramite integratori specifici. Nelle persone sane, la maggior parte del ferro assorbito dall’organismo viene incorporato all’interno dell’emoglobina presente nei globuli rossi. Il restante ferro viene invece immagazzinato sotto forma di ferritina o emosiderina, oppure utilizzato in piccole quantità per la produzione di altre proteine come la mioglobina ed alcuni enzimi. La ferritina e l’emosiderina sono presenti perlopiù nel fegato, ma possono essere presenti anche nel midollo osseo, la milza ed il muscolo scheletrico.Quando la quota di ferro disponibile comincia a diminuire, i depositi di ferritina, e dunque il ferro ad essa legato, vengono mobilitati prima che insorga un vero e proprio stato carenziale. I livelli di ferritina così diminuiscono. Questo può avvenire come conseguenza di:  Insufficiente apporto di ferro con la dieta Mancato assorbimento dovuto a patologie come la celiachia  Aumento delle necessità di ferro dell’organismo come ad esempio in caso di gravidanza, durante l’adolescenza o in presenza di patologie responsabili di eventi emorragici cronici.  La persistenza di bassi livelli di ferro può portare ad anemia sideropenica (con diminuzione dell’emoglobina). Le fasi precoci degli stati ferro carenziali sono in genere asintomatiche per la presenza dei depositi di ferro in grado di tamponare la carenza e limitare la comparsa dei segni e sintomi. Solitamente, infatti, questi compaiono in seguito al consumo dei depositi di ferro. Nelle persone in buono stato di salute la comparsa dello stato anemico richiede molto tempo e raramente i sintomi vengono manifestati prima che l’emoglobina nel sangue scenda al di sotto del limite inferiore di riferimento. Tuttavia, la persistenza dello stato ferro carenziale comporta la comparsa dei sintomi. I sintomi più comuni di anemia sideropenica includono senso di stanchezza, debolezza, vertigini, cefalea e pallore (per maggiori dettagli si rimanda alla pagina Anemia). In caso contrario, ossia in caso di maggiore assorbimento o di maggiore assunzione di ferro, i livelli ematici di ferro e di ferritina aumentano. L’assorbimento cronico eccessivo di ferro può portare al suo progressivo accumulo negli organi e causare disfunzione e insufficienza d’organo. Questo è ciò che avviene in corso di emocromatosi, una malattia genetica caratterizzata dall’eccessivo assorbimento di ferro. L’accumulo di ferro può presentarsi come effetto collaterale in una persona politrasfusa.

This test measures the amount of ferritin in the blood. Ferritin is an iron-containing protein and is the main form of iron storage in the body. The small amounts of ferritin released within the bloodstream directly reflect the extent of deposits present. Iron is an essential element present in trace amounts in many foods which, among other functions, is necessary for the production of healthy red blood cells and the transport of oxygen in the body. Our body is not able to produce iron, but can absorb it through the diet or through specific supplements. In healthy people, most of the iron absorbed by the body is incorporated within the haemoglobin found in red blood cells. The remaining iron is instead stored in the form of ferritin or hemosiderin, or used in small quantities for the production of other proteins such as myoglobin and some enzymes. Ferritin and hemosiderin are mostly present in the liver, but can also be present in the bone marrow, spleen and skeletal muscle. When the amount of available iron begins to decrease, ferritin deposits, and therefore the iron bound to it, are mobilized before a real deficiency state arises. Ferritin levels thus decrease. This can occur as a consequence of: Insufficient intake of iron with the diet Failure to absorb due to pathologies such as celiac disease Increased iron needs of the body such as in case of pregnancy, during adolescence or in the presence of pathologies responsible for chronic hemorrhagic events.  Persistence of low iron levels may lead to iron deficiency anaemia (with decreased haemoglobin). The early stages of iron deficiency states are generally asymptomatic due to the presence of iron deposits capable of buffering the deficiency and limiting the appearance of signs and symptoms. Usually, in fact, these appear following the consumption of iron deposits. In people in good health, the appearance of anemic status takes a long time and symptoms are rarely manifested before the haemoglobin in the blood falls below the lower reference limit. However, the persistence of the iron deficiency state leads to the appearance of symptoms. The most common symptoms of iron deficiency anemia include feeling tired, weak, dizzy, headache and paleness (for more details please refer to the Anemia page). Otherwise, i.e. in case of greater absorption or intake of iron, blood levels of iron and ferritin increase. Chronic excessive absorption of iron can lead to its progressive accumulation in organs and cause organ dysfunction and failure. This is what happens during hemochromatosis, a genetic disease characterized by excessive iron absorption. Iron accumulation may present as a side effect in a polytransfused person.

FERRO

Il ferro è un nutriente essenziale che, tra le altre funzioni, è richiesto per la produzione di globuli rossi sani. È un costituente essenziale dell’emoglobina, la proteina presente all’interno dei globuli rossi responsabile del legame dell’ossigeno nei polmoni e del suo rilascio in tutto l’organismo. La sideremia è la misura della quantità di ferro presente nella parte liquida del sangue (siero)La misura del ferro sierico (sideremia) in genere viene richiesta insieme ad altri test per la valutazione del metabolismo del ferro, come la ferritina, la transferrina e la capacità legante totale (TIBC). Questi test vengono spesso richiesti ed interpretati insieme, per la diagnosi e/o il monitoraggio di stati ferro carenziali o di accumulo di ferro.L’organismo non è in grado di produrre il ferro ma può assorbirlo dagli alimenti o integratori. Una volta assorbito, il ferro è trasportato dalla transferrina, una proteina di origine epatica.Nelle persone sane, la maggior parte del ferro assorbito viene incorporato nell’emoglobina presente all’interno dei globuli rossi. Il rimanente viene immagazzinato nei tessuti sotto forma di ferritina o emosiderina. Una piccola parte viene utilizzata per produrre altre proteine come la mioglobina, o alcuni enzimi. In caso di apporto insufficiente di ferro, tale da non soddisfare le necessità dell’organismo, la sideremia scende e i depositi di ferro vengono mobilitati. Ciò può avvenire per: Bassa assunzione di ferro tramite la dieta – Incapacità dell’organismo di assorbire il ferro (come nella celiachia) – Necessità di maggiori quantità di ferro come durante la gravidanza o l’adolescenza o in persone con patologie croniche responsabili di continue emorragie (ulcera peptica, cancro al colon).  La presenza di quantità insufficienti di ferro circolante e immagazzinato può portare ad anemia ferro carente (sideropenica). Nelle fasi precoci la carenza di ferro non comporta sintomi evidenti poiché la diminuzione della quantità di ferro circolante viene compensata dalla mobilitazione dei depositi di ferro. I segni e sintomi si manifestano solo in seguito alla quasi totale mobilitazione dei depositi di ferro. In persone in un buono stato di salute perciò, i sintomi della carenza di ferro si manifestano raramente prima della diminuzione della quantità di emoglobina presente.  Il perdurare dello stato ferro carenziale comporta tuttavia il manifestarsi dei sintomi tra cui, quelli più comuni, sono: fatica, debolezza, vertigini, cefalea, pallore. Per maggiori dettagli si rimanda alla pagina “Anemia”. Anche la presenza di quantità eccessive di ferro possono risultare tossiche. I livelli di ferro nel sangue e i depositi di ferro possono aumentare considerevolmente nel caso in cui vengano assunte quantità di ferro superiori rispetto alle necessità. Ciò può portare al progressivo accumulo di ferro e danno ad organi come fegato, cuore e pancreas. Un esempio è l’emocromatosi, un raro disordine genetico caratterizzato dall’eccessivo assorbimento di ferro, anche in persone con un regime dietetico nella norma. L’overdose da ferro può essere anche conseguente all’ingestione di quantità eccessive di integratori.

Iron is an essential nutrient that, among other functions, is required for the production of healthy red blood cells. It is an essential constituent of hemoglobin, the protein found within red blood cells responsible for binding oxygen in the lungs and releasing it throughout the body. Sideremia is the measurement of the amount of iron present in the liquid part of the blood (serum). The measurement of serum iron (sideremia) is generally requested together with other tests for the evaluation of iron metabolism, such as ferritin, transferrin and total binding capacity (TIBC). These tests are often requested and interpreted together, for the diagnosis and/or monitoring of iron-deficient states or iron accumulation The body is unable to produce iron but can absorb it from foods or supplements. Once absorbed, iron is carried by transferrin, a protein of hepatic origin.In healthy people, most of the absorbed iron is incorporated into the hemoglobin found inside red blood cells. The remainder is stored in the tissues in the form of ferritin or hemosiderin. A small part is used to produce other proteins such as myoglobin, or some enzymes.  In case of insufficient iron intake, such that it does not meet the needs of the body, the sideremia drops and the iron deposits are mobilized. This can happen for: Low dietary iron intake – Inability of the body to absorb iron (as in celiac disease) – Need for greater amounts of iron as during pregnancy or adolescence or in people with chronic conditions responsible for continuous bleeding (peptic ulcer, colon cancer).  The presence of insufficient amounts of circulating and stored iron can lead to iron deficiency anemia (sideropenic). In the early stages, iron deficiency does not lead to obvious symptoms since the decrease in the quantity of circulating iron is compensated by the mobilization of iron deposits. The signs and symptoms manifest themselves only following the almost total mobilization of iron deposits. In people in good health, therefore, symptoms of iron deficiency rarely occur before the amount of hemoglobin present decreases.  However, the continuation of the iron deficiency state leads to the onset of symptoms, the most common ones being: fatigue, weakness, dizziness, headache, paleness. For further details, please refer to the “Anemia” page.  The presence of excessive quantities of iron can also be toxic. Blood iron levels and iron deposits can increase considerably if more iron is consumed than necessary. This can lead to the progressive accumulation of iron and damage to organs such as the liver, heart and pancreas. An example is hemochromatosis, a rare genetic disorder characterized by excessive iron absorption, even in people with a normal diet. Iron overdose can also be a result of ingesting excessive amounts of supplements.

FIBRINOGENO

Il fibrinogeno è una proteina, un fattore della coagulazione (fattore I), essenziale per la formazione appropriata del coagulo. Esistono due tipi di test per la valutazione del fibrinogeno:  Il test di attività del fibrinogeno, che determina la funzionalità del fibrinogeno durante la formazione del coagulo;  Il test quantitativo, che misura la concentrazione di fibrinogeno nel sangue.  Il fibrinogeno è prodotto dal fegato e viene rilasciato in circolo insieme ad altri fattori della coagulazione. Di solito, in seguito al danneggiamento di un tessuto o di un vaso, viene innescato un processo coagulativo, che culmina nella formazione di un coagulo in grado di interrompere il sanguinamento nella sede della lesione. Piccoli elementi cellulari, detti piastrine, aderiscono e si aggregano in corrispondenza della sede della lesione, innescando poi la cascata coagulativa e l’attivazione progressiva dei fattori della coagulazione.Al termine della cascata coagulativa, il fibrinogeno solubile è convertito in filamenti di fibrina insolubili, i quali si intrecciano tra loro formando una rete fibrinica. La rete aderisce alla ferita insieme alle piastrine formando un coagulo stabile. La barriera creata previene la perdita ulteriore di sangue e permane fino alla completa guarigione della ferita.   Per la formazione di un coagulo stabile è necessaria la presenza di un numero adeguato di piastrine e fattori della coagulazione e che questi siano normalmente funzionanti. Esistono alcuni esami di laboratorio, tra cui il fibrinogeno, utili per la valutazione del processo coagulativo:Il dosaggio funzionale che valuta la fase del processo coagulativo nella quale il fibrinogeno viene convertito in fibrina. Misura il tempo necessario alla formazione di un coagulo di fibrina dopo l’aggiunta, al plasma in esame, di una quantità standardizzata di trombina. Il tempo necessario alla formazione del coagulo è direttamente proporzionale all’attività del fibrinogeno presente. Un tempo prolungato può essere dovuto ad una diminuita concentrazione della proteina normale o ad alterata funzionalità del fibrinogeno.Il dosaggio quantitativo del fibrinogeno che misura la quantità della proteina (sia funzionale che non), ma non l’attività. Il fibrinogeno è anche uno dei fattori del sangue chiamati proteine della fase acuta. La concentrazione del fibrinogeno, insieme a quella di altre proteine della fase acuta, aumenta rapidamente in seguito a patologie e condizioni cliniche associate ad infiammazione. Gli esami per la misura delle proteine della fase acuta, incluso il fibrinogeno, possono essere richiesti come supporto nella determinazione dell’estensione dell’infiammazione.

Fibrinogen is a protein, a clotting factor (factor I), essential for the appropriate formation of the clot. There are two types of tests for evaluating fibrinogen: The fibrinogen activity test, which determines the functionality of fibrinogen during clot formation; The quantitative test, which measures the concentration of fibrinogen in the blood.  Fibrinogen is produced by the liver and is released into the circulation together with other clotting factors. Usually, following damage to a tissue or vessel, a coagulation process is triggered, which culminates in the formation of a clot capable of interrupting bleeding at the site of the lesion. Small cellular elements, called platelets, adhere and aggregate at the site of the lesion, then triggering the coagulation cascade and the progressive activation of coagulation factors. At the end of the coagulation cascade, soluble fibrinogen is converted into insoluble fibrin filaments, which they intertwine with each other forming a fibrin network. The mesh adheres to the wound together with the platelets forming a stable clot. The barrier created prevents further blood loss and remains until the wound is completely healed. For the formation of a stable clot, the presence of an adequate number of platelets and coagulation factors is necessary and that these are normally functional. There are some laboratory tests, including fibrinogen, useful for evaluating the coagulation process: The functional dosage that evaluates the phase of the coagulation process in which fibrinogen is converted into fibrin. It measures the time required for a fibrin clot to form after the addition, to the test plasma, of a standardised amount of thrombin. The time to clot formation is directly proportional to the activity of the fibrinogen present. Prolonged time may be due to decreased concentration of normal protein or altered fibrinogen functionalityThe quantitative fibrinogen dosage that measures the amount of the protein (both functional and non-functional), but not activity. Fibrinogen is also one of the blood factors called acute phase proteins. The concentration of fibrinogen, together with that of other acute phase proteins, increases rapidly following pathologies and clinical conditions associated with inflammation. Tests for the measurement of acute phase proteins, including fibrinogen, may be requested as support in determining the extent of inflammation.

FIBROSI CISTICA, RICERCA MUTAZIONI (FC)

La fibrosi cistica è la malattia autosomica recessiva grave più comune nella popolazione italiana. La frequenza dei portatori è compresa tra 1 su 26 e 1 su 30. Le manifestazioni cliniche della malattia sono caratterizzate dalla presenza di secrezioni esocrine mucose dense che portano a una malattia polmonare cronica ostruttiva con evoluzione verso l’insufficienza respiratoria. Nell’ambito di una certa variabilità interindividuale si possono avere anche altre manifestazioni cliniche di rilievo, tra cui insufficienza pancreatica esocrina, epatopatia, diabete e, nella quasi totalità dei maschi affetti, azoospermia da atresia bilaterale congenita dei dotti deferenti (CBAVD).
Le modalità di comparsa, l’entità dei sintomi e il decorso sono molto variabili.
Il gene responsabile della malattia si trova sul braccio lungo del cromosoma 7 e contiene 27 esoni. La proteina codificata è chiamata Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator (CFTR), è composta da 1.480 aminoacidi, e la sua funzioneprincipale riguarda il trasporto transmembrana del cloro. Le mutazioni del gene CFTR sono molto numerose: a oggi ne sono state individuate più di 1.600. Non tutte le variazioni di sequenza codificante comportano un quadro clinico compatibile con la malattia: c’è un numero non trascurabile di varianti nucleotidiche che sono associate a forme atipiche, o per le quali non esistono dati sufficienti a definirne il ruolo patogenetico.
La frequenza relativa delle mutazioni è quanto mai variabile in relazione all’area geografica: alcune sono molto più rappresentate in particolari popolazioni, altre sono estremamente rare. La più frequente (F508del) si concentra nella popolazione dell’Europa settentrionale più che in quella meridionale. In Italia F508del è la mutazione di gran lunga più frequente (51%); nell’insieme le 12 mutazioni più diffuse caratterizzano il 73% degli alleli responsabili di malattia, con differenze di rilievo tra regioni geografiche limitrofe e addirittura all’interno della stessa regione. La correlazione tra genotipo e fenotipo non è così stretta da consentire giudizi prognostici sulla sopravvivenza e sull’insorgenza di disturbi respiratori. Alcune mutazioni sono associate a sufficienza pancreatica, a livelli normali o quasi normali di cloro nel sudore e a fertilità maschile.
In relazione alle alterazioni di struttura o di funzione che provocano nella proteina CFTR, le mutazioni sono state suddivise in 5 classi. Le mutazioni di classe I sono quelle che riguardano la produzione vera e propria della proteina: in genere non è prodotta per niente o in scarsa quantità. Le mutazioni di classe II (es: F508del) impediscono che la proteina prodotta “maturi”, vale a dire sia elaborata in modo tale da arrivare e poter funzionare normalmente sulla membrana della cellula.
Con le mutazioni di classe III e IV, la proteina è prodotta, si dispone sulla membrana della cellula e quindi il canale per il cloro esiste, ma è mal regolato (si apre e si chiude con difficoltà ) oppure è poco permeabile al cloro stesso, che dovrebbe passare all’esterno della cellula. Le mutazioni di classe V permettono la produzione di una piccola quantità di proteina funzionante.
A rendere ancora più complessa la struttura del gene CFTR, è la presenza di un polimorfismo (variante) chiamato polyT. In questo tratto la sequenza del DNA del gene è costituita da una serie ripetuta di T (Timina). Queste T possono essere ripetute varie volte: più frequentemente sono ripetute 5 volte (=variante 5T), 7 volte (= variante 7T), 9 volte (=variante 9T). Se prendiamo gli individui della popolazione generale, circa l’80% circa possiede la variante 9T, il 15% la variante 7T, mentre nel 5% è presente la variante 5T. La lunghezza del tratto T condiziona il buon funzionamento del gene e quindi la produzione di una quantità normale di proteina CFTR. In presenza della variante 9T viene prodotta una quantità di proteina pressoché normale; in presenza della variante 7T viene prodotta una quantità di proteina variabile fra il 50 e il 100% del normale (sempre sufficiente però per il buon funzionamento del gene); la variante 5T condiziona la produzione di una quantità ridotta di proteina CFTR, variabile dal 5 al 30%. Questa è la ragione per cui oggi si ritiene che le varianti 7T e 9T siano innocenti, mentre si ritiene che 5T abbia, agli effetti del funzionamento del gene, in un certo numero da casi, un effetto simile a quello di una mutazione.
Il test viene proposto ai familiari di persone affette con rischio di eterozigosi aumentato, a coppie che cercano una gravidanza con tecniche di fecondazione assistita e, talora, a coppie della popolazione generale, soprattutto quelle in attesa di un figlio.
In assenza di fattori di rischio (familiarità per malattia o eterozigosi, atresia bilaterale congenita dei dotti deferenti del maschio nelle coppie che ricorrono alla fecondazione assistita), è indicato un test di I livello in uno o entrambi i componenti della coppia.
L’analisi di I livello eseguita presso il nostro laboratorio permette il rilevamento e l’identificazione di un pannello di 80 mutazioni e del polyT (5/7/9) dell’introne 8 del gene CFTR, associati alla condizione di portatore sano o affetto da fibrosi cistica o patologie CFTR correlate. Pertanto viene offerto ai pazienti un test di I livello che arriva all’85% di detection rate (tasso di individuazione delle mutazioni) rispetto alle mutazioni presenti nella maggior parte delle regioni italiane.
Per l’analisi di II livello viene effettuato il sequenziamento (Next-generation sequencing) di tutto il gene (esoni e regioni introniche fiancheggianti) attraverso l’utilizzo di un sequenziatore Illumina MiSeq DX.
E’ possibile inviare i campioni da analizzare da tutta Italia.

INDICAZIONI CLINICHE

– Soggetti con sospetto clinico di forme classiche di FC
– Soggetti affetti da forme lievi o atipiche di FC
– Familiari degli affetti
– Diagnosi Prenatale in coppie a rischio in cui sono note le mutazioni
– Diagnosi prenatale quando si evidenziano anse intestinali fetali iperecogene
– Partner di soggetti portatori sani o affetti da FC
– Soggetti azoospermici o con grave oligozoospermia da assenza congenita dei dotti deferenti, bilaterale (CBAVD) o monolaterale (CUAVD)

Cystic fibrosis is the most common severe autosomal recessive disease in the Italian population. Carrier frequency is between 1 in 26 and 1 in 30. Clinical manifestations of the disease are characterized by the presence of dense mucous exocrine secretions leading to chronic obstructive pulmonary disease with evolution towards respiratory failure. Within a certain interindividual variability, there may also be other clinical manifestations of importance, including exocrine pancreatic insufficiency, hepatopathy, diabetes and, in almost all affected males, azoospermia due to congenital bilateral atresia of the vas deferens (CBAVD).
The manner of appearance, the extent of symptoms and the course are highly variable.
The gene responsible for the disease is located on the long arm of chromosome 7 and contains 27 exons. The encoded protein is called Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator (CFTR), is composed of 1,480 amino acids, and its main function concerns the transmembrane transport of chlorine. Mutations in the CFTR gene are very numerous: to date, more than 1,600 have been identified. Not all coding sequence variations involve a clinical picture compatible with the disease: there is a non-negligible number of nucleotide variants that are associated with atypical forms, or for which there are insufficient data to define their pathogenetic role.  The relative frequency of mutations is more variable than ever in relation to geographical area: some are much more represented in particular populations, others are extremely rare. The most frequent (F508del) is concentrated in the population of northern Europe more than in southern Europe. In Italy F508del is by far the most frequent mutation (51%); overall, the 12 most widespread mutations characterize 73% of the alleles responsible for the disease, with significant differences between neighboring geographical regions and even within the same region. The correlation between genotype and phenotype is not so close as to allow prognostic judgments on survival and occurrence of respiratory disorders. Some mutations are associated sufficiently pancreatic, with normal or near-normal levels of chlorine in sweat and with male fertility.
In relation to the structure or function alterations they cause in the CFTR protein, the mutations have been divided into 5 classes. Class I mutations are those that concern the actual production of the protein: it is generally not produced at all or in small quantities. Class II mutations (e.g. F508del) prevent the protein produced “from maturing”, i.e. from being processed in such a way as to arrive and function normally on the cell membrane.
With class III and IV mutations, the protein is produced, it is arranged on the membrane of the cell and therefore the channel for chlorine exists, but it is poorly regulated (it opens and closes with difficulty ) or it is poorly permeable to the chlorine itself, which should pass outside the cell. Class V mutations allow the production of a small amount of functioning protein.  What makes the structure of the CFTR gene even more complex is the presence of a polymorphism (variant) called polyT. In this stretch the DNA sequence of the gene consists of a repeated series of T (Thymine). These Ts can be repeated several times: most frequently they are repeated 5 times (=5T variant), 7 times (= 7T variant), 9 times (=9T variant). If we take individuals from the general population, approximately 80% have the 9T variant, 15% have the 7T variant, while 5% have the 5T variant. The length of the T tract conditions the proper functioning of the gene and therefore the production of a normal amount of CFTR protein. In the presence of the 9T variant, an almost normal quantity of protein is produced; in the presence of the 7T variant, a quantity of protein varying between 50 and 100% of normal is produced (always sufficient for the proper functioning of the gene); the 5T variant affects the production of a reduced quantity of CFTR protein, varying from 5 to 30%. This is the reason why today it is believed that the 7T and 9T variants are innocent, while it is believed that 5T has, for the purposes of the functioning of the gene, in a certain number of cases, an effect similar to that of a mutation.  The test is offered to family members of affected people with increased risk of heterozygosity, to couples seeking pregnancy with assisted reproduction techniques and, sometimes, to couples in the general population, especially those expecting a child.
In the absence of risk factors (familiarity due to disease or heterozygosity, congenital bilateral atresia of the male’s vas deferens in couples who resort to assisted fertilization), a level I test is indicated in one or both members of the couple.
Level I analysis performed at our laboratory allows the detection and identification of a panel of 80 mutations and the polyT (5/7/9) of intron 8 of the CFTR gene, associated with the condition of healthy carrier or affected by cystic fibrosis or CFTR-related pathologies. Therefore, patients are offered a level I test that reaches ’85% detection rate compared to the mutations present in most Italian regions.
For level II analysis, sequencing (Next-generation sequencing) of the entire gene (exons and flanking intronic regions) is carried out using an Illumina MiSeq DX sequencer.
E’it is possible to send samples for analysis from all over Italy.

CLINICAL INDICATIONS

– Subjects with clinical suspicion of classic forms of CF
– Subjects suffering from mild or atypical forms of CF
– Affection family members
– Prenatal diagnosis in at-risk couples where mutations are known
– Prenatal diagnosis when hyperechoic fetal intestinal loops are highlighted
– Partners of healthy carriers or those with CF
– Azoospermic subjects or with severe oligozoospermia due to congenital absence of vas deferens, bilateral (CBAVD) or unilateral (CUAVD)

FOLLITROPINA (FSH)

Questo esame misura i livelli di ormone follicolo stimolante (FSH) nel sangue. L’FSH è associato alla riproduzione e allo sviluppo degli ovuli nelle donne e degli spermatozoi negli uomini. L’FSH è prodotto dall’ipofisi, un piccolo organo localizzato alla base del cervello. La produzione di FSH è controllata da un complesso sistema che coinvolge l’ipotalamo (una porzione dell’encefalo), l’ipofisi e gli ormoni prodotti da ovaie e testicoli. L’ipotalamo rilascia il gonadotropin-releasing hormone (ormone stimolante le gonadotropine, GnRH), che stimola l’ipofisi a produrre FSH e ormone luteinizzante (LH), un ormone correlato all’FSH ed anch’esso coinvolto nella riproduzione.  Nelle donne in età fertile, l’FSH stimola la crescita e la maturazione degli ovuli (follicoli) nelle ovaie durante la fase follicolare del ciclo ovarico. Il ciclo ovarico (o mestruale) si divide in fase follicolare e fase luteinica; ogni fase dura circa 14 giorni (la fase follicolare può essere molto variabile, più lunga o più corta). Durante la fase follicolare, l’FSH promuove la produzione di estradiolo da parte del follicolo ovarico e i due ormoni collaborano allo sviluppo del follicolo stesso. Verso la fine della fase follicolare, la concentrazione dell’FSH e dell’ormone luteinizzante raggiunge il picco (aumenta al massimo). Il rilascio dell’ovulo dall’ovaio (ovulazione) avviene subito dopo il picco di questi due ormoni. Gli ormoni inibina, estradiolo e progesterone controllano la concentrazione di FSH rilasciata dall’ipofisi. L’FSH inoltre aumenta la capacità dell’ovaio di rispondere all’LH.  All’aumentare dell’età della donna, con l’avvicinarsi della menopausa, la funzionalità ovarica decresce per poi cessare e, contemporaneamente, i livelli di FSH ed LH aumentano.       Negli uomini, l’FSH stimola i testicoli a produrre spermatozoi maturi e promuove la produzione delle proteine leganti gli androgeni. Le concentrazioni di FSH sono relativamente costanti negli uomini dopo la pubertà. L’evoluzione dei livelli di FSH negli uomini all’aumentare dell’età è meno nota.  Nei bambini, le concentrazioni di FSH aumentano poco dopo la nascita e poi diminuiscono a concentrazioni molto basse dopo sei mesi nei maschi e dopo 1-2 anni nelle femmine. Le concentrazioni aumentano di nuovo prima dell’inizio della pubertà e dello sviluppo dei caratteri sessuali secondari Le patologie che colpiscono l’ipotalamo, l’ipofisi e/o le ovaie o i testicoli possono causare la produzione di quantità aumentate e diminuite di FSH. Questo fenomeno è correlato allo sviluppo di varie patologie e condizioni, quali infertilità, ciclo mestruale anomalo, pubertà precoce o ritardata.

This test measures the levels of follicle stimulating hormone (FSH) in the blood. FSH is associated with reproduction and development of eggs in women and sperm in men. FSH is produced by the pituitary gland, a small organ located at the base of the brain. FSH production is controlled by a complex system involving the hypothalamus (a portion of the brain), pituitary gland, and hormones produced by the ovaries and testes. The hypothalamus releases the gonadotropin-releasing hormone (gonadotropin-stimulating hormone, GnRH), which stimulates the pituitary gland to produce FSH and luteinizing hormone (LH), a hormone related to FSH and also involved in reproduction.  In women of childbearing potential, FSH stimulates the growth and maturation of eggs (follicles) in the ovaries during the follicular phase of the ovarian cycle. The ovarian (or menstrual) cycle is divided into the follicular phase and the luteal phase; each phase lasts approximately 14 days (the follicular phase can be very variable, longer or shorter). During the follicular phase, FSH promotes the production of estradiol by the ovarian follicle, and the two hormones collaborate in the development of the follicle itself. Towards the end of the follicular phase, the concentration of FSH and luteinizing hormone peaks (increases to a maximum). The release of the egg from the ovary (ovulation) occurs soon after these two hormones peak. The hormones inhibin, estradiol, and progesterone control the concentration of FSH released by the pituitary gland. FSH also increases the ability of the ovary to respond to LH.  As the age of the woman increases, as menopause approaches, ovarian function decreases and then ceases and, at the same time, FSH and LH levels increase. In men, FSH stimulates the testes to produce mature sperm and promotes the production of androgen-binding proteins. FSH concentrations are relatively constant in men after puberty. The evolution of FSH levels in men as age increases is less well known.  In children, FSH concentrations increase shortly after birth and then decrease to very low concentrations after six months in males and after 1-2 years in females. Concentrations increase again before the onset of puberty and the development of secondary sexual characteristics Pathologies affecting the hypothalamus, pituitary gland, and/or ovaries or testes can cause the production of increased and decreased amounts of FSH. This phenomenon is related to the development of various pathologies and conditions, such as infertility, abnormal menstrual cycle, early or delayed pubertà.

FOSFATASI ACIDA TOTALE

La fosfatasi acida è un enzima, circolante nel sangue, utilizzato per liberare i gruppi fosforilici attaccati da altre molecole durante la digestione. Deriva da quello contenuto nella prostata, nei globuli rossi, nelle piastrine, nel fegato, nella milza e nei muscoli. La fosfatasi acida è immagazzinata nei lisosomi (vescicole cellulari ricche di enzimi) e funziona quando questi si fondono con gli endosomi (forma intermedia dei lisosomi), questi funzianano tramite acidificazione; quindi è necessario un pH acido ottimale. Aumenta in circolo nel caso di patologie che provocano la distruzione dei tessuti, organi o cellule che la contengono: anemie emolitiche, piastrinopenie, tumori della prostata.

Acid phosphatase is an enzyme, circulating in the blood, used to release phosphoryl groups attacked by other molecules during digestion. It is derived from that contained in the prostate, red blood cells, platelets, liver, spleen and muscles. Acid phosphatase is stored in lysosomes (cell vesicles rich in enzymes) and works when these fuse with endosomes (intermediate form of lysosomes), these function via acidification; therefore an optimal acidic pH is necessary. It increases in circulation in the case of pathologies that cause the destruction of the tissues, organs or cells that contain it: hemolytic anemias, thrombocytopenias, prostate tumors.

FOSFATASI ALCALINA (ALP)

Questo esame misura i livelli di fosfatasi alcalina (ALP) nel sangue. L’ALP è un enzima che si trova in diversi tessuti dell’organismo. Negli individui sani, l’ALP ematica deriva principalmente dal fegato, dall’osso (scheletro), dall’intestino e dai reni. In presenza di patologie del fegato, dell’osso, delle vie biliari o di ostruzione delle vie biliari, l’ALP viene rilasciata nel sangue ed i suoi livelli aumentano.  Nel fegato, la fosfatasi alcalina è presente nelle cellule che rivestono i dotti biliari (piccoli tubi che trasportano la bile dal fegato all’intestino, necessari per facilitare la digestione dei grassi); nelle ossa, invece, è prodotta dagli osteoblasti, cellule coinvolte nella formazione ossea. A seconda del tipo di tessuto che li produce, esistono diversi tipi di fosfatasi alcalina che prendono il nome di isoenzimi.  Il grado di incremento dell’ALP può contribuire ad interpretare il risultato del test. Infatti, concentrazioni estremamente elevate di ALP nel sangue si verificano in seguito all’ostruzione delle vie biliari, causata solitamente dalla presenza di infiammazione della colecisti (colecistite) o di calcoli biliari. Aumenti moderati dell’ALP, invece, possono verificarsi in corso di carcinoma epatico, cirrosi, epatite ed assunzione di farmaci tossici per il fegato.     Qualsiasi condizione clinica in grado di accelerare il turnover osseo, incluso il morbo di Paget, può aumentare la concentrazione di ALP. Bambini ed adolescenti sono caratterizzati da livelli elevati di ALP in circolo, poiché nel loro caso il processo di formazione ossea è ancora in corso. Per questo motivo, i risultati dell’ALP devono essere interpretati utilizzando valori di riferimento differenti per bambini e adulti.     Da sola, la misura dell’ALP non è sufficiente per stabilire la diagnosi di tali patologie; tuttavia, fornisce informazioni importanti per il processo diagnostico. L’entità dell’incremento dell’ALP può riflettere la tipologia o la gravità della patologia presente. Inoltre, è possibile distinguere tra le varie forme (isoenzimi) di ALP prodotte dai differenti tipi di tessuti nell’organismo. Nel caso in cui la rilevazione di segni e sintomi non renda evidente la fonte di ALP (se epatica o ossea), è possibile eseguire ulteriori test per determinare il tipo di isoenzima che risulta aumentato nel sangue.

This test measures the levels of alkaline phosphatase (ALP) in the blood. ALP is an enzyme found in different tissues of the body. In healthy individuals, blood ALP is derived primarily from the liver, bone (skeleton), intestine, and kidneys. In the presence of liver, bone, biliary tract or biliary tract obstruction disorders, ALP is released into the blood and its levels increase.  In the liver, alkaline phosphatase is present in the cells lining the bile ducts (small tubes that carry bile from the liver to the intestines, which are necessary to facilitate the digestion of fats); in bones, however, it is produced by osteoblasts, cells involved in bone formation. Depending on the type of tissue that produces them, there are different types of alkaline phosphatases called isoenzymes.  The degree of ALP increment may contribute to interpret the test result. In fact, extremely high concentrations of ALP in the blood occur following biliary tract obstruction, usually caused by the presence of gallbladder inflammation (cholecystitis) or gallstones. Moderate increases in ALP, on the other hand, can occur during liver carcinoma, cirrhosis, hepatitis and taking drugs that are toxic to the liver.  Any clinical condition that can accelerate bone turnover, including Paget’s disease, can increase ALP concentration. Children and adolescents are characterized by high levels of ALP in circulation, since in their case the bone formation process is still ongoing. For this reason, ALP results must be interpreted using different reference values for children and adults.     Alone, the ALP measure is not sufficient to establish the diagnosis of such pathologies; however, it provides important information for the diagnostic process. The magnitude of the increase in ALP may reflect the type or severity of the pathology present. Furthermore, it is possible to distinguish between the various forms (isozymes) of ALP produced by different types of tissues in the body. If the detection of signs and symptoms does not reveal the source of ALP (whether liver or bone), further tests can be performed to determine the type of isoenzyme that is increased in the blood.

FOSFATASI ALCALINA OSSEA ISOENZIMI

L’osso è una struttura rigida composta perlopiù da tessuto connettivo duro, e costituisce la maggior parte dello scheletro umano. Si tratta di un tessuto vivo e continuamente in crescita e rimodellamento, con un tasso di ricambio di circa il 10% annuo. I marcatori ossei presenti nel sangue e nelle urine rilevano i prodotti del rimodellamento osseo, fornendo un’indicazione riguardo la velocità di riassorbimento e neoformazione ossea, e riguardo la sua eventuale alterazione, indice di una malattia ossea. I marcatori ossei possono essere utilizzati ai fini di una definizione del rischio di sviluppare una malattia ossea o per monitorare il trattamento di persone affette da una di queste malattie, come l’osteoporosi od il morbo di Paget. L’osso è costituito in larga parte da collagene di tipo 1, organizzato in una fitta rete proteica in grado di conferire alla struttura ossea la sua peculiare elasticità, insieme a fosfati di calcio, un complesso mineralizzato responsabile della durezza dell’osso e quindi della sua resistenza. Questa combinazione di collagene e calcio conferisce quindi alle ossa durezza, ma anche flessibilità tali da sopportare il peso e resistere alle sollecitazioni. Più del 99% del calcio di tutto l’organismo è contenuto all’interno delle ossa e nei denti. Il rimanente 1% è presente nel circolo ematico. Nel corso della vita di un individuo, le ossa vengono continuamente rimodellate al fine di mantenere la salute della struttura ossea. Nelle ossa esistono due tipi principali di cellule: gli osteoblasti e gli osteoclasti. Gli osteoblasti sono le cellule deputate alla formazione ossea, ma che inizialmente stimolano gli osteoclasti che assicurano il riassorbimento osseo nelle aree che necessitano di rinnovamento; questo grazie all’azione di alcuni acidi ed enzimi in grado di dissolvere la fitta rete proteica che costituisce l’impalcatura ossea.    L’azione degli osteoblasti prevede la formazione di nuovo tessuto osseo tramite la secrezione di vari componenti in grado di costituire la nuova rete proteica, la quale subisce poi il processo di mineralizzazione grazie al calcio ed al fosfato. Questo continuo processo di rimodellamento osseo avviene in tutto l’organismo, al fine di mantenere la struttura ossea in vita e in salute. Durante l’infanzia e l’adolescenza, la neoformazione ossea avviene più velocemente di quanto avvenga il riassorbimento. Di conseguenza le ossa divengono progressivamente sempre più lunghe, larghe e dense. La formazione ossea avviene più velocemente rispetto al riassorbimento fintanto che la persona non raggiunge il picco di massa ossea (massima densità e forza), intorno ai 25-30 anni.Dopo questo periodo, il riassorbimento osseo comincia progressivamente ad essere più veloce ripetto alla formazione, con conseguenze perdita netta di massa ossea. Il momento in cui una persona comincia ad avvertire i primi sintomi di carenza ossea dipende dalla quantità di ossa formatasi durante il periodo di accrescimento e dal tasso di riassorbimento. In genere le donne sviluppano i sintomi più precocemente rispetto agli uomini, sia perché la massa ossea prodotta durante il picco di produzione è minore, sia per gli effetti della menopausa, durante la quale il riassorbimento osseo può risultare accelerato.Esistono diverse patologie caratterizzate da uno sbilanciamento tra la formazione ed il riassorbimento osseo. I marcatori osseo possono essere utilizzati in quest’ambito, per rilevare quindi eventuali sbilanciamenti. Nella maggior parte dei casi, i marcatori ossei vengono usati nella valutazione e nel monitoraggio dell’osteoporosi, inclusa quella correlata all’età o quella secondaria, nella quale la perdita ossea è dovuta ad altre patologie concomitanti.     Tra queste si possono avere l’artrite reumatoide, l’iperparatiroidismo, il morbo di Cushing, le malattie renali croniche, il mieloma multiplo ma anche le conseguenze derivate dall’uso prolungato di farmaci antiepilettici, glucocorticoidi o litio.   Nei bambini i marcatori ossei sono utili anche nella rilevazione di malattie metaboliche ossee e nel monitoraggio della terapia di queste patologie. Alcuni esempi includono il rachitismo, la malattia di Paget giovanile, l’osteogenesi imperfetta ed il rachitismo ipofosfatemico, un tipo di rachitismo associato a ipofosfatemia con livelli normali di calcio, responsabile della formazione anomala di ossa e denti.

Bone is a rigid structure composed mostly of hard connective tissue, and makes up the majority of the human skeleton. It is a living fabric that is continuously growing and remodeling, with a turnover rate of approximately 10% per year. Bone markers present in blood and urine detect the products of bone remodeling, providing an indication regarding the rate of bone resorption and neoformation, and regarding its possible alteration, indicative of a bone disease. Bone markers can be used to define the risk of developing bone disease or to monitor the treatment of people with one of these diseases, such as osteoporosis or Paget’s disease. Bone is largely made up of type 1 collagen, organized in a dense protein network capable of giving the bone structure its peculiar elasticity, together with calcium phosphates, a mineralized complex responsible for the hardness of the bone and therefore its resistance. This combination of collagen and calcium therefore gives the bones hardness, but also flexibility that supports weight and resists stress. More than 99% of calcium throughout the body is contained within bones and in teeth. The remaining 1% is present in the bloodstream. Over the course of an individual’s life, bones are continually reshaped in order to maintain the health of the bone structure. There are two main types of cells in bones: osteoblasts and osteoclasts. Osteoblasts are the cells responsible for bone formation, but which initially stimulate osteoclasts which ensure bone resorption in areas that need renewal; this is thanks to the action of some acids and enzymes capable of dissolving the dense protein network that constitutes the bone scaffold.  The action of osteoblasts involves the formation of new bone tissue through the secretion of various components capable of constituting the new protein network, which then undergoes the mineralization process thanks to calcium and phosphate. This continuous process of bone remodeling occurs throughout the body, in order to keep the bone structure alive and healthy. During childhood and adolescence, bone neoformation occurs faster than resorption occurs. As a result, the bones become progressively longer, wider and denser. Bone formation occurs faster than resorption until the person reaches peak bone mass (maximum density and strength), around 25-30 years.After this period, bone resorption progressively begins to be faster than formation, resulting in net loss of bone mass. The time a person begins to experience the first symptoms of bone deficiency depends on the amount of bone formed during the growth period and the rate of reabsorption. Generally, women develop symptoms earlier than men, both because the bone mass produced during peak production is less, and because of the effects of menopause, during which bone resorption can be accelerated. There are various pathologies characterized by an imbalance between bone formation and resorption. Bone markers can be used in this area, to therefore detect any imbalances. In most cases, bone markers are used in the evaluation and monitoring of osteoporosis, including age-related or secondary osteoporosis, in which bone loss is due to other concomitant conditions.   These may include rheumatoid arthritis, hyperparathyroidism, Cushing’s disease, chronic kidney disease, multiple myeloma but also the consequences derived from the prolonged use of antiepileptic drugs, glucocorticoids or lithium.   In children, bone markers are also useful in the detection of metabolic bone diseases and in monitoring the therapy of these pathologies. Some examples include rickets, juvenile Paget’s disease, osteogenesis imperfecta, and hypophosphatemic rickets, a type of rickets associated with hypophosphatemia with normal calcium levels, responsible for the abnormal formation of bones and teeth.

FOSFATURIA

Il fosforo è un elemento che si combina con altre sostanze per formare composti fosfati organici ed inorganici. Il termine fosforo e fosfato sono spesso usati come sinonimi, ma in realtà il test misura la concentrazione del fosfato inorganico nel sangue.  I fosfati sono fondamentali per la produzione di energia, per la funzionalità del sistema nervoso e muscolare e per la crescita ossea. Hanno inoltre un ruolo importante come tamponi, aiutando a mantenere l’equilibrio acido-base dell’organismo.  Il fosforo viene introdotto nell’organismo attraverso la dieta. E’ presente in molti alimenti come fagioli, piselli, noci, cereali, latticini, uova, carne di manzo, pollo e pesce, ed è assorbito rapidamente dall’intestino. L’organismo mantiene costanti i livelli di fosforo/fosfati nel sangue regolandone l’assorbimento intestinale e l’escrezione renale. I livelli di fosfati sono anche influenzati dall’azione e l’interazione con l’ormone paratiroideo (PTH), il calcio e la vitamina D.  Carenze di fosforo (ipofosfatemia), si possono avere in caso di malnutrizione, malassorbimento, squilibri acido-base, ipercalcemia, e disordini renali. Livelli alti di fosforo (iperfosfatemia) si possono avere per eccessiva assunzione, per ipocalcemia e per disordini renali.  Carenze di fosforo lievi o moderate, possono essere asintomatiche. Carenze di fosforo gravi possono essere associate a sintomi quali, stanchezza muscolare e stato confusionale. Valori molto alti di fosforo possono comportare sintomi analoghi a quelli osservati in caso di carenza di calcio, quali crampi muscolari, stato confusionale e persino convulsioni.

FOSFORO

Il fosforo è un elemento che si combina con altre sostanze per formare composti fosfati organici ed inorganici. Il termine fosforo e fosfato sono spesso usati come sinonimi, ma in realtà il test misura la concentrazione del fosfato inorganico nel sangue.  I fosfati sono fondamentali per la produzione di energia, per la funzionalità del sistema nervoso e muscolare e per la crescita ossea. Hanno inoltre un ruolo importante come tamponi, aiutando a mantenere l’equilibrio acido-base dell’organismo.  Il fosforo viene introdotto nell’organismo attraverso la dieta. E’ presente in molti alimenti come fagioli, piselli, noci, cereali, latticini, uova, carne di manzo, pollo e pesce, ed è assorbito rapidamente dall’intestino. L’organismo mantiene costanti i livelli di fosforo/fosfati nel sangue regolandone l’assorbimento intestinale e l’escrezione renale. I livelli di fosfati sono anche influenzati dall’azione e l’interazione con l’ormone paratiroideo (PTH), il calcio e la vitamina D.  Carenze di fosforo (ipofosfatemia), si possono avere in caso di malnutrizione, malassorbimento, squilibri acido-base, ipercalcemia, e disordini renali. Livelli alti di fosforo (iperfosfatemia) si possono avere per eccessiva assunzione, per ipocalcemia e per disordini renali.  Carenze di fosforo lievi o moderate, possono essere asintomatiche. Carenze di fosforo gravi possono essere associate a sintomi quali, stanchezza muscolare e stato confusionale. Valori molto alti di fosforo possono comportare sintomi analoghi a quelli osservati in caso di carenza di calcio, quali crampi muscolari, stato confusionale e persino convulsioni.

FRUTTOSAMINA

La fruttosamina è un composto che si forma quando il glucosio si lega alle proteine del siero. Il test misura la quantità totale di fruttosamina (proteina glicosilata) nel sangue.   Il glucosio è la principale fonte di energia delle cellule presenti nel nostro organismo e deve essere assunto in maniera costante tramite la dieta. La molecola di glucosio nel sangue è in grado di legarsi in maniera irreversibile alle proteine circolanti tramite un processo detto glicosilazione o glicazione. Tra le proteine coinvolte, l’albumina è quella maggiormente interessata poiché rappresenta la proteina più abbondante nel siero, la parte fluida del sangue. Allo stesso modo, possono essere glicate anche altre proteine come l’emoglobina, la proteina più abbondante all’interno dei globuli rossi. Maggiore è la quantità di glucosio presente nel sangue, maggiore è la quantità di proteine glicate che si formano. Queste combinazioni di molecole rimangono nel sangue tanto a lungo quanto permangono le proteine o i globuli rossi all’interno del circolo ematico. Pertanto, risultano rappresentative della quantità media di glucosio presente in un determinato periodo di tempo, corrispondente alla vita media delle proteine stesse all’interno del circolo ematico.  Poiché i globuli rossi hanno un’emivita di circa 120 giorni, l’emoglobina glicata (HbA1c) è un indice della concentrazione media di glucosio nel sangue degli ultimi 2-3 mesi. Le proteine sieriche hanno una vita media minore (circa 14-21 giorni); pertanto, le proteine glicate e di conseguenza il test della fruttosamina riflettono i livelli medi di glucosio nel sangue delle 2-3 settimane precedenti l’esecuzione del test.    Nei pazienti diabetici è importante mantenere i livelli di glucosio quanto più possibile all’interno o vicino ai valori di riferimento, in modo da evitare le complicanze ed i danni progressivi che concentrazioni ematiche di glucosio elevate possono comportare. Un buon controllo diabetico viene raggiunto e mantenuto tramite l’auto-monitoraggio giornaliero (o anche più frequente) dei livelli di glucosio in pazienti sotto terapia insulinica e tramite l’occasionale controllo dell’efficacia della terapia tramite i test dell’emoglobina glicata e/o della fruttosamina in laboratorio.

Fructosamine is a compound that is formed when glucose binds to whey proteins. The test measures the total amount of fructosamine (glycosylated protein) in the blood.   Glucose is the main source of energy for the cells present in our body and must be consumed constantly through the diet. The glucose molecule in the blood is able to irreversibly bind to circulating proteins through a process called glycosylation or glycation. Among the proteins involved, albumin is the most affected as it represents the most abundant protein in serum, the fluid part of the blood. Similarly, other proteins such as hemoglobin, the most abundant protein within red blood cells, can also be glycated. The greater the amount of glucose present in the blood, the greater the amount of glycated proteins that form. These combinations of molecules remain in the blood as long as proteins or red blood cells remain within the bloodstream. Therefore, they are representative of the average amount of glucose present in a given period of time, corresponding to the average life of the proteins themselves within the blood circulation.  Because red blood cells have a half-life of about 120 days, glycated hemoglobin (HbA1 c) is an index of the average blood glucose concentration of the past 2 to 3 months. Serum proteins have a shorter average lifespan (approximately 14-21 days); therefore, glycated proteins and consequently the fructosamine test reflect the average blood glucose levels of the 2-3 weeks before the test was performed.      In diabetic patients, it is important to maintain glucose levels as much as possible within or close to reference values, so as to avoid the complications and progressive damage that high blood glucose concentrations may entail. Good diabetic control is achieved and maintained via daily (or even more frequent) self-monitoring of glucose levels in patients on insulin therapy and via occasional control of the efficacy of therapy via glycated hemoglobin and/or fructosamine tests in the laboratory.

FT3

La triiodotironina (T3) è uno dei due principali ormoni prodotti dalla ghiandola tiroidea, un piccolo organo a forma di farfalla localizzato alla base della gola adeso alla trachea. L’altro principale ormone tiroideo è chiamato tiroxina (T4) e insieme sono implicati nei meccanismi di regolazione dell’utilizzo di energia dell’organismo (metabolismo). La triiodotironina viene anche definita T3 poiché contiene tre atomi di iodio, mentre la tiroxina viene anche detta T4 perché ne contiene quattro. La maggior parte del T3 e del T4 presente nel circolo ematico circola legata a proteine di trasporto, ma solo la quota libera (non legata) degli ormoni è biologicamente attiva. I test T3 consentono di misurare la quota libera (fT3) e/o totale (fT3 + T3 libero) dell’ormone.   La tiroide produce perlopiù l’ormone T4 (80%) e solo una piccola parte (20%) di T3. Il T4, dotato di scarsa attività, viene poi convertito nella forma maggiormente attiva, il T3, nel fegato e nel rene.    La concentrazione di T3 è regolata tramite un sistema a feedback, necessario per il mantenimento dell’equilibrio della concentrazione ematica degli ormoni tiroidei. Sono parte di questo meccanismo il T4, il TSH e anche l’ormone deputato alla loro regolazione, ossia il fattore di rilascio della tireotropina (TRH), prodotto dall’ipotalamo.

  • Quando la concentrazione di ormoni tiroidei nel circolo sanguigno diminuisce, l’ipotalamo produce l’ormone di rilascio della tireotropina (TRH) che stimola l’ipofisi a secernere l’ormone tireostimolante (TSH). Questo, a sua volta, stimola la tiroide a produrre e/o a rilasciare una maggiore quantità di ormoni tiroidei
  • L’aumento della concentrazione ematica di ormoni tiroidei inibisce il rilascio di TRH e TSH con conseguente diminuzione della produzione/rilascio di T4 e T3.

Il corretto funzionamento di tutti gli organi (ipotalamo, ipofisi e tiroide) implicati nel meccanismo di regolazione a feedback, assicura il mantenimento dell’equilibrio della concentrazione di ormoni tiroidei circolanti.    La produzione da parte della tiroide di T3 e T4 in eccesso comporta la comparsa di sintomi di ipertiroidismo come ansia, tremori alle mani, calo ponderale, insonnia, gonfiore, irritazione degli occhi e, in alcuni casi, esoftalmo (occhi sporgenti). La malattia di Graves è una delle cause più frequenti di ipertiroidismo.    La produzione da parte della tiroide di quantità non sufficienti di ormoni comporta invece la comparsa di sintomi di ipotiroidismo con riduzione della velocità delle reazioni metaboliche, aumento ponderale, cute secca, astenia e stitichezza. La tiroidite di Hashimoto è una causa comune di ipotiroidismo.    L’ipotiroidismo e l’ipertiroidismo possono essere anche conseguenza della presenza di tiroiditi o tumori della tiroide con carente o eccessiva produzione di TSH. Gli effetti di queste patologie sulla funzionalità tiroidea possono essere monitorati tramite la misura del T3 libero o totale.

 

Triiodothyronine (T3) is one of the two main hormones produced by the thyroid gland, a small butterfly-shaped organ located at the base of the throat attached to the trachea. The other main thyroid hormone is called thyroxine (T4) and together they are involved in regulating the body’s energy use (metabolism). Triiodothyronine is also called T3 because it contains three iodine atoms, while thyroxine is also called T4 because it contains four. Most of the T3 and T4 in the bloodstream circulates bound to transport proteins, but only the free (unbound) portion of the hormones is biologically active. T3 tests measure the free (fT3) and/or total (fT3 + free T3) amount of the hormone. The thyroid gland produces mostly T4 hormone (80%) and only a small amount (20%) of T3. T4, which has little activity, is then converted into the more active form, T3, in the liver and kidneys. The concentration of T3 is regulated by a feedback system, which is necessary to maintain the balance of thyroid hormone concentration in the blood. T4, TSH, and the hormone responsible for their regulation, thyrotropin-releasing hormone (TRH), produced by the hypothalamus, are all part of this mechanism.

When the concentration of thyroid hormones in the bloodstream decreases, the hypothalamus produces thyrotropin-releasing hormone (TRH), which stimulates the pituitary gland to secrete thyroid-stimulating hormone (TSH). This, in turn, stimulates the thyroid to produce and/or release more thyroid hormones.
The increase in the blood concentration of thyroid hormones inhibits the release of TRH and TSH, resulting in a decrease in the production/release of T4 and T3.

The proper functioning of all organs (hypothalamus, pituitary gland, and thyroid) involved in the feedback regulation mechanism ensures that the concentration of circulating thyroid hormones remains balanced. Excess production of T3 and T4 by the thyroid gland leads to the appearance of symptoms of hyperthyroidism such as anxiety, hand tremors, weight loss, insomnia, swelling, eye irritation and, in some cases, exophthalmos (bulging eyes). Graves’ disease is one of the most common causes of hyperthyroidism. Insufficient production of hormones by the thyroid gland leads to the onset of symptoms of hypothyroidism, with a reduction in metabolic rate, weight gain, dry skin, asthenia, and constipation. Hashimoto’s thyroiditis is a common cause of hypothyroidism. Hypothyroidism and hyperthyroidism can also be the result of thyroiditis or thyroid tumors with insufficient or excessive TSH production. The effects of these conditions on thyroid function can be monitored by measuring free or total T3.

FT4

La tiroxina (T4) è uno dei due ormoni principali prodotti dalla tiroide, una piccola ghiandola a forma di farfalla situata alla base del collo, appiattita contro la trachea. L’altro principale ormone è la triiodotironina (T3) che, insieme alla T4, esercita un controllo sulla velocità di consumo dell’energia da parte dell’organismo. In particolare, gli ormoni tiroidei sono necessari per il corretto sviluppo cerebrale durante l’infanzia e per numerose funzioni corporee in età adulta. La tiroxina viene anche definita T4 poichè contiene al suo interno quattro atomi di iodio. La maggior parte della T4 (e della T3) nel sangue circola legata a proteine, mentre la restante parte è libera e rappresenta la forma biologicamente attiva dell’ormone. Questo esame misura la concentrazione del T4 libero nel sangue, ovvero la frazione disponibile per l’ingresso ed il metabolismo nei tessuti dell’organismo.  La T4 costituisce circa l”80% degli ormoni tiroidei. Si tratta di un ormone perlopiù inattivo che però viene convertito nella forma maggiormente attiva, il T3, nel fegato e in altri tessuti.  La produzione di T4 è regolata da un sistema a feedback, tale da mantenere stabile la concentrazione degli ormoni tiroidei nel sangue. Fanno parte di questo sistema a feedback anche il T3, il TSH (ormone tireostimolante) e il TRH (ormone tireotropo) prodotto dall’ipotalamo:

  • Quando la concentrazione ematica di T4 diminuisce, l’ipotalamo produce il TRH, che stimola l’ipofisi a produrre e rilasciare il TSH. Il TSH a sua volta stimola la tiroide a produrre più T4 e T3
  • All’aumentare della concentrazione ematica di ormoni tiroidei, il rilascio di TSH è inibito e di conseguenza anche la produzione degli stessi T4 e T3.

Il corretto funzionamento dei tre organi coinvolti – ipotalamo, ipofisi e tiroide – assicura il mantenimento di concentrazioni stabili degli ormoni tiroidei.    Se la tiroide non produce quantità sufficienti di T4 e di T3, a causa di disfunzioni tiroidee o di produzione insufficiente di TSH, allora la persona affetta può manifestare sintomi di ipotiroidismo, come aumento di peso, secchezza della cute, intolleranza al freddo, ciclo mestruale irregolare e affaticamento. L’ipotiroidismo non trattato, chiamato mixedema, può portare a insufficienza cardiaca, convulsioni e coma. Nei bambini l’ipotiroidismo può arrestare la crescita e ritardare lo sviluppo sessuale. La tiroidite di Hashimoto, una patologia autoimmune, è una causa frequente di ipotiroidismo.     Se la tiroide produce quantità eccessive di T4 e T3, la velocità delle funzioni dell’organismo aumenta con sintomi associati ad ipertiroidismo, come tachicardia, ansia, perdita di peso, difficoltà a dormire, tremori alle mani e gonfiore degli occhi (esoftalmo). Il morbo di Graves è una causa frequente di ipertiroidismo.   Sia l’ipertiroidismo che l’ipotiroidismo possono essere causati da tiroiditi, tumori tiroidei ed eccessiva o scarsa produzione di TSH. Gli effetti di queste patologie sulla produzione di ormoni tiroidei possono essere determinati e monitorati tramite la misura del T4 libero.

 

Thyroxine (T4) is one of the two main hormones produced by the thyroid, a small butterfly-shaped gland located at the base of the neck, flattened against the trachea. The other main hormone is triiodothyronine (T3), which, along with T4, controls the rate of energy consumption by the body. In particular, thyroid hormones are necessary for proper brain development during childhood and for numerous bodily functions in adulthood. Thyroxine is also referred to as T4 because it contains four iodine atoms. Most of the T4 (and T3) in the blood circulates bound to proteins, while the remaining part is free and represents the biologically active form of the hormone. This test measures the concentration of free T4 in the blood, that is, the fraction available for entry and metabolism in the body’s tissues. T4 constitutes about 80% of thyroid hormones. It is mostly an inactive hormone that is converted into the more active form, T3, in the liver and other tissues. The production of T4 is regulated by a feedback system that maintains stable concentrations of thyroid hormones in the blood. This feedback system also includes T3, TSH (thyroid-stimulating hormone), and TRH (thyrotropin-releasing hormone) produced by the hypothalamus:   When the blood concentration of T4 decreases, the hypothalamus produces TRH, which stimulates the pituitary gland to produce and release TSH. TSH in turn stimulates the thyroid to produce more T4 and T3. As the blood concentration of thyroid hormones increases, the release of TSH is inhibited, and consequently, the production of T4 and T3 is also reduced.    The proper functioning of the three involved organs – hypothalamus, pituitary gland, and thyroid – ensures the maintenance of stable concentrations of thyroid hormones. If the thyroid does not produce sufficient amounts of T4 and T3, due to thyroid dysfunctions or insufficient production of TSH, the affected person may exhibit symptoms of hypothyroidism, such as weight gain, dry skin, cold intolerance, irregular menstrual cycle, and fatigue. Untreated hypothyroidism, called myxedema, can lead to heart failure, seizures, and coma. In children, hypothyroidism can halt growth and delay sexual development. Hashimoto’s thyroiditis, an autoimmune condition, is a common cause of hypothyroidism. If the thyroid produces excessive amounts of T4 and T3, the rate of bodily functions increases with symptoms associated with hyperthyroidism, such as tachycardia, anxiety, weight loss, difficulty sleeping, hand tremors, and swelling of the eyes (exophthalmos). Graves’ disease is a common cause of hyperthyroidism. Both hyperthyroidism and hypothyroidism can be caused by thyroiditis, thyroid tumors, and excessive or insufficient production of TSH. The effects of these conditions on the production of thyroid hormones can be determined and monitored by measuring free T4.

G

G6PDH

Questo test misura l’attività della glucosio 6 fosfato deidrogenasi (G6PD) nei globuli rossi ed aiuta a rilevarne un deficit. La G6PD è un enzima deputato alla produzione di energia. È presente in tutte le cellule, inclusi i globuli rossi, ed ha un ruolo nella protezione delle stesse da alcuni effetti tossici dei prodotti del metabolismo cellulare. Se è presente una attività insufficiente della G6PD, i globuli rossi diventano più vulnerabili ai danni ossidativi e possono andare incontro ad emolisi. La carenza di G6PD è una patologia ereditaria. Se una persona affetta da questa patologia viene esposta a stress, infezioni, alcuni farmaci o altre sostanze che creino stress ossidativo, la membrana esterna dei globuli rossi va incontro ad alterazioni strutturali che ne determinano la fragilità. L’emoglobina, la proteina responsabile del trasporto dell’ossigeno all’interno dei globuli rossi, precipita formando dei depositi noti con il nome di corpi di Heinz. Alcune persone sviluppano questo tipo di reazioni in seguito all’ingestione di fave; per questo motivo questa patologia è nota anche con il nome di favismo. La distruzione dei globuli rossi secondaria a questi processi, può portare ad anemia emolitica con il conseguente sviluppo di ittero, debolezza, pallore e/o difficoltà respiratorie. Il deficit di G6PD è il difetto enzimatico più comune al mondo, colpendo circa 400 milioni di persone. Trattandosi di una patologia ereditaria, può essere trasmessa alla prole. Le mutazioni o le variazioni del gene della G6PD possono portare alla produzione di un enzima della G6PD con funzione e/o stabilità diminuita. Questo si manifesta come una diminuzione dei livelli di attività dell’enzima. Esistono più di 440 varianti di deficit di G6PD. Queste mutazioni sono localizzate sul cromosoma X; poiché i maschi presentano una sola copia del cromosoma X e una del cromosoma Y, la presenza dell’unica copia del cromosoma X con il gene mutato determinerà lo sviluppo della patologia. Gli individui di sesso femminile hanno due cromosomi X e quindi due geni della G6PD. Le femmine eterozigoti (cioè quelle che sono portatrici di un solo gene mutato) producono sia globuli rossi con un deficit di G6PD che senza deficit. Per questo motivo sono frequentemente asintomatiche, mostrando solo una lieve forma di carenza in particolari situazioni di stress. Le donne possono trasmettere la copia del gene mutato ai figli maschi. Raramente, una donna può essere omozigote, avendo due geni della G6PD alterati (la stessa o differenti mutazioni), e esprimere un deficit di G6PD conclamato. Nei neonati, il deficit di G6PD può causare ittero persistente – pelle e occhi gialli causati da alti livelli di bilirubina. Se non trattato, questo può portare ad un significativo danno dell’encefalo e ritardo mentale La maggior parte delle persone con deficit di G6PD può condurre una vita normale, limitandosi ad evitare alcuni tipi di farmaci o alimenti. Deve infatti essere evitata l’assunzione di farmaci some l’aspirina, alcuni antibiotici, i farmaci antimalarici, alimenti come le fave e altre sostanze chimiche come il naftalene (consultare qui l’elenco fornito dall’Associazione Italiana Favismo). Anche le infezioni batteriche e virali possono scatenare un episodio emolitico, così come l’acidosi. Le persone affette da favismo devono consultare il proprio medico per ottenere una lista completa degli alimenti e delle sostanze potenzialmente pericolose. In corso di anemia emolitica, i globuli rossi vengono distrutti ad una velocità superiore alla norma e il paziente può manifestare la carenza di ossigeno con conseguente pallore e senso di stanchezza e, nei casi più gravi, ittero. La maggior parte di questi episodi sono auto limitanti, ma talvolta la distruzione eritrocitaria è tale da comportare la necessità di trasfusioni. Una piccola percentuale dei pazienti affetti da deficit di G6PD può sviluppare anemia cronica.

This test measures the activity of glucose 6 phosphate dehydrogenase (G6PD) in red blood cells and helps detect a deficiency. G6PD is an enzyme responsible for energy production. It is present in all cells, including red blood cells, and has a role in protecting them from some toxic effects of the products of cellular metabolism. If insufficient G6PD activity is present, red blood cells become more vulnerable to oxidative damage and may undergo hemolysis. G6PD deficiency is a hereditary disease. If a person suffering from this pathology is exposed to stress, infections, some drugs or other substances that create oxidative stress, the external membrane of the red blood cells undergoes structural alterations that determine its fragility. Hemoglobin, the protein responsible for transporting oxygen within red blood cells, precipitates to form deposits known as Heinz bodies. Some people develop these types of reactions following ingestion of broad beans; for this reason, this pathology is also known by the name of favism. The destruction of red blood cells secondary to these processes can lead to hemolytic anemia with the consequent development of jaundice, weakness, paleness and/or breathing difficulties. G6PD deficiency is the most common enzyme defect in the world, affecting approximately 400 million people.  Since it is a hereditary pathology, it can be transmitted to offspring. Mutations or variations in the G6PD gene can lead to the production of a G6PD enzyme with decreased function and/or stability. This manifests as a decrease in enzyme activity levels. There are more than 440 variants of G6PD deficiency These mutations are localized on the X chromosome; since males have only one copy of the X chromosome and one of the Y chromosome, the presence of the only copy of the X chromosome with the mutated gene will determine the development of the pathology. Female individuals have two X chromosomes and therefore two G6PD genes. Heterozygous females (i.e. those who carry only one mutated gene) produce both red blood cells with a G6PD deficiency and no deficiency. For this reason they are frequently asymptomatic, showing only a mild form of deficiency in particular stressful situations. Women can pass on the copy of the mutated gene to their sons. Rarely, a woman may be homozygous, having two altered G6PD genes (the same or different mutations), and express a full-blown G6PD deficiency. In newborns, G6PD deficiency can cause persistent jaundice – yellow skin and eyes caused by high levels of bilirubin. If left untreated, this can lead to significant brain damage and mental retardation.  Most people with G6PD deficiency can lead a normal life, simply avoiding certain types of medications or foods. In fact, taking drugs such as aspirin, some antibiotics, antimalarial drugs, foods such as broad beans and other chemical substances such as naphthalene must be avoided (consult the list provided by the Italian Favism Association here). Bacterial and viral infections can also trigger a hemolytic episode, as can acidosis. People with favism should consult their doctor to obtain a complete list of potentially dangerous foods and substances. During hemolytic anemia, red blood cells are destroyed at a higher than normal rate and the patient may experience oxygen deficiency resulting in paleness and a sense of tiredness and, in the most serious cases, jaundice. Most of these episodes are self-limiting, but sometimes the erythrocyte destruction is such that transfusions are required. A small percentage of patients with G6PD deficiency may develop chronic anemia.

GADA ANTICORPI Ab (GAD)

Gli autoanticorpi coinvolti nell’autoimmunità del diabete sono proteineprodotte dal sistema immunitario associate al diabete di tipo I (presenti nel 95-98% delle persone affette da diabete mellito di tipo I).  Questo esame consente di rilevare la presenza di uno o più di questi autoanticorpi nel sangue.  Il diabete mellito di tipo I è una patologia caratterizzata dalla carenza di insulina dovuta ad un processo autoimmune responsabile della distruzione delle cellule beta del pancreas, produttrici insulina. Gli autoanticorpi possono essere presenti prima della diagnosi di diabete di tipo I (pre-diabete), lo sono di solito alla diagnosi e la loro frequenza diminuisce nel corso dei 5-10 anni successivi alla diagnosi.  Gli autoanticorpi, pur evidenziando la presenza di un processo autoimmune responsabile della distruzione delle cellule beta, non sono considerati la causa del diabete di tipo I. Il diabete mellito di tipo II è invece dovuto alla resistenza dell’organismo agli effetti dell’insulina (insulino resistenza) associata alla progressiva diminuzione della produzione di insulina, senza il coinvolgimento di meccanismi autoimmunitari.  Il diabete di tipo I era noto come diabete giovanile o insulino-dipendente; è stato poi ricaratterizzato per riflettere la carenza assoluta di insulina. Alla diagnosi di diabete di tipo I, sono rilevabili un tipo o più tipi di autoanticorpi nel 95% degli affetti. Nel diabete di tipo II, gli autoanticorpi sono di norma assenti.

I cinque principali autoanticorpi correlati al diabete sono:  Anticorpi citoplasmatici anti-insula pancreatica (ICA) –  Anticorpi anti-decarbossilasi dell’acido glutammico (GADA) – Anticorpi-2 associati all’insulinoma (IA-2A) – Anticorpi anti-insulina (IAA) – Anticorpi anti-trasportatore dello zinco 8 (ZnT8A)

Per maggiori informazioni, consultare la sezione Approfondimenti.Circa il 10% di tutti i casi di diabete diagnosticati è di tipo I (autoimmune); la maggior parte dei casi sono diagnosticati prima dei 20 anni anche se il diabete di tipo I può manifestarsi in persone di qualsiasi età. I sintomi del diabete, come la minzione frequente, la sete, la perdita di peso e la scarsa guarigione delle ferite, emergono quando circa l’80-90% delle cellule beta del pancreas sono state distrutte e non sono più in grado di produrre insulina.L’organismo necessita d’insulina quotidianamente, affinché il glucosio possa entrare nelle cellule ed essere usato per la produzione di energia. Senza una quantità di insulina sufficiente, le cellule non ricevono l’apporto adeguato di glucosio e il paziente va incontro a iperglicemia (concentrazione di glucosio elevata nel sangue). L’iperglicemia acuta può provocare una crisi diabetica (chetoacidosi diabetica, stato iperglicemico-iperosmolare o una combinazione di entrambi). L’iperglicemia cronica può danneggiare la parete dei vasi, i nervi ed alcuni organi, tra cui i reni.

Autoantibodies involved in diabetes autoimmunity are immune-produced proteins associated with type I diabetes (present in 95-98% of people with type I diabetes mellitus).  This test allows you to detect the presence of one or more of these autoantibodies in the blood.  Type I diabetes mellitus is a pathology characterized by insulin deficiency due to an autoimmune process responsible for the destruction of the beta cells of the pancreas, which produce insulin. Autoantibodies may be present before the diagnosis of type I diabetes (pre-diabetes), are usually present at diagnosis, and their frequency decreases over the 5 to 10 years following diagnosis.  Autoantibodies, while highlighting the presence of an autoimmune process responsible for the destruction of beta cells, are not considered the cause of type I diabetes. Type II diabetes mellitus is instead due to the resistance of the body to the effects of insulin (insulin resistance) associated with the progressive decrease in insulin production, without the involvement of autoimmune mechanisms.  Type I diabetes was known as juvenile or insulin-dependent diabetes; it was then recharacterized to reflect absolute insulin deficiency. At the diagnosis of type I diabetes, one type or more types of autoantibodies are detectable in 95% of those affected. In type II diabetes, autoantibodies are uFor more information, see the Insights section. Approximately 10% of all diagnosed diabetes cases are type I (autoimmune); most cases are diagnosed before the age of 20 although type I diabetes can occur in people of any age. Symptoms of diabetes, such as frequent urination, thirst, weight loss, and poor wound healing, emerge when approximately ’80-90% of the beta cells in the pancreas have been destroyed and are no longer able to produce insulin. The body needs insulin daily, so that glucose can enter the cells and be used for energy production. Without sufficient insulin, the cells do not receive the adequate supply of glucose and the patient experiences hyperglycaemia (high blood glucose concentration). Acute hyperglycemia can result in diabetic crisis (diabetic ketoacidosis, hyperglycemic-hyperosmolar state, or a combination of both). Chronic hyperglycemia can damage the vessel wall, nerves, and some organs, including the kidneys.sually absent. The five main diabetes-related autoantibodies are: Pancreatic anti-insula cytoplasmic antibodies (ICA) – Glutamic acid anti-decarboxylase antibodies (GADA) – Insulinoma-associated antibodies-2 (IA-2A) – Anti-insulin antibodies (IAA) – Anti-transporter antibodies zinc 8 (ZnT8A). 

GAMMA GLUTAMIL TRANSPEPTIDASI (GGT)

Questo esame misura i livelli di Gamma- glutamil transferasi (GGT) nel sangue. La GGT è un enzima che si trova in molti organi, principalmente nelle cellule del fegato. Negli individui sani i livelli di GGT sono bassi; al contrario, quando il fegato o le vie biliari sono danneggiati a causa di varie patologie, la GGT viene rilasciata nel sangue e i suoi livelli aumentano.  La GGT è di solito il primo enzima epatico che aumenta nel sangue se uno dei dotti che trasposta la bile dal fegato all’intestino si ostruisce, ad esempio in seguito a un tumore o a un calcolo. Per questo motivo, risulta essere l’enzima epatico più sensibile nel rilevare la presenza di problemi alle vie biliari.  Tuttavia, la GGT non è molto specifica e non è utile nel differenziare tra le varie cause di danno epatico poiché i suoi livelli aumentano sia in presenza di vari tipi di malattie del fegato, quali cancro ed epatiti virali, che in presenza di patologie di origine non-epatica, quali la sindrome coronarica acuta; le sue concentrazioni plasmatiche aumentano anche in seguito ad assunzione di farmaci (ad esempio barbiturici o antiepilettici, vedi più avanti) o alcol. Per questa ragione l’utilizzo della GGT da sola non è raccomandato in routine, bensì in associazione ad altri test in grado di determinare la causa dell’aumento come alanina aminotransferasi (ALT) o  fosfatasi alcalina (ALP). Sia la GGT che ALT che ’ALP aumentano nelle patologie epatiche, ma solo l’ALP aumenta anche nelle malattie dell’osso. Perciò la GGT può essere impiegata come follow-up di un livello di ALP incrementato, per determinare se questo risultato sia attribuibile al fegato (aumento anche di GGT e di ALT) o alle ossa (aumento solo di ALP).  Le concentrazioni di GGT talvolta aumentano in seguito al consumo di anche piccole quantità di alcol. Livelli estremamente maggiori di questo enzima sono solitamente rilevati nei bevitori cronici, rispetto a chi beve occasionalmente (2-3 bicchieri al giorno). La GGT può essere utilizzata per valutare il paziente per l’abuso d’alcol acuto o cronico.

This test measures the levels of Gamma-glutamyl transferase (GGT) in the blood. GGT is an enzyme found in many organs, mainly in liver cells. In healthy individuals, GGT levels are low; on the contrary, when the liver or biliary tract is damaged due to various pathologies, GGT is released into the blood and its levels increase.  GGT is usually the first liver enzyme that increases in the blood if one of the ducts that transposes bile from the liver to the intestine becomes blocked, for example following a tumour or a stone. For this reason, it turns out to be the most sensitive liver enzyme in detecting the presence of biliary tract problems.  However, GGT is not very specific and is not useful in differentiating between the various causes of liver damage since its levels increase both in the presence of various types of liver diseases, such as cancer and viral hepatitis, and in the presence of pathologies of origin non-hepatic, such as acute coronary syndrome; its plasma concentrations also increase following the intake of drugs (for example barbiturates or antiepileptics, see below) or alcohol.  For this reason, the use of GGT alone is not recommended routinely, but rather in association with other tests capable of determining the cause of the increase such as alanine aminotransferase (ALT) or alkaline phosphatase (ALP). Both GGT and ALT and ’ALP increase in liver disease, but only ALP also increases in bone disease. Therefore GGT can be used as a follow-up of an increased ALP level, to determine whether this result is attributable to the liver (also increased GGT and ALT) or to the bones (increased ALP only).  GGT concentrations sometimes increase following the consumption of even small quantities of alcohol. Extremely higher levels of this enzyme are usually detected in chronic drinkers, compared to those who drink occasionally (2-3 glasses per day). GGT can be used to assess the patient for acute or chronic alcohol abuse.

GARDENAL

L’esame misura la quantità di Fenobarbital nel sangue. Il Fenobarbital è un barbiturico a lunga durata d’azione, un farmaco antiepilettico e sedativo che è in grado di deprimere l’attività del sistema nervoso. Viene prescritto nel trattamento dell’epilessia e di altre sindromi convulsive, in relazione alla sua capacità di stabilizzare l’attività elettrica del sistema nervoso centrale.  È importante mantenere stabili i livelli di fenobarbital nel sangue, all’interno dei valori di concentrazione terapeutica. Nel caso in cui i livelli del farmaco siano troppo bassi, possono manifestarsi convulsioni o stati d’ansia. Se i livelli del farmaco sono troppo alti, possono manifestarsi effetti collaterali o addirittura tossicità. Gli effetti tossici includono sonnolenza, stato confusionale, mancata coordinazione dei movimenti muscolari volontari (atassia), i quali possono influire sul normale svolgimento delle attività abituali, come la capacità di guidare. I pazienti trattati in maniera cronica con questo farmaco, possono sviluppare un fenomeno di tolleranza agli effetti sedativi del farmaco e diventarne dipendenti.  È difficile mantenere stabili all’interno delle concentrazioni terapeutiche i livelli di farmaco nel sangue. La finestra terapeutica del farmaco (i livelli entro i quali il farmaco è efficace senza essere associato ad effetti collaterali tossici), anche detta indice terapeutico, è molto ristretta. Pertanto il monitoraggio del farmaco è molto importante. Il Fenobarbital metabolizzato dagli enzimi epatici ed eliminato con l’urina con una velocità che dipende dall’età del paziente e dal suo stato di salute complessivo. Pertanto, il farmaco può impiegare da pochi giorni fino a qualche settimana per essere eliminato, in rapporto all’età del paziente, al suo stato di salute e alla dose di somministrazione. Una volta che l’organismo ha raggiunto la capacità massima di metabolizzare il farmaco, anche piccoli aumenti del dosaggio del farmaco possono comportare aumenti consistenti della sua concentrazione nel sangue, con conseguente manifestazione di effetti collaterali e tossicità.  Il clinico deve monitorare la risposta del paziente al farmaco per stabilire che i suoi livelli siano mantenuti all’interno del range terapeutico e per determinare il dosaggio più appropriato per il trattamento del singolo paziente. Solitamente, il dosaggio del Fenobarbital viene richiesto all’inizio della terapia e ad intervalli regolari durante la terapia, per valutare il corretto andamento della terapia. Poiché alcuni farmaci possono interferire con il metabolismo del Fenobarbital, il dosaggio può essere richiesto anche nel caso di inizio di una nuova terapia farmacologia concomitante.

The test measures the amount of Phenobarbital in your blood. Phenobarbital is a long-acting barbiturate, an antiepileptic and sedative drug that is able to depress the activity of the nervous system. It is prescribed in the treatment of epilepsy and other seizure syndromes, in relation to its ability to stabilize the electrical activity of the central nervous system.  It is important to maintain stable blood phenobarbital levels, within therapeutic concentration values. In case the drug levels are too low, seizures or anxiety states may occur. If drug levels are too high, side effects or even toxicity may occur. Toxic effects include drowsiness, confusion, lack of coordination of voluntary muscle movements (ataxia), which can affect the normal performance of usual activities, such as the ability to drive. Patients treated chronically with this drug can develop a phenomenon of tolerance to the sedative effects of the drug and become dependent on it.  It is difficult to keep drug levels in the blood stable within therapeutic concentrations. The therapeutic window of the drug (the levels within which the drug is effective without being associated with toxic side effects), also called therapeutic index, is very narrow. Therefore monitoring the drug is very important. Phenobarbital metabolized by liver enzymes and eliminated with urine at a rate that depends on the age of the patient and their overall health status. Therefore, the drug can take from a few days up to a few weeks to be eliminated, in relation to the age of the patient, his state of health and the dose of administration. Once the body has reached its maximum capacity to metabolize the drug, even small increases in the dosage of the drug can result in large increases in its concentration in the blood, resulting in the manifestation of side effects and toxicity.  The clinician should monitor the patient’s response to the drug to establish that his or her levels are maintained within the therapeutic range and to determine the most appropriate dosage for individual patient treatment. Usually, the dosage of Phenobarbital is requested at the beginning of therapy and at regular intervals during therapy, to evaluate the correct progress of therapy. Since some drugs can interfere with the metabolism of Phenobarbital, the dosage may also be required if starting a new concomitant pharmacological therapy

 

GASTRINA

La gastrina è un ormone prodotto dalle “cellule G”, presenti in un’area dello stomaco chiamata antro. Questo ormone regola la produzione di acidi nello stomaco durante il processo digestivo. Questo esame misura la concentrazione di gastrina nel sangue ed è utile nella valutazione di soggetti che presentano ulcera peptica e/o altri sintomi addominali gravi.L’introduzione del cibo all’interno dello stomaco stimola la distensione delle pareti dello stesso e quindi il rilascio di gastrina. La gastrina stimola le cellule parietali a produrre acido gastrico. L’aumento dell’acidità consente la digestione del cibo introdotto e inibisce l’ulteriore rilascio di gastrina. Questo sistema a feedback determina la presenza di basse concentrazioni di gastrina nel sangue, in modo particolare a digiuno. Rare patologie, quali l’iperplasia delle cellule G e la sindrome di Zollinger-Ellison (ZE), possono provocare una sovrapproduzione di gastrina e di acido gastrico, che possono portare a un’ulcera peptica, difficile da trattare. Il gastronoma è un tumore secernente gastrina. La sindrome ZE è causata dalla presenza di uno o più gastrinomi ed è caratterizzata da alti livelli di gastrina, che aumentano ampiamente la produzione di acido nello stomaco e le ulcere peptiche. Più della metà dei gastrinomi sono di tipo maligno, ossia possono diffondersi in altre parti dell’organismo, come il fegato. Anche i tumori piccoli possono produrre grandi quantità di gastrina.

GASTROPANEL

I parametri valutati mediante Gastropanel, Pepsinogeni, Gastrina 17 e Anticorpi Helycobacter Pylori, vengono messi in relazione a età, sesso, patologie e farmaci del Paziente. Nella misurazione dei Pepsinogeni si dosa il Pepsinogeno di tipo I, che è prodotto dalle cellule della zona corpo-fondo dello stomaco e il Pepsinogeno II, che è prodotto da tutto lo stomaco e dal duodeno. Il rapporto tra Pepsinogeno I e Pepsinogeno II consente di stabilire la zona dello stomaco affetta dalla patologia. La Gastrina 17 è un ormone prodotto dalla zona antrale dello stomaco e i suoi valori sono in relazione al pH gastrico. Un valore basso indica una patologia antrale dello stomaco, mentre un aumento produce uno stimolo nella secrezione di acido cloridrico (HCL).  Gli Anticorpi Helycobacter Pylori consentono di valutare se è avvenuta una infezione da parte di questo batterio che si annida nella mucosa gastrica, causando infiammazioni permanenti, che in molti casi possono evolvere in ulcera peptica ed in seguito in carcinoma gastrico.

The parameters evaluated using Gastropanel, Pepsinogens, Gastrin 17 and Helycobacter Pylori Antibodies are related to the patient’s age, sex, pathologies and drugs. In the measurement of Pepsinogens, Pepsinogen type I is measured, which is produced by the cells of the body-bottom area of the stomach, and Pepsinogen II, which is produced by the entire stomach and duodenum. The ratio between Pepsinogen I and Pepsinogen II allows us to establish the stomach area affected by the pathology. Gastrin 17 is a hormone produced by the antral area of the stomach and its values are related to gastric pH. A low value indicates an antral pathology of the stomach, while an increase produces a stimulus in the secretion of hydrochloric acid (HCL).  The Helycobacter Pylori Antibodies allow us to evaluate whether an infection has occurred by this bacterium which lurks in the gastric mucosa, causing permanent inflammation, which in many cases can evolve into peptic ulcers and subsequently into gastric .cancer

GENOTIPIZZAZIONE EPATITE C

L’HCV è endemico in tutto il mondo e costituisce un serio problema di salute. L’HCV è il principale agente eziologico dell’epatite cronica non-A e non-B. La presenza degli anticorpi verso l’HCV indica che un soggetto potrebbe essere stato infettato dall’HCV o che potrebbe essere in grado di trasmettere l’infezione da HCV. Almeno 170 milioni di persone in tutto in mondo sono cronicamente infettate dall’HCV.L’infezione da HCV è spesso asintomatica; tuttavia, la maggioranza (oltre l’80%) dei soggetti esposti all’HCV diventa cronicamente infetta. Nel 20% dei soggetti cronicamente infetti, la malattia evolve in cirrosi, insufficienza epatica e, in alcun casi, carcinoma epatocellulare o colangiocarcinoma.
Nonostante l’elevato numero di soggetti cronicamente infettati da HCV, l’incidenza annuale delle infezioni da HCV nei paesi sviluppati è diminuita notevolmente nel corso degli ultimi decenni. Tale diminuzione è stata attribuita ai migliori standard di vita e alle maggiori misure di pubblica sanità all’interno della comunità medica come lo screening del sangue e dei prodotti ematici, l’utilizzo di aghi e siringhe monouso e l’adozione di precauzioni universali in tutto il sistema sanitario.
Le modalità di trasmissione dell’HCV più comuni sono le seguenti: trasfusioni di sangue, uso di droghe per endovena, piercing o tatuaggi (non eseguiti con garanzie igienico sanitarie) esposizione nosocomiale, rapporti sessuali, contagio familiare casuale, tecniche per la riproduzione assistita e trasmissione da madre a neonato durante la gravidanza, il parto o il periodo post-parto.
Il genoma dell’HCV è composto da diverse regioni funzionali: il nucleo, l’involucro (che include le regioni E1 e E2) e la regione non strutturale (che include le regioni NS2, NS3, NS4 e NS5).
Gli immunodosaggi per il rilevamento degli anticorpi verso l’HCV utilizzano una combinazione di proteine sintetiche o ricombinanti come antigeni. In caso di positività al test di screening, occorre controllare il risultato mediante test di conferma (western blot).

HCV is endemic worldwide and a serious health problem. HCV is the major causative agent of chronic non-A and non-B hepatitis. The presence of the antibodies to HCV indicates that a subject may have been infected with HCV or that they may be able to transmit the HCV infection. At least 170 million people worldwide are chronically infected with HCV.HCV infection is often asymptomatic; however, the majority (over ’80%) of those exposed to HCV become chronically infected. In 20% of chronically infected subjects, the disease evolves into cirrhosis, liver failure and, in no case, hepatocellular carcinoma or cholangiocarcinoma.
Despite the high number of subjects chronically infected with HCV, the annual incidence of HCV infections in developed countries has declined markedly over the last decades. That decrease was attributed to better living standards and increased public health measures within the medical community such as screening for blood and blood products, using disposable needles and syringes, and taking universal precautions throughout the health system.
The most common modes of HCV transmission are as follows: blood transfusions, intravenous drug use, piercings or tattoos (not performed with health and hygiene guarantees) nosocomial exposure, sexual intercourse, casual family contagion, techniques for assisted reproduction, and mother-to-newborn transmission during pregnancy, delivery, or the postpartum period. The HCV genome is composed of several functional regions: the nucleus, the envelope (which includes the E1 and E2 regions), and the nonstructural region (which includes the NS2, NS3, NS4, and NS5 regions).
Immunoassays for the detection of antibodies to HCV use a combination of synthetic or recombinant proteins as antigens. If the screening test is positive, the result must be checked using a confirmatory test (western blot).

GH

L’IGF-1 (insulin-like growth factor-1) (somatomedina C)  è un ormone che, insieme all’ormone della crescita (GH), promuove un’appropriata crescita delle ossa e dei tessuti consentendo un normale sviluppo. Questo esame misura la quantità di IGF-1 nel sangue.  L’IGF-1 viene prodotto principalmente nel fegato, nel muscolo scheletrico e in altri tessuti sensibili alla stimolazione da parte del GH. L’IGF-1 media gli effetti del GH, stimolando la crescita delle ossa e di altri tessuti e promuovendo la produzione della massa muscolare. Inoltre, IGF-1 svolge un ruolo essenziale nel metabolismo del glucosio e dei lipidi ed è implicato nell’insorgenza della sindrome metabolica.  Normalmente, il GH viene rilasciato nel circolo ematico in maniera intermittente durante il giorno e la notte, rendendo la singola misura del GH nel sangue di difficile interpretazione. L’IGF-1 rispecchia il deficit o l’eccesso di GH, ma, diversamente dal GH, i livelli plasmatici di IGF-1 non variano nel corso della giornata. Questo rende IGF-1 un buon indicatore dei livelli medi di GH; pertanto, viene spesso utilizzato per valutare il deficit o l’eccesso di GH.

IGF-1 e Deficit di GH

Analogamente al GH, anche i livelli di IGF-1 sono normalmente bassi nei primi anni di vita, per poi aumentare in maniera graduale durante l’infanzia, raggiungere un picco durante la pubertà e diminuire nell’età adulta. Il deficit di GH e IGF-1 può essere causato da:

  • pisfunzioni dell’ipofisi, con conseguente diminuzione della produzione degli ormoni ipofisari (ipopituitarismo)
  • presenza di tumori dell’ipofisi non GH-secernenti, che danneggiano le cellule dell’ipofisi responsabili della produzione di ormoni
  • perdita di sensibilità all’azione del GH; questa condizione può essere causata da disordini primari (genetici) o secondari, quali malnutrizione, ipotiroidismo, deficit degli ormoni sessuali, patologie epatiche e renali e sindromi congenite. L’insensibilità (o resistenza) al GH è un evento estremamente raro, di cui sono stati diagnosticati complessivamente circa 300 casi a livello globale.

Il deficit di IGF-1 nei bambini può inibire la crescita delle ossa ed il normale sviluppo, con conseguente bassa statura dei soggetti affetti. Negli adulti, la diminuzione della produzione di IGF-1 può causare diminuzione della densità ossea, della massa muscolare ed alterazione dei livelli lipidici nel sangue. Tuttavia, questi test non sono effettuati routinariamente negli adulti che presentano tale sintomatologia, poichè il deficit di GH, e di conseguenza di IGF-1, è un evento estremamente raro.

IGF-1 e Eccesso di GH

L’eccesso di GH e di IGF-1 può causare la crescita anomala dell’intero scheletro ed altri segni e sintomi caratteristici di due rare condizioni, il gigantismo (nei bambini) e l’acromegalia (negli adulti), caratterizzati rispettivamente da una crescita anomala delle ossa lunghe (persone molto alte e con mani e piedi molto grandi) ed ispessimento delle ossa e rigonfiamento dei tessuti molli, come quelli del naso. Diversamente dal gigantismo, gli adulti con acromegalia non sono caratterizzati da una crescita in altezza. Entrambe queste patologie possono portare a complicanze come l’ingrossamento degli organi interni (cuore, fegato, reni, milza, ghiandola tiroide/paratiroide, pancreas), diabete di tipo 2, aumentato rischio di patologie cardiovascolari, ipertensione, artrite, lieve aumento del rischio di cancro (mammella, colon, prostata, polmone) e diminuzione della vita media. Generalmente, l’eccessiva produzione di GH è imputabile alla presenza di un adenoma ipofisario, un tumore a crescita lenta e solitamente benigno che stimola l’ipofisi a produrre quantità eccessive di GH. Solitamente, questo tipo di tumore può essere rimosso chirurgicamente e/o trattato con farmaci o radiazioni. Nella maggior parte dei casi, questi trattamenti determinano la riduzione dei livelli di GH e di IGF-1, che tornano a livelli normali (o quasi).

 

IGF-1 (insulin-like growth factor-1) (somatomedin C) is a hormone that, together with growth hormone (GH), promotes appropriate bone and tissue growth allowing normal development. This test measures the amount of IGF-1 in the blood.  IGF-1 is produced primarily in the liver, skeletal muscle, and other tissues sensitive to stimulation by GH. IGF-1 mediates the effects of GH, stimulating the growth of bone and other tissues and promoting muscle mass production. In addition, IGF-1 plays an essential role in glucose and lipid metabolism and is implicated in the onset of metabolic syndrome.  Normally, GH is released into the bloodstream intermittently during the day and night, making the single measurement of GH in the blood difficult to interpret. IGF-1 mirrors GH deficiency or excess, but, unlike GH, plasma IGF-1 levels do not vary throughout the day. This makes IGF-1 a good indicator of average GH levels; therefore, it is often used to assess GH deficiency or excess. IGF-1 and GH deficiency  Similar to GH, IGF-1 levels are normally low in the first years of life, then gradually increase during childhood, peak during puberty, and decrease in adulthood. GH and IGF-1 deficiency can be caused by  pituitary pisfunctions, resulting in decreased pituitary hormone production (hypopituitarism)  presence of non-GH-secreting pituitary tumors, which damage pituitary cells responsible for hormone production  loss of sensitivity to the action of GH; this condition can be caused by primary (genetic) or secondary disorders, such as malnutrition, hypothyroidism, sex hormone deficiency, liver and kidney disease, and congenital syndromes. Insensitivity (or resistance) to GH is an extremely rare event, of which a total of about 300 cases have been diagnosed globally. IGF-1 deficiency in children can inhibit bone growth and normal development, resulting in the short stature of affected individuals. In adults, decreased IGF-1 production can cause decreased bone density, muscle mass and impaired blood lipid levels. However, these tests are not routinely carried out in adults who present such symptoms, as GH deficiency, and consequently IGF-1, is an extremely rare event.  IGF-1 and Excess GH  Excess GH and IGF-1 can cause abnormal growth of the entire skeleton and other signs and symptoms characteristic of two rare conditions, gigantism (in children) and acromegaly (in adults), characterized by abnormal growth of long bones (very tall people with very large hands and feet) and thickening of bones and swelling of soft tissues, respectively like those on the nose. Unlike gigantism, adults with acromegaly are not characterized by growth in height. Both of these conditions can lead to complications such as enlargement of internal organs (heart, liver, kidneys, spleen, thyroid/parathyroid gland, pancreas), type 2 diabetes, increased risk of cardiovascular conditions, hypertension, arthritis, mild increased risk of cancer (breast, colon, prostate, lung) and decreased mean life.  Generally, excessive GH production is attributable to the presence of a pituitary adenoma, a slow-growing and usually benign tumor that stimulates the pituitary gland to produce excessive amounts of GH. Usually, this type of tumor can be surgically removed and/or treated with drugs or radiation. In most cases, these treatments cause the reduction of GH and IGF-1 levels, which return to normal (or almost normal) levels.

GICA (CA 19.9)

Questo esame misura la concentrazione dell’antigene carboidratico 19-9 (CA 19-9) nel sangue o in altri liquidi biologici. Il CA 19-9 è una proteina presente sulla superficie cellulare in alcuni tipi di tumore o, più raramente e in associazione con fatti infiammatori o altre patologie, anche in tessuti normali. Il CA 19-9 non è responsabile della insorgenza o della progressione di un tumore, ma ne è una conseguenza; viene infatti rilasciato dalle cellule tumorali e può essere rilevato nel sangue e, in casi particolari, in altri fluidi corporei. Il CA 19-9 viene in genere misurato nel sangue come “marcatore tumorale” sia per fare una valutazione iniziale del tumore del pancreas o delle vie biliari (il CA 19-9 è elevato in circa il 70-95% delle persone con carcinoma pancreatico avanzato e nel 50-65 % dei pazienti con tumore delle vie biliari), sia per monitorare il successivo decorso di queste neoplasie.Tuttavia, il CA 19-9 non è un marcatore specifico per il cancro del pancreas e delle vie biliari. Infatti, il CA 19-9 può essere elevato anche in altri tipi di tumore (tumori del colon-retto, dello stomaco, dell’ovaio e della tuba, del polmone, della mammella), nei quali però le linee guida non ne raccomandano l’utilizzo clinico. Inoltre, i livelli di CA 19-9 nel sangue possono essere aumentati in numerose malattie non tumorali (ad esempio, pancreatite acuta, pancreatite cronica, calcoli delle vie biliari, infiammazione della colecisti, malattie reumatiche e autoimmuni, diabete, nefropatia diabetica, epatopatia cronica, cirrosi epatica, epatite acuta, patologie benigne del polmone, fibrosi cistica). In particolare, in caso di ittero si possono verificare incrementi del CA 19.9 dell’ordine di centinaia o migliaia di U/mL, compatibili quindi con una neoplasia avanzata. Pertanto, poiché il CA 19-9 non è specifico per il cancro del pancreas o delle vie biliari, non può essere utilizzato da solo come marcatore per lo screening o la diagnosi di tali neoplasie, tantomeno se un paziente ha l’ittero.  Inoltre, bisogna ricordare che in alcune persone con un particolare gruppo sanguigno (antigene Lewis negativo) il CA 19-9 può essere non essere misurabile anche in pazienti con carcinoma del pancreas.  Per capire il significato clinico di un esame di laboratorio è necessario confrontare il proprio risultato con lo specifico intervallo di riferimento di quel tipo di esame. Gli intervalli di riferimento, chiamati a volte “valori normali”, indicano per ogni tipo di esame l’intervallo di valori che ci si aspetta di trovare in una persona sana esono in genere riportati sul referto di laboratorio accanto al risultato dello stesso. Per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo Intervallo di riferimento. Tuttavia, essendo i “marcatori tumorali” prevalentemente utilizzati a scopo di valutazione iniziale del paziente o di monitoraggio, e solo raramente come diagnosi differenziale rispetto alla malattia benigna, gli intervalli di riferimento identificati come precedentemente descritto hanno solo un valore indicativo e non possono essere utilizzati per “classificare” il risultato dell’esame. Per questo è essenziale che il paziente si astenga dal tentativo di interpretare da solo il risultato dell’esame, e si raccomanda che, per l’interpretazione del risultato, il paziente si rivolga al medico curante che ha prescritto l’esame.Nel caso del CA 19-9 bisogna anche ricordare che risultati e valori di riferimento possono variare da laboratorio a laboratorio se vengono utilizzati metodi diversi. É pertanto consigliabile eseguire il dosaggio di CA 19-9 nello stesso laboratorio e con lo stesso metodo per poter confrontare e interpretare correttamente i risultati lungo il decorso della malattia.

This test measures the concentration of carbohydrate antigen 19-9 (CA 19-9) in the blood or other biological fluids. CA 19-9 is a protein present on the cell surface in some types of tumors or, more rarely and in association with inflammatory facts or other pathologies, also in normal tissues. CA 19-9 is not responsible for the onset or progression of a tumor, but is a consequence of it; it is in fact released by tumor cells and can be detected in the blood and, in particular cases, in other body fluids. CA 19-9 is typically measured in the blood as a “tumor marker” either to make an initial assessment of pancreatic or biliary tract cancer (CA 19-9 is elevated in approximately 70-95% of people with pancreatic cancer advanced and in 50-65% of patients with biliary tract cancer), both to monitor the subsequent course of these malignancies, However, CA 19-9 is not a specific marker for pancreatic and biliary tract cancer. In fact, CA 19-9 can also be elevated in other types of cancer (colorectal, stomach, ovarian and tubal, lung, breast cancers), in which, however, the guidelines do not recommend its clinical use. Furthermore, CA 19-9 levels in the blood can be increased in numerous non-tumor diseases (e.g., acute pancreatitis, chronic pancreatitis, biliary tract stones, gallbladder inflammation, rheumatic and autoimmune diseases, diabetes, nephropathy diabetic, chronic liver disease, cirrhosis of the liver, acute hepatitis, benign lung disease, cystic fibrosis). In particular, in case of jaundice, increases in CA 19.9 of the order of hundreds or thousands of U/mL may occur, therefore compatible with an advanced neoplasm. Therefore, because CA 19-9 is not specific for pancreatic or biliary tract cancer, it cannot be used alone as a marker for screening or diagnosing such malignancies, much less if a patient has jaundice.  Furthermore, it must be remembered that in some people with a particular blood group (Lewis antigen negative) CA 19-9 may not be measurable even in patients with pancreatic cancer.  To understand the clinical significance of a laboratory test it is necessary to compare your result with the specific reference range of that type of test. Reference intervals, sometimes called “normal values”, indicate for each type of test the range of values that one expects to find in a healthy person and are generally reported in the laboratory report next to the result of the same. For more information on this, see the Reference Range article. However, since the “tumor markers” are predominantly used for the purpose of initial patient evaluation or monitoring, and only rarely as a differential diagnosis with respect to benign disease, the reference ranges identified as previously described have only an indicative value and cannot be used to “classify” the result of the examination. For this reason, it is essential that the patient refrains from trying to interpret the result of the examination on his own, and it is recommended that, for the interpretation of the result, the patient should contact the attending physician who prescribed the examination.In the case of CA 19-9, it should also be remembered that results and reference values may vary from laboratory to laboratory if different methods are used. It is therefore advisable to perform the CA 19-9 dosage in the same laboratory and with the same method in order to correctly compare and interpret the results along the course of the disease.

 

GLIADINA (Anticorpi IgA)

La celiachia è una malattia autoimmune del sistema digestivo, caratterizzata da un’inappropriata risposta immune alle proteine provenienti dalla dieta (glutine e gliadina) presenti nel grano, segale e orzo. Ulteriori prodotti che possono contenere glutine includono coloranti ed addensanti alimentari, vitamine, dentifrici e prodotti per la cura della pelle e dei capelli. Questa risposta immunitaria anomala determina infiammazione che danneggia il rivestimento dell’intestino tenue ed i villi della mucosa intestinale. La maggior parte dei soggetti celiaci produce autoanticorpi che distruggono i villi intestinali. Il danneggiamento o la distruzione dei villi si riflette nella ridotta capacità dell’organismo di assorbire nutrienti, vitamine, minerali e liquidi. Nei soggetti non trattati possono comparire sintomi associati a malnutrizione e malassorbimento.     La celiachia è associata anche a fattori ereditari predisponenti che, insieme a fattori ambientali e psicofisici, possono contribuire allo sviluppo della malattia, con meccanismi che, attualmente, non sono totalmente chiari. Secondo le organizzazioni scientifiche internazionali, la malattia celiaca è in qualche misura caratterizzata anche da una familiarità, con una percentuale tra il 4% ed il 12%, di comparsa della malattia nei parenti di primo grado di una persona affetta. Pazienti affetti da sindrome di Down, sindrome di Turner e diabete di tipo 1 sono esposti ad un rischio maggiore di sviluppare la celiachia.  I sintomi associati possono variare significativamente da persona a persona. Alcuni pazienti manifestano sintomi gastrointestinali quali diarrea, costipazione e steatorrea. L’incapacità di assorbire correttamente i nutrienti può causare altri sintomi come perdita di peso, affaticamento, eruzioni cutanee e problemi dentali. Inoltre, i soggetti affetti possono presentare cefalea, alterazioni del tono dell’umore ed altri effetti neurologici.  Per maggiori informazioni a riguardo, consultare la sezione Approfondimenti. La malattia celiaca è diffusa in tutto il mondo ma è prevalente tra le persone di origine europea. Si stima che la sua prevalenza si aggiri intorno all’1%, con un’importante porzione di pazienti non diagnosticata. Nella popolazione italiana il numero teorico di celiaci si aggira intorno ai 600.000, contro i quasi 225.000 ad oggi diagnosticati. La celiachia può essere presente in entrambi i sessi, anche se è spesso diagnosticata nei bambini e nelle persone di età compresa tra i 30 ed i 40 anni e di sesso femminile. In passato la celiachia era diagnosticata solo in età pediatrica e con manifestazioni più gravi. Oggi viene spesso diagnosticata anche negli adulti. L’allergia al grano o ad altri alimenti coinvolge differenti componenti del sistema immunitario rispetto alla malattia celiaca. Pertanto, la malattia celiaca non viene considerata un’allergia alimentare, bensì una malattia autoimmune innescata dall’esposizione al glutine. Le allergie alimentari causano sintomi caratteristici quali difficoltà respiratorie ed orticaria e, differentemente dalla malattia celiaca, non causano danni all’intestino tenue.La condizione di alcuni soggetti di essere intolleranti al glutine in assenza di malattia celiaca viene definita “Sensibilità al glutine non celiaca” (NCGS). L’NCGS può causare sintomi simili alla malattia celiaca, ma non scatena una risposta immunitaria anomala e non determina il danneggiamento dell’intestino tenue.

Il Ruolo dei Test per la Celiachia

I test per la celiachia possono essere utilizzati per lo screening, la diagnosi ed il monitoraggio della malattia celiaca.  Diagnosi; sono disponibili numerosi test per identificare i segni di una reazione autoimmune al glutine, determinare la probabilità che il paziente sia affetto da malattia celiaca o rilevare eventuali complicanze associate alla patologia. Monitoraggio; il test può essere eseguito periodicamente per determinare l’efficacia del trattamento, valutare l’aderenza del paziente ad una dieta priva di glutine ed individuare eventuali condizioni cliniche associate al malassorbimento intestinale dei nutrienti. Screening; non è raccomandabile usare questi test come screening nella popolazione generale, priva di fattori di rischio. Tuttavia, dovrebbero essere testate le persone con storia familiare positiva o fattori di rischio per lo sviluppo della malattia celiaca.La selezione degli individui che dovrebbero sottoporsi al test dipende dallo scopo per il quale viene eseguito l’esame:

Diagnosi  Solitamente gli esami per la celiachia vengono prescritti in pazienti con segni e sintomi di celiachia, come malnutrizione e malassorbimento. I principali segni e sintomi gastro-intestinali includono: – Diarrea cronica o costipazione – Dolore addominale e distensione addominale -Inspiegabile perdita di peso. Altri segni che possono presentarsi includono: – Anemia da carenza di ferro, che non risponde alla somministrazione di integratori di ferro – Carenza di vitamina B12 o folati – Affaticamento, spossatezza – Mal di testa ricorrente – Eruzioni cutanee pruriginose o dolorose -Elevate concentrazioni di enzimi epatici nel sangue, quali alanina aminotransferasi (ALT) e aspartato aminotransferasi (AST). I sintomi correlati sono spesso aspecifici, ovvero presenti anche in corso di altre condizioni cliniche; pertanto, l’esecuzione dei test consente di confermare o escludere la diagnosi di celiachia.  Monitoraggio I pazienti che hanno ricevuto la diagnosi di celiachia possono sottoporsi al test dopo alcune settimane o mesi dall’inizio della dieta priva di glutine, al fine di valutare l’efficacia del trattamento. Inoltre, eseguire gli esami ad intervalli regolari consente di valutare eventuali condizioni cliniche correlate alla celiachia. Screening Non è raccomandabile utilizzare questi test come screening sulla popolazione generale, priva di fattori di rischio. Dovrebbero sottoporsi al test soggetti che presentano uno o più fattori di rischio, quali essere affetti da un altro disturbo autoimmune o avere parenti di primo grado (genitori, fratelli) celiaci.

Tipologie di Test per la Celiachia Solitamente, la diagnosi di celiachia viene stabilita valutando i segni ed i sintomi contestualmente alla presenza di lesioni dell’intestino tenue e alla difficoltà di assorbire correttamente i nutrienti. Evitare l’assunzione di glutine potrebbe interferire con i risultati del test; pertanto, i pazienti che si sottopongono ad esami diagnostici di primo livello dovrebbero seguire una dieta normale.  Esame fisico e anamnesi  Solitamente, la valutazione della malattia celiaca inizia con l’esame obiettivo. Come parte dell’esame, il clinico può ricercare segni di celiachia, come eruzioni cutanee o gonfiore dell’addome, procedere con l’auscultazione addominale tramite stetoscopio ed indagare eventuali problemi nutrizionali come un’inspiegabile perdita di peso o patologie dentali. Inoltre, viene raccolta l’anamnesi del paziente ed informazioni circa le abitudini alimentari e la presenza di familiari stretti affetti da celiachia. Test sierologici   Le fasi iniziali per la diagnosi di celiachia riguardano la ricerca degli autoanticorpi responsabili della malattia. La misura degli autoanticorpi è necessaria, oltre che per la diagnosi di soggetti sintomatici, anche per lo screening dei familiari della persona affetta.  Normalmente, gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario sono in grado di discriminare tra gli elementi estranei all’organismo (non-self) e quelli appartenenti allo stesso (self), innescando una risposta immunitaria solamente in caso di esposizione a elementi “non-self”, come batteri o virus. Tuttavia, in corso di malattia celiaca vengono prodotti autoanticorpi in grado di riconoscere e reagire erroneamente con tessuti dell’intestino tenue dell’organismo di appartenenza.

I soggetti che devono sottoporsi alla ricerca degli autoanticorpi dovrebbero continuare a mangiare alimenti che contengono glutine prima di eseguire il test. Il test rileva due differenti classi di autoanticorpi, le IgA e le IgG, coinvolte nella patogenesi della malattia.  Le IgA sono le immunoglobuline maggiormente rappresentate nelle secrezioni gastrointestinali. Il test per gli autoanticorpi anti-IgA è maggiormente specifico per la celiachia. Tuttavia, circa il 2-3% delle persone con malattia celiaca presenta una carenza delle IgA, che può comportare un risultato falsamente negativo del test Il test delle immunoglobuline G (IgG) viene prescritto soltanto nei pazienti con carenza delle IgA, in quanto meno specifico rispetto al test per le IgA . I test sierologici più comuni per la diagnosi di celiachia includono: Misura delle IgA totali nel sangue; può essere richiesta da sola o insieme ai test per ricerca degli autoanticorpi, per rilevare la carenza di IgA. La carenza di IgA può comportare il riscontro di bassi livelli di anticorpi IgA anti-tTG e anti-EMA anche in presenza di malattia celiaca I test più comuni per la ricerca degli autoanticorpi associati alla celiachia includono:  Anticorpi IgA anti-transglutaminasi tissutale (anti-tTG); è il test ematico più sensibile e specifico per la celiachia ed è quello più frequentemente richiesto. Gli anticorpi anti-tTG sono diretti contro una proteina (la transglutaminasi tissutale) localizzata a livello dell’intestino tenue; Il test per le IgG anti-tTG è meno specifico e sensibile rispetto a quello per le IgA, perciò viene richiesto solo nel caso in cui sia presente una carenza di IgA Anticorpi IgA anti-DGP (gliadina deamidata); questo test può risultare positivo in alcuni soggetti negativi per gli anti-tTG, in modo particolare in età pediatrica; viene raccomandato in pazienti con carenza di IgA. Alcuni test meno comuni per la ricerca di autoanticorpi includono: Anticorpi IgA anti-endomisio (EMA); può essere un utile test di conferma o di esclusione in presenza di risultati dubbi Anticorpi IgA anti-reticulina (ARA); scarsamente sensibile e specifico rispetto ai test precedenti; non viene prescritto frequentemente  Per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo sui Test anticorpali per la Celiachia.   I test sierologici sono in grado di rilevare concentrazioni elevate di anticorpi in oltre il 95% dei soggetti affetti da malattia celiaca. Tuttavia, i test anticorpali possono talvolta riportare risultati falsamente negativi in soggetti che seguono una dieta priva di glutine.  La diminuzione della concentrazione anticorpale in soggetti che non assumono glutine indica l’efficacia del trattamento.

Biopsia e Endoscopia  I test per la celiachia comprendono la valutazione dell’intestino tenue, che prevede due elementi:   Endoscopia; una procedura durante la quale una piccola telecamera posta alla fine di un tubo sottile viene introdotta attraverso la bocca e l’esofago fino al duodeno. Durante questa procedura è possibile prelevare un campione bioptico per rilevare la presenza di lesioni dei villi intestinali  Biopsia; la conferma diagnostica di celiachia richiede un esame bioptico su una porzione di intestino tenue. Il campione bioptico può essere prelevato in sede di esame endoscopico. Durante questa procedura è possibile prelevare un campione di tessuto (biopsia) che sarà successivamente esaminato al microscopio da un anatomopatologo per rilevare la presenza di lesioni dei villi intestinali. Solitamente, la procedura endoscopica con prelievo bioptico viene richiesta in seguito ad un risultato positivo al test anticorpale. Il test può essere ripetuto periodicamente per il monitoraggio della patologia. Endoscopia con videocapsula Nei pazienti che non possono essere sottoposti ad endoscopia con prelievo bioptico di una porzione di intestino tenue può essere eseguita un’endoscopia con videocapsula. Si tratta di una procedura che utilizza una capsula contenente una telecamera che deve essere inghiottita ed è in grado di trasmettere le immagini acquisite durante il suo percorso nel canale digerente. É una metodica di recente introduzione ed al momento disponibile solo in alcune aree d’Italia. Biopsia cutanea I pazienti che presentano una particolare eruzione cutanea, nota come dermatite erpetiforme, possono sottoporsi ad una biopsia cutanea per rimuovere un campione di cute lesionata da analizzare al microscopio. La dermatite erpetiforme è un’eruzione cutanea dolorosa e con lesioni a grappolo, presente in circa il 10% delle persone affette da celiachia. I pazienti con dermatite erpetiforme che presentano risultati positivi ai test anticorpali per la celiachia possono ricevere la diagnosi di malattia celiaca senza la necessità di sottoporsi ad endoscopia e biopsia dell’intestino tenue.  Test genetici  Esistono test genetici volti alla ricerca degli alleli principalmente coinvolti nell’insorgenza della patologia, che però non vengono richiesti routinariamente. Questi test includono la ricerca dei marcatori HLA (antigene leucocitario umano) DQ2 e DQ8. Questi esami si rivelano utili principalmente per la definizione del rischio di familiari di pazienti celiaci di sviluppare la malattia, o nel caso in cui i test di routine forniscano risultati non definitivi: Un risultato positivo non è diagnostico per la celiachia; infatti, circa il 30% della popolazione risulta positiva per questi marcatori pur non sviluppando mai la malattia Un risultato negativo, tuttavia, è in grado di escludere la diagnosi di celiachia nel caso in cui altri esami, inclusa la biopsia, risultino dubbi La gravità della patologia può essere definita grazie ad ulteriori esami, in grado di valutare l’eventuale stato di malnutrizione, malassorbimento e danno d’organo dei pazienti. Questi possono includere:   IgA anti-actina (F-actina): la presenza di questi autoanticorpi nel circolo ematico è associata con una maggiore gravità del danno intestinale – Emocromo: per rilevare la presenza di anemia, tipicamente presente nei pazienti affetti da malattia celiaca a causa del malassorbimento dei nutrienti – Proteina C reattiva (PCR): il test d’elezione per rilevare la presenza di infiammazione – Velocità di eritrosedimentazione (VES): talvolta eseguito per rilevare la presenza di infiammazione – Pannello metabolico completo (CMP): per determinare il bilancio elettrolitico, le proteine ematiche ed i livelli di calcio del paziente, al fine di valutare la funzionalità del fegato e dei reni – Vitamina D (definita propriamente 25-idrossi vitamina D), vitamina B12 e folati: per rilevare un’eventuale carenza vitaminica – Sideremia, esami per la valutazione del metabolismo del ferro, ferritina: per rilevare la carenza di ferro – Grassi fecali: per la valutazione del malassorbimento; questo esame non viene eseguito frequentemente  – Densitometria ossea: i pazienti con malattia celiaca possono presentare una maggiore fragilità ossea a causa del ridotto assorbimento dei minerali; pertanto, è possibile valutare la densità minerale ossea tramite densitometria ossea a raggi X (DEXA) – Test di funzionalità tiroidea: per determinare la concentrazione degli ormoni tiroidei nel sangue, in quanto la malattia celiaca può presentarsi insieme ad altre patologie autoimmuni che causano il danneggiamento della tiroide – Tempo di protrombina: misura il tempo necessario alla formazione di un coagulo; può risultare aumentato nei soggetti celiaci . Alcuni esami possono essere richiesti anche per escludere altre patologie: Test di intolleranza al lattosio – Test di assorbimento dello xilosio  – Test per la malattie infiammatorie intestinali; includono conta leucocitaria delle feci, calprotectina, lattoferrina e ricerca degli autoanticorpi (ad es., anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili ed anticorpi anti-Saccharomyces cerevisiae).

Celiac disease is an autoimmune disease of the digestive system, characterized by an inappropriate immune response to dietary proteins (gluten and gliadin) found in wheat, rye and barley. Additional products that may contain gluten include food dyes and thickeners, vitamins, toothpastes, and skin and hair care products. This abnormal immune response results in inflammation that damages the lining of the small intestine and the villi of the intestinal mucosa. Most people with celiac disease produce autoantibodies that destroy the intestinal villi. Damage to or destruction of villi is reflected in the reduced ability of the body to absorb nutrients, vitamins, minerals and liquids. Symptoms associated with malnutrition and malabsorption may appear in untreated subjects.     Celiac disease is also associated with predisposing hereditary factors which, together with environmental and psychophysical factors, can contribute to the development of the disease, with mechanisms that are currently not totally clear. According to international scientific organizations, celiac disease is to some extent also characterized by a familiarity, with a percentage between 4% and 12%, of the onset of the disease in the first degree relatives of an affected person. Patients with Down syndrome, Turner syndrome and type 1 diabetes are at increased risk of developing celiac disease.  The associated symptoms can vary significantly from person to person. Some patients experience gastrointestinal symptoms such as diarrhea, constipation, and steatorrhea. Failure to absorb nutrients properly can cause other symptoms such as weight loss, fatigue, rashes, and dental problems. Additionally, affected individuals may experience headache, mood changes, and other neurological effects. For more information on this, see the Insights section. Celiac disease is widespread throughout the world but is prevalent among people of European descent. Its prevalence is estimated to be around ’1%, with an important portion of patients undiagnosed. In the Italian population the theoretical number of celiacs is around 600,000, compared to almost 225,000 diagnosed to date. Celiac disease can be present in both sexes, although it is often diagnosed in children and people aged between 30 and 40 and female. In the past, celiac disease was diagnosed only in childhood and with more serious manifestations. Today it is often diagnosed even in adults. Allergy to wheat or other foods involves different components of the immune system than celiac disease. Therefore, celiac disease is not considered a food allergy, but rather an autoimmune disease triggered by exposure to gluten. Food allergies cause characteristic symptoms such as breathing difficulties and hives and, unlike celiac disease, do not cause damage to the small intestine. The condition of some people to be gluten intolerant in the absence of celiac disease is defined as “Non-celiac gluten sensitivity” (NCGS). NCGS can cause symptoms similar to celiac disease, but it does not trigger an abnormal immune response and does not result in damage to the ten intestine.  The Role of Celiac Disease Tests   Celiac disease tests can be used to screen, diagnose and monitor celiac disease.  Diagnosis; numerous tests are available to identify signs of an autoimmune reaction to gluten, determine the probability that the patient is suffering from celiac disease or detect any complications associated with the pathology. Monitoring; the test can be performed periodically to determine the effectiveness of the treatment, evaluate the patient’s adherence to a gluten-free diet and identify any clinical conditions associated with intestinal malabsorption of nutrients. Screening; It is not recommended to use these tests as screening in the general population, free of risk factors. However, people with a positive family history or risk factors for developing celiac disease should be tested.The selection of individuals who should be tested depends on the purpose for which the test is performed: Diagnosis Celiac disease tests are usually prescribed in patients with signs and symptoms of celiac disease, such as malnutrition and malabsorption. The main gastro-intestinal signs and symptoms include: – Chronic diarrhea or constipation – Abdominal pain and abdominal distension – Unexplained weight loss. Other signs that may occur include: – Iron deficiency anemia, which does not respond to the administration of iron supplements – Vitamin B12 or folate deficiency – Fatigue, fatigue – Recurrent headache – Itchy or painful skin rashes – High concentrations of liver enzymes in the blood, such as alanine aminotransferase (ALT) and aspartate aminotransferase (AST). Related symptoms are often nonspecific, meaning they are also present in the course of other clinical conditions; therefore, performing tests allows the diagnosis of celiac disease to be confirmed or ruled out. Monitoring Patients diagnosed with celiac disease may be tested a few weeks or months after starting the gluten-free diet, in order to evaluate the effectiveness of treatment. Furthermore, carrying out tests at regular intervals allows you to evaluate any clinical conditions related to celiac disease. Screening It is not recommended to use these tests as screening on the general population, free of risk factors. People who have one or more risk factors, such as being affected by another autoimmune disorder or having first-degree relatives (parents, siblings) with celiac disease, should be tested.  Types of Test for Celiac Disease Usually, the diagnosis of celiac disease is established by evaluating the signs and symptoms at the same time as the presence of lesions of the small intestine and the difficulty of correctly absorbing nutrients. Avoiding gluten intake could interfere with the test results; therefore, patients undergoing first-level diagnostic tests should follow a normal diet.  Physical examination and medical history Usually, assessment of celiac disease begins with physical examination. As part of the examination, the clinician may look for signs of celiac disease, such as rashes or swelling of the abdomen, proceed with abdominal auscultation via stethoscope, and investigate any nutritional problems such as unexplained weight loss or dental conditions. In addition, the patient history and information about eating habits and the presence of close family members with celiac disease are collected. Serological tests The initial stages for the diagnosis of celiac disease concern the search for the autoantibodies responsible for the disease. The measurement of autoantibodies is necessary not only for the diagnosis of symptomatic subjects, but also for the screening of the affected person’s family members.  Normally, antibodies produced by the immune system are able to discriminate between elements foreign to the organism (non-self) and those belonging to it (self), triggering an immune response only in case of exposure to “non-self” elements, such as bacteria or viruses. However, autoantibodies capable of recognizing and reacting incorrectly with tissues from the small intestine of the body to which they belong are produced during celiac disease.  People who need to undergo autoantibody research should continue to eat foods that contain gluten before testing. The test detects two different classes of autoantibodies, IgA and IgG, involved in the pathogenesis of the disease.  IgA is the immunoglobulins most represented in gastrointestinal secretions. The test for anti-IgA autoantibodies is more specific for celiac disease. However, approximately 2-3% of people with celiac disease have an IgA deficiency, which can result in a false negative test result. The immunoglobulin G (IgG) test is prescribed only in patients with IgA deficiency, as it is less specific compared to the IgA test. The most common serological tests for the diagnosis of celiac disease include: Measurement of total IgA in the blood; it can be requested alone or together with tests to look for autoantibodies, to detect IgA deficiency. IgA deficiency can lead to low levels of anti-tTG and anti-EMA IgA antibodies even in the presence of celiac disease. The most common tests for the search for autoantibodies associated with celiac disease include: IgA anti-tissue transglutaminase (anti-tTG) antibodies); it is the most sensitive and specific blood test for celiac disease and is the most frequently requested. Anti-tTG antibodies are directed against a protein (tissue transglutaminase) located in the small intestine; The test for anti-tTG IgG is less specific and sensitive than that for IgA, therefore it is only required if there is a deficiency of anti-DGP IgA antibodies (deamidated gliadin); this test may be positive in some subjects negative for anti-tTGs, particularly in pediatric age; it is recommended in patients with IgA deficiency. Some less common tests for autoantibodies include: Anti-endomysial IgA Antibodies (EMA); may be a useful confirmatory or exclusion test in the presence of dubious results Anti-reticulin IgA Antibodies (ARA); poorly sensitive and specific compared to previous tests; is not frequently prescribed For more information on this, see the article on Antibody tests for Celiac Disease.   Serological tests can detect high concentrations of antibodies in more than 95% of people with celiac disease. However, antibody tests can sometimes report falsely negative results in people on a gluten-free diet.  Decreased antibody concentration in subjects not taking gluten indicates treatment efficacy. Biopsy and Endoscopy Tests for celiac disease include evaluation of the small intestine, which involves two elements: Endoscopy; a procedure during which a small camera placed at the end of a thin tube is introduced through the mouth and esophagus to the duodenum. During this procedure it is possible to take a biopsy sample to detect the presence of lesions of the intestinal villi Biopsy; Diagnostic confirmation of celiac disease requires a biopsy examination of a portion of the small intestine. The biopsy sample can be taken during an endoscopic examination. During this procedure it is possible to take a tissue sample (biopsy) which will subsequently be examined under a microscope by an pathologist to detect the presence of lesions of the intestinal villi. Usually, the endoscopic procedure with biopsy is requested following a positive antibody test result. The test can be repeated periodically to monitor the pathology. Endoscopy with videocapsule In patients who cannot undergo endoscopy with biopsy of a portion of the small intestine, endoscopy with videocapsule may be performed. This is a procedure that uses a capsule containing a camera that must be swallowed and is able to transmit the images acquired during its journey into the digestive canal. It is a method recently introduced and currently available only in some areas of Italy. Skin biopsy Patients who have a particular rash, known as dermatitis herpetiformis, may undergo a skin biopsy to remove a sample of damaged skin to be analyzed under a microscope. Dermatitis herpetiformis is a painful, cluster-injured rash present in about 10% of people with celiac disease. Patients with dermatitis herpetiformis who have positive antibody test results for celiac disease can be diagnosed with celiac disease without the need to undergo endoscopy and small bowel biopsy.  Genetic tests There are genetic tests aimed at finding alleles mainly involved in the onset of the pathology, but these are not routinely required. These tests include looking for the HLA (human leukocyte antigen) markers DQ2 and DQ8. These tests prove useful mainly for defining the risk of family members of celiac patients from developing the disease, or if routine tests provide non-definitive results: A positive result is not diagnostic for celiac disease; in fact, approximately 30% of the population tests positive for these markers despite never developing the disease. A negative result, however, it is able to exclude the diagnosis of celiac disease in the event that other tests, including biopsy, are doubtful. The severity of the pathology can be defined thanks to further tests, capable of evaluating the possible state of malnutrition, malabsorption and organ damage of patients. These may include: Anti-actin IgA (F-actin): The presence of these autoantibodies in the bloodstream is associated with increased severity of intestinal damage – Hemochrome: to detect the presence of anemia, typically present in patients suffering from celiac disease due to nutrient malabsorption.  Genetic tests There are genetic tests aimed at finding alleles mainly involved in the onset of the pathology, but these are not routinely required. These tests include looking for the HLA (human leukocyte antigen) markers DQ2 and DQ8. These tests prove useful mainly for defining the risk of family members of celiac patients from developing the disease, or if routine tests provide non-definitive results: A positive result is not diagnostic for celiac disease; in fact, approximately 30% of the population tests positive for these markers despite never developing the disease. A negative result, however, it is able to exclude the diagnosis of celiac disease in the event that other tests, including biopsy, are doubtful. The severity of the pathology can be defined thanks to further tests, capable of evaluating the possible state of malnutrition, malabsorption and organ damage of patients. These may include: Anti-actin IgA (F-actin): The presence of these autoantibodies in the bloodstream is associated with increased severity of intestinal damage – Hemochrome: to detect the presence of anemia, typically present in patients suffering from celiac disease due to nutrient malabsorption – C-reactive protein (PCR): the test of choice to detect the presence of inflammation – Erythrocyte sedimentation rate (ESR): sometimes performed to detect the presence of inflammation – Complete metabolic panel (CMP): to determine the patient’s electrolyte balance, blood proteins and calcium levels, in order to assess liver and kidney function – Vitamin D (properly referred to as 25-hydroxy vitamin D), vitamin B12 and folate: to detect any vitamin deficiency – Sideremia, examinations for the evaluation of iron metabolism, ferritin: to detect iron deficiency – Fecal fats: for the evaluation of malabsorption; this examination is not performed frequently . Bone Densitometry: Patients with celiac disease may have increased bone fragility due to reduced mineral absorption; therefore, bone mineral density can be assessed via X-ray bone densitometry (DEXA) – Thyroid function test: to determine the concentration of thyroid hormones in the blood, as celiac disease can present itself together with other autoimmune pathologies that cause damage to the thyroid – Prothrombin time: measures the time necessary for the formation of a clot; it may be increased in celiac subjects . Some tests may also be required to exclude other pathologies: Lactose intolerance test – Xylose absorption test – Test for inflammatory bowel diseases; include leukocyte stool count, calprotectin, lactoferrin and autoantibody testing (e.g., anti-neutrophil cytoplas

GLIADINA (Anticorpi IgG)

La celiachia è una malattia autoimmune del sistema digestivo, caratterizzata da un’inappropriata risposta immune alle proteine provenienti dalla dieta (glutine e gliadina) presenti nel grano, segale e orzo. Ulteriori prodotti che possono contenere glutine includono coloranti ed addensanti alimentari, vitamine, dentifrici e prodotti per la cura della pelle e dei capelli. Questa risposta immunitaria anomala determina infiammazione che danneggia il rivestimento dell’intestino tenue ed i villi della mucosa intestinale. La maggior parte dei soggetti celiaci produce autoanticorpi che distruggono i villi intestinali. Il danneggiamento o la distruzione dei villi si riflette nella ridotta capacità dell’organismo di assorbire nutrienti, vitamine, minerali e liquidi. Nei soggetti non trattati possono comparire sintomi associati a malnutrizione e malassorbimento.     La celiachia è associata anche a fattori ereditari predisponenti che, insieme a fattori ambientali e psicofisici, possono contribuire allo sviluppo della malattia, con meccanismi che, attualmente, non sono totalmente chiari. Secondo le organizzazioni scientifiche internazionali, la malattia celiaca è in qualche misura caratterizzata anche da una familiarità, con una percentuale tra il 4% ed il 12%, di comparsa della malattia nei parenti di primo grado di una persona affetta. Pazienti affetti da sindrome di Down, sindrome di Turner e diabete di tipo 1 sono esposti ad un rischio maggiore di sviluppare la celiachia.  I sintomi associati possono variare significativamente da persona a persona. Alcuni pazienti manifestano sintomi gastrointestinali quali diarrea, costipazione e steatorrea. L’incapacità di assorbire correttamente i nutrienti può causare altri sintomi come perdita di peso, affaticamento, eruzioni cutanee e problemi dentali. Inoltre, i soggetti affetti possono presentare cefalea, alterazioni del tono dell’umore ed altri effetti neurologici.  Per maggiori informazioni a riguardo, consultare la sezione Approfondimenti. La malattia celiaca è diffusa in tutto il mondo ma è prevalente tra le persone di origine europea. Si stima che la sua prevalenza si aggiri intorno all’1%, con un’importante porzione di pazienti non diagnosticata. Nella popolazione italiana il numero teorico di celiaci si aggira intorno ai 600.000, contro i quasi 225.000 ad oggi diagnosticati. La celiachia può essere presente in entrambi i sessi, anche se è spesso diagnosticata nei bambini e nelle persone di età compresa tra i 30 ed i 40 anni e di sesso femminile. In passato la celiachia era diagnosticata solo in età pediatrica e con manifestazioni più gravi. Oggi viene spesso diagnosticata anche negli adulti. L’allergia al grano o ad altri alimenti coinvolge differenti componenti del sistema immunitario rispetto alla malattia celiaca. Pertanto, la malattia celiaca non viene considerata un’allergia alimentare, bensì una malattia autoimmune innescata dall’esposizione al glutine. Le allergie alimentari causano sintomi caratteristici quali difficoltà respiratorie ed orticaria e, differentemente dalla malattia celiaca, non causano danni all’intestino tenue.La condizione di alcuni soggetti di essere intolleranti al glutine in assenza di malattia celiaca viene definita “Sensibilità al glutine non celiaca” (NCGS). L’NCGS può causare sintomi simili alla malattia celiaca, ma non scatena una risposta immunitaria anomala e non determina il danneggiamento dell’intestino tenue.

Il Ruolo dei Test per la Celiachia

I test per la celiachia possono essere utilizzati per lo screening, la diagnosi ed il monitoraggio della malattia celiaca.  Diagnosi; sono disponibili numerosi test per identificare i segni di una reazione autoimmune al glutine, determinare la probabilità che il paziente sia affetto da malattia celiaca o rilevare eventuali complicanze associate alla patologia. Monitoraggio; il test può essere eseguito periodicamente per determinare l’efficacia del trattamento, valutare l’aderenza del paziente ad una dieta priva di glutine ed individuare eventuali condizioni cliniche associate al malassorbimento intestinale dei nutrienti. Screening; non è raccomandabile usare questi test come screening nella popolazione generale, priva di fattori di rischio. Tuttavia, dovrebbero essere testate le persone con storia familiare positiva o fattori di rischio per lo sviluppo della malattia celiaca.La selezione degli individui che dovrebbero sottoporsi al test dipende dallo scopo per il quale viene eseguito l’esame:

Diagnosi  Solitamente gli esami per la celiachia vengono prescritti in pazienti con segni e sintomi di celiachia, come malnutrizione e malassorbimento. I principali segni e sintomi gastro-intestinali includono: – Diarrea cronica o costipazione – Dolore addominale e distensione addominale -Inspiegabile perdita di peso. Altri segni che possono presentarsi includono: – Anemia da carenza di ferro, che non risponde alla somministrazione di integratori di ferro – Carenza di vitamina B12 o folati – Affaticamento, spossatezza – Mal di testa ricorrente – Eruzioni cutanee pruriginose o dolorose -Elevate concentrazioni di enzimi epatici nel sangue, quali alanina aminotransferasi (ALT) e aspartato aminotransferasi (AST). I sintomi correlati sono spesso aspecifici, ovvero presenti anche in corso di altre condizioni cliniche; pertanto, l’esecuzione dei test consente di confermare o escludere la diagnosi di celiachia.  Monitoraggio I pazienti che hanno ricevuto la diagnosi di celiachia possono sottoporsi al test dopo alcune settimane o mesi dall’inizio della dieta priva di glutine, al fine di valutare l’efficacia del trattamento. Inoltre, eseguire gli esami ad intervalli regolari consente di valutare eventuali condizioni cliniche correlate alla celiachia. Screening Non è raccomandabile utilizzare questi test come screening sulla popolazione generale, priva di fattori di rischio. Dovrebbero sottoporsi al test soggetti che presentano uno o più fattori di rischio, quali essere affetti da un altro disturbo autoimmune o avere parenti di primo grado (genitori, fratelli) celiaci.

Tipologie di Test per la Celiachia Solitamente, la diagnosi di celiachia viene stabilita valutando i segni ed i sintomi contestualmente alla presenza di lesioni dell’intestino tenue e alla difficoltà di assorbire correttamente i nutrienti. Evitare l’assunzione di glutine potrebbe interferire con i risultati del test; pertanto, i pazienti che si sottopongono ad esami diagnostici di primo livello dovrebbero seguire una dieta normale.  Esame fisico e anamnesi  Solitamente, la valutazione della malattia celiaca inizia con l’esame obiettivo. Come parte dell’esame, il clinico può ricercare segni di celiachia, come eruzioni cutanee o gonfiore dell’addome, procedere con l’auscultazione addominale tramite stetoscopio ed indagare eventuali problemi nutrizionali come un’inspiegabile perdita di peso o patologie dentali. Inoltre, viene raccolta l’anamnesi del paziente ed informazioni circa le abitudini alimentari e la presenza di familiari stretti affetti da celiachia. Test sierologici   Le fasi iniziali per la diagnosi di celiachia riguardano la ricerca degli autoanticorpi responsabili della malattia. La misura degli autoanticorpi è necessaria, oltre che per la diagnosi di soggetti sintomatici, anche per lo screening dei familiari della persona affetta.  Normalmente, gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario sono in grado di discriminare tra gli elementi estranei all’organismo (non-self) e quelli appartenenti allo stesso (self), innescando una risposta immunitaria solamente in caso di esposizione a elementi “non-self”, come batteri o virus. Tuttavia, in corso di malattia celiaca vengono prodotti autoanticorpi in grado di riconoscere e reagire erroneamente con tessuti dell’intestino tenue dell’organismo di appartenenza.

I soggetti che devono sottoporsi alla ricerca degli autoanticorpi dovrebbero continuare a mangiare alimenti che contengono glutine prima di eseguire il test. Il test rileva due differenti classi di autoanticorpi, le IgA e le IgG, coinvolte nella patogenesi della malattia.  Le IgA sono le immunoglobuline maggiormente rappresentate nelle secrezioni gastrointestinali. Il test per gli autoanticorpi anti-IgA è maggiormente specifico per la celiachia. Tuttavia, circa il 2-3% delle persone con malattia celiaca presenta una carenza delle IgA, che può comportare un risultato falsamente negativo del test Il test delle immunoglobuline G (IgG) viene prescritto soltanto nei pazienti con carenza delle IgA, in quanto meno specifico rispetto al test per le IgA . I test sierologici più comuni per la diagnosi di celiachia includono: Misura delle IgA totali nel sangue; può essere richiesta da sola o insieme ai test per ricerca degli autoanticorpi, per rilevare la carenza di IgA. La carenza di IgA può comportare il riscontro di bassi livelli di anticorpi IgA anti-tTG e anti-EMA anche in presenza di malattia celiaca I test più comuni per la ricerca degli autoanticorpi associati alla celiachia includono:  Anticorpi IgA anti-transglutaminasi tissutale (anti-tTG); è il test ematico più sensibile e specifico per la celiachia ed è quello più frequentemente richiesto. Gli anticorpi anti-tTG sono diretti contro una proteina (la transglutaminasi tissutale) localizzata a livello dell’intestino tenue; Il test per le IgG anti-tTG è meno specifico e sensibile rispetto a quello per le IgA, perciò viene richiesto solo nel caso in cui sia presente una carenza di IgA Anticorpi IgA anti-DGP (gliadina deamidata); questo test può risultare positivo in alcuni soggetti negativi per gli anti-tTG, in modo particolare in età pediatrica; viene raccomandato in pazienti con carenza di IgA. Alcuni test meno comuni per la ricerca di autoanticorpi includono: Anticorpi IgA anti-endomisio (EMA); può essere un utile test di conferma o di esclusione in presenza di risultati dubbi Anticorpi IgA anti-reticulina (ARA); scarsamente sensibile e specifico rispetto ai test precedenti; non viene prescritto frequentemente  Per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo sui Test anticorpali per la Celiachia.   I test sierologici sono in grado di rilevare concentrazioni elevate di anticorpi in oltre il 95% dei soggetti affetti da malattia celiaca. Tuttavia, i test anticorpali possono talvolta riportare risultati falsamente negativi in soggetti che seguono una dieta priva di glutine.  La diminuzione della concentrazione anticorpale in soggetti che non assumono glutine indica l’efficacia del trattamento.

Biopsia e Endoscopia  I test per la celiachia comprendono la valutazione dell’intestino tenue, che prevede due elementi:   Endoscopia; una procedura durante la quale una piccola telecamera posta alla fine di un tubo sottile viene introdotta attraverso la bocca e l’esofago fino al duodeno. Durante questa procedura è possibile prelevare un campione bioptico per rilevare la presenza di lesioni dei villi intestinali  Biopsia; la conferma diagnostica di celiachia richiede un esame bioptico su una porzione di intestino tenue. Il campione bioptico può essere prelevato in sede di esame endoscopico. Durante questa procedura è possibile prelevare un campione di tessuto (biopsia) che sarà successivamente esaminato al microscopio da un anatomopatologo per rilevare la presenza di lesioni dei villi intestinali. Solitamente, la procedura endoscopica con prelievo bioptico viene richiesta in seguito ad un risultato positivo al test anticorpale. Il test può essere ripetuto periodicamente per il monitoraggio della patologia. Endoscopia con videocapsula Nei pazienti che non possono essere sottoposti ad endoscopia con prelievo bioptico di una porzione di intestino tenue può essere eseguita un’endoscopia con videocapsula. Si tratta di una procedura che utilizza una capsula contenente una telecamera che deve essere inghiottita ed è in grado di trasmettere le immagini acquisite durante il suo percorso nel canale digerente. É una metodica di recente introduzione ed al momento disponibile solo in alcune aree d’Italia. Biopsia cutanea I pazienti che presentano una particolare eruzione cutanea, nota come dermatite erpetiforme, possono sottoporsi ad una biopsia cutanea per rimuovere un campione di cute lesionata da analizzare al microscopio. La dermatite erpetiforme è un’eruzione cutanea dolorosa e con lesioni a grappolo, presente in circa il 10% delle persone affette da celiachia. I pazienti con dermatite erpetiforme che presentano risultati positivi ai test anticorpali per la celiachia possono ricevere la diagnosi di malattia celiaca senza la necessità di sottoporsi ad endoscopia e biopsia dell’intestino tenue.  Test genetici  Esistono test genetici volti alla ricerca degli alleli principalmente coinvolti nell’insorgenza della patologia, che però non vengono richiesti routinariamente. Questi test includono la ricerca dei marcatori HLA (antigene leucocitario umano) DQ2 e DQ8. Questi esami si rivelano utili principalmente per la definizione del rischio di familiari di pazienti celiaci di sviluppare la malattia, o nel caso in cui i test di routine forniscano risultati non definitivi: Un risultato positivo non è diagnostico per la celiachia; infatti, circa il 30% della popolazione risulta positiva per questi marcatori pur non sviluppando mai la malattia Un risultato negativo, tuttavia, è in grado di escludere la diagnosi di celiachia nel caso in cui altri esami, inclusa la biopsia, risultino dubbi La gravità della patologia può essere definita grazie ad ulteriori esami, in grado di valutare l’eventuale stato di malnutrizione, malassorbimento e danno d’organo dei pazienti. Questi possono includere:   IgA anti-actina (F-actina): la presenza di questi autoanticorpi nel circolo ematico è associata con una maggiore gravità del danno intestinale – Emocromo: per rilevare la presenza di anemia, tipicamente presente nei pazienti affetti da malattia celiaca a causa del malassorbimento dei nutrienti – Proteina C reattiva (PCR): il test d’elezione per rilevare la presenza di infiammazione – Velocità di eritrosedimentazione (VES): talvolta eseguito per rilevare la presenza di infiammazione – Pannello metabolico completo (CMP): per determinare il bilancio elettrolitico, le proteine ematiche ed i livelli di calcio del paziente, al fine di valutare la funzionalità del fegato e dei reni – Vitamina D (definita propriamente 25-idrossi vitamina D), vitamina B12 e folati: per rilevare un’eventuale carenza vitaminica – Sideremia, esami per la valutazione del metabolismo del ferro, ferritina: per rilevare la carenza di ferro – Grassi fecali: per la valutazione del malassorbimento; questo esame non viene eseguito frequentemente  – Densitometria ossea: i pazienti con malattia celiaca possono presentare una maggiore fragilità ossea a causa del ridotto assorbimento dei minerali; pertanto, è possibile valutare la densità minerale ossea tramite densitometria ossea a raggi X (DEXA) – Test di funzionalità tiroidea: per determinare la concentrazione degli ormoni tiroidei nel sangue, in quanto la malattia celiaca può presentarsi insieme ad altre patologie autoimmuni che causano il danneggiamento della tiroide – Tempo di protrombina: misura il tempo necessario alla formazione di un coagulo; può risultare aumentato nei soggetti celiaci . Alcuni esami possono essere richiesti anche per escludere altre patologie: Test di intolleranza al lattosio – Test di assorbimento dello xilosio  – Test per la malattie infiammatorie intestinali; includono conta leucocitaria delle feci, calprotectina, lattoferrina e ricerca degli autoanticorpi (ad es., anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili ed anticorpi anti-Saccharomyces cerevisiae).

Celiac disease is an autoimmune disease of the digestive system, characterized by an inappropriate immune response to dietary proteins (gluten and gliadin) found in wheat, rye and barley. Additional products that may contain gluten include food dyes and thickeners, vitamins, toothpastes, and skin and hair care products. This abnormal immune response results in inflammation that damages the lining of the small intestine and the villi of the intestinal mucosa. Most people with celiac disease produce autoantibodies that destroy the intestinal villi. Damage to or destruction of villi is reflected in the reduced ability of the body to absorb nutrients, vitamins, minerals and liquids. Symptoms associated with malnutrition and malabsorption may appear in untreated subjects.     Celiac disease is also associated with predisposing hereditary factors which, together with environmental and psychophysical factors, can contribute to the development of the disease, with mechanisms that are currently not totally clear. According to international scientific organizations, celiac disease is to some extent also characterized by a familiarity, with a percentage between 4% and 12%, of the onset of the disease in the first degree relatives of an affected person. Patients with Down syndrome, Turner syndrome and type 1 diabetes are at increased risk of developing celiac disease.  The associated symptoms can vary significantly from person to person. Some patients experience gastrointestinal symptoms such as diarrhea, constipation, and steatorrhea. Failure to absorb nutrients properly can cause other symptoms such as weight loss, fatigue, rashes, and dental problems. Additionally, affected individuals may experience headache, mood changes, and other neurological effects. For more information on this, see the Insights section. Celiac disease is widespread throughout the world but is prevalent among people of European descent. Its prevalence is estimated to be around ’1%, with an important portion of patients undiagnosed. In the Italian population the theoretical number of celiacs is around 600,000, compared to almost 225,000 diagnosed to date. Celiac disease can be present in both sexes, although it is often diagnosed in children and people aged between 30 and 40 and female. In the past, celiac disease was diagnosed only in childhood and with more serious manifestations. Today it is often diagnosed even in adults. Allergy to wheat or other foods involves different components of the immune system than celiac disease. Therefore, celiac disease is not considered a food allergy, but rather an autoimmune disease triggered by exposure to gluten. Food allergies cause characteristic symptoms such as breathing difficulties and hives and, unlike celiac disease, do not cause damage to the small intestine. The condition of some people to be gluten intolerant in the absence of celiac disease is defined as “Non-celiac gluten sensitivity” (NCGS). NCGS can cause symptoms similar to celiac disease, but it does not trigger an abnormal immune response and does not result in damage to the ten intestine.  The Role of Celiac Disease Tests   Celiac disease tests can be used to screen, diagnose and monitor celiac disease.  Diagnosis; numerous tests are available to identify signs of an autoimmune reaction to gluten, determine the probability that the patient is suffering from celiac disease or detect any complications associated with the pathology. Monitoring; the test can be performed periodically to determine the effectiveness of the treatment, evaluate the patient’s adherence to a gluten-free diet and identify any clinical conditions associated with intestinal malabsorption of nutrients. Screening; It is not recommended to use these tests as screening in the general population, free of risk factors. However, people with a positive family history or risk factors for developing celiac disease should be tested.The selection of individuals who should be tested depends on the purpose for which the test is performed: Diagnosis Celiac disease tests are usually prescribed in patients with signs and symptoms of celiac disease, such as malnutrition and malabsorption. The main gastro-intestinal signs and symptoms include: – Chronic diarrhea or constipation – Abdominal pain and abdominal distension – Unexplained weight loss. Other signs that may occur include: – Iron deficiency anemia, which does not respond to the administration of iron supplements – Vitamin B12 or folate deficiency – Fatigue, fatigue – Recurrent headache – Itchy or painful skin rashes – High concentrations of liver enzymes in the blood, such as alanine aminotransferase (ALT) and aspartate aminotransferase (AST). Related symptoms are often nonspecific, meaning they are also present in the course of other clinical conditions; therefore, performing tests allows the diagnosis of celiac disease to be confirmed or ruled out. Monitoring Patients diagnosed with celiac disease may be tested a few weeks or months after starting the gluten-free diet, in order to evaluate the effectiveness of treatment. Furthermore, carrying out tests at regular intervals allows you to evaluate any clinical conditions related to celiac disease. Screening It is not recommended to use these tests as screening on the general population, free of risk factors. People who have one or more risk factors, such as being affected by another autoimmune disorder or having first-degree relatives (parents, siblings) with celiac disease, should be tested.  Types of Test for Celiac Disease Usually, the diagnosis of celiac disease is established by evaluating the signs and symptoms at the same time as the presence of lesions of the small intestine and the difficulty of correctly absorbing nutrients. Avoiding gluten intake could interfere with the test results; therefore, patients undergoing first-level diagnostic tests should follow a normal diet.  Physical examination and medical history Usually, assessment of celiac disease begins with physical examination. As part of the examination, the clinician may look for signs of celiac disease, such as rashes or swelling of the abdomen, proceed with abdominal auscultation via stethoscope, and investigate any nutritional problems such as unexplained weight loss or dental conditions. In addition, the patient history and information about eating habits and the presence of close family members with celiac disease are collected. Serological tests The initial stages for the diagnosis of celiac disease concern the search for the autoantibodies responsible for the disease. The measurement of autoantibodies is necessary not only for the diagnosis of symptomatic subjects, but also for the screening of the affected person’s family members.  Normally, antibodies produced by the immune system are able to discriminate between elements foreign to the organism (non-self) and those belonging to it (self), triggering an immune response only in case of exposure to “non-self” elements, such as bacteria or viruses. However, autoantibodies capable of recognizing and reacting incorrectly with tissues from the small intestine of the body to which they belong are produced during celiac disease.  People who need to undergo autoantibody research should continue to eat foods that contain gluten before testing. The test detects two different classes of autoantibodies, IgA and IgG, involved in the pathogenesis of the disease.  IgA is the immunoglobulins most represented in gastrointestinal secretions. The test for anti-IgA autoantibodies is more specific for celiac disease. However, approximately 2-3% of people with celiac disease have an IgA deficiency, which can result in a false negative test result. The immunoglobulin G (IgG) test is prescribed only in patients with IgA deficiency, as it is less specific compared to the IgA test. The most common serological tests for the diagnosis of celiac disease include: Measurement of total IgA in the blood; it can be requested alone or together with tests to look for autoantibodies, to detect IgA deficiency. IgA deficiency can lead to low levels of anti-tTG and anti-EMA IgA antibodies even in the presence of celiac disease. The most common tests for the search for autoantibodies associated with celiac disease include: IgA anti-tissue transglutaminase (anti-tTG) antibodies); it is the most sensitive and specific blood test for celiac disease and is the most frequently requested. Anti-tTG antibodies are directed against a protein (tissue transglutaminase) located in the small intestine; The test for anti-tTG IgG is less specific and sensitive than that for IgA, therefore it is only required if there is a deficiency of anti-DGP IgA antibodies (deamidated gliadin); this test may be positive in some subjects negative for anti-tTGs, particularly in pediatric age; it is recommended in patients with IgA deficiency. Some less common tests for autoantibodies include: Anti-endomysial IgA Antibodies (EMA); may be a useful confirmatory or exclusion test in the presence of dubious results Anti-reticulin IgA Antibodies (ARA); poorly sensitive and specific compared to previous tests; is not frequently prescribed For more information on this, see the article on Antibody tests for Celiac Disease.   Serological tests can detect high concentrations of antibodies in more than 95% of people with celiac disease. However, antibody tests can sometimes report falsely negative results in people on a gluten-free diet.  Decreased antibody concentration in subjects not taking gluten indicates treatment efficacy. Biopsy and Endoscopy Tests for celiac disease include evaluation of the small intestine, which involves two elements: Endoscopy; a procedure during which a small camera placed at the end of a thin tube is introduced through the mouth and esophagus to the duodenum. During this procedure it is possible to take a biopsy sample to detect the presence of lesions of the intestinal villi Biopsy; Diagnostic confirmation of celiac disease requires a biopsy examination of a portion of the small intestine. The biopsy sample can be taken during an endoscopic examination. During this procedure it is possible to take a tissue sample (biopsy) which will subsequently be examined under a microscope by an pathologist to detect the presence of lesions of the intestinal villi. Usually, the endoscopic procedure with biopsy is requested following a positive antibody test result. The test can be repeated periodically to monitor the pathology. Endoscopy with videocapsule In patients who cannot undergo endoscopy with biopsy of a portion of the small intestine, endoscopy with videocapsule may be performed. This is a procedure that uses a capsule containing a camera that must be swallowed and is able to transmit the images acquired during its journey into the digestive canal. It is a method recently introduced and currently available only in some areas of Italy. Skin biopsy Patients who have a particular rash, known as dermatitis herpetiformis, may undergo a skin biopsy to remove a sample of damaged skin to be analyzed under a microscope. Dermatitis herpetiformis is a painful, cluster-injured rash present in about 10% of people with celiac disease. Patients with dermatitis herpetiformis who have positive antibody test results for celiac disease can be diagnosed with celiac disease without the need to undergo endoscopy and small bowel biopsy.  Genetic tests There are genetic tests aimed at finding alleles mainly involved in the onset of the pathology, but these are not routinely required. These tests include looking for the HLA (human leukocyte antigen) markers DQ2 and DQ8. These tests prove useful mainly for defining the risk of family members of celiac patients from developing the disease, or if routine tests provide non-definitive results: A positive result is not diagnostic for celiac disease; in fact, approximately 30% of the population tests positive for these markers despite never developing the disease. A negative result, however, it is able to exclude the diagnosis of celiac disease in the event that other tests, including biopsy, are doubtful. The severity of the pathology can be defined thanks to further tests, capable of evaluating the possible state of malnutrition, malabsorption and organ damage of patients. These may include: Anti-actin IgA (F-actin): The presence of these autoantibodies in the bloodstream is associated with increased severity of intestinal damage – Hemochrome: to detect the presence of anemia, typically present in patients suffering from celiac disease due to nutrient malabsorption.  Genetic tests There are genetic tests aimed at finding alleles mainly involved in the onset of the pathology, but these are not routinely required. These tests include looking for the HLA (human leukocyte antigen) markers DQ2 and DQ8. These tests prove useful mainly for defining the risk of family members of celiac patients from developing the disease, or if routine tests provide non-definitive results: A positive result is not diagnostic for celiac disease; in fact, approximately 30% of the population tests positive for these markers despite never developing the disease. A negative result, however, it is able to exclude the diagnosis of celiac disease in the event that other tests, including biopsy, are doubtful. The severity of the pathology can be defined thanks to further tests, capable of evaluating the possible state of malnutrition, malabsorption and organ damage of patients. These may include: Anti-actin IgA (F-actin): The presence of these autoantibodies in the bloodstream is associated with increased severity of intestinal damage – Hemochrome: to detect the presence of anemia, typically present in patients suffering from celiac disease due to nutrient malabsorption – C-reactive protein (PCR): the test of choice to detect the presence of inflammation – Erythrocyte sedimentation rate (ESR): sometimes performed to detect the presence of inflammation – Complete metabolic panel (CMP): to determine the patient’s electrolyte balance, blood proteins and calcium levels, in order to assess liver and kidney function – Vitamin D (properly referred to as 25-hydroxy vitamin D), vitamin B12 and folate: to detect any vitamin deficiency – Sideremia, examinations for the evaluation of iron metabolism, ferritin: to detect iron deficiency – Fecal fats: for the evaluation of malabsorption; this examination is not performed frequently . Bone Densitometry: Patients with celiac disease may have increased bone fragility due to reduced mineral absorption; therefore, bone mineral density can be assessed via X-ray bone densitometry (DEXA) – Thyroid function test: to determine the concentration of thyroid hormones in the blood, as celiac disease can present itself together with other autoimmune pathologies that cause damage to the thyroid – Prothrombin time: measures the time necessary for the formation of a clot; it may be increased in celiac subjects . Some tests may also be required to exclude other pathologies: Lactose intolerance test – Xylose absorption test – Test for inflammatory bowel diseases; include leukocyte stool count, calprotectin, lactoferrin and autoantibody testing (e.g., anti-neutrophil cytoplas

GLICEMIA

Il glucosio è la principale fonte di energia delle cellule presenti nel nostro organismo e l’unica fonte di energia a breve termine per il cervello e il sistema nervoso. Per questo motivo, è necessario un apporto costante di glucosio pronto all’uso e mantenere un livello pressoché costante di glucosio nel sangue. L’esame del glucosio misura i livelli di glucosio nel sangue o rileva la presenza di glucosio nell’urina.  Esistono differenti metodi per valutare la concentrazione di glucosio nel sangue; quelli trattati in questo articolo includono: Glicemia a digiuno (FBG); misura le concentrazioni di glucosio nel sangue dopo un digiuno di almeno 8 ore Test glicemico estemporaneo; misura i livelli di glucosio nel sangue in un momento della giornata, in pazienti che non si sono sottoposti a digiuno (ovvero senza avere informazioni sull’ultimo pasto consumato)  Altri tipi di esami per il glucosio includono:        Test da carico del glucosio nelle 2 ore (OGTT); prevede un primo prelievo a digiuno seguito dalla somministrazione di una bevanda contenente 75 grammi di glucosio e un altro prelievo a due ore dall’assunzione  Curva glicemica in gravidanza; come supporto alla diagnosi di diabete gestazionale, una forma di intolleranza al glucosio che si manifesta in gravidanza  Glicosuria; rileva il glucosio nell’urina come parte dell’analisi dell’urina. La determinazione del glucosio a livello urinario è caratterizzata da un’accuratezza inferiore rispetto all’esame su sangue  Emoglobina glicata (HbA1c); anche se l’emoglobina A1c non misura direttamente il glucosio, essa riflette i livelli medi di glucosio ematico nei 2-3 mesi precedenti l’esecuzione dell’esame.Durante la digestione, i carboidrati assunti con il pasto vengono scomposti in glucosio ed altre sostanze nutritive e assorbiti dall’apparato digerente. Il glucosio in eccesso viene immagazzinato nel fegato sotto forma di glicogeno e, quando necessario, rilasciato nel sangue. Da qui, il glucosio circola in tutto l’organismo. Normalmente la glicemia aumenta leggermente dopo un pasto e, in risposta a questo fenomeno, il pancreas rilascia nel sangue l’insulina (ormone ipoglicemizzante). La quantità di insulina rilasciata è proporzionale alle dimensioni e al contenuto del pasto. L’insulina contribuisce all’ingresso del glucosio nelle cellule dell’organismo, dove viene convertito in energia. Quando il glucosio entra nelle cellule e viene scomposto (metabolizzato), i suoi livelli nel sangue si abbassano e il pancreas riduce il rilascio di insulina.  Se questo meccanismo di regolazione che coinvolge l’insulina e il glucosio nel sangue funziona correttamente, la glicemia rimane abbastanza stabile. Al contrario, se questa regolazione è alterata la glicemia aumenta e l’organismo cerca di ripristinare l’equilibrio aumentando la produzione di insulina. Il diabete è la malattia più comune che deriva dallo squilibrio tra livelli di glucosio e livelli di insulina. Il diabete di tipo 1 si manifesta quando l’organismo non è in grado di produrre insulina per abbassare la glicemia. Solitamente, nel diabete di tipo 1 le cellule che producono insulina (cellule beta del pancreas) sono distrutte dal sistema immunitario dell’organismo (fenomeno di autoimmunità)  Il diabete di tipo 2, invece, risulta dalla combinazione di insulino-resistenza (ridotta risposta delle cellule all’azione dell’insulina) e insufficiente produzione di insulina  Alcune gestanti possono sviluppare il diabete gestazionale, che consiste nella presenza di alti livelli di glucosio nel sangue in corso di gravidanza (per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo Test glicemico per il diabete gestazionale)  Variazioni significative ed acute della concentrazione ematica di glucosio, sia in caso di aumentate concentrazioni (iperglicemia) che di basse concentrazioni (ipoglicemia), possono essere potenzialmente letali e causare danno d’organo, danno cerebrale, coma e, in alcuni casi, morte. Concentrazioni cronicamente elevate di glucosio in pazienti diabetici non trattati o scarsamente seguiti possono causare danno progressivo ad organi quali reni, occhi, cuore, vasi sanguigni e sistema nervoso. L’ipoglicemia cronica può determinare danneggiamento a livello di encefalo e nervi.

Glucose is the main source of energy for cells in our bodies and the only short-term source of energy for the brain and nervous system. For this reason, a steady supply of ready-to-use glucose is required and a near-constant blood glucose level is maintained. The glucose test measures blood glucose levels or detects the presence of glucose in the urine.  There are different methods for evaluating blood glucose concentration; those covered in this article include: Fasting blood sugar (FBG); measures blood glucose concentrations after a fast of at least 8 hours Extemporaneous glycemic test; measures blood glucose levels at a time of day, in patients who have not fasted (that is, without having information about the last meal eaten) Other types of glucose tests include :  2-hour glucose loading test (OGTT); involves an initial withdrawal in the fasted state followed by the administration of a drink containing 75 grams of glucose and another withdrawal two hours after intake Glycemic curve in pregnancy; as support for the diagnosis of gestational diabetes, a form of glucose intolerance that occurs in pregnancy Glycosuria; detects glucose in urine as part of urine analysis. Glucose determination at the urinary level is characterized by lower accuracy than the blood test Glycated hemoglobin (HbA1c); although hemoglobin A1c does not measure glucose directly, it reflects average blood glucose levels in the 2-3 months before the test is performed. During digestion, carbohydrates consumed with the meal are broken down into glucose and other nutrients and absorbed by the digestive system. Excess glucose is stored in the liver as glycogen and, when necessary, released into the blood. From here, glucose circulates throughout the body. Normally, blood sugar rises slightly after a meal, and in response to this, the pancreas releases insulin (hypoglycaemic hormone) into the blood. The amount of insulin released is proportional to the size and content of the meal. Insulin contributes to the entry of glucose into the cells of the body, where it is converted into energy. When glucose enters cells and is broken down (metabolized), its levels in the blood drop and the pancreas reduces the release of insulin.  If this regulatory mechanism involving insulin and blood glucose works properly, blood glucose remains fairly stable. Conversely, if this regulation is altered blood glucose increases and the body tries to restore balance by increasing insulin production. Diabetes is the most common disease that results from the imbalance between glucose levels and insulin levels. Type 1 diabetes occurs when the body is unable to produce insulin to lower blood sugar. Usually, in type 1 diabetes the cells that produce insulin (beta cells of the pancreas) are destroyed by the body’s immune system (autoimmunity phenomenon) Type 2 diabetes, on the other hand, results from the combination of insulin resistance (reduced response of cells to insulin action) and insufficient insulin production Some pregnant women can develop gestational diabetes, which consists of the presence of high blood glucose levels during pregnancy (for more information on this, see the article Glycemic test for gestational diabetes) Significant and acute changes in blood glucose concentration, both in case of increased concentrations (hyperglycemia) and low concentrations (hypoglycemia), can be life-threatening and cause organ damage, brain damage, coma and, in some cases, death. Chronically high concentrations of glucose in untreated or poorly followed diabetic patients can cause progressive damage to organs such as the kidneys, eyes, heart, blood vessels and nervous system. Chronic hypoglycemia can result in damage to the brain and nerves.

GLICEMIA ORARIA

Il glucosio è la principale fonte di energia delle cellule presenti nel nostro organismo e l’unica fonte di energia a breve termine per il cervello e il sistema nervoso. Per questo motivo, è necessario un apporto costante di glucosio pronto all’uso e mantenere un livello pressoché costante di glucosio nel sangue. L’esame del glucosio misura i livelli di glucosio nel sangue o rileva la presenza di glucosio nell’urina.  Esistono differenti metodi per valutare la concentrazione di glucosio nel sangue; quelli trattati in questo articolo includono: Glicemia a digiuno (FBG); misura le concentrazioni di glucosio nel sangue dopo un digiuno di almeno 8 ore Test glicemico estemporaneo; misura i livelli di glucosio nel sangue in un momento della giornata, in pazienti che non si sono sottoposti a digiuno (ovvero senza avere informazioni sull’ultimo pasto consumato)  Altri tipi di esami per il glucosio includono:        Test da carico del glucosio nelle 2 ore (OGTT); prevede un primo prelievo a digiuno seguito dalla somministrazione di una bevanda contenente 75 grammi di glucosio e un altro prelievo a due ore dall’assunzione  Curva glicemica in gravidanza; come supporto alla diagnosi di diabete gestazionale, una forma di intolleranza al glucosio che si manifesta in gravidanza  Glicosuria; rileva il glucosio nell’urina come parte dell’analisi dell’urina. La determinazione del glucosio a livello urinario è caratterizzata da un’accuratezza inferiore rispetto all’esame su sangue  Emoglobina glicata (HbA1c); anche se l’emoglobina A1c non misura direttamente il glucosio, essa riflette i livelli medi di glucosio ematico nei 2-3 mesi precedenti l’esecuzione dell’esame.Durante la digestione, i carboidrati assunti con il pasto vengono scomposti in glucosio ed altre sostanze nutritive e assorbiti dall’apparato digerente. Il glucosio in eccesso viene immagazzinato nel fegato sotto forma di glicogeno e, quando necessario, rilasciato nel sangue. Da qui, il glucosio circola in tutto l’organismo. Normalmente la glicemia aumenta leggermente dopo un pasto e, in risposta a questo fenomeno, il pancreas rilascia nel sangue l’insulina (ormone ipoglicemizzante). La quantità di insulina rilasciata è proporzionale alle dimensioni e al contenuto del pasto. L’insulina contribuisce all’ingresso del glucosio nelle cellule dell’organismo, dove viene convertito in energia. Quando il glucosio entra nelle cellule e viene scomposto (metabolizzato), i suoi livelli nel sangue si abbassano e il pancreas riduce il rilascio di insulina.  Se questo meccanismo di regolazione che coinvolge l’insulina e il glucosio nel sangue funziona correttamente, la glicemia rimane abbastanza stabile. Al contrario, se questa regolazione è alterata la glicemia aumenta e l’organismo cerca di ripristinare l’equilibrio aumentando la produzione di insulina. Il diabete è la malattia più comune che deriva dallo squilibrio tra livelli di glucosio e livelli di insulina. Il diabete di tipo 1 si manifesta quando l’organismo non è in grado di produrre insulina per abbassare la glicemia. Solitamente, nel diabete di tipo 1 le cellule che producono insulina (cellule beta del pancreas) sono distrutte dal sistema immunitario dell’organismo (fenomeno di autoimmunità)  Il diabete di tipo 2, invece, risulta dalla combinazione di insulino-resistenza (ridotta risposta delle cellule all’azione dell’insulina) e insufficiente produzione di insulina  Alcune gestanti possono sviluppare il diabete gestazionale, che consiste nella presenza di alti livelli di glucosio nel sangue in corso di gravidanza (per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo Test glicemico per il diabete gestazionale)  Variazioni significative ed acute della concentrazione ematica di glucosio, sia in caso di aumentate concentrazioni (iperglicemia) che di basse concentrazioni (ipoglicemia), possono essere potenzialmente letali e causare danno d’organo, danno cerebrale, coma e, in alcuni casi, morte. Concentrazioni cronicamente elevate di glucosio in pazienti diabetici non trattati o scarsamente seguiti possono causare danno progressivo ad organi quali reni, occhi, cuore, vasi sanguigni e sistema nervoso. L’ipoglicemia cronica può determinare danneggiamento a livello di encefalo e nervi.

Glucose is the main source of energy for cells in our bodies and the only short-term source of energy for the brain and nervous system. For this reason, a steady supply of ready-to-use glucose is required and a near-constant blood glucose level is maintained. The glucose test measures blood glucose levels or detects the presence of glucose in the urine.  There are different methods for evaluating blood glucose concentration; those covered in this article include: Fasting blood sugar (FBG); measures blood glucose concentrations after a fast of at least 8 hours Extemporaneous glycemic test; measures blood glucose levels at a time of day, in patients who have not fasted (that is, without having information about the last meal eaten) Other types of glucose tests include :  2-hour glucose loading test (OGTT); involves an initial withdrawal in the fasted state followed by the administration of a drink containing 75 grams of glucose and another withdrawal two hours after intake Glycemic curve in pregnancy; as support for the diagnosis of gestational diabetes, a form of glucose intolerance that occurs in pregnancy Glycosuria; detects glucose in urine as part of urine analysis. Glucose determination at the urinary level is characterized by lower accuracy than the blood test Glycated hemoglobin (HbA1c); although hemoglobin A1c does not measure glucose directly, it reflects average blood glucose levels in the 2-3 months before the test is performed. During digestion, carbohydrates consumed with the meal are broken down into glucose and other nutrients and absorbed by the digestive system. Excess glucose is stored in the liver as glycogen and, when necessary, released into the blood. From here, glucose circulates throughout the body. Normally, blood sugar rises slightly after a meal, and in response to this, the pancreas releases insulin (hypoglycaemic hormone) into the blood. The amount of insulin released is proportional to the size and content of the meal. Insulin contributes to the entry of glucose into the cells of the body, where it is converted into energy. When glucose enters cells and is broken down (metabolized), its levels in the blood drop and the pancreas reduces the release of insulin.  If this regulatory mechanism involving insulin and blood glucose works properly, blood glucose remains fairly stable. Conversely, if this regulation is altered blood glucose increases and the body tries to restore balance by increasing insulin production. Diabetes is the most common disease that results from the imbalance between glucose levels and insulin levels. Type 1 diabetes occurs when the body is unable to produce insulin to lower blood sugar. Usually, in type 1 diabetes the cells that produce insulin (beta cells of the pancreas) are destroyed by the body’s immune system (autoimmunity phenomenon) Type 2 diabetes, on the other hand, results from the combination of insulin resistance (reduced response of cells to insulin action) and insufficient insulin production Some pregnant women can develop gestational diabetes, which consists of the presence of high blood glucose levels during pregnancy (for more information on this, see the article Glycemic test for gestational diabetes) Significant and acute changes in blood glucose concentration, both in case of increased concentrations (hyperglycemia) and low concentrations (hypoglycemia), can be life-threatening and cause organ damage, brain damage, coma and, in some cases, death. Chronically high concentrations of glucose in untreated or poorly followed diabetic patients can cause progressive damage to organs such as the kidneys, eyes, heart, blood vessels and nervous system. Chronic hypoglycemia can result in damage to the brain and nerves.

GLICOSURIA

Il glucosio è la principale fonte di energia delle cellule presenti nel nostro organismo e l’unica fonte di energia a breve termine per il cervello e il sistema nervoso. Per questo motivo, è necessario un apporto costante di glucosio pronto all’uso e mantenere un livello pressoché costante di glucosio nel sangue. L’esame del glucosio misura i livelli di glucosio nel sangue o rileva la presenza di glucosio nell’urina.  Esistono differenti metodi per valutare la concentrazione di glucosio nel sangue; quelli trattati in questo articolo includono: Glicemia a digiuno (FBG); misura le concentrazioni di glucosio nel sangue dopo un digiuno di almeno 8 ore Test glicemico estemporaneo; misura i livelli di glucosio nel sangue in un momento della giornata, in pazienti che non si sono sottoposti a digiuno (ovvero senza avere informazioni sull’ultimo pasto consumato)  Altri tipi di esami per il glucosio includono:        Test da carico del glucosio nelle 2 ore (OGTT); prevede un primo prelievo a digiuno seguito dalla somministrazione di una bevanda contenente 75 grammi di glucosio e un altro prelievo a due ore dall’assunzione  Curva glicemica in gravidanza; come supporto alla diagnosi di diabete gestazionale, una forma di intolleranza al glucosio che si manifesta in gravidanza  Glicosuria; rileva il glucosio nell’urina come parte dell’analisi dell’urina. La determinazione del glucosio a livello urinario è caratterizzata da un’accuratezza inferiore rispetto all’esame su sangue  Emoglobina glicata (HbA1c); anche se l’emoglobina A1c non misura direttamente il glucosio, essa riflette i livelli medi di glucosio ematico nei 2-3 mesi precedenti l’esecuzione dell’esame.Durante la digestione, i carboidrati assunti con il pasto vengono scomposti in glucosio ed altre sostanze nutritive e assorbiti dall’apparato digerente. Il glucosio in eccesso viene immagazzinato nel fegato sotto forma di glicogeno e, quando necessario, rilasciato nel sangue. Da qui, il glucosio circola in tutto l’organismo. Normalmente la glicemia aumenta leggermente dopo un pasto e, in risposta a questo fenomeno, il pancreas rilascia nel sangue l’insulina (ormone ipoglicemizzante). La quantità di insulina rilasciata è proporzionale alle dimensioni e al contenuto del pasto. L’insulina contribuisce all’ingresso del glucosio nelle cellule dell’organismo, dove viene convertito in energia. Quando il glucosio entra nelle cellule e viene scomposto (metabolizzato), i suoi livelli nel sangue si abbassano e il pancreas riduce il rilascio di insulina.  Se questo meccanismo di regolazione che coinvolge l’insulina e il glucosio nel sangue funziona correttamente, la glicemia rimane abbastanza stabile. Al contrario, se questa regolazione è alterata la glicemia aumenta e l’organismo cerca di ripristinare l’equilibrio aumentando la produzione di insulina. Il diabete è la malattia più comune che deriva dallo squilibrio tra livelli di glucosio e livelli di insulina. Il diabete di tipo 1 si manifesta quando l’organismo non è in grado di produrre insulina per abbassare la glicemia. Solitamente, nel diabete di tipo 1 le cellule che producono insulina (cellule beta del pancreas) sono distrutte dal sistema immunitario dell’organismo (fenomeno di autoimmunità)  Il diabete di tipo 2, invece, risulta dalla combinazione di insulino-resistenza (ridotta risposta delle cellule all’azione dell’insulina) e insufficiente produzione di insulina  Alcune gestanti possono sviluppare il diabete gestazionale, che consiste nella presenza di alti livelli di glucosio nel sangue in corso di gravidanza (per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo Test glicemico per il diabete gestazionale)  Variazioni significative ed acute della concentrazione ematica di glucosio, sia in caso di aumentate concentrazioni (iperglicemia) che di basse concentrazioni (ipoglicemia), possono essere potenzialmente letali e causare danno d’organo, danno cerebrale, coma e, in alcuni casi, morte. Concentrazioni cronicamente elevate di glucosio in pazienti diabetici non trattati o scarsamente seguiti possono causare danno progressivo ad organi quali reni, occhi, cuore, vasi sanguigni e sistema nervoso. L’ipoglicemia cronica può determinare danneggiamento a livello di encefalo e nervi.

Glucose is the main source of energy for cells in our bodies and the only short-term source of energy for the brain and nervous system. For this reason, a steady supply of ready-to-use glucose is required and a near-constant blood glucose level is maintained. The glucose test measures blood glucose levels or detects the presence of glucose in the urine.  There are different methods for evaluating blood glucose concentration; those covered in this article include: Fasting blood sugar (FBG); measures blood glucose concentrations after a fast of at least 8 hours Extemporaneous glycemic test; measures blood glucose levels at a time of day, in patients who have not fasted (that is, without having information about the last meal eaten) Other types of glucose tests include :  2-hour glucose loading test (OGTT); involves an initial withdrawal in the fasted state followed by the administration of a drink containing 75 grams of glucose and another withdrawal two hours after intake Glycemic curve in pregnancy; as support for the diagnosis of gestational diabetes, a form of glucose intolerance that occurs in pregnancy Glycosuria; detects glucose in urine as part of urine analysis. Glucose determination at the urinary level is characterized by lower accuracy than the blood test Glycated hemoglobin (HbA1c); although hemoglobin A1c does not measure glucose directly, it reflects average blood glucose levels in the 2-3 months before the test is performed. During digestion, carbohydrates consumed with the meal are broken down into glucose and other nutrients and absorbed by the digestive system. Excess glucose is stored in the liver as glycogen and, when necessary, released into the blood. From here, glucose circulates throughout the body. Normally, blood sugar rises slightly after a meal, and in response to this, the pancreas releases insulin (hypoglycaemic hormone) into the blood. The amount of insulin released is proportional to the size and content of the meal. Insulin contributes to the entry of glucose into the cells of the body, where it is converted into energy. When glucose enters cells and is broken down (metabolized), its levels in the blood drop and the pancreas reduces the release of insulin.  If this regulatory mechanism involving insulin and blood glucose works properly, blood glucose remains fairly stable. Conversely, if this regulation is altered blood glucose increases and the body tries to restore balance by increasing insulin production. Diabetes is the most common disease that results from the imbalance between glucose levels and insulin levels. Type 1 diabetes occurs when the body is unable to produce insulin to lower blood sugar. Usually, in type 1 diabetes the cells that produce insulin (beta cells of the pancreas) are destroyed by the body’s immune system (autoimmunity phenomenon) Type 2 diabetes, on the other hand, results from the combination of insulin resistance (reduced response of cells to insulin action) and insufficient insulin production Some pregnant women can develop gestational diabetes, which consists of the presence of high blood glucose levels during pregnancy (for more information on this, see the article Glycemic test for gestational diabetes) Significant and acute changes in blood glucose concentration, both in case of increased concentrations (hyperglycemia) and low concentrations (hypoglycemia), can be life-threatening and cause organ damage, brain damage, coma and, in some cases, death. Chronically high concentrations of glucose in untreated or poorly followed diabetic patients can cause progressive damage to organs such as the kidneys, eyes, heart, blood vessels and nervous system. Chronic hypoglycemia can result in damage to the brain and nerves.

GLUCOSIO, CURVA DA CARICO

Il glucosio è la principale fonte di energia delle cellule presenti nel nostro organismo e l’unica fonte di energia a breve termine per il cervello e il sistema nervoso. Per questo motivo, è necessario un apporto costante di glucosio pronto all’uso e mantenere un livello pressoché costante di glucosio nel sangue. L’esame del glucosio misura i livelli di glucosio nel sangue o rileva la presenza di glucosio nell’urina.  Esistono differenti metodi per valutare la concentrazione di glucosio nel sangue; quelli trattati in questo articolo includono: Glicemia a digiuno (FBG); misura le concentrazioni di glucosio nel sangue dopo un digiuno di almeno 8 ore Test glicemico estemporaneo; misura i livelli di glucosio nel sangue in un momento della giornata, in pazienti che non si sono sottoposti a digiuno (ovvero senza avere informazioni sull’ultimo pasto consumato)  Altri tipi di esami per il glucosio includono:        Test da carico del glucosio nelle 2 ore (OGTT); prevede un primo prelievo a digiuno seguito dalla somministrazione di una bevanda contenente 75 grammi di glucosio e un altro prelievo a due ore dall’assunzione  Curva glicemica in gravidanza; come supporto alla diagnosi di diabete gestazionale, una forma di intolleranza al glucosio che si manifesta in gravidanza  Glicosuria; rileva il glucosio nell’urina come parte dell’analisi dell’urina. La determinazione del glucosio a livello urinario è caratterizzata da un’accuratezza inferiore rispetto all’esame su sangue  Emoglobina glicata (HbA1c); anche se l’emoglobina A1c non misura direttamente il glucosio, essa riflette i livelli medi di glucosio ematico nei 2-3 mesi precedenti l’esecuzione dell’esame.Durante la digestione, i carboidrati assunti con il pasto vengono scomposti in glucosio ed altre sostanze nutritive e assorbiti dall’apparato digerente. Il glucosio in eccesso viene immagazzinato nel fegato sotto forma di glicogeno e, quando necessario, rilasciato nel sangue. Da qui, il glucosio circola in tutto l’organismo. Normalmente la glicemia aumenta leggermente dopo un pasto e, in risposta a questo fenomeno, il pancreas rilascia nel sangue l’insulina (ormone ipoglicemizzante). La quantità di insulina rilasciata è proporzionale alle dimensioni e al contenuto del pasto. L’insulina contribuisce all’ingresso del glucosio nelle cellule dell’organismo, dove viene convertito in energia. Quando il glucosio entra nelle cellule e viene scomposto (metabolizzato), i suoi livelli nel sangue si abbassano e il pancreas riduce il rilascio di insulina.  Se questo meccanismo di regolazione che coinvolge l’insulina e il glucosio nel sangue funziona correttamente, la glicemia rimane abbastanza stabile. Al contrario, se questa regolazione è alterata la glicemia aumenta e l’organismo cerca di ripristinare l’equilibrio aumentando la produzione di insulina. Il diabete è la malattia più comune che deriva dallo squilibrio tra livelli di glucosio e livelli di insulina. Il diabete di tipo 1 si manifesta quando l’organismo non è in grado di produrre insulina per abbassare la glicemia. Solitamente, nel diabete di tipo 1 le cellule che producono insulina (cellule beta del pancreas) sono distrutte dal sistema immunitario dell’organismo (fenomeno di autoimmunità)  Il diabete di tipo 2, invece, risulta dalla combinazione di insulino-resistenza (ridotta risposta delle cellule all’azione dell’insulina) e insufficiente produzione di insulina  Alcune gestanti possono sviluppare il diabete gestazionale, che consiste nella presenza di alti livelli di glucosio nel sangue in corso di gravidanza (per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo Test glicemico per il diabete gestazionale)  Variazioni significative ed acute della concentrazione ematica di glucosio, sia in caso di aumentate concentrazioni (iperglicemia) che di basse concentrazioni (ipoglicemia), possono essere potenzialmente letali e causare danno d’organo, danno cerebrale, coma e, in alcuni casi, morte. Concentrazioni cronicamente elevate di glucosio in pazienti diabetici non trattati o scarsamente seguiti possono causare danno progressivo ad organi quali reni, occhi, cuore, vasi sanguigni e sistema nervoso. L’ipoglicemia cronica può determinare danneggiamento a livello di encefalo e nervi.

Glucose is the main source of energy for cells in our bodies and the only short-term source of energy for the brain and nervous system. For this reason, a steady supply of ready-to-use glucose is required and a near-constant blood glucose level is maintained. The glucose test measures blood glucose levels or detects the presence of glucose in the urine.  There are different methods for evaluating blood glucose concentration; those covered in this article include: Fasting blood sugar (FBG); measures blood glucose concentrations after a fast of at least 8 hours Extemporaneous glycemic test; measures blood glucose levels at a time of day, in patients who have not fasted (that is, without having information about the last meal eaten) Other types of glucose tests include :  2-hour glucose loading test (OGTT); involves an initial withdrawal in the fasted state followed by the administration of a drink containing 75 grams of glucose and another withdrawal two hours after intake Glycemic curve in pregnancy; as support for the diagnosis of gestational diabetes, a form of glucose intolerance that occurs in pregnancy Glycosuria; detects glucose in urine as part of urine analysis. Glucose determination at the urinary level is characterized by lower accuracy than the blood test Glycated hemoglobin (HbA1c); although hemoglobin A1c does not measure glucose directly, it reflects average blood glucose levels in the 2-3 months before the test is performed. During digestion, carbohydrates consumed with the meal are broken down into glucose and other nutrients and absorbed by the digestive system. Excess glucose is stored in the liver as glycogen and, when necessary, released into the blood. From here, glucose circulates throughout the body. Normally, blood sugar rises slightly after a meal, and in response to this, the pancreas releases insulin (hypoglycaemic hormone) into the blood. The amount of insulin released is proportional to the size and content of the meal. Insulin contributes to the entry of glucose into the cells of the body, where it is converted into energy. When glucose enters cells and is broken down (metabolized), its levels in the blood drop and the pancreas reduces the release of insulin.  If this regulatory mechanism involving insulin and blood glucose works properly, blood glucose remains fairly stable. Conversely, if this regulation is altered blood glucose increases and the body tries to restore balance by increasing insulin production. Diabetes is the most common disease that results from the imbalance between glucose levels and insulin levels. Type 1 diabetes occurs when the body is unable to produce insulin to lower blood sugar. Usually, in type 1 diabetes the cells that produce insulin (beta cells of the pancreas) are destroyed by the body’s immune system (autoimmunity phenomenon) Type 2 diabetes, on the other hand, results from the combination of insulin resistance (reduced response of cells to insulin action) and insufficient insulin production Some pregnant women can develop gestational diabetes, which consists of the presence of high blood glucose levels during pregnancy (for more information on this, see the article Glycemic test for gestational diabetes) Significant and acute changes in blood glucose concentration, both in case of increased concentrations (hyperglycemia) and low concentrations (hypoglycemia), can be life-threatening and cause organ damage, brain damage, coma and, in some cases, death. Chronically high concentrations of glucose in untreated or poorly followed diabetic patients can cause progressive damage to organs such as the kidneys, eyes, heart, blood vessels and nervous system. Chronic hypoglycemia can result in damage to the brain and nerves.

GLUCOSIO, POST-PRANDIALE

Il glucosio è la principale fonte di energia delle cellule presenti nel nostro organismo e l’unica fonte di energia a breve termine per il cervello e il sistema nervoso. Per questo motivo, è necessario un apporto costante di glucosio pronto all’uso e mantenere un livello pressoché costante di glucosio nel sangue. L’esame del glucosio misura i livelli di glucosio nel sangue o rileva la presenza di glucosio nell’urina.  Esistono differenti metodi per valutare la concentrazione di glucosio nel sangue; quelli trattati in questo articolo includono: Glicemia a digiuno (FBG); misura le concentrazioni di glucosio nel sangue dopo un digiuno di almeno 8 ore Test glicemico estemporaneo; misura i livelli di glucosio nel sangue in un momento della giornata, in pazienti che non si sono sottoposti a digiuno (ovvero senza avere informazioni sull’ultimo pasto consumato)  Altri tipi di esami per il glucosio includono:        Test da carico del glucosio nelle 2 ore (OGTT); prevede un primo prelievo a digiuno seguito dalla somministrazione di una bevanda contenente 75 grammi di glucosio e un altro prelievo a due ore dall’assunzione  Curva glicemica in gravidanza; come supporto alla diagnosi di diabete gestazionale, una forma di intolleranza al glucosio che si manifesta in gravidanza  Glicosuria; rileva il glucosio nell’urina come parte dell’analisi dell’urina. La determinazione del glucosio a livello urinario è caratterizzata da un’accuratezza inferiore rispetto all’esame su sangue  Emoglobina glicata (HbA1c); anche se l’emoglobina A1c non misura direttamente il glucosio, essa riflette i livelli medi di glucosio ematico nei 2-3 mesi precedenti l’esecuzione dell’esame.Durante la digestione, i carboidrati assunti con il pasto vengono scomposti in glucosio ed altre sostanze nutritive e assorbiti dall’apparato digerente. Il glucosio in eccesso viene immagazzinato nel fegato sotto forma di glicogeno e, quando necessario, rilasciato nel sangue. Da qui, il glucosio circola in tutto l’organismo. Normalmente la glicemia aumenta leggermente dopo un pasto e, in risposta a questo fenomeno, il pancreas rilascia nel sangue l’insulina (ormone ipoglicemizzante). La quantità di insulina rilasciata è proporzionale alle dimensioni e al contenuto del pasto. L’insulina contribuisce all’ingresso del glucosio nelle cellule dell’organismo, dove viene convertito in energia. Quando il glucosio entra nelle cellule e viene scomposto (metabolizzato), i suoi livelli nel sangue si abbassano e il pancreas riduce il rilascio di insulina.  Se questo meccanismo di regolazione che coinvolge l’insulina e il glucosio nel sangue funziona correttamente, la glicemia rimane abbastanza stabile. Al contrario, se questa regolazione è alterata la glicemia aumenta e l’organismo cerca di ripristinare l’equilibrio aumentando la produzione di insulina. Il diabete è la malattia più comune che deriva dallo squilibrio tra livelli di glucosio e livelli di insulina. Il diabete di tipo 1 si manifesta quando l’organismo non è in grado di produrre insulina per abbassare la glicemia. Solitamente, nel diabete di tipo 1 le cellule che producono insulina (cellule beta del pancreas) sono distrutte dal sistema immunitario dell’organismo (fenomeno di autoimmunità)  Il diabete di tipo 2, invece, risulta dalla combinazione di insulino-resistenza (ridotta risposta delle cellule all’azione dell’insulina) e insufficiente produzione di insulina  Alcune gestanti possono sviluppare il diabete gestazionale, che consiste nella presenza di alti livelli di glucosio nel sangue in corso di gravidanza (per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo Test glicemico per il diabete gestazionale)  Variazioni significative ed acute della concentrazione ematica di glucosio, sia in caso di aumentate concentrazioni (iperglicemia) che di basse concentrazioni (ipoglicemia), possono essere potenzialmente letali e causare danno d’organo, danno cerebrale, coma e, in alcuni casi, morte. Concentrazioni cronicamente elevate di glucosio in pazienti diabetici non trattati o scarsamente seguiti possono causare danno progressivo ad organi quali reni, occhi, cuore, vasi sanguigni e sistema nervoso. L’ipoglicemia cronica può determinare danneggiamento a livello di encefalo e nervi.

Glucose is the main source of energy for cells in our bodies and the only short-term source of energy for the brain and nervous system. For this reason, a steady supply of ready-to-use glucose is required and a near-constant blood glucose level is maintained. The glucose test measures blood glucose levels or detects the presence of glucose in the urine.  There are different methods for evaluating blood glucose concentration; those covered in this article include: Fasting blood sugar (FBG); measures blood glucose concentrations after a fast of at least 8 hours Extemporaneous glycemic test; measures blood glucose levels at a time of day, in patients who have not fasted (that is, without having information about the last meal eaten) Other types of glucose tests include :  2-hour glucose loading test (OGTT); involves an initial withdrawal in the fasted state followed by the administration of a drink containing 75 grams of glucose and another withdrawal two hours after intake Glycemic curve in pregnancy; as support for the diagnosis of gestational diabetes, a form of glucose intolerance that occurs in pregnancy Glycosuria; detects glucose in urine as part of urine analysis. Glucose determination at the urinary level is characterized by lower accuracy than the blood test Glycated hemoglobin (HbA1c); although hemoglobin A1c does not measure glucose directly, it reflects average blood glucose levels in the 2-3 months before the test is performed. During digestion, carbohydrates consumed with the meal are broken down into glucose and other nutrients and absorbed by the digestive system. Excess glucose is stored in the liver as glycogen and, when necessary, released into the blood. From here, glucose circulates throughout the body. Normally, blood sugar rises slightly after a meal, and in response to this, the pancreas releases insulin (hypoglycaemic hormone) into the blood. The amount of insulin released is proportional to the size and content of the meal. Insulin contributes to the entry of glucose into the cells of the body, where it is converted into energy. When glucose enters cells and is broken down (metabolized), its levels in the blood drop and the pancreas reduces the release of insulin.  If this regulatory mechanism involving insulin and blood glucose works properly, blood glucose remains fairly stable. Conversely, if this regulation is altered blood glucose increases and the body tries to restore balance by increasing insulin production. Diabetes is the most common disease that results from the imbalance between glucose levels and insulin levels. Type 1 diabetes occurs when the body is unable to produce insulin to lower blood sugar. Usually, in type 1 diabetes the cells that produce insulin (beta cells of the pancreas) are destroyed by the body’s immune system (autoimmunity phenomenon) Type 2 diabetes, on the other hand, results from the combination of insulin resistance (reduced response of cells to insulin action) and insufficient insulin production Some pregnant women can develop gestational diabetes, which consists of the presence of high blood glucose levels during pregnancy (for more information on this, see the article Glycemic test for gestational diabetes) Significant and acute changes in blood glucose concentration, both in case of increased concentrations (hyperglycemia) and low concentrations (hypoglycemia), can be life-threatening and cause organ damage, brain damage, coma and, in some cases, death. Chronically high concentrations of glucose in untreated or poorly followed diabetic patients can cause progressive damage to organs such as the kidneys, eyes, heart, blood vessels and nervous system. Chronic hypoglycemia can result in damage to the brain and nerves.

GLUCOSIO, PROFILO GIORNALIERO

Il glucosio è la principale fonte di energia delle cellule presenti nel nostro organismo e l’unica fonte di energia a breve termine per il cervello e il sistema nervoso. Per questo motivo, è necessario un apporto costante di glucosio pronto all’uso e mantenere un livello pressoché costante di glucosio nel sangue. L’esame del glucosio misura i livelli di glucosio nel sangue o rileva la presenza di glucosio nell’urina.  Esistono differenti metodi per valutare la concentrazione di glucosio nel sangue; quelli trattati in questo articolo includono: Glicemia a digiuno (FBG); misura le concentrazioni di glucosio nel sangue dopo un digiuno di almeno 8 ore Test glicemico estemporaneo; misura i livelli di glucosio nel sangue in un momento della giornata, in pazienti che non si sono sottoposti a digiuno (ovvero senza avere informazioni sull’ultimo pasto consumato)  Altri tipi di esami per il glucosio includono:        Test da carico del glucosio nelle 2 ore (OGTT); prevede un primo prelievo a digiuno seguito dalla somministrazione di una bevanda contenente 75 grammi di glucosio e un altro prelievo a due ore dall’assunzione  Curva glicemica in gravidanza; come supporto alla diagnosi di diabete gestazionale, una forma di intolleranza al glucosio che si manifesta in gravidanza  Glicosuria; rileva il glucosio nell’urina come parte dell’analisi dell’urina. La determinazione del glucosio a livello urinario è caratterizzata da un’accuratezza inferiore rispetto all’esame su sangue  Emoglobina glicata (HbA1c); anche se l’emoglobina A1c non misura direttamente il glucosio, essa riflette i livelli medi di glucosio ematico nei 2-3 mesi precedenti l’esecuzione dell’esame.Durante la digestione, i carboidrati assunti con il pasto vengono scomposti in glucosio ed altre sostanze nutritive e assorbiti dall’apparato digerente. Il glucosio in eccesso viene immagazzinato nel fegato sotto forma di glicogeno e, quando necessario, rilasciato nel sangue. Da qui, il glucosio circola in tutto l’organismo. Normalmente la glicemia aumenta leggermente dopo un pasto e, in risposta a questo fenomeno, il pancreas rilascia nel sangue l’insulina (ormone ipoglicemizzante). La quantità di insulina rilasciata è proporzionale alle dimensioni e al contenuto del pasto. L’insulina contribuisce all’ingresso del glucosio nelle cellule dell’organismo, dove viene convertito in energia. Quando il glucosio entra nelle cellule e viene scomposto (metabolizzato), i suoi livelli nel sangue si abbassano e il pancreas riduce il rilascio di insulina.  Se questo meccanismo di regolazione che coinvolge l’insulina e il glucosio nel sangue funziona correttamente, la glicemia rimane abbastanza stabile. Al contrario, se questa regolazione è alterata la glicemia aumenta e l’organismo cerca di ripristinare l’equilibrio aumentando la produzione di insulina. Il diabete è la malattia più comune che deriva dallo squilibrio tra livelli di glucosio e livelli di insulina. Il diabete di tipo 1 si manifesta quando l’organismo non è in grado di produrre insulina per abbassare la glicemia. Solitamente, nel diabete di tipo 1 le cellule che producono insulina (cellule beta del pancreas) sono distrutte dal sistema immunitario dell’organismo (fenomeno di autoimmunità)  Il diabete di tipo 2, invece, risulta dalla combinazione di insulino-resistenza (ridotta risposta delle cellule all’azione dell’insulina) e insufficiente produzione di insulina  Alcune gestanti possono sviluppare il diabete gestazionale, che consiste nella presenza di alti livelli di glucosio nel sangue in corso di gravidanza (per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo Test glicemico per il diabete gestazionale)  Variazioni significative ed acute della concentrazione ematica di glucosio, sia in caso di aumentate concentrazioni (iperglicemia) che di basse concentrazioni (ipoglicemia), possono essere potenzialmente letali e causare danno d’organo, danno cerebrale, coma e, in alcuni casi, morte. Concentrazioni cronicamente elevate di glucosio in pazienti diabetici non trattati o scarsamente seguiti possono causare danno progressivo ad organi quali reni, occhi, cuore, vasi sanguigni e sistema nervoso. L’ipoglicemia cronica può determinare danneggiamento a livello di encefalo e nervi.

Glucose is the main source of energy for cells in our bodies and the only short-term source of energy for the brain and nervous system. For this reason, a steady supply of ready-to-use glucose is required and a near-constant blood glucose level is maintained. The glucose test measures blood glucose levels or detects the presence of glucose in the urine.  There are different methods for evaluating blood glucose concentration; those covered in this article include: Fasting blood sugar (FBG); measures blood glucose concentrations after a fast of at least 8 hours Extemporaneous glycemic test; measures blood glucose levels at a time of day, in patients who have not fasted (that is, without having information about the last meal eaten) Other types of glucose tests include :  2-hour glucose loading test (OGTT); involves an initial withdrawal in the fasted state followed by the administration of a drink containing 75 grams of glucose and another withdrawal two hours after intake Glycemic curve in pregnancy; as support for the diagnosis of gestational diabetes, a form of glucose intolerance that occurs in pregnancy Glycosuria; detects glucose in urine as part of urine analysis. Glucose determination at the urinary level is characterized by lower accuracy than the blood test Glycated hemoglobin (HbA1c); although hemoglobin A1c does not measure glucose directly, it reflects average blood glucose levels in the 2-3 months before the test is performed. During digestion, carbohydrates consumed with the meal are broken down into glucose and other nutrients and absorbed by the digestive system. Excess glucose is stored in the liver as glycogen and, when necessary, released into the blood. From here, glucose circulates throughout the body. Normally, blood sugar rises slightly after a meal, and in response to this, the pancreas releases insulin (hypoglycaemic hormone) into the blood. The amount of insulin released is proportional to the size and content of the meal. Insulin contributes to the entry of glucose into the cells of the body, where it is converted into energy. When glucose enters cells and is broken down (metabolized), its levels in the blood drop and the pancreas reduces the release of insulin.  If this regulatory mechanism involving insulin and blood glucose works properly, blood glucose remains fairly stable. Conversely, if this regulation is altered blood glucose increases and the body tries to restore balance by increasing insulin production. Diabetes is the most common disease that results from the imbalance between glucose levels and insulin levels. Type 1 diabetes occurs when the body is unable to produce insulin to lower blood sugar. Usually, in type 1 diabetes the cells that produce insulin (beta cells of the pancreas) are destroyed by the body’s immune system (autoimmunity phenomenon) Type 2 diabetes, on the other hand, results from the combination of insulin resistance (reduced response of cells to insulin action) and insufficient insulin production Some pregnant women can develop gestational diabetes, which consists of the presence of high blood glucose levels during pregnancy (for more information on this, see the article Glycemic test for gestational diabetes) Significant and acute changes in blood glucose concentration, both in case of increased concentrations (hyperglycemia) and low concentrations (hypoglycemia), can be life-threatening and cause organ damage, brain damage, coma and, in some cases, death. Chronically high concentrations of glucose in untreated or poorly followed diabetic patients can cause progressive damage to organs such as the kidneys, eyes, heart, blood vessels and nervous system. Chronic hypoglycemia can result in damage to the brain and nerves.

GONADOTROPINA CORIONICA

La gonadotropina corionica umana (hCG) è un ormone prodotto dalla placenta nelle donne in gravidanza. I livelli di hCG aumentano precocemente in gravidanza ed essa viene eliminata con l’urina. Il test di gravidanza rileva l’hCG nel sangue o nell’urina per la conferma o l’esclusione di una gravidanza.  Durante le prime settimane di gravidanza, l’hCG svolge un importante ruolo nel mantenimento delle funzionalità del corpo luteo. La produzione di hCG aumenta costantemente durante il primo trimestre di gravidanza (8-10 settimane), raggiungendo un picco intorno alla 10° settimana dopo l’ultimo ciclo mestruale. I livelli di hCG quindi diminuiscono progressivamente per il resto della gravidanza. Entro poche settimane dal parto, l’hCG nell’urina non è più rilevabile.   Nel caso in cui sia presente una gravidanza ectopica (fuori dall’utero), i livelli di hCG nel sangue aumentano a velocità ridotta. Per questo motivo, nel caso in cui si sospetti tale condizione, è necessario monitorare i livelli ematici della gonadotropina corionica umana, effettuando più prelievi e misurando i livelli di hCG (test quantitativo).  I livelli di hCG possono essere alterati anche nel caso in cui il feto risulti portatore di difetti cromosomici come quelli responsabili della sindrome di Down. Il test hCG fa parte, insieme ad altri test, di un protocollo di screening per la rilevazione delle anomalie cromosomiche fetali (per maggiori informazioni a riguardo, consultare gli articoli “Screening del primo trimestre di gravidanza” e “Screening del secondo trimestre di gravidanza”).

Human chorionic gonadotropin (hCG) is a hormone produced by the placenta in pregnant women. HCG levels increase early in pregnancy and it is eliminated with urine. Pregnancy testing detects hCG in blood or urine for confirmation or exclusion of a pregnancy.  During the first weeks of pregnancy, hCG plays an important role in maintaining corpus luteum function. Production of hCG increases steadily during the first trimester of pregnancy (8-10 weeks), peaking at around 10° weeks after the last menstrual cycle. HCG levels then progressively decrease for the remainder of the pregnancy. Within a few weeks of delivery, hCG in urine is no longer detectable.   In case an ectopic pregnancy is present (outside the uterus), blood hCG levels increase at reduced rate. For this reason, if this condition is suspected, it is necessary to monitor the blood levels of human chorionic gonadotropin, carrying out multiple samples and measuring hCG levels (quantitative test).  HCG levels can also be altered if the fetus carries chromosomal defects such as those responsible for Down syndrome. The hCG test is part, together with other tests, of a screening protocol for the detection of fetal chromosomal anomalies (for more information on this, consult the articles “Screening of the first trimester of pregnancy” and “Screening of the second trimester of pregnancy”).

GOT (AST – SGOT)

Questo esame misura i livelli di aspartato aminotransferasi (AST) nel sangue. L’AST è un enzima che si trova in molti organi, principalmente nel fegato e nel cuore e, in minor concentrazione, nei reni e nei muscoli. Negli individui sani i livelli di AST sono bassi; al contrario, quando le cellule epatiche o muscolari sono danneggiate a causa di varie patologie, l’AST viene rilasciata nel sangue e i suoi livelli aumentano. Per questa ragione, l’AST viene considerato un esame utile per rilevare e monitorare il danno epatico, le infezioni correlate ed alcuni effetti collaterali associati ai farmaci.   Il fegato è un organo situato nel quadrante superiore destro dell’addome. Svolge numerose funzioni dell’organismo: processa i nutrienti derivati dagli alimenti, produce la bile essenziale nella digestione dei lipidi, sintetizza importanti proteine come i fattori della coagulazione del sangue e metabolizza sostanze potenzialmente tossiche in altre considerate “innocue”, che possano essere secrete o utilizzate dall’organismo. Inoltre, contribuisce a metabolizzare alcuni farmaci.  Numerose condizioni patologiche possono provocare il danneggiamento delle cellule epatiche (epatociti), con conseguente aumento dell’AST. L’esame viene utilizzato per determinare la presenza di lesioni dovute ad epatiti, all’assunzione di farmaci tossici per il fegato, alla cirrosi o all’alcolismo. Tuttavia, l’AST non è specifica per il fegato e può aumentare anche in patologie che interessano sedi extra-epatiche.   Solitamente, l’AST viene eseguita insieme all’alanina aminotransferasi (ALT). Sia l’AST che l’ALT aumentano nelle patologie epatiche. Il rapporto AST/ALT può essere calcolato per distinguere tra le cause alla base del danno epatico e per determinare se l’incremento delle concentrazioni degli enzimi è riconducibile ad un danno cardiaco o muscolare.

This test measures the levels of aspartate aminotransferase (AST) in the blood. AST is an enzyme found in many organs, mainly in the liver and heart and, in lower concentrations, in the kidneys and muscles. In healthy individuals AST levels are low; in contrast, when liver or muscle cells are damaged due to various pathologies, AST is released into the blood and its levels increase. For this reason, AST is considered a useful test to detect and monitor liver damage, related infections and some side effects associated with medications.   The liver is an organ located in the right upper quadrant of the abdomen. It performs numerous functions of the organism: it processes nutrients derived from food, produces the essential bile in lipid digestion, synthesizes important proteins such as blood clotting factors, and metabolizes potentially toxic substances into others considered “harmless”, which can be secreted or used by the organism. Furthermore, it helps metabolize some drugs.  A number of pathological conditions can result in liver cell damage (hepatocytes), resulting in increased AST. The test is used to determine the presence of lesions due to hepatitis, taking drugs that are toxic to the liver, cirrhosis, or alcoholism. However, AST is not liver-specific and may also increase in conditions affecting extra-hepatic sites.   Usually, AST is performed together with alanine aminotransferase (ALT). Both AST and ALT increase in liver disease. The AST/ALT ratio can be calculated to distinguish between the underlying causes of liver damage and to determine whether the increase in enzyme concentrations is attributable to heart or muscle damage.

GPT (ALT – SGPT)

L’Alanina amino transferasi (ALT) è un enzima che si trova principalmente nelle cellule del fegato e del rene; quantità molto minori si ritrovano anche nel cuore e nei muscoli. Negli individui sani i livelli di ALT nel sangue sono bassi; al contrario quando il fegato è danneggiato l’ALT viene rilasciata nel sangue e i suoi livelli aumentano. Questo solitamente accade prima che sintomi più evidenti di danno epatico, come l’ittero, possano apparire. Questo esame misura i livelli di ALT nel sangue ed è molto utile per la diagnosi precoce delle malattie epatiche.  La funzione dell’ALT è quella di convertire l’alanina, uno degli aminoacidi che compongono le proteine, in piruvato, un composto chimico importante nella produzione di energia a livello cellulare.  Il fegato è un organo vitale localizzato in alto e a destra della cavità addominale, al di sotto della gabbia toracica. Esso è coinvolto in molte importanti funzioni dell’organismo, quali: facilitare la degradazione dei cibi, produrre la bile che aiuta a digerire i grassi, sintetizzare molte importanti proteine (quali i fattori della coagulazione del sangue e l’albumina), metabolizzare sostanze potenzialmente tossiche in altre più innocue che possano essere secrete o utilizzate dall’organismo.  Una grande varietà di condizioni patologiche possono provocare danneggiamento delle cellule epatiche, con conseguente aumento di ALT. L’esame è molto utile nel determinare il danno dovuto ad epatiti (infiammazioni del fegato), all’uso di farmaci o all’esposizione ad altre sostanze tossiche per il fegato.     L’ALT è di solito richiesta insieme all’Aspartato amino transferasi (AST), un altro enzima epatico, come parte del pannello epatico. Sia la concentrazione dell’ALT che quella dell’AST di solito aumentano ogni volta che il fegato viene danneggiato, anche se l’ALT è più specifica per il fegato e, in alcuni casi, può essere l’unica delle due che aumenta. Il rapporto AST/ALT può essere calcolato per distinguere tra le cause e la severità del danno epatico, oltre che per discriminare tra danno epatico e danno cardiaco o muscolare.

Alanine amino transferase (ALT) is an enzyme found primarily in liver and kidney cells; much smaller amounts are also found in the heart and muscles. In healthy individuals, blood ALT levels are low; on the contrary, when the liver is damaged, ALT is released into the blood and its levels increase. This usually happens before more obvious symptoms of liver damage, such as jaundice, can appear. This test measures ALT levels in the blood and is very useful for the early diagnosis of liver disease.  The function of ALT is to convert alanine, one of the amino acids that make up proteins, into pyruvate, a chemical compound important in energy production at the cellular level.  The liver is a vital organ located at the top and right of the abdominal cavity, below the rib cage. It is involved in many important functions of the body, such as: facilitating the degradation of foods, producing the bile that helps digest fats, synthesizing many important proteins (such as blood clotting factors and albumin), metabolizing potentially toxic substances into more harmless ones that can be secreted or used by the body.  A wide variety of pathological conditions can cause damage to liver cells, resulting in an increase in ALT. The test is very useful in determining damage due to hepatitis (inflammation of the liver), use of medications, or exposure to other substances toxic to the liver  ALT is usually required together with Aspartate amino transferase (AST), another liver enzyme, as part of the liver panel. Both ALT and AST concentrations usually increase each time the liver is damaged, although ALT is more liver-specific and, in some cases, may be the only one of the two that increases. The AST/ALT ratio can be calculated to distinguish between the causes and severity of liver damage, as well as to discriminate between liver damage and heart or muscle damage.

GRUPPO E FATTORE Rh

La tipizzazione del gruppo sanguigno è basata sulla presenza di marcatori (carboidrati o proteine) o antigeni presenti sulla superficie dei globuli rossi (eritrociti). I due antigeni principali identificati sulla superficie eritrocitaria sono chiamati antigeni A e B, insieme al fattore Rh. La determinazione del gruppo sanguigno avviene tramite la ricerca della presenza/assenza sulla superficie eritrocitaria di questi antigeni, per determinare il gruppo sanguigno AB0 e il fattore Rh.  Le persone i cui eritrociti presentano l’antigene A, appartengono al gruppo sanguigno A; la presenza dell’antigene B invece identifica il gruppo sanguigno B. La contemporanea presenza di entrambi gli antigeni A e B identifica il gruppo sanguigno AB, mentre la loro assenza viene indicata con il gruppo sanguigno 0.  I pazienti con un gruppo sanguigno Rh+ (positivo) presentano eritrociti con l’antigene Rh mentre la sua assenza identifica le persone con gruppo sanguigno Rh- (negativo).   L’organismo produce spontaneamente anticorpi in grado di riconoscere gli antigeni A o B non presenti sulla superficie eritrocitaria. Per esempio, una persona del gruppo sanguigno A, possiede anticorpi in grado di riconoscere l’antigene B presente sulla superficie di eritrociti estranei, e coloro con gruppo sanguigno B, possiedono anticorpi anti-antigene A. Le persone del gruppo sanguigno AB non possiedono nessun anticorpo mentre quelle del gruppo sanguigno 0 li possiedono entrambi.

La presenza di questi anticorpi è utile per la determinazione del gruppo sanguigno di una persona e della sua compatibilità con altre persone utile per la donazione o la trasfusione di sangue. Se infatti una persona del gruppo sanguigno A viene trasfusa con del sangue del gruppo sanguigno B, gli anticorpi anti-B presenti nel ricevente distruggeranno gli eritrociti del donatore, causando conseguenze anche fatali. Pertanto, la verifica della compatibilità tra donatore e ricevente è fondamentale.  Diversamente dagli anticorpi anti-antigeni A e B, gli anticorpi anti-Rh non vengono prodotti naturalmente. Perciò, gli anticorpi Rh vengono prodotti soltanto nel caso in cui una persona Rh- (negativa) sia esposta a eritrociti Rh+ (positivi). Questo può avvenire, ad esempio, durante la gravidanza o il parto di una donna Rh- con bambino Rh+ o, talvolta, nel caso in cui una persona Rh- venga trasfusa con sangue Rh+. In ogni caso, la prima esposizione all’antigene Rh non determina l’innesco di una forte risposta immunitaria, mentre le successive esposizioni possono causare conseguenze molto gravi.

Blood type typing is based on the presence of markers (carbohydrates or proteins) or antigens present on the surface of red blood cells (erythrocytes). The two main antigens identified on the erythrocyte surface are called antigens A and B, along with the Rh factor. The determination of blood group occurs by searching for the presence/absence of these antigens on the erythrocyte surface, to determine the AB0 blood group and the Rh factor.  People whose erythrocytes have antigen A belong to blood group A; the presence of antigen B instead identifies blood group B. The simultaneous presence of both antigens A and B identifies blood group AB, while their absence is indicated with blood group 0.  Patients with an Rh+ (positive) blood type have erythrocytes with the Rh antigen while its absence identifies people with Rh – (negative) blood type.   The body spontaneously produces antibodies that can recognize antigens A or B not present on the erythrocyte surface. For example, a person in blood group A has antibodies capable of recognizing the B antigen present on the surface of foreign erythrocytes, and those with blood group B have anti-antigen A antibodies. People in blood group AB do not have any antibodies while those in blood group 0 have both.    The presence of these antibodies is useful for the determination of a person’s blood type and its compatibility with other people useful for blood donation or transfusion. In fact, if a person in blood group A is transfused with blood group B, the anti-B antibodies present in the recipient will destroy the donor’s erythrocytes, causing even fatal consequences. Therefore, verification of compatibility between donor and recipient is crucial.  Unlike anti-antigen antibodies A and B, anti-Rh antibodies are not produced naturally. Therefore, Rh antibodies are produced only if an Rh-(negative) person is exposed to Rh+ (positive) erythrocytes. This can happen, for example, during pregnancy or childbirth of a Rh-woman with a Rh+ baby or, sometimes, if a Rh-person is transfused with Rh+ blood. In any case, the first exposure to the Rh antigen does not trigger a strong immune response, while subsequent exposures can cause very serious consequences.

H

HAV (Anticorpi virus Epatite A) IgG

L’epatite A è un’infezione del fegato molto contagiosa causata dal virus A dell’epatite (HAV). É una delle cause di epatite, una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Questo esame ricerca la presenza nel sangue di anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione da HAV, come indice di infezione recente o pregressa. L’HAV è uno dei cinque “virus dell’epatite”, tra cui si annoverano i virus B, C, D ed E, noti per causare la patologia. Il virus HAV causa un’infezione acuta che solitamente perdura per 1 o 2 mesi, ma non causa infezione cronica, come altri virus dell’epatite. Raramente, l’epatite A può risultare grave e causare danni al fegato o insufficienza epatica.  Solitamente il contagio da HAV avviene attraverso le feci o mediante l’ingestione di cibo o acqua contaminati dalle feci di una persona infetta (via oro-fecale). I fattori di rischio per il contagio con HAV comprendono il contatto stretto con persone affette, i viaggi verso zone del mondo in cui il virus è molto diffuso (di solito per le scarse condizioni igienico-sanitarie), la coabitazione o lo stretto contatto con bambini presenti negli asili, l’assunzione di cibo contaminato, l’abitudine ad avere rapporti sessuali non protetti (in maniera particolare tra uomini omosessuali) e l’uso di droghe per via endovenosa.

Sebbene le cause di epatite siano molteplici, i sintomi sono gli stessi. In caso di epatite, il fegato è danneggiato e non funziona correttamente, non riuscendo a metabolizzare ed eliminare dall’organismo le tossine o i prodotti di scarto come la bilirubina. Con il progredire della patologia, la bilirubina e gli enzimi epatici possono aumentare nel sangue. Per questo motivo, test come la bilirubina e il pannello epatico possono fornire informazioni al clinico circa le condizioni del fegato, senza tuttavia identificare la causa scatenante dell’epatite. La ricerca degli anticorpi diretti contro i virus dell’epatite può invece contribuire a determinarne la causa.Esistono due differenti classi di immunoglobuline anti-epatite A che possono essere testate: le IgM e le IgG. In seguito all’esposizione al virus HAV, l’organismo produce prima gli anticorpi IgM, che compaiono entro 2-3 settimane dal contagio (e sono determinabili prima dello sviluppo dei sintomi) e persistono in circolo per 3-6 mesi. Le IgG vengono prodotte dopo 1-2 settimane dalla comparsa delle IgM e persistono per tutta la vita.In Italia sono disponibili due diversi vaccini contro l’epatite A, raccomandati in soggetti a rischio quali soggetti pediatrici, donne in gravidanza, coloro che effettuano viaggi in paesi nei quali l’epatite A è endemica, che lavorano in ambienti a contatto con il virus o con persone infette o che sono affette da patologie croniche che potrebbero esacerbare i sintomi e la gravità della malattia.Secondo i dati statistici, l’incidenza dell’infezione varia ciclicamente, con un aumento ogni 10-15 anni. Il report dell’ECDC relativo al 2018 riporta 15.677 casi confermati di epatite A nell’Unione Europea, con una predominanza di casi tra la popolazione maschile (57,2% vs 42,8%). La fascia d’età più colpita continua ad essere quella compresa tra i 5 ed i 14 anni.

Hepatitis A is a very contagious liver infection caused by the hepatitis A virus (HAV). It is one of the causes of hepatitis, a pathology characterized by inflammation and enlargement of the liver. This test looks for the presence in the blood of antibodies produced by the immune system in response to HAV infection, as an index of recent or previous infection. HAV is one of five “hepatitis viruses”, which include viruses B, C, D and E, known to cause the disease. The HAV virus causes an acute infection that usually lasts for 1 to 2 months, but does not cause chronic infection, like other hepatitis viruses. Rarely, hepatitis A can be severe and cause liver damage or liver failure.  Usually HAV contagion occurs through feces or by ingestion of food or water contaminated with the feces of an infected person (fecal-oral route). Risk factors for HAV infection include close contact with affected people, travel to areas of the world where the virus is widespread (usually due to poor sanitation), cohabitation or close contact with children present in kindergartens, intake of contaminated food, the habit of having unprotected sexual intercourse (particularly between homosexual men) and intravenous drug use.    Although the causes of hepatitis are multiple, the symptoms are the same. In case of hepatitis, the liver is damaged and does not function properly, failing to metabolise and eliminate toxins or waste products such as bilirubin from the body. As the condition progresses, bilirubin and liver enzymes may increase in the blood. For this reason, tests such as bilirubin and the liver panel can provide information to the clinician about the condition of the liver, without however identifying the trigger for hepatitis. The search for antibodies directed against hepatitis viruses can instead help determine the cause. There are two different classes of anti-hepatitis A immunoglobulins that can be tested: IgM and IgG. Following exposure to the HAV virus, the body first produces IgM antibodies, which appear within 2 to 3 weeks of infection (and are determinable before symptoms develop) and persist in circulation for 3 to 6 months. IgG is produced 1-2 weeks after the appearance of IgM and persists throughout life. Two different vaccines against hepatitis A are available in Italy, recommended in subjects at risk such as pediatric subjects, pregnant women, those who travel to countries where hepatitis A is endemic, who work in environments in contact with the virus or with infected people or who suffer from chronic pathologies that could exacerbate the symptoms and severity of the disease.    According to statistical data, the incidence of infection varies cyclically, with an increase every 10 to 15 years. The ECDC report for 2018 reports 15,677 confirmed cases of hepatitis A in the European Union, with a predominance of cases among the male population (57.2% vs 42.8%). The most affected age group continues to be between 5 and 14 years.

HAV (Anticorpi virus Epatite A) IgM

L’epatite A è un’infezione del fegato molto contagiosa causata dal virus A dell’epatite (HAV). É una delle cause di epatite, una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Questo esame ricerca la presenza nel sangue di anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione da HAV, come indice di infezione recente o pregressa. L’HAV è uno dei cinque “virus dell’epatite”, tra cui si annoverano i virus B, C, D ed E, noti per causare la patologia. Il virus HAV causa un’infezione acuta che solitamente perdura per 1 o 2 mesi, ma non causa infezione cronica, come altri virus dell’epatite. Raramente, l’epatite A può risultare grave e causare danni al fegato o insufficienza epatica.  Solitamente il contagio da HAV avviene attraverso le feci o mediante l’ingestione di cibo o acqua contaminati dalle feci di una persona infetta (via oro-fecale). I fattori di rischio per il contagio con HAV comprendono il contatto stretto con persone affette, i viaggi verso zone del mondo in cui il virus è molto diffuso (di solito per le scarse condizioni igienico-sanitarie), la coabitazione o lo stretto contatto con bambini presenti negli asili, l’assunzione di cibo contaminato, l’abitudine ad avere rapporti sessuali non protetti (in maniera particolare tra uomini omosessuali) e l’uso di droghe per via endovenosa.

Sebbene le cause di epatite siano molteplici, i sintomi sono gli stessi. In caso di epatite, il fegato è danneggiato e non funziona correttamente, non riuscendo a metabolizzare ed eliminare dall’organismo le tossine o i prodotti di scarto come la bilirubina. Con il progredire della patologia, la bilirubina e gli enzimi epatici possono aumentare nel sangue. Per questo motivo, test come la bilirubina e il pannello epatico possono fornire informazioni al clinico circa le condizioni del fegato, senza tuttavia identificare la causa scatenante dell’epatite. La ricerca degli anticorpi diretti contro i virus dell’epatite può invece contribuire a determinarne la causa.Esistono due differenti classi di immunoglobuline anti-epatite A che possono essere testate: le IgM e le IgG. In seguito all’esposizione al virus HAV, l’organismo produce prima gli anticorpi IgM, che compaiono entro 2-3 settimane dal contagio (e sono determinabili prima dello sviluppo dei sintomi) e persistono in circolo per 3-6 mesi. Le IgG vengono prodotte dopo 1-2 settimane dalla comparsa delle IgM e persistono per tutta la vita.In Italia sono disponibili due diversi vaccini contro l’epatite A, raccomandati in soggetti a rischio quali soggetti pediatrici, donne in gravidanza, coloro che effettuano viaggi in paesi nei quali l’epatite A è endemica, che lavorano in ambienti a contatto con il virus o con persone infette o che sono affette da patologie croniche che potrebbero esacerbare i sintomi e la gravità della malattia.Secondo i dati statistici, l’incidenza dell’infezione varia ciclicamente, con un aumento ogni 10-15 anni. Il report dell’ECDC relativo al 2018 riporta 15.677 casi confermati di epatite A nell’Unione Europea, con una predominanza di casi tra la popolazione maschile (57,2% vs 42,8%). La fascia d’età più colpita continua ad essere quella compresa tra i 5 ed i 14 anni.

Hepatitis A is a very contagious liver infection caused by the hepatitis A virus (HAV). It is one of the causes of hepatitis, a pathology characterized by inflammation and enlargement of the liver. This test looks for the presence in the blood of antibodies produced by the immune system in response to HAV infection, as an index of recent or previous infection. HAV is one of five “hepatitis viruses”, which include viruses B, C, D and E, known to cause the disease. The HAV virus causes an acute infection that usually lasts for 1 to 2 months, but does not cause chronic infection, like other hepatitis viruses. Rarely, hepatitis A can be severe and cause liver damage or liver failure.  Usually HAV contagion occurs through feces or by ingestion of food or water contaminated with the feces of an infected person (fecal-oral route). Risk factors for HAV infection include close contact with affected people, travel to areas of the world where the virus is widespread (usually due to poor sanitation), cohabitation or close contact with children present in kindergartens, intake of contaminated food, the habit of having unprotected sexual intercourse (particularly between homosexual men) and intravenous drug use.    Although the causes of hepatitis are multiple, the symptoms are the same. In case of hepatitis, the liver is damaged and does not function properly, failing to metabolise and eliminate toxins or waste products such as bilirubin from the body. As the condition progresses, bilirubin and liver enzymes may increase in the blood. For this reason, tests such as bilirubin and the liver panel can provide information to the clinician about the condition of the liver, without however identifying the trigger for hepatitis. The search for antibodies directed against hepatitis viruses can instead help determine the cause. There are two different classes of anti-hepatitis A immunoglobulins that can be tested: IgM and IgG. Following exposure to the HAV virus, the body first produces IgM antibodies, which appear within 2 to 3 weeks of infection (and are determinable before symptoms develop) and persist in circulation for 3 to 6 months. IgG is produced 1-2 weeks after the appearance of IgM and persists throughout life. Two different vaccines against hepatitis A are available in Italy, recommended in subjects at risk such as pediatric subjects, pregnant women, those who travel to countries where hepatitis A is endemic, who work in environments in contact with the virus or with infected people or who suffer from chronic pathologies that could exacerbate the symptoms and severity of the disease.    According to statistical data, the incidence of infection varies cyclically, with an increase every 10 to 15 years. The ECDC report for 2018 reports 15,677 confirmed cases of hepatitis A in the European Union, with a predominance of cases among the male population (57.2% vs 42.8%). The most affected age group continues to be between 5 and 14 years.

HBA1C (Emoglobina glicata A1c)

Questo esame misura la concentrazione della emoglobina glicata A1c (HbA1c) nel sangue, un’emoglobina con attaccato il glucosio. La misura della percentuale di HbA1c consente di effettuare una stima della quantità di glucosio presente nel sangue (glicemia) negli ultimi 2-3 mesi.  L’emoglobina è una proteina deputata al trasporto dell’ossigeno presente all’interno dei globuli rossi (RBC). Esistono vari tipi di emoglobina, ma la forma predominante, circa il 95-98%, è l’emoglobina A.   Il glucosio è la principale fonte di energia delle cellule presenti nel nostro organismo. Durante la digestione i carboidrati assunti con il pasto vengono scomposti in glucosio, che entra nel circolo sanguigno aumentando la glicemia. Normalmente, in risposta a questo fenomeno, il pancreas rilascia nel sangue l’insulina, un ormone che contribuisce all’ingresso del glucosio nelle cellule dell’organismo, dove viene convertito in energia. Nel caso in cui l’organismo non sia in grado di produrre insulina (diabete di tipo 1) o vi sia una ridotta risposta delle cellule alla sua azione (diabete di tipo 2), la glicemia può aumentare fino a livelli pericolosi.   Il glucosio, circolando nel sangue, in parte si lega spontaneamente all’emoglobina A. Le molecole di emoglobina legate al glucosio prendono il nome di emoglobine glicate. Più alta è la concentrazione di glucosio nel sangue, più emoglobina glicata si forma. Una volta che il glucosio si è legato all’emoglobina, vi rimane per tutta la vita del globulo rosso (120 giorni circa). La forma prevalente di emoglobina glicata è definita come HbA1c. L’HbA1c è prodotta quotidianamente ed è eliminata lentamente dal sangue man mano che i globuli rossi più vecchi muoiono, e vengono rimpiazzati da quelli più giovani che contengono pochissima emoglobina glicata.  Secondo l’Amercan Diabetes Association (ADA), il test dell’HbA1c può essere usato, alternativamente ai criteri diagnostici basati sui livelli di glucosio (come il test di tolleranza al carico orale di glucosio [OGTT] e la misura della glicemia plasmatica a digiuno [FPG]), per lo screening o la diagnosi di diabete, o per valutare il rischio di svilupparlo.  L’uso della misura dell’HbA1c è fortemente raccomandato per il monitoraggio dei pazienti diabetici per la verifica del controllo glicemico. A questo scopo, la percentuale di HbA1c ematica deve essere mantenuta a concentrazioni inferiori al 53 mmol/mol (7 %), tali da limitare le complicanze della patologia.  Per il corretto controllo glicemico è importante che clinico e paziente collaborino strettamente.

This test measures the concentration of glycated hemoglobin A1c (HbA1c) in the blood, a hemoglobin with glucose attached. Measuring the percentage of HbA1c allows you to estimate the amount of glucose present in the blood (glycemia) in the last 2-3 months.  Hemoglobin is a protein responsible for transporting oxygen present within red blood cells (RBCs). There are various types of hemoglobin, but the predominant form, about 95-98%, is hemoglobin A.   Glucose is the main source of energy of the cells present in our body. During digestion, the carbohydrates consumed with the meal are broken down into glucose, which enters the bloodstream, increasing blood sugar levels. Normally, in response to this phenomenon, the pancreas releases insulin into the blood, a hormone that contributes to the entry of glucose into the body’s cells, where it is converted into energy. In the event that the body is unable to produce insulin (type 1 diabetes) or there is a reduced response of cells to its action (type 2 diabetes), blood glucose may rise to dangerous levels.    Glucose, circulating in the blood, partly binds spontaneously to hemoglobin A. Glucose-bound hemoglobin molecules are called glycated hemoglobins. The higher the concentration of glucose in the blood, the more glycated hemoglobin is formed. Once glucose has bound to hemoglobin, it remains there for the life of the red blood cell (about 120 days). The prevalent form of glycated hemoglobin is defined as HbA1c. HbA1c is produced daily and is slowly eliminated from the blood as older red blood cells die, and are replaced by younger ones that contain very little glycated hemoglobin.  According to the Amercan Diabetes Association (ADA), the HbA1c test can be used, alternatively to diagnostic criteria based on glucose levels (such as the oral glucose load tolerance test [OGTT] and the fasting plasma blood sugar measure [FPG]), for screening or diagnosing diabetes, or to assess the risk of developing it.  The use of the HbA1 c measure is strongly recommended for monitoring diabetic patients for verification of glycaemic control. For this purpose, the percentage of blood HbA1c must be maintained at concentrations lower than 53 mmol/mol (7 per cent), such as to limit complications of the pathology.  For correct glycemic control it is important that the clinician and patient collaborate closely.

HBcAb (Anticorpi anti-core virus Epatite B)

L’epatite B è una patologia causata dall’infezione da parte del virus B dell’epatite (HBV). I test per l’epatite B rilevano la presenza proteine virali (antigeni), di anticorpi prodotti in risposta all’infezione o del materiale genetico (DNA) del virus. La valutazione complessiva dell’insieme dei risultati dei test consente di discriminare tra infezione attiva e pregressa e tra l’immunità risultante da una precedente esposizione o dalla vaccinazione.    L’epatite è una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Può avere diverse cause, una delle quali è l’infezione operata dai virus dell’epatite, tra cui si annoverano HAV (epatite A), HBV (epatite B), HCV (epatite C), HDV (epatite D) ed HEV (epatite E).   L’HBV si trasmette tramite il contatto con il sangue o altri liquidi biologici di persone infette. Il contagio può avvenire, ad esempio, tramite la condivisione di aghi per l’iniezione di droghe per via endovenosa o tramite rapporti sessuali non protetti. Le persone che abitano o che viaggiano in zone del mondo ad alta prevalenza di epatite B sono esposte ad un rischio maggiore di contrarre l’infezione.
In rari casi, le madri possono trasmettere l’infezione ai figli durante il parto o tramite l’allattamento. Il virus non si diffonde tramite contatti superficiali come strette di mano, colpi di tosse o starnuti. Tuttavia, il virus può sopravvivere all’esterno dall’organismo per più di sette giorni, anche nel sangue secco, e può essere contratto usando rasoi o spazzolini di una persona infetta o tramite strumenti per cure estetiche o odontoiatriche non correttamente igienizzati.

Il più drastico decremento di incidenza di epatite B in Italia è stato osservato in seguito all’introduzione della vaccinazione nel 1988 per persone appartenenti a gruppi ad alto rischio di infezione da virus HBV, e divenuta obbligatoria nel 1991 per tutti i nuovi nati e per i dodicenni (fino al 2003).
Grazie al protocollo Seieva (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta) è possibile monitorare costantemente tale evoluzione epidemiologica. Nel 2018 sono stati registrati 6 casi ogni 100.000 abitanti, di cui l’11% erano infezioni acute, il 56% croniche ed il 33% classificate come “sconosciute”. Attualmente, la fascia d’età maggiormente a rischio è quella di età compresa tra i 25 e i 34 anni.  Il decorso dell’infezione da epatite B può variare da forme lievi che durano solo poche settimane fino a forme croniche gravi che permangono per anni. Talvolta, l’HBV cronica porta a sequele gravi come cirrosi, insufficienza epatica o tumore epatico. Alcuni degli stadi e delle forme di epatite B includono:

  • Infezione acuta; presenza di segni e sintomi con test di screening positivo
  • Infezione cronica; infezione persistente con rilevazione del virus tramite test di laboratorio e quadro clinico positivo (infiammazione del fegato)
  • Portatore sano (stato inattivo); infezione persistente senza infiammazione del fegato (il portatore è colui che non manifesta problemi di salute ma è stato infettato dal virus e può potenzialmente contagiare gli altri)
  • Infezione “risolta” – assenza di segni d’infezione; i test degli antigeni virali e del DNA risultano negativi e non sono presenti segni o sintomi d’infiammazione epatica (anche se, in alcuni casi, il virus è presente nel fegato in stato inattivo)
  • Riattivazione – riattivazione dell’infezione da HBV con danneggiamento del fegato in persona portatrice o che ha avuto un’infezione pregressa risolta. Si verifica più frequentemente in persone affette da forme tumorali per le quali sia necessaria una terapia chemioterapica o in persone affette da malattie autoimmuni o sottoposte a trapianto d’organo e in cura con immunosoppressori.

Sebbene possa essere un’infezione potenzialmente grave, l’HBV acuta si risolve spontaneamente nella maggior parte degli adulti. Nei bambini e nei ragazzi tende a svilupparsi la forma cronica più spesso (in circa il 90% de casi) che negli adulti. Nei bambini da 1 a 5 anni il rischio di sviluppare epatite cronica oscilla tra il 25% e il 50%. Sopra i 5 anni, la probabilità scende a meno del 5%.La maggior parte dei pazienti affetti da infezioni croniche è asintomatica. Nelle infezioni acute, i sintomi sono molto simili a quelli che si sviluppano nelle altre epatiti acute e includono febbre, affaticamento, nausea, vomito e ittero, anche se in più della metà dei casi non vi sono sintomi. Nell’epatite acuta, il fegato è danneggiato e non funziona più normalmente. Di conseguenza, le tossine e i prodotti di scarto come la bilirubina non vengono più metabolizzati ed eliminati, determinando l’accumulo progressivo nel sangue di bilirubina ed enzimi epatici. I test come bilirubina e pannello epatico rappresentano un sostegno nella diagnosi di epatite, pur non consentendo la definizione dell’agente eziologico. I test per la ricerca dei virus dell’epatite consentono invece di definirne la causa

Hepatitis B is a pathology caused by infection by the hepatitis B virus (HBV). Tests for hepatitis B detect the presence of viral proteins (antigens), antibodies produced in response to infection, or the genetic material (DNA) of the virus. The overall evaluation of the set of test results allows discriminating between active and previous infection and between immunity resulting from previous exposure or vaccination.    Hepatitis is a pathology characterized by inflammation and enlargement of the liver. It can have several causes, one of which is infection by hepatitis viruses, including HAV (hepatitis A), HBV (hepatitis B), HCV (hepatitis C), HDV (hepatitis D) and HEV (hepatitis E).   HBV is transmitted by contact with the blood or other biological fluids of infected people. Contagion can occur, for example, by sharing needles for intravenous drug injection or through unprotected sex. People who live in or travel to areas of the world with a high prevalence of hepatitis B are exposed to a greater risk of contracting the infection.
In rare cases, mothers may pass the infection on to their children during childbirth or via lactation. The virus does not spread through superficial contact such as handshakes, coughing, or sneezing. However, the virus can survive outside the body for more than seven days, even in dry blood, and can be contracted using an infected person’s razors or toothbrushes or through improperly sanitized cosmetic or dental care tools.  The most drastic decrease in the incidence of hepatitis B in Italy was observed following the introduction of vaccination in 1988 for people belonging to groups at high risk of HBV virus infection, and which became mandatory in 1991 for all newborns and twelve-year-olds (until 2003). 
Thanks to the Seieva protocol (Integrated Epidemiological System of Acute Viral Hepatitis) it is possible to constantly monitor this epidemiological evolution. In 2018, 6 cases were recorded per 100,000 inhabitants, of which ’11% were acute infections, 56% chronic and 33% classified as “unknown”. Currently, the age group most at risk is those aged between 25 and 34.  The course of hepatitis B infection can range from mild forms that last only a few weeks to severe chronic forms that remain for years. Sometimes, chronic HBV leads to severe sequelae such as cirrhosis, liver failure, or liver tumor. Some of the stages and forms of hepatitis B include:  Acute infection; presence of signs and symptoms with positive screening test
Chronic infection; persistent infection with detection of the virus through laboratory tests and a positive clinical picture (inflammation of the liver)
Healthy carrier (inactive state); persistent infection without inflammation of the liver (the carrier is someone who does not show health problems but has been infected by the virus and can potentially infect others)
Infection “resolved” – absence of signs of infection; viral antigens and DNA tests are negative and there are no signs or symptoms of liver inflammation (although, in some cases, the virus is present in the liver in an inactive state)
Reactivation – reactivation of HBV infection with damage to the liver in a person who is a carrier or who has had a resolved previous infection. It occurs most frequently in people with cancer for whom chemotherapy therapy is needed or in people with autoimmune diseases or undergoing organ transplantation and being treated with immunosuppressants.  Although it can be a potentially serious infection, acute HBV resolves spontaneously in most adults. In children and young people the chronic form tends to develop more often (in approximately 90% of cases) than in adults. In children aged 1 to 5 years the risk of developing chronic hepatitis varies between 25% and 50%. Over 5 years, the probability drops to less than 5%.Most patients with chronic infections are asymptomatic. In acute infections, symptoms are very similar to those that develop in other acute hepatitis and include fever, fatigue, nausea, vomiting and jaundice, although in more than half of cases there are no symptoms. In acute hepatitis, the liver is damaged and no longer functions normally. As a result, toxins and waste products such as bilirubin are no longer metabolized and eliminated, resulting in the progressive accumulation of bilirubin and liver enzymes in the blood. Tests such as bilirubin and liver panel are a support in the diagnosis of hepatitis, while not allowing the definition of the causative agent. Testing for hepatitis viruses allows you to define the cause

HBcAb IgM (Anticorpi anti-core IgM virus Epatite B)

L’epatite B è una patologia causata dall’infezione da parte del virus B dell’epatite (HBV). I test per l’epatite B rilevano la presenza proteine virali (antigeni), di anticorpi prodotti in risposta all’infezione o del materiale genetico (DNA) del virus. La valutazione complessiva dell’insieme dei risultati dei test consente di discriminare tra infezione attiva e pregressa e tra l’immunità risultante da una precedente esposizione o dalla vaccinazione.    L’epatite è una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Può avere diverse cause, una delle quali è l’infezione operata dai virus dell’epatite, tra cui si annoverano HAV (epatite A), HBV (epatite B), HCV (epatite C), HDV (epatite D) ed HEV (epatite E).   L’HBV si trasmette tramite il contatto con il sangue o altri liquidi biologici di persone infette. Il contagio può avvenire, ad esempio, tramite la condivisione di aghi per l’iniezione di droghe per via endovenosa o tramite rapporti sessuali non protetti. Le persone che abitano o che viaggiano in zone del mondo ad alta prevalenza di epatite B sono esposte ad un rischio maggiore di contrarre l’infezione.
In rari casi, le madri possono trasmettere l’infezione ai figli durante il parto o tramite l’allattamento. Il virus non si diffonde tramite contatti superficiali come strette di mano, colpi di tosse o starnuti. Tuttavia, il virus può sopravvivere all’esterno dall’organismo per più di sette giorni, anche nel sangue secco, e può essere contratto usando rasoi o spazzolini di una persona infetta o tramite strumenti per cure estetiche o odontoiatriche non correttamente igienizzati.

Il più drastico decremento di incidenza di epatite B in Italia è stato osservato in seguito all’introduzione della vaccinazione nel 1988 per persone appartenenti a gruppi ad alto rischio di infezione da virus HBV, e divenuta obbligatoria nel 1991 per tutti i nuovi nati e per i dodicenni (fino al 2003).
Grazie al protocollo Seieva (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta) è possibile monitorare costantemente tale evoluzione epidemiologica. Nel 2018 sono stati registrati 6 casi ogni 100.000 abitanti, di cui l’11% erano infezioni acute, il 56% croniche ed il 33% classificate come “sconosciute”. Attualmente, la fascia d’età maggiormente a rischio è quella di età compresa tra i 25 e i 34 anni.  Il decorso dell’infezione da epatite B può variare da forme lievi che durano solo poche settimane fino a forme croniche gravi che permangono per anni. Talvolta, l’HBV cronica porta a sequele gravi come cirrosi, insufficienza epatica o tumore epatico. Alcuni degli stadi e delle forme di epatite B includono:

  • Infezione acuta; presenza di segni e sintomi con test di screening positivo
  • Infezione cronica; infezione persistente con rilevazione del virus tramite test di laboratorio e quadro clinico positivo (infiammazione del fegato)
  • Portatore sano (stato inattivo); infezione persistente senza infiammazione del fegato (il portatore è colui che non manifesta problemi di salute ma è stato infettato dal virus e può potenzialmente contagiare gli altri)
  • Infezione “risolta” – assenza di segni d’infezione; i test degli antigeni virali e del DNA risultano negativi e non sono presenti segni o sintomi d’infiammazione epatica (anche se, in alcuni casi, il virus è presente nel fegato in stato inattivo)
  • Riattivazione – riattivazione dell’infezione da HBV con danneggiamento del fegato in persona portatrice o che ha avuto un’infezione pregressa risolta. Si verifica più frequentemente in persone affette da forme tumorali per le quali sia necessaria una terapia chemioterapica o in persone affette da malattie autoimmuni o sottoposte a trapianto d’organo e in cura con immunosoppressori.

Sebbene possa essere un’infezione potenzialmente grave, l’HBV acuta si risolve spontaneamente nella maggior parte degli adulti. Nei bambini e nei ragazzi tende a svilupparsi la forma cronica più spesso (in circa il 90% de casi) che negli adulti. Nei bambini da 1 a 5 anni il rischio di sviluppare epatite cronica oscilla tra il 25% e il 50%. Sopra i 5 anni, la probabilità scende a meno del 5%.La maggior parte dei pazienti affetti da infezioni croniche è asintomatica. Nelle infezioni acute, i sintomi sono molto simili a quelli che si sviluppano nelle altre epatiti acute e includono febbre, affaticamento, nausea, vomito e ittero, anche se in più della metà dei casi non vi sono sintomi. Nell’epatite acuta, il fegato è danneggiato e non funziona più normalmente. Di conseguenza, le tossine e i prodotti di scarto come la bilirubina non vengono più metabolizzati ed eliminati, determinando l’accumulo progressivo nel sangue di bilirubina ed enzimi epatici. I test come bilirubina e pannello epatico rappresentano un sostegno nella diagnosi di epatite, pur non consentendo la definizione dell’agente eziologico. I test per la ricerca dei virus dell’epatite consentono invece di definirne la causa

Hepatitis B is a pathology caused by infection by the hepatitis B virus (HBV). Tests for hepatitis B detect the presence of viral proteins (antigens), antibodies produced in response to infection, or the genetic material (DNA) of the virus. The overall evaluation of the set of test results allows discriminating between active and previous infection and between immunity resulting from previous exposure or vaccination.    Hepatitis is a pathology characterized by inflammation and enlargement of the liver. It can have several causes, one of which is infection by hepatitis viruses, including HAV (hepatitis A), HBV (hepatitis B), HCV (hepatitis C), HDV (hepatitis D) and HEV (hepatitis E).   HBV is transmitted by contact with the blood or other biological fluids of infected people. Contagion can occur, for example, by sharing needles for intravenous drug injection or through unprotected sex. People who live in or travel to areas of the world with a high prevalence of hepatitis B are exposed to a greater risk of contracting the infection.
In rare cases, mothers may pass the infection on to their children during childbirth or via lactation. The virus does not spread through superficial contact such as handshakes, coughing, or sneezing. However, the virus can survive outside the body for more than seven days, even in dry blood, and can be contracted using an infected person’s razors or toothbrushes or through improperly sanitized cosmetic or dental care tools.  The most drastic decrease in the incidence of hepatitis B in Italy was observed following the introduction of vaccination in 1988 for people belonging to groups at high risk of HBV virus infection, and which became mandatory in 1991 for all newborns and twelve-year-olds (until 2003). 
Thanks to the Seieva protocol (Integrated Epidemiological System of Acute Viral Hepatitis) it is possible to constantly monitor this epidemiological evolution. In 2018, 6 cases were recorded per 100,000 inhabitants, of which ’11% were acute infections, 56% chronic and 33% classified as “unknown”. Currently, the age group most at risk is those aged between 25 and 34.  The course of hepatitis B infection can range from mild forms that last only a few weeks to severe chronic forms that remain for years. Sometimes, chronic HBV leads to severe sequelae such as cirrhosis, liver failure, or liver tumor. Some of the stages and forms of hepatitis B include:  Acute infection; presence of signs and symptoms with positive screening test
Chronic infection; persistent infection with detection of the virus through laboratory tests and a positive clinical picture (inflammation of the liver)
Healthy carrier (inactive state); persistent infection without inflammation of the liver (the carrier is someone who does not show health problems but has been infected by the virus and can potentially infect others)
Infection “resolved” – absence of signs of infection; viral antigens and DNA tests are negative and there are no signs or symptoms of liver inflammation (although, in some cases, the virus is present in the liver in an inactive state)
Reactivation – reactivation of HBV infection with damage to the liver in a person who is a carrier or who has had a resolved previous infection. It occurs most frequently in people with cancer for whom chemotherapy therapy is needed or in people with autoimmune diseases or undergoing organ transplantation and being treated with immunosuppressants.  Although it can be a potentially serious infection, acute HBV resolves spontaneously in most adults. In children and young people the chronic form tends to develop more often (in approximately 90% of cases) than in adults. In children aged 1 to 5 years the risk of developing chronic hepatitis varies between 25% and 50%. Over 5 years, the probability drops to less than 5%.Most patients with chronic infections are asymptomatic. In acute infections, symptoms are very similar to those that develop in other acute hepatitis and include fever, fatigue, nausea, vomiting and jaundice, although in more than half of cases there are no symptoms. In acute hepatitis, the liver is damaged and no longer functions normally. As a result, toxins and waste products such as bilirubin are no longer metabolized and eliminated, resulting in the progressive accumulation of bilirubin and liver enzymes in the blood. Tests such as bilirubin and liver panel are a support in the diagnosis of hepatitis, while not allowing the definition of the causative agent. Testing for hepatitis viruses allows you to define the cause

HbeAb (Anticorpi anti-antigene e virus Epatite B)

L’epatite B è una patologia causata dall’infezione da parte del virus B dell’epatite (HBV). I test per l’epatite B rilevano la presenza proteine virali (antigeni), di anticorpi prodotti in risposta all’infezione o del materiale genetico (DNA) del virus. La valutazione complessiva dell’insieme dei risultati dei test consente di discriminare tra infezione attiva e pregressa e tra l’immunità risultante da una precedente esposizione o dalla vaccinazione.    L’epatite è una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Può avere diverse cause, una delle quali è l’infezione operata dai virus dell’epatite, tra cui si annoverano HAV (epatite A), HBV (epatite B), HCV (epatite C), HDV (epatite D) ed HEV (epatite E).   L’HBV si trasmette tramite il contatto con il sangue o altri liquidi biologici di persone infette. Il contagio può avvenire, ad esempio, tramite la condivisione di aghi per l’iniezione di droghe per via endovenosa o tramite rapporti sessuali non protetti. Le persone che abitano o che viaggiano in zone del mondo ad alta prevalenza di epatite B sono esposte ad un rischio maggiore di contrarre l’infezione.
In rari casi, le madri possono trasmettere l’infezione ai figli durante il parto o tramite l’allattamento. Il virus non si diffonde tramite contatti superficiali come strette di mano, colpi di tosse o starnuti. Tuttavia, il virus può sopravvivere all’esterno dall’organismo per più di sette giorni, anche nel sangue secco, e può essere contratto usando rasoi o spazzolini di una persona infetta o tramite strumenti per cure estetiche o odontoiatriche non correttamente igienizzati.

Il più drastico decremento di incidenza di epatite B in Italia è stato osservato in seguito all’introduzione della vaccinazione nel 1988 per persone appartenenti a gruppi ad alto rischio di infezione da virus HBV, e divenuta obbligatoria nel 1991 per tutti i nuovi nati e per i dodicenni (fino al 2003).
Grazie al protocollo Seieva (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta) è possibile monitorare costantemente tale evoluzione epidemiologica. Nel 2018 sono stati registrati 6 casi ogni 100.000 abitanti, di cui l’11% erano infezioni acute, il 56% croniche ed il 33% classificate come “sconosciute”. Attualmente, la fascia d’età maggiormente a rischio è quella di età compresa tra i 25 e i 34 anni.  Il decorso dell’infezione da epatite B può variare da forme lievi che durano solo poche settimane fino a forme croniche gravi che permangono per anni. Talvolta, l’HBV cronica porta a sequele gravi come cirrosi, insufficienza epatica o tumore epatico. Alcuni degli stadi e delle forme di epatite B includono:

  • Infezione acuta; presenza di segni e sintomi con test di screening positivo
  • Infezione cronica; infezione persistente con rilevazione del virus tramite test di laboratorio e quadro clinico positivo (infiammazione del fegato)
  • Portatore sano (stato inattivo); infezione persistente senza infiammazione del fegato (il portatore è colui che non manifesta problemi di salute ma è stato infettato dal virus e può potenzialmente contagiare gli altri)
  • Infezione “risolta” – assenza di segni d’infezione; i test degli antigeni virali e del DNA risultano negativi e non sono presenti segni o sintomi d’infiammazione epatica (anche se, in alcuni casi, il virus è presente nel fegato in stato inattivo)
  • Riattivazione – riattivazione dell’infezione da HBV con danneggiamento del fegato in persona portatrice o che ha avuto un’infezione pregressa risolta. Si verifica più frequentemente in persone affette da forme tumorali per le quali sia necessaria una terapia chemioterapica o in persone affette da malattie autoimmuni o sottoposte a trapianto d’organo e in cura con immunosoppressori.

Sebbene possa essere un’infezione potenzialmente grave, l’HBV acuta si risolve spontaneamente nella maggior parte degli adulti. Nei bambini e nei ragazzi tende a svilupparsi la forma cronica più spesso (in circa il 90% de casi) che negli adulti. Nei bambini da 1 a 5 anni il rischio di sviluppare epatite cronica oscilla tra il 25% e il 50%. Sopra i 5 anni, la probabilità scende a meno del 5%.La maggior parte dei pazienti affetti da infezioni croniche è asintomatica. Nelle infezioni acute, i sintomi sono molto simili a quelli che si sviluppano nelle altre epatiti acute e includono febbre, affaticamento, nausea, vomito e ittero, anche se in più della metà dei casi non vi sono sintomi. Nell’epatite acuta, il fegato è danneggiato e non funziona più normalmente. Di conseguenza, le tossine e i prodotti di scarto come la bilirubina non vengono più metabolizzati ed eliminati, determinando l’accumulo progressivo nel sangue di bilirubina ed enzimi epatici. I test come bilirubina e pannello epatico rappresentano un sostegno nella diagnosi di epatite, pur non consentendo la definizione dell’agente eziologico. I test per la ricerca dei virus dell’epatite consentono invece di definirne la causa

Hepatitis B is a pathology caused by infection by the hepatitis B virus (HBV). Tests for hepatitis B detect the presence of viral proteins (antigens), antibodies produced in response to infection, or the genetic material (DNA) of the virus. The overall evaluation of the set of test results allows discriminating between active and previous infection and between immunity resulting from previous exposure or vaccination.    Hepatitis is a pathology characterized by inflammation and enlargement of the liver. It can have several causes, one of which is infection by hepatitis viruses, including HAV (hepatitis A), HBV (hepatitis B), HCV (hepatitis C), HDV (hepatitis D) and HEV (hepatitis E).   HBV is transmitted by contact with the blood or other biological fluids of infected people. Contagion can occur, for example, by sharing needles for intravenous drug injection or through unprotected sex. People who live in or travel to areas of the world with a high prevalence of hepatitis B are exposed to a greater risk of contracting the infection.
In rare cases, mothers may pass the infection on to their children during childbirth or via lactation. The virus does not spread through superficial contact such as handshakes, coughing, or sneezing. However, the virus can survive outside the body for more than seven days, even in dry blood, and can be contracted using an infected person’s razors or toothbrushes or through improperly sanitized cosmetic or dental care tools.  The most drastic decrease in the incidence of hepatitis B in Italy was observed following the introduction of vaccination in 1988 for people belonging to groups at high risk of HBV virus infection, and which became mandatory in 1991 for all newborns and twelve-year-olds (until 2003). 
Thanks to the Seieva protocol (Integrated Epidemiological System of Acute Viral Hepatitis) it is possible to constantly monitor this epidemiological evolution. In 2018, 6 cases were recorded per 100,000 inhabitants, of which ’11% were acute infections, 56% chronic and 33% classified as “unknown”. Currently, the age group most at risk is those aged between 25 and 34.  The course of hepatitis B infection can range from mild forms that last only a few weeks to severe chronic forms that remain for years. Sometimes, chronic HBV leads to severe sequelae such as cirrhosis, liver failure, or liver tumor. Some of the stages and forms of hepatitis B include:  Acute infection; presence of signs and symptoms with positive screening test
Chronic infection; persistent infection with detection of the virus through laboratory tests and a positive clinical picture (inflammation of the liver)
Healthy carrier (inactive state); persistent infection without inflammation of the liver (the carrier is someone who does not show health problems but has been infected by the virus and can potentially infect others)
Infection “resolved” – absence of signs of infection; viral antigens and DNA tests are negative and there are no signs or symptoms of liver inflammation (although, in some cases, the virus is present in the liver in an inactive state)
Reactivation – reactivation of HBV infection with damage to the liver in a person who is a carrier or who has had a resolved previous infection. It occurs most frequently in people with cancer for whom chemotherapy therapy is needed or in people with autoimmune diseases or undergoing organ transplantation and being treated with immunosuppressants.  Although it can be a potentially serious infection, acute HBV resolves spontaneously in most adults. In children and young people the chronic form tends to develop more often (in approximately 90% of cases) than in adults. In children aged 1 to 5 years the risk of developing chronic hepatitis varies between 25% and 50%. Over 5 years, the probability drops to less than 5%.Most patients with chronic infections are asymptomatic. In acute infections, symptoms are very similar to those that develop in other acute hepatitis and include fever, fatigue, nausea, vomiting and jaundice, although in more than half of cases there are no symptoms. In acute hepatitis, the liver is damaged and no longer functions normally. As a result, toxins and waste products such as bilirubin are no longer metabolized and eliminated, resulting in the progressive accumulation of bilirubin and liver enzymes in the blood. Tests such as bilirubin and liver panel are a support in the diagnosis of hepatitis, while not allowing the definition of the causative agent. Testing for hepatitis viruses allows you to define the cause

HbeAg (Antigene e virus Epatite B)

L’epatite B è una patologia causata dall’infezione da parte del virus B dell’epatite (HBV). I test per l’epatite B rilevano la presenza proteine virali (antigeni), di anticorpi prodotti in risposta all’infezione o del materiale genetico (DNA) del virus. La valutazione complessiva dell’insieme dei risultati dei test consente di discriminare tra infezione attiva e pregressa e tra l’immunità risultante da una precedente esposizione o dalla vaccinazione.    L’epatite è una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Può avere diverse cause, una delle quali è l’infezione operata dai virus dell’epatite, tra cui si annoverano HAV (epatite A), HBV (epatite B), HCV (epatite C), HDV (epatite D) ed HEV (epatite E).   L’HBV si trasmette tramite il contatto con il sangue o altri liquidi biologici di persone infette. Il contagio può avvenire, ad esempio, tramite la condivisione di aghi per l’iniezione di droghe per via endovenosa o tramite rapporti sessuali non protetti. Le persone che abitano o che viaggiano in zone del mondo ad alta prevalenza di epatite B sono esposte ad un rischio maggiore di contrarre l’infezione.
In rari casi, le madri possono trasmettere l’infezione ai figli durante il parto o tramite l’allattamento. Il virus non si diffonde tramite contatti superficiali come strette di mano, colpi di tosse o starnuti. Tuttavia, il virus può sopravvivere all’esterno dall’organismo per più di sette giorni, anche nel sangue secco, e può essere contratto usando rasoi o spazzolini di una persona infetta o tramite strumenti per cure estetiche o odontoiatriche non correttamente igienizzati.

Il più drastico decremento di incidenza di epatite B in Italia è stato osservato in seguito all’introduzione della vaccinazione nel 1988 per persone appartenenti a gruppi ad alto rischio di infezione da virus HBV, e divenuta obbligatoria nel 1991 per tutti i nuovi nati e per i dodicenni (fino al 2003).
Grazie al protocollo Seieva (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta) è possibile monitorare costantemente tale evoluzione epidemiologica. Nel 2018 sono stati registrati 6 casi ogni 100.000 abitanti, di cui l’11% erano infezioni acute, il 56% croniche ed il 33% classificate come “sconosciute”. Attualmente, la fascia d’età maggiormente a rischio è quella di età compresa tra i 25 e i 34 anni.  Il decorso dell’infezione da epatite B può variare da forme lievi che durano solo poche settimane fino a forme croniche gravi che permangono per anni. Talvolta, l’HBV cronica porta a sequele gravi come cirrosi, insufficienza epatica o tumore epatico. Alcuni degli stadi e delle forme di epatite B includono:

  • Infezione acuta; presenza di segni e sintomi con test di screening positivo
  • Infezione cronica; infezione persistente con rilevazione del virus tramite test di laboratorio e quadro clinico positivo (infiammazione del fegato)
  • Portatore sano (stato inattivo); infezione persistente senza infiammazione del fegato (il portatore è colui che non manifesta problemi di salute ma è stato infettato dal virus e può potenzialmente contagiare gli altri)
  • Infezione “risolta” – assenza di segni d’infezione; i test degli antigeni virali e del DNA risultano negativi e non sono presenti segni o sintomi d’infiammazione epatica (anche se, in alcuni casi, il virus è presente nel fegato in stato inattivo)
  • Riattivazione – riattivazione dell’infezione da HBV con danneggiamento del fegato in persona portatrice o che ha avuto un’infezione pregressa risolta. Si verifica più frequentemente in persone affette da forme tumorali per le quali sia necessaria una terapia chemioterapica o in persone affette da malattie autoimmuni o sottoposte a trapianto d’organo e in cura con immunosoppressori.

Sebbene possa essere un’infezione potenzialmente grave, l’HBV acuta si risolve spontaneamente nella maggior parte degli adulti. Nei bambini e nei ragazzi tende a svilupparsi la forma cronica più spesso (in circa il 90% de casi) che negli adulti. Nei bambini da 1 a 5 anni il rischio di sviluppare epatite cronica oscilla tra il 25% e il 50%. Sopra i 5 anni, la probabilità scende a meno del 5%.La maggior parte dei pazienti affetti da infezioni croniche è asintomatica. Nelle infezioni acute, i sintomi sono molto simili a quelli che si sviluppano nelle altre epatiti acute e includono febbre, affaticamento, nausea, vomito e ittero, anche se in più della metà dei casi non vi sono sintomi. Nell’epatite acuta, il fegato è danneggiato e non funziona più normalmente. Di conseguenza, le tossine e i prodotti di scarto come la bilirubina non vengono più metabolizzati ed eliminati, determinando l’accumulo progressivo nel sangue di bilirubina ed enzimi epatici. I test come bilirubina e pannello epatico rappresentano un sostegno nella diagnosi di epatite, pur non consentendo la definizione dell’agente eziologico. I test per la ricerca dei virus dell’epatite consentono invece di definirne la causa

Hepatitis B is a pathology caused by infection by the hepatitis B virus (HBV). Tests for hepatitis B detect the presence of viral proteins (antigens), antibodies produced in response to infection, or the genetic material (DNA) of the virus. The overall evaluation of the set of test results allows discriminating between active and previous infection and between immunity resulting from previous exposure or vaccination.    Hepatitis is a pathology characterized by inflammation and enlargement of the liver. It can have several causes, one of which is infection by hepatitis viruses, including HAV (hepatitis A), HBV (hepatitis B), HCV (hepatitis C), HDV (hepatitis D) and HEV (hepatitis E).   HBV is transmitted by contact with the blood or other biological fluids of infected people. Contagion can occur, for example, by sharing needles for intravenous drug injection or through unprotected sex. People who live in or travel to areas of the world with a high prevalence of hepatitis B are exposed to a greater risk of contracting the infection.
In rare cases, mothers may pass the infection on to their children during childbirth or via lactation. The virus does not spread through superficial contact such as handshakes, coughing, or sneezing. However, the virus can survive outside the body for more than seven days, even in dry blood, and can be contracted using an infected person’s razors or toothbrushes or through improperly sanitized cosmetic or dental care tools.  The most drastic decrease in the incidence of hepatitis B in Italy was observed following the introduction of vaccination in 1988 for people belonging to groups at high risk of HBV virus infection, and which became mandatory in 1991 for all newborns and twelve-year-olds (until 2003). 
Thanks to the Seieva protocol (Integrated Epidemiological System of Acute Viral Hepatitis) it is possible to constantly monitor this epidemiological evolution. In 2018, 6 cases were recorded per 100,000 inhabitants, of which ’11% were acute infections, 56% chronic and 33% classified as “unknown”. Currently, the age group most at risk is those aged between 25 and 34.  The course of hepatitis B infection can range from mild forms that last only a few weeks to severe chronic forms that remain for years. Sometimes, chronic HBV leads to severe sequelae such as cirrhosis, liver failure, or liver tumor. Some of the stages and forms of hepatitis B include:  Acute infection; presence of signs and symptoms with positive screening test
Chronic infection; persistent infection with detection of the virus through laboratory tests and a positive clinical picture (inflammation of the liver)
Healthy carrier (inactive state); persistent infection without inflammation of the liver (the carrier is someone who does not show health problems but has been infected by the virus and can potentially infect others)
Infection “resolved” – absence of signs of infection; viral antigens and DNA tests are negative and there are no signs or symptoms of liver inflammation (although, in some cases, the virus is present in the liver in an inactive state)
Reactivation – reactivation of HBV infection with damage to the liver in a person who is a carrier or who has had a resolved previous infection. It occurs most frequently in people with cancer for whom chemotherapy therapy is needed or in people with autoimmune diseases or undergoing organ transplantation and being treated with immunosuppressants.  Although it can be a potentially serious infection, acute HBV resolves spontaneously in most adults. In children and young people the chronic form tends to develop more often (in approximately 90% of cases) than in adults. In children aged 1 to 5 years the risk of developing chronic hepatitis varies between 25% and 50%. Over 5 years, the probability drops to less than 5%.Most patients with chronic infections are asymptomatic. In acute infections, symptoms are very similar to those that develop in other acute hepatitis and include fever, fatigue, nausea, vomiting and jaundice, although in more than half of cases there are no symptoms. In acute hepatitis, the liver is damaged and no longer functions normally. As a result, toxins and waste products such as bilirubin are no longer metabolized and eliminated, resulting in the progressive accumulation of bilirubin and liver enzymes in the blood. Tests such as bilirubin and liver panel are a support in the diagnosis of hepatitis, while not allowing the definition of the causative agent. Testing for hepatitis viruses allows you to define the cause

HBsAb (Anticorpi di superficie virus Epatite B)

L’epatite B è una patologia causata dall’infezione da parte del virus B dell’epatite (HBV). I test per l’epatite B rilevano la presenza proteine virali (antigeni), di anticorpi prodotti in risposta all’infezione o del materiale genetico (DNA) del virus. La valutazione complessiva dell’insieme dei risultati dei test consente di discriminare tra infezione attiva e pregressa e tra l’immunità risultante da una precedente esposizione o dalla vaccinazione.    L’epatite è una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Può avere diverse cause, una delle quali è l’infezione operata dai virus dell’epatite, tra cui si annoverano HAV (epatite A), HBV (epatite B), HCV (epatite C), HDV (epatite D) ed HEV (epatite E).   L’HBV si trasmette tramite il contatto con il sangue o altri liquidi biologici di persone infette. Il contagio può avvenire, ad esempio, tramite la condivisione di aghi per l’iniezione di droghe per via endovenosa o tramite rapporti sessuali non protetti. Le persone che abitano o che viaggiano in zone del mondo ad alta prevalenza di epatite B sono esposte ad un rischio maggiore di contrarre l’infezione.
In rari casi, le madri possono trasmettere l’infezione ai figli durante il parto o tramite l’allattamento. Il virus non si diffonde tramite contatti superficiali come strette di mano, colpi di tosse o starnuti. Tuttavia, il virus può sopravvivere all’esterno dall’organismo per più di sette giorni, anche nel sangue secco, e può essere contratto usando rasoi o spazzolini di una persona infetta o tramite strumenti per cure estetiche o odontoiatriche non correttamente igienizzati.

Il più drastico decremento di incidenza di epatite B in Italia è stato osservato in seguito all’introduzione della vaccinazione nel 1988 per persone appartenenti a gruppi ad alto rischio di infezione da virus HBV, e divenuta obbligatoria nel 1991 per tutti i nuovi nati e per i dodicenni (fino al 2003).
Grazie al protocollo Seieva (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta) è possibile monitorare costantemente tale evoluzione epidemiologica. Nel 2018 sono stati registrati 6 casi ogni 100.000 abitanti, di cui l’11% erano infezioni acute, il 56% croniche ed il 33% classificate come “sconosciute”. Attualmente, la fascia d’età maggiormente a rischio è quella di età compresa tra i 25 e i 34 anni.  Il decorso dell’infezione da epatite B può variare da forme lievi che durano solo poche settimane fino a forme croniche gravi che permangono per anni. Talvolta, l’HBV cronica porta a sequele gravi come cirrosi, insufficienza epatica o tumore epatico. Alcuni degli stadi e delle forme di epatite B includono:

  • Infezione acuta; presenza di segni e sintomi con test di screening positivo
  • Infezione cronica; infezione persistente con rilevazione del virus tramite test di laboratorio e quadro clinico positivo (infiammazione del fegato)
  • Portatore sano (stato inattivo); infezione persistente senza infiammazione del fegato (il portatore è colui che non manifesta problemi di salute ma è stato infettato dal virus e può potenzialmente contagiare gli altri)
  • Infezione “risolta” – assenza di segni d’infezione; i test degli antigeni virali e del DNA risultano negativi e non sono presenti segni o sintomi d’infiammazione epatica (anche se, in alcuni casi, il virus è presente nel fegato in stato inattivo)
  • Riattivazione – riattivazione dell’infezione da HBV con danneggiamento del fegato in persona portatrice o che ha avuto un’infezione pregressa risolta. Si verifica più frequentemente in persone affette da forme tumorali per le quali sia necessaria una terapia chemioterapica o in persone affette da malattie autoimmuni o sottoposte a trapianto d’organo e in cura con immunosoppressori.

Sebbene possa essere un’infezione potenzialmente grave, l’HBV acuta si risolve spontaneamente nella maggior parte degli adulti. Nei bambini e nei ragazzi tende a svilupparsi la forma cronica più spesso (in circa il 90% de casi) che negli adulti. Nei bambini da 1 a 5 anni il rischio di sviluppare epatite cronica oscilla tra il 25% e il 50%. Sopra i 5 anni, la probabilità scende a meno del 5%.La maggior parte dei pazienti affetti da infezioni croniche è asintomatica. Nelle infezioni acute, i sintomi sono molto simili a quelli che si sviluppano nelle altre epatiti acute e includono febbre, affaticamento, nausea, vomito e ittero, anche se in più della metà dei casi non vi sono sintomi. Nell’epatite acuta, il fegato è danneggiato e non funziona più normalmente. Di conseguenza, le tossine e i prodotti di scarto come la bilirubina non vengono più metabolizzati ed eliminati, determinando l’accumulo progressivo nel sangue di bilirubina ed enzimi epatici. I test come bilirubina e pannello epatico rappresentano un sostegno nella diagnosi di epatite, pur non consentendo la definizione dell’agente eziologico. I test per la ricerca dei virus dell’epatite consentono invece di definirne la causa

Hepatitis B is a pathology caused by infection by the hepatitis B virus (HBV). Tests for hepatitis B detect the presence of viral proteins (antigens), antibodies produced in response to infection, or the genetic material (DNA) of the virus. The overall evaluation of the set of test results allows discriminating between active and previous infection and between immunity resulting from previous exposure or vaccination.    Hepatitis is a pathology characterized by inflammation and enlargement of the liver. It can have several causes, one of which is infection by hepatitis viruses, including HAV (hepatitis A), HBV (hepatitis B), HCV (hepatitis C), HDV (hepatitis D) and HEV (hepatitis E).   HBV is transmitted by contact with the blood or other biological fluids of infected people. Contagion can occur, for example, by sharing needles for intravenous drug injection or through unprotected sex. People who live in or travel to areas of the world with a high prevalence of hepatitis B are exposed to a greater risk of contracting the infection.
In rare cases, mothers may pass the infection on to their children during childbirth or via lactation. The virus does not spread through superficial contact such as handshakes, coughing, or sneezing. However, the virus can survive outside the body for more than seven days, even in dry blood, and can be contracted using an infected person’s razors or toothbrushes or through improperly sanitized cosmetic or dental care tools.  The most drastic decrease in the incidence of hepatitis B in Italy was observed following the introduction of vaccination in 1988 for people belonging to groups at high risk of HBV virus infection, and which became mandatory in 1991 for all newborns and twelve-year-olds (until 2003). 
Thanks to the Seieva protocol (Integrated Epidemiological System of Acute Viral Hepatitis) it is possible to constantly monitor this epidemiological evolution. In 2018, 6 cases were recorded per 100,000 inhabitants, of which ’11% were acute infections, 56% chronic and 33% classified as “unknown”. Currently, the age group most at risk is those aged between 25 and 34.  The course of hepatitis B infection can range from mild forms that last only a few weeks to severe chronic forms that remain for years. Sometimes, chronic HBV leads to severe sequelae such as cirrhosis, liver failure, or liver tumor. Some of the stages and forms of hepatitis B include:  Acute infection; presence of signs and symptoms with positive screening test
Chronic infection; persistent infection with detection of the virus through laboratory tests and a positive clinical picture (inflammation of the liver)
Healthy carrier (inactive state); persistent infection without inflammation of the liver (the carrier is someone who does not show health problems but has been infected by the virus and can potentially infect others)
Infection “resolved” – absence of signs of infection; viral antigens and DNA tests are negative and there are no signs or symptoms of liver inflammation (although, in some cases, the virus is present in the liver in an inactive state)
Reactivation – reactivation of HBV infection with damage to the liver in a person who is a carrier or who has had a resolved previous infection. It occurs most frequently in people with cancer for whom chemotherapy therapy is needed or in people with autoimmune diseases or undergoing organ transplantation and being treated with immunosuppressants.  Although it can be a potentially serious infection, acute HBV resolves spontaneously in most adults. In children and young people the chronic form tends to develop more often (in approximately 90% of cases) than in adults. In children aged 1 to 5 years the risk of developing chronic hepatitis varies between 25% and 50%. Over 5 years, the probability drops to less than 5%.Most patients with chronic infections are asymptomatic. In acute infections, symptoms are very similar to those that develop in other acute hepatitis and include fever, fatigue, nausea, vomiting and jaundice, although in more than half of cases there are no symptoms. In acute hepatitis, the liver is damaged and no longer functions normally. As a result, toxins and waste products such as bilirubin are no longer metabolized and eliminated, resulting in the progressive accumulation of bilirubin and liver enzymes in the blood. Tests such as bilirubin and liver panel are a support in the diagnosis of hepatitis, while not allowing the definition of the causative agent. Testing for hepatitis viruses allows you to define the cause

HBsAb QUANTITATIVO (Anticorpi di superficie dosaggio quantitativo virus Epatite B)

L’epatite B è una patologia causata dall’infezione da parte del virus B dell’epatite (HBV). I test per l’epatite B rilevano la presenza proteine virali (antigeni), di anticorpi prodotti in risposta all’infezione o del materiale genetico (DNA) del virus. La valutazione complessiva dell’insieme dei risultati dei test consente di discriminare tra infezione attiva e pregressa e tra l’immunità risultante da una precedente esposizione o dalla vaccinazione.    L’epatite è una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Può avere diverse cause, una delle quali è l’infezione operata dai virus dell’epatite, tra cui si annoverano HAV (epatite A), HBV (epatite B), HCV (epatite C), HDV (epatite D) ed HEV (epatite E).   L’HBV si trasmette tramite il contatto con il sangue o altri liquidi biologici di persone infette. Il contagio può avvenire, ad esempio, tramite la condivisione di aghi per l’iniezione di droghe per via endovenosa o tramite rapporti sessuali non protetti. Le persone che abitano o che viaggiano in zone del mondo ad alta prevalenza di epatite B sono esposte ad un rischio maggiore di contrarre l’infezione.
In rari casi, le madri possono trasmettere l’infezione ai figli durante il parto o tramite l’allattamento. Il virus non si diffonde tramite contatti superficiali come strette di mano, colpi di tosse o starnuti. Tuttavia, il virus può sopravvivere all’esterno dall’organismo per più di sette giorni, anche nel sangue secco, e può essere contratto usando rasoi o spazzolini di una persona infetta o tramite strumenti per cure estetiche o odontoiatriche non correttamente igienizzati.

Il più drastico decremento di incidenza di epatite B in Italia è stato osservato in seguito all’introduzione della vaccinazione nel 1988 per persone appartenenti a gruppi ad alto rischio di infezione da virus HBV, e divenuta obbligatoria nel 1991 per tutti i nuovi nati e per i dodicenni (fino al 2003).
Grazie al protocollo Seieva (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta) è possibile monitorare costantemente tale evoluzione epidemiologica. Nel 2018 sono stati registrati 6 casi ogni 100.000 abitanti, di cui l’11% erano infezioni acute, il 56% croniche ed il 33% classificate come “sconosciute”. Attualmente, la fascia d’età maggiormente a rischio è quella di età compresa tra i 25 e i 34 anni.  Il decorso dell’infezione da epatite B può variare da forme lievi che durano solo poche settimane fino a forme croniche gravi che permangono per anni. Talvolta, l’HBV cronica porta a sequele gravi come cirrosi, insufficienza epatica o tumore epatico. Alcuni degli stadi e delle forme di epatite B includono:

  • Infezione acuta; presenza di segni e sintomi con test di screening positivo
  • Infezione cronica; infezione persistente con rilevazione del virus tramite test di laboratorio e quadro clinico positivo (infiammazione del fegato)
  • Portatore sano (stato inattivo); infezione persistente senza infiammazione del fegato (il portatore è colui che non manifesta problemi di salute ma è stato infettato dal virus e può potenzialmente contagiare gli altri)
  • Infezione “risolta” – assenza di segni d’infezione; i test degli antigeni virali e del DNA risultano negativi e non sono presenti segni o sintomi d’infiammazione epatica (anche se, in alcuni casi, il virus è presente nel fegato in stato inattivo)
  • Riattivazione – riattivazione dell’infezione da HBV con danneggiamento del fegato in persona portatrice o che ha avuto un’infezione pregressa risolta. Si verifica più frequentemente in persone affette da forme tumorali per le quali sia necessaria una terapia chemioterapica o in persone affette da malattie autoimmuni o sottoposte a trapianto d’organo e in cura con immunosoppressori.

Sebbene possa essere un’infezione potenzialmente grave, l’HBV acuta si risolve spontaneamente nella maggior parte degli adulti. Nei bambini e nei ragazzi tende a svilupparsi la forma cronica più spesso (in circa il 90% de casi) che negli adulti. Nei bambini da 1 a 5 anni il rischio di sviluppare epatite cronica oscilla tra il 25% e il 50%. Sopra i 5 anni, la probabilità scende a meno del 5%.La maggior parte dei pazienti affetti da infezioni croniche è asintomatica. Nelle infezioni acute, i sintomi sono molto simili a quelli che si sviluppano nelle altre epatiti acute e includono febbre, affaticamento, nausea, vomito e ittero, anche se in più della metà dei casi non vi sono sintomi. Nell’epatite acuta, il fegato è danneggiato e non funziona più normalmente. Di conseguenza, le tossine e i prodotti di scarto come la bilirubina non vengono più metabolizzati ed eliminati, determinando l’accumulo progressivo nel sangue di bilirubina ed enzimi epatici. I test come bilirubina e pannello epatico rappresentano un sostegno nella diagnosi di epatite, pur non consentendo la definizione dell’agente eziologico. I test per la ricerca dei virus dell’epatite consentono invece di definirne la causa

Hepatitis B is a pathology caused by infection by the hepatitis B virus (HBV). Tests for hepatitis B detect the presence of viral proteins (antigens), antibodies produced in response to infection, or the genetic material (DNA) of the virus. The overall evaluation of the set of test results allows discriminating between active and previous infection and between immunity resulting from previous exposure or vaccination.    Hepatitis is a pathology characterized by inflammation and enlargement of the liver. It can have several causes, one of which is infection by hepatitis viruses, including HAV (hepatitis A), HBV (hepatitis B), HCV (hepatitis C), HDV (hepatitis D) and HEV (hepatitis E).   HBV is transmitted by contact with the blood or other biological fluids of infected people. Contagion can occur, for example, by sharing needles for intravenous drug injection or through unprotected sex. People who live in or travel to areas of the world with a high prevalence of hepatitis B are exposed to a greater risk of contracting the infection.
In rare cases, mothers may pass the infection on to their children during childbirth or via lactation. The virus does not spread through superficial contact such as handshakes, coughing, or sneezing. However, the virus can survive outside the body for more than seven days, even in dry blood, and can be contracted using an infected person’s razors or toothbrushes or through improperly sanitized cosmetic or dental care tools.  The most drastic decrease in the incidence of hepatitis B in Italy was observed following the introduction of vaccination in 1988 for people belonging to groups at high risk of HBV virus infection, and which became mandatory in 1991 for all newborns and twelve-year-olds (until 2003). 
Thanks to the Seieva protocol (Integrated Epidemiological System of Acute Viral Hepatitis) it is possible to constantly monitor this epidemiological evolution. In 2018, 6 cases were recorded per 100,000 inhabitants, of which ’11% were acute infections, 56% chronic and 33% classified as “unknown”. Currently, the age group most at risk is those aged between 25 and 34.  The course of hepatitis B infection can range from mild forms that last only a few weeks to severe chronic forms that remain for years. Sometimes, chronic HBV leads to severe sequelae such as cirrhosis, liver failure, or liver tumor. Some of the stages and forms of hepatitis B include:  Acute infection; presence of signs and symptoms with positive screening test
Chronic infection; persistent infection with detection of the virus through laboratory tests and a positive clinical picture (inflammation of the liver)
Healthy carrier (inactive state); persistent infection without inflammation of the liver (the carrier is someone who does not show health problems but has been infected by the virus and can potentially infect others)
Infection “resolved” – absence of signs of infection; viral antigens and DNA tests are negative and there are no signs or symptoms of liver inflammation (although, in some cases, the virus is present in the liver in an inactive state)
Reactivation – reactivation of HBV infection with damage to the liver in a person who is a carrier or who has had a resolved previous infection. It occurs most frequently in people with cancer for whom chemotherapy therapy is needed or in people with autoimmune diseases or undergoing organ transplantation and being treated with immunosuppressants.  Although it can be a potentially serious infection, acute HBV resolves spontaneously in most adults. In children and young people the chronic form tends to develop more often (in approximately 90% of cases) than in adults. In children aged 1 to 5 years the risk of developing chronic hepatitis varies between 25% and 50%. Over 5 years, the probability drops to less than 5%.Most patients with chronic infections are asymptomatic. In acute infections, symptoms are very similar to those that develop in other acute hepatitis and include fever, fatigue, nausea, vomiting and jaundice, although in more than half of cases there are no symptoms. In acute hepatitis, the liver is damaged and no longer functions normally. As a result, toxins and waste products such as bilirubin are no longer metabolized and eliminated, resulting in the progressive accumulation of bilirubin and liver enzymes in the blood. Tests such as bilirubin and liver panel are a support in the diagnosis of hepatitis, while not allowing the definition of the causative agent. Testing for hepatitis viruses allows you to define the cause

HbsAg (Antigene di superficie virus Epatite B)

L’epatite B è una patologia causata dall’infezione da parte del virus B dell’epatite (HBV). I test per l’epatite B rilevano la presenza proteine virali (antigeni), di anticorpi prodotti in risposta all’infezione o del materiale genetico (DNA) del virus. La valutazione complessiva dell’insieme dei risultati dei test consente di discriminare tra infezione attiva e pregressa e tra l’immunità risultante da una precedente esposizione o dalla vaccinazione.    L’epatite è una patologia caratterizzata da infiammazione ed ingrossamento del fegato. Può avere diverse cause, una delle quali è l’infezione operata dai virus dell’epatite, tra cui si annoverano HAV (epatite A), HBV (epatite B), HCV (epatite C), HDV (epatite D) ed HEV (epatite E).   L’HBV si trasmette tramite il contatto con il sangue o altri liquidi biologici di persone infette. Il contagio può avvenire, ad esempio, tramite la condivisione di aghi per l’iniezione di droghe per via endovenosa o tramite rapporti sessuali non protetti. Le persone che abitano o che viaggiano in zone del mondo ad alta prevalenza di epatite B sono esposte ad un rischio maggiore di contrarre l’infezione.
In rari casi, le madri possono trasmettere l’infezione ai figli durante il parto o tramite l’allattamento. Il virus non si diffonde tramite contatti superficiali come strette di mano, colpi di tosse o starnuti. Tuttavia, il virus può sopravvivere all’esterno dall’organismo per più di sette giorni, anche nel sangue secco, e può essere contratto usando rasoi o spazzolini di una persona infetta o tramite strumenti per cure estetiche o odontoiatriche non correttamente igienizzati.

Il più drastico decremento di incidenza di epatite B in Italia è stato osservato in seguito all’introduzione della vaccinazione nel 1988 per persone appartenenti a gruppi ad alto rischio di infezione da virus HBV, e divenuta obbligatoria nel 1991 per tutti i nuovi nati e per i dodicenni (fino al 2003).
Grazie al protocollo Seieva (Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta) è possibile monitorare costantemente tale evoluzione epidemiologica. Nel 2018 sono stati registrati 6 casi ogni 100.000 abitanti, di cui l’11% erano infezioni acute, il 56% croniche ed il 33% classificate come “sconosciute”. Attualmente, la fascia d’età maggiormente a rischio è quella di età compresa tra i 25 e i 34 anni.  Il decorso dell’infezione da epatite B può variare da forme lievi che durano solo poche settimane fino a forme croniche gravi che permangono per anni. Talvolta, l’HBV cronica porta a sequele gravi come cirrosi, insufficienza epatica o tumore epatico. Alcuni degli stadi e delle forme di epatite B includono:

  • Infezione acuta; presenza di segni e sintomi con test di screening positivo
  • Infezione cronica; infezione persistente con rilevazione del virus tramite test di laboratorio e quadro clinico positivo (infiammazione del fegato)
  • Portatore sano (stato inattivo); infezione persistente senza infiammazione del fegato (il portatore è colui che non manifesta problemi di salute ma è stato infettato dal virus e può potenzialmente contagiare gli altri)
  • Infezione “risolta” – assenza di segni d’infezione; i test degli antigeni virali e del DNA risultano negativi e non sono presenti segni o sintomi d’infiammazione epatica (anche se, in alcuni casi, il virus è presente nel fegato in stato inattivo)
  • Riattivazione – riattivazione dell’infezione da HBV con danneggiamento del fegato in persona portatrice o che ha avuto un’infezione pregressa risolta. Si verifica più frequentemente in persone affette da forme tumorali per le quali sia necessaria una terapia chemioterapica o in persone affette da malattie autoimmuni o sottoposte a trapianto d’organo e in cura con immunosoppressori.

Sebbene possa essere un’infezione potenzialmente grave, l’HBV acuta si risolve spontaneamente nella maggior parte degli adulti. Nei bambini e nei ragazzi tende a svilupparsi la forma cronica più spesso (in circa il 90% de casi) che negli adulti. Nei bambini da 1 a 5 anni il rischio di sviluppare epatite cronica oscilla tra il 25% e il 50%. Sopra i 5 anni, la probabilità scende a meno del 5%.La maggior parte dei pazienti affetti da infezioni croniche è asintomatica. Nelle infezioni acute, i sintomi sono molto simili a quelli che si sviluppano nelle altre epatiti acute e includono febbre, affaticamento, nausea, vomito e ittero, anche se in più della metà dei casi non vi sono sintomi. Nell’epatite acuta, il fegato è danneggiato e non funziona più normalmente. Di conseguenza, le tossine e i prodotti di scarto come la bilirubina non vengono più metabolizzati ed eliminati, determinando l’accumulo progressivo nel sangue di bilirubina ed enzimi epatici. I test come bilirubina e pannello epatico rappresentano un sostegno nella diagnosi di epatite, pur non consentendo la definizione dell’agente eziologico. I test per la ricerca dei virus dell’epatite consentono invece di definirne la causa

Hepatitis B is a pathology caused by infection by the hepatitis B virus (HBV). Tests for hepatitis B detect the presence of viral proteins (antigens), antibodies produced in response to infection, or the genetic material (DNA) of the virus. The overall evaluation of the set of test results allows discriminating between active and previous infection and between immunity resulting from previous exposure or vaccination.    Hepatitis is a pathology characterized by inflammation and enlargement of the liver. It can have several causes, one of which is infection by hepatitis viruses, including HAV (hepatitis A), HBV (hepatitis B), HCV (hepatitis C), HDV (hepatitis D) and HEV (hepatitis E).   HBV is transmitted by contact with the blood or other biological fluids of infected people. Contagion can occur, for example, by sharing needles for intravenous drug injection or through unprotected sex. People who live in or travel to areas of the world with a high prevalence of hepatitis B are exposed to a greater risk of contracting the infection.
In rare cases, mothers may pass the infection on to their children during childbirth or via lactation. The virus does not spread through superficial contact such as handshakes, coughing, or sneezing. However, the virus can survive outside the body for more than seven days, even in dry blood, and can be contracted using an infected person’s razors or toothbrushes or through improperly sanitized cosmetic or dental care tools.  The most drastic decrease in the incidence of hepatitis B in Italy was observed following the introduction of vaccination in 1988 for people belonging to groups at high risk of HBV virus infection, and which became mandatory in 1991 for all newborns and twelve-year-olds (until 2003). 
Thanks to the Seieva protocol (Integrated Epidemiological System of Acute Viral Hepatitis) it is possible to constantly monitor this epidemiological evolution. In 2018, 6 cases were recorded per 100,000 inhabitants, of which ’11% were acute infections, 56% chronic and 33% classified as “unknown”. Currently, the age group most at risk is those aged between 25 and 34.  The course of hepatitis B infection can range from mild forms that last only a few weeks to severe chronic forms that remain for years. Sometimes, chronic HBV leads to severe sequelae such as cirrhosis, liver failure, or liver tumor. Some of the stages and forms of hepatitis B include:  Acute infection; presence of signs and symptoms with positive screening test
Chronic infection; persistent infection with detection of the virus through laboratory tests and a positive clinical picture (inflammation of the liver)
Healthy carrier (inactive state); persistent infection without inflammation of the liver (the carrier is someone who does not show health problems but has been infected by the virus and can potentially infect others)
Infection “resolved” – absence of signs of infection; viral antigens and DNA tests are negative and there are no signs or symptoms of liver inflammation (although, in some cases, the virus is present in the liver in an inactive state)
Reactivation – reactivation of HBV infection with damage to the liver in a person who is a carrier or who has had a resolved previous infection. It occurs most frequently in people with cancer for whom chemotherapy therapy is needed or in people with autoimmune diseases or undergoing organ transplantation and being treated with immunosuppressants.  Although it can be a potentially serious infection, acute HBV resolves spontaneously in most adults. In children and young people the chronic form tends to develop more often (in approximately 90% of cases) than in adults. In children aged 1 to 5 years the risk of developing chronic hepatitis varies between 25% and 50%. Over 5 years, the probability drops to less than 5%.Most patients with chronic infections are asymptomatic. In acute infections, symptoms are very similar to those that develop in other acute hepatitis and include fever, fatigue, nausea, vomiting and jaundice, although in more than half of cases there are no symptoms. In acute hepatitis, the liver is damaged and no longer functions normally. As a result, toxins and waste products such as bilirubin are no longer metabolized and eliminated, resulting in the progressive accumulation of bilirubin and liver enzymes in the blood. Tests such as bilirubin and liver panel are a support in the diagnosis of hepatitis, while not allowing the definition of the causative agent. Testing for hepatitis viruses allows you to define the cause

HCG

La gonadotropina corionica umana (hCG) è un ormone prodotto dalla placenta nelle donne in gravidanza. I livelli di hCG aumentano precocemente in gravidanza ed essa viene eliminata con l’urina. Il test di gravidanza rileva l’hCG nel sangue o nell’urina per la conferma o l’esclusione di una gravidanza.  Durante le prime settimane di gravidanza, l’hCG svolge un importante ruolo nel mantenimento delle funzionalità del corpo luteo. La produzione di hCG aumenta costantemente durante il primo trimestre di gravidanza (8-10 settimane), raggiungendo un picco intorno alla 10° settimana dopo l’ultimo ciclo mestruale. I livelli di hCG quindi diminuiscono progressivamente per il resto della gravidanza. Entro poche settimane dal parto, l’hCG nell’urina non è più rilevabile.   Nel caso in cui sia presente una gravidanza ectopica (fuori dall’utero), i livelli di hCG nel sangue aumentano a velocità ridotta. Per questo motivo, nel caso in cui si sospetti tale condizione, è necessario monitorare i livelli ematici della gonadotropina corionica umana, effettuando più prelievi e misurando i livelli di hCG (test quantitativo).  I livelli di hCG possono essere alterati anche nel caso in cui il feto risulti portatore di difetti cromosomici come quelli responsabili della sindrome di Down. Il test hCG fa parte, insieme ad altri test, di un protocollo di screening per la rilevazione delle anomalie cromosomiche fetali (per maggiori informazioni a riguardo, consultare gli articoli “Screening del primo trimestre di gravidanza” e “Screening del secondo trimestre di gravidanza”).

Human chorionic gonadotropin (hCG) is a hormone produced by the placenta in pregnant women. HCG levels increase early in pregnancy and it is eliminated with urine. Pregnancy testing detects hCG in blood or urine for confirmation or exclusion of a pregnancy.  During the first weeks of pregnancy, hCG plays an important role in maintaining corpus luteum function. Production of hCG increases steadily during the first trimester of pregnancy (8-10 weeks), peaking at around 10° weeks after the last menstrual cycle. HCG levels then progressively decrease for the remainder of the pregnancy. Within a few weeks of delivery, hCG in urine is no longer detectable.   In case an ectopic pregnancy is present (outside the uterus), blood hCG levels increase at reduced rate. For this reason, if this condition is suspected, it is necessary to monitor the blood levels of human chorionic gonadotropin, carrying out multiple samples and measuring hCG levels (quantitative test).  HCG levels can also be altered if the fetus carries chromosomal defects such as those responsible for Down syndrome. The hCG test is part, together with other tests, of a screening protocol for the detection of fetal chromosomal anomalies (for more information on this, consult the articles “Screening of the first trimester of pregnancy” and “Screening of the second trimester of pregnancy”).

HCV (Anticorpi virus Epatite C)

L’epatite C (HCV) è un virus che causa infezione a livello epatico, caratterizzata da infiammazione e danno d’organo. I test dell’epatite C comprendono una serie di analisi utilizzate per diagnosticare l’epatite C, rilevare la presenza di un’infezione corrente o pregressa e monitorarne il trattamento.           Il test dell’epatite C include:  Ricerca degli anticorpi anti-HCV; rileva nel sangue la presenza di specifici anticorpi prodotti in risposta all’infezione – Ricerca dell’RNA di HCV; rileva e misura la concentrazione di RNA virale presente nel sangue – Determinazione del genotipo HCV; determina la specifica sottospecie del virus. Questa informazione contribuisce a stabilire l’approccio terapeutico adeguato  L’epatite C è uno dei cinque tipi di virus, inclusi A, B, D ed E, attualmente identificati in grado di causare l’epatite. L’HCV può essere trasmessa mediante esposizione a sangue contaminato, principalmente a seguito della condivisione di aghi infetti durante l’iniezione di droghe d’abuso per via endovenosa. Meno frequentemente, l’infezione può avvenire in seguito alla condivisione di oggetti personali con persone portatrici del virus (rasoi, spazzolini), rapporti sessuali non protetti con partner infetti, punture accidentali con aghi infetti nelle categorie professionali a rischio, esecuzione di tatuaggi effettuati con strumenti non sterilizzati e, più raramente, tramite trasmissione dalla madre infetta al figlio durante la gravidanza o il parto. Prima che i test dell’HCV fossero disponibili, negli anni ’90, la principale via di trasmissione era rappresentata dalle trasfusioni di sangue. Attualmente, non è disponibile un vaccino per prevenire l’infezione da epatite C.

  • Infezione acuta da epatite C; si verifica entro sei mesi dall’esposizione al virus. In alcuni casi, l’infezione da HCV può causare sintomi lievi o risultare asintomatica e risolversi spontaneamente senza alcun trattamento. La maggior parte dei soggetti portatori di HCV non è a conoscenza del proprio stato. Occasionalmente, nel 20-30% dei casi, l’infezione in fase acuta può provocare sintomi gravi, quali ittero ed affaticamento
  • Infezione cronica da epatite C; circa il 50% dei soggetti che hanno contratto l’infezione evolvono verso una cronicizzazione della patologia. Se non trattata, è possibile sviluppare problematiche gravi a lungo termine, quali cirrosi, insufficienza epatica e tumore al fegato. L’epatite cronica è caratterizzata da una progressione lenta, pertanto è possibile che gli individui affetti non siano a conoscenza della patologia finché le lesioni al fegato non abbiano compromesso la funzionalità epatica

Dopo una drastica flessione registrata nei primi dieci anni di sorveglianza, l’incidenza di epatite C acuta in Italia ha continuato un trend in diminuzione, stabilizzandosi su tassi tra 0,2 e 0,3 per 100.000 abitanti, a partire dal 2009. Nel 2020 l’incidenza è stata di 0,04 casi per 100.000 abitanti (in diminuzione rispetto a quella del 2019 anche per effetto della pandemia da COVID-19), di cui il 73,7% era rappresentato da soggetti di età superiore ai 35 anni. Anche per l’epatite C la diminuzione di incidenza ha interessato in particolar modo i soggetti d’età compresa fra i 15 e i 24 anni (verosimilmente per cambiamenti comportamentali da parte dei tossicodipendenti). Inoltre, riguardo alla distribuzione per genere, negli ultimi anni il rapporto uomini/donne è andato diminuendo anche se nel 2020 il numero di maschi tra i casi è ancora superiore (66%) (dati dell’Istituto Superiore di Sanità). Circa l’85% delle cronicizzazioni dopo l’infezione acuta si risolvono. La maggior parte dei soggetti infetti non è a conoscenza della patologia; la diagnosi viene stabilita in seguito all’esecuzione dell’esame per l’epatite C.  I pazienti che hanno contratto l’infezione dovrebbero sottoporsi ad una terapia antivirale o ad un trattamento specifico per le patologie epatiche o infettive. ll test per la ricerca di HCV-RNA dovrebbe essere ripetuto prima dell’inizio del trattamento, per rilevare l’eventuale persistenza del virus e dell’infezione e per stabilire il livello basale da comparare con i risultati ottenuti durante il trattamento. Sono disponibili diverse terapie antivirali per il trattamento dell’epatite C; alcune sono indirizzate verso il trattamento di specifici tipi (genotipi) del virus, altre verso tutti i genotipi del virus. Solitamente, il trattamento richiede l’assunzione di farmaci per via orale per circa 8-12 settimane o, talvolta, per periodi di tempo più lunghi. Questi farmaci risultano efficaci in oltre il 90% dei casi di epatite C cronica e causano effetti collaterali relativamente modesti. L’infezione viene considerata risolta se il paziente non presenta livelli rilevabili di HCV nel sangue entro 12 settimane dopo il completamento del trattamento.

Hepatitis C (HCV) is a virus that causes infection in the liver, characterized by inflammation and organ damage. Hepatitis C tests include a series of tests used to diagnose hepatitis C, detect the presence of a current or previous infection, and monitor its treatment.           The hepatitis C test includes: Search for anti-HCV antibodies; detects the presence of specific antibodies produced in response to infection in the blood – Search for HCV RNA; detects and measures the concentration of viral RNA present in the blood – Determination of the HCV genotype; determines the specific subspecies of the virus. This information helps to establish the appropriate treatment approach Hepatitis C is one of five types of virus, including A, B, D and E, currently identified to cause hepatitis. HCV can be transmitted by exposure to contaminated blood, primarily as a result of sharing infected needles during intravenous drug of abuse injection. Less frequently, infection can occur as a result of sharing personal items with people carrying the virus (razors, toothbrushes), unprotected sexual intercourse with infected partners, accidental punctures with infected needles in occupational categories at risk, performing tattoos performed with unsterilized instruments and, more rarely, via transmission from the infected mother to her child during pregnancy or childbirth. Before HCV tests were available, in years ’90, the main route of transmission was blood transfusions. Currently, there is no vaccine available to prevent hepatitis C infection.  Acute hepatitis C infection; occurs within six months of exposure to the virus. In some cases, HCV infection can cause mild symptoms or be asymptomatic and resolve spontaneously without any treatment. Most HCV carriers are unaware of their status. Occasionally, in 20-30% of cases, acute infection can result in severe symptoms, such as jaundice and fatigue
Chronic hepatitis C infection; approximately 50% of the subjects who have contracted the infection evolve towards a chronicity of the pathology. If left untreated, you may develop serious long-term problems, such as cirrhosis, liver failure and liver cancer. Chronic hepatitis is characterized by slow progression, so it is possible that affected individuals may not be aware of the pathology until the liver lesions have impaired liver function.    After a drastic decline in the first ten years of surveillance, the incidence of acute hepatitis C in Italy continued a decreasing trend, stabilizing at rates between 0.2 and 0.3 per 100,000 inhabitants, starting from 2009. In 2020 the incidence was 0.04 cases per 100,000 inhabitants (a decrease compared to that of 2019 also due to the COVID-19 pandemic), of which 73.7% were represented by subjects over the age of 35 years. Also for hepatitis C the decrease in incidence particularly affected subjects aged between 15 and 24 (probably due to behavioral changes on the part of drug addicts). Moreover, regarding the distribution by gender, in recent years the male/female ratio has been decreasing even though in 2020 the number of males among cases is still higher (66%) (data from the National Institute of Health). Approximately ’85% of chronicities after acute infection resolve. Most infected individuals are unaware of the pathology; the diagnosis is established following the performance of the hepatitis C test.  Patients who have contracted the infection should undergo antiviral therapy or specific treatment for liver or infectious diseases. The HCV-RNA test should be repeated before starting treatment, to detect any persistence of the virus and infection and to establish the baseline level to be compared with the results obtained during treatment. Several antiviral therapies are available for the treatment of hepatitis C; some are directed towards the treatment of specific types (genotypes) of the virus, others towards all genotypes of the virus. Usually, treatment requires taking medications by mouth for about 8 to 12 weeks, or sometimes for longer periods of time. These drugs are effective in more than 90% of cases of chronic hepatitis C and cause relatively modest side effects. The infection is considered resolved if the patient has no detectable levels of HCV in the blood within 12 weeks after completion of treatment.

HCV RIBA (Anticorpi virus Epatite C)

L’epatite C (HCV) è un virus che causa infezione a livello epatico, caratterizzata da infiammazione e danno d’organo. I test dell’epatite C comprendono una serie di analisi utilizzate per diagnosticare l’epatite C, rilevare la presenza di un’infezione corrente o pregressa e monitorarne il trattamento.           Il test dell’epatite C include:  Ricerca degli anticorpi anti-HCV; rileva nel sangue la presenza di specifici anticorpi prodotti in risposta all’infezione – Ricerca dell’RNA di HCV; rileva e misura la concentrazione di RNA virale presente nel sangue – Determinazione del genotipo HCV; determina la specifica sottospecie del virus. Questa informazione contribuisce a stabilire l’approccio terapeutico adeguato  L’epatite C è uno dei cinque tipi di virus, inclusi A, B, D ed E, attualmente identificati in grado di causare l’epatite. L’HCV può essere trasmessa mediante esposizione a sangue contaminato, principalmente a seguito della condivisione di aghi infetti durante l’iniezione di droghe d’abuso per via endovenosa. Meno frequentemente, l’infezione può avvenire in seguito alla condivisione di oggetti personali con persone portatrici del virus (rasoi, spazzolini), rapporti sessuali non protetti con partner infetti, punture accidentali con aghi infetti nelle categorie professionali a rischio, esecuzione di tatuaggi effettuati con strumenti non sterilizzati e, più raramente, tramite trasmissione dalla madre infetta al figlio durante la gravidanza o il parto. Prima che i test dell’HCV fossero disponibili, negli anni ’90, la principale via di trasmissione era rappresentata dalle trasfusioni di sangue. Attualmente, non è disponibile un vaccino per prevenire l’infezione da epatite C.

  • Infezione acuta da epatite C; si verifica entro sei mesi dall’esposizione al virus. In alcuni casi, l’infezione da HCV può causare sintomi lievi o risultare asintomatica e risolversi spontaneamente senza alcun trattamento. La maggior parte dei soggetti portatori di HCV non è a conoscenza del proprio stato. Occasionalmente, nel 20-30% dei casi, l’infezione in fase acuta può provocare sintomi gravi, quali ittero ed affaticamento
  • Infezione cronica da epatite C; circa il 50% dei soggetti che hanno contratto l’infezione evolvono verso una cronicizzazione della patologia. Se non trattata, è possibile sviluppare problematiche gravi a lungo termine, quali cirrosi, insufficienza epatica e tumore al fegato. L’epatite cronica è caratterizzata da una progressione lenta, pertanto è possibile che gli individui affetti non siano a conoscenza della patologia finché le lesioni al fegato non abbiano compromesso la funzionalità epatica

Dopo una drastica flessione registrata nei primi dieci anni di sorveglianza, l’incidenza di epatite C acuta in Italia ha continuato un trend in diminuzione, stabilizzandosi su tassi tra 0,2 e 0,3 per 100.000 abitanti, a partire dal 2009. Nel 2020 l’incidenza è stata di 0,04 casi per 100.000 abitanti (in diminuzione rispetto a quella del 2019 anche per effetto della pandemia da COVID-19), di cui il 73,7% era rappresentato da soggetti di età superiore ai 35 anni. Anche per l’epatite C la diminuzione di incidenza ha interessato in particolar modo i soggetti d’età compresa fra i 15 e i 24 anni (verosimilmente per cambiamenti comportamentali da parte dei tossicodipendenti). Inoltre, riguardo alla distribuzione per genere, negli ultimi anni il rapporto uomini/donne è andato diminuendo anche se nel 2020 il numero di maschi tra i casi è ancora superiore (66%) (dati dell’Istituto Superiore di Sanità). Circa l’85% delle cronicizzazioni dopo l’infezione acuta si risolvono. La maggior parte dei soggetti infetti non è a conoscenza della patologia; la diagnosi viene stabilita in seguito all’esecuzione dell’esame per l’epatite C.  I pazienti che hanno contratto l’infezione dovrebbero sottoporsi ad una terapia antivirale o ad un trattamento specifico per le patologie epatiche o infettive. ll test per la ricerca di HCV-RNA dovrebbe essere ripetuto prima dell’inizio del trattamento, per rilevare l’eventuale persistenza del virus e dell’infezione e per stabilire il livello basale da comparare con i risultati ottenuti durante il trattamento. Sono disponibili diverse terapie antivirali per il trattamento dell’epatite C; alcune sono indirizzate verso il trattamento di specifici tipi (genotipi) del virus, altre verso tutti i genotipi del virus. Solitamente, il trattamento richiede l’assunzione di farmaci per via orale per circa 8-12 settimane o, talvolta, per periodi di tempo più lunghi. Questi farmaci risultano efficaci in oltre il 90% dei casi di epatite C cronica e causano effetti collaterali relativamente modesti. L’infezione viene considerata risolta se il paziente non presenta livelli rilevabili di HCV nel sangue entro 12 settimane dopo il completamento del trattamento.

Hepatitis C (HCV) is a virus that causes infection in the liver, characterized by inflammation and organ damage. Hepatitis C tests include a series of tests used to diagnose hepatitis C, detect the presence of a current or previous infection, and monitor its treatment.           The hepatitis C test includes: Search for anti-HCV antibodies; detects the presence of specific antibodies produced in response to infection in the blood – Search for HCV RNA; detects and measures the concentration of viral RNA present in the blood – Determination of the HCV genotype; determines the specific subspecies of the virus. This information helps to establish the appropriate treatment approach Hepatitis C is one of five types of virus, including A, B, D and E, currently identified to cause hepatitis. HCV can be transmitted by exposure to contaminated blood, primarily as a result of sharing infected needles during intravenous drug of abuse injection. Less frequently, infection can occur as a result of sharing personal items with people carrying the virus (razors, toothbrushes), unprotected sexual intercourse with infected partners, accidental punctures with infected needles in occupational categories at risk, performing tattoos performed with unsterilized instruments and, more rarely, via transmission from the infected mother to her child during pregnancy or childbirth. Before HCV tests were available, in years ’90, the main route of transmission was blood transfusions. Currently, there is no vaccine available to prevent hepatitis C infection.  Acute hepatitis C infection; occurs within six months of exposure to the virus. In some cases, HCV infection can cause mild symptoms or be asymptomatic and resolve spontaneously without any treatment. Most HCV carriers are unaware of their status. Occasionally, in 20-30% of cases, acute infection can result in severe symptoms, such as jaundice and fatigue
Chronic hepatitis C infection; approximately 50% of the subjects who have contracted the infection evolve towards a chronicity of the pathology. If left untreated, you may develop serious long-term problems, such as cirrhosis, liver failure and liver cancer. Chronic hepatitis is characterized by slow progression, so it is possible that affected individuals may not be aware of the pathology until the liver lesions have impaired liver function.    After a drastic decline in the first ten years of surveillance, the incidence of acute hepatitis C in Italy continued a decreasing trend, stabilizing at rates between 0.2 and 0.3 per 100,000 inhabitants, starting from 2009. In 2020 the incidence was 0.04 cases per 100,000 inhabitants (a decrease compared to that of 2019 also due to the COVID-19 pandemic), of which 73.7% were represented by subjects over the age of 35 years. Also for hepatitis C the decrease in incidence particularly affected subjects aged between 15 and 24 (probably due to behavioral changes on the part of drug addicts). Moreover, regarding the distribution by gender, in recent years the male/female ratio has been decreasing even though in 2020 the number of males among cases is still higher (66%) (data from the National Institute of Health). Approximately ’85% of chronicities after acute infection resolve. Most infected individuals are unaware of the pathology; the diagnosis is established following the performance of the hepatitis C test.  Patients who have contracted the infection should undergo antiviral therapy or specific treatment for liver or infectious diseases. The HCV-RNA test should be repeated before starting treatment, to detect any persistence of the virus and infection and to establish the baseline level to be compared with the results obtained during treatment. Several antiviral therapies are available for the treatment of hepatitis C; some are directed towards the treatment of specific types (genotypes) of the virus, others towards all genotypes of the virus. Usually, treatment requires taking medications by mouth for about 8 to 12 weeks, or sometimes for longer periods of time. These drugs are effective in more than 90% of cases of chronic hepatitis C and cause relatively modest side effects. The infection is considered resolved if the patient has no detectable levels of HCV in the blood within 12 weeks after completion of treatment.

HCY (Omocisteina)

L’omocisteina è un aminoacido presente normalmente in quantità piccolissime nelle cellule dell’organismo. Questo perché l’omocisteina prodotta all’interno delle cellule viene rapidamente metabolizzata e convertita in altri prodotti. Le vitamine B6, B12 e i folati sono essenziali per questi processi di conversione perciò un deficit di queste vitamine può essere evidenziato da un incremento dell’omocisteina plasmatica. Questo esame misura la quantità di omocisteina a livello plasmatico o urinario.Livelli elevati di omocisteina possono anche essere associati ad un maggiore rischio cardiovascolare (malattia cardiaca coronarica, ictus, malattie dei vasi periferici dovuta ai depositi lipidici e aterosclerosi). Il meccanismo per il quale l’omocisteina sia associata ad un aumentato rischio cardiovascolare non è ancora ben chiaro ma sembra essere riconducibile ad alterazioni della coagulazione e a danno endoteliale. Esistono poi molti studi riguardanti i benefici o la diminuzione del rischio cardiovascolare dovuti all’assunzione di integratori di acido folico e vitamina B. Nonostante questo però l’omocisteina non viene considerata tra i fattori di rischio principali per le patologie cardiovascolari.I soggetti affetti da omocistinuria, una rara patologia ereditaria, possono presentare valori di omocisteina molto elevati nel sangue e nelle urine. La diagnosi precoce consente di alleviare i sintomi della patologia; questo è il motivo per il quale l’omocistinuria è stata inserita all’interno del pannello di screening neonatale.

Homocysteine is an amino acid normally found in very small amounts in the cells of the body. This is because homocysteine produced within cells is rapidly metabolized and converted into other products. Vitamins B6, B12 and folate are essential for these conversion processes therefore a deficiency of these vitamins can be evidenced by an increase in plasma homocysteine. This test measures the amount of homocysteine in the plasma or urine Elevated homocysteine levels may also be associated with increased cardiovascular risk (coronary heart disease, stroke, peripheral vessel disease due to lipid deposits, and atherosclerosis). The mechanism for which homocysteine is associated with an increased cardiovascular risk is not yet clear but appears to be attributable to coagulation alterations and endothelial damage. There are also many studies regarding the benefits or decrease in cardiovascular risk due to the intake of folic acid and vitamin B supplements. Despite this, however, homocysteine is not considered among the main risk factors for cardiovascular diseases. Subjects suffering from homocystinuria, a rare hereditary pathology, can have very high homocysteine values in the blood and urine. Early diagnosis helps alleviate the symptoms of the pathology; this is why homocystinuria was included within the neonatal screening panel.

HDL-C

Le lipoproteine ad alta densità (High DensityLipoprotein, HDL) sono una classe di lipoproteine che trasportano il colesterolo nel sangue. L’HDL-C è composto principalmente da proteine e da una ridotta quantità di colesterolo. Il colesterolo è una molecola (uno steroide) essenziale per la vita ed un costituente delle membrane cellulari di tutti gli organi e tessuti. Tuttavia, il colesterolo può depositarsi nelle arterie, aumentando il rischio di malattie cardiache, infarto ed altri problemi di salute. L’HDL-C è considerato protettivo perché preleva il colesterolo in eccesso e lo trasporta al fegato per la rimozione, per questo è definito anche “colesterolo buono”. Questo esame misura la concentrazione di HDL-C nel sangue.  Alte concentrazioni di colesterolo sono associate all’indurimento delle arterie (aterosclerosi) e allo sviluppo delle malattie cardiache. Quando il colesterolo è in eccesso nel sangue e non viene rimosso dalle HDL, può depositarsi sulle pareti dei vasi e formare placche. Queste placche possono portare ad indurimento delle arterie e, eventualmente, ostruire i vasi sanguigni limitando il flusso del sangue.  Alte concentrazioni di HDL-C possono diminuire il rischio di sviluppare le placche, abbassando il rischio di infarto o ictus.Al contrario, alte concentrazioni di LDL-C sono considerate nocive per l’organismo: infatti, ilcolesterolo LDL è chiamato anche “colesterolo cattivo”, poiché deposita il colesterolo in eccesso sulle pareti dei vasi, contribuendo alla comparsa dell’aterosclerosi.

High Density Lipoprotein (HDL) is a class of lipoprotein that transports cholesterol into the blood. HDL-C is mainly composed of protein and a reduced amount of cholesterol. Cholesterol is a molecule (a steroid) essential for life and a constituent of the cell membranes of all organs and tissues. However, cholesterol can settle in the arteries, increasing the risk of heart disease, heart attack and other health problems. HDL-C is considered protective because it takes excess cholesterol and transports it to the liver for removal, which is why it is also called “good cholesterol”. This test measures the concentration of HDL-C in the blood.  High concentrations of cholesterol are associated with hardening of the arteries (atherosclerosis) and the development of heart disease. When cholesterol is excess in the blood and is not removed by HDL, it can settle on the walls of vessels and form plaques. These plaques can lead to hardening of the arteries and possibly block blood vessels, limiting blood flow.  High concentrations of HDL-C can decrease the risk of developing plaques, lowering the risk of heart attack or stroke In contrast, high concentrations of LDL-C are considered harmful to the body: in fact, LDL cholesterol is also called “bad cholesterol”, as it deposits excess cholesterol on the walls of vessels, contributing to the appearance of atherosclerosis.

HDV (Anticorpi virus Epatite Delta)
HDV è l’acronimo di virus dell’epatite delta, un virus che causa la forma più grave di epatite virale. Richiede la presenza del virus dell’epatite B (HBV) per potersi replicare, quindi colpisce solo persone già infettate da HBV e può manifestarsi come coinfezione (infezione simultanea di HBV e HDV) o sovrainfezione (infezione di un portatore cronico di HBV). L’infezione è grave e può accelerare la progressione verso la cirrosi e il tumore al fegato.   Cosa significa :  Infezione virale: L’HDV è un virus a RNA che danneggia le cellule del fegato, causando infiammazione.  Virus “satellite”: Viene definito virus “satellite” o “difettivo” perché non può replicarsi da solo; necessita del virus dell’epatite B (HBV) per produrre le sue proteine e replicarsi. Doppia infezione: Chi è infetto da HDV è sempre anche infetto da HBV.   Modalità di infezione :  Coinfezione: L’HDV viene trasmesso contemporaneamente all’HBV, risultando in un’epatite acuta spesso meno grave rispetto alla sovrainfezione.  Sovrainfezione: Avviene in persone già portatrici croniche di HBV che contraggono il virus HDV. Questa situazione è la più pericolosa e porta quasi sempre a una malattia cronica e aggressiva.   Conseguenze per la salute : Progressione rapida: L’infezione da HDV può far progredire più velocemente verso le complicanze epatiche come la cirrosi e l’epatocarcinoma.  Insufficienza epatica: Può portare a insufficienza epatica, che può manifestarsi in età più giovane rispetto ad altre forme di epatite.  Trasmissione  :   Vie di trasmissione: Simili a quelle dell’epatite B, principalmente attraverso il contatto con sangue, sperma e secrezioni vaginali infetti.  Soggetti a rischio: Persone che fanno uso di droghe per via iniettiva, operatori sanitari, chi ha rapporti sessuali non protetti o si sottopone a tatuaggi e piercing. 
HDV stands for hepatitis delta virus, a virus that causes the most severe form of viral hepatitis. It requires the presence of the hepatitis B virus (HBV) in order to replicate, so it only affects people already infected with HBV and can manifest as coinfection (simultaneous infection of HBV and HDV) or superinfection (infection of a chronic HBV carrier). The infection is serious and can accelerate progression to cirrhosis and liver cancer.   What it means – Viral infection: HDV is an RNA virus that damages liver cells, causing inflammation.  “Satellite” virus: It is called a “satellite” or “defective” virus because it cannot replicate on its own; it requires the hepatitis B virus (HBV) to produce its proteins and replicate. Double infection: Those infected with HDV are always also infected with HBV.   Mode of infection: Coinfection: HDV is transmitted simultaneously with HBV, resulting in acute hepatitis that is often less severe than superinfection.  Overinfection: Occurs in people who are already chronic carriers of HBV and who contract the HDV virus. This situation is the most dangerous and almost always leads to a chronic and aggressive disease.   Health consequences : Rapid progression: HDV infection can progress faster to liver complications such as cirrhosis and hepatocellular carcinoma.  Hepatic failure: May lead to liver failure, which may occur at a younger age than other forms of hepatitis.  Transmission : Routes of transmission: Similar to those of hepatitis B, mainly through contact with infected blood, sperm and vaginal secretions.  Subjects at risk: People who inject drugs, healthcare workers, those who have unprotected sex or undergo tattoos and piercings. 
HELICOBACTER PYLORI (Anticorpi IgG)

Helicobacter pylori è causa di una delle infezioni batteriche croniche più comuni, colonizza infatti il sistema gastroenterico di circa il 50% della popolazione mondiale, con maggior prevalenza nei paesi in via di sviluppo. Nella gran maggioranza dei casi l’infezione si contrae in età giovanile; è molto meno comune il contagio nell’età adulta. Il miglioramento delle norme igienico-sanitarie negli ultimi 50 anni ha comportato una netta riduzione dell’infezione nella popolazione giovanile, mentre è ancora frequente nei soggetti più anziani. Molte persone, sebbene infettate, non sviluppano sintomi ma la presenza del batterio aumenta il rischio di sviluppare ulcere (ulcera peptica), gastriti croniche, tumore dello stomaco e linfomi gastrici. Il batterio infatti diminuisce la capacità dello stomaco di produrre muco, rendendolo maggiormente sensibile ai danni provocati dai succhi gastrici e alle ulcere. I test per la rilevazione di H. pylori evidenziano quindi un’infezione del tratto gastrointestinale dovuta a questo microrganismo, fornendo un supporto alle scelte terapeutiche.

Helicobacter pylori causes one of the most common chronic bacterial infections, in fact it colonizes the gastrointestinal system of approximately 50% of the world population, with greater prevalence in developing countries. In the great majority of cases, the infection is contracted at a young age; contagion in adulthood is much less common. The improvement in sanitation regulations over the last 50 years has resulted in a clear reduction of infection in the juvenile population, while it is still frequent in older subjects. Many people, although infected, do not develop symptoms but the presence of the bacterium increases the risk of developing ulcers (peptic ulcer), chronic gastritis, stomach cancer and gastric lymphomas. In fact, the bacterium decreases the stomach’s ability to produce mucus, making it more sensitive to damage caused by gastric juices and ulcers. Tests for the detection of H. pylori therefore point to an infection of the gastrointestinal tract due to this microorganism, providing a support for therapeutic choices.

HELICOBACTER PYLORI NELLE FECI (Ricerca antigenica)

Helicobacter pylori è causa di una delle infezioni batteriche croniche più comuni, colonizza infatti il sistema gastroenterico di circa il 50% della popolazione mondiale, con maggior prevalenza nei paesi in via di sviluppo. Nella gran maggioranza dei casi l’infezione si contrae in età giovanile; è molto meno comune il contagio nell’età adulta. Il miglioramento delle norme igienico-sanitarie negli ultimi 50 anni ha comportato una netta riduzione dell’infezione nella popolazione giovanile, mentre è ancora frequente nei soggetti più anziani. Molte persone, sebbene infettate, non sviluppano sintomi ma la presenza del batterio aumenta il rischio di sviluppare ulcere (ulcera peptica), gastriti croniche, tumore dello stomaco e linfomi gastrici. Il batterio infatti diminuisce la capacità dello stomaco di produrre muco, rendendolo maggiormente sensibile ai danni provocati dai succhi gastrici e alle ulcere. I test per la rilevazione di H. pylori evidenziano quindi un’infezione del tratto gastrointestinale dovuta a questo microrganismo, fornendo un supporto alle scelte terapeutiche.

Helicobacter pylori causes one of the most common chronic bacterial infections, in fact it colonizes the gastrointestinal system of approximately 50% of the world population, with greater prevalence in developing countries. In the great majority of cases, the infection is contracted at a young age; contagion in adulthood is much less common. The improvement in sanitation regulations over the last 50 years has resulted in a clear reduction of infection in the juvenile population, while it is still frequent in older subjects. Many people, although infected, do not develop symptoms but the presence of the bacterium increases the risk of developing ulcers (peptic ulcer), chronic gastritis, stomach cancer and gastric lymphomas. In fact, the bacterium decreases the stomach’s ability to produce mucus, making it more sensitive to damage caused by gastric juices and ulcers. Tests for the detection of H. pylori therefore point to an infection of the gastrointestinal tract due to this microorganism, providing a support for therapeutic choices.

HELICOBACTER PYLORI, BREATH TEST

Helicobacter pylori è causa di una delle infezioni batteriche croniche più comuni, colonizza infatti il sistema gastroenterico di circa il 50% della popolazione mondiale, con maggior prevalenza nei paesi in via di sviluppo. Nella gran maggioranza dei casi l’infezione si contrae in età giovanile; è molto meno comune il contagio nell’età adulta. Il miglioramento delle norme igienico-sanitarie negli ultimi 50 anni ha comportato una netta riduzione dell’infezione nella popolazione giovanile, mentre è ancora frequente nei soggetti più anziani. Molte persone, sebbene infettate, non sviluppano sintomi ma la presenza del batterio aumenta il rischio di sviluppare ulcere (ulcera peptica), gastriti croniche, tumore dello stomaco e linfomi gastrici. Il batterio infatti diminuisce la capacità dello stomaco di produrre muco, rendendolo maggiormente sensibile ai danni provocati dai succhi gastrici e alle ulcere. I test per la rilevazione di H. pylori evidenziano quindi un’infezione del tratto gastrointestinale dovuta a questo microrganismo, fornendo un supporto alle scelte terapeutiche.

Helicobacter pylori causes one of the most common chronic bacterial infections, in fact it colonizes the gastrointestinal system of approximately 50% of the world population, with greater prevalence in developing countries. In the great majority of cases, the infection is contracted at a young age; contagion in adulthood is much less common. The improvement in sanitation regulations over the last 50 years has resulted in a clear reduction of infection in the juvenile population, while it is still frequent in older subjects. Many people, although infected, do not develop symptoms but the presence of the bacterium increases the risk of developing ulcers (peptic ulcer), chronic gastritis, stomach cancer and gastric lymphomas. In fact, the bacterium decreases the stomach’s ability to produce mucus, making it more sensitive to damage caused by gastric juices and ulcers. Tests for the detection of H. pylori therefore point to an infection of the gastrointestinal tract due to this microorganism, providing a support for therapeutic choices.

HERPES 1 (Anticorpi IgG)

La varicella e l’herpes zoster sono causate dall’infezione del Virus della Varicella Zoster (VZV), un membro della famiglia degli herpesviridae. I test per la VZV rilevano gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione a VZV o il virus stesso.  Il test della varicella o dell’herpes zoster può essere effettuato per rilevare un’infezione attiva o pregressa del VZV. Di solito la diagnosi di varicella è esclusivamente clinica sulla base dei segni e sintomi presenti ma in alcune persone possono essere presenti lesioni della pelle atipiche; in questi casi il test della VZV può essere un utile ausilio diagnostico. In pazienti in procinto di ricevere un trapianto d’organo o nelle donne in gravidanza invece, il test della VZV può essere utile per la diagnosi di un’infezione attiva o per verificare l’immunizzazione al virus dovuta ad una precedente infezione o ad una vaccinazione.  In Italia l’introduzione nel 2005 del vaccino contro la varicella tra le vaccinazioni raccomandate dal Ministero della Salute, ha determinato una repentina diminuzione dei casi di varicella e delle ospedalizzazioni dovute a complicanze di tale infezione, nonostante il virus sia ancora presente in forma latente nelle persone adulte che hanno contratto il VZV in età pediatrica. Per una copertura efficace al 98% sono sufficienti una (tra i 12 mesi e i 12 anni) o due dosi del vaccino (sopra i 12 anni) e, nel caso in cui venga comunque contratta l’infezione, questa presenta una sintomatologia più lieve.Il virus della varicella zoster può causare la varicella in adulti e bambini non vaccinati o non precedentemente esposti. L’infezione primaria è altamente contagiosa, e viene trasmessa tramite i colpi di tosse, gli starnuti o toccando i liquidi fuoriusciti dalle vescicole.  L’infezione primaria è caratterizzata dalla comparsa di punti pruriginosi a distanza di circa due settimane dall’esposizione all’agente infettivo, che si trasformano poi in piccoli ponfi o vescicole piene di liquido. La rottura delle vescicole è seguita dalla formazione di una crosta e quindi dalla guarigione. Questo processo avviene in due o tre ondate di qualche centinaio di vescicole in pochi giorni. Dopo la risoluzione dell’infezione primaria, il virus rimane latente all’interno delle cellule del tessuto nervoso. Gli anticorpi prodotti durante l’infezione primaria prevengono un’eventuale re- infezione. Tuttavia, la diminuzione delle difese immunitarie può comportare una riattivazione del virus il quale può migrare dalle cellule nervose nelle quali si trova in uno stato di latenza, fino alla pelle, causando la cosiddetta Herpes Zoster. I sintomi includono una sensazione di bruciore da moderata a intensa o una sensazione di prurito e dolore che può interessare diverse sedi, come la pelle del viso o dei fianchi. In genere interessa solo una sede ma può comparire anche in sedi multiple. Alcuni giorni dopo il prurito o il formicolio possono comparire nella stessa sede eruzioni cutanee, con o senza la presenza di vescicole. Nella maggior parte delle persone, le eruzioni cutanee e il dolore scompaiono entro poche settimane, quando il virus torna allo stato di latenza. In alcune persone però il dolore può permanere anche per mesi.

Il vaccino è controindicato per gli individui immunocompromessi, mentre è consigliato negli adolescenti e negli adulti che non abbiano ancora contratto la malattia e privi di controindicazioni. Anche le donne in età fertile che non abbiano ancora contratto la malattia dovrebbero vaccinarsi per evitare un’eventuale infezione in gravidanza e quindi le conseguenze sulla salute del bambino che potrebbero derivare da questa infezione.Nella maggior parte dei casi l’infezione da VZV si risolve senza conseguenze. Nelle persone con il sistema immunitario compromesso, come coloro che sono affetti da HIV/AIDS o che si sono sottoposti ad un trapianto d’organo, possono però comparire conseguenze peggiori e prolungate. In alcuni casi il virus può non diventare latente e può diffondersi al sistema nervoso centrale.  Nelle donne in gravidanza, gli effetti dell’esposizione del feto o del neonato al VZV dipendono dall’età gestazionela durante la quale è avvenuta l’infezione e dalla precedente eventuale esposizione della madre al virus. Nelle prime 20-30 settimane di gravidanza, l’infezione primaria di VZV può, seppur raramente, determinare la presenza di anomalie congenite neonatali. Se l’infezione viene contratta invece nelle tre settimane prima del parto, il bambino può nascere con la “varicella del neonato” la cui mortalità può arrivare fino al 30%, in modo particolare se questo non è protetto dagli anticorpi di origine materna.

Chickenpox and shingles are caused by infection with Varicella Zoster Virus (VZV), a member of the herpesviridae family. Tests for VZV detect antibodies produced by the immune system in response to infection with VZV or the virus itself.  Chickenpox or shingles testing may be done to detect active or past VZV infection. Usually the diagnosis of chickenpox is exclusively clinical based on the signs and symptoms present but in some people atypical skin lesions may be present; in these cases the VZV test can be a useful diagnostic aid. In patients about to receive an organ transplant or in pregnant women, however, the VZV test can be useful for the diagnosis of an active infection or to verify immunization to the virus due to a previous infection or vaccination.  In Italy, the introduction in 2005 of the chickenpox vaccine among the vaccinations recommended by the Ministry of Health led to a sudden decrease in cases of chickenpox and hospitalizations due to complications of this infection, despite the virus still being present in a latent form in people adults who contracted VZV in childhood. One (between 12 months and 12 years) or two doses of the vaccine (above 12 years) are sufficient for 98% effective coverage, and in case the infection is still contracted, it has milder symptomatology Varicella zoster virus can cause chickenpox in adults and children who are not vaccinated or not previously exposed. The primary infection is highly contagious, and is transmitted by coughing, sneezing, or touching fluids leaking from the vesicles.    The primary infection is characterized by the appearance of itchy spots approximately two weeks after exposure to the infectious agent, which then turn into small wheals or fluid-filled vesicles. The rupture of the vesicles is followed by the formation of a crust and then healing. This process occurs in two or three waves of a few hundred vesicles in a few days. After resolution of the primary infection, the virus remains latent within nerve tissue cells. Antibodies produced during primary infection prevent eventual re-infection. However, the decrease in immune defenses can lead to a reactivation of the virus which can migrate from the nerve cells in which it is in a state of latency, up to the skin, causing the so-called Herpes Zoster. Symptoms include a moderate to intense burning sensation or an itchy, painful sensation that can affect several locations, such as the skin of the face or hips. It generally only affects one location but can also appear in multiple locations. A few days after itching or tingling, rashes may appear in the same location, with or without the presence of blisters. In most people, the rashes and pain disappear within a few weeks, when the virus returns to latency. In some people, however, the pain can persist for months.    The vaccine is contraindicated for immunocompromised individuals, while it is recommended in adolescents and adults who have not yet contracted the disease and have no contraindications. Women of childbearing potential who have not yet contracted the disease should also be vaccinated to avoid possible infection in pregnancy and thus the consequences for the health of the child that could result from this infection.In most cases VZV infection resolves without consequences. However, worse and prolonged consequences may appear in people with compromised immune systems, such as those who have HIV/AIDS or who have undergone an organ transplant. In some cases the virus may not become latent and may spread to the central nervous system.  In pregnant women, the effects of exposure of the foetus or newborn to VZV depend on the gestational age during which the infection occurred and on the previous possible exposure of the mother to the virus. In the first 20 to 30 weeks of pregnancy, primary VZV infection may, albeit rarely, result in the presence of neonatal congenital abnormalities. However, if the infection is contracted in the three weeks before giving birth, the baby can be born with “newborn chickenpox” whose mortality can reach up to 30%, particularly if this is not protected by antibodies of maternal origin.

HERPES 1-2 (Anticorpi IgM)

La varicella e l’herpes zoster sono causate dall’infezione del Virus della Varicella Zoster (VZV), un membro della famiglia degli herpesviridae. I test per la VZV rilevano gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione a VZV o il virus stesso.  Il test della varicella o dell’herpes zoster può essere effettuato per rilevare un’infezione attiva o pregressa del VZV. Di solito la diagnosi di varicella è esclusivamente clinica sulla base dei segni e sintomi presenti ma in alcune persone possono essere presenti lesioni della pelle atipiche; in questi casi il test della VZV può essere un utile ausilio diagnostico. In pazienti in procinto di ricevere un trapianto d’organo o nelle donne in gravidanza invece, il test della VZV può essere utile per la diagnosi di un’infezione attiva o per verificare l’immunizzazione al virus dovuta ad una precedente infezione o ad una vaccinazione.  In Italia l’introduzione nel 2005 del vaccino contro la varicella tra le vaccinazioni raccomandate dal Ministero della Salute, ha determinato una repentina diminuzione dei casi di varicella e delle ospedalizzazioni dovute a complicanze di tale infezione, nonostante il virus sia ancora presente in forma latente nelle persone adulte che hanno contratto il VZV in età pediatrica. Per una copertura efficace al 98% sono sufficienti una (tra i 12 mesi e i 12 anni) o due dosi del vaccino (sopra i 12 anni) e, nel caso in cui venga comunque contratta l’infezione, questa presenta una sintomatologia più lieve.Il virus della varicella zoster può causare la varicella in adulti e bambini non vaccinati o non precedentemente esposti. L’infezione primaria è altamente contagiosa, e viene trasmessa tramite i colpi di tosse, gli starnuti o toccando i liquidi fuoriusciti dalle vescicole.  L’infezione primaria è caratterizzata dalla comparsa di punti pruriginosi a distanza di circa due settimane dall’esposizione all’agente infettivo, che si trasformano poi in piccoli ponfi o vescicole piene di liquido. La rottura delle vescicole è seguita dalla formazione di una crosta e quindi dalla guarigione. Questo processo avviene in due o tre ondate di qualche centinaio di vescicole in pochi giorni. Dopo la risoluzione dell’infezione primaria, il virus rimane latente all’interno delle cellule del tessuto nervoso. Gli anticorpi prodotti durante l’infezione primaria prevengono un’eventuale re- infezione. Tuttavia, la diminuzione delle difese immunitarie può comportare una riattivazione del virus il quale può migrare dalle cellule nervose nelle quali si trova in uno stato di latenza, fino alla pelle, causando la cosiddetta Herpes Zoster. I sintomi includono una sensazione di bruciore da moderata a intensa o una sensazione di prurito e dolore che può interessare diverse sedi, come la pelle del viso o dei fianchi. In genere interessa solo una sede ma può comparire anche in sedi multiple. Alcuni giorni dopo il prurito o il formicolio possono comparire nella stessa sede eruzioni cutanee, con o senza la presenza di vescicole. Nella maggior parte delle persone, le eruzioni cutanee e il dolore scompaiono entro poche settimane, quando il virus torna allo stato di latenza. In alcune persone però il dolore può permanere anche per mesi.

Il vaccino è controindicato per gli individui immunocompromessi, mentre è consigliato negli adolescenti e negli adulti che non abbiano ancora contratto la malattia e privi di controindicazioni. Anche le donne in età fertile che non abbiano ancora contratto la malattia dovrebbero vaccinarsi per evitare un’eventuale infezione in gravidanza e quindi le conseguenze sulla salute del bambino che potrebbero derivare da questa infezione.Nella maggior parte dei casi l’infezione da VZV si risolve senza conseguenze. Nelle persone con il sistema immunitario compromesso, come coloro che sono affetti da HIV/AIDS o che si sono sottoposti ad un trapianto d’organo, possono però comparire conseguenze peggiori e prolungate. In alcuni casi il virus può non diventare latente e può diffondersi al sistema nervoso centrale.  Nelle donne in gravidanza, gli effetti dell’esposizione del feto o del neonato al VZV dipendono dall’età gestazionela durante la quale è avvenuta l’infezione e dalla precedente eventuale esposizione della madre al virus. Nelle prime 20-30 settimane di gravidanza, l’infezione primaria di VZV può, seppur raramente, determinare la presenza di anomalie congenite neonatali. Se l’infezione viene contratta invece nelle tre settimane prima del parto, il bambino può nascere con la “varicella del neonato” la cui mortalità può arrivare fino al 30%, in modo particolare se questo non è protetto dagli anticorpi di origine materna.

Chickenpox and shingles are caused by infection with Varicella Zoster Virus (VZV), a member of the herpesviridae family. Tests for VZV detect antibodies produced by the immune system in response to infection with VZV or the virus itself.  Chickenpox or shingles testing may be done to detect active or past VZV infection. Usually the diagnosis of chickenpox is exclusively clinical based on the signs and symptoms present but in some people atypical skin lesions may be present; in these cases the VZV test can be a useful diagnostic aid. In patients about to receive an organ transplant or in pregnant women, however, the VZV test can be useful for the diagnosis of an active infection or to verify immunization to the virus due to a previous infection or vaccination.  In Italy, the introduction in 2005 of the chickenpox vaccine among the vaccinations recommended by the Ministry of Health led to a sudden decrease in cases of chickenpox and hospitalizations due to complications of this infection, despite the virus still being present in a latent form in people adults who contracted VZV in childhood. One (between 12 months and 12 years) or two doses of the vaccine (above 12 years) are sufficient for 98% effective coverage, and in case the infection is still contracted, it has milder symptomatology Varicella zoster virus can cause chickenpox in adults and children who are not vaccinated or not previously exposed. The primary infection is highly contagious, and is transmitted by coughing, sneezing, or touching fluids leaking from the vesicles.    The primary infection is characterized by the appearance of itchy spots approximately two weeks after exposure to the infectious agent, which then turn into small wheals or fluid-filled vesicles. The rupture of the vesicles is followed by the formation of a crust and then healing. This process occurs in two or three waves of a few hundred vesicles in a few days. After resolution of the primary infection, the virus remains latent within nerve tissue cells. Antibodies produced during primary infection prevent eventual re-infection. However, the decrease in immune defenses can lead to a reactivation of the virus which can migrate from the nerve cells in which it is in a state of latency, up to the skin, causing the so-called Herpes Zoster. Symptoms include a moderate to intense burning sensation or an itchy, painful sensation that can affect several locations, such as the skin of the face or hips. It generally only affects one location but can also appear in multiple locations. A few days after itching or tingling, rashes may appear in the same location, with or without the presence of blisters. In most people, the rashes and pain disappear within a few weeks, when the virus returns to latency. In some people, however, the pain can persist for months.    The vaccine is contraindicated for immunocompromised individuals, while it is recommended in adolescents and adults who have not yet contracted the disease and have no contraindications. Women of childbearing potential who have not yet contracted the disease should also be vaccinated to avoid possible infection in pregnancy and thus the consequences for the health of the child that could result from this infection.In most cases VZV infection resolves without consequences. However, worse and prolonged consequences may appear in people with compromised immune systems, such as those who have HIV/AIDS or who have undergone an organ transplant. In some cases the virus may not become latent and may spread to the central nervous system.  In pregnant women, the effects of exposure of the foetus or newborn to VZV depend on the gestational age during which the infection occurred and on the previous possible exposure of the mother to the virus. In the first 20 to 30 weeks of pregnancy, primary VZV infection may, albeit rarely, result in the presence of neonatal congenital abnormalities. However, if the infection is contracted in the three weeks before giving birth, the baby can be born with “newborn chickenpox” whose mortality can reach up to 30%, particularly if this is not protected by antibodies of maternal origin.

HERPES 2 (Anticorpi IgG)

La varicella e l’herpes zoster sono causate dall’infezione del Virus della Varicella Zoster (VZV), un membro della famiglia degli herpesviridae. I test per la VZV rilevano gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione a VZV o il virus stesso.  Il test della varicella o dell’herpes zoster può essere effettuato per rilevare un’infezione attiva o pregressa del VZV. Di solito la diagnosi di varicella è esclusivamente clinica sulla base dei segni e sintomi presenti ma in alcune persone possono essere presenti lesioni della pelle atipiche; in questi casi il test della VZV può essere un utile ausilio diagnostico. In pazienti in procinto di ricevere un trapianto d’organo o nelle donne in gravidanza invece, il test della VZV può essere utile per la diagnosi di un’infezione attiva o per verificare l’immunizzazione al virus dovuta ad una precedente infezione o ad una vaccinazione.  In Italia l’introduzione nel 2005 del vaccino contro la varicella tra le vaccinazioni raccomandate dal Ministero della Salute, ha determinato una repentina diminuzione dei casi di varicella e delle ospedalizzazioni dovute a complicanze di tale infezione, nonostante il virus sia ancora presente in forma latente nelle persone adulte che hanno contratto il VZV in età pediatrica. Per una copertura efficace al 98% sono sufficienti una (tra i 12 mesi e i 12 anni) o due dosi del vaccino (sopra i 12 anni) e, nel caso in cui venga comunque contratta l’infezione, questa presenta una sintomatologia più lieve.Il virus della varicella zoster può causare la varicella in adulti e bambini non vaccinati o non precedentemente esposti. L’infezione primaria è altamente contagiosa, e viene trasmessa tramite i colpi di tosse, gli starnuti o toccando i liquidi fuoriusciti dalle vescicole.  L’infezione primaria è caratterizzata dalla comparsa di punti pruriginosi a distanza di circa due settimane dall’esposizione all’agente infettivo, che si trasformano poi in piccoli ponfi o vescicole piene di liquido. La rottura delle vescicole è seguita dalla formazione di una crosta e quindi dalla guarigione. Questo processo avviene in due o tre ondate di qualche centinaio di vescicole in pochi giorni. Dopo la risoluzione dell’infezione primaria, il virus rimane latente all’interno delle cellule del tessuto nervoso. Gli anticorpi prodotti durante l’infezione primaria prevengono un’eventuale re- infezione. Tuttavia, la diminuzione delle difese immunitarie può comportare una riattivazione del virus il quale può migrare dalle cellule nervose nelle quali si trova in uno stato di latenza, fino alla pelle, causando la cosiddetta Herpes Zoster. I sintomi includono una sensazione di bruciore da moderata a intensa o una sensazione di prurito e dolore che può interessare diverse sedi, come la pelle del viso o dei fianchi. In genere interessa solo una sede ma può comparire anche in sedi multiple. Alcuni giorni dopo il prurito o il formicolio possono comparire nella stessa sede eruzioni cutanee, con o senza la presenza di vescicole. Nella maggior parte delle persone, le eruzioni cutanee e il dolore scompaiono entro poche settimane, quando il virus torna allo stato di latenza. In alcune persone però il dolore può permanere anche per mesi.

Il vaccino è controindicato per gli individui immunocompromessi, mentre è consigliato negli adolescenti e negli adulti che non abbiano ancora contratto la malattia e privi di controindicazioni. Anche le donne in età fertile che non abbiano ancora contratto la malattia dovrebbero vaccinarsi per evitare un’eventuale infezione in gravidanza e quindi le conseguenze sulla salute del bambino che potrebbero derivare da questa infezione.Nella maggior parte dei casi l’infezione da VZV si risolve senza conseguenze. Nelle persone con il sistema immunitario compromesso, come coloro che sono affetti da HIV/AIDS o che si sono sottoposti ad un trapianto d’organo, possono però comparire conseguenze peggiori e prolungate. In alcuni casi il virus può non diventare latente e può diffondersi al sistema nervoso centrale.  Nelle donne in gravidanza, gli effetti dell’esposizione del feto o del neonato al VZV dipendono dall’età gestazionela durante la quale è avvenuta l’infezione e dalla precedente eventuale esposizione della madre al virus. Nelle prime 20-30 settimane di gravidanza, l’infezione primaria di VZV può, seppur raramente, determinare la presenza di anomalie congenite neonatali. Se l’infezione viene contratta invece nelle tre settimane prima del parto, il bambino può nascere con la “varicella del neonato” la cui mortalità può arrivare fino al 30%, in modo particolare se questo non è protetto dagli anticorpi di origine materna.

Chickenpox and shingles are caused by infection with Varicella Zoster Virus (VZV), a member of the herpesviridae family. Tests for VZV detect antibodies produced by the immune system in response to infection with VZV or the virus itself.  Chickenpox or shingles testing may be done to detect active or past VZV infection. Usually the diagnosis of chickenpox is exclusively clinical based on the signs and symptoms present but in some people atypical skin lesions may be present; in these cases the VZV test can be a useful diagnostic aid. In patients about to receive an organ transplant or in pregnant women, however, the VZV test can be useful for the diagnosis of an active infection or to verify immunization to the virus due to a previous infection or vaccination.  In Italy, the introduction in 2005 of the chickenpox vaccine among the vaccinations recommended by the Ministry of Health led to a sudden decrease in cases of chickenpox and hospitalizations due to complications of this infection, despite the virus still being present in a latent form in people adults who contracted VZV in childhood. One (between 12 months and 12 years) or two doses of the vaccine (above 12 years) are sufficient for 98% effective coverage, and in case the infection is still contracted, it has milder symptomatology Varicella zoster virus can cause chickenpox in adults and children who are not vaccinated or not previously exposed. The primary infection is highly contagious, and is transmitted by coughing, sneezing, or touching fluids leaking from the vesicles.    The primary infection is characterized by the appearance of itchy spots approximately two weeks after exposure to the infectious agent, which then turn into small wheals or fluid-filled vesicles. The rupture of the vesicles is followed by the formation of a crust and then healing. This process occurs in two or three waves of a few hundred vesicles in a few days. After resolution of the primary infection, the virus remains latent within nerve tissue cells. Antibodies produced during primary infection prevent eventual re-infection. However, the decrease in immune defenses can lead to a reactivation of the virus which can migrate from the nerve cells in which it is in a state of latency, up to the skin, causing the so-called Herpes Zoster. Symptoms include a moderate to intense burning sensation or an itchy, painful sensation that can affect several locations, such as the skin of the face or hips. It generally only affects one location but can also appear in multiple locations. A few days after itching or tingling, rashes may appear in the same location, with or without the presence of blisters. In most people, the rashes and pain disappear within a few weeks, when the virus returns to latency. In some people, however, the pain can persist for months.    The vaccine is contraindicated for immunocompromised individuals, while it is recommended in adolescents and adults who have not yet contracted the disease and have no contraindications. Women of childbearing potential who have not yet contracted the disease should also be vaccinated to avoid possible infection in pregnancy and thus the consequences for the health of the child that could result from this infection.In most cases VZV infection resolves without consequences. However, worse and prolonged consequences may appear in people with compromised immune systems, such as those who have HIV/AIDS or who have undergone an organ transplant. In some cases the virus may not become latent and may spread to the central nervous system.  In pregnant women, the effects of exposure of the foetus or newborn to VZV depend on the gestational age during which the infection occurred and on the previous possible exposure of the mother to the virus. In the first 20 to 30 weeks of pregnancy, primary VZV infection may, albeit rarely, result in the presence of neonatal congenital abnormalities. However, if the infection is contracted in the three weeks before giving birth, the baby can be born with “newborn chickenpox” whose mortality can reach up to 30%, particularly if this is not protected by antibodies of maternal origin.

HGH (Ormone Somatotropo)

L’ormone della crescita (GH) è essenziale per la normale crescita e lo sviluppo dei bambini. Esso promuove un’appropriata crescita delle ossa dalla nascita fino alla pubertà. Sia nei bambini che negli adulti, l’ormone della crescita è responsabile della regolazione del metabolismo, della produzione di grassi, proteine e glucosio. Inoltre, contribuisce a regolare la produzione dei globuli rossi e della massa muscolare.  Il GH viene prodotto dall’ipofisi, una ghiandola delle dimensioni di un fagiolo localizzata alla base dell’encefalo dietro le cavità nasali. Normalmente il GH viene rilasciato nel sangue in maniera intermittente durante il giorno e la notte, con picchi prevalentemente durante le ore notturne. Per questo motivo, la singola misura del GH nel sangue è di difficile interpretazione e non è clinicamente rilevante: infatti, le sue concentrazioni risulteranno elevate a seguito di un prelievo eseguito durante la fase di rilascio, viceversa ridotte se il prelievo viene eseguito nell’intervallo di tempo compreso tra due fasi di rilascio.   Pertanto, vengono utilizzati preferenzialmente test di stimolazione e di soppressione dell’ormone della crescita, al fine di rilevare le alterazioni nella produzione di GH. Questi esami sono interpretati contestualmente ai segni e ai sintomi del paziente, così come alle concentrazioni del fattore di crescita insulino-simile (insulin-like growth factor-1, IGF-1) e delle proteine a cui si lega (insulin-like growth factor binding proteine, IGF-BP).

Deficit di GH   Alcuni bambini presentano il deficit di GH fin dalla nascita (congenito), mentre altri possono svilupparlo in seguito a danno cerebrale o tumori. Queste condizioni possono alterare il normale funzionamento dell’ipofisi, con conseguente diminuzione della produzione di ormoni ipofisari (insufficienza ipofisaria o ipopituitarismo). Talvolta, la causa del deficit non è nota e viene definita “idiopatica”.  Negli adulti, il GH ha un ruolo importante nella regolazione della densità ossea, della massa muscolare, dei livelli di glucosio e del metabolismo lipidico, oltre a influenzare la funzionalità cardiaca e renale. Il deficit di GH può presentarsi durante l’infanzia o svilupparsi in età adulta in seguito, ad esempio, a danneggiamento dell’ipofisi dovuto a trauma cranico, tumori cerebrali, interventi chirurgici o trattamenti radioterapici, con conseguente diminuzione della funzionalità dell’ipofisi (ipopituitarismo).

Eccesso di GH  L’eccesso di GH è spesso dovuto alla presenza di tumori dell’ipofisi (di solito benigni) secernenti GH. L’eccesso di GH nei bambini può causare il protrarsi  della crescita delle ossa lunghe oltre la pubertà, con conseguente sviluppo di una rara condizione chiamata gigantismo (caratterizzata da un’altezza di oltre due metri). L’eccesso di GH può causare inoltre ispessimento del viso, debolezza generalizzata, ritardo nella pubertà e mal di testa. I tumori ipofisari secernenti GH che raggiungono grandi dimensioni possono causare perdita della vista.Negli adulti, invece, l’eccesso di GH può portare ad acromegalia, caratterizzata non dall’allungamento delle ossa ma dal loro ispessimento. Nelle prime fasi di questo patologia possono comparire sintomi come ispessimento della pelle, sudorazione, affaticamento, mal di testa e dolori articolari, seguiti da ingrossamento delle estremità, ispessimento delle ossa del viso, comparsa della sindrome del tunnel carpale e ingrossamento anomalo degli organi interni. L’eccesso di GH può inoltre portare a variazioni della pelle e allo sviluppo di polipi intestinali. I tumori ipofisari secernenti GH possono essere rimossi chirurgicamente e/o trattati con farmaci o radiazioni. Nella maggior parte dei casi, questi trattamenti determinano diminuzione dei livelli di GH e di IGF-1, che tornano (o quasi) a livelli normali. Se non trattati, sia il gigantismo che l’acromegalia possono portare allo sviluppo di complicanze, quali il diabete di tipo 2, aumentato rischio di malattie cardiovascolari, ipertensione, artrite, e, in generale, diminuzione della vita media.

Growth hormone (GH) is essential for the normal growth and development of children. It promotes appropriate bone growth from birth until puberty. In both children and adults, growth hormone is responsible for regulating metabolism, fat, protein and glucose production. Furthermore, it helps regulate the production of red blood cells and muscle mass.  GH is produced by the pituitary gland, a bean-sized gland located at the base of the brain behind the nasal cavities. GH is normally released into the blood intermittently during the day and night, with peaks mainly during the night. For this reason, the single measurement of GH in the blood is difficult to interpret and is not clinically relevant: in fact, its concentrations will be high following a sampling performed during the release phase, vice versa reduced if the sampling is performed in the interval of time between two release phases.   Therefore, stimulation and growth hormone suppression tests are preferentially used, in order to detect alterations in GH production. These tests are interpreted at the same time as the patient’s signs and symptoms, as well as the concentrations of insulin-like growth factor-1 (IGF-1) and the proteins to which it binds (insulin-like growth factor binding proteins, IGF-BP).      GH deficiency Some children have GH deficiency since birth (congenital), while others may develop it following brain damage or tumors. These conditions can alter the normal functioning of the pituitary gland, resulting in decreased pituitary hormone production (pituitary insufficiency or hypopituitarism). Sometimes, the cause of the deficiency is not known and is called “idiopathic”.  In adults, GH has an important role in regulating bone density, muscle mass, glucose levels and lipid metabolism, as well as influencing cardiac and renal function. GH deficiency can present in childhood or develop into adulthood following, for example, damage to the pituitary gland due to head trauma, brain tumors, surgery or radiotherapy treatments, resulting in decreased function of the pituitary gland (hypopituitarisExcess GH Excess GH is often due to the presence of GH-secreting (usually benign) pituitary tumors. Excess GH in children can cause long bone growth to continue beyond puberty, resulting in the development of a rare condition called gigantism (characterized by a height of more than two meters). Excess GH can additionally cause facial thickening, generalized weakness, delayed puberty, and headaches. GH-secreting pituitary tumors that reach large sizes can cause vision loss. In adults, however, excess GH can lead to acromegaly, characterized not by the elongation of bones but by their thickening. In the early stages of this pathology, symptoms such as thickening of the skin, sweating, fatigue, headaches and joint pain may appear, followed by enlargement of the extremities, thickening of the facial bones, the appearance of carpal tunnel syndrome and abnormal enlargement of the internal organs. Excess GH can additionally lead to skin changes and the development of intestinal polyps. GH-secreting pituitary tumors can be surgically removed and/or treated with drugs or radiation. In most cases, these treatments cause a decrease in GH and IGF-1 levels, which return (or almost) to normal levels. If left untreated, both gigantism and acromegaly can lead to the development of complications, such as type 2 diabetes, increased risk of cardiovascular disease, hypertension, arthritis, and, in general, decreased average lifespan.m).    

HIV 1-2 (Anticorpi)

Una descrizione della storia dell’HIV e dell’AIDS, delle modalità di trasmissione, delle possibili terapie (pre-esposizione, post-esposizione e come prevenzione), degli obiettivi mondiali più recenti del Programma delle Nazioni Unite sull’HIV/AIDS (UNAIDS) e della organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), i dati epidemiologici di circolazione (mondo, Europa, Italia) si trovano su questo sito, nella sezione approfondimenti HIV e AIDS: inquadramento generale e novità.

IL VIRUS

Il virus HIV appartiene alla famiglia Retroviridae, dotata di un meccanismo replicativo unico, che, grazie ad uno specifico enzima (trascrittasi inversa), rende i Retrovirus in grado di trasformare il proprio patrimonio genetico a RNA in un doppio filamento di DNA, che va ad integrarsi nel DNA della cellula infettata: è questo infatti il motivo che non permette di eradicare l’infezione. Esistono due tipi di virus dell’HIV, il tipo 1 e il tipo 2. L’HIV-1 causa circa il 95%e delle infezioni nel mondo, mentre l’HIV-2 ha una più alta prevalenza in alcune regioni dell’Africa occidentale, ha una minore trasmissibilità e progredisce verso l’AIDS più lentamente. HIV-1 presenta 3 gruppi principali: M è il più diffuso; O ed N sono di più recente identificazione e diffusi prevalentemente in Africa.

LE MANIFESTAZIONI CLINICHE

L’infezione acuta da HIV si manifesta, entro 1-3 settimane dal contagio nel 50-70% dei casi, con sintomi simili all’influenza o alla mononucleosi (febbre, mal di gola, artromialgie, astenia, rigonfiamento dei linfonodi, manifestazioni cutanee maculo papulari, ecc) che si risolvono spontaneamente dopo 1-2 settimane. Nel resto dei casi l’infezione può risultare asintomatica e mantenersi tale per molti anni. Durante le prime settimane successive all’infezione, il virus infetta i linfociti T, in particolare i CD4, fondamentali nella risposta contro svariati tipi di agenti patogeni e oncogeni ed inizia a replicare, dopo essersi integrato nel DNA delle cellule suscettibili, producendo numerose particelle virali ed infettando altri linfociti T, che vengono uccisi. In tal modo il virus riduce progressivamente le difese immunitarie, inducendo pertanto patologie correlate all’immunodeficienza (cosiddette infezioni opportunistiche minori, provocate da agenti patogeni che normalmente non causano patologie nelle persone sane). Se l’infezione non viene trattata precocemente, lo stadio AIDS si raggiunge rapidamente quando il numero e la funzionalità dei linfociti T, ed in particolare dei CD4, si sono ridotti drasticamente (< 200 cellule/ml). L’AIDS è una sindrome caratterizzata dalla comparsa di infezioni opportunistiche maggiori (polmonite da Pneumocystiscarinii, toxoplasmosi cerebrale, tubercolosi, criptococcosi, candidosi orofaringea, retinite o polmonite da Citomegalovirus,ecc) e neoplasie (sarcoma di Kaposi, linfomi, tumori genitali).

Oggi l’infezione da HIV, se diagnosticata e trattata precocemente, è ormai considerata, grazie alla scoperta di nuovi farmaci ad azione anti-retrovirale (ART), un’infezione cronica con un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale, che permette di realizzare progetti di vita personali, lavorativi e familiari, compreso quello di diventare genitori. Dettagli sulla terapia si trovano nelle domande frequenti di questa revisione e nella sezione approfondimenti HIV e AIDS” di questo sito.

IL TEST DI SCREENING

Ciò che deve spingere una persona ad effettuare il test non è la presenza di sintomi, che possono non comparire, bensì la consapevolezza di aver avuto comportamenti a rischio. L’unico modo per sapere se il contagio è avvenuto è quello di sottoporsi ad un test HIV.

La diagnosi precoce dell’infezione da HIV è importante perché:

  • Permette di trattare tempestivamente l’infezione e quindi di ritardare di molti anni la progressione verso l’AIDS
  • Permette all’individuo infetto di informare i partner e di mettere in atto tutti i comportamenti volti alla riduzione della probabilità di trasmettere ad altri l’infezione, in primo luogo l’uso delle protezioni sessuali e la terapia ART
  • Permette alle donne in gravidanza di sottoporsi a terapie protettive nei confronti del nascituro, che diminuiscono drasticamente le probabilità di infezione prenatale, prevedendo eventualmente anche il parto cesareo.

E’ importante sottolineare che, fra il momento del contagio e la possibilità di diagnosi, intercorre un intervallo di tempo, il cosiddetto “periodo finestra”, che comprende alcuni giorni di “eclissi” (stimato in media 10 giorni). in cui nessun test è in grado di rilevare l’infezione, ed un periodo, che non ha una durata fissa, ma dipende dal tipo di test effettuato, dalla tipologia del rischio e dalla risposta della persona. Per primo compare nel circolo ematico l’acido nucleico virale (HIV RNA), rilevabile circa 12 giorni dopo l’esposizione, mediante amplificazione genica, e pochi giorni dopo l’antigene p24, una proteina verso la quale vengono prodotti anticorpi, che diventano misurabili entro 2-8 settimane (a seconda del test utilizzato) .

Esistono da alcuni anni test combinati (4° generazione), effettuabili sia su siero (ottenuto da sangue venoso) che su sangue capillare, che misurano oltre agli anticorpi anche l’antigene p24, diventano positivi entro 15-30 giorni (mediana 18 giorni), circa 15-45 giorni prima dei test di 3° generazione, oggi non più utilizzati in quanto non sono in grado di rilevare l’antigene p24. In caso di infezione recente, anche se la persona è ancora negativa al test per gli anticorpi, potrebbe essere in grado di trasmettere l’infezione, in quanto positiva sia per HIV RNA che per antigene p24. Per questo motivo è importante effettuare il test combinato dopo un comportamento a rischio. Quando poi cominciala produzione di anticorpi diretti contro il virus, si realizza una diminuzione dei livelli ematici sia di acido nucleico virale (dopo 20 giorni) che di antigene p24 (dopo 30 giorni circa).  Ogni Laboratorio ed ogni Organizzazione di Volontariato (ODV) dovrebbe conoscere le performance dei test che utilizza ed informarne dettagliatamente sia i Medici richiedenti che l’utente, indicando anche eventualmente la necessità di effettuare ulteriori test di approfondimento.

Nel 2019 WHO (1) ha introdotto il termine “HIV testing services” (HTS), per descrivere tutti i servizi che devono essere forniti insieme al test: counselling pretest (informazioni sul test e significato del risultato, tempistica e tipologia del rischio) e post-test (eventuale necessità di test di conferma, prevenzione della trasmissione ad altri, comunicazione ai partner, avvio diretto ai centri per la terapia, ecc.). Il counselling è anche un componente essenziale delle strategie preventive per le Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST), che possono portare a conoscere meglio la possibilità dell’uso di molteplici mezzi di protezione. In sintesi, HTS prevedono il rispetto delle 5 C: Consenso, Confidenzialità, Counselling, Correttezza del risultato e Connessione alla cura.  In Italia, la Conferenza Stato Regioni del 2011 (2) e il Piano nazionale di interventi contro HIV e AIDS (PNAIDS) 2017-2019 (3) hanno delineato il percorso per conseguire gli obiettivi indicati come prioritari dalle agenzie internazionali (UNAIDS, WHO), potenziando a livello territoriale ambulatori/punti prelievo/centri IST per l’offerta del test volontario, anonimo e gratuito, anche senza necessità di prescrizione medica. Il test combinato in automazione è eseguibile in tutti i centri diagnostico-clinici presenti al sito uniticontrolaids.it, con le indicazioni relative all’orario e alle modalità di prenotazione.

A description of the history of HIV and AIDS, modes of transmission, possible therapies (pre-exposure, post-exposure and as prevention), the most recent worldwide goals of the United Nations Programme on HIV/AIDS (UNAIDS) and the World Health Organization (WHO), epidemiological circulation data (world, Europe, Italy) can be found on this site, in the section on HIV and AIDS insights: general overview and news.

THE VIRUS

The HIV virus belongs to the Retroviridae family, equipped with a unique replicative mechanism, which, thanks to a specific enzyme (reverse transcriptase), makes Retroviruses capable of transforming their RNA genetic heritage into a double strand of DNA, which integrates into the DNA of the infected cell: this is in fact the reason that does not allow the infection to be eradicated. There are two types of HIV virus, type 1 and type 2. HIV-1 causes about 95 per cent and infections worldwide, while HIV-2 has a higher prevalence in some regions of West Africa, has lower transmissibility and progresses to AIDS more slowly. HIV-1 has 3 main groups: M is the most widespread; O and N are more recently identified and widespread mainly in Africa.

CLINICAL MANIFESTATIONS

Acute HIV infection occurs, within 1-3 weeks of infection in 50-70% of cases, with symptoms similar to influenza or mononucleosis (fever, sore throat, arthromyalgia, asthenia, swollen lymph nodes, maculo papular skin manifestations, etc.) which resolve spontaneously after 1-2 weeks. In the rest of the cases, the infection may be asymptomatic and remain so for many years. During the first weeks following infection, the virus infects T lymphocytes, in particular CD4, which are fundamental in the response against various types of pathogens and oncogenes and begins to replicate, after integrating into the DNA of susceptible cells, producing numerous viral particles and infecting other T lymphocytes, which are killed. Thereby, the virus progressively reduces immune defenses, thereby inducing immunodeficiency-related pathologies (so-called minor opportunistic infections, caused by pathogens that do not normally cause pathologies in healthy people). If the infection is not treated early, the AIDS stage is reached rapidly when the number and function of T lymphocytes, and in particular CD4, have been drastically reduced (< 200 cells/ml). AIDS is a syndrome characterized by the appearance of major opportunistic infections (Pneumocystiscarinii pneumonia, cerebral toxoplasmosis, tuberculosis, cryptococcosis, oropharyngeal candidiasis, retinitis or Cytomegalovirus pneumonia, etc) and neoplasms (Kaposi’s sarcoma, lymphomas, genital tumors).           

THE SCREENING TEST

What must push a person to carry out the test is not the presence of symptoms, which may not appear, but rather the awareness of having had risky behaviors. The only way to know if the infection has occurred is to get an HIV test.

Early detection of HIV infection is important because:

It makes it possible to treat the infection promptly and thus to delay the progression to AIDS for many years
It allows the infected individual to inform partners and to carry out all behaviors aimed at the reduction of the probability of transmitting the infection to others, primarily the use of sexual protection and ART therapy
It allows pregnant women to undergo protective therapies against the unborn child, which drastically reduce the chances of prenatal infection, possibly also involving cesarean section.

E’ it is important to point out that, between the moment of infection and the possibility of diagnosis, there is a time interval, the so-called “window period”, which includes a few days of “eclipse” (estimated on average 10 days) in which no test is able to detect the infection, and a period, which has no fixed duration, but depends on the type of test carried out, from the type of risk and the person’s response. Viral nucleic acid (HIV RNA) appears first in the bloodstream, detectable approximately 12 days after exposure, by gene amplification, and a few days after p24 antigen, a protein towards which antibodies are produced, which become measurable within 2-8 weeks (depending on the test used) .  

There have been combined tests (4° generation) for some years, which can be carried out both on serum (obtained from venous blood) and on capillary blood, which in addition to antibodies also measure the p24 antigen, become positive within 15-30 days (median 18 days), approximately 15-45 days before the 3° generation tests, no longer used today as they are unable to detect the p24 antigen. In case of recent infection, even if the person is still negative on the antibody test, they may be able to transmit the infection, as it is positive for both HIV RNA and p24 antigen. For this reason it is important to carry out the combined test after risky behavior. When the production of antibodies directed against the virus begins, a decrease in blood levels of both viral nucleic acid (after 20 days) and p24 antigen (after approximately 30 days) occurs.  Each Laboratory and each Volunteer Organization (ODV) should know the performance of the tests it uses and inform both the requesting Doctors and the user in detail, also possibly indicating the need to carry out further in-depth tests.  In 2019 WHO (1) introduced the term “HIV testing services” (HTS), to describe all the services that must be provided together with the test: counseling pretest (information on the test and meaning of the result, timing and type of risk) and post-test (possible need for confirmatory testing, prevention of transmission to others, communication to partners, direct start-up to centres for therapy, etc). Counseling is also an essential component of preventive strategies for Sexually Transmitted Infections (STIs), which can lead to knowing more about the possibility of the use of multiple means of protection. In summary, HTS provide compliance with the 5 Cs: Consent, Confidentiality, Counseling, Correctness of the result and Connection to care.  In Italy, the 2011 State Regions Conference (2) and the National Plan of Interventions against HIV and AIDS (PNAIDS) 2017-2019 (3) outlined the path to achieve the objectives indicated as priorities by the international agencies (UNAIDS, WHO), strengthening clinics/collection points/STI centers at a territorial level for the offer of voluntary, anonymous and free testing, even without the need for a medical prescription. The combined automation test can be carried out in all the diagnostic-clinical centers on the uniticontrolaids.it website, with indications relating to the time and booking methods.

HOMA-IR (Resistenza Insulina)

L’HOMA-IR (Homeostatic Model Assessment of Insulin Resistance) è un parametro che esprime quanta insulina serve per controllare la glicemia. Alti valori di HOMA-IR indicano che per mantenere l’euglicemia il pancreas deve produrre molta insulina, perché le cellule sono resistenti all’azione di questo ormone.  Viceversa, bassi valori di HOMA-IR indicano che le cellule sono molto sensibili all’azione dell’insulina, perciò ne basta poca per far entrare il glucosio al loro interno e mantenere la glicemia ai valori normali.                                                                                                                                    L’HOMA-IR serve a valutare la resistenza all’insulina:  Un HOMA-IR basso significa che il corpo è sensibile all’insulina ed è in grado di gestire la glicemia.  Un HOMA-IR alto indica che il corpo è resistente all’insulina e potrebbe non essere in grado di gestire efficacemente i livelli di glicemia.

HOMA-IR (Homeostatic Model Assessment of Insulin Resistance) is a parameter that expresses how much insulin is needed to control blood glucose.  High HOMA-IR values indicate that to maintain euglycemia the pancreas must produce a lot of insulin, because the cells are resistant to the action of this hormone. Conversely, low HOMA-IR values indicate that cells are very sensitive to the action of insulin, so little is needed to get glucose inside them and keep blood sugar levels at normal values.                                                                                                                                                                             What is it for HOMA-IR serves to assess insulin resistance: A low HOMA-IR means that the body is sensitive to insulin and is able to manage blood glucose. A high HOMA-IR indicates that the body is resistant to insulin and may not be able to effectively manage blood sugar levels.

I

IDROSSIPROGESTERONE 17-OH

Questo test misura la quantità di 17-idrossiprogesterone (17-OHP) nel sangue. Il 17-OHP è un ormone steroideo, precursore del cortisolo. La misura del 17-OHP è utile nella rilevazione e nel monitoraggio dell’iperplasia surrenale congenita (sindrome surreno-genitale, CAH), una condizione ereditaria che determina la diminuzione di cortisolo e aldosterone e l’aumento della produzione degli ormoni sessuali maschili (androgeni).  Il 17-OHP deriva dal colesterolo. Non si tratta di un ormone nella forma attiva ma di un precursore ormonale.  Il cortisolo è un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali. È necessario per la degradazione delle proteine, del glucosio e dei lipidi, mantiene costante la pressione sanguigna e regola il sistema immunitario. Le ghiandole surrenali producono anche altri ormoni steroidei, come l’aldosterone, necessario nella regolazione del sodio e del potassio nel sangue e della pressione sanguigna, e gli androgeni, sostanze che, come il testosterone, tra le altre cose, sono responsabili dello sviluppo dei caratteri sessuali secondari maschili.   Per completare la produzione di cortisolo sono necessari numerosi enzimi. Se uno o più degli enzimi necessari è insufficiente o mal funzionante, i livelli di cortisolo prodotti risultano inadeguati e i precursori del cortisolo, come il 17-OHP, si accumulano nel sangue. Di conseguenza si ha lo sviluppo della CAH.
La causa più frequente (circa il 90% dei casi) della CAH è la perdita totale o parziale dell’enzima 21-idrossilasi.  I bassi livelli di cortisolo stimolano la produzione, ad opera della ghiandola pituitaria (ipofisi), dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH), responsabile dell’accrescimento del surrene (iperplasia surrenale). L’aumento delle dimensioni e dell’attività del surrene tuttavia non determina un aumento della produzione di cortisolo;  vi è però un accumulo dei precursori, come il 17-OHP. Per questo motivo l’aumento del 17-OHP può essere utile nella diagnosi di CAH.  La CAH rappresenta un gruppo di patologie causate dalla mutazione di uno specifico gene e associate alla carenza degli enzimi correlati al cortisolo. Circa il 90% dei casi di CAH è dovuta a mutazioni presenti nel gene della 21-idrossilasi (noti anche come CYP-21 o P450c1 o CYP21A2) e può essere rilevata grazie all’accumulo di 17-OHP nel sangue. La malattia è manifesta nel caso in cui entrambi i geni, sia quello di origine materna che paterna, presentano una mutazione in grado di diminuire o inibire totalmente l’attività enzimatica dell’enzima codificato dal gene mutato. I genitori di pazienti affetti possono pertanto essere portatori asintomatici.

La CAH è ereditaria sia nella forma lieve che nella forma più grave.    Nella forma più grave di CAH, i bambini possono nascere con gravi deficit di aldosterone e cortisolo, e necessitare di attenzioni mediche. Queste forme più gravi possono essere rilevate durante gli screening neonatali o anche durante l’infanzia. Se non rilevate, possono causare fin dalla prima infanzia segni e sintomi come vomito, svogliatezza, perdita di energie (letargia), inappetenza, difetti della crescita, disidratazione e abbassamenti della pressione, in particolare in caso di episodi di malessere.
Nelle bambine l’eccesso di androgeni può portare a virilizzazione, ossia allo sviluppo di caratteristiche sessuali maschili. Possono avere organi sessuali non ben definiti (genitali ambigui) con conseguente difficoltà nell’attribuzione del sesso. Possono inoltre avere una crescita eccessiva di peluria in faccia e nel corpo (irsutismo), altri segni di virilizzazione e, durante l’adolescenza, ciclo mestruale irregolare. I maschi affetti da forme gravi di CAH invece, appaiono normali alla nascita ma possono sviluppare prematuramente i caratteri sessuali maschili secondari ed avere problemi di fertilità.     Nelle più frequenti forme lievi di CAH, può esserci solo un deficit parziale della 21-idrossilasi. In queste forme, dette anche tardive o non classiche, i sintomi possono risultare evidenti sia a partire dall’infanzia, che dall’adolescenza o dall’età adulta. I sintomi possono essere di varia natura, svilupparsi lentamente e variare da persona a persona. Nonostante queste forme non siano pericolose per la vita, possono causare problemi della crescita, sviluppo e pubertà nei bambini e possono essere causa di infertilità nell’adulto.

This test measures the amount of 17-hydroxyprogesterone (17-OHP) in the blood. 17-OHP is a steroid hormone, precursor of cortisol. The 17-OHP measure is useful in the detection and monitoring of congenital adrenal hyperplasia (adrenogenital syndrome, CAH), an inherited condition that results in decreased cortisol and aldosterone and increased production of male sex hormones (androgens).  17-OHP comes from cholesterol. It is not a hormone in the active form but a hormonal precursor.  Cortisol is a hormone produced by the adrenal glands. It is necessary for the degradation of proteins, glucose and lipids, keeps blood pressure constant and regulates the immune system. The adrenal glands also produce other steroid hormones, such as aldosterone, which is necessary in the regulation of sodium and potassium in the blood and blood pressure, and androgens, substances that, like testosterone, among other things, are responsible for the development of male secondary sexual characteristics.   A number of enzymes are required to complete cortisol production. If one or more of the necessary enzymes is insufficient or malfunctioning, the levels of cortisol produced are inadequate and cortisol precursors, such as 17-OHP, accumulate in the blood. Consequently, the development of the CAH occurs.
The most frequent cause (about 90% of cases) of CAH is total or partial loss of the enzyme 21-hydroxylase.  Low cortisol levels stimulate the production, by the pituitary gland (pituitary gland), of the adrenocorticotropic hormone (ACTH), responsible for the growth of the adrenal gland (adrenal hyperplasia). However, the increase in the size and activity of the adrenal gland does not lead to an increase in the production of cortisol; however, there is an accumulation of precursors, such as 17-OHP. For this reason, the increase in 17-OHP may be useful in the diagnosis of CAH.  CAH represents a group of pathologies caused by the mutation of a specific gene and associated with the deficiency of cortisol-related enzymes. Approximately 90% of CAH cases are due to mutations present in the 21-hydroxylase gene (also known as CYP-21 or P450c1 or CYP21A2) and can be detected due to the accumulation of 17-OHP in the blood. The disease is manifest in the case where both genes, both those of maternal and paternal origin, have a mutation capable of totally decreasing or inhibiting the enzymatic activity of the enzyme encoded by the mutated gene. Parents of affected patients may therefore be asymptomatic carriers.    CAH is hereditary in both mild and more severe forms.    In the most severe form of CAH, babies can be born with severe aldosterone and cortisol deficiency, and need medical attention. These more severe forms can be detected during newborn screenings or even in childhood. If left undetected, they can cause signs and symptoms such as vomiting, listlessness, loss of energy (lethargy), loss of appetite, growth defects, dehydration and low blood pressure from early childhood, particularly in the case of episodes of malaise.
In female children, excess androgens can lead to virilization, that is, the development of male sexual characteristics. They may have ill-defined sexual organs (ambiguous genitalia) resulting in difficulty in sex attribution. They may also have excessive hair growth in the face and body (hirsutism), other signs of virilization, and, during adolescence, an irregular menstrual cycle. Males suffering from severe forms of CAH, however, appear normal at birth but can develop secondary male sexual characteristics prematurely and have fertility problems.     In the more frequent mild forms of CAH, there may be only partial 21-hydroxylase deficiency. In these forms, also called late or non-classical, symptoms can be evident both from childhood, adolescence or adulthood. Symptoms can be of various kinds, develop slowly and vary from person to person. Despite the fact that these forms are not life-threatening, they can cause problems with growth, development and puberty in children and can cause infertility in adults.

IDROSSIPROLINA 24h

L’idrossiprolina è un aminoacido costituente (14%) la struttura del collagene dei vari tessuti e dell’ osso. L’escrezione dell’ idrossiprolina è un indice del metabolismo del collagene. Un aumento dei valori di idrossiprolina urinaria può essere osservato nel morbo di Paget, in caso di osteoporosi ed osteomalacia, displasia ossea fibrosa, neoplasie ossee primitive e secondarie, ipertiroidismo, fratture ecc. Una diminuzione dei valori normali di idrossiprolina urinaria, invece, può essere osservato in caso di ipotiroidismo, ipopituitarismo e ipoparatiroidismo.

Hydroxyproline is an amino acid constituting (14%) the collagen structure of various tissues and bone. The excretion of hydroxyproline is an index of collagen metabolism. An increase in urinary hydroxyproline values can be observed in Paget’s disease, in case of osteoporosis and osteomalacia, fibrous bone dysplasia, primary and secondary bone neoplasms, hyperthyroidism, fractures, etc. A decrease in normal urinary hydroxyproline values, however, can be observed in cases of hypothyroidism, hypopituitarism and hypoparathyroidism.

IgE SPECIFICHE (RAST) per Inalanti – Alimenti

Le immunoglobuline E (IgE) sono una classe di immunoglobuline associate a reazioni allergiche. Normalmente sono presenti nel circolo ematico in concentrazioni molto basse. Questo test misura la concentrazione ematica di IgE allergene-specifiche per individuare un’allergia ad uno specifico allergene.    Le IgE sono anticorpi che fanno parte del sistema immunitario e che difendono l’organismo dagli “agenti estranei”. Vengono sintetizzate quando un soggetto geneticamente predisposto è esposto per la prima volta ad un potenziale allergene, come cibo, erba o forfora animale. L’organismo percepisce il potenziale allergene come una minaccia e sintetizza specifiche IgE che si legano alle mastocellule presenti nella pelle, nel tratto respiratorio e gastrointestinale e ai basofili (un tipo di globulo bianco) presenti nel circolo sanguigno.  Alla successiva esposizione, gli anticorpi IgE legati alle cellule riconoscono l’antigene e provocano il  rilascio di istamina ed altre sostanze ad opera delle mastocellule e dei basofili, provocando una reazione allergica al livello del tessuto nel quale è avvenuta l’esposizione all’antigene.   Il test delle IgE totali, corrisponde alla misura di tutte le IgE presenti nel circolo ematico, mentre la misura delle IgE specifiche corrisponde alla misura delle IgE in grado di riconoscere uno specifico antigene. Ogni allergene richiede un esame dedicato e le determinazioni possono essere molto
specifiche: esse riescono a distinguere tra ape o calabrone, albume o tuorlo, ambrosia gigante o occidentale. Si possono raggruppare i vari allergeni in pannelli alimentari, di gramigne, erbe regionali o muffe. Altrimenti il clinico può testare in maniera selettiva scegliendo da una lunga lista di allergeni che si sospettino essere la causa della reazione allergica.  Il metodo tradizionalmente usato per questo tipo di test effettuato su sangue è il RAST (radioallergosorbent test) ma questo è stato largamente sostituito da un nuovo test immunoenzimatico IgE-specifico. Alcuni clinici continuano a fare riferimento al test RAST, nonostante questo non sia più utilizzato dal laboratorio.

Immunoglobulins E (IgE) are a class of immunoglobulins associated with allergic reactions. They are normally present in the bloodstream in very low concentrations. This test measures the blood concentration of allergen-specific IgE to detect an allergy to a specific allergen.    IgE are antibodies that are part of the immune system and that defend the body against “foreign agents”. They are synthesized when a genetically predisposed subject is exposed for the first time to a potential allergen, such as food, grass or animal dandruff. The body perceives the potential allergen as a threat and synthesizes specific IgE that binds to mast cells found in the skin, respiratory and gastrointestinal tract, and basophils (a type of white blood cell) found in the bloodstream.  Upon subsequent exposure, IgE antibodies bound to the cells recognize the antigen and cause the release of histamine and other substances by mast cells and basophils, causing an allergic reaction to the level of the tissue in which the antigen exposure occurred.  The total IgE test corresponds to the measurement of all IgE present in the bloodstream, while the measurement of specific IgE corresponds to the measurement of IgE capable of recognizing a specific antigen. Each allergen requires a dedicated examination and determinations can be a lot
specifications: they can distinguish between bee or bumblebee, egg white or yolk, giant or western ragweed. The various allergens can be grouped into food, weed, regional herb or mold panels. Otherwise the clinician can selectively test by choosing from a long list of allergens that are suspected to be the cause of the allergic reaction.  The method traditionally used for this type of blood test is the RAST (radioallergosorbent test) but this has been largely replaced by a new IgE-specific enzyme immunoassay. Some clinicians continue to refer to the RAST test, even though it is no longer used by the laboratory.

IgE TOTALI (PRIST)

Le Immunoglobuline E (IgE) sono anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta a uno stimolo percepito come una minaccia. Corrispondono ad una delle cinque classi di immunoglobuline (G, A, M, D ed E) e sono normalmente presenti nel circolo ematico in concentrazioni molto basse. Questo esame misura la concentrazione di IgE nel sangue.  Le immunoglobuline sono proteine fondamentali per il corretto funzionamento del sistema immunitario dell’organismo. Sono prodotte da specifiche cellule immunitarie chiamate plasmacellule ed attaccano batteri, virus, altri microrganismi e sostanze riconosciute come ”estranee” e potenzialmente dannose dal sistema immunitario.  La produzione di IgE può comportare la manifestazione di reazioni allergiche come l’asma, ma è anche implicata nella risposta immunitaria contro i parassiti. Nei soggetti allergici l’organismo reagisce in modo esagerato ad una o più sostanze presenti nell’ambiente, chiamate allergeni, che negli altri individui possono non causare alcuna reazione. L’allergia può svilupparsi in seguito all’esposizione ad una sostanza come i pollini, le noccioline, le uova, le fragole, il veleno delle api e centinaia di altre.  Nel corso della prima esposizione, chiamata sensibilizzazione, il soggetto allergico produce le IgE specifiche dirette contro l’allergene. Le IgE prodotte legano dei globuli bianchi specializzati provocando, nel corso delle successive esposizioni, il rilascio di alcune sostanze, tra cui l’istamina. Nelle persone allergiche/asmatiche queste sostanze possono provocare costrizione dei bronchi polmonari o anche altre reazioni tra cui naso che cola, prurito agli occhi e alla pelle.   Tutte le volte che il soggetto allergico viene esposto agli allergeni per i quali si è sensibilizzato durante la prima esposizione, le IgE vengono prodotte rapidamente, aumentando fino a scatenare la reazione allergica. La gravità della reazione e i sintomi ad essa associati possono variare da un arrossamento localizzato e prurito alla pelle fino all’insufficienza respiratoria, il vomito, la diarrea e, in alcuni casi, lo shock anafilattico, pericoloso per la vita. La gravità della reazione varia da persona a persona, da episodio a episodio e può peggiorare nel tempo.L’esame delle IgE totali misura la quantità di immunoglobuline E nel sangue, non la concentrazione di un tipo specifico di IgE. E’ utile per valutare la presenza di una reazione allergica, senza specificarne la tipologia. Per avere informazioni più complete, questo esame dovrebbe essere accompagnato da test allergologici in grado di rilevare le IgE dirette verso specifici antigeni.

Immunoglobulin E (IgE) are antibodies produced by the immune system in response to a stimulus perceived as a threat. They correspond to one of the five classes of immunoglobulins (G, A, M, D and E) and are normally present in the bloodstream in very low concentrations. This test measures the concentration of IgE in the blood.  Immunoglobulins are proteins that are critical for the proper functioning of the body’s immune system. They are produced by specific immune cells called plasma cells and attack bacteria, viruses, other microorganisms and substances recognized as ”foreign” and potentially harmful by the immune system.  IgE production may involve the manifestation of allergic reactions such as asthma, but it is also implicated in the immune response against parasites. In allergy sufferers, the body overreacts to one or more substances in the environment, called allergens, which in other individuals may not cause any reaction. Allergy can develop following exposure to a substance such as pollen, peanuts, eggs, strawberries, bee venom and hundreds of others.  During the first exposure, called sensitization, the allergic subject produces the specific IgE directed against the allergen. The IgE produced binds specialized white blood cells, causing, during subsequent exposures, the release of some substances, including histamine. In allergic/asthmatic people these substances can cause constriction of the pulmonary bronchi or even other reactions including runny nose, itchy eyes and skin.    Every time the allergic subject is exposed to allergens for which he became sensitized during the first exposure, IgE is produced rapidly, increasing to the point of triggering the allergic reaction. The severity of the reaction and its associated symptoms can range from localized redness and itching of the skin to respiratory failure, vomiting, diarrhea, and in some cases, life-threatening anaphylactic shock. The severity of the reaction varies from person to person, episode to episode, and may worsen over time. The total IgE test measures the amount of immunoglobulin E in the blood, not the concentration of a specific type of IgE. E’ useful for evaluating the presence of an allergic reaction, without specifying the type. For more complete information, this test should be accompanied by allergy tests capable of detecting IgE directed towards specific antigens.

IMMUNOCOMPLESSI CIRCOLANTI (ICC o CIC)
Gli immunocomplessi circolanti sono combinazioni di antigene e anticorpo che si formano nel sangue durante la risposta immunitaria. Normalmente vengono eliminati dal sistema immunitario, ma se la loro rimozione è insufficiente o avviene in eccesso, possono depositarsi nei tessuti, attivare il sistema del complemento e causare infiammazione e danni. Sono spesso associati a malattie autoimmuni come il lupus e l’artrite reumatoide, ma possono anche essere presenti in condizioni fisiologiche o a causa di infezioni.  Sono molecole formate dal legame di antigeni (come virali, batterici o tumorali) con anticorpi specifici. La loro presenza è un fenomeno fisiologico della risposta immunitaria, ma un accumulo può diventare patologico.  Normalmente, vengono rimossi dal sistema immunitario (in particolare dai macrofagi). Se non vengono eliminati, si depositano nei tessuti, attivando la cascata del complemento. Questa attivazione provoca infiammazione e può causare danni tissutali in organi come i reni, la cute e i vasi sanguigni. In quali condizioni si trovano Malattie autoimmuni: Lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, vasculiti.  Infezioni: Batteriche, virali o parassitarie. Cancro:  Condizioni fisiologiche: In alcune condizioni normali come la gravidanza o dopo pasti abbondanti. Cosa significa la loro presenza : La presenza di immunocomplessi circolanti di per sé non è un segno sicuro di malattia. La loro significatività dipende dalla persistenza nel tempo e deve essere interpretata insieme ad altri esami (come il dosaggio del complemento e degli autoanticorpi) e alla sintomatologia clinica. 
Circulating immune complexes are combinations of antigen and antibody that form in the blood during the immune response. They are normally eliminated by the immune system, but if their removal is insufficient or occurs in excess, they can settle in the tissues, activate the complement system and cause inflammation and damage. They are often associated with autoimmune diseases such as lupus and rheumatoid arthritis, but can also be present in physiological conditions or due to infections.  They are molecules formed by the binding of antigens (such as viral, bacterial or tumor) with specific antibodies. Their presence is a physiological phenomenon of the immune response, but an accumulation can become pathological.  Normally, they are removed by the immune system (particularly macrophages). If they are not eliminated, they are deposited in the tissues, activating the complement cascade. This activation causes inflammation and can cause tissue damage in organs such as the kidneys, skin and blood vessels. Under what conditions are autoimmune diseases found: Systemic lupus erythematosus, rheumatoid arthritis, vasculitis.  Infections: Bacterial, viral or parasitic. Cancer: Physiological conditions: In some normal conditions such as pregnancy or after large meals. What their presence means – The presence of circulating immune complexes itself is not a sure sign of disease. Their significance depends on persistence over time and must be interpreted together with other tests (such as complement and autoantibody dosage) and clinical symptoms. 
IMMUNOFISSAZIONE

Le immunoglobuline sono molecole formate da 4 unità: due catene pesanti e due catene leggere. Le catene leggere sono di due tipi kappa e lambda. L’immunofissazione, è un metodo usato per identificare quale classe di immunoglobuline (IgA, IgG, IgM, ) e il tipo di catena kappa e lambda, caratterizzano le bande anomale evidenziate dall’elettroforesi .Viene richiesto quale test di approfondimento quando l’elettroforesi proteica evidenzia gammapatie (cioè aumento di immunoglobuline) che si verificano in caso di mieloma multiplo, linfoma, morbo di Waldestrom e crioglobulinemia.

Immunoglobulins are molecules made up of 4 units: two heavy chains and two light chains. Light chains are of two types kappa and lambda. Immunofixation, is a method used to identify which class of immunoglobulins (IgA, IgG, IgM, ) and the type of kappa and lambda chain, characterize the abnormal bands evidenced by electrophoresis .It is required as an in-depth test when protein electrophoresis shows gammapathies (i.e. increased immunoglobulins) that occur in cases of multiple myeloma, lymphoma, Waldestrom’s disease and cryoglobulinemia.

IMMUNOFISSAZIONE URINARIA
L’immunofissazione urinaria è un test di laboratorio che identifica e quantifica specifiche proteine, chiamate immunoglobuline, nelle urine, per diagnosticare e monitorare patologie come il mieloma multiploIl test rileva la presenza di proteine monoclonali (prodotte da un singolo clone di cellule) e aiuta a distinguere la loro classe (IgG, IgA, IgM) e il tipo di catena leggera (kappa o lambda).Separazione delle proteine:   Le proteine nelle urine vengono separate in base alla loro carica elettrica.Incubazione con antisieri:   Il gel contenente le proteine viene incubato con diversi antisieri specifici che reagiscono con singole classi di immunoglobuline o catene leggere.Identificazione:   La presenza di un’alterazione viene confermata dalla formazione di un precipitato, che conferma la classe e il tipo di proteina anomala.A cosa serve : Diagnosi di malattie:È fondamentale per la diagnosi di patologie come il mieloma multiplo, la macroglobulinemia di Waldenström e le discrasie plasmacellulari.  Monitoraggio:Viene utilizzato per monitorare l’andamento di queste malattie nel tempo.  Screening:Può essere usato come test di screening perché offre risultati più rapidi rispetto ad altri esami.
Urinary immunofixation is a laboratory test that identifies and quantifies specific proteins, called immunoglobulins, in the urine to diagnose and monitor conditions such as multiple myeloma. The test detects the presence of monoclonal proteins (produced by a single clone of cells) and helps distinguish their class (IgG, IgA, IgM) and the type of light chain (kappa or lambda).  Protein Separation: Proteins in the urine are separated based on their electrical charge.  Incubation with antisera: The gel containing the proteins is incubated with several specific antisera that react with individual classes of immunoglobulins or light chains.  Identification: The presence of an alteration is confirmed by the formation of a precipitate, which confirms the class and type of abnormal protein.   What it is used for – Diagnosis of diseases: It is crucial for the diagnosis of conditions such as multiple myeloma, Waldenström macroglobulinemia and plasma cell dyscrasias.  Monitoring: It is used to monitor the progress of these diseases over time.  Screening: It can be used as a screening test because it offers faster results than other tests. 
IMMUNOGLOBULINE IgA

Le immunoglobuline sono una parte fondamentale del sistema immunitario. Sono proteine prodotte da specifiche cellule immunitarie, chiamate plasmacellule, in risposta a batteri, virus, microrganismi e altre sostanze riconosciute dall’organismo come antigeni estranei (“non- self”) e pericolosi. Questo esame misura la concentrazione delle immunoglobuline G, A ed M (IgG, IgA, IgM) nel sangue e, in alcune circostanze, nel liquor o nella saliva.   La prima volta in cui l’organismo viene infettato o entra in contatto con una sostanza estranea (antigene), il sistema immunitario riconosce il microrganismo o la sostanza come estranea (“non-self”) e stimola le plasmacellule a produrre le immunoglobuline specifiche, chiamate anticorpi, in grado di legarsi all’agente estraneo e neutralizzarlo. In caso di esposizioni successive, il sistema immunitario è in grado di ricordare l’antigene che ha incontrato e quindi di attivare una produzione più rapida degli anticorpi specifici; nel caso dei microrganismi, questo meccanismo di memoria aiuta a prevenire le re-infezioni.

Esistono cinque classi di immunoglobuline e molte sottoclassi. Ciascuna classe rappresenta un gruppo di immunoglobuline caratterizzate da ruoli leggermente differenti. Le classi di immunoglobuline sono:

  • Immunoglobuline M (IgM) – sono prodotte alla prima risposta dell’organismo ad una nuova infezione o ad un nuovo antigene estraneo, fornendo una protezione a breve termine. La concentrazione di IgM aumenta per alcune settimane e poi diminuisce quando inizia la produzione di IgG.
  • Immunoglobuline G (IgG) – rappresentano circa il 70-80% delle immunoglobuline del sangue. Gli anticorpi IgG sono prodotti durante la prima infezione o all’esposizione di antigeni estranei, aumentano dopo qualche settimana dal contatto, per poi diminuire e stabilizzarsi.
  • L’organismo mantiene la memoria delle diverse IgG, che possono quindi essere riprodotte ad ogni esposizione allo stesso antigene. Le IgG sono responsabili della protezione a lungo  termine contro i microrganismi. Nelle persone con un sistema immunitario normale, la produzione delle IgG è sufficiente a prevenire una nuova infezione. Il meccanismo immunitario alla base dei vaccini consiste quindi nel creare la memoria verso un microrganismo al quale il soggetto non è stato ancora esposto, esponendo la persona al microrganismo vivo ma attenuato o ad un antigene in grado di stimolare il riconoscimento del microrganismo. Le IgG sono le uniche immunoglobuline che possono passare attraverso la placenta. Le IgG della madre forniscono protezione al feto durante la gravidanza e al neonato durante il primo mese di vita. Esistono quattro sottoclassi di IgG: IgG1, IgG2, IgG3 e IgG4.
  • Immunoglobuline A (IgA) – le IgA costituiscono circa il 15 % delle immunoglobuline totali nel sangue ma sono presenti anche nella saliva, nelle lacrime, nelle secrezioni gastriche e respiratorie e nel latte materno. Le IgA forniscono pertanto una protezione contro le infezioni delle mucose (tratto respiratorio, alte e basse vie e tratto gastrointestinale, stomaco e intestino). Le IgA vengono trasmesse dalla madre al bambino tramite l’allattamento, fornendo così una protezione al tratto gastrointestinale del bambino. Le IgA vengono prodotte in quantità significativa solo a partire dal sesto mese di vita del bambino; perciò ogni IgA presente prima dei sei mesi nel sangue del neonato, deriva dal latte materno. Esistono due sottoclassi di IgA: IgA1 e IgA2.
  • Immunoglobulina D (IgD) – il ruolo delle IgD non è ancora stato ben definito e non vengono misurate in routine.
  • Immunoglobulina E (IgE) – Le IgE sono associate alle allergie, alle malattie allergiche e alle infezioni parassitarie. Sono spesso misurate come parte del pannello d’esami per le allergie, e di solito non fanno parte del test delle immunoglobuline quantitative.

Il test delle immunoglobuline quantitative misura la concentrazione totale delle classi di immunoglobuline IgG, IgA ed IgM senza distinzione tra le varie sottoclassi. Possono però essere eseguiti test ulteriori per misurare le sottoclassi o gli anticorpi specifici. Esistono diverse patologie in grado di determinare un aumento (ipergammaglobulinemia) o una diminuzione (ipogammaglobulinemia) nella produzione delle immunoglobuline. Alcune possono dare un eccesso o una carenza di tutte le immunoglobuline, mentre altre coinvolgono solo una classe. Alcune di queste malattie possono essere trasmesse da una generazione a quella successiva (ereditarie), altre sono invece acquisite.

Immunoglobulins are a key part of the immune system. They are proteins produced by specific immune cells, called plasma cells, in response to bacteria, viruses, microorganisms and other substances that are recognised by the body as foreign (“non-self”) and dangerous antigens. This test measures the concentration of immunoglobulins G, A and M (IgG, IgA, IgM) in the blood and, in some circumstances, in liquor or saliva.   The first time the body is infected or comes into contact with a foreign substance (antigen), the immune system recognizes the microorganism or substance as foreign (“non-self”) and stimulates plasma cells to produce the specific immunoglobulins, called antibodies, capable of binding to the foreign agent and neutralizing it. In case of subsequent exposures, the immune system is able to remember the antigen it has encountered and therefore activate faster production of the specific antibodies; in the case of microorganisms, this memory mechanism helps prevent re-infections.

There are five immunoglobulin classes and many subclasses. Each class represents a group of immunoglobulins characterized by slightly different roles. The immunoglobulin classes are:

Immunoglobulin M (IgM) – are produced upon the body’s first response to a new infection or a new foreign antigen, providing short-term protection. The IgM concentration increases for a few weeks and then decreases when IgG production begins.
Immunoglobulin G (IgG) – represents approximately 70-80% of blood immunoglobulins. IgG antibodies are produced during the first infection or at the exposure of foreign antigens, they increase a few weeks after contact, and then decrease and stabilize.
The body maintains the memory of different IgGs, which can then be reproduced with each exposure to the same antigen. IgG is responsible for long-term protection against microorganisms. In people with a normal immune system, IgG production is sufficient to prevent a new infection. The immune mechanism underlying vaccines therefore consists in creating memory towards a microorganism to which the subject has not yet been exposed, exposing the person to the live but attenuated microorganism or to an antigen capable of stimulating the recognition of the microorganism. IgG is the only immunoglobulin that can pass through the placenta. The mother’s IgG provides protection to the fetus during pregnancy and to the newborn during the first month of life. There are four subclasses of IgG: IgG1, IgG2, IgG3 and IgG4.  Immunoglobulin A (IgA) – IgA constitutes approximately 15 wt. % of total immunoglobulins in the blood but is also present in saliva, tears, gastric and respiratory secretions and breast milk. IgA therefore provides protection against mucosal infections (respiratory tract, upper and lower tract and gastrointestinal tract, stomach and intestine). IgA is transmitted from mother to baby via lactation, thus providing protection to the gastrointestinal tract of the baby. IgA is produced in significant quantities only starting from the sixth month of the baby’s life; therefore any IgA present before six months in the newborn’s blood comes from breast milk. There are two subclasses of IgA: IgA1 and IgA2.
Immunoglobulin D (IgD) – the role of IgD has not yet been well defined and is not routinely measured.
Immunoglobulin E (IgE) – IgE is associated with allergies, allergic diseases and parasitic infections. They are often measured as part of the allergy test panel, and are usually not part of the quantitative immunoglobulin test. The quantitative immunoglobulin test measures the total concentration of the IgG, IgA and IgM immunoglobulin classes without distinction between the various subclasses. However, further tests can be performed to measure specific subclasses or antibodies.There are several pathologies capable of causing an increase (hypergammaglobulinemia) or a decrease (hypogammaglobulinemia) in the production of immunoglobulins. Some can give an excess or deficiency of all immunoglobulins, while others involve only one class. Some of these diseases can be transmitted from one generation to the next (hereditary), while others are acquired.

IMMUNOGLOBULINE IgD

Le immunoglobuline sono una parte fondamentale del sistema immunitario. Sono proteine prodotte da specifiche cellule immunitarie, chiamate plasmacellule, in risposta a batteri, virus, microrganismi e altre sostanze riconosciute dall’organismo come antigeni estranei (“non- self”) e pericolosi. Questo esame misura la concentrazione delle immunoglobuline G, A ed M (IgG, IgA, IgM) nel sangue e, in alcune circostanze, nel liquor o nella saliva.   La prima volta in cui l’organismo viene infettato o entra in contatto con una sostanza estranea (antigene), il sistema immunitario riconosce il microrganismo o la sostanza come estranea (“non-self”) e stimola le plasmacellule a produrre le immunoglobuline specifiche, chiamate anticorpi, in grado di legarsi all’agente estraneo e neutralizzarlo. In caso di esposizioni successive, il sistema immunitario è in grado di ricordare l’antigene che ha incontrato e quindi di attivare una produzione più rapida degli anticorpi specifici; nel caso dei microrganismi, questo meccanismo di memoria aiuta a prevenire le re-infezioni.

Esistono cinque classi di immunoglobuline e molte sottoclassi. Ciascuna classe rappresenta un gruppo di immunoglobuline caratterizzate da ruoli leggermente differenti. Le classi di immunoglobuline sono:

  • Immunoglobuline M (IgM) – sono prodotte alla prima risposta dell’organismo ad una nuova infezione o ad un nuovo antigene estraneo, fornendo una protezione a breve termine. La concentrazione di IgM aumenta per alcune settimane e poi diminuisce quando inizia la produzione di IgG.
  • Immunoglobuline G (IgG) – rappresentano circa il 70-80% delle immunoglobuline del sangue. Gli anticorpi IgG sono prodotti durante la prima infezione o all’esposizione di antigeni estranei, aumentano dopo qualche settimana dal contatto, per poi diminuire e stabilizzarsi.
  • L’organismo mantiene la memoria delle diverse IgG, che possono quindi essere riprodotte ad ogni esposizione allo stesso antigene. Le IgG sono responsabili della protezione a lungo  termine contro i microrganismi. Nelle persone con un sistema immunitario normale, la produzione delle IgG è sufficiente a prevenire una nuova infezione. Il meccanismo immunitario alla base dei vaccini consiste quindi nel creare la memoria verso un microrganismo al quale il soggetto non è stato ancora esposto, esponendo la persona al microrganismo vivo ma attenuato o ad un antigene in grado di stimolare il riconoscimento del microrganismo. Le IgG sono le uniche immunoglobuline che possono passare attraverso la placenta. Le IgG della madre forniscono protezione al feto durante la gravidanza e al neonato durante il primo mese di vita. Esistono quattro sottoclassi di IgG: IgG1, IgG2, IgG3 e IgG4.
  • Immunoglobuline A (IgA) – le IgA costituiscono circa il 15 % delle immunoglobuline totali nel sangue ma sono presenti anche nella saliva, nelle lacrime, nelle secrezioni gastriche e respiratorie e nel latte materno. Le IgA forniscono pertanto una protezione contro le infezioni delle mucose (tratto respiratorio, alte e basse vie e tratto gastrointestinale, stomaco e intestino). Le IgA vengono trasmesse dalla madre al bambino tramite l’allattamento, fornendo così una protezione al tratto gastrointestinale del bambino. Le IgA vengono prodotte in quantità significativa solo a partire dal sesto mese di vita del bambino; perciò ogni IgA presente prima dei sei mesi nel sangue del neonato, deriva dal latte materno. Esistono due sottoclassi di IgA: IgA1 e IgA2.
  • Immunoglobulina D (IgD) – il ruolo delle IgD non è ancora stato ben definito e non vengono misurate in routine.
  • Immunoglobulina E (IgE) – Le IgE sono associate alle allergie, alle malattie allergiche e alle infezioni parassitarie. Sono spesso misurate come parte del pannello d’esami per le allergie, e di solito non fanno parte del test delle immunoglobuline quantitative.

Il test delle immunoglobuline quantitative misura la concentrazione totale delle classi di immunoglobuline IgG, IgA ed IgM senza distinzione tra le varie sottoclassi. Possono però essere eseguiti test ulteriori per misurare le sottoclassi o gli anticorpi specifici. Esistono diverse patologie in grado di determinare un aumento (ipergammaglobulinemia) o una diminuzione (ipogammaglobulinemia) nella produzione delle immunoglobuline. Alcune possono dare un eccesso o una carenza di tutte le immunoglobuline, mentre altre coinvolgono solo una classe. Alcune di queste malattie possono essere trasmesse da una generazione a quella successiva (ereditarie), altre sono invece acquisite.

Immunoglobulins are a key part of the immune system. They are proteins produced by specific immune cells, called plasma cells, in response to bacteria, viruses, microorganisms and other substances that are recognised by the body as foreign (“non-self”) and dangerous antigens. This test measures the concentration of immunoglobulins G, A and M (IgG, IgA, IgM) in the blood and, in some circumstances, in liquor or saliva.   The first time the body is infected or comes into contact with a foreign substance (antigen), the immune system recognizes the microorganism or substance as foreign (“non-self”) and stimulates plasma cells to produce the specific immunoglobulins, called antibodies, capable of binding to the foreign agent and neutralizing it. In case of subsequent exposures, the immune system is able to remember the antigen it has encountered and therefore activate faster production of the specific antibodies; in the case of microorganisms, this memory mechanism helps prevent re-infections.

There are five immunoglobulin classes and many subclasses. Each class represents a group of immunoglobulins characterized by slightly different roles. The immunoglobulin classes are:

Immunoglobulin M (IgM) – are produced upon the body’s first response to a new infection or a new foreign antigen, providing short-term protection. The IgM concentration increases for a few weeks and then decreases when IgG production begins.
Immunoglobulin G (IgG) – represents approximately 70-80% of blood immunoglobulins. IgG antibodies are produced during the first infection or at the exposure of foreign antigens, they increase a few weeks after contact, and then decrease and stabilize.
The body maintains the memory of different IgGs, which can then be reproduced with each exposure to the same antigen. IgG is responsible for long-term protection against microorganisms. In people with a normal immune system, IgG production is sufficient to prevent a new infection. The immune mechanism underlying vaccines therefore consists in creating memory towards a microorganism to which the subject has not yet been exposed, exposing the person to the live but attenuated microorganism or to an antigen capable of stimulating the recognition of the microorganism. IgG is the only immunoglobulin that can pass through the placenta. The mother’s IgG provides protection to the fetus during pregnancy and to the newborn during the first month of life. There are four subclasses of IgG: IgG1, IgG2, IgG3 and IgG4.  Immunoglobulin A (IgA) – IgA constitutes approximately 15 wt. % of total immunoglobulins in the blood but is also present in saliva, tears, gastric and respiratory secretions and breast milk. IgA therefore provides protection against mucosal infections (respiratory tract, upper and lower tract and gastrointestinal tract, stomach and intestine). IgA is transmitted from mother to baby via lactation, thus providing protection to the gastrointestinal tract of the baby. IgA is produced in significant quantities only starting from the sixth month of the baby’s life; therefore any IgA present before six months in the newborn’s blood comes from breast milk. There are two subclasses of IgA: IgA1 and IgA2.
Immunoglobulin D (IgD) – the role of IgD has not yet been well defined and is not routinely measured.
Immunoglobulin E (IgE) – IgE is associated with allergies, allergic diseases and parasitic infections. They are often measured as part of the allergy test panel, and are usually not part of the quantitative immunoglobulin test. The quantitative immunoglobulin test measures the total concentration of the IgG, IgA and IgM immunoglobulin classes without distinction between the various subclasses. However, further tests can be performed to measure specific subclasses or antibodies.There are several pathologies capable of causing an increase (hypergammaglobulinemia) or a decrease (hypogammaglobulinemia) in the production of immunoglobulins. Some can give an excess or deficiency of all immunoglobulins, while others involve only one class. Some of these diseases can be transmitted from one generation to the next (hereditary), while others are acquired.

IMMUNOGLOBULINE IgG

Le immunoglobuline sono una parte fondamentale del sistema immunitario. Sono proteine prodotte da specifiche cellule immunitarie, chiamate plasmacellule, in risposta a batteri, virus, microrganismi e altre sostanze riconosciute dall’organismo come antigeni estranei (“non- self”) e pericolosi. Questo esame misura la concentrazione delle immunoglobuline G, A ed M (IgG, IgA, IgM) nel sangue e, in alcune circostanze, nel liquor o nella saliva.   La prima volta in cui l’organismo viene infettato o entra in contatto con una sostanza estranea (antigene), il sistema immunitario riconosce il microrganismo o la sostanza come estranea (“non-self”) e stimola le plasmacellule a produrre le immunoglobuline specifiche, chiamate anticorpi, in grado di legarsi all’agente estraneo e neutralizzarlo. In caso di esposizioni successive, il sistema immunitario è in grado di ricordare l’antigene che ha incontrato e quindi di attivare una produzione più rapida degli anticorpi specifici; nel caso dei microrganismi, questo meccanismo di memoria aiuta a prevenire le re-infezioni.

Esistono cinque classi di immunoglobuline e molte sottoclassi. Ciascuna classe rappresenta un gruppo di immunoglobuline caratterizzate da ruoli leggermente differenti. Le classi di immunoglobuline sono:

  • Immunoglobuline M (IgM) – sono prodotte alla prima risposta dell’organismo ad una nuova infezione o ad un nuovo antigene estraneo, fornendo una protezione a breve termine. La concentrazione di IgM aumenta per alcune settimane e poi diminuisce quando inizia la produzione di IgG.
  • Immunoglobuline G (IgG) – rappresentano circa il 70-80% delle immunoglobuline del sangue. Gli anticorpi IgG sono prodotti durante la prima infezione o all’esposizione di antigeni estranei, aumentano dopo qualche settimana dal contatto, per poi diminuire e stabilizzarsi.
  • L’organismo mantiene la memoria delle diverse IgG, che possono quindi essere riprodotte ad ogni esposizione allo stesso antigene. Le IgG sono responsabili della protezione a lungo  termine contro i microrganismi. Nelle persone con un sistema immunitario normale, la produzione delle IgG è sufficiente a prevenire una nuova infezione. Il meccanismo immunitario alla base dei vaccini consiste quindi nel creare la memoria verso un microrganismo al quale il soggetto non è stato ancora esposto, esponendo la persona al microrganismo vivo ma attenuato o ad un antigene in grado di stimolare il riconoscimento del microrganismo. Le IgG sono le uniche immunoglobuline che possono passare attraverso la placenta. Le IgG della madre forniscono protezione al feto durante la gravidanza e al neonato durante il primo mese di vita. Esistono quattro sottoclassi di IgG: IgG1, IgG2, IgG3 e IgG4.
  • Immunoglobuline A (IgA) – le IgA costituiscono circa il 15 % delle immunoglobuline totali nel sangue ma sono presenti anche nella saliva, nelle lacrime, nelle secrezioni gastriche e respiratorie e nel latte materno. Le IgA forniscono pertanto una protezione contro le infezioni delle mucose (tratto respiratorio, alte e basse vie e tratto gastrointestinale, stomaco e intestino). Le IgA vengono trasmesse dalla madre al bambino tramite l’allattamento, fornendo così una protezione al tratto gastrointestinale del bambino. Le IgA vengono prodotte in quantità significativa solo a partire dal sesto mese di vita del bambino; perciò ogni IgA presente prima dei sei mesi nel sangue del neonato, deriva dal latte materno. Esistono due sottoclassi di IgA: IgA1 e IgA2.
  • Immunoglobulina D (IgD) – il ruolo delle IgD non è ancora stato ben definito e non vengono misurate in routine.
  • Immunoglobulina E (IgE) – Le IgE sono associate alle allergie, alle malattie allergiche e alle infezioni parassitarie. Sono spesso misurate come parte del pannello d’esami per le allergie, e di solito non fanno parte del test delle immunoglobuline quantitative.

Il test delle immunoglobuline quantitative misura la concentrazione totale delle classi di immunoglobuline IgG, IgA ed IgM senza distinzione tra le varie sottoclassi. Possono però essere eseguiti test ulteriori per misurare le sottoclassi o gli anticorpi specifici. Esistono diverse patologie in grado di determinare un aumento (ipergammaglobulinemia) o una diminuzione (ipogammaglobulinemia) nella produzione delle immunoglobuline. Alcune possono dare un eccesso o una carenza di tutte le immunoglobuline, mentre altre coinvolgono solo una classe. Alcune di queste malattie possono essere trasmesse da una generazione a quella successiva (ereditarie), altre sono invece acquisite.

Immunoglobulins are a key part of the immune system. They are proteins produced by specific immune cells, called plasma cells, in response to bacteria, viruses, microorganisms and other substances that are recognised by the body as foreign (“non-self”) and dangerous antigens. This test measures the concentration of immunoglobulins G, A and M (IgG, IgA, IgM) in the blood and, in some circumstances, in liquor or saliva.   The first time the body is infected or comes into contact with a foreign substance (antigen), the immune system recognizes the microorganism or substance as foreign (“non-self”) and stimulates plasma cells to produce the specific immunoglobulins, called antibodies, capable of binding to the foreign agent and neutralizing it. In case of subsequent exposures, the immune system is able to remember the antigen it has encountered and therefore activate faster production of the specific antibodies; in the case of microorganisms, this memory mechanism helps prevent re-infections.

There are five immunoglobulin classes and many subclasses. Each class represents a group of immunoglobulins characterized by slightly different roles. The immunoglobulin classes are:

Immunoglobulin M (IgM) – are produced upon the body’s first response to a new infection or a new foreign antigen, providing short-term protection. The IgM concentration increases for a few weeks and then decreases when IgG production begins.
Immunoglobulin G (IgG) – represents approximately 70-80% of blood immunoglobulins. IgG antibodies are produced during the first infection or at the exposure of foreign antigens, they increase a few weeks after contact, and then decrease and stabilize.
The body maintains the memory of different IgGs, which can then be reproduced with each exposure to the same antigen. IgG is responsible for long-term protection against microorganisms. In people with a normal immune system, IgG production is sufficient to prevent a new infection. The immune mechanism underlying vaccines therefore consists in creating memory towards a microorganism to which the subject has not yet been exposed, exposing the person to the live but attenuated microorganism or to an antigen capable of stimulating the recognition of the microorganism. IgG is the only immunoglobulin that can pass through the placenta. The mother’s IgG provides protection to the fetus during pregnancy and to the newborn during the first month of life. There are four subclasses of IgG: IgG1, IgG2, IgG3 and IgG4.  Immunoglobulin A (IgA) – IgA constitutes approximately 15 wt. % of total immunoglobulins in the blood but is also present in saliva, tears, gastric and respiratory secretions and breast milk. IgA therefore provides protection against mucosal infections (respiratory tract, upper and lower tract and gastrointestinal tract, stomach and intestine). IgA is transmitted from mother to baby via lactation, thus providing protection to the gastrointestinal tract of the baby. IgA is produced in significant quantities only starting from the sixth month of the baby’s life; therefore any IgA present before six months in the newborn’s blood comes from breast milk. There are two subclasses of IgA: IgA1 and IgA2.
Immunoglobulin D (IgD) – the role of IgD has not yet been well defined and is not routinely measured.
Immunoglobulin E (IgE) – IgE is associated with allergies, allergic diseases and parasitic infections. They are often measured as part of the allergy test panel, and are usually not part of the quantitative immunoglobulin test. The quantitative immunoglobulin test measures the total concentration of the IgG, IgA and IgM immunoglobulin classes without distinction between the various subclasses. However, further tests can be performed to measure specific subclasses or antibodies.There are several pathologies capable of causing an increase (hypergammaglobulinemia) or a decrease (hypogammaglobulinemia) in the production of immunoglobulins. Some can give an excess or deficiency of all immunoglobulins, while others involve only one class. Some of these diseases can be transmitted from one generation to the next (hereditary), while others are acquired.

IMMUNOGLOBULINE IgM

Le immunoglobuline sono una parte fondamentale del sistema immunitario. Sono proteine prodotte da specifiche cellule immunitarie, chiamate plasmacellule, in risposta a batteri, virus, microrganismi e altre sostanze riconosciute dall’organismo come antigeni estranei (“non- self”) e pericolosi. Questo esame misura la concentrazione delle immunoglobuline G, A ed M (IgG, IgA, IgM) nel sangue e, in alcune circostanze, nel liquor o nella saliva.   La prima volta in cui l’organismo viene infettato o entra in contatto con una sostanza estranea (antigene), il sistema immunitario riconosce il microrganismo o la sostanza come estranea (“non-self”) e stimola le plasmacellule a produrre le immunoglobuline specifiche, chiamate anticorpi, in grado di legarsi all’agente estraneo e neutralizzarlo. In caso di esposizioni successive, il sistema immunitario è in grado di ricordare l’antigene che ha incontrato e quindi di attivare una produzione più rapida degli anticorpi specifici; nel caso dei microrganismi, questo meccanismo di memoria aiuta a prevenire le re-infezioni.

Esistono cinque classi di immunoglobuline e molte sottoclassi. Ciascuna classe rappresenta un gruppo di immunoglobuline caratterizzate da ruoli leggermente differenti. Le classi di immunoglobuline sono:

  • Immunoglobuline M (IgM) – sono prodotte alla prima risposta dell’organismo ad una nuova infezione o ad un nuovo antigene estraneo, fornendo una protezione a breve termine. La concentrazione di IgM aumenta per alcune settimane e poi diminuisce quando inizia la produzione di IgG.
  • Immunoglobuline G (IgG) – rappresentano circa il 70-80% delle immunoglobuline del sangue. Gli anticorpi IgG sono prodotti durante la prima infezione o all’esposizione di antigeni estranei, aumentano dopo qualche settimana dal contatto, per poi diminuire e stabilizzarsi.
  • L’organismo mantiene la memoria delle diverse IgG, che possono quindi essere riprodotte ad ogni esposizione allo stesso antigene. Le IgG sono responsabili della protezione a lungo  termine contro i microrganismi. Nelle persone con un sistema immunitario normale, la produzione delle IgG è sufficiente a prevenire una nuova infezione. Il meccanismo immunitario alla base dei vaccini consiste quindi nel creare la memoria verso un microrganismo al quale il soggetto non è stato ancora esposto, esponendo la persona al microrganismo vivo ma attenuato o ad un antigene in grado di stimolare il riconoscimento del microrganismo. Le IgG sono le uniche immunoglobuline che possono passare attraverso la placenta. Le IgG della madre forniscono protezione al feto durante la gravidanza e al neonato durante il primo mese di vita. Esistono quattro sottoclassi di IgG: IgG1, IgG2, IgG3 e IgG4.
  • Immunoglobuline A (IgA) – le IgA costituiscono circa il 15 % delle immunoglobuline totali nel sangue ma sono presenti anche nella saliva, nelle lacrime, nelle secrezioni gastriche e respiratorie e nel latte materno. Le IgA forniscono pertanto una protezione contro le infezioni delle mucose (tratto respiratorio, alte e basse vie e tratto gastrointestinale, stomaco e intestino). Le IgA vengono trasmesse dalla madre al bambino tramite l’allattamento, fornendo così una protezione al tratto gastrointestinale del bambino. Le IgA vengono prodotte in quantità significativa solo a partire dal sesto mese di vita del bambino; perciò ogni IgA presente prima dei sei mesi nel sangue del neonato, deriva dal latte materno. Esistono due sottoclassi di IgA: IgA1 e IgA2.
  • Immunoglobulina D (IgD) – il ruolo delle IgD non è ancora stato ben definito e non vengono misurate in routine.
  • Immunoglobulina E (IgE) – Le IgE sono associate alle allergie, alle malattie allergiche e alle infezioni parassitarie. Sono spesso misurate come parte del pannello d’esami per le allergie, e di solito non fanno parte del test delle immunoglobuline quantitative.

Il test delle immunoglobuline quantitative misura la concentrazione totale delle classi di immunoglobuline IgG, IgA ed IgM senza distinzione tra le varie sottoclassi. Possono però essere eseguiti test ulteriori per misurare le sottoclassi o gli anticorpi specifici. Esistono diverse patologie in grado di determinare un aumento (ipergammaglobulinemia) o una diminuzione (ipogammaglobulinemia) nella produzione delle immunoglobuline. Alcune possono dare un eccesso o una carenza di tutte le immunoglobuline, mentre altre coinvolgono solo una classe. Alcune di queste malattie possono essere trasmesse da una generazione a quella successiva (ereditarie), altre sono invece acquisite.

Immunoglobulins are a key part of the immune system. They are proteins produced by specific immune cells, called plasma cells, in response to bacteria, viruses, microorganisms and other substances that are recognised by the body as foreign (“non-self”) and dangerous antigens. This test measures the concentration of immunoglobulins G, A and M (IgG, IgA, IgM) in the blood and, in some circumstances, in liquor or saliva.   The first time the body is infected or comes into contact with a foreign substance (antigen), the immune system recognizes the microorganism or substance as foreign (“non-self”) and stimulates plasma cells to produce the specific immunoglobulins, called antibodies, capable of binding to the foreign agent and neutralizing it. In case of subsequent exposures, the immune system is able to remember the antigen it has encountered and therefore activate faster production of the specific antibodies; in the case of microorganisms, this memory mechanism helps prevent re-infections.

There are five immunoglobulin classes and many subclasses. Each class represents a group of immunoglobulins characterized by slightly different roles. The immunoglobulin classes are:

Immunoglobulin M (IgM) – are produced upon the body’s first response to a new infection or a new foreign antigen, providing short-term protection. The IgM concentration increases for a few weeks and then decreases when IgG production begins.
Immunoglobulin G (IgG) – represents approximately 70-80% of blood immunoglobulins. IgG antibodies are produced during the first infection or at the exposure of foreign antigens, they increase a few weeks after contact, and then decrease and stabilize.
The body maintains the memory of different IgGs, which can then be reproduced with each exposure to the same antigen. IgG is responsible for long-term protection against microorganisms. In people with a normal immune system, IgG production is sufficient to prevent a new infection. The immune mechanism underlying vaccines therefore consists in creating memory towards a microorganism to which the subject has not yet been exposed, exposing the person to the live but attenuated microorganism or to an antigen capable of stimulating the recognition of the microorganism. IgG is the only immunoglobulin that can pass through the placenta. The mother’s IgG provides protection to the fetus during pregnancy and to the newborn during the first month of life. There are four subclasses of IgG: IgG1, IgG2, IgG3 and IgG4.  Immunoglobulin A (IgA) – IgA constitutes approximately 15 wt. % of total immunoglobulins in the blood but is also present in saliva, tears, gastric and respiratory secretions and breast milk. IgA therefore provides protection against mucosal infections (respiratory tract, upper and lower tract and gastrointestinal tract, stomach and intestine). IgA is transmitted from mother to baby via lactation, thus providing protection to the gastrointestinal tract of the baby. IgA is produced in significant quantities only starting from the sixth month of the baby’s life; therefore any IgA present before six months in the newborn’s blood comes from breast milk. There are two subclasses of IgA: IgA1 and IgA2.
Immunoglobulin D (IgD) – the role of IgD has not yet been well defined and is not routinely measured.
Immunoglobulin E (IgE) – IgE is associated with allergies, allergic diseases and parasitic infections. They are often measured as part of the allergy test panel, and are usually not part of the quantitative immunoglobulin test. The quantitative immunoglobulin test measures the total concentration of the IgG, IgA and IgM immunoglobulin classes without distinction between the various subclasses. However, further tests can be performed to measure specific subclasses or antibodies.There are several pathologies capable of causing an increase (hypergammaglobulinemia) or a decrease (hypogammaglobulinemia) in the production of immunoglobulins. Some can give an excess or deficiency of all immunoglobulins, while others involve only one class. Some of these diseases can be transmitted from one generation to the next (hereditary), while others are acquired.

INDICE R.O.M.A.

Il carcinoma ovarico è uno dei più gravi carcinomi della donna. Il rischio di sviluppare questo carcinoma cresce con l’età e la maggioranza dei carcinomi ovarici è riscontrata in donne con più di 50 anni. Nonostante le nuove procedure di trattamento la mortalità rimane elevata, soprattutto a causa della ritardata diagnosi della malattia. Oltre il 70% dei carcinomi ovarici sono infatti diagnosticati allo stadio III, quando le speranze di trattamento efficace si sono ridotte del 70%. La diagnosi è infatti resa difficoltosa dalla non specificità della sintomatologia correlata.   Il CA 125 è uno dei marcatori più utilizzati per il carcinoma ovarico. Il CA125 è raccomandato dalla maggioranza delle società scientifiche per la diagnosi differenziale delle masse pelviche sospette, per il monitoraggio del trattamento ed il controllo della recidiva. Ulteriori raccomandazioni includono il CA125 come marcatore per le donne con mutazione BRCA1/2 in fase di prognosi. L’uso del CA125 non è raccomandato come test di screening per a causa della insufficiente specificità. Il CA 125 può infatti risultare elevato nelle endometriosi, in gravidanza, in presenza di cisti emorragiche o altre patologie infiammatorie pelviche, in particolare nelle donne in pre-menopausa. Poiché il CA125 non è sufficientemente specifico e sensibile per la diagnosi precoce del carcinoma ovarico numerosi studi si sono concentrati nella sua combinazione con altre informazioni diagnostiche derivanti da dosaggi seriali, altri biomarcatori o dalla diagnostica per immagine. Alcuni studi hanno dimostrato l’utilità della valutazione dell’andamento dei livelli di CA 125 in dosaggi seriali. Anche il ruolo degli accertamenti ecografici è di grande importanza, pur in mancanza di precisi cut-off diagnostici.HE4 e indice ROMA

L’HE4 si è dimostrato il più promettente nuovo marcatore ematico per il carcinoma ovarico. Moore e colleghi hanno dimostrato che l’HE4 è il più sensibile marcatore fra quelli oggi allo studio, superando le performance del CA 125. L’HE4 può inoltre essere utilizzato per la diagnosi di recidiva. In studi successivi Nolen e colleghi hanno dimostrato che il dosaggio combinato di CA 125 ed HE4 ottiene i risultati migliori dei singoli test e supera in performance diagnostiche tutte le combinazioni possibili di altri marcatori. La combinazione è in grado infatti di discriminare le forme benigne da quelle maligne meglio di qualsiasi altra tecnica testata    La combinazione di HE4 e CA125 può essere utilizzata per una analisi del rischio di carcinoma ovarico, utilizzando il Risk of Ovarian Malignancy Algorithm (ROMA). L’indice ROMA stima la probabilità di carcinoma ovarico nelle donne con massa pelvica sospetta, utilizzando il dosaggio combinato di CA125 ed HE4. L’algoritmo ROMA utilizza differenti strategie di calcolo per le donne in pre-menopausa e quelle in menopausa, con differenti valori cut-off. Le donne con indice ROMA superiore al cut-off hanno un aumentato rischio di carcinoma ovarico    e dovrebbero essere valutate attentamente in ambito ginecologico. Numerosi studi hanno dimostrato che l’indice ROMA ha performance migliori rispetto all’approccio RMI tradizionalmente utilizzato. In particolare:  Moore e colleghi hanno dimostrato che per le donne valutate in un contesto ginecologico-oncologico l’indice ROMA ha una sensibilità dell’81% ed con una specificità del 75%. Nelle donne in menopausa la sensibilità cresce fino al 92%.   Kim e colleghi hanno concluso che il dosaggio combinato di HE4 e CA 125 può migliorare l’accuratezza nella diagnosi di carcinoma ovarico. Ruggieri e colleghi hanno concluso che l’indice ROMA è dotato di buona accuratezza nel discriminare le donne ad elevato rischio di carcinoma ovarico.   In conclusione la combinazione di CA125 ed HE4 costituisce ad oggi il miglior strumento diagnostico per diagnosticare il carcinoma ovarico, consentendo di stratificare il rischio di questa patologia nelle donne con massa pelvica sospetta.

Ovarian cancer is one of the most serious carcinomas in women. The risk of developing this carcinoma grows with age and the majority of ovarian carcinomas are found in women over 50 years of age. Despite the new treatment procedures, mortality remains high, mainly due to the delayed diagnosis of the disease. Over 70% of ovarian carcinomas are in fact diagnosed at stage III, when hopes of effective treatment have been reduced by 70%. The diagnosis is in fact made difficult by the non-specificity of the related symptoms.   CA 125 is one of the most used markers for ovarian cancer. CA125 is recommended by the majority of scientific societies for the differential diagnosis of suspicious pelvic masses, for monitoring treatment and controlling recurrence. Additional recommendations include CA125 as a marker for women with BRCA1/2 mutation in prognosis. The use of CA125 is not recommended as a screening test for due to insufficient specificity. CA 125 can in fact be elevated in endometriosis, during pregnancy, in the presence of hemorrhagic cysts or other pelvic inflammatory pathologies, particularly in pre-menopausal women. Since CA125 is not specific and sensitive enough for the early diagnosis of ovarian cancer, numerous studies have focused on its combination with other diagnostic information deriving from serial dosages, other biomarkers or diagnostic imaging. Some studies have demonstrated the usefulness of evaluating the trend of CA 125 levels in serial dosages. The role of ultrasound tests is also of great importance, despite the lack of precise diagnostic cut-offs.HE4 and ROMA index HE4 has proven to be the most promising new blood marker for ovarian cancer. Moore and colleagues showed that HE4 is the most sensitive marker among those under study today, outperforming CA 125. HE4 can additionally be used for the diagnosis of recurrence. In subsequent studies Nolen and colleagues demonstrated that the combined dosage of CA 125 and HE4 obtains the best results of individual tests and exceeds all possible combinations of other markers in diagnostic performance. The combination is in fact able to discriminate benign forms from malignant ones better than any other technique tested. The combination of HE4 and CA125 can be used for an analysis of the risk of ovarian cancer, using the Risk of Ovarian Malignancy Algorithm (ROMA). The ROMA index estimates the probability of ovarian cancer in women with suspected pelvic mass, using the combined dosage of CA125 and HE4. The ROMA algorithm uses different calculation strategies for pre-menopausal and menopausal women, with different cut-off values. Women with a ROMA index above the cut-off have an increased risk of ovarian cancer  and they should be carefully evaluated in the gynecological field. A number of studies have shown that the ROMA index performs better than the RMI approach traditionally used. In particular: Moore and colleagues showed that for women evaluated in a gynecological-oncological context the ROMA index has a sensitivity of’81% and with a specificity of 75%. In menopausal women, sensitivity increases by up to 92%.   Kim and colleagues concluded that the combined dosage of HE4 and CA 125 may improve accuracy in the diagnosis of ovarian cancer. Ruggieri and colleagues concluded that the ROMA index has good accuracy in discriminating against women at high risk of ovarian cancer.   In conclusion, the combination of CA125 and HE4 currently constitutes the best diagnostic tool for diagnosing ovarian cancer, allowing the risk of this pathology to be stratified in women with suspected pelvic mass.

INSULA (Anticorpi ICA)

L’insulina è un ormone prodotto ed immagazzinato dalle cellule beta del pancreas. Viene secreta in risposta all’innalzamento dei livelli di glucosio ematico in seguito ai pasti ed è vitale per il suo trasporto e l’immagazzinamento. L’insulina favorisce l’ingresso del glucosio nelle cellule e ha un ruolo importante nella regolazione dei suoi livelli nel sangue e del metabolismo dei lipidi. Questo test misura la quantità di insulina nel sangue.  I livelli di insulina e di glicemia devono essere in equilibrio. Dopo un pasto, i carboidrati vengono metabolizzati (rotti) in glucosio e altri zuccheri semplici. Questo causa l’innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue (glicemia) e determina la stimolazione del pancreas al rilascio di insulina. Non appena il glucosio entra nelle cellule, i livelli di glicemia diminuiscono e conseguentemente anche il rilascio di insulina.  Se un individuo non è in grado di produrre quantità sufficienti di insulina o se le cellule dell’organismo sono resistenti ai suoi effetti (insulino resistenza), il glucosio non è in grado di raggiungere la maggior parte delle cellule dell’organismo che quindi sono carenti dell’energia necessaria per sopravvivere, mentre i livelli di glicemia aumentano fino a livelli patologici. Questi eventi possono portare all’alterazione dei normali processi metabolici con la conseguente comparsa di vari disordini e complicanze, incluse le malattie renali, cardiovascolari e i problemi neurologici e della vista.  Il diabete è una patologia potenzialmente pericolosa per la vita associata all’innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue e la diminuzione degli effetti dell’insulina. Le persone affette da diabete di tipo 1 producono quantità minime di insulina e spesso necessitano di terapia insulinica. Le persone con diabete di tipo 2 invece hanno generalmente un’insulino resistenza che peggiora nel tempo.  In presenza di insulino resistenza, la maggior parte delle cellule dell’organismo sono incapaci di rispondere all’insulina; l’organismo tenta perciò di compensare tale situazione stimolando ulteriormente la produzione di insulina. Come conseguenza, i livelli di insulina nel sangue aumentano (iperinsulinemia), andando a stimolare eccessivamente alcuni tessuti ancora sensibili all’azione dell’insulina. Con il tempo questo processo può causare uno sbilanciamento nel rapporto tra glucosio e insulina e, senza trattamento, può portare allo sviluppo di varie complicanze a carico di più organi.Oltre che nel diabete di tipo 2, l’insulino resistenza può svilupparsi in corso di altre patologie come la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), il prediabete, le patologie cardiache, la sindrome metabolica e alcuni disordini correlati con l’ipofisi e con le ghiandole surrenali.Oltre che in presenza di insulino resistenza, l’iperinsulinemia può essere presente anche in pazienti affetti da insulinomi (tumori delle cellule beta del pancreas) o in seguito all’eccessiva somministrazione di insulina esogena. L’iperinsulinemia causa la diminuzione dei livelli di glucosio nel sangue (ipoglicemia), con la possibile comparsa di sudorazione, palpitazioni, fame, stato confusionale, visione offuscata, vertigini, svenimenti e convulsioni. Poiché il cervello è strettamente dipendente dal glucosio come fonte energetica, una grave ipoglicemia dovuta a iperinsulinemia può portare velocemente a shock insulinico e morte.

Insulin is a hormone produced and stored by the beta cells of the pancreas. It is secreted in response to rising blood glucose levels following meals and is vital for its transport and storage. Insulin promotes the entry of glucose into cells and has an important role in regulating its blood levels and lipid metabolism. This test measures the amount of insulin in the blood.  Insulin and blood sugar levels must be in balance. After a meal, carbohydrates are metabolized (broken) into glucose and other simple sugars. This causes blood glucose (glycaemia) levels to rise and results in stimulation of the pancreas to release insulin. As soon as glucose enters the cells, blood sugar levels decrease and consequently so does the release of insulin.  If an individual is unable to produce sufficient amounts of insulin or if the body’s cells are resistant to its effects (insulin resistance), glucose is unable to reach most of the body’s cells which are therefore deficient in the energy needed to survive, while blood sugar levels increase to pathological levels. These events can lead to the alteration of normal metabolic processes with the consequent appearance of various disorders and complications, including kidney, cardiovascular diseases and neurological and vision problems.  Diabetes is a potentially life-threatening condition associated with raised blood glucose levels and decreased effects of insulin. People with type 1 diabetes produce minimal amounts of insulin and often require insulin therapy. People with type 2 diabetes, on the other hand, generally have insulin resistance that worsens over time.    In the presence of insulin resistance, most cells in the body are unable to respond to insulin; the body therefore tries to compensate for this situation by further stimulating insulin production. As a consequence, insulin levels in the blood increase (hyperinsulinemia), excessively stimulating some tissues still sensitive to the action of insulin. Over time this process can cause an imbalance in the ratio of glucose to insulin and, without treatment, can lead to the development of various complications affecting multiple organs. In addition to type 2 diabetes, insulin resistance can develop during other pathologies such as polycystic ovary syndrome (PCOS), prediabetes, heart diseases, metabolic syndrome and certain disorders related to the pituitary gland and adrenal glands In addition to the presence of insulin resistance, hyperinsulinemia may also be present in patients with insulinomas (pancreatic beta cell tumors) or following excessive administration of exogenous insulin. Hyperinsulinemia causes blood glucose levels (hypoglycaemia) to decrease, with sweating, palpitations, hunger, confusion, blurred vision, dizziness, fainting and convulsions possibly appearing. Because the brain is strictly dependent on glucose as an energy source, severe hypoglycemia due to hyperinsulinemia can quickly lead to insulin shock and death.

INSULINA

L’insulina è un ormone prodotto ed immagazzinato dalle cellule beta del pancreas. Viene secreta in risposta all’innalzamento dei livelli di glucosio ematico in seguito ai pasti ed è vitale per il suo trasporto e l’immagazzinamento. L’insulina favorisce l’ingresso del glucosio nelle cellule e ha un ruolo importante nella regolazione dei suoi livelli nel sangue e del metabolismo dei lipidi. Questo test misura la quantità di insulina nel sangue.   I livelli di insulina e di glicemia devono essere in equilibrio. Dopo un pasto, i carboidrati vengono metabolizzati (rotti) in glucosio e altri zuccheri semplici. Questo causa l’innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue (glicemia) e determina la stimolazione del pancreas al rilascio di insulina. Non appena il glucosio entra nelle cellule, i livelli di glicemia diminuiscono e conseguentemente anche il rilascio di insulina.   Se un individuo non è in grado di produrre quantità sufficienti di insulina o se le cellule dell’organismo sono resistenti ai suoi effetti (insulino resistenza), il glucosio non è in grado di raggiungere la maggior parte delle cellule dell’organismo che quindi sono carenti dell’energia necessaria per sopravvivere, mentre i livelli di glicemia aumentano fino a livelli patologici. Questi eventi possono portare all’alterazione dei normali processi metabolici con la conseguente comparsa di vari disordini e complicanze, incluse le malattie renali, cardiovascolari e i problemi neurologici e della vista.   Il diabete è una patologia potenzialmente pericolosa per la vita associata all’innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue e la diminuzione degli effetti dell’insulina. Le persone affette da diabete di tipo 1 producono quantità minime di insulina e spesso necessitano di terapia insulinica. Le persone con diabete di tipo 2 invece hanno generalmente un’insulino resistenza che peggiora nel tempo.In presenza di insulino resistenza, la maggior parte delle cellule dell’organismo sono incapaci di rispondere all’insulina; l’organismo tenta perciò di compensare tale situazione stimolando ulteriormente la produzione di insulina. Come conseguenza, i livelli di insulina nel sangue aumentano (iperinsulinemia), andando a stimolare eccessivamente alcuni tessuti ancora sensibili all’azione dell’insulina. Con il tempo questo processo può causare uno sbilanciamento nel rapporto tra glucosio e insulina e, senza trattamento, può portare allo sviluppo di varie complicanze a carico di più organi.Oltre che nel diabete di tipo 2, l’insulino resistenza può svilupparsi in corso di altre patologie come la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), il prediabete, le patologie cardiache, la sindrome metabolica e alcuni disordini correlati con l’ipofisi e con le ghiandole surrenali.   Oltre che in presenza di insulino resistenza, l’iperinsulinemia può essere presente anche in pazienti affetti da insulinomi (tumori delle cellule beta del pancreas) o in seguito all’eccessiva somministrazione di insulina esogena. L’iperinsulinemia causa la diminuzione dei livelli di glucosio nel sangue (ipoglicemia), con la possibile comparsa di sudorazione, palpitazioni, fame, stato confusionale, visione offuscata, vertigini, svenimenti e convulsioni. Poiché il cervello è strettamente dipendente dal glucosio come fonte energetica, una grave ipoglicemia dovuta a iperinsulinemia può portare velocemente a shock insulinico e morte.

Insulin is a hormone produced and stored by the beta cells of the pancreas. It is secreted in response to rising blood glucose levels following meals and is vital for its transport and storage. Insulin promotes the entry of glucose into cells and has an important role in regulating its blood levels and lipid metabolism. This test measures the amount of insulin in the blood.   Insulin and blood sugar levels must be in balance. After a meal, carbohydrates are metabolized (broken) into glucose and other simple sugars. This causes blood glucose (glycaemia) levels to rise and results in stimulation of the pancreas to release insulin. As soon as glucose enters the cells, blood sugar levels decrease and consequently so does the release of insulin.   If an individual is unable to produce sufficient amounts of insulin or if the body’s cells are resistant to its effects (insulin resistance), glucose is unable to reach most of the body’s cells which are therefore deficient in the energy needed to survive, while blood sugar levels increase to pathological levels. These events can lead to the alteration of normal metabolic processes with the consequent appearance of various disorders and complications, including kidney, cardiovascular diseases and neurological and vision problems.  Diabetes is a potentially life-threatening condition associated with raised blood glucose levels and decreased effects of insulin. People with type 1 diabetes produce minimal amounts of insulin and often require insulin therapy. People with type 2 diabetes, on the other hand, generally have insulin resistance that worsens over time. In the presence of insulin resistance, most cells in the body are unable to respond to insulin; the body therefore tries to compensate for this situation by further stimulating insulin production. As a consequence, insulin levels in the blood increase (hyperinsulinemia), excessively stimulating some tissues still sensitive to the action of insulin. Over time this process can cause an imbalance in the ratio of glucose to insulin and, without treatment, can lead to the development of various complications affecting multiple organs. In addition to type 2 diabetes, insulin resistance can develop during other pathologies such as polycystic ovary syndrome (PCOS), prediabetes, heart diseases, metabolic syndrome and some disorders related to the pituitary gland and adrenal glands.  In addition to the presence of insulin resistance, hyperinsulinemia may also be present in patients with insulinomas (pancreatic beta cell tumors) or following excessive administration of exogenous insulin. Hyperinsulinemia causes blood glucose levels (hypoglycaemia) to decrease, with sweating, palpitations, hunger, confusion, blurred vision, dizziness, fainting and convulsions possibly appearing. Because the brain is strictly dependent on glucose as an energy source, severe hypoglycemia due to hyperinsulinemia can quickly lead to insulin shock and death.

INSULINA (Anticorpi)
Gli anticorpi anti-insulina (AIAA) sono autoanticorpi che il sistema immunitario produce contro l’insulina, sia quella del proprio corpo sia quella esogena.La loro presenza è un segno dell’autoimmunità che può scatenare il diabete mellito di tipo 1 (T1DM) e possono anche influenzare l’efficacia dell’insulina in chi la riceve. A volte, la loro presenza può essere rilevata anche in soggetti sani o in chi soffre di altre condizioni, come il diabete di tipo 2.Diabete di tipo 1:   La presenza di autoanticorpi diretti contro le cellule beta del pancreas (come gli anticorpi anti-insula pancreatica, ICA) è un indicatore di diabete di tipo 1. In questi casi, il sistema immunitario attacca le cellule che producono l’insulina, compromettendo la sua produzione.Terapia insulinica:   Anche chi viene trattato con insulina può sviluppare anticorpi anti-insulina (AIAA), che possono interferire con la sua efficacia e rendere difficile il dosaggio. In questi casi, per valutare la funzionalità residua delle cellule pancreatiche, si può dosare il peptide C.Insulino-resistenza:   In alcuni casi, gli anticorpi possono essere diretti contro i recettori dell’insulina, causando insulino-resistenza. Questi anticorpi possono anche essere rilevati in persone che non hanno il diabete ma soffrono di ipoglicemia autoimmunitaria.
Anti-insulin antibodies (AIAA) are autoantibodies that the immune system produces against insulin, both that of its own body and exogenous insulin. Their presence is a sign of the autoimmunity that can trigger type 1 diabetes mellitus (T1DM) and can also influence the effectiveness of insulin in those who receive it. Sometimes, their presence can also be detected in healthy subjects or in those suffering from other conditions, such as type 2 diabetes.     Type 1 diabetes: The presence of autoantibodies directed against pancreatic beta cells (such as anti-pancreatic insula antibodies, ICA) is an indicator of type 1 diabetes. In these cases, the immune system attacks the cells that produce insulin, compromising its production.   Insulin therapy: Even those treated with insulin can develop anti-insulin antibodies (AIAA), which can interfere with its effectiveness and make dosing difficult. In these cases, to evaluate the residual functionality of the pancreatic cells, peptide C can be dosed.   Insulin resistance: In some cases, antibodies can be directed against insulin receptors, causing insulin resistance. These antibodies can also be detected in people who do not have diabetes but suffer from autoimmune hypoglycemia. 

L

LAC (Lupus Anticoagulant)

Il test del Lupus Anticoagulant (LA) serve per la ricerca di autoanticorpi, prodotti erroneamente dal sistema immunitario, in grado di riconoscere ed attaccare le cellule del proprio organismo. Questi autoanticorpi sono diretti contro dei fosfolipidi o proteine associate con fosfolipidi, esposte sulla superficie delle cellule (membrana cellulare). Il meccanismo con il quale questi anticorpi interferiscono con i processi coagulativi e il motivo per cui la loro presenza aumenti il rischio di sviluppare episodi trombotici, non è ancora del tutto chiarito. I test per il LA comprendono un pannello di test effettuati per ricercare questi autoanticorpi nel circolo sanguigno del paziente.   Il nome lupus anticoagulant può sembrare strano e confondente per due ragioni:  Il nome di questi autoanticorpi deriva dal fatto che questi sono stati identificati per la prima volta in pazienti affetti da LES (lupus eritematoso sistemico) ma in realtà questo test non viene utilizzato nella diagnosi di LES e spesso gli anticorpi LA non sono presenti in questi pazienti. Gli autoanticorpi LA possono svilupparsi in pazienti non affetti da patologie autoimmuni ma da altri tipi di patologie o che vengono sottoposti ad alcune terapie. Questi anticorpi sono presenti normalmente nel 2-4% della popolazione e possono svilupparsi anche in persone prive di fattori di rischio.    Il termine “anticoagulant” deriva dal fatto che questi anticorpi interferiscono con i test di laboratorio utilizzati nella valutazione dei processi coagulativi. Ad esempio, inibiscono le reazioni chimiche che portano alla coagulazione nel test del tempo di tromboplastina parziale (PTT), un test utilizzato routinariamente nella valutazione della coagulazione. In vivo, la presenza di LA è associata ad un aumentato rischio di sviluppare coagulazione inappropriata. È importante però sottolineare che di per sé, il LA non causa eventi emorragici nell’organismo.   Gli anticorpi LA non possono essere misurati in maniera diretta ma esistono molteplici test utilizzabili per la loro rilevazione. Di solito la presenza di LA viene accertata tramite l’utilizzo di un pannello di test:  In presenza di LA il tempo necessario alla coagulazione in test dipendenti da reagenti contenenti fosfolipidi, risulta allungato. Per questo motivo i primi test per il LA sono di norma il PTT, il PTT LA- sensibile o il test con veleno di vipera di Russel diluito (dRVVT).  La presenza o l’assenza di LA viene quindi confermata tramite esami successivi ai risultati dei test di primo livello (per maggiori dettagli si rimanda alla sezione “Approfondimenti”).

La presenza di LA può aumentare il rischio di sviluppare una coagulazione inappropriata nelle vene e nelle arterie dell’organismo, spesso nelle vene degli arti inferiori (trombosi venosa profonda). Questi coaguli possono determinare l’interruzione del flusso sanguigno in qualsiasi parte dell’organismo e quindi portare a ictus, arresto cardiaco o embolia polmonare. La presenza di LA è spesso associata anche ad aborti spontanei ricorrenti. Questi potrebbero essere dovuti al blocco dei vasi della placenta a seguito della formazione di coaguli o all’attacco dei tessuti placentari da parte degli autoanticorpi con conseguente danno allo sviluppo fetale.Gli anticorpi LA sono uno dei tre principali anticorpi antifosfolipidi associati con un aumentato rischio di trombosi e di sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi (APS), un raro disordine autoimmune caratterizzato dall’eccessiva formazione di coaguli, insufficienza d’organo e complicanze in gravidanza. Gli altri due sono gli anticorpi anticardiolipina (aCL) e gli antiβ2-glicoproteina I (β2GPI). Questi anticorpi aumentano il rischio di coagulazione inappropriata. I pazienti con APS positivi per questi tre autoanticorpi sono a maggior rischio di coagulazione inappropriata mentre la trombosi sembra essere maggiormente comune in presenza di LA.   La presenza di anticorpi antifosfolipidi non è associata ad alcun sintomo e sono presenti in circa il 5% della popolazione sana.

The Lupus Anticoagulant (LA) test is used to search for autoantibodies, erroneously produced by the immune system, capable of recognizing and attacking the cells of one’s body. These autoantibodies are directed against phospholipids or phospholipid-associated proteins exposed on the surface of cells (cell membrane). The mechanism by which these antibodies interfere with coagulation processes and why their presence increases the risk of developing thrombotic episodes is not yet fully clarified. AL tests include a panel of tests carried out to look for these autoantibodies in the patient’s bloodstream.   The name lupus anticoagulant may seem strange and confusing for two reasons: The name of these autoantibodies comes from the fact that they were first identified in patients suffering from SLE (systemic lupus erythematosus) but in reality this test is not used in the diagnosis of SLE and LA antibodies are often not present in these patients. LA autoantibodies can develop in patients who do not suffer from autoimmune diseases but from other types of pathologies or who undergo some therapies. These antibodies are normally present in 2-4% of the population and can develop even in people without risk factors.      The term “anticoagulant” comes from the fact that these antibodies interfere with laboratory tests used in the evaluation of coagulation processes. For example, they inhibit chemical reactions that lead to coagulation in the partial thromboplastin time (PTT) test, a test routinely used in the evaluation of coagulation. In vivo, the presence of LA is associated with an increased risk of developing inappropriate coagulation. However, it is important to point out that in itself, LA does not cause bleeding events in the body.   LA antibodies cannot be measured directly but there are multiple tests that can be used for their detection. Usually the presence of LA is ascertained through the use of a test panel: In the presence of LA the time necessary for coagulation in tests dependent on reagents containing phospholipids is lengthened. For this reason, the first tests for LA are usually the PTT, the LA-sensitive PTT or the diluted Russel viper venom test (dRVVT).  The presence or absence of LA is therefore confirmed through subsequent examinations of the results of first level tests (for further details, please refer to the section “Insights”).    The presence of LA may increase the risk of developing inappropriate clotting in the veins and arteries of the body, often in the veins of the lower extremities (deep vein thrombosis). These clots can result in disruption of blood flow to any part of the body and thus lead to stroke, cardiac arrest, or pulmonary embolism. The presence of LA is also often associated with recurrent miscarriages. These may be due to blockage of the vessels of the placenta as a result of clot formation or attack of placental tissues by autoantibodies resulting in fetal developmental damage.LA antibodies are one of the three major antiphospholipid antibodies associated with an increased risk of thrombosis and anti-phospholipid syndrome (APS), a rare autoimmune disorder characterized by excessive clot formation, organ failure and complications in pregnancy. The other two are anticardiolipin antibodies (aCL) and antiβ2-glycoprotein I (β2GPI). These antibodies increase the risk of inappropriate clotting. Patients with APS positive for these three autoantibodies are at increased risk of inappropriate clotting while thrombosis appears to be more common in the presence of LA.   The presence of antiphospholipid antibodies is not associated with any symptoms and are present in approximately 5% of the healthy population.

LATTATO ( Acido Lattico)

Questo test misura la quantità di lattato nel sangue e, più raramente, nel liquido cefalorachidiano. Il lattato è una delle sostanze prodotte dal metabolismo cellulare, con produzione maggiore nel tessuto muscolare. In base al pH, può essere presente sotto forma di acido lattico. Tuttavia, in condizioni normali di pH, la forma predominante nell’organismo è il lattato.  Normalmente i livelli di lattato sia nel sangue che nel liquor sono bassi. Viene prodotto in eccesso dalle cellule muscolari, gli eritrociti, l’encefalo e altri tessuti (insufficienza di ossigeno) in condizioni di ipossia o in condizioni nelle quali le vie principali di produzione dell’energia sono compromesse. La presenza di quantità eccessive di lattato può portare ad acidosi.  I mitocondri, piccole centrali energetiche dell’organismo, sono la sede principale della produzione di energia. Essi usano il glucosio e l’ossigeno per produrre ATP (adenosina trifosfato), lo scambiatore principale di energia dell’organismo. Questo tipo di produzione dell’energia viene definito aerobico.  Nel caso in cui la quantità di ossigeno non sia sufficiente o i mitocondri non funzionino in maniera adeguata, la produzione di energia tramite il metabolismo del glucosio è meno efficiente. Il prodotto principale di questa via alternativa di produzione dell’energia è l’acido lattico che viene prodotto in un processo definito anaerobico. L’acido lattico viene poi metabolizzato (processato) a livello epatico.   Nel caso in cui l’acido lattico venga prodotto più velocemente rispetto alle capacità metaboliche del fegato, può verificarsi un suo accumulo nell’organismo e nel circolo sanguigno.  La presenza di quantità eccessive di lattato può essere la conseguenza di una o più condizioni:  Mancanza di ossigeno (ipossia) – Presenza di una patologia responsabile di un’aumentata produzione di acido lattico – Presenza di una patologia responsabile della diminuita eliminazione dell’acido lattico.    Nel caso in cui i livelli di acido lattico aumentino in maniera significativa, può svilupparsi una patologia nota con il nome di iperlattacidemia che può poi progredire in acidosi lattica con l’accumulo di acido lattico. L’organismo è generalmente in grado di compensare l’iperlattacidemia ma l’acidosi lattica è abbastanza grave da distruggere l’equilibrio acido/base dell’organismo e causare sintomi come debolezza muscolare, respiro accelerato, nausea, vomito, sudorazione fino a coma.  Esistono molte patologie associate all’innalzamento dei livelli di lattato.

This test measures the amount of lactate in the blood and, more rarely, in the cerebrospinal fluid. Lactate is one of the substances produced by cellular metabolism, with greater production in muscle tissue. Depending on the pH, it may be present in the form of lactic acid. However, under normal pH conditions, the predominant form in the body is lactate.  Normally lactate levels in both blood and liquor are low. It is produced in excess by muscle cells, erythrocytes, the brain and other tissues (oxygen insufficiency) under conditions of hypoxia or under conditions in which the main energy production pathways are compromised. The presence of excessive amounts of lactate can lead to acidosis.  Mitochondria, small power plants of the organism, are the main location of energy production. They use glucose and oxygen to produce ATP (adenosine triphosphate), the body’s main energy exchanger. This type of energy production is referred to as aerobic.  If the amount of oxygen is not sufficient or the mitochondria do not function adequately, energy production through glucose metabolism is less efficient. The main product of this alternative energy-producing pathway is lactic acid which is produced in a process defined as anaerobic. Lactic acid is then metabolised (processed) in the liver.  In the event that lactic acid is produced faster than the metabolic capacities of the liver, its accumulation in the body and blood circulation can occur.  The presence of excessive amounts of lactate may be the consequence of one or more conditions: Lack of oxygen (hypoxia) – Presence of a pathology responsible for an increased production of lactic acid – Presence of a pathology responsible for the decreased elimination of lactic acid.    In the event that lactic acid levels increase significantly, a pathology known as hyperlactacidemia can develop which can then progress to lactic acidosis with the accumulation of lactic acid. The body is generally able to compensate for hyperlactacidemia but lactic acidosis is severe enough to destroy the acid/base balance of the body and cause symptoms such as muscle weakness, rapid breathing, nausea, vomiting, sweating to coma.  There are many pathologies associated with elevated lactate levels.

LDH

La lattico deidrogenasi (LDH) è un enzima coinvolto nella produzione di energia presente in tutte le cellule dell’organismo, con concentrazioni più alte a livello di cuore, fegato, muscoli, reni, polmoni e cellule del sangue; anche i batteri producono LDH. Questo esame misura la concentrazione di LDH nel sangue o in altri fluidi corporei.   LDH nel sangue   Negli individui sani i livelli di LDH misurabili nella porzione liquida del sangue (siero o plasma) sono bassi. L’LDH è rilasciato dalle cellule nel siero in seguito a danneggiamento o distruzione cellulare. Si tratta perciò di un marcatore non specifico della presenza di danno tissutale. Di per sé l’LDH non può essere utilizzato per determinare le cause o la localizzazione del danno; tuttavia, può essere prescritto insieme ad altri esami del sangue come supporto nel valutare e/o monitorare patologie (ad esempio tumorali, del sangue e/o del fegato) che causano danno tissutale.

LDH negli altri liquidi biologici   Talvolta in seguito ad un danno, un’infiammazione o un’infezione in una specifica parte dell’organismo (quale encefalo, cuore o polmoni), si assiste all’accumulo dei fluidi biologici o alla variazione della loro composizione. La concentrazione di LDH presente nei fluidi può essere utile per determinare la causa di tale accumulo. Per esempio l’LDH risulta tipicamente elevato nel liquor di pazienti affetti da meningite batterica. Il test dell’LDH può essere usato, insieme ad altri esami, per capire se l’accumulo di liquido (ad esempio intorno al cuore, ai polmoni o nella cavità addominale) è dovuto ad un danno o ad un’infiammazione (essudato) o ad uno squilibrio di pressione all’interno dei vasi e della concentrazione di proteine nel sangue (trasudato). La pagina Analisi dei fluidi corporei fornisce una panoramica dei liquidi biologici valutabili tramite l’esame dell’LDH.

Lactic dehydrogenase (LDH) is an enzyme involved in the production of energy found in all cells of the body, with higher concentrations in the heart, liver, muscles, kidneys, lungs and blood cells; bacteria also produce LDH. This test measures the concentration of LDH in the blood or other body fluids.   LDH in blood In healthy individuals measurable LDH levels in the liquid portion of the blood (serum or plasma) are low. LDH is released from cells in serum following cell damage or destruction. It is therefore a non-specific marker of the presence of tissue damage. In itself LDH cannot be used to determine the causes or location of damage; however, it may be prescribed together with other blood tests to help evaluate and/or monitor conditions (for example cancer, blood and/or liver) that cause tissue damage.  LDH in other biological fluids Sometimes following damage, inflammation or infection in a specific part of the body (such as the brain, heart or lungs), there is an accumulation of biological fluids or a change in their composition. The concentration of LDH present in fluids may be useful in determining the cause of such accumulation. For example, LDH is typically elevated in the CSF of patients with bacterial meningitis. The LDH test can be used, together with other tests, to understand whether the accumulation of fluid (for example around the heart, lungs or in the abdominal cavity) is due to damage or inflammation (exudate) or to an imbalance of pressure within the vessels and the concentration of proteins in the blood (transudate). The Body Fluid Analysis page provides an overview of biological fluids evaluable via LDH examination.

LE TEST (Lupus eritematoso)
Il lupus eritematoso (LE) è una malattia infiammatoria ad evoluzione cronica, patogenesi autoimmune e ad eziologia sconosciuta, con sintomi e caratteristiche variabili dal coinvolgimento limitato alla cute fino a manifestazioni sistemiche potenzialmente mortali.
Sono prevalentemente affette le giovani donne tra i 20 e i 40 anni di età. La cute è l’organo più frequentemente colpito con le articolazioni e il rene. La forma cutanea è caratterizzata da numerose fasi intermedie, che si distinguono per sintomatologia e gravità. Innanzitutto, in base al momento di esordio e alle specifiche manifestazioni cliniche, il LE è suddiviso in forma acuta, subacuta e cronica. Queste forme possono succedersi tra loro o essere presenti contemporaneamente; esistono, inoltre, numerose presentazioni intermedie all’interno di esse. Il volto e/o il cuoio capelluto sono frequentemente interessati nella fase acuta e nella fase cronica, mentre il tronco e gli arti sono maggiormente coinvolti nel LE sub-acuto. La sintomatologia è estremamente mutevole, con un’estrema variabilità di morfologie. L’eritema malare a farfalla, di colorito rosso tendente al lilla dell’area centrale del volto, è la forma più comune, ed esordisce più spesso dopo l’esposizione ai raggi UV. Il LE cutaneo cronico è principalmente caratterizzato dalla triade: eritema, ipercheratosi e atrofia, che comporta aree di alopecia nelle zone pilifere o al cuoio capelluto. In corso di LE cronico e acuto possono talora manifestarsi lesioni a livello delle mucose orali, genitali e congiuntivali. La forma subacuta, infine, si presenta con piccoli elementi rotondeggianti, eritematosi e desquamativi, prevalentemente sul volto e sul terzo superiore del dorso.   Il LE appartiene al gruppo delle connettiviti autoimmuni, malattie caratterizzate prevalentemente da manifestazioni cutanee e/o reumatologiche dove il tessuto connettivo è il target principale. Sia fattori genetici predisponenti, sia ambientali scatenanti, sono coinvolti nella patogenesi di tali malattie.

 

Lupus erythematosus (LE) is an inflammatory disease with chronic evolution, autoimmune pathogenesis and unknown etiology, with symptoms and characteristics varying from limited involvement in the skin to potentially fatal systemic manifestations.
Young women between 20 and 40 years of age are mainly affected. The skin is the organ most frequently affected with the joints and kidney. The skin form is characterized by numerous intermediate phases, which are distinguished by symptoms and severity. First of all, based on the time of onset and specific clinical manifestations, LE is divided into acute, subacute and chronic forms. These forms can succeed each other or be present at the same time; there are, in addition, numerous intermediate presentations within them. The face and/or scalp are frequently affected in the acute phase and chronic phase, while the trunk and limbs are more involved in sub-acute LE. The symptomatology is extremely changeable, with an extreme variability of morphologies. Butterfly malar erythema, red tending to lilac in color of the central area of the face, is the most common form, and begins most often after exposure to UV rays. Chronic cutaneous LE is primarily characterized by the triad: erythema, hyperkeratosis, and atrophy, which involves areas of alopecia in the hair areas or scalp. During chronic and acute LE, lesions may sometimes occur in the oral, genital and conjunctival mucous membranes. Finally, the subacute shape presents small rounded, erythematous and desquamative elements, mainly on the face and on the upper third of the back.  LE belongs to the group of autoimmune connectives, diseases characterized mainly by cutaneous and/or rheumatological manifestations where connective tissue is the main target. Both predisposing genetic and triggering environmental factors are involved in the pathogenesis of these diseases.

LEGIONELLA (Anticorpi)

La legionella è un tipo di batterio responsabile di una forma grave di polmonite, chiamata Malattia dei Legionari. I test diagnostici per la legionellosi rilevano la presenza del batterio per essere usati come supporto nella diagnosi di polmonite.L’infezione da legionella spesso interessa le basse vie respiratorie; il tasso di mortalità è piuttosto elevato e pertanto spesso richiede un ricovero. Oltre alla polmonite, il batterio della Legionella può causare la febbre di Pontiac, una malattia simil-influenzale più lieve. Sia la febbre di Pontiac che la malattia dei legionari vengono indicate con il nome di Legionellosi.Il batterio della Legionella è piuttosto diffuso nell’ambiente, in particolar modo in ambienti caldi e acque stagnanti. Può crescere all’interno degli impianti idrici di grosse strutture come hotel, ospedali e navi da crociera. Il batterio può contaminare piscine, centri benessere, acqua da bere, cisterne di acqua calda, impianti di aria condizionata, umidificatori e fontane pubbliche.L’infezione può essere contratta inalando aerosol (particelle di acqua presenti nell’aria) contaminato dal batterio. L’infezione non viene trasmessa direttamente da una persona all’altra; tuttavia, nel caso in cui la stessa sorgente d’acqua contaminata venga usata da più persone, può instaurarsi un’epidemia.  Secondo l’ECDC (European Center for Disease Prevention and Control), la prevenzione della legionellosi deve avvalersi di diagnosi precoce, rilevazione e sorveglianza efficace di possibili fonti di epidemia. È compito della sorveglianza nazionale (Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (CNESPS) e Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate (DMIPI) dell’Istituto Superiore di Sanità) ed europea (all’interno del programma “The European Legionnaires’ disease Surveillance Network; ELDSNet” coordinato dall’ECDC), sorvegliare e segnalare eventuali epidemie di legionellosi che potrebbero compromettere la salute dei cittadini. La diagnosi di legionellosi viene confermata in persone sintomatiche e positive ai test di laboratorio. La febbre di Pontiac si sviluppa tipicamente entro 24-48 ore dal contagio, mentre la malattia dei Legionari impiega da alcuni giorni a qualche settimana. Secondo i dati pubblicati dall’ECDC relativi al report sulla sorveglianza della malattia dei legionari in Europa, i nuovi casi di Malattia dei Legionari sono stati quasi 9000 nel 2017 (circa 2000 casi in Italia). I casi di malattia dei legionari sono maggiori rispetto alla febbre di Pontiac nonostante talvolta la malattia dei legionari non venga diagnosticata.  Nonostante chiunque possa contrarre la malattia dei legionari, sono maggiormente a rischio le persone oltre i 50 anni, fumatori, con malattie polmonari o con compromissione del sistema immunitario (come i soggetti con HIV/AIDS, cancro o sotto terapia immunosoppressiva). Sono maggiormente vulnerabili anche le persone affette da malattie croniche come il diabete, le malattie renali o epatiche. L’incidenza è maggiore negli uomini rispetto alle donne. Molti casi di malattia dei legionari sono sporadici ma spesso ricorrono epidemie, tipicamente durante il periodo estivo e l’inizio dell’autunno. La febbre di Pontiac ha spesso carattere epidemico.  Esistono molti tipi di batterio della Legionella, ma solo alcuni sono comuni. In Europa, il 85% dei batteri della Legionella isolati in corso di Malattia dei Legionari, sono del tipo L. pneumophila sierogruppo (un sottotipo della specie) di tipo 1, seguiti da quelli del sierogruppo 3. Altri gruppi di Legionella,  come Legionella micdadeiLegionella bozemaniiLegionella dumoffii Legionella longbeachae, possono essere maggiormente presenti in altre fasce d’età (ad esempio nei bambini) o in altre aree geografiche.

Legionella is a type of bacterium responsible for a severe form of pneumonia, called Legionnaires’ Disease. Diagnostic tests for legionellosis detect the presence of the bacterium for use as a support in diagnosing pneumonia Legionella infection often affects the lower respiratory tract; the mortality rate is quite high and therefore often requires hospitalization. In addition to pneumonia, Legionella bacteria can cause Pontiac fever, a milder flu-like illness. Both Pontiac fever and Legionnaires’ disease are referred to as Legionellosis. The Legionella bacterium is quite widespread in the environment, particularly in warm environments and stagnant waters. It can grow inside the water systems of large structures such as hotels, hospitals and cruise ships. The bacterium can contaminate swimming pools, health clubs, drinking water, hot water tanks, air conditioning systems, humidifiers, and public fountains The infection can be contracted by inhaling aerosols (airborne water particles) contaminated with the bacterium. The infection is not transmitted directly from one person to another; however, in the event that the same source of contaminated water is used by several people, an epidemic can set in.  According to the ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control), prevention of legionellosis must make use of early detection, detection and effective surveillance of possible sources of outbreak. It is the task of national (National Centre for Epidemiology, Surveillance and Health Promotion (CNESPS) and the Department of Infectious, Parasitic and Immunomediated Diseases (DMIPI) of the Istituto Superiore di Sanità) and European (within the programme “The European Legionnaires’ disease Surveillance Network; ELDSNet” coordinated by the ECDC), to monitor and report any outbreaks of legionellosis that could compromise the health of citizens. The diagnosis of legionellosis is confirmed in people who are symptomatic and positive in laboratory tests. Pontiac fever typically develops within 24 to 48 hours of infection, while Legionnaires’ disease takes a few days to a few weeks. According to data published by the ECDC related to the report on the surveillance of Legionnaires’ disease in Europe, there were almost 9000 new cases of Legionnaires’ disease in 2017 (around 2000 cases in Italy). Cases of Legionnaires’ disease are greater than Pontiac fever although Legionnaires’ disease is sometimes undiagnosed.    Although anyone can contract Legionnaires’ disease, people over the age of 50, who smoke, have lung disease or have an impaired immune system (such as people with HIV/AIDS, cancer or under immunosuppressive therapy) are at greater risk. People with chronic diseases such as diabetes, kidney or liver disease are also more vulnerable. The incidence is higher in men than in women. Many cases of Legionnaires’ disease are sporadic but outbreaks often recur, typically during the summer and early fall. Pontiac fever is often epidemic in nature.  There are many types of Legionella bacteria, but only a few are common. In Europe, 85% of Legionella bacteria isolated during Legionnaires’ Disease are of the L. pneumophila serogroup (a subtype of the species) type 1, followed by those of serogroup 3. Other Legionella groups, such as Legionella micdadei, Legionella bozemanii, Legionella dumoffii and Legionella longbeachae, may be more present in other age groups (for example in children) or in other geographical areas.

LH

Questo esame misura i livelli di ormone luteinizzante (LH) nel sangue. L’LH è associato alla riproduzione: stimola il rilascio degli ovuli da parte delle ovaie nelle donne e la produzione di testosterone negli uomini.  L’LH è prodotto dall’ipofisi, un piccolo organo localizzato alla base del cervello. La produzione di LH è controllata da un complesso sistema che coinvolge l’ipotalamo (una porzione dell’encefalo), l’ipofisi e gli ormoni prodotti da ovaie e testicoli.   Nelle donne in età fertile, molti ormoni (LH, ormone follicolo-stimolante (FSH), estrogeni e progesterone) aumentano e diminuiscono seguendo una sequenza specifica durante il ciclo ovarico. Il ciclo ovarico (o mestruale) si divide in fase follicolare e fase luteinica; ogni fase dura circa 14 giorni (la fase follicolare può essere molto variabile, più lunga o più corta). Verso la fine della fase follicolare (a metà ciclo), le concentrazioni dell’FSH e dell’LH raggiungono il picco (massimo di concentrazione). In questa fase ha luogo l’ovulazione, la rottura del follicolo nell’ovaio e il rilascio dell’ovulo.   Durante la fase luteinica, il sito in cui è avvenuta la rottura del follicolo diventa “corpo luteo”. La secrezione di LH stimola il corpo luteo a iniziare a produrre progesterone. Le concentrazioni di FSH e di LH diminuiscono, mentre aumentano quelle di progesterone e di estradiolo. Se l’ovulo non viene fecondato, dopo qualche giorno questi ormoni diminuiscono uno dopo l’altro, le mestruazioni iniziano e questo ciclo ricomincia.  All’aumentare dell’età della donna, con l’avvicinarsi della menopausa, la funzionalità ovarica decresce per poi cessare e, contemporaneamente, i livelli di FSH ed LH aumentano in quanto la loro produzione non è più inibita dai livelli di progesterone ed estradiolo.Negli uomini l’LH stimola le cellule del Leydig dei testicoli a produrre testosterone. Le concentrazioni di LH sono relativamente costanti negli uomini dopo la pubertà. Alti livelli di testosterone modulano una regolazione a retroazione negativa (feedback) sull’ipofisi e sull’ipotalamo, che in risposta limitano la secrezione di LH. Nei bambini, le concentrazioni di LH aumentano poco dopo la nascita e, in seguito, diminuiscono a concentrazioni molto basse dopo sei mesi nei maschi e dopo 1-2 anni nelle femmine. A 6-8 anni le concentrazioni aumentano di nuovo prima dell’inizio della pubertà e dello sviluppo dei caratteri sessuali secondari.

This test measures the levels of luteinizing hormone (LH) in the blood. LH is associated with reproduction: it stimulates egg release by the ovaries in women and testosterone production in men.  LH is produced by the pituitary gland, a small organ located at the base of the brain. LH production is controlled by a complex system involving the hypothalamus (a portion of the brain), pituitary gland, and hormones produced by the ovaries and testes.   In women of childbearing age, many hormones (LH, follicle-stimulating hormone (FSH), estrogen and progesterone) increase and decrease following a specific sequence during the ovarian cycle. The ovarian (or menstrual) cycle is divided into the follicular phase and the luteal phase; each phase lasts approximately 14 days (the follicular phase can be very variable, longer or shorter). Towards the end of the follicular phase (mid-cycle), FSH and LH concentrations peak (maximum concentration). Ovulation, rupture of the follicle in the ovary, and release of the egg take place at this stage.   During the luteal phase, the site where the follicle rupture occurred becomes “corpus luteum”. LH secretion stimulates the corpus luteum to begin producing progesterone. The concentrations of FSH and LH decrease, while those of progesterone and estradiol increase. If the egg is not fertilized, after a few days these hormones decrease one after the other, menstruation begins and this cycle begins again.  As the age of the woman increases, as menopause approaches, ovarian function decreases and then ceases and, at the same time, FSH and LH levels increase as their production is no longer inhibited by progesterone and estradiol levels. In men, LH stimulates the Leydig cells of the testicles to produce testosterone. LH concentrations are relatively constant in men after puberty. High testosterone levels modulate negative feedback regulation (feedback) on the pituitary and hypothalamus, which in response limit LH secretion. In children, LH concentrations increase shortly after birth and subsequently decrease to very low concentrations after six months in males and after 1-2 years in females. At 6-8 years, concentrations increase again before the onset of puberty and the development of secondary sexual characteristics.

LISTERIA (Anticorpi)

L’infezione da listeria, anche detta listeriosi, è causata da Listeria monocytogenes. Questo batterio si trova comunemente nel terreno e nell’acqua e può quindi facilmente contaminare ortaggi e verdure. Molti animali possono venire infettati dal batterio senza dimostrare sintomi apparenti.Il batterio Listeria monocytogenes si può rilevare in un’ampia varietà di cibi crudi, come carni non ben cotte e verdure crude, prodotti lattiero-caseari preparati con latte non pastorizzato. Come per la maggior parte dei batteri, questo non sopravvive a processi di pastorizzazione e cottura.L’infezione può manifestarsi sotto due forme principali:   la gastroenterite; si manifesta dopo un tempo breve dall’ingestione di cibo contaminato; l’incubazione media è di 24 ore;    la forma invasiva, detta anche “sistemica“, si può manifestare come meningite, meningoencefalite e sepsi. In questo secondo caso tra l’ingestione del cibo contaminato e la manifestazione dei sintomi trascorrono in media una decina di giorni fino ad arrivare anche ad un mese. I soggetti più a rischio sono le persone con compromissione del sistema immunitario: come i pazienti oncologici, i pazienti diabetici, i pazienti con infezione da HIV, le persone anziane e i neonati. Particolarmente a rischio risultano le donne in gravidanza: l’infezione da Listeria può infatti causare aborto spontaneo, parto prematuro, morte in utero o infezione del feto.

Listeria infection, also called listeriosis, is caused by Listeria monocytogenes. This bacterium is commonly found in soil and water and can therefore easily contaminate vegetables and vegetables. Many animals can become infected with the bacterium without demonstrating apparent symptoms Listeria monocytogenes bacterium can be detected in a wide variety of raw foods, such as uncooked meats and raw vegetables, dairy products prepared from unpasteurized milk. As with most bacteria, this does not survive pasteurization and cooking processes Infection can occur in two main forms: gastroenteritis; it occurs after a short time after ingesting contaminated food; the average incubation is 24 hours; the invasive form, also called “systemic“, can manifest as meningitis, meningoencephalitis and sepsis. In this second case, an average of ten days elapse between ingesting the contaminated food and the manifestation of symptoms until it reaches up to a month. Those most at risk are people with impaired immune systems: such as cancer patients, diabetic patients, HIV-infected patients, elderly people and newborns. Pregnant women are particularly at risk: Listeria infection can in fact cause miscarriage, premature birth, death in utero or infection of the fetus.

LITIO

Il litio è un farmaco antipsicotico largamente utilizzato nel trattamento della malattia bipolare. Il test misura la concentrazione di litio nel sangue.  Il disturbo bipolare è una condizione mentale che può verificarsi sia in età adulta che pediatrica, caratterizzata da cicli di depressione e mania. Questi cicli possono essere di breve durata (pochi giorni o settimane) o lunghi (mesi o anni).   Durante un episodio depressivo, il paziente può sentirsi triste, disperato, incapace e privo di interesse per le attività quotidiane. I soggetti possono sentirsi affaticati e avere difficoltà a dormire, possono perdere o guadagnare peso, avere difficoltà a concentrarsi e pensieri suicidi    Durante un episodio maniacale i pazienti possono essere euforici, irritabili e pieni di energia, usare scarso giudizio ed assumere comportamenti rischiosi. Talvolta, possono manifestarsi episodi misti, caratterizzati dalla presenza di aspetti comportamentali tipici sia dello stato maniacale che depressivo   Il litio viene prescritto come stabilizzatore dell’umore dei pazienti affetti da disturbo bipolare. Viene normalmente impiegato nel trattamento dei pazienti refrattari ad altri tipi di terapie. Talvolta, viene prescritto per prevenire disturbi quali schizofrenia (caratterizzata da sintomi come allucinazioni e deliri) o cefalea a grappolo.   Il litio è un farmaco a lento rilascio, che pertanto può richiedere da settimane a mesi per agire sull’umore del paziente. É necessario variare il dosaggio fino al raggiungimento della concentrazione terapeutica nel sangue. La quantità di farmaco che deve essere assunta per raggiungere un livello stabile nel sangue (steady state) ha caratteristiche strettamente individuali che possono dipendere da molti fattori, quali età del paziente, stato di salute generale ed assunzione di altri farmaci. I livelli di litio devono essere attentamente monitorati a causa della stretta finestra terapeutica di questo farmaco. Livelli troppo bassi del farmaco nel sangue possono comportare la ricomparsa dei sintomi, mentre livelli troppo alti possono risultare tossici.

Lithium is an antipsychotic drug widely used in the treatment of bipolar disease. The test measures the concentration of lithium in the blood.  Bipolar disorder is a mental condition that can occur in both adulthood and pediatric age, characterized by cycles of depression and mania. These cycles can be short-lived (a few days or weeks) or long (months or years).   During a depressive episode, the patient may feel sad, desperate, incapable, and lacking interest in daily activities. People may feel tired and have difficulty sleeping, they may lose or gain weight, they may have difficulty concentrating and suicidal thoughts. During a manic episode, patients may be euphoric, irritable and full of energy, use poor judgment and engage in risky behaviors. Sometimes, mixed episodes may occur, characterized by the presence of behavioral aspects typical of both manic and depressive states. Lithium is prescribed as a mood stabilizer for patients suffering from bipolar disorder. It is normally used in the treatment of patients refractory to other types of therapies. Sometimes, it is prescribed to prevent disorders such as schizophrenia (characterized by symptoms such as hallucinations and delusions) or cluster headaches.  Lithium is a slow-release drug, which therefore can take weeks to months to act on the patient’s mood. It is necessary to vary the dosage until the therapeutic concentration in the blood is reached. The amount of drug that must be taken to reach a stable level in the blood (steady state) has strictly individual characteristics that can depend on many factors, such as the patient’s age, general health and intake of other drugs. Lithium levels should be carefully monitored due to the narrow therapeutic window of this drug. Too low levels of the drug in the blood can cause symptoms to return, while too high levels can be toxic.

M

MAGNESIO (Mg)

Il magnesio è un minerale presente in tutte le cellule dell’organismo ed è coinvolto in molti processi vitali
quali la produzione di energia a livello cellulare, la contrazione muscolare, la trasmissione dell’impulso nervoso, la mineralizzazione e lo sviluppo delle ossa. Il magnesio viene assunto essenzialmente con la dieta; viene assorbito nell’intestino tenue e nel colon e immagazzinato nelle ossa, cellule e tessuti. Nel sangue è presente normalmente circa l’1% del magnesio totale; ciò rende la misura di questo minerale piuttosto difficile. Tuttavia, questo test è utile per la valutazione dello stato complessivo di salute di una persona.  La principale fonte alimentare di magnesio è costituita dai vegetali a foglia verde, come gli spinaci, ma anche cereali e noci. Gli alimenti ricchi di fibre sono una buona fonte di magnesio. L’organismo mantiene costante il proprio contenuto di magnesio regolando l’assorbimento intestinale e la sua eliminazione a livello renale.  La carenza di magnesio nel sangue (ipomagnesemia) può essere dovuta a malnutrizione, malassorbimento e eccessiva perdita di magnesio a livello renale. L’eccesso di magnesio nel sangue (ipermagnesemia) può essere secondaria all’ingestione di antiacidi contenenti magnesio e alla diminuita capacità di escrezione renale.
La carenza lieve di magnesio può essere asintomatica. La carenza persistente e grave può causare nausea, perdita di appetito, stanchezza, stato confusionale, crampi muscolari, convulsioni, aritmie cardiache, intorpidimento e formicolio. Inoltre può influenzare il metabolismo del calcio esacerbandone un’eventuale carenza. I sintomi dell’ipermagnesemia sono simili a quelli della carenza e includono nausea, astenia, perdita di appetito e aritmie cardiache.

Magnesium is a mineral found in all cells of the body and is involved in many life processes
such as energy production at the cellular level, muscle contraction, nerve impulse transmission, mineralization and bone development. Magnesium is essentially taken in the diet; it is absorbed in the small intestine and colon and stored in bones, cells and tissues. Approximately ’1% of total magnesium is normally present in the blood; this makes measuring this mineral rather difficult. However, this test is useful for evaluating a person’s overall health status.  The main food source of magnesium is green leafy vegetables, such as spinach, but also cereals and nuts. Fiber-rich foods are a good source of magnesium. The body keeps its magnesium content constant by regulating intestinal absorption and its elimination at the renal level.  Blood magnesium deficiency (hypomagnesaemia) may be due to malnutrition, malabsorption and excessive loss of magnesium in the kidneys. Excess magnesium in the blood (hypermagnesemia) may be secondary to ingestion of magnesium-containing antacids and decreased ability to excret kidney.
Mild magnesium deficiency can be asymptomatic. Persistent, severe deficiency can cause nausea, loss of appetite, tiredness, confusion, muscle cramps, seizures, cardiac arrhythmias, numbness, and tingling. It can also affect calcium metabolism by exacerbating any deficiency. Symptoms of hypermagnesemia are similar to those of deficiency and include nausea, asthenia, loss of appetite, and cardiac arrhythmias.

MAGNESIO URINARIO

Il magnesio è un minerale presente in tutte le cellule dell’organismo ed è coinvolto in molti processi vitali
quali la produzione di energia a livello cellulare, la contrazione muscolare, la trasmissione dell’impulso nervoso, la mineralizzazione e lo sviluppo delle ossa. Il magnesio viene assunto essenzialmente con la dieta; viene assorbito nell’intestino tenue e nel colon e immagazzinato nelle ossa, cellule e tessuti. Nel sangue è presente normalmente circa l’1% del magnesio totale; ciò rende la misura di questo minerale piuttosto difficile. Tuttavia, questo test è utile per la valutazione dello stato complessivo di salute di una persona.  La principale fonte alimentare di magnesio è costituita dai vegetali a foglia verde, come gli spinaci, ma anche cereali e noci. Gli alimenti ricchi di fibre sono una buona fonte di magnesio. L’organismo mantiene costante il proprio contenuto di magnesio regolando l’assorbimento intestinale e la sua eliminazione a livello renale.  La carenza di magnesio nel sangue (ipomagnesemia) può essere dovuta a malnutrizione, malassorbimento e eccessiva perdita di magnesio a livello renale. L’eccesso di magnesio nel sangue (ipermagnesemia) può essere secondaria all’ingestione di antiacidi contenenti magnesio e alla diminuita capacità di escrezione renale.
La carenza lieve di magnesio può essere asintomatica. La carenza persistente e grave può causare nausea, perdita di appetito, stanchezza, stato confusionale, crampi muscolari, convulsioni, aritmie cardiache, intorpidimento e formicolio. Inoltre può influenzare il metabolismo del calcio esacerbandone un’eventuale carenza. I sintomi dell’ipermagnesemia sono simili a quelli della carenza e includono nausea, astenia, perdita di appetito e aritmie cardiache.

Magnesium is a mineral found in all cells of the body and is involved in many life processes
such as energy production at the cellular level, muscle contraction, nerve impulse transmission, mineralization and bone development. Magnesium is essentially taken in the diet; it is absorbed in the small intestine and colon and stored in bones, cells and tissues. Approximately ’1% of total magnesium is normally present in the blood; this makes measuring this mineral rather difficult. However, this test is useful for evaluating a person’s overall health status.  The main food source of magnesium is green leafy vegetables, such as spinach, but also cereals and nuts. Fiber-rich foods are a good source of magnesium. The body keeps its magnesium content constant by regulating intestinal absorption and its elimination at the renal level.  Blood magnesium deficiency (hypomagnesaemia) may be due to malnutrition, malabsorption and excessive loss of magnesium in the kidneys. Excess magnesium in the blood (hypermagnesemia) may be secondary to ingestion of magnesium-containing antacids and decreased ability to excret kidney.
Mild magnesium deficiency can be asymptomatic. Persistent, severe deficiency can cause nausea, loss of appetite, tiredness, confusion, muscle cramps, seizures, cardiac arrhythmias, numbness, and tingling. It can also affect calcium metabolism by exacerbating any deficiency. Symptoms of hypermagnesemia are similar to those of deficiency and include nausea, asthenia, loss of appetite, and cardiac arrhythmias.

MARIJUANA

La cannabis è un prodotto naturale, il cui ingrediente psicoattivo principale è il tetraidrocannabinolo. La pianta della cannabis è ampiamente diffusa e cresce nelle zone temperate e tropicali. Insieme a tabacco, alcol e caffeina è una delle droghe più  consumate al mondo, viene usata come droga ed è fonte di fibra dai tempi antichi. In molti Paesi l’erba e la resina di cannabis sono conosciute a livello formale rispettivamente  come marijuana ed hashish (o soltanto hash).   La marijuana (“erba”) consiste nelle infiorescenze e nelle foglie essiccate. La resina di cannabis (“hashish”) è un solido compresso, estratto dalle parti resinose della pianta, l’olio di cannabis invece (hash) viene estratto dalla cannabis tramite solvente. La cannabis viene quasi sempre fumata, spesso mischiata al tabacco. La cannabis sativa è dioica: esistono piante maschili e piante femminili. Il THC è ampiamente concentrato all’interno delle infiorescenze della pianta femmina. Le foglie e le piante maschili hanno meno THC, mentre gli steli ed i semi ne contengono pochissimo. Le piante sono caratterizzate da foglie composte con fino a 11 lobi lanceolati separati.   La cannabis in genere viene fumata, spesso mescolata al tabacco o inserita in un dispositivo per il fumo (bong). Dal momento che il THC ha una bassa solubilità in acqua, l’ingestione della cannabis comporta uno scarso assorbimento.  Una sigaretta (spinello) medio contiene circa 200 mg di erba o resina di cannabis.   La farmacologia della cannabis è complicata dalla presenza di una vasta gamma di cannabinoidi.    A piccole dosi la cannabis produce euforia, solleva dall’ansia, ha effetto sedativo e dà stordimento.  Per certi aspetti, gli effetti sono simili a quelli causati dall’alcol. Anche il corpo umano produce un cannabinoide chiamato anandamide, un legante endogeno per il ricettore cannabinoide, che ha proprietà farmaceutiche simili a quelle del THC. Se fumata, il THC può essere rilevato nel plasma a pochi secondi dall’inalazione. Alcuni metaboliti sono riscontrabili nelle urine fino a due settimane dopo l’assunzione per fumo o ingestione.  Ci sono poche prove rispetto ai danni provocati agli organi tra i consumatori moderati, ma il consumo insieme al tabacco comporta tutti i rischi legati a detta sostanza. Gran parte dell’interesse rispetto agli effetti collaterali della cannabis è stato focalizzato sul suo legame con la schizofrenia, anche se non è ancora chiaro se esista una relazione di causalità tra salute mentale e cannabis. Le morti direttamente attribuibili alla cannabis sono rare.

Cannabis is a natural product, the main psychoactive ingredient of which is tetrahydrocannabinol. The cannabis plant is widely distributed and grows in temperate and tropical areas. Together with tobacco, alcohol and caffeine it is one of the most consumed drugs in the world, it is used as a drug and has been a source of fiber since ancient times. In many countries cannabis herb and resin are known formally as marijuana and hashish (or just hash), respectively.   Marijuana (“herb”) consists of the dried inflorescences and leaves. Cannabis resin (“hashish”) is a compressed solid, extracted from the resinous parts of the plant, while cannabis oil (hash) is extracted from cannabis via solvent. Cannabis is almost always smoked, often mixed with tobacco. Cannabis sativa is dioecious: there are male plants and female plants. THC is largely concentrated within the inflorescences of the female plant. Male leaves and plants have less THC, while stems and seeds contain very little THC. The plants are characterized by compound leaves with up to 11 separate lanceolate lobes.   Cannabis is typically smoked, often mixed with tobacco, or placed in a smoking device (bong). Since THC has low solubility in water, ingesting cannabis results in poor absorption.  An average cigarette (pinello) contains approximately 200 mg of cannabis herb or resin.   Cannabis pharmacology is complicated by the presence of a wide range of cannabinoids.    In small doses cannabis produces euphoria, relieves anxiety, has a sedative effect and gives lightheadedness.  In some respects, the effects are similar to those caused by alcohol. The human body also produces a cannabinoid called anandamide, an endogenous binder for the cannabinoid receptor, which has pharmaceutical properties similar to those of THC. If smoked, THC can be detected in plasma within seconds of inhalation. Some metabolites are found in urine up to two weeks after taking for smoking or ingestion.  There is little evidence regarding organ damage among moderate users, but consumption together with tobacco carries all the risks associated with this substance. Much of the interest with respect to cannabis side effects has been focused on its link to schizophrenia, although it is not yet clear whether there is a causal relationship between mental health and cannabis. Deaths directly attributable to cannabis are rare.

METADONE

Il metadone e’ un una sostanza analgesica “oppiode”, cioè una sostanza, prodotta in laboratorio, che agisce sul nostro organismo con gli stessi meccanismi dei farmaci ricavati dall’oppio, come la morfina e l’eroina.  Il metadone, quindi, ha la stessa attività della morfina e dell’eroina sul nostro cervello e sugli organi periferici (come l’intestino, la vescica, le vie biliari).  Tuttavia e’ molto diverso il modo e il tempo in cui questa attività si manifesta ed è questa diversità che viene sfruttata nella terapia della dipendenza da oppiacei.  Innanzitutto il metadone puo’ essere assunto per via orale, cioe’ per bocca.  Questo fa sì che l’assorbimento sia molto piu’ lento rispetto a quanto avviene con l’eroina inalata, fumata  o assunta per via endovenosa.  Inoltre, le trasformazioni che il metadone subisce nel nostro organismo (farmacocinetica) e la sua eliminazione attraverso il rene e le vie biliari sono molto più lente. Infine questa sostanza, somministrata tutti i giorni a una certa dose, tende ad accumularsi nel tessuto adiposo e queste “scorte” entrano in equilibrio con il farmaco presente nel sangue fino a raggiungere, dopo circa una settimana di terapia, un livello quasi costante.  A questo livello, indipendentemente dal dosaggio assunto, la persona non avverte quasi più differenze di effetto tra un’assunzione e l’altra.  La conseguenza e’ che il metadone non dà la sensazione di appagamento immediato tipica dell’eroina e, anzi, se la terapia è ben condotta, dopo pochi giorni gli effetti del farmaco non vengono più avvertiti.

Methadone is’ an analgesic substance “opiod”, that is, a substance, produced in the laboratory, which acts on our body with the same mechanisms as drugs made from opium, such as morphine and heroin.  Methadone, therefore, has the same activity as morphine and heroin on our brain and peripheral organs (such as the intestine, bladder, biliary tract).  However, the way and time in which this activity manifests itself is very different and it is this diversity that is exploited in the therapy of opioid addiction.  First of all, methadone can’ be taken orally, that is’ by mouth.  This causes absorption to be much slower than with heroin inhaled, smoked or taken intravenously.  Furthermore, the transformations that methadone undergoes in our body (pharmacokinetics) and its elimination through the kidney and biliary tract are much slower. Finally, this substance, administered every day at a certain dose, tends to accumulate in the adipose tissue and these “stocks” come into balance with the drug present in the blood until they reach, after about a week of therapy, an almost constant level.  At this level, regardless of the dosage taken, the person almost no longer experiences differences in effect between one intake and another.  The consequence is’ that methadone does not give the feeling of immediate satisfaction typical of heroin and, indeed, if the therapy is well conducted, after a few days the effects of the drug are no longer felt.

METADONE (Test qualitativo)

Il metadone e’ un una sostanza analgesica “oppiode”, cioè una sostanza, prodotta in laboratorio, che agisce sul nostro organismo con gli stessi meccanismi dei farmaci ricavati dall’oppio, come la morfina e l’eroina.  Il metadone, quindi, ha la stessa attività della morfina e dell’eroina sul nostro cervello e sugli organi periferici (come l’intestino, la vescica, le vie biliari).  Tuttavia e’ molto diverso il modo e il tempo in cui questa attività si manifesta ed è questa diversità che viene sfruttata nella terapia della dipendenza da oppiacei.  Innanzitutto il metadone puo’ essere assunto per via orale, cioe’ per bocca.  Questo fa sì che l’assorbimento sia molto piu’ lento rispetto a quanto avviene con l’eroina inalata, fumata  o assunta per via endovenosa.  Inoltre, le trasformazioni che il metadone subisce nel nostro organismo (farmacocinetica) e la sua eliminazione attraverso il rene e le vie biliari sono molto più lente. Infine questa sostanza, somministrata tutti i giorni a una certa dose, tende ad accumularsi nel tessuto adiposo e queste “scorte” entrano in equilibrio con il farmaco presente nel sangue fino a raggiungere, dopo circa una settimana di terapia, un livello quasi costante.  A questo livello, indipendentemente dal dosaggio assunto, la persona non avverte quasi più differenze di effetto tra un’assunzione e l’altra.  La conseguenza e’ che il metadone non dà la sensazione di appagamento immediato tipica dell’eroina e, anzi, se la terapia è ben condotta, dopo pochi giorni gli effetti del farmaco non vengono più avvertiti.

Methadone is’ an analgesic substance “opiod”, that is, a substance, produced in the laboratory, which acts on our body with the same mechanisms as drugs made from opium, such as morphine and heroin.  Methadone, therefore, has the same activity as morphine and heroin on our brain and peripheral organs (such as the intestine, bladder, biliary tract).  However, the way and time in which this activity manifests itself is very different and it is this diversity that is exploited in the therapy of opioid addiction.  First of all, methadone can’ be taken orally, that is’ by mouth.  This causes absorption to be much slower than with heroin inhaled, smoked or taken intravenously.  Furthermore, the transformations that methadone undergoes in our body (pharmacokinetics) and its elimination through the kidney and biliary tract are much slower. Finally, this substance, administered every day at a certain dose, tends to accumulate in the adipose tissue and these “stocks” come into balance with the drug present in the blood until they reach, after about a week of therapy, an almost constant level.  At this level, regardless of the dosage taken, the person almost no longer experiences differences in effect between one intake and another.  The consequence is’ that methadone does not give the feeling of immediate satisfaction typical of heroin and, indeed, if the therapy is well conducted, after a few days the effects of the drug are no longer felt.

METAMFETAMINE

L’esame misura la concentrazione di metanefrine e normetanefrine nel sangue. Le metanefrine e le normetanefrine sono metaboliti inattivi delle catecolamine adrenalina (epinefrina) e noradrenalina (norepinefrina).  Le catecolamine sono un gruppo di ormoni prodotti dalle cellule del sistema nervoso simpatico (in tal caso chiamate sostanze neurotrasmettitrici o neurotrasmettitori) o dalle ghiandole surrenali, piccoli organi di forma triangolare localizzati sopra i reni. Le catecolamine principali sono dopamina, adrenalina (epinefrina) e noradrenalina (norepinefrina). Questi ormoni vengono rilasciati nel sangue in risposta a stress fisici o emotivi e aiutano a trasmettere gli impulsi nervosi al cervello; aumentano il rilascio di glucosio e acidi grassi per fornire energia, dilatano i bronchioli (ramificazioni dell’albero bronchiale) e le pupille. La noradrenalina provoca la costrizione dei vasi sanguigni, con conseguente aumento della pressione arteriosa, e l’adrenalina accelera il battito cardiaco e il metabolismo.   Dopo aver svolto la loro azione, le catecolamine sono metabolizzate a forme inattive. L’adrenalina diventa metanefrina e acido vanilmandelico (VMA), la noradrenalina si trasforma in normetanefrina e VMA. Sia gli ormoni che i loro metaboliti vengono escreti nell’urina.

Le catecolamine e i loro metaboliti sono di solito presenti nel sangue e nell’urina in piccole concentrazioni fluttuanti che aumentano in modo apprezzabile durante e subito dopo l’esposizione allo stress. I feocromocitomi e i paragangliomi (entrambi tumori rari) possono però produrre grandi quantità di catecolamine, con conseguente aumento di questi ormoni e dei loro metaboliti nel sangue e nell’urina. Le catecolamine prodotte dai PGL possono provocare grave ipertensione persistente (pressione alta) ed episodica, che può indurre forti mal di testa. Altri sintomi associati a questo fenomeno sono tachicardia, sudorazione eccessiva, nausea, ansia e formicolio alle estremità.  Il feocromocitoma e il paraganglioma sono malattie rare (incidenza 1/1.000.000 in Italia): ad eccezione di pochissimi casi, la maggior parte sono benigne, cioè non si diffondono fuori dalla sede primaria. Se non trattati, tuttavia, i sintomi possono peggiorare e il feocromocitoma può crescere. Nel tempo, l’ipertensione dovuta all’eccesso di ormoni può causare danno renale, patologie cardiache ed aumentare il rischio di ictus e infarti.  E’ molto importante diagnosticare e trattare precocemente queste rare forme tumorali, in quanto l’ipertensione che provocano è potenzialmente curabile. Nella maggior parte dei casi possono essere rimossi chirurgicamente e/o trattati, riducendo così la quantità di catecolamine prodotte ed eliminando o attenuando i sintomi e le complicanze ad esse associate.

The test measures the concentration of metanephrine and normetanephrine in the blood. Metanephrins and normethanephrins are inactive metabolites of the catecholamines adrenaline (epinephrine) and norepinephrine (norepinephrine).  Catecholamines are a group of hormones produced by the cells of the sympathetic nervous system (in this case called neurotransmitter substances or neurotransmitters) or by the adrenal glands, small triangular-shaped organs located above the kidneys. The main catecholamines are dopamine, adrenaline (epinephrine) and norepinephrine (norepinephrine). These hormones are released into the blood in response to physical or emotional stress and help transmit nerve impulses to the brain; they increase the release of glucose and fatty acids to provide energy, dilate the bronchioles (branches of the bronchial tree) and pupils. Norepinephrine causes blood vessels to constrict, resulting in increased blood pressure, and adrenaline speeds up the heartbeat and metabolism.   After carrying out their action, catecholamines are metabolised to inactive forms. Adrenaline becomes methanephrine and vanylmandelic acid (VMA), noradrenaline turns into normethanephrine and VMA. Both hormones and their metabolites are excreted in urine.  Catecholamines and their metabolites are usually present in the blood and urine in small fluctuating concentrations that increase appreciably during and shortly after exposure to stress. However, pheochromocytomas and paragangliomas (both rare tumors) can produce large quantities of catecholamines, resulting in an increase in these hormones and their metabolites in the blood and urine. Catecholamines produced by PGLs can result in severe persistent (high blood pressure) and episodic hypertension, which can induce severe headaches. Other symptoms associated with this phenomenon are tachycardia, excessive sweating, nausea, anxiety and tingling in the extremities.  Pheochromocytoma and paraganglioma are rare diseases (incidence 1/1,000,000 in Italy): with the exception of very few cases, the majority are benign, i.e. they do not spread outside the primary site. If left untreated, however, symptoms may worsen and pheochromocytoma may grow. Over time, hypertension due to excess hormones can cause kidney damage, heart disease, and increase the risk of stroke and heart attacks.  E’ very important to diagnose and treat these rare forms of cancer early, as the hypertension they cause is potentially treatable. In most cases they can be surgically removed and/or treated, thereby reducing the amount of catecholamines produced and eliminating or alleviating the symptoms and complications associated with them.

METANFETAMINE (Ecstasi Test qualitativo)

L’esame misura la concentrazione di metanefrine e normetanefrine nel sangue. Le metanefrine e le normetanefrine sono metaboliti inattivi delle catecolamine adrenalina (epinefrina) e noradrenalina (norepinefrina).  Le catecolamine sono un gruppo di ormoni prodotti dalle cellule del sistema nervoso simpatico (in tal caso chiamate sostanze neurotrasmettitrici o neurotrasmettitori) o dalle ghiandole surrenali, piccoli organi di forma triangolare localizzati sopra i reni. Le catecolamine principali sono dopamina, adrenalina (epinefrina) e noradrenalina (norepinefrina). Questi ormoni vengono rilasciati nel sangue in risposta a stress fisici o emotivi e aiutano a trasmettere gli impulsi nervosi al cervello; aumentano il rilascio di glucosio e acidi grassi per fornire energia, dilatano i bronchioli (ramificazioni dell’albero bronchiale) e le pupille. La noradrenalina provoca la costrizione dei vasi sanguigni, con conseguente aumento della pressione arteriosa, e l’adrenalina accelera il battito cardiaco e il metabolismo.   Dopo aver svolto la loro azione, le catecolamine sono metabolizzate a forme inattive. L’adrenalina diventa metanefrina e acido vanilmandelico (VMA), la noradrenalina si trasforma in normetanefrina e VMA. Sia gli ormoni che i loro metaboliti vengono escreti nell’urina.

Le catecolamine e i loro metaboliti sono di solito presenti nel sangue e nell’urina in piccole concentrazioni fluttuanti che aumentano in modo apprezzabile durante e subito dopo l’esposizione allo stress. I feocromocitomi e i paragangliomi (entrambi tumori rari) possono però produrre grandi quantità di catecolamine, con conseguente aumento di questi ormoni e dei loro metaboliti nel sangue e nell’urina. Le catecolamine prodotte dai PGL possono provocare grave ipertensione persistente (pressione alta) ed episodica, che può indurre forti mal di testa. Altri sintomi associati a questo fenomeno sono tachicardia, sudorazione eccessiva, nausea, ansia e formicolio alle estremità.  Il feocromocitoma e il paraganglioma sono malattie rare (incidenza 1/1.000.000 in Italia): ad eccezione di pochissimi casi, la maggior parte sono benigne, cioè non si diffondono fuori dalla sede primaria. Se non trattati, tuttavia, i sintomi possono peggiorare e il feocromocitoma può crescere. Nel tempo, l’ipertensione dovuta all’eccesso di ormoni può causare danno renale, patologie cardiache ed aumentare il rischio di ictus e infarti.  E’ molto importante diagnosticare e trattare precocemente queste rare forme tumorali, in quanto l’ipertensione che provocano è potenzialmente curabile. Nella maggior parte dei casi possono essere rimossi chirurgicamente e/o trattati, riducendo così la quantità di catecolamine prodotte ed eliminando o attenuando i sintomi e le complicanze ad esse associate.

The test measures the concentration of metanephrine and normetanephrine in the blood. Metanephrins and normethanephrins are inactive metabolites of the catecholamines adrenaline (epinephrine) and norepinephrine (norepinephrine).  Catecholamines are a group of hormones produced by the cells of the sympathetic nervous system (in this case called neurotransmitter substances or neurotransmitters) or by the adrenal glands, small triangular-shaped organs located above the kidneys. The main catecholamines are dopamine, adrenaline (epinephrine) and norepinephrine (norepinephrine). These hormones are released into the blood in response to physical or emotional stress and help transmit nerve impulses to the brain; they increase the release of glucose and fatty acids to provide energy, dilate the bronchioles (branches of the bronchial tree) and pupils. Norepinephrine causes blood vessels to constrict, resulting in increased blood pressure, and adrenaline speeds up the heartbeat and metabolism.   After carrying out their action, catecholamines are metabolised to inactive forms. Adrenaline becomes methanephrine and vanylmandelic acid (VMA), noradrenaline turns into normethanephrine and VMA. Both hormones and their metabolites are excreted in urine.  Catecholamines and their metabolites are usually present in the blood and urine in small fluctuating concentrations that increase appreciably during and shortly after exposure to stress. However, pheochromocytomas and paragangliomas (both rare tumors) can produce large quantities of catecholamines, resulting in an increase in these hormones and their metabolites in the blood and urine. Catecholamines produced by PGLs can result in severe persistent (high blood pressure) and episodic hypertension, which can induce severe headaches. Other symptoms associated with this phenomenon are tachycardia, excessive sweating, nausea, anxiety and tingling in the extremities.  Pheochromocytoma and paraganglioma are rare diseases (incidence 1/1,000,000 in Italy): with the exception of very few cases, the majority are benign, i.e. they do not spread outside the primary site. If left untreated, however, symptoms may worsen and pheochromocytoma may grow. Over time, hypertension due to excess hormones can cause kidney damage, heart disease, and increase the risk of stroke and heart attacks.  E’ very important to diagnose and treat these rare forms of cancer early, as the hypertension they cause is potentially treatable. In most cases they can be surgically removed and/or treated, thereby reducing the amount of catecholamines produced and eliminating or alleviating the symptoms and complications associated with them.

METANOLO (urinario)

Il metanolo, o alcool metilico, è un composto organico della classe degli alcooli, di cui fa parte anche etanolo o alcool etilico. E’ una piccola molecola di formula CH3OH, è un liquido incolore a temperatura ambiente ed è molto infiammabile. viene utilizzato come solvente per vernici e in moltiprocessi industriali. E’ un composto molto tossico di per se deprimendo il sistema nervoso centrale, ma ancor di più il suo principale metabolita l’acido formico che induce offuscamento della vista per danneggiamento del nervo ottico che può portare a cecità. Qeusto esame determina la quantità di composto nelle urine ed utilizzato maggiormente nella medicina del lavoro.

Methanol, or methyl alcohol, is an organic compound of the alcohol class, which also includes ethanol or ethyl alcohol. It is a small molecule with the formula CH3OH, it is a colorless liquid at room temperature and is very flammable. It is used as a solvent for paints and in many industrial processes. It is a very toxic compound in itself depressing the central nervous system, but even more so its main metabolite is formic acid which induces blurring of vision due to damage to the optic nerve which can lead to blindness. This test determines the quantity of compound in the urine and is used mostly in occupational medicine.

METILENEDIOSSOMETAMFETAMINE (MDMA)

L’MDMA è una sostanza sintetica comunemente nota come ecstasy, anche se questo termine ora viene usato in maniera generalizzata, individuando una vasta gamma di sostanze talvolta diverse fra di loro. Nonostante sia stato ipotizzato un suo impiego in psichiatria, l’uso terapeutico è estremamente limitato. L’MDMA illegale normalmente è in pastiglie, molte delle quali prodotte in Europa. L’MDMA è un derivato dell’amfetamina e appartiene alla famiglia delle fenetilammine. Sono comparsi nel tempo vari composti omologhi con effetti simili, ad esempio MDA, MDEA, MBDB, riscontrando tuttavia minor successo. I termini di strada con cui si individua l’MDMA sono Adam e XTC, ma spesso il nome della pasticca o della compressa riprende il logo che vi è impresso. L’MDMA è sotto controllo internazionale.

MDMA is a synthetic substance commonly known as ecstasy, although this term is now used in a generalized way, identifying a wide range of substances that are sometimes different from each other. Although its use in psychiatry has been hypothesized, the therapeutic use is extremely limited. Illegal MDMA normally is in lozenges, many of which are made in Europe. MDMA is an amphetamine derivative and belongs to the phenethylamine family. Various homologous compounds with similar effects have appeared over time, for example MDA, MDEA, MBDB, but have found less success. The street terms with which MDMA is identified are Adam and XTC, but often the name of the tablet or tablet takes up the logo imprinted on it. MDMA is under international control.

MICOPLASMA PNEUMONIAE (Anticorpi IgG / IgM)

I micoplasmi sono i più piccoli microrganismi liberi viventi conosciuti. Possono essere presenti insieme alla normale flora batterica residente nella gola, nelle vie aeree superiori e nel tratto urogenitale. I micoplasmi sono diversi da altri tipi di batteri per molti aspetti e possono essere difficili da crescere in coltura e da identificare. Il test del micoplasma è utilizzato per determinare la presenza di un’infezione recente o attiva operata da questo microrganismo.  I test del micoplasma includono un gruppo di test volti a misurare gli anticorpi presenti nel circolo ematico e prodotti in risposta all’infezione da micoplasma o utilizzati per identificare direttamente il microrganismo tramite l’esame colturale o tramite la rilevazione del suo materiale genetico (DNA) all’interno dei fluidi corporei. La specie di micoplasma rilevata più di frequente è il Mycoplasma pneumoniae (M. pneumoniae), l’agente eziologico di una patologia infettiva respiratoria nota con il nome di “polmonite atipica”.

M. pneumoniae è un agente eziologico molto comune di infezioni delle vie aeree superiori in grado di causare oltre il 40% delle polmoniti contratte in ambiente extraospedaliero, per le quali nell’1-5% dei casi è richiesto un ricovero ospedaliero. Possono essere casi isolati o epidemici, in modo particolare in ambito scolastico, nelle caserme o in altri luoghi nei quali le persone vivono a stretto contatto. Le infezioni di questo tipo sono più frequenti nel periodo di fine estate/inizio autunno.  La maggior parte delle infezioni da M. pneumoniae determinano una sintomatologia lieve e spesso autolimitante, causando sintomi non specifici come bronchite, rinite o tosse secca che può persistere per molte settimane. I sintomi possono diventare più gravi, causando febbre, faringotonsillite, cefalea e dolori muscolari; quando l’infezione si diffonde alle vie aeree inferiori può causare polmonite e, più raramente, può diffondere ad altri distretti dell’organismo. Questo è particolarmente vero nel caso di bambini molto piccoli con comorbidità come l’asma, o nei pazienti immunocompromessi come in quelli affetti da HIV/AIDS. In base al distretto dell’organismo interessato dall’infezione, le complicanze possono variare dalla meningite alle difficoltà respiratorie, l’infiammazione cardiaca e l’aritmia, la presenza di eruzioni cutanee, lesioni o noduli, l’artrite, l’anemia o la sindrome di Guillain-Barré.

Talvolta questo test può essere richiesto per rilevare altre specie di micoplasma come   il Mycoplasma hominis, il Mycoplasma genitalium, e l’Ureaplasma urealyticum, infezioni meno comuni rispetto al M. pneumoniae. Negli adulti questi organismi vengono trasmessi per via sessuale, causando uretrite non gonococcica (NGU, non correlata alla gonorrea), alcune infiammazioni della prostata (prostatiti) negli uomini e, nelle donne, infiammazioni associate alla presenza di secrezioni vaginali e malattia infiammatoria pelvica.   Il Mycoplasma hominis e l’Ureaplasma urealyticum può essere trasmessa da madre a figlio durante il parto. Questi colonizzano il neonato per circa due anni dalla nascita. Raramente possono causare infezioni sistemiche nei neonati, sviluppabili anche nelle persone immunocompromesse.

Mycoplasmas are the smallest known living free microorganisms. They can be present together with the normal bacterial flora residing in the throat, upper airways and urogenital tract. Mycoplasmas are different from other types of bacteria in many respects and can be difficult to grow in culture and identify. The mycoplasma test is used to determine the presence of a recent or active infection operated by this microorganism.  Mycoplasma assays include a group of assays aimed at measuring antibodies present in the bloodstream and produced in response to mycoplasma infection or used to directly identify the microorganism via culture examination or via detection of its genetic material (DNA) within body fluids. The most frequently detected mycoplasma species is Mycoplasma pneumoniae (M. pneumoniae), the causative agent of a respiratory infectious disease known as “atypical pneumonia”.    M. pneumoniae is a very common etiological agent of upper airway infections capable of causing over 40% of pneumonia contracted in an out-of-hospital environment, for which hospitalization is required in ’1-5% of cases. They can be isolated or epidemic cases, particularly in schools, in barracks or in other places where people live in close contact. Infections of this type are more frequent in the late summer/early autumn period.  Most M. pneumoniae infections result in mild and often self-limiting symptoms, causing nonspecific symptoms such as bronchitis, rhinitis, or dry cough that can persist for many weeks. Symptoms may become more severe, causing fever, pharyngotonsillitis, headache, and muscle pain; when the infection spreads to the lower airways it can cause pneumonia and, more rarely, it can spread to other areas of the body. This is especially true in the case of very young children with comorbidities such as asthma, or in immunocompromised patients such as those with HIV/AIDS. Depending on the area of the body affected by the infection, complications can range from meningitis to breathing difficulties, cardiac inflammation and arrhythmia, the presence of rashes, lesions or nodules, arthritis, anaemia or Guillain-Barré syndrome.  This test may sometimes be required to detect other mycoplasma species such as Mycoplasma hominis, Mycoplasma genitalium, and Ureaplasma urealyticum, less common infections than M. pneumoniae. In adults, these organisms are transmitted sexually, causing non-gonococcal urethritis (NGU, not related to gonorrhea), some inflammation of the prostate (prostatitis) in men and, in women, inflammation associated with the presence of vaginal secretions and pelvic inflammatory disease.   Mycoplasma hominis and Ureaplasma urealyticum can be transmitted from mother to child during childbirth. These colonize the newborn for about two years after birth. They can rarely cause systemic infections in newborns, which can also be developed in immunocompromised people.

MICROALBUMINURIA

L’albumina è una delle proteine principali presenti nel sangue ma, in condizioni fisiologiche, il buon funzionamento dei reni assicura la sua assenza nell’urina. Il test dell’albumina urinaria rileva e misura la concentrazione di albumina nell’urina. La presenza di una piccola quantità di albumina nell’urina è un indicatore precoce di danno renale.  In passato, queste piccole quantità di albumina nell’urina venivano indicate con il nome di “microalbumina”; il termine, seppur obsoleto, può essere talvolta ancora utilizzato.  Nella maggior parte dei casi viene eseguita, su un campione di urina estemporanea, la misura dell’albumina e della creatinina urinarie e viene calcolato il rapporto albumina/creatinina. Questo approccio consente di determinare in maniera più accurata la quantità di albumina rilasciata dai reni nell’urina. La concentrazione (o diluizione) dell’urina varia infatti nel corso dei giorni (quantità diverse di liquido escreto). Perciò, la concentrazione di albumina nell’ urina può variare. La creatinina, un prodotto del metabolismo muscolare, è normalmente escreta nell’urina a velocità costante e la sua quantità è pertanto un indicatore della concentrazione dell’urina stessa. Questa proprietà della creatinina ne consente l’utilizzo come fattore correttivo in un campione di urina estemporaneo.  Il plasma, la porzione liquida del sangue, contiene molte proteine diverse. Una delle funzioni dei reni è quella di conservare le proteine plasmatiche cosicché non vengano escrete, insieme ai prodotti di scarto, con l’urina. Esistono due strutture che limitano il passaggio delle proteine nell’urina:  I glomeruli, strutture specializzate presenti all’interno dei reni, filtrano il sangue fornendo una barriera che mantiene le proteine plasmatiche di maggiori dimensioni all’interno dei vasi sanguigni e permette il passaggio delle molecole di minori dimensioni.  I tubuli, che riassorbono quasi interamente le proteine più piccole, in grado quindi di attraversare la barriera dei glomeruli.  La presenza di proteine nell’urina (detta proteinuria) indica spesso la presenza di un danno al livello dei glomeruli o dei tubuli renali. L’infiammazione e/o la formazione di tessuto cicatriziale nei glomeruli possono determinare l’aumento delle proteine filtrate; il danno tubulare può impedire il riassorbimento delle proteine.  Il danneggiamento dei reni e le malattie renali, causano la progressiva perdita della capacità da parte dei reni di trattenere l’albumina e le altre proteine plasmatiche. Questo si osserva frequentemente in corso  di patologie croniche, come il diabete e l’ipertensione, nelle quali l’aumento della concentrazione delle proteine nell’urina riflette l’aumento del danno renale.   L’albumina è una delle prime proteine ad essere rilevata nell’urina in presenza di danno renale. Le persone con la presenza cronica di piccole quantità misurabili di albumina nell’urina hanno un rischio aumentato di sviluppare una disfunzione renale progressiva e patologie cardiovascolari.

Albumin is one of the main proteins found in the blood but, under physiological conditions, the proper functioning of the kidneys ensures its absence in the urine. The urinary albumin test detects and measures the concentration of albumin in urine. The presence of a small amount of albumin in the urine is an early indicator of kidney damage.  In the past, these small amounts of albumin in urine were referred to as “microalbumin”; the term, although obsolete, can sometimes still be used.  In most cases, the measurement of urinary albumin and creatinine is performed on an extemporaneous urine sample and the albumin/creatinine ratio is calculated. This approach allows the amount of albumin released by the kidneys into the urine to be more accurately determined. In fact, the concentration (or dilution) of urine varies over the course of days (different quantities of liquid excreted). Therefore, the concentration of albumin in urine may vary. Creatinine, a product of muscle metabolism, is normally excreted in urine at a constant rate and its quantity is therefore an indicator of the concentration of urine itself. This property of creatinine allows it to be used as a corrective factor in an extemporaneous urine sample.    Plasma, the liquid portion of the blood, contains many different proteins. One of the functions of the kidneys is to conserve plasma proteins so that they are not excreted, together with waste products, with urine. There are two structures that limit the passage of proteins in the urine: The glomeruli, specialized structures present inside the kidneys, filter the blood providing a barrier that keeps larger plasma proteins inside the blood vessels and allows the passage of smaller molecules.  The tubules, which almost entirely reabsorb the smallest proteins, are therefore able to cross the barrier of the glomeruli.  The presence of proteins in the urine (called proteinuria) often indicates the presence of damage to the glomeruli or renal tubules. Inflammation and/or scar tissue formation in the glomeruli may result in increased filtered proteins; tubular damage may prevent protein reabsorption.  Damage to the kidneys and kidney disease, cause the kidneys to progressively lose their ability to retain albumin and other plasma proteins. This is frequently observed during chronic conditions, such as diabetes and hypertension, in which the increase in protein concentration in the urine reflects the increase in kidney damage.   Albumin is one of the first proteins to be detected in urine in the presence of kidney damage. People with the chronic presence of measurable small amounts of albumin in their urine have an increased risk of developing progressive kidney dysfunction and cardiovascular disease.

MICROBIOTA – MICOBIOMA
Il microbiota è l’insieme di microrganismi (batteri, funghi, protozoi e virus) che vivono in simbiosi con il nostro organismo, principalmente nell’intestino, ma anche su pelle e mucose. Svolge funzioni cruciali per la salute, come la digestione e il metabolismo, e un suo squilibrio (disbiosi) può contribuire a problemi di salute. 
Cos’è il microbiota : Composizione: è una comunità complessa composta da batteri, virus, funghi e protozoi.  Sede: si trova su varie parti del corpo, con la maggiore concentrazione nell’intestino, dove è chiamato “microbiota intestinale”. Funzioni: contribuisce alla digestione degli alimenti, alla sintesi di vitamine (come quelle del gruppo B) e alla produzione di acidi grassi a catena corta che supportano la salute del colonEvoluzione: si forma fin dalla nascita e il suo equilibrio è influenzato da fattori come la dieta, gli antibiotici, lo stile di vita e l’età. 
Differenza con il microbioma
  • Microbiota: si riferisce all’insieme dei microrganismi stessi.
  • Microbioma: si riferisce al patrimonio genetico di tutti questi microrganismi. 

The microbiota is the set of microorganisms (bacteria, fungi, protozoa and viruses) that live in symbiosis with our organism, mainly in the intestine, but also on the skin and mucous membranes. It performs crucial health functions, such as digestion and metabolism, and its imbalance (dysbiosis) can contribute to health problems.
What is microbiota  Composition: it is a complex community composed of bacteria, viruses, fungi and protozoa. Location: It is located on various parts of the body, with the greatest concentration in the intestine, where it is called the “intestinal microbiota”. Functions: Contributes to the digestion of foods, the synthesis of vitamins (such as those of group B) and the production of short-chain fatty acids that support colon health. Evolution: It is formed from birth and its balance is influenced by factors such as diet, antibiotics, lifestyle and age.

Difference with the microbiome

Microbiota: refers to the set of microorganisms themselves.
Microbiome: refers to the genetic heritage of all these microorganisms.

MICROSOMA (Anticorpi LKM)

Gli anticorpi anti-microsomi epatici e renali di tipo 1 (anti-LKM1) sono autoanticorpi prodotti dal sistema immunitario e in grado di riconoscere un enzima chiamato citocromo P450 2D6 (CYP2D6), una proteina presente soprattutto al livello epatico. Lo sviluppo degli autoanticorpi anti-LKM1 è fortemente associato con l’epatite autoimmune di tipo 2. Il test rileva e misura la quantità (titolo) degli anti-LKM1 nel sangue.
L’epatite autoimmune è un’infiammazione cronica o acuta del fegato che, se protratta, può portare a cirrosi epatica e, in alcuni casi, a insufficienza epatica. Lo sviluppo di questo tipo di epatite non è imputabile ad altre cause come alla presenza di infezioni virali, esposizione a farmaci o tossine, disordini ereditari o abuso di alcol. Chiunque è potenzialmente a rischio di sviluppare questo tipo di epatite, in misura maggiore le donne.
Esistono due tipi principali di epatite autoimmuni. Quella di tipo 1 è la più comune ed è associata alla presenza di anticorpi anti-muscolo liscio (ASMA) o anti-nucleo (ANA) nel sangue. Quella di tipo 2 invece è meno comune ma solitamente più grave. È associata alla presenza di anticorpi anti-LKM1 e si presenta quasi esclusivamente nei bambini e solo raramente dopo la pubertà.

Anti-liver and kidney microsome type 1 (anti-LKM1) antibodies are autoantibodies produced by the immune system and capable of recognizing an enzyme called cytochrome P450 2D6 (CYP2D6), a protein present mainly in the liver. The development of anti-LKM1 autoantibodies is strongly associated with autoimmune hepatitis type 2. The test detects and measures the amount (titre) of anti-LKM1 in the blood.
Autoimmune hepatitis is a chronic or acute inflammation of the liver that, if prolonged, can lead to liver cirrhosis and, in some cases, liver failure. The development of this type of hepatitis is not attributable to other causes such as the presence of viral infections, exposure to drugs or toxins, hereditary disorders or alcohol abuse. Anyone is potentially at risk of developing this type of hepatitis, to a greater extent women.
There are two main types of autoimmune hepatitis. Type 1 is the most common and is associated with the presence of anti-smooth muscle (ASMA) or anti-nucleus (ANA) antibodies in the blood. Type 2, on the other hand, is less common but usually more serious. It is associated with the presence of anti-LKM1 antibodies and occurs almost exclusively in children and only rarely after puberty.

MIOGLOBINA (serica – urinaria)

La mioglobina è una piccola proteina presente nel muscolo scheletrico e cardiaco in grado di legare l’ossigeno. La sua funzione consiste nell’intrappolare all’interno del tessuto muscolare l’ossigeno, che viene utilizzato dalle cellule per la produzione dell’energia necessaria alla contrazione. Il danneggiamento del tessuto muscolare cardiaco o scheletrico comporta il rilascio della mioglobina nel circolo ematico. Dopo poche ore da un trauma di questo tipo, è possibile quindi rilevare nel sangue grandi quantità di mioglobina.  La mioglobina viene filtrata dal sangue a livello renale ed eliminata con l’urina. Se presente in eccesso, la mioglobina risulta essere tossica per i reni. Pertanto, il rilascio di quantità elevate di mioglobina nel circolo ematico, in seguito ad esempio ad un grave trauma muscolare, può determinare l’accumulo di mioglobina a livello renale con conseguente danno ed insufficienza renale. La misura della mioglobina nell’urina consente di rilevare questa condizione potenzialmente rischiosa per i reni.

Myoglobin is a small protein found in skeletal and cardiac muscle that can bind oxygen. Its function consists in trapping oxygen inside the muscle tissue, which is used by cells to produce the energy necessary for contraction. Damage to cardiac or skeletal muscle tissue results in the release of myoglobin into the bloodstream. A few hours after trauma of this type, it is therefore possible to detect large quantities of myoglobin in the blood.  Myoglobin is filtered from the blood at the renal level and eliminated with urine. If present in excess, myoglobin is toxic to the kidneys. Therefore, the release of high amounts of myoglobin into the bloodstream, following for example severe muscle trauma, can determine the accumulation of myoglobin at the renal level with consequent damage and renal failure. Measuring myoglobin in urine allows you to detect this potentially risky condition for the kidneys.

MITOCONDRI (Anticorpi AMA)

Questo esame rileva e misura la quantità (titolo) degli anticorpi anti-nucleo (AMA). I metodi di determinazione  degli AMA sono: l’immunofluorescenza indiretta su cellule HEp-2 o su triplo tessuto (fegato, rene e parete gastrica), i metodi Immunometrici (ELISA, CLIA, FEIA) e infine anche l’immunoblot. Gli AMA sono autoanticorpi fortemente associati alla presenza di colangite biliare primitiva, denominata un tempo come cirrosi biliare primitiva.
Si tratta di una malattia autoimmune cronica che causa un’infiammazione cronica delle vie biliari e la loro conseguente cicatrizzazione. È una malattia a lento decorso in grado di causare la progressiva distruzione del fegato e l’ostruzione delle vie biliari. L’ostruzione dei dotti biliari porta all’accumulo di sostanze dannose all’interno del fegato con la conseguente formazione di tessuto cicatriziale permanente (cirrosi). La colangite biliare primitiva colpisce perlopiù le donne di età compresa tra i 35 ed i 60 anni e in circa il 90-95% delle persone affette è presente un alto titolo di AMA.
Gli AMA sono autoanticorpi, ossia anticorpi diretti contro antigeni propri dell’organismo di appartenenza. Esistono nove tipi di autoanticorpi AMA, indicati con le sigle da M1 a M9. Di questi, gli anticorpi AMA-M2 e M9 sono associati alla malattia con maggiore frequenza (sono clinicamente significativi). La presenza di AMA di tipo M2 (AMA-M2) nel circolo ematico è particolarmente indicativa di colangite biliare primitiva, mentre gli altri tipi di AMA sono associati ad altre patologie.

This test detects and measures the amount (titre) of anti-nucleus antibodies (AMAs). The methods of determining AMAs are: indirect immunofluorescence on HEp-2 cells or on triple tissue (liver, kidney and gastric wall), Immunometric methods (ELISA, CLIA, FEIA) and finally also immunoblot. AMAs are autoantibodies strongly associated with the presence of primary biliary cholangitis, once referred to as primary biliary cirrhosis.
It is a chronic autoimmune disease that causes chronic inflammation of the biliary tract and their subsequent scarring. It is a slow-running disease capable of causing progressive destruction of the liver and obstruction of the biliary tract. Obstruction of the bile ducts leads to the accumulation of harmful substances within the liver resulting in the formation of permanent scar tissue (cirrhosis). Primary biliary cholangitis mostly affects women aged between 35 and 60 and in approximately 90-95% of affected people there is a high AMA titer.
AMAs are autoantibodies, that is, antibodies directed against antigens specific to the organism to which they belong. There are nine types of AMA autoantibodies, indicated by the acronyms M1 to M9. Of these, AMA-M2 and M9 antibodies are associated with the disease more frequently (they are clinically significant). The presence of M2 type AMA (AMA-M2) in the bloodstream is particularly indicative of primary biliary cholangitis, while other types of AMA are associated with other pathologies.

MONOTEST

La mononucleosi infettiva, comunemente chiamata mononucleosi, è un’infezione causata dal virus di Epstein-Barr (EBV). Il virus di Epstein-Barr, anche noto come herpes virus umano tipo 4, appartiene alla famiglia degli Herpesvirus. L’EBV è il principale responsabile della mononucleosi infettiva, che tuttavia può essere causata anche da altri virus. Il test della mononucleosi ricerca nel sangue del paziente la presenza di anticorpi eterofili, proteine prodotte dal sistema immunitario in risposta all’infezione da EBV.  Oltre il 70-80% dei pazienti affetti da mononucleosi produce anticorpi eterofili che possono essere identificati tramite l’esecuzione del test rapido di screening (monotest). Queste proteine non sono specifiche per l’EBV ma, se riscontrate nel sangue di pazienti adolescenti in presenza di sintomi correlati, contribuiscono a stabilire la diagnosi di mononucleosi infettiva. Nel caso in cui il monotest risulti negativo ma il sospetto clinico persista, è possibile eseguire un test specifico per la ricerca di anticorpi diretti contro l’EBV.  Inoltre, la diagnosi di mononucleosi prevede l’esecuzione di un esame emocromocitometrico, per determinare se il numero di globuli bianchi è aumentato, e di uno striscio di sangue, per verificare la presenza di linfociti attivati.

L’infezione è ampiamente diffusa ed oltre il 90% della popolazione mondiale entra in contatto con il virus nei primi anni di vita, durante l’adolescenza o in età adulta. Nei paesi industrializzati, i più alti tassi di incidenza sono stati riscontrati tra i 15-30 anni. Circa il 25% delle persone entrate in contatto con EBV sviluppano la mononucleosi infettiva. Il virus è presente nella saliva delle persone infette e viene solitamente trasmesso tramite lo scambio di fluidi corporei, in particolare di saliva. Meno comunemente, la trasmissione può avvenire tramite sangue, liquido seminale, trasfusioni ematiche e trapianto di organi.Nella maggior parte dei casi, l’infezione da EBV nei bambini causa la comparsa di sintomi lievi o assenti. Tuttavia, se la prima esposizione al virus avviene durante l’adolescenza, si assiste alla manifestazione dei sintomi in circa il 50% dei soggetti affetti. La mononucleosi infettiva è caratterizzata da un insieme di sintomi distintivi che compaiono più comunemente negli adolescenti affetti. Solitamente, la mononucleosi determina la comparsa di febbre, mal di gola, linfoadenopatia e debolezza. In alcuni casi, viene riportato l’ingrossamento della milza e/o del fegato. Solitamente, i sintomi compaiono dopo circa un mese dall’infezione e permangono per alcune settimane. La debolezza associata all’infezione può persistere per alcuni mesi. La mononucleosi è una patologia auto-limitante e solitamente i sintomi si risolvono spontaneamente, senza l’utilizzo di specifici trattamenti.

Infectious mononucleosis, commonly called mononucleosis, is an infection caused by the Epstein-Barr virus (EBV). Epstein-Barr virus, also known as human herpes virus type 4, belongs to the Herpesvirus family. EBV is primarily responsible for infectious mononucleosis, which however can also be caused by other viruses. The mononucleosis test searches the patient’s blood for the presence of heterophilic antibodies, proteins produced by the immune system in response to EBV infection.  More than 70-80% of patients with mononucleosis produce heterophilic antibodies that can be identified by performing the rapid screening test (monotest). These proteins are not specific for EBV but, when found in the blood of adolescent patients in the presence of related symptoms, help establish the diagnosis of infectious mononucleosis. In case the monotest is negative but clinical suspicion persists, a specific test for antibodies directed against EBV can be performed.  In addition, the diagnosis of mononucleosis involves performing a blood count, to determine if the number of white blood cells has increased, and a blood smear, to check for activated lymphocytes.  The infection is widely spread and more than 90% of the world’s population comes into contact with the virus in the first years of life, during adolescence or adulthood. In industrialized countries, the highest incidence rates were found among 15-30 year olds. About 25% of people who come into contact with EBV develop infectious mononucleosis. The virus is present in the saliva of infected people and is usually transmitted via the exchange of body fluids, especially saliva. Less commonly, transmission can occur via blood, seminal fluid, blood transfusions, and organ transplantation. In most cases, EBV infection in children causes mild or no symptoms to appear. However, if the first exposure to the virus occurs during adolescence, there is a manifestation of symptoms in approximately 50% of affected individuals. Infectious mononucleosis is characterized by a set of distinctive symptoms that appear most commonly in affected adolescents. Usually, mononucleosis causes the appearance of fever, sore throat, lymphadenopathy and weakness. In some cases, enlargement of the spleen and/or liver is reported. Usually, symptoms appear about a month after infection and remain for a few weeks. The weakness associated with infection may persist for a few months. Mononucleosis is a self-limiting pathology and symptoms usually resolve spontaneously, without the use of specific treatments.

MORBILLO (Anticorpi IgG)

Il virus del Morbillo e il virus della Parotite sono virus appartenenti alla famiglia dei Paramyxoviridae. Entrambi causano infezioni che generalmente si risolvono spontaneamente entro pochi giorni; tuttavia possono causare talvolta complicanze gravi, motivo per il quale sono stati inseriti all’interno dei protocolli di vaccinazione dell’infanzia (prima dose a 13-15 mesi e seconda dose a 5-6 anni) e dei lavoratori a rischio (operatoriscolastici, operatori sanitari,ecc). In Italia il vaccino è combinato trivalente (morbillo, parotite, rosolia), obbligatorio dall’anno scolastico 2017-2018, fornito gratuitamente secondo la Legge 119 del 31/7/2017 e previsto dal Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale PNPV 2017-2019  Gli esami diagnostici per il morbillo e la parotite comprendono:  i test sierologici per la ricerca di anticorpi IgG e IgM anti-virus del morbillo o della parotite. i metodi molecolari (PCR, polymerasechainreaction classica e real-time) per la ricerca del materiale genetico virale (RNA). Questi metodi possono essere applicati su differenti tipi di campioni.  Allo stato attuale entrambe le malattie sono endemo-epidemiche: sono cioè sempre presenti nella collettività, ma presentano picchi epidemici ogni 3-4 anni legati al fatto che i nuovi nati, quando l’immunità materna è decaduta dopo il parto e l’allattamento, vanno a costituire gradualmente una popolazione di soggetti suscettibili all’infezione. Nel 2010 WHO ha comunicato che “l’eradicazione globale del morbillo è biologicamente, tecnicamente ed operativamente possibile”. L’eradicazione è definita come l’interruzione della trasmissione del morbillo a livello mondiale, in presenza di un sistema di sorveglianza verificato e funzionante. Il vaccino (virus attenuato) è disponibile fin dal 1963 ed il morbillo è una malattia completamente prevenibile con 2 dosi di vaccino. Un tasso di copertura di almeno il 95% della popolazione (sia a livello nazionale che all’interno delle comunità) con 2 dosi è necessario per garantire l’immunità di gregge, in grado di proteggere anche quella porzione di popolazione che non può essere vaccinata per motivi di salute, ed evitare la circolazione della malattia.  Secondo WHO e UNICEF i dati disponibili relativi al 2017 e 2018 indicano una stima della copertura dell’86% dei bambini con la prima dose e del 69% per la seconda, del tutto insufficienti per bloccare la trasmissione. Nel 2017 comunque l’85% dei bambini del mondo ha ricevuto la prima dose di vaccino all’età di un anno (rispetto al 72% di bambini nel 2000). Si stima che nel periodo 2000-2017 la vaccinazione anti morbillo abbia evitato più di 21 milioni di morti, rappresentando pertanto uno dei più efficaci interventi di sanità pubblica. Tale campagna di vaccinazione globale è stata lanciata nel 2001 dalla Measles Initiative, un’iniziativa mondiale nata dalla collaborazione tra WHO, Croce Rossa americana, Unicef, Fondazione delle Nazioni Unite e CDC statunitensi.  Il vaccino è raccomandato anche per tutti i viaggiatori non immuni (di età superiore a 6 mesi) verso un’area in cui il morbillo sta circolando, almeno 15 giorni prima della partenza.  Tuttavia, fin dall’inizio del 2019 l’UNICEF aveva segnalato il preoccupante aumento del numero dei casi di morbillo in tutto il mondo nel 2018 rispetto al 2017 (con 110.000 morti nel mondo), compresi diversi stati che erano stati precedentemente dichiarati “liberi dal morbillo” (measles free) dal WHO. In 10 Stati è stato registrato oltre il 74% dell’incremento totale   (Ucraina, Filippine, Brasile, ecc).In sintesi, a livello globale, l’aumento dei casi di morbillo nel 2018 in 98 Stati nel mondo ha vanificato i progressi finora ottenuti con la vaccinazione contro questa malattia.La situazione è risultata particolarmente preoccupante in Ucraina, con 35.120 casi di morbillo nel 2018 e 24.042 solo nei primi due mesi del 2019,e nelle Filippine, con 15.599 casi nel 2018 e 12.736 casi (con 203 decessi) nei primi due mesi 2019. In Madagascar i casi sono diminuiti drasticamente a seguito di campagne di vaccinazione di emergenza a livello nazionale, dimostrando così l’efficacia della vaccinazione nel porre fine alle epidemie e proteggere la salute. Grandi focolai sono in corso in Angola, Camerun, Ciad, Congo, Kazakistan, Nigeria, Filippine, Sudan del Sud, Sudan e Thailandia.Al 31/7/2019, WHO segnala che il numero di casi di morbillo riportati è il più alto che ci sia stato in ogni anno fin dal 2006, con un numero di casi di quasi 3 volte quelli riportati in tutto il 2018.I sistemi sanitari di molte parti del mondo riscontrano notevoli difficoltà a causa dell’aumento delle forme gravi e dei decessi. Le più grandi epidemie coinvolgono paesi con bassa copertura vaccinale, sia al momento attuale che nel passato, creando in tal modo grandi sacche di persone suscettibili alla malattia. Allo stesso tempo, epidemie protratte si stanno realizzando anche in paesi con alti tassi di copertura vaccinale.

Il fenomeno deriva da disuguaglianze nella copertura vaccinale nelle diverse comunità, aree geografiche, gruppi di età, ecc dovute a mancanza di servizi vaccinali, conflitti, migrazioni, cattiva informazione, scarsa consapevolezza circa il significato delle vaccinazioni.  Essendo il morbillo una malattia estremamente contagiosa, quando un numero sufficiente di persone non immuni è esposto al virus, si ha una diffusione molto rapida.    Gli Stati Uniti, dichiarati “liberi dal morbillo” dal 2000, hanno riportato nel 2018-2019 il più alto numero di casi negli ultimi 25 anni. Nella regione europea WHO ci sono stati più di 90.000 casi riportati nei primi 6 mesi del 2019, rispetto a 84462 casi nell’intero 2018.  Dati globali e stime dei decessi WHO sono disponibili per il 2017: 6.7 milioni di casi e 110.000 morti (prevalentemente bambini con meno di 5 anni), basati su 173.330 casi riportati. Nel 2018 sono stati riportati a WHO 353.236 casi di morbillo. I dati globali e le stime del 2018 saranno rilasciati entro la fine del 2019.  Dal 1/1 al 31/7/2019 182 paesi hanno riportato a WHO 364.808 casi di morbillo (129.239 casi nel 2018 per lo stesso periodo): la regione Africana WHO ha avuto un incremento di casi di 10 volte (900%), la regione Europea di 2 volte (93.890 casi fino a luglio 2019, contro 82.596 casi in tutto il 2018 in 47 su 53 stati) , la regione Est Mediterranea di 1,5 volte, la regione Ovest Pacifico di 3 volte.   Nella regione WHO Europea si è realizzato l’incremento dei casi di morbillo,nonostante nel 2017 fosse stata ottenuta la copertura di quasi il 95% della popolazione a livello nazionale per la prima dose di vaccino e del 90% per la seconda dose. Tuttavia, la disomogeneità dei dati di copertura tra i paesi crea sacche di popolazione suscettibile che non permettono l’interruzione della diffusione del virus. Per questo motivo l’ufficio regionale WHO Europa ha pubblicato un piano strategico di risposta all’emergenza del morbillo nella Regione (Strategic Response Planfor the measles emergency in the WHO European Region, September 2019-December 2020), dopo aver condotto indagini approfondite nei Paesi membri per comprendere quali siano i fattori che agevolano la circolazione del morbillo e aver definito piani di intervento a livello nazionale.

Il CDC Europa ha pubblicato a maggio 2019 un’analisi del rischio per il morbillo (Who is at risk for measles in the EU/EEA? Identifying susceptible groups to close immunity gaps towards measles elimination).I principali aspetti da considerare sono: più di 4,5 milioni di bambini e adolescenti sono ancora suscettibili al morbillo; solo 4 Stati Membri EU/EEA hanno raggiunto il target di copertura del 95% per entrambe le dosi di vaccino; elevata incidenza fra ragazzi e adulti con età media dei casi in aumento: da 10 anni nel 2009-2010 a 17 anni nel 2018-2019, il 35% dei casi si osserva in soggetti con più di 20 anni.Inoltre gli adulti risultano essere il gruppo più colpito in 19 paesi (con maggior gravità dei casi); il 45% delle morti si osserva nei bambini al di sotto di 1 anno e nel 2016-2019 il 43% dei casi di morbillo importati in EU/EEA avevano acquisito l’infezione in un altro paese EU/EEA, generalmente quelli in cui il morbillo era endemico o in cui erano in corso epidemie. La conclusione è che, finché il morbillo continuerà a circolare nella regione, rimarrà il rischio di contrarre la malattia in ogni stato membro.  In Italia, grazie alla legge 119 del 2017, le vaccinazioni obbligatorie nell’infanzia e nell’adolescenza sono diventate 10, tra cui anche il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia. L’obiettivo della legge è stato quello di contrastare il progressivo calo delle vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, in atto dal 2013, che ha determinato una copertura vaccinale media al di sotto del 95%. La legge permetterà anche il conseguimento degli obiettivi prioritari del Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019 ed il rispetto degli obblighi assunti a livello europeo ed internazionale. Nel 2018 sono già migliorate per il morbillo sia la copertura per la prima dose,che ha raggiunto il 94,35% (rispetto a 92,38% nel 2017), che per la seconda dose,che ha raggiunto il 90% (rispetto a 85,74% nel 2017). Nonostante l’evidente miglioramento, la copertura risulta ancora al di sotto della soglia del 95%, essenziale per garantire l’immunità di gregge. L’incidenza dei casi per milione di abitanti di morbillo nell’ultimo triennio (dati ISS) si è ridotta: 88,4 nel 2017, che è stato l’anno di picco epidemico con 5.397 casi (età mediana 27 anni), 43,3 nel 2018, con 2.681 casi (età mediana 27 anni), 32 nel 2019 con 1605 casi al 31 ottobre (età mediana 30 anni). Nel 2019 l’86% dei soggetti era non vaccinato al momento del contagio. L’80% dei casi si è verificato in persone tra i 15 e i 64 anni di età. Sono stati segnalati casi sia negli operatori scolastici che negli operatori sanitari: nel 70- 80% dei casi i soggetti non erano vaccinati, anche se avrebbero dovuto esserlo in quanto a rischio (Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale 2017-2019).   Poiché il morbillo e la rosolia colpiscono le stesse fasce di età ed hanno una sintomatologia simile, è clinicamente ed epidemiologicamente corretto, oltre che efficace dal punto di vista dei costi (il vaccino combinato costa meno di 2 euro), effettuare una sorveglianza integrata delle due malattie, come raccomandato anche da WHO con l’iniziativa Morbillo e Rosolia lanciata nel 2001. In Italia sono stati istituiti nel 2013 il Piano Nazionale per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita (PNEMoRc) 2010-2015 e nel 2017 la rete MoRoNET (rete di Laboratori accreditati per il morbillo e la rosolia) per rafforzare la sorveglianza del Morbillo e della Rosolia e confermare i casi attraverso indagini di laboratorio: i casi di sospetto morbillo negativi ai test di conferma devono essere sottoposti ai test per la rosolia e i casi di sospetta rosolia negativi ai test di conferma devono essere testati per il morbillo.  Sai il morbillo che la parotite si trasmettono facilmente per via aerea attraverso goccioline di saliva emesse con tosse, starnuti o semplicemente parlando oppure toccando superfici contaminate dal virus e quindi attraverso occhi, naso e bocca. Secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), il virus del morbillo può sopravvivere fino a due ore nell’aria in cui una persona infetta abbia tossito o starnutito. Le persone infette sono contagiose già alcuni giorni prima della comparsa dei sintomi. Il morbillo è una malattia estremamente contagiosa   Il virus infetta le cellule dei polmoni e, dopo un periodo di incubazione variabile da un minimo di 7 ad un massimo di 18 giorni (in media 10), si ha la comparsa di: febbre alta, tosse secca, congiuntivite, fotosensibilità, raffreddore, mal di gola, piccole macchie bianche a livello gengivale, all’altezza dei molari (macchie di Koplik). Dopo 3-4 giorni compare l’eruzione cutanea maculo papulosa, che comincia solitamente dal collo e dal capo per poi diffondersi sul tronco e gli arti (esantema discendente). L’esantema dura 5-6 giorno e scompare, come è iniziato, a cominciare dal collo.  Le complicanze più frequenti sono rappresentate da otite, bronchite, laringite, tracheite, polmonite, diarrea e più raramente encefalite/encefalo mielite (incidenza 1 su 1000). I soggetti a maggior rischio di sviluppare complicanze sono i bambini malnutriti, gli immunodepressi e i soggetti affetti da altre patologia. Il morbillo contratto in gravidanza è associato ad un maggior rischio di complicanze (in particolare polmonite)e mortalità materna. Alcuni studi hanno dimostrato un maggior rischio di aborto spontaneo, morte intrauterina, parto pretermine.   L’infezione in prossimità del parto può aumentare il rischio di morbillo neonatale, gravato da una significativa mortalità.  In Italia il vaccino è combinato (morbillo-parotite-rosolia -MPR). Nel bambino il calendario vaccinale raccomanda la prima dose a 13-15 mesi, la seconda a 5-6 anni. Per gli adolescenti e gli adulti che non sono mai stati vaccinati, sono previste due dosi a distanza di almeno 4 settimane, da effettuare in soggetti a rischio e prima di viaggi in zone endemiche/epidemiche.   E’ inoltre importante verificare lo stato immunitario della donna nei confronti del morbillo in previsione di una gravidanza. In assenza d’immunizzazione verso questa malattia, è opportuno proporre attivamente la vaccinazione con un intervallo di un mese tra le dosi, al di fuori della gravidanza, soprattutto in donne che effettuano lavori a rischio (operatrici scolastiche e sanitarie).  Il virus della parotite è trasmissibile con le stesse modalità indicate per il virus del morbillo. Dopo un periodo di incubazione variabile (12-25 giorni), si sviluppano sintomi simil-influenzali come mal di testa, dolori muscolari e febbre, seguiti dalla caratteristica parotite, che consiste nella tumefazione delle ghiandole salivari parotidee sotto i padiglioni auricolari, dietro l’angolo della mandibola, con dolore durante la masticazione e la deglutizione.   Nei bambini la malattia si risolve in pochi giorni nella maggior parte dei casi. Tra le complicazioni descritte vi sono encefaliti (0,02-0,3%), meningiti (0,5-15%), pancreatite (4%) e danni all’udito.   Una rara complicanza è la perdita dell’udito nei bambini (5 casi su 100.000 malattie): la parotite è infatti la principale causa di sordità neurosensoriale infantile acquisita. L’encefalite porta raramente alla morte, ma si possono avere conseguenze permanenti come paralisi, epilessia, paralisi dei nervi cranici.   Negli adulti le complicanze sono più frequenti. Nel 20-30% dei maschi dopo la pubertà si ha l’insorgenza dell’orchite, una malattia infiammatoria molto dolorosa, caratterizzata dal gonfiore di uno o di entrambi i testicoli. Questa, sebbene raramente, può risolversi in un’atrofia testicolare con conseguente sterilità.Il contagio durante le prime 12 settimane di gravidanza è associato a un’alta percentuale di aborti spontanei (25%), ma non comporta il rischio di malformazioni del feto.   La parotite è una patologia più lieve del morbillo e, nonostante sia più rara di questo, in alcune parti del mondo è ancora endemica. Nel 2016 in Europa sono stati segnalati dal European Surveillance System (TESSy) 14795 casi di parotite di cui 6939 confermati in laboratorio (732 in Italia), con un trend in aumento rispetto al 2014. Il 77% dei casi si sono realizzati in Cecoslovacchia, Polonia, Spagna,Regno Unito. Circa la metà dei casi si è realizzato in soggetti vaccinati, in quanto l’immunità decade dopo un certo periodo.La promozione dell’uso del vaccino combinato per morbillo, parotite e rosolia dovrebbe portare ad una riduzione della circolazione del virus, peraltro non preoccupante, data anche la scarsa gravità della malattia.  La parotite si diffonde prevalentemente in corrispondenza di focolai epidemici che spesso si realizzano in ambienti nei quali le persone stanno a stretto contatto, come scuole, dormitori o gruppi sportivi. Ad esempio, nel 2011-2013 in diversi college degli Stati Uniti si sono sviluppati alcuni piccoli focolai epidemici la cui diffusione all’esterno è stata però limitata.

Measles virus and Mumps virus are viruses belonging to the Paramyxoviridae family. Both cause infections that generally resolve spontaneously within a few days; however, they can sometimes cause serious complications, which is why they have been included within the vaccination protocols of childhood (first dose at 13-15 months and second dose at 5-6 years) and of workers at risk (school workers, healthcare workers, etc.). In Italy, the vaccine is a trivalent combination (measles, mumps, rubella), mandatory since the 2017-2018 school year, provided free of charge according to Law 119 of 31/7/2017 and provided for by the National Plan of Vaccination Prevention PNPV 2017-2019 Diagnostic tests for measles and mumps include: serological tests for the search for IgG and IgM antibodies to the measles or mumps virus. molecular methods (PCR, classic polymerasechainreaction and real-time) for the search for viral genetic material (RNA). These methods can be applied to different types of samples.  At present both diseases are endemic-epidemic: that is, they are always present in the community, but they present epidemic peaks every 3-4 years linked to the fact that newborns, when maternal immunity has decayed after giving birth and breastfeeding, gradually constitute a population of subjects susceptible to infection. In 2010 WHO communicated that “global measles eradication is biologically, technically and operationally possible”. Eradication is defined as the disruption of measles transmission worldwide, in the presence of a verified and functioning surveillance system. The vaccine (attenuated virus) has been available since 1963 and measles is a disease completely preventable with 2 doses of the vaccine. A coverage rate of at least 95% of the population (both nationally and within communities) with 2 doses is necessary to ensure herd immunity, capable of protecting even that portion of the population that cannot be vaccinated for health reasons, and avoid the circulation of the disease.  According to WHO and UNICEF, the available data relating to 2017 and 2018 indicate an estimated coverage of ’86% of children with the first dose and 69% for the second, completely insufficient to block transmission. In 2017, however, ’85% of the world’s children received their first dose of the vaccine at the age of one (compared to 72% of children in 2000). It is estimated that in the period 2000-2017, measles vaccination avoided more than 21 million deaths, thus representing one of the most effective public health interventions. Such a global vaccination campaign was launched in 2001 by the Measles Initiative, a worldwide initiative born out of collaboration between the WHO, the American Red Cross, Unicef, the United Nations Foundation and the US CDC.  The vaccine is also recommended for all non-immune travellers (over 6 months of age) to an area where measles is circulating, at least 15 days before departure.  However, since early 2019 UNICEF had reported the worrying increase in the number of measles cases worldwide in 2018 compared to 2017 (with 110,000 deaths worldwide), including several states that had previously been declared “measles free” (measles free) by the WHO. Over 74 per cent of the total increase was recorded in 10 States.  Ukraine, Philippines, Brazil, etc.).In summary, globally, the increase in measles cases in 2018 in 98 states around the world has undermined the progress achieved so far with vaccination against this disease.The situation was particularly worrying in Ukraine, with 35,120 measles cases in 2018 and 24,042 in the first two months of 2019 alone, and in the Philippines, with 15,599 cases in 2018 and 12,736 cases (with 203 deaths) in the first two months of 2019. In Madagascar, cases fell sharply as a result of nationwide emergency vaccination campaigns, thus demonstrating the effectiveness of vaccination in ending epidemics and protecting health. Large outbreaks are ongoing in Angola, Cameroon, Chad, Congo, Kazakhstan, Nigeria, the Philippines, South Sudan, Sudan and Thailand.As of 7/31/2019, WHO reports that the number of measles cases reported is the highest there has been in every year since 2006, with the number of cases almost 3 times those reported in all of 2018.Health systems in many parts of the world experience considerable difficulties due to the increase in severe forms and deaths. The largest epidemics involve countries with low vaccination coverage, both at present and in the past, thereby creating large pockets of people susceptible to the disease.    At the same time, protracted epidemics are also taking place in countries with high immunization coverage rates.                              communities, geographical areas, age groups, etc. due to lack of vaccination services, conflicts, migrations, bad information, lack of awareness about the meaning of vaccinations.  Since measles is an extremely contagious disease, when a sufficient number of non-immune people are exposed to the virus, it spreads very rapidly.    The United States, declared “measles-free” since 2000, reported the highest number of cases in 2018-2019 in the last 25 years. In the WHO European Region there were more than 90,000 cases reported in the first 6 months of 2019, compared to 84462 cases in the whole of 2018.  Global data and WHO death estimates are available for 2017: 6.7 million cases and 110,000 deaths (predominantly children under 5 years old), based on 173,330 reported cases. In 2018, 353,236 cases of measles were reported to WHO. Global data and estimates for 2018 will be released by the end of 2019.  From 1/1 to 31/7/2019, 182 countries reported 364,808 cases of measles to WHO (129,239 cases in 2018 for the same period): the WHO African region had a 10-fold increase in cases (900%), the European region 2 times (93,890 cases until July 2019, compared to 82,596 cases in all of 2018 in 47 out of 53 states) , the East Mediterranean region 1.5 times, the West Pacific region 3 times.    In the WHO European region, an increase in measles cases was achieved, despite the fact that in 2017 coverage of almost 95% of the population at a national level was obtained for the first dose of vaccine and 90% for the second dose. However, the inhomogeneity of coverage data across countries creates pockets of susceptible population that do not allow disruption of the spread of the virus. For this reason, the WHO Europe regional office has published a strategic response plan to the measles emergency in the Region (Strategic Response Plan for the measures emergency in the WHO European Region, September 2019-December 2020), after having conducted in-depth investigations in member countries to understand what factors facilitate the circulation of measles and have defined intervention plans at a national level.    CDC Europe published a risk analysis for measles in the EU/EEA in May 2019? Identifying susceptible groups to close immunity gaps towards measures elimination).The main aspects to consider are: more than 4.5 million children and adolescents are still susceptible to measles; only 4 EU/EEA Member States have reached the coverage target of 95% for both doses of vaccine; high incidence among children and adults with increasing average age of cases: from 10 years in 2009-2010 to 17 years in 2018-2019, 35% cases are observed in subjects over 20 years of age Furthermore, adults are the most affected group in 19 countries (with greater severity of cases); 45% of deaths are observed in children under 1 year and in 2016-2019 43% of measles cases imported into the EU/EEA had acquired the infection in another EU/EEA country, generally those where measles was endemic or where epidemics were ongoing. The bottom line is that as long as measles continues to circulate in the region, the risk of contracting the disease will remain in every member state.  In Italy, thanks to law 119 of 2017, mandatory vaccinations in childhood and adolescence have become 10, including the vaccine against measles, mumps and rubella. The objective of the law has been to counteract the progressive decline in vaccinations, both mandatory and recommended, in place since 2013, which has resulted in average vaccination coverage below 95%. The law will also allow the achievement of the priority objectives of the National Vaccination Prevention Plan 2017-2019 and compliance with the obligations undertaken at European and international level. In 2018, both the coverage for the first dose, which reached 94.35% (compared to 92.38% in 2017), and for the second dose, which reached 90% (compared to 85, has already improved for measles. 74% in 2017). Despite the obvious improvement, coverage is still below the 95 per cent threshold, which is essential for ensuring herd immunity. The incidence of cases per million inhabitants of measles in the last three years (ISS data) reduced: 88.4 in 2017, which was the epidemic peak year with 5,397 cases (median age 27 years), 43.3 in 2018, with 2,681 cases (median age 27 years), 32 in 2019 with 1605 cases as of October 31 (median age 30 years). In 2019, ’86% of subjects were unvaccinated at the time of infection. L’80% of cases occurred in people between 15 and 64 years of age. Cases have been reported in both school workers and healthcare workers: in 70-80% of cases the subjects were not vaccinated, although they should have been vaccinated as they were at risk (National Vaccination Prevention Plan 2017-2019).  Since measles and rubella affect the same age groups and have similar symptoms, it is clinically and epidemiologically correct, as well as cost-effective (the combined vaccine costs less than 2 euros), to carry out integrated surveillance of the two diseases, as also recommended by WHO with the Measles and Rubella initiative launched in 2001. In Italy, the National Plan for the Elimination of Measles and Congenital Rubella (PNEMoRc) 2010-2015 was established in 2013 and in 2017 the MoRoNET network (network of accredited laboratories for measles and rubella) to strengthen the surveillance of Measles and Rubella and confirm cases through laboratory investigations: cases of suspected measles negative on confirmatory testing should be tested for rubella and cases of suspected rubella negative on confirmatory testing should be tested for measles.  You know measles that mumps are easily transmitted through the air through droplets of saliva emitted by coughing, sneezing or simply talking or touching surfaces contaminated by the virus and then through the eyes, nose and mouth. According to the Centers for Disease Control and Prevention (CDC), the measles virus can survive up to two hours in the air when an infected person has coughed or sneezed. Infected people are contagious already a few days before the onset of symptoms. Measles is an extremely contagious disease.  The virus infects the cells of the lungs and, after an incubation period varying from a minimum of 7 to a maximum of 18 days (on average 10), there is the appearance of: high fever, dry cough, conjunctivitis, photosensitivity, cold, sore throat, small white spots at the gingival level, at the height of the molars (Koplik spots). After 3-4 days, the papular maculo rash appears, usually starting from the neck and head and then spreading to the trunk and limbs (descending rash). The rash lasts 5-6 days and disappears, as it began, starting with the neck.  The most frequent complications are represented by otitis, bronchitis, laryngitis, tracheitis, pneumonia, diarrhea and more rarely encephalitis/encephalon myelitis (incidence 1 in 1000). The subjects at greatest risk of developing complications are malnourished children, immunosuppressed people and subjects suffering from other pathologies. Measles contracted during pregnancy is associated with a greater risk of complications (particularly pneumonia) and maternal mortality. Some studies have shown a greater risk of miscarriage, intrauterine death, preterm birth.   Infection near delivery may increase the risk of neonatal measles, burdened by significant mortality.  In Italy the vaccine is combined (measles-mumps-rubella -MPR). In children, the vaccination calendar recommends the first dose at 13-15 months, the second at 5-6 years. For adolescents and adults who have never been vaccinated, two doses are scheduled at least 4 weeks apart, to be carried out in subjects at risk and before travel to endemic/epidemic areas.  E’it is also important to check the woman’s immune status towards measles in anticipation of pregnancy. In the absence of immunization to this disease, it is advisable to actively propose vaccination with an interval of one month between doses, outside of pregnancy, especially in women who perform risky work (school and health workers).  The mumps virus is transmissible in the same way as for the measles virus. After a variable incubation period (12-25 days), flu-like symptoms such as headache, muscle aches and fever develop, followed by the characteristic mumps, which consists of swelling of the parotid salivary glands under the auricles, around the corner of the jaw, with pain when chewing and swallowing.   In children the disease resolves within a few days in most cases. Among the described complications are encephalitis (0.02-0.3%), meningitis (0.5-15%), pancreatitis (4%), and hearing damage.  A rare complication is hearing loss in children (5 cases per 100,000 diseases): mumps is in fact the main cause of acquired childhood sensorineural deafness. Encephalitis rarely leads to death, but permanent consequences such as paralysis, epilepsy, cranial nerve palsy can occur.   In adults, complications are more frequent. In 20-30% of males after puberty there is an onset of orchitis, a very painful inflammatory disease, characterized by swelling of one or both testicles. This, although rarely, can result in testicular atrophy resulting in sterility Contagion during the first 12 weeks of pregnancy is associated with a high percentage of miscarriages (25%), but does not carry the risk of malformations of the fetus.   Mumps is a milder condition than measles and, although it is rarer than this, it is still endemic in some parts of the world. In 2016, 14,795 cases of mumps were reported by the European Surveillance System (TESSy) in Europe, of which 6,939 were confirmed in the laboratory (732 in Italy), with an increasing trend compared to 2014. 77% of cases occurred in Czechoslovakia, Poland, Spain and the United Kingdom. About half of the cases occurred in vaccinated subjects, as immunity lapses after a certain period.The promotion of the use of the combined vaccine for measles, mumps and rubella should lead to a reduction in the circulation of the virus, which is not worrying, also given the low severity of the disease.  Mumps spreads mainly during epidemic outbreaks which often occur in environments where people are in close contact, such as schools, dormitories or sports groups. For example, in 2011 – 2013 a number of small epidemic outbreaks developed in several colleges in the United States but were limited in their spread outside.

MORBILLO (Anticorpi IgM)

Il virus del Morbillo e il virus della Parotite sono virus appartenenti alla famiglia dei Paramyxoviridae. Entrambi causano infezioni che generalmente si risolvono spontaneamente entro pochi giorni; tuttavia possono causare talvolta complicanze gravi, motivo per il quale sono stati inseriti all’interno dei protocolli di vaccinazione dell’infanzia (prima dose a 13-15 mesi e seconda dose a 5-6 anni) e dei lavoratori a rischio (operatoriscolastici, operatori sanitari,ecc). In Italia il vaccino è combinato trivalente (morbillo, parotite, rosolia), obbligatorio dall’anno scolastico 2017-2018, fornito gratuitamente secondo la Legge 119 del 31/7/2017 e previsto dal Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale PNPV 2017-2019  Gli esami diagnostici per il morbillo e la parotite comprendono:  i test sierologici per la ricerca di anticorpi IgG e IgM anti-virus del morbillo o della parotite. i metodi molecolari (PCR, polymerasechainreaction classica e real-time) per la ricerca del materiale genetico virale (RNA). Questi metodi possono essere applicati su differenti tipi di campioni.  Allo stato attuale entrambe le malattie sono endemo-epidemiche: sono cioè sempre presenti nella collettività, ma presentano picchi epidemici ogni 3-4 anni legati al fatto che i nuovi nati, quando l’immunità materna è decaduta dopo il parto e l’allattamento, vanno a costituire gradualmente una popolazione di soggetti suscettibili all’infezione. Nel 2010 WHO ha comunicato che “l’eradicazione globale del morbillo è biologicamente, tecnicamente ed operativamente possibile”. L’eradicazione è definita come l’interruzione della trasmissione del morbillo a livello mondiale, in presenza di un sistema di sorveglianza verificato e funzionante. Il vaccino (virus attenuato) è disponibile fin dal 1963 ed il morbillo è una malattia completamente prevenibile con 2 dosi di vaccino. Un tasso di copertura di almeno il 95% della popolazione (sia a livello nazionale che all’interno delle comunità) con 2 dosi è necessario per garantire l’immunità di gregge, in grado di proteggere anche quella porzione di popolazione che non può essere vaccinata per motivi di salute, ed evitare la circolazione della malattia.  Secondo WHO e UNICEF i dati disponibili relativi al 2017 e 2018 indicano una stima della copertura dell’86% dei bambini con la prima dose e del 69% per la seconda, del tutto insufficienti per bloccare la trasmissione. Nel 2017 comunque l’85% dei bambini del mondo ha ricevuto la prima dose di vaccino all’età di un anno (rispetto al 72% di bambini nel 2000). Si stima che nel periodo 2000-2017 la vaccinazione anti morbillo abbia evitato più di 21 milioni di morti, rappresentando pertanto uno dei più efficaci interventi di sanità pubblica. Tale campagna di vaccinazione globale è stata lanciata nel 2001 dalla Measles Initiative, un’iniziativa mondiale nata dalla collaborazione tra WHO, Croce Rossa americana, Unicef, Fondazione delle Nazioni Unite e CDC statunitensi.  Il vaccino è raccomandato anche per tutti i viaggiatori non immuni (di età superiore a 6 mesi) verso un’area in cui il morbillo sta circolando, almeno 15 giorni prima della partenza.  Tuttavia, fin dall’inizio del 2019 l’UNICEF aveva segnalato il preoccupante aumento del numero dei casi di morbillo in tutto il mondo nel 2018 rispetto al 2017 (con 110.000 morti nel mondo), compresi diversi stati che erano stati precedentemente dichiarati “liberi dal morbillo” (measles free) dal WHO. In 10 Stati è stato registrato oltre il 74% dell’incremento totale   (Ucraina, Filippine, Brasile, ecc).In sintesi, a livello globale, l’aumento dei casi di morbillo nel 2018 in 98 Stati nel mondo ha vanificato i progressi finora ottenuti con la vaccinazione contro questa malattia.La situazione è risultata particolarmente preoccupante in Ucraina, con 35.120 casi di morbillo nel 2018 e 24.042 solo nei primi due mesi del 2019,e nelle Filippine, con 15.599 casi nel 2018 e 12.736 casi (con 203 decessi) nei primi due mesi 2019. In Madagascar i casi sono diminuiti drasticamente a seguito di campagne di vaccinazione di emergenza a livello nazionale, dimostrando così l’efficacia della vaccinazione nel porre fine alle epidemie e proteggere la salute. Grandi focolai sono in corso in Angola, Camerun, Ciad, Congo, Kazakistan, Nigeria, Filippine, Sudan del Sud, Sudan e Thailandia.Al 31/7/2019, WHO segnala che il numero di casi di morbillo riportati è il più alto che ci sia stato in ogni anno fin dal 2006, con un numero di casi di quasi 3 volte quelli riportati in tutto il 2018.I sistemi sanitari di molte parti del mondo riscontrano notevoli difficoltà a causa dell’aumento delle forme gravi e dei decessi. Le più grandi epidemie coinvolgono paesi con bassa copertura vaccinale, sia al momento attuale che nel passato, creando in tal modo grandi sacche di persone suscettibili alla malattia. Allo stesso tempo, epidemie protratte si stanno realizzando anche in paesi con alti tassi di copertura vaccinale.

Il fenomeno deriva da disuguaglianze nella copertura vaccinale nelle diverse comunità, aree geografiche, gruppi di età, ecc dovute a mancanza di servizi vaccinali, conflitti, migrazioni, cattiva informazione, scarsa consapevolezza circa il significato delle vaccinazioni.  Essendo il morbillo una malattia estremamente contagiosa, quando un numero sufficiente di persone non immuni è esposto al virus, si ha una diffusione molto rapida.    Gli Stati Uniti, dichiarati “liberi dal morbillo” dal 2000, hanno riportato nel 2018-2019 il più alto numero di casi negli ultimi 25 anni. Nella regione europea WHO ci sono stati più di 90.000 casi riportati nei primi 6 mesi del 2019, rispetto a 84462 casi nell’intero 2018.  Dati globali e stime dei decessi WHO sono disponibili per il 2017: 6.7 milioni di casi e 110.000 morti (prevalentemente bambini con meno di 5 anni), basati su 173.330 casi riportati. Nel 2018 sono stati riportati a WHO 353.236 casi di morbillo. I dati globali e le stime del 2018 saranno rilasciati entro la fine del 2019.  Dal 1/1 al 31/7/2019 182 paesi hanno riportato a WHO 364.808 casi di morbillo (129.239 casi nel 2018 per lo stesso periodo): la regione Africana WHO ha avuto un incremento di casi di 10 volte (900%), la regione Europea di 2 volte (93.890 casi fino a luglio 2019, contro 82.596 casi in tutto il 2018 in 47 su 53 stati) , la regione Est Mediterranea di 1,5 volte, la regione Ovest Pacifico di 3 volte.   Nella regione WHO Europea si è realizzato l’incremento dei casi di morbillo,nonostante nel 2017 fosse stata ottenuta la copertura di quasi il 95% della popolazione a livello nazionale per la prima dose di vaccino e del 90% per la seconda dose. Tuttavia, la disomogeneità dei dati di copertura tra i paesi crea sacche di popolazione suscettibile che non permettono l’interruzione della diffusione del virus. Per questo motivo l’ufficio regionale WHO Europa ha pubblicato un piano strategico di risposta all’emergenza del morbillo nella Regione (Strategic Response Planfor the measles emergency in the WHO European Region, September 2019-December 2020), dopo aver condotto indagini approfondite nei Paesi membri per comprendere quali siano i fattori che agevolano la circolazione del morbillo e aver definito piani di intervento a livello nazionale.

Il CDC Europa ha pubblicato a maggio 2019 un’analisi del rischio per il morbillo (Who is at risk for measles in the EU/EEA? Identifying susceptible groups to close immunity gaps towards measles elimination).I principali aspetti da considerare sono: più di 4,5 milioni di bambini e adolescenti sono ancora suscettibili al morbillo; solo 4 Stati Membri EU/EEA hanno raggiunto il target di copertura del 95% per entrambe le dosi di vaccino; elevata incidenza fra ragazzi e adulti con età media dei casi in aumento: da 10 anni nel 2009-2010 a 17 anni nel 2018-2019, il 35% dei casi si osserva in soggetti con più di 20 anni.Inoltre gli adulti risultano essere il gruppo più colpito in 19 paesi (con maggior gravità dei casi); il 45% delle morti si osserva nei bambini al di sotto di 1 anno e nel 2016-2019 il 43% dei casi di morbillo importati in EU/EEA avevano acquisito l’infezione in un altro paese EU/EEA, generalmente quelli in cui il morbillo era endemico o in cui erano in corso epidemie. La conclusione è che, finché il morbillo continuerà a circolare nella regione, rimarrà il rischio di contrarre la malattia in ogni stato membro.  In Italia, grazie alla legge 119 del 2017, le vaccinazioni obbligatorie nell’infanzia e nell’adolescenza sono diventate 10, tra cui anche il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia. L’obiettivo della legge è stato quello di contrastare il progressivo calo delle vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, in atto dal 2013, che ha determinato una copertura vaccinale media al di sotto del 95%. La legge permetterà anche il conseguimento degli obiettivi prioritari del Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019 ed il rispetto degli obblighi assunti a livello europeo ed internazionale. Nel 2018 sono già migliorate per il morbillo sia la copertura per la prima dose,che ha raggiunto il 94,35% (rispetto a 92,38% nel 2017), che per la seconda dose,che ha raggiunto il 90% (rispetto a 85,74% nel 2017). Nonostante l’evidente miglioramento, la copertura risulta ancora al di sotto della soglia del 95%, essenziale per garantire l’immunità di gregge. L’incidenza dei casi per milione di abitanti di morbillo nell’ultimo triennio (dati ISS) si è ridotta: 88,4 nel 2017, che è stato l’anno di picco epidemico con 5.397 casi (età mediana 27 anni), 43,3 nel 2018, con 2.681 casi (età mediana 27 anni), 32 nel 2019 con 1605 casi al 31 ottobre (età mediana 30 anni). Nel 2019 l’86% dei soggetti era non vaccinato al momento del contagio. L’80% dei casi si è verificato in persone tra i 15 e i 64 anni di età. Sono stati segnalati casi sia negli operatori scolastici che negli operatori sanitari: nel 70- 80% dei casi i soggetti non erano vaccinati, anche se avrebbero dovuto esserlo in quanto a rischio (Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale 2017-2019).   Poiché il morbillo e la rosolia colpiscono le stesse fasce di età ed hanno una sintomatologia simile, è clinicamente ed epidemiologicamente corretto, oltre che efficace dal punto di vista dei costi (il vaccino combinato costa meno di 2 euro), effettuare una sorveglianza integrata delle due malattie, come raccomandato anche da WHO con l’iniziativa Morbillo e Rosolia lanciata nel 2001. In Italia sono stati istituiti nel 2013 il Piano Nazionale per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita (PNEMoRc) 2010-2015 e nel 2017 la rete MoRoNET (rete di Laboratori accreditati per il morbillo e la rosolia) per rafforzare la sorveglianza del Morbillo e della Rosolia e confermare i casi attraverso indagini di laboratorio: i casi di sospetto morbillo negativi ai test di conferma devono essere sottoposti ai test per la rosolia e i casi di sospetta rosolia negativi ai test di conferma devono essere testati per il morbillo.  Sai il morbillo che la parotite si trasmettono facilmente per via aerea attraverso goccioline di saliva emesse con tosse, starnuti o semplicemente parlando oppure toccando superfici contaminate dal virus e quindi attraverso occhi, naso e bocca. Secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), il virus del morbillo può sopravvivere fino a due ore nell’aria in cui una persona infetta abbia tossito o starnutito. Le persone infette sono contagiose già alcuni giorni prima della comparsa dei sintomi. Il morbillo è una malattia estremamente contagiosa   Il virus infetta le cellule dei polmoni e, dopo un periodo di incubazione variabile da un minimo di 7 ad un massimo di 18 giorni (in media 10), si ha la comparsa di: febbre alta, tosse secca, congiuntivite, fotosensibilità, raffreddore, mal di gola, piccole macchie bianche a livello gengivale, all’altezza dei molari (macchie di Koplik). Dopo 3-4 giorni compare l’eruzione cutanea maculo papulosa, che comincia solitamente dal collo e dal capo per poi diffondersi sul tronco e gli arti (esantema discendente). L’esantema dura 5-6 giorno e scompare, come è iniziato, a cominciare dal collo.  Le complicanze più frequenti sono rappresentate da otite, bronchite, laringite, tracheite, polmonite, diarrea e più raramente encefalite/encefalo mielite (incidenza 1 su 1000). I soggetti a maggior rischio di sviluppare complicanze sono i bambini malnutriti, gli immunodepressi e i soggetti affetti da altre patologia. Il morbillo contratto in gravidanza è associato ad un maggior rischio di complicanze (in particolare polmonite)e mortalità materna. Alcuni studi hanno dimostrato un maggior rischio di aborto spontaneo, morte intrauterina, parto pretermine.   L’infezione in prossimità del parto può aumentare il rischio di morbillo neonatale, gravato da una significativa mortalità.  In Italia il vaccino è combinato (morbillo-parotite-rosolia -MPR). Nel bambino il calendario vaccinale raccomanda la prima dose a 13-15 mesi, la seconda a 5-6 anni. Per gli adolescenti e gli adulti che non sono mai stati vaccinati, sono previste due dosi a distanza di almeno 4 settimane, da effettuare in soggetti a rischio e prima di viaggi in zone endemiche/epidemiche.   E’ inoltre importante verificare lo stato immunitario della donna nei confronti del morbillo in previsione di una gravidanza. In assenza d’immunizzazione verso questa malattia, è opportuno proporre attivamente la vaccinazione con un intervallo di un mese tra le dosi, al di fuori della gravidanza, soprattutto in donne che effettuano lavori a rischio (operatrici scolastiche e sanitarie).  Il virus della parotite è trasmissibile con le stesse modalità indicate per il virus del morbillo. Dopo un periodo di incubazione variabile (12-25 giorni), si sviluppano sintomi simil-influenzali come mal di testa, dolori muscolari e febbre, seguiti dalla caratteristica parotite, che consiste nella tumefazione delle ghiandole salivari parotidee sotto i padiglioni auricolari, dietro l’angolo della mandibola, con dolore durante la masticazione e la deglutizione.   Nei bambini la malattia si risolve in pochi giorni nella maggior parte dei casi. Tra le complicazioni descritte vi sono encefaliti (0,02-0,3%), meningiti (0,5-15%), pancreatite (4%) e danni all’udito.   Una rara complicanza è la perdita dell’udito nei bambini (5 casi su 100.000 malattie): la parotite è infatti la principale causa di sordità neurosensoriale infantile acquisita. L’encefalite porta raramente alla morte, ma si possono avere conseguenze permanenti come paralisi, epilessia, paralisi dei nervi cranici.   Negli adulti le complicanze sono più frequenti. Nel 20-30% dei maschi dopo la pubertà si ha l’insorgenza dell’orchite, una malattia infiammatoria molto dolorosa, caratterizzata dal gonfiore di uno o di entrambi i testicoli. Questa, sebbene raramente, può risolversi in un’atrofia testicolare con conseguente sterilità.Il contagio durante le prime 12 settimane di gravidanza è associato a un’alta percentuale di aborti spontanei (25%), ma non comporta il rischio di malformazioni del feto.   La parotite è una patologia più lieve del morbillo e, nonostante sia più rara di questo, in alcune parti del mondo è ancora endemica. Nel 2016 in Europa sono stati segnalati dal European Surveillance System (TESSy) 14795 casi di parotite di cui 6939 confermati in laboratorio (732 in Italia), con un trend in aumento rispetto al 2014. Il 77% dei casi si sono realizzati in Cecoslovacchia, Polonia, Spagna,Regno Unito. Circa la metà dei casi si è realizzato in soggetti vaccinati, in quanto l’immunità decade dopo un certo periodo.La promozione dell’uso del vaccino combinato per morbillo, parotite e rosolia dovrebbe portare ad una riduzione della circolazione del virus, peraltro non preoccupante, data anche la scarsa gravità della malattia.  La parotite si diffonde prevalentemente in corrispondenza di focolai epidemici che spesso si realizzano in ambienti nei quali le persone stanno a stretto contatto, come scuole, dormitori o gruppi sportivi. Ad esempio, nel 2011-2013 in diversi college degli Stati Uniti si sono sviluppati alcuni piccoli focolai epidemici la cui diffusione all’esterno è stata però limitata.

Measles virus and Mumps virus are viruses belonging to the Paramyxoviridae family. Both cause infections that generally resolve spontaneously within a few days; however, they can sometimes cause serious complications, which is why they have been included within the vaccination protocols of childhood (first dose at 13-15 months and second dose at 5-6 years) and of workers at risk (school workers, healthcare workers, etc.). In Italy, the vaccine is a trivalent combination (measles, mumps, rubella), mandatory since the 2017-2018 school year, provided free of charge according to Law 119 of 31/7/2017 and provided for by the National Plan of Vaccination Prevention PNPV 2017-2019 Diagnostic tests for measles and mumps include: serological tests for the search for IgG and IgM antibodies to the measles or mumps virus. molecular methods (PCR, classic polymerasechainreaction and real-time) for the search for viral genetic material (RNA). These methods can be applied to different types of samples.  At present both diseases are endemic-epidemic: that is, they are always present in the community, but they present epidemic peaks every 3-4 years linked to the fact that newborns, when maternal immunity has decayed after giving birth and breastfeeding, gradually constitute a population of subjects susceptible to infection. In 2010 WHO communicated that “global measles eradication is biologically, technically and operationally possible”. Eradication is defined as the disruption of measles transmission worldwide, in the presence of a verified and functioning surveillance system. The vaccine (attenuated virus) has been available since 1963 and measles is a disease completely preventable with 2 doses of the vaccine. A coverage rate of at least 95% of the population (both nationally and within communities) with 2 doses is necessary to ensure herd immunity, capable of protecting even that portion of the population that cannot be vaccinated for health reasons, and avoid the circulation of the disease.  According to WHO and UNICEF, the available data relating to 2017 and 2018 indicate an estimated coverage of ’86% of children with the first dose and 69% for the second, completely insufficient to block transmission. In 2017, however, ’85% of the world’s children received their first dose of the vaccine at the age of one (compared to 72% of children in 2000). It is estimated that in the period 2000-2017, measles vaccination avoided more than 21 million deaths, thus representing one of the most effective public health interventions. Such a global vaccination campaign was launched in 2001 by the Measles Initiative, a worldwide initiative born out of collaboration between the WHO, the American Red Cross, Unicef, the United Nations Foundation and the US CDC.  The vaccine is also recommended for all non-immune travellers (over 6 months of age) to an area where measles is circulating, at least 15 days before departure.  However, since early 2019 UNICEF had reported the worrying increase in the number of measles cases worldwide in 2018 compared to 2017 (with 110,000 deaths worldwide), including several states that had previously been declared “measles free” (measles free) by the WHO. Over 74 per cent of the total increase was recorded in 10 States.  Ukraine, Philippines, Brazil, etc.).In summary, globally, the increase in measles cases in 2018 in 98 states around the world has undermined the progress achieved so far with vaccination against this disease.The situation was particularly worrying in Ukraine, with 35,120 measles cases in 2018 and 24,042 in the first two months of 2019 alone, and in the Philippines, with 15,599 cases in 2018 and 12,736 cases (with 203 deaths) in the first two months of 2019. In Madagascar, cases fell sharply as a result of nationwide emergency vaccination campaigns, thus demonstrating the effectiveness of vaccination in ending epidemics and protecting health. Large outbreaks are ongoing in Angola, Cameroon, Chad, Congo, Kazakhstan, Nigeria, the Philippines, South Sudan, Sudan and Thailand.As of 7/31/2019, WHO reports that the number of measles cases reported is the highest there has been in every year since 2006, with the number of cases almost 3 times those reported in all of 2018.Health systems in many parts of the world experience considerable difficulties due to the increase in severe forms and deaths. The largest epidemics involve countries with low vaccination coverage, both at present and in the past, thereby creating large pockets of people susceptible to the disease.    At the same time, protracted epidemics are also taking place in countries with high immunization coverage rates.                              communities, geographical areas, age groups, etc. due to lack of vaccination services, conflicts, migrations, bad information, lack of awareness about the meaning of vaccinations.  Since measles is an extremely contagious disease, when a sufficient number of non-immune people are exposed to the virus, it spreads very rapidly.    The United States, declared “measles-free” since 2000, reported the highest number of cases in 2018-2019 in the last 25 years. In the WHO European Region there were more than 90,000 cases reported in the first 6 months of 2019, compared to 84462 cases in the whole of 2018.  Global data and WHO death estimates are available for 2017: 6.7 million cases and 110,000 deaths (predominantly children under 5 years old), based on 173,330 reported cases. In 2018, 353,236 cases of measles were reported to WHO. Global data and estimates for 2018 will be released by the end of 2019.  From 1/1 to 31/7/2019, 182 countries reported 364,808 cases of measles to WHO (129,239 cases in 2018 for the same period): the WHO African region had a 10-fold increase in cases (900%), the European region 2 times (93,890 cases until July 2019, compared to 82,596 cases in all of 2018 in 47 out of 53 states) , the East Mediterranean region 1.5 times, the West Pacific region 3 times.    In the WHO European region, an increase in measles cases was achieved, despite the fact that in 2017 coverage of almost 95% of the population at a national level was obtained for the first dose of vaccine and 90% for the second dose. However, the inhomogeneity of coverage data across countries creates pockets of susceptible population that do not allow disruption of the spread of the virus. For this reason, the WHO Europe regional office has published a strategic response plan to the measles emergency in the Region (Strategic Response Plan for the measures emergency in the WHO European Region, September 2019-December 2020), after having conducted in-depth investigations in member countries to understand what factors facilitate the circulation of measles and have defined intervention plans at a national level.    CDC Europe published a risk analysis for measles in the EU/EEA in May 2019? Identifying susceptible groups to close immunity gaps towards measures elimination).The main aspects to consider are: more than 4.5 million children and adolescents are still susceptible to measles; only 4 EU/EEA Member States have reached the coverage target of 95% for both doses of vaccine; high incidence among children and adults with increasing average age of cases: from 10 years in 2009-2010 to 17 years in 2018-2019, 35% cases are observed in subjects over 20 years of age Furthermore, adults are the most affected group in 19 countries (with greater severity of cases); 45% of deaths are observed in children under 1 year and in 2016-2019 43% of measles cases imported into the EU/EEA had acquired the infection in another EU/EEA country, generally those where measles was endemic or where epidemics were ongoing. The bottom line is that as long as measles continues to circulate in the region, the risk of contracting the disease will remain in every member state.  In Italy, thanks to law 119 of 2017, mandatory vaccinations in childhood and adolescence have become 10, including the vaccine against measles, mumps and rubella. The objective of the law has been to counteract the progressive decline in vaccinations, both mandatory and recommended, in place since 2013, which has resulted in average vaccination coverage below 95%. The law will also allow the achievement of the priority objectives of the National Vaccination Prevention Plan 2017-2019 and compliance with the obligations undertaken at European and international level. In 2018, both the coverage for the first dose, which reached 94.35% (compared to 92.38% in 2017), and for the second dose, which reached 90% (compared to 85, has already improved for measles. 74% in 2017). Despite the obvious improvement, coverage is still below the 95 per cent threshold, which is essential for ensuring herd immunity. The incidence of cases per million inhabitants of measles in the last three years (ISS data) reduced: 88.4 in 2017, which was the epidemic peak year with 5,397 cases (median age 27 years), 43.3 in 2018, with 2,681 cases (median age 27 years), 32 in 2019 with 1605 cases as of October 31 (median age 30 years). In 2019, ’86% of subjects were unvaccinated at the time of infection. L’80% of cases occurred in people between 15 and 64 years of age. Cases have been reported in both school workers and healthcare workers: in 70-80% of cases the subjects were not vaccinated, although they should have been vaccinated as they were at risk (National Vaccination Prevention Plan 2017-2019).  Since measles and rubella affect the same age groups and have similar symptoms, it is clinically and epidemiologically correct, as well as cost-effective (the combined vaccine costs less than 2 euros), to carry out integrated surveillance of the two diseases, as also recommended by WHO with the Measles and Rubella initiative launched in 2001. In Italy, the National Plan for the Elimination of Measles and Congenital Rubella (PNEMoRc) 2010-2015 was established in 2013 and in 2017 the MoRoNET network (network of accredited laboratories for measles and rubella) to strengthen the surveillance of Measles and Rubella and confirm cases through laboratory investigations: cases of suspected measles negative on confirmatory testing should be tested for rubella and cases of suspected rubella negative on confirmatory testing should be tested for measles.  You know measles that mumps are easily transmitted through the air through droplets of saliva emitted by coughing, sneezing or simply talking or touching surfaces contaminated by the virus and then through the eyes, nose and mouth. According to the Centers for Disease Control and Prevention (CDC), the measles virus can survive up to two hours in the air when an infected person has coughed or sneezed. Infected people are contagious already a few days before the onset of symptoms. Measles is an extremely contagious disease.  The virus infects the cells of the lungs and, after an incubation period varying from a minimum of 7 to a maximum of 18 days (on average 10), there is the appearance of: high fever, dry cough, conjunctivitis, photosensitivity, cold, sore throat, small white spots at the gingival level, at the height of the molars (Koplik spots). After 3-4 days, the papular maculo rash appears, usually starting from the neck and head and then spreading to the trunk and limbs (descending rash). The rash lasts 5-6 days and disappears, as it began, starting with the neck.  The most frequent complications are represented by otitis, bronchitis, laryngitis, tracheitis, pneumonia, diarrhea and more rarely encephalitis/encephalon myelitis (incidence 1 in 1000). The subjects at greatest risk of developing complications are malnourished children, immunosuppressed people and subjects suffering from other pathologies. Measles contracted during pregnancy is associated with a greater risk of complications (particularly pneumonia) and maternal mortality. Some studies have shown a greater risk of miscarriage, intrauterine death, preterm birth.   Infection near delivery may increase the risk of neonatal measles, burdened by significant mortality.  In Italy the vaccine is combined (measles-mumps-rubella -MPR). In children, the vaccination calendar recommends the first dose at 13-15 months, the second at 5-6 years. For adolescents and adults who have never been vaccinated, two doses are scheduled at least 4 weeks apart, to be carried out in subjects at risk and before travel to endemic/epidemic areas.  E’it is also important to check the woman’s immune status towards measles in anticipation of pregnancy. In the absence of immunization to this disease, it is advisable to actively propose vaccination with an interval of one month between doses, outside of pregnancy, especially in women who perform risky work (school and health workers).  The mumps virus is transmissible in the same way as for the measles virus. After a variable incubation period (12-25 days), flu-like symptoms such as headache, muscle aches and fever develop, followed by the characteristic mumps, which consists of swelling of the parotid salivary glands under the auricles, around the corner of the jaw, with pain when chewing and swallowing.   In children the disease resolves within a few days in most cases. Among the described complications are encephalitis (0.02-0.3%), meningitis (0.5-15%), pancreatitis (4%), and hearing damage.  A rare complication is hearing loss in children (5 cases per 100,000 diseases): mumps is in fact the main cause of acquired childhood sensorineural deafness. Encephalitis rarely leads to death, but permanent consequences such as paralysis, epilepsy, cranial nerve palsy can occur.   In adults, complications are more frequent. In 20-30% of males after puberty there is an onset of orchitis, a very painful inflammatory disease, characterized by swelling of one or both testicles. This, although rarely, can result in testicular atrophy resulting in sterility Contagion during the first 12 weeks of pregnancy is associated with a high percentage of miscarriages (25%), but does not carry the risk of malformations of the fetus.   Mumps is a milder condition than measles and, although it is rarer than this, it is still endemic in some parts of the world. In 2016, 14,795 cases of mumps were reported by the European Surveillance System (TESSy) in Europe, of which 6,939 were confirmed in the laboratory (732 in Italy), with an increasing trend compared to 2014. 77% of cases occurred in Czechoslovakia, Poland, Spain and the United Kingdom. About half of the cases occurred in vaccinated subjects, as immunity lapses after a certain period.The promotion of the use of the combined vaccine for measles, mumps and rubella should lead to a reduction in the circulation of the virus, which is not worrying, also given the low severity of the disease.  Mumps spreads mainly during epidemic outbreaks which often occur in environments where people are in close contact, such as schools, dormitories or sports groups. For example, in 2011 – 2013 a number of small epidemic outbreaks developed in several colleges in the United States but were limited in their spread outside.

MORFINA
La morfina è un potente analgesico oppioide naturale, estratto dal papavero da oppio, che agisce sul sistema nervoso centrale per alleviare il dolore.È utilizzata in medicina per trattare il dolore severo, specialmente in seguito a interventi chirurgici, traumi o malattie croniche come il cancro.Natura chimica:  È un composto chimico con formula  C17H19NO3cap C sub 17 cap H sub 19 cap N cap O sub 3 𝐶17𝐻19𝑁𝑂3     Origine:  È uno dei principali alcaloidi presenti nella resina del papavero da oppio, insieme alla codeina.Meccanismo d’azione:  Agisce sui recettori oppioidi nel cervello per bloccare la trasmissione dei segnali del dolore.Uso:  È prescritta per il trattamento del dolore acuto e cronico di forte intensità.Classificazione:  Fa parte della categoria degli oppiacei naturali, ma da essa derivano altri composti come gli oppioidi semisintetici e sintetici.
Morphine is a powerful natural opioid analgesic, extracted from opium poppy, that acts on the central nervous system to relieve pain. It is used medicinally to treat severe pain, especially following surgery, trauma, or chronic diseases such as cancer.   Chemical nature: It is a chemical compound with the formula C17H19NO3cap C sub 17 cap H sub 19 cap N cap O sub 3 C17H19NO3 Origin: It is one of the main alkaloids present in the resin of the opium poppy, together with codeine.    Mechanism of action: Acts on opioid receptors in the brain to block the transmission of pain signals.   Use: It is prescribed for the treatment of acute and chronic pain of strong intensity.   Classification: It is part of the category of natural opiates, but other compounds such as semi-synthetic and synthetic opioids derive from it. 
MUCOPROTEINA (Alfa 1 glicoproteina acida)

L’ Alfa 1 glicoproteina acida è la principale delle mucoproteine ed è anche detta meno comunemente orosomucoide; si tratta di una proteina della fase acuta sintetizzata, come  nel fegato e facente parte delle mucoproteine. Aumenta pertanto in tutti i quadri flogistici infettivi e autoimmuni ma anche in condizioni neoplastiche. Ha basso peso molecolare e può pertanto essere eliminata a livello renale in caso di glomerulonefrite o sindrome nefrosica aumentando la proteinuria. Oltre che nella fase acuta l’alfa 1 glicoproteina aumenta nell’ittero ostruttivo mentre diminuisce nell’ittero epatocellulare. Aumenta inoltre nelle sindromi nefrosiche. Migra sia nelle alfa che nelle beta globuline.

Alpha 1 acid glycoprotein is the main mucoprotein and is also less commonly called orosomucoid; it is an acute phase protein synthesized, as in the liver and part of the mucoproteins. It therefore increases in all infectious and autoimmune inflammatory conditions but also in neoplastic conditions. It has a low molecular weight and can therefore be eliminated at the renal level in case of glomerulonephritis or nephrotic syndrome by increasing proteinuria. In addition to the acute phase, alpha 1 glycoprotein increases in obstructive jaundice while it decreases in hepatocellular jaundice. It also increases in nephrotic syndromes. It migrates in both alpha and beta globulins.

MUSCOLO LISCIO (Anticorpi ASMA)

Gli anticorpi anti-muscolo liscio (ASMA) sono autoanticorpi, proteine prodotte dal sistema immunitario in grado di riconoscere ed attaccare una proteina chiamata actina presente nella muscolatura liscia e in altri tessuti dell’organismo di appartenenza, specialmente nel fegato. L’ esame rileva la presenza di questi anticorpi nel sangue.   La produzione di ASMA è fortemente associata alla presenza di epatite autoimmune; più raramente si osserva anche in altre patologie del fegato, come la colangite biliare primitiva.

Anti-smooth muscle antibodies (ASMA) are autoantibodies, proteins produced by the immune system capable of recognizing and attacking a protein called actin present in smooth muscles and other tissues of the body to which they belong, especially in the liver. L’ test detects the presence of these antibodies in the blood.  The production of ASTHMA is strongly associated with the presence of autoimmune hepatitis; more rarely it is also observed in other liver pathologies, such as primary biliary cholangitis.

MUSCOLO STRIATO Anticorpi (AMS)

Questo tipo di anticorpi sono prodotti dall’organismo contro bersagli dell’organismo stesso, cosa che succede nelle patologie autoimmuni. In questo caso sono anticorpi diretti contro le proteine presenti nel muscolo striato, in particolare actina, miosina e titina. In questo modo interrompono il segnale biochimico che queste proteine devono dare alla cellula. Un loro aumento può essere sintomo di miastenia gravis, e nello specifico in combinazione con timoma (tumore delle cellule interne del timo). Possono essere trovati anche in diverse malattie autoimmuni come polimiosite o artrite reumatoide, oppure nei trapianti nel caso di rigetto o nell’infarto cardiaco.

This type of antibodies are produced by the body against targets of the body itself, which happens in autoimmune diseases. In this case they are antibodies directed against proteins present in the striated muscle, in particular actin, myosin and titin. In this way they interrupt the biochemical signal that these proteins must give to the cell. An increase in them can be a symptom of myasthenia gravis, and specifically in combination with thymoma (tumor of the internal cells of the thymus). They can also be found in various autoimmune diseases such as polymyositis or rheumatoid arthritis, or in transplants in the case of rejection or in cardiac infarction.

N

NITRITI URINARI

L’urina positiva ai nitriti si riferisce alla presenza di nitriti nelle urine, che spesso è un’indicazione di un’infezione batterica del tratto urinario (UTI). I nitriti vengono prodotti quando i batteri nel sistema urinario convertono i nitrati, che si trovano normalmente nelle urine, in nitriti. Questa condizione viene in genere rilevata tramite un esame delle urine e può essere un importante strumento diagnostico per identificare le UTI. In questo articolo, esploreremo le cause, i sintomi, la diagnosi, le opzioni di trattamento e quando cercare assistenza medica per l’urina positiva ai nitriti.    Normalmente, l’urina contiene nitrati, che sono sostanze che il corpo espelle come parte dei suoi processi metabolici. I nitriti, d’altro canto, non sono tipicamente presenti nell’urina a meno che alcuni batteri, in particolare quelli associati alle infezioni delle vie urinarie, convertano i nitrati in nitriti. Quando i nitriti vengono rilevati in un esame delle urine, ciò suggerisce che è presente un’infezione nel tratto urinario. Questa scoperta può aiutare gli operatori sanitari a identificare precocemente le infezioni delle vie urinarie e iniziare il trattamento.

La causa più comune di urina positiva ai nitriti è un’infezione del tratto urinario (UTI). Tuttavia, diversi fattori possono contribuire allo sviluppo di UTI e alla conversione dei nitrati in nitriti:  Infezioni del tratto urinario (UTI): La presenza di batteri come Escherichia coli (E. coli), responsabile della maggior parte delle infezioni delle vie urinarie, può convertire i nitrati in nitriti nelle urine. – Infezioni batteriche: Altri batteri, tra cui KlebsiellaProteusEnterococcus, può anche causare infezioni delle vie urinarie e produrre nitriti nelle urine. – Igiene non corretta: Una scarsa igiene personale, soprattutto nelle donne, può aumentare il rischio di infezioni delle vie urinarie dovute alla penetrazione di batteri nel tratto urinario. – Stasi urinaria: La ritenzione urinaria o lo svuotamento incompleto della vescica possono creare un ambiente favorevole alla proliferazione batterica, aumentando il rischio di infezioni e di produzione di nitriti. – Uso del catetere: L’uso di cateteri urinari aumenta il rischio di infezioni delle vie urinarie e può portare a urine positive ai nitriti. – Sistema immunitario debole: Gli individui con un sistema immunitario indebolito, come quelli affetti da diabete o sottoposti a trattamenti immunosoppressori, potrebbero essere più inclini alle infezioni urinarie che determinano urine positive ai nitriti.

Nitrite-positive urine refers to the presence of nitrites in the urine, which is often an indication of a bacterial urinary tract infection (UTI). Nitrites are produced when bacteria in the urinary system convert nitrates, which are normally found in urine, into nitrites. This condition is typically detected through a urine test and can be an important diagnostic tool for identifying UTIs. In this article, we will explore the causes, symptoms, diagnosis, treatment options, and when to seek medical attention for nitrite-positive urine.    Normally, urine contains nitrates, which are substances that the body excretes as part of its metabolic processes. Nitrites, on the other hand, are not typically present in urine unless certain bacteria, particularly those associated with urinary tract infections, convert nitrates into nitrites. When nitrites are detected in a urine test, this suggests that an infection is present in the urinary tract. This finding may help healthcare professionals identify urinary tract infections early and begin treatment.    The most common cause of nitrite-positive urine is a urinary tract infection (UTI). However, several factors can contribute to the development of UTIs and the conversion of nitrates to nitrites: Urinary tract infections (UTIs): The presence of bacteria such as Escherichia coli (E. coli), which is responsible for most urinary tract infections, can convert nitrates to nitrites in the urine – Bacterial infections: Other bacteria, including Klebsiella, Proteuse Enterococcus, it can also cause urinary tract infections and produce nitrites in the urine. – Incorrect hygiene: Poor personal hygiene, especially in women, can increase the risk of urinary tract infections due to the penetration of bacteria into the urinary tract. – Urinary stasis: Urinary retention or incomplete emptying of the bladder can create an environment conducive to bacterial overgrowth, increasing the risk of infection and nitrite production. – Catheter use: The use of urinary catheters increases the risk of urinary tract infections and can lead to nitrite-positive urine. – Weak immune system: Individuals with weakened immune systems, such as those with diabetes or undergoing immunosuppressive treatments, may be more prone to urinary infections that result in nitrite-positive urine.

NORADRENALINA

La noradrenalina (nome scientifico norepinefrina), è una sostanza chimica fondamentale per il corretto funzionamento del nostro organismo.   Si tratta di una molecola che svolge un doppio ruolo: da un lato è un ormone, prodotto soprattutto dalle ghiandole surrenali in situazioni di forte stress fisico o emotivo, e dall’altro è un neurotrasmettitore, cioè una sostanza che permette la comunicazione tra le cellule nervose. Questo doppio ruolo la rende un elemento chiave nella regolazione di numerosi processi fisiologici.   Dal punto di vista biologico, la noradrenalina appartiene alla famiglia delle catecolamine, sostanze che derivano da un amminoacido essenziale chiamato tirosina. La sua sintesi avviene a partire dalla dopamina, altro noto neurotrasmettitore, e può proseguire fino alla formazione di adrenalina (o epinefrina), con cui condivide buona parte della struttura chimica. Tuttavia, nonostante le somiglianze, noradrenalina e adrenalina non sono la stessa cosa: agiscono in modo diverso e vengono rilasciate in risposta a stimoli differenti.     Nel corpo umano, la noradrenalina è prodotta in diversi distretti: nelle cellule della midollare del surrene, ma soprattutto nelle terminazioni nervose del sistema nervoso simpatico e nel sistema nervoso centrale. Proprio queste ultime rappresentano la principale fonte della noradrenalina in circolo.   A livello cerebrale, è coinvolta in funzioni complesse come l’attenzione, la vigilanza e l’umore. Quando agisce come ormone, invece, entra in gioco durante situazioni critiche, per preparare il corpo ad agire rapidamente.   La funzione principale della noradrenalina è quella di preparare l’organismo a reagire in condizioni di pericolo o forte attivazione, attraverso la cosiddetta risposta “attacco o fuga”. Questa reazione, profondamente radicata nella nostra biologia evolutiva, si attiva in presenza di stimoli stressanti come una minaccia, un trauma, un dolore improvviso o persino un’emozione intensa. Quando viene rilasciata nel corpo, la noradrenalina provoca una serie di adattamenti fisiologici mirati a garantire una risposta veloce ed efficace.

Tra i principali effetti della noradrenalina, troviamo: l’aumento della frequenza cardiaca – la vasocostrizione e il conseguente innalzamento della pressione arteriosa – il rilascio di glucosio dalle riserve energetiche, utile per fornire ai muscoli il “carburante” necessario per affrontare uno sforzo improvviso – la riduzione della produzione di insulina – la secrezione di glucagone, un ormone che aiuta a mantenere stabili i livelli di zucchero nel sangue.

La noradrenalina agisce legandosi a particolari recettori presenti sulle cellule, detti recettori adrenergici.
Questo legame scatena una serie di effetti nel corpo:  accelera il battito cardiaco e alza la pressione (quando si lega ai recettori alfa-1 e beta-1).  – favorisce una lieve broncodilatazione e migliora la respirazione (quando si lega ai recettori beta-2) – aumenta la disponibilità di energia, stimolando il rilascio di zuccheri e grassi – influisce anche sull’umore, sull’attenzione e sulla reattività.  Una volta esaurita la sua funzione, viene eliminata da specifici enzimi. In alcune persone, però, questa eliminazione può essere rallentata, con possibili effetti collaterali, soprattutto in caso di somministrazione farmacologica.

Norepinephrine (scientific name norepinephrine) is a chemical substance fundamental for the correct functioning of our body.   It is a molecule that plays a double role: on the one hand it is a hormone, produced mainly by the adrenal glands in situations of strong physical or emotional stress, and on the other it is a neurotransmitter, that is, a substance that allows communication between nerve cells. This dual role makes it a key element in the regulation of numerous physiological processes.   From a biological point of view, norepinephrine belongs to the catecholamine family, substances that derive from an essential amino acid called tyrosine. Its synthesis occurs starting from dopamine, another well-known neurotransmitter, and can continue until the formation of adrenaline (or epinephrine), with which it shares a large part of the chemical structure. However, despite the similarities, norepinephrine and adrenaline are not the same thing: they act differently and are released in response to different stimuli.    In the human body, norepinephrine is produced in different districts: in the cells of the adrenal medulla, but especially in the nerve endings of the sympathetic nervous system and in the central nervous system. The latter represent the main source of norepinephrine in circulation.   At the brain level, it is involved in complex functions such as attention, alertness and mood. When it acts as a hormone, however, it comes into play during critical situations, to prepare the body to act quickly.   The main function of norepinephrine is to prepare the body to react in conditions of danger or strong activation, through the so-called response “attack or flight”. This reaction, deeply rooted in our evolutionary biology, is activated in the presence of stressful stimuli such as a threat, trauma, sudden pain, or even intense emotion. When released into the body, norepinephrine causes a series of physiological adaptations aimed at ensuring a fast and effective response. 

Among the main effects of norepinephrine, we find:  the increase in heart rate  – vasoconstriction and the consequent increase in blood pressure – the release of glucose from energy reserves, useful for providing muscles with the “fuel” necessary to deal with sudden effort – reducing insulin production – the secretion of glucagon, a hormone that helps keep blood sugar levels stable.  Norepinephrine works by binding to particular receptors present on cells, called adrenergic receptors.This bond triggers a number of effects in the body: it speeds up the heartbeat and raises blood – pressure (when it binds to alpha-1 and beta-1 receptors).  – promotes mild bronchodilation and improves breathing (when it binds to beta-2 receptors) – increases energy availability, stimulating the release of sugars and fats – 

Norepinephrine works by binding to particular receptors present on cells, called adrenergic receptors.
This binding triggers a number of effects in the body: it speeds up the heartbeat and raises blood pressure (when it binds to alpha-1 and beta-1 receptors). – promotes mild bronchodilation and improves breathing (when it binds to beta-2 receptors) – increases energy availability, stimulating the release of sugars and fats – also affects mood, on attention and responsiveness.  Once its function is exhausted, it is eliminated by specific enzymes. In some people, however, this elimination can be slowed down, with possible side effects, especially in case of pharmacological administration.

NORADRENALINA URINARIA

La noradrenalina (nome scientifico norepinefrina), è una sostanza chimica fondamentale per il corretto funzionamento del nostro organismo.   Si tratta di una molecola che svolge un doppio ruolo: da un lato è un ormone, prodotto soprattutto dalle ghiandole surrenali in situazioni di forte stress fisico o emotivo, e dall’altro è un neurotrasmettitore, cioè una sostanza che permette la comunicazione tra le cellule nervose. Questo doppio ruolo la rende un elemento chiave nella regolazione di numerosi processi fisiologici.   Dal punto di vista biologico, la noradrenalina appartiene alla famiglia delle catecolamine, sostanze che derivano da un amminoacido essenziale chiamato tirosina. La sua sintesi avviene a partire dalla dopamina, altro noto neurotrasmettitore, e può proseguire fino alla formazione di adrenalina (o epinefrina), con cui condivide buona parte della struttura chimica. Tuttavia, nonostante le somiglianze, noradrenalina e adrenalina non sono la stessa cosa: agiscono in modo diverso e vengono rilasciate in risposta a stimoli differenti.     Nel corpo umano, la noradrenalina è prodotta in diversi distretti: nelle cellule della midollare del surrene, ma soprattutto nelle terminazioni nervose del sistema nervoso simpatico e nel sistema nervoso centrale. Proprio queste ultime rappresentano la principale fonte della noradrenalina in circolo.   A livello cerebrale, è coinvolta in funzioni complesse come l’attenzione, la vigilanza e l’umore. Quando agisce come ormone, invece, entra in gioco durante situazioni critiche, per preparare il corpo ad agire rapidamente.   La funzione principale della noradrenalina è quella di preparare l’organismo a reagire in condizioni di pericolo o forte attivazione, attraverso la cosiddetta risposta “attacco o fuga”. Questa reazione, profondamente radicata nella nostra biologia evolutiva, si attiva in presenza di stimoli stressanti come una minaccia, un trauma, un dolore improvviso o persino un’emozione intensa. Quando viene rilasciata nel corpo, la noradrenalina provoca una serie di adattamenti fisiologici mirati a garantire una risposta veloce ed efficace.

Tra i principali effetti della noradrenalina, troviamo: l’aumento della frequenza cardiaca – la vasocostrizione e il conseguente innalzamento della pressione arteriosa – il rilascio di glucosio dalle riserve energetiche, utile per fornire ai muscoli il “carburante” necessario per affrontare uno sforzo improvviso – la riduzione della produzione di insulina – la secrezione di glucagone, un ormone che aiuta a mantenere stabili i livelli di zucchero nel sangue.

La noradrenalina agisce legandosi a particolari recettori presenti sulle cellule, detti recettori adrenergici.
Questo legame scatena una serie di effetti nel corpo:  accelera il battito cardiaco e alza la pressione (quando si lega ai recettori alfa-1 e beta-1).  – favorisce una lieve broncodilatazione e migliora la respirazione (quando si lega ai recettori beta-2) – aumenta la disponibilità di energia, stimolando il rilascio di zuccheri e grassi – influisce anche sull’umore, sull’attenzione e sulla reattività.  Una volta esaurita la sua funzione, viene eliminata da specifici enzimi. In alcune persone, però, questa eliminazione può essere rallentata, con possibili effetti collaterali, soprattutto in caso di somministrazione farmacologica.

Norepinephrine (scientific name norepinephrine) is a chemical substance fundamental for the correct functioning of our body.   It is a molecule that plays a double role: on the one hand it is a hormone, produced mainly by the adrenal glands in situations of strong physical or emotional stress, and on the other it is a neurotransmitter, that is, a substance that allows communication between nerve cells. This dual role makes it a key element in the regulation of numerous physiological processes.   From a biological point of view, norepinephrine belongs to the catecholamine family, substances that derive from an essential amino acid called tyrosine. Its synthesis occurs starting from dopamine, another well-known neurotransmitter, and can continue until the formation of adrenaline (or epinephrine), with which it shares a large part of the chemical structure. However, despite the similarities, norepinephrine and adrenaline are not the same thing: they act differently and are released in response to different stimuli.    In the human body, norepinephrine is produced in different districts: in the cells of the adrenal medulla, but especially in the nerve endings of the sympathetic nervous system and in the central nervous system. The latter represent the main source of norepinephrine in circulation.   At the brain level, it is involved in complex functions such as attention, alertness and mood. When it acts as a hormone, however, it comes into play during critical situations, to prepare the body to act quickly.   The main function of norepinephrine is to prepare the body to react in conditions of danger or strong activation, through the so-called response “attack or flight”. This reaction, deeply rooted in our evolutionary biology, is activated in the presence of stressful stimuli such as a threat, trauma, sudden pain, or even intense emotion. When released into the body, norepinephrine causes a series of physiological adaptations aimed at ensuring a fast and effective response. 

Among the main effects of norepinephrine, we find:  the increase in heart rate  – vasoconstriction and the consequent increase in blood pressure – the release of glucose from energy reserves, useful for providing muscles with the “fuel” necessary to deal with sudden effort – reducing insulin production – the secretion of glucagon, a hormone that helps keep blood sugar levels stable.  Norepinephrine works by binding to particular receptors present on cells, called adrenergic receptors.This bond triggers a number of effects in the body: it speeds up the heartbeat and raises blood – pressure (when it binds to alpha-1 and beta-1 receptors).  – promotes mild bronchodilation and improves breathing (when it binds to beta-2 receptors) – increases energy availability, stimulating the release of sugars and fats – 

Norepinephrine works by binding to particular receptors present on cells, called adrenergic receptors.
This binding triggers a number of effects in the body: it speeds up the heartbeat and raises blood pressure (when it binds to alpha-1 and beta-1 receptors). – promotes mild bronchodilation and improves breathing (when it binds to beta-2 receptors) – increases energy availability, stimulating the release of sugars and fats – also affects mood, on attention and responsiveness.  Once its function is exhausted, it is eliminated by specific enzymes. In some people, however, this elimination can be slowed down, with possible side effects, especially in case of pharmacological administration.

NUCLEO (Anticorpi ANA o FAN)

Gli anticorpi anti-nucleo (ANA) sono un gruppo di anticorpi prodotti dal sistema immunitario in grado di riconoscere erroneamente delle strutture dell’organismo di appartenenza (autoanticorpi). Il test ANA identifica la presenza di questi autoanticorpi nel sangue.    Gli ANA sono responsabili di segni e sintomi come l’infiammazione di organi e tessuti, il dolore articolare e muscolare e l’affaticamento.    Gli ANA, nello specifico, riconoscono alcune sostanze presenti nel nucleo della cellula, da cui il nome “anti-nucleo”. E’ probabile che gli ANA non danneggino le cellule vitali, per l’impossibilità di accedere al loro nucleo. Possono tuttavia attaccare i tessuti reagendo con le sostanze nucleari rilasciate dalle cellule danneggiate o in apoptosi.   Gli ANA sono uno dei marcatori della presenza di un processo autoimmune e consentono quindi di escludere la presenza di patologie caratterizzate da segni e sintomi analoghi. La positività al test ANA è associata a molteplici malattie autoimmuni. Ad esempio, i pazienti affetti da Lupus eritematoso sistemico (LES) sono per la maggior parte positivi agli ANA; la percentuale di pazienti positivi agli ANA e affetti da altre patologie autoimmuni è variabile. Infine, il test ANA può risultare positivo anche in molteplici altre patologie o condizioni cliniche (talvolta anche nelle persone sane), in modo particolare in caso di positività lievi.

Anti-nucleus antibodies (ANA) are a group of antibodies produced by the immune system capable of mistakenly recognizing the structures of the organism they belong to (autoantibodies). The ANA test identifies the presence of these autoantibodies in the blood.    ANAs are responsible for signs and symptoms such as inflammation of organs and tissues, joint and muscle pain, and fatigue.    ANAs, specifically, recognize some substances present in the nucleus of the cell, hence the name “anti-nucleus”. E’ it is likely that ANAs do not damage viable cells, due to the impossibility of accessing their nucleus. However, they can attack tissues by reacting with nuclear substances released by damaged cells or in apoptosis.   ANAs are one of the markers of the presence of an autoimmune process and therefore allow us to exclude the presence of pathologies characterized by similar signs and symptoms. Positivity to ANA testing is associated with multiple autoimmune diseases. For example, patients with systemic Lupus erythematosus (SLE) are mostly ANA positive; the percentage of ANA positive patients with other autoimmune diseases is variable. Finally, the ANA test can also be positive in many other pathologies or clinical conditions (sometimes even in healthy people), particularly in cases of mild positivity.

O

OMOCISTEINA (HCY)

L’omocisteina è un aminoacido presente normalmente in quantità piccolissime nelle cellule dell’organismo. Questo perché l’omocisteina prodotta all’interno delle cellule viene rapidamente metabolizzata e convertita in altri prodotti. Le vitamine B6, B12 e i folati sono essenziali per questi processi di conversione perciò un deficit di queste vitamine può essere evidenziato da un incremento dell’omocisteina plasmatica. Questo esame misura la quantità di omocisteina a livello plasmatico o urinario.Livelli elevati di omocisteina possono anche essere associati ad un maggiore rischio cardiovascolare (malattia cardiaca coronarica, ictus, malattie dei vasi periferici dovuta ai depositi lipidici e aterosclerosi). Il meccanismo per il quale l’omocisteina sia associata ad un aumentato rischio cardiovascolare non è ancora ben chiaro ma sembra essere riconducibile ad alterazioni della coagulazione e a danno endoteliale. Esistono poi molti studi riguardanti i benefici o la diminuzione del rischio cardiovascolare dovuti all’assunzione di integratori di acido folico e vitamina B. Nonostante questo però l’omocisteina non viene considerata tra i fattori di rischio principali per le patologie cardiovascolari.I soggetti affetti da omocistinuria, una rara patologia ereditaria, possono presentare valori di omocisteina molto elevati nel sangue e nelle urine. La diagnosi precoce consente di alleviare i sintomi della patologia; questo è il motivo per il quale l’omocistinuria è stata inserita all’interno del pannello di screening neonatale.

Homocysteine is an amino acid normally found in very small amounts in the cells of the body. This is because homocysteine produced within cells is rapidly metabolized and converted into other products. Vitamins B6, B12 and folate are essential for these conversion processes therefore a deficiency of these vitamins can be evidenced by an increase in plasma homocysteine. This test measures the amount of homocysteine in the plasma or urine Elevated homocysteine levels may also be associated with increased cardiovascular risk (coronary heart disease, stroke, peripheral vessel disease due to lipid deposits, and atherosclerosis). The mechanism for which homocysteine is associated with an increased cardiovascular risk is not yet clear but appears to be attributable to coagulation alterations and endothelial damage. There are also many studies regarding the benefits or decrease in cardiovascular risk due to the intake of folic acid and vitamin B supplements. Despite this, however, homocysteine is not considered among the main risk factors for cardiovascular diseases. Subjects suffering from homocystinuria, a rare hereditary pathology, can have very high homocysteine values in the blood and urine. Early diagnosis helps alleviate the symptoms of the pathology; this is why homocystinuria was included within the neonatal screening panel.

OPPIACEI

Gli oppioidi sono una classe di farmaci ricavati dal papavero da oppio (comprese le varianti sintetiche) con azione antidolorifica e con un alto potenziale di abuso. Gli oppioidi sono usati per alleviare il dolore, ma causano anche un esagerato senso di benessere e, se usati in dosi eccessive, dipendenza e assuefazione. L’assunzione di una dose eccessiva di un oppioide può essere fatale, causando solitamente un arresto respiratorio. La presenza di oppioidi viene rilevata dagli esami delle urine.  Le strategie di trattamento comprendono la disintossicazione (sospensione della sostanza), la sostituzione (con un’altra sostanza stupefacente e riduzione graduale della dose della stessa) e il mantenimento (sostituzione con un altro farmaco assunto a vita).  Una consulenza psicologica e un supporto costanti sono essenziali per tutte le strategie di trattamento.   “Oppiaceo” è un termine che si riferisce a numerose sostanze ricavate dal papavero da oppio e alle relative varianti sintetiche e semi-sintetiche. Gli oppioidi hanno un impiego clinico legittimo come potenti antidolorifici. Comprendono la codeina (che ha un basso potenziale di causare dipendenza), l’ossicodone (da solo e in varie associazioni, tra cui ossicodone più paracetamolo), la meperidina, la morfina, la pentazocina e l’idromorfone. Il metadone assunto per via orale e il fentanil assunto attraverso l’applicazione di un cerotto vengono usati per il dolore grave cronico. L’eroina è un potente oppioide illegale negli Stati Uniti, ma usata in altri Paesi per un numero molto limitato di indicazioni terapeutiche.   L’abuso di oppioidi è relativamente comune perché essi sono ampiamente disponibili e causano un’esagerata sensazione di benessere. Tutti gli oppioidi causano dipendenza. (Vedere anche Uso e abuso di sostanze stupefacenti).   La dipendenza e la tossicodipendenza gravi si verificano raramente quando un soggetto utilizza gli oppioidi per trattare un episodio breve di dolore intenso (dovuto ad esempio a un’ustione o a una frattura). Nonostante molti soggetti che utilizzano gli oppioidi come antidolorifici per più di qualche giorno possano manifestare dei lievi sintomi di astinenza da oppioidi quando smettono, i soggetti che assumono oppioidi per un lungo periodo per trattare il dolore cronico corrono un maggior rischio di sviluppare un disturbo da uso di sostanze.     La tolleranza può svilupparsi dopo qualche giorno di uso continuo. Ciò significa che i soggetti hanno un bisogno sempre maggiore di una sostanza per sentire gli effetti originariamente prodotti da una minore quantità della stessa. I soggetti possono sviluppare una maggiore tolleranza ad alcuni effetti rispetto ad altri. Nonostante i soggetti con un disturbo da uso di sostanze presentino spesso una tolleranza a una sostanza, la tolleranza non significa necessariamente che un soggetto sia affetto da un disturbo da uso di sostanze.

Opioids are a class of drugs made from opium poppy (including synthetic variants) with pain-relieving action and a high potential for abuse. Opioids are used to relieve pain, but they also cause an exaggerated sense of well-being and, when used in excessive doses, dependence and addiction. Taking an overdose of an opioid can be fatal, usually causing respiratory arrest. The presence of opioids is detected in urine tests.  Treatment strategies include detoxification (suspension of the substance), replacement (with another narcotic substance and gradual reduction of the dose thereof) and maintenance (replacement with another drug taken for life).  Constant psychological counseling and support are essential for all treatment strategies.  “Opiate” is a term that refers to numerous substances obtained from the opium poppy and their synthetic and semi-synthetic variants. Opioids have legitimate clinical use as potent painkillers. They include codeine (which has a low potential to cause addiction), oxycodone (alone and in various combinations, including oxycodone plus paracetamol), meperidine, morphine, pentazocine and hydromorphone. Methadone taken by mouth and fentanyl taken through the application of a patch are used for chronic severe pain. Heroin is a potent opioid that is illegal in the United States, but used in other countries for a very limited number of therapeutic indications.   Opioid abuse is relatively common because they are widely available and cause an exaggerated feeling of well-being. All opioids cause addiction. (See also Drug use and abuse).  Severe addiction and drug addiction rarely occur when a person uses opioids to treat a brief episode of severe pain (for example, due to a burn or fracture). Although many people who use opioids as painkillers for more than a few days may experience mild opioid withdrawal symptoms when they stop, people who take opioids for a long time to treat chronic pain are at greater risk of developing a substance use disorder. substances.   Tolerance may develop after a few days of continuous use. This means that subjects have an ever-increasing need for a substance to feel the effects originally produced by a smaller quantity of it. Subjects may develop greater tolerance to some effects than others. Although people with a substance use disorder often have a tolerance to a substance, tolerance does not necessarily mean that a person has a substance use disorder.

OPPIACEI (Test qualitativo)

Gli oppioidi sono una classe di farmaci ricavati dal papavero da oppio (comprese le varianti sintetiche) con azione antidolorifica e con un alto potenziale di abuso. Gli oppioidi sono usati per alleviare il dolore, ma causano anche un esagerato senso di benessere e, se usati in dosi eccessive, dipendenza e assuefazione. L’assunzione di una dose eccessiva di un oppioide può essere fatale, causando solitamente un arresto respiratorio. La presenza di oppioidi viene rilevata dagli esami delle urine.  Le strategie di trattamento comprendono la disintossicazione (sospensione della sostanza), la sostituzione (con un’altra sostanza stupefacente e riduzione graduale della dose della stessa) e il mantenimento (sostituzione con un altro farmaco assunto a vita).  Una consulenza psicologica e un supporto costanti sono essenziali per tutte le strategie di trattamento.   “Oppiaceo” è un termine che si riferisce a numerose sostanze ricavate dal papavero da oppio e alle relative varianti sintetiche e semi-sintetiche. Gli oppioidi hanno un impiego clinico legittimo come potenti antidolorifici. Comprendono la codeina (che ha un basso potenziale di causare dipendenza), l’ossicodone (da solo e in varie associazioni, tra cui ossicodone più paracetamolo), la meperidina, la morfina, la pentazocina e l’idromorfone. Il metadone assunto per via orale e il fentanil assunto attraverso l’applicazione di un cerotto vengono usati per il dolore grave cronico. L’eroina è un potente oppioide illegale negli Stati Uniti, ma usata in altri Paesi per un numero molto limitato di indicazioni terapeutiche.   L’abuso di oppioidi è relativamente comune perché essi sono ampiamente disponibili e causano un’esagerata sensazione di benessere. Tutti gli oppioidi causano dipendenza. (Vedere anche Uso e abuso di sostanze stupefacenti).   La dipendenza e la tossicodipendenza gravi si verificano raramente quando un soggetto utilizza gli oppioidi per trattare un episodio breve di dolore intenso (dovuto ad esempio a un’ustione o a una frattura). Nonostante molti soggetti che utilizzano gli oppioidi come antidolorifici per più di qualche giorno possano manifestare dei lievi sintomi di astinenza da oppioidi quando smettono, i soggetti che assumono oppioidi per un lungo periodo per trattare il dolore cronico corrono un maggior rischio di sviluppare un disturbo da uso di sostanze.     La tolleranza può svilupparsi dopo qualche giorno di uso continuo. Ciò significa che i soggetti hanno un bisogno sempre maggiore di una sostanza per sentire gli effetti originariamente prodotti da una minore quantità della stessa. I soggetti possono sviluppare una maggiore tolleranza ad alcuni effetti rispetto ad altri. Nonostante i soggetti con un disturbo da uso di sostanze presentino spesso una tolleranza a una sostanza, la tolleranza non significa necessariamente che un soggetto sia affetto da un disturbo da uso di sostanze.

Opioids are a class of drugs made from opium poppy (including synthetic variants) with pain-relieving action and a high potential for abuse. Opioids are used to relieve pain, but they also cause an exaggerated sense of well-being and, when used in excessive doses, dependence and addiction. Taking an overdose of an opioid can be fatal, usually causing respiratory arrest. The presence of opioids is detected in urine tests.  Treatment strategies include detoxification (suspension of the substance), replacement (with another narcotic substance and gradual reduction of the dose thereof) and maintenance (replacement with another drug taken for life).  Constant psychological counseling and support are essential for all treatment strategies.  “Opiate” is a term that refers to numerous substances obtained from the opium poppy and their synthetic and semi-synthetic variants. Opioids have legitimate clinical use as potent painkillers. They include codeine (which has a low potential to cause addiction), oxycodone (alone and in various combinations, including oxycodone plus paracetamol), meperidine, morphine, pentazocine and hydromorphone. Methadone taken by mouth and fentanyl taken through the application of a patch are used for chronic severe pain. Heroin is a potent opioid that is illegal in the United States, but used in other countries for a very limited number of therapeutic indications.   Opioid abuse is relatively common because they are widely available and cause an exaggerated feeling of well-being. All opioids cause addiction. (See also Drug use and abuse).  Severe addiction and drug addiction rarely occur when a person uses opioids to treat a brief episode of severe pain (for example, due to a burn or fracture). Although many people who use opioids as painkillers for more than a few days may experience mild opioid withdrawal symptoms when they stop, people who take opioids for a long time to treat chronic pain are at greater risk of developing a substance use disorder. substances.   Tolerance may develop after a few days of continuous use. This means that subjects have an ever-increasing need for a substance to feel the effects originally produced by a smaller quantity of it. Subjects may develop greater tolerance to some effects than others. Although people with a substance use disorder often have a tolerance to a substance, tolerance does not necessarily mean that a person has a substance use disorder.

ORMONE ANTI-DIURETICO (ADH)

L’esame misura la quantità di ADH nel sangue. L’ADH (ormone antidiuretico), anche conosciuto come vasopressina, contribuisce a regolare l’equilibrio idrico dell’organismo controllando la quantità di acqua riassorbita dai reni. L’ADH è un ormone prodotto dall’ipotalamo (una porzione dell’encefalo) ed immagazzinato nella ghiandola pituitaria posteriore, o neuroipofisi, localizzata alla base del cervello. Il rilascio da parte dell’ipofisi avviene normalmente in risposta a dei sensori che rilevano un aumento dell’osmolalità del sangue (numero di particelle disciolte nel sangue) o una diminuzione del volume del sangue. L’ADH agisce quindi a livello del rene stimolando il riassorbimento dell’acqua, con conseguente produzione di urine più concentrate. L’acqua trattenuta diluisce il sangue, abbassa l’osmolalità e aumenta il volume e la pressione sanguigna. Se l’equilibrio idrico non risulta ancora ripristinato, segue il rilascio di ulteriori ormoni che stimolano la sensazione della sete, inducendo la persona a bere.

La quantità di ADH rilasciata o la resistenza renale ai suoi effetti possono essere influenzate da un’ampia varietà di disturbi, patologie e farmaci. Sia la carenza che l’eccesso di ADH possono causare sintomi e complicazioni che, in rari casi, possono portare alla morte.  Se l’ADH è scarso o i reni non rispondono adeguatamente all’ormone, i reni perdono una quantità elevata di acqua che non viene riassorbita, producendo un’urina più diluita e un sangue più concentrato. Questo può causare sete eccessiva, minzione frequente, disidratazione e, se non si beve abbastanza acqua per reintegrare quanta ne viene persa, alti livelli di sodio nel sangue.   Bassi livelli di ADH o la resistenza renale all’azione dell’ormone sono la causa del diabete insipido.  Il diabete insipido centrale è associato alla mancata produzione di ADH da parte dell’ipotalamo o al mancato rilascio da parte dell’ipofisi, e può essere dovuto a una varietà di cause, tra cui: difetti genetici ereditari, trauma cranico, tumore al cervello, infezioni che causano encefalite o meningite.   –  Il diabete insipido nefrogenico ha origine nel rene ed è associato ad una diminuita sensibilità dei reni all’ADH, di conseguenza vi è incapacità di concentrare l’urina. Può essere ereditario o causato da varie malattie renali.

Entrambi i tipi di diabete insipido determinano l’eliminazione di grandi volumi di urina diluita attraverso i reni.  Al contrario, l’eccesso di ADH causa un riassorbimento d’acqua spropositato, con conseguente aumento del volume del sangue. Questo può causare nausea, mal di testa, disorientamento, letargia e basso contenuto di sodio nel sangue.   L’eccesso di ADH si manifesta nella “sindrome da inappropriata produzione dell’ormone antidiuretico” (SIADH), una malattia caratterizzata dalla produzione incontrollata di ADH, con conseguente ritenzione idrica, basso contenuto di sodio nel sangue e ridotta osmolalità nel sangue. L’aumento nella produzione non è presente se la risposta ad un’elevata osmolalità o ad un basso volume di sangue risulta nella norma.  Il SIADH può essere causato da un’ampia varietà di malattie e condizioni che stimolano l’eccessiva produzione e rilascio di ADH oppure non ne inibiscono la secrezione.  Il SIADH può manifestarsi anche in presenza di tumori che producono ADH, o sostanze simili all’ADH, indipendentemente dall’ipotalamo e dalle ghiandole pituitarie.   Indipendentemente dalla causa o dalla fonte, l’eccesso di ADH causa il riassorbimento dell’acqua e l’aumento del volume del sangue e, di conseguenza, bassi livelli ematici di sodio e ridotta osmolalità.  Queste condizioni sono raramente diagnosticate solo con la determinazione dell’ADH ma, più spesso, sulla base della storia clinica del paziente e di altri esami di laboratorio, come l’osmolalità del sangue, l’esame delle urine e gli elettroliti.

The test measures the amount of ADH in your blood. ADH (antidiuretic hormone), also known as vasopressin, helps regulate the body’s water balance by controlling the amount of water reabsorbed by the kidneys. ADH is a hormone produced by the hypothalamus (a portion of the brain) and stored in the posterior pituitary gland, or neurohypophysis, located at the base of the brain. Release by the pituitary gland normally occurs in response to sensors that detect an increase in blood osmolality (number of particles dissolved in the blood) or a decrease in blood volume. ADH then acts at the kidney level by stimulating water reabsorption, resulting in the production of more concentrated urine. The retained water dilutes the blood, lowers osmolality, and increases blood volume and pressure. If the water balance is not yet restored, this is followed by the release of additional hormones that stimulate the sensation of thirst, causing the person to drink.  The amount of ADH released or renal resistance to its effects can be affected by a wide variety of disorders, pathologies, and medications. Both ADH deficiency and excess can cause symptoms and complications that, in rare cases, can lead to death.  If ADH is poor or the kidneys do not respond adequately to the hormone, the kidneys lose a high amount of water that is not reabsorbed, producing more diluted urine and more concentrated blood. This can cause excessive thirst, frequent urination, dehydration, and if you don’t drink enough water to replenish how much is lost, high levels of sodium in your blood.   Low levels of ADH or renal resistance to hormone action are the cause of diabetes insipidus.  Central diabetes insipidus is associated with failure of the hypothalamus to produce ADH or failure of the pituitary gland to release ADH, and can be due to a variety of causes, including: inherited genetic defects, head trauma, brain tumor, infections causing encephalitis, or meningitis – Nephrogenic diabetes insipidus originates in the kidney and is associated with decreased sensitivity of the kidneys to ADH, as a result there is an inability to concentrate urine. It can be hereditary or caused by various kidney diseases.  Both types of diabetes insipidus result in the elimination of large volumes of diluted urine through the kidneys.  In contrast, excess ADH causes disproportionate water reabsorption, resulting in increased blood volume. This can cause nausea, headache, disorientation, lethargy and low sodium in the blood.   Excess ADH is manifested in “syndrome of inappropriate antidiuretic hormone production” (SIADH), a disease characterized by uncontrolled production of ADH, resulting in water retention, low blood sodium, and reduced blood osmolality. The increase in production is not present if the response to high osmolality or low blood volume results in normal.  SIADH can be caused by a wide variety of diseases and conditions that stimulate the excessive production and release of ADH or do not inhibit its secretion.  SIADH can also occur in the presence of ADH-producing tumors, or ADH-like substances, regardless of the hypothalamus and pituitary glands.   Regardless of the cause or source, excess ADH causes water reabsorption and increased blood volume, and as a result, low blood levels of sodium and reduced osmolality.  These conditions are rarely diagnosed with ADH determination alone but, more often, based on the patient’s medical history and other laboratory tests, such as blood osmolality, urinalysis, and electrolytes.

ORMONE ANTIMULLERIANO (AMH)

L’ormone anti-Mülleriano (AMH) è prodotto dai tessuti riproduttivi, ovvero i testicoli nei maschi e le ovaie nelle femmine. Il ruolo dell’AMH e la sua concentrazione variano in relazione al sesso e all’età. Questo test misura la concentrazione dell’AMH nel sangue.   Nei bambini maschi l’AMH è prodotto dai testicoli molto precocemente nello sviluppo, inibendo lo sviluppo degli organi riproduttivi femminili e promuovendo lo sviluppo di quelli maschili. Nei ragazzi, la concentrazione di AMH rimane alta fino alla pubertà, momento in cui inizia a decrescere.   Nelle bambine, la limitata produzione di AMH, consente lo sviluppo degli organi riproduttivi femminili. La concentrazione di AMH rimane bassa fino alla pubertà, quando le ovaie cominciano a produrlo e la concentrazione aumenta. L’AMH decresce in modo costante nelle donne durante l’età fertile, diventando molto basso o anche non rilevabile dopo la menopausa.  L’AMH è importante per le donne in età fertile. Alla nascita le femmine possiedono circa un milione di cellule uovo (ovociti), che decrescono numericamente nell’infanzia fino circa a  500.000. Solo pochi di questi ovociti rimanenti andranno incontro a maturazione follicolare, ossia un ovocita ad ogni ciclo mestruale. L’AMH ha un effetto equilibrante sull’azione mensile dell’ormone follicolo- stimolante (FSH) e dell’ormone luteinizzante (LH) durante il processo di maturazione dell’ovocita e del suo rilascio (ovulazione). La concentrazione di AMH presente riflette la crescita follicolare.

Diversi studi hanno dimostrato come la concentrazione di AMH possa essere utile nel determinare il numero di ovociti rimanenti che potrebbero andare incontro a maturazione (riserva ovarica) e la probabilità quindi delle donne di poter concepire un figlio. L’AMH diminuisce durante l’età fertile, abbassandosi significativamente all’avvicinarsi della menopausa, e diventando di solito non determinabile dopo la menopausa. La determinazione dell’AMH può essere utile nella valutazione della potenziale fertilità della donna e può predire l’inizio della menopausa.  La presenza di una concentrazione elevata di AMH può essere associata ad una patologia che interessa l’ovaio conosciuta come sindrome da ovaio policistico (PCOS). La produzione di una elevata quantità di AMH è conseguente all’eccesso di follicoli presenti in questa particolare condizione.L’AMH inoltre gioca un ruolo fondamentale anche nella differenziazione sessuale del feto. Durante le prime settimane di gravidanza, il feto può potenzialmente sviluppare sia gli organi riproduttivi maschili che femminili. La produzione di AMH e di androgeni da parte dei testicoli presenti nel feto di sesso maschile inibisce lo sviluppo degli organi riproduttivi femminili (i dotti mülleriani si trovano sia nei feti maschili che in quelli femminili) e promuove la formazione di altri organi riproduttivi maschili. Se durante questo processo non è disponibile o non è presente una sufficiente concentrazione di AMH, allora si possono sviluppare sia gli organi maschili che quelli femminili. Alla nascita il bambino presenterà genitali ambigui e potrà non essere facilmente riconosciuto subito come maschio o femmina.  L’AMH può essere elevato anche in alcuni tumori ovarici (benigni o maligni). Se il tumore produce l’ormone, la determinazione dell’AMH può essere utilizzata come marcatore tumorale per monitorare l’efficacia della terapia e la comparsa di recidive.

Anti-Müllerian hormone (AMH) is produced by reproductive tissues, which are the testes in males and the ovaries in females. The role of AMH and its concentration vary in relation to sex and age. This test measures the concentration of AMH in the blood.   In male children AMH is produced by the testes very early in development, inhibiting the development of female reproductive organs and promoting the development of male ones. In boys, AMH concentration remains high until puberty, at which point it begins to decline.   In girls, the limited production of AMH allows the development of female reproductive organs. The concentration of AMH remains low until puberty, when the ovaries begin to produce it and the concentration increases. AMH declines steadily in women during childbearing age, becoming very low or even undetectable after menopause.  AMH is important for women of childbearing age. Females possess about one million egg cells (oocytes) at birth, which decrease numerically in infancy to about 500,000. Only a few of these remaining oocytes will undergo follicular maturation, i.e. one oocyte at each menstrual cycle. AMH has a balancing effect on the monthly action of follicle stimulating hormone (FSH) and luteinizing hormone (LH) during the process of maturation of the oocyte and its release (ovulation). The concentration of AMH present reflects follicular growth.  Several studies have shown how the concentration of AMH can be useful in determining the number of remaining oocytes that could mature (ovarian reserve) and the probability therefore of women being able to conceive a child. AMH decreases during childbearing age, lowering significantly as menopause approaches, and usually becoming undeterminable after menopause. The determination of AMH may be useful in assessing the potential fertility of the woman and may predict the onset of menopause.  The presence of a high concentration of AMH may be associated with a condition affecting the ovary known as polycystic ovary syndrome (PCOS). The production of a high amount of AMH is consequent to the excess of follicles present in this particular condition.AMH also plays a fundamental role in the sexual differentiation of the fetus. During the first weeks of pregnancy, the fetus can potentially develop both male and female reproductive organs. The production of AMH and androgens by the testes present in the male fetus inhibits the development of female reproductive organs (Müllerian ducts are found in both male and female fetuses) and promotes the formation of other male reproductive organs. If sufficient concentration of AMH is not available or present during this process, then both male and female organs can develop. At birth the child will have ambiguous genitalia and may not be easily recognized immediately as male or female.    AMH may also be elevated in some ovarian cancers (benign or malignant). If the tumor produces the hormone, AMH determination can be used as a tumor marker to monitor the effectiveness of therapy and the occurrence of recurrences.

OSSALATI (Acido Ossalico)

L’acido ossalico è un prodotto terminale del metabolismo dell’acido ascorbico e dell’ac. gliossilico. La maggior parte dell’acido ossalico (80 – 90 %) è di origine endogena, ma esiste anche una quota esogena legata all’apporto alimentare (spinaci, cacao, the, barbabietole, rabarbaro, pomodori). Ci sono anche lavoratori esposti a sostanze che lo contengono (detergenti, sbiancanti) e può ritrovarsi come metabolita dopo esposizione a glicole etilenico. L’acido ossalico viene eliminato per via renale e tende facilmente a precipitare dando luogo, se in eccesso, a depositi di ossalato di calcio con nefropatia tubulo-interstiziale, nefrocalcinosi, calcolosi renale.

Oxalic acid is a terminal product of the metabolism of ascorbic acid and glyoxylic ac. Most oxalic acid (80 – 90 per cent) is of endogenous origin, but there is also an exogenous proportion linked to food intake (spinach, cocoa, tea, beets, rhubarb, tomatoes). There are also workers exposed to substances that contain it (detergents, whiteners) and it can be found as a metabolite after exposure to ethylene glycol. Oxalic acid is eliminated renally and tends to precipitate easily, giving rise, if in excess, to calcium oxalate deposits with tubulointerstitial nephropathy, nephrocalcinosis, renal stones.

OSSICODONE

L’ossicodone (commercializzato in Italia e in vari paesi del mondo come OxyContin  nella versione a rilascio prolungato, e nella versione a rilascio immediato in associazione al paracetamolo, in Italia come Depalgos e negli Stati Uniti Percocet ) è un farmaco appartenente alla classe degli oppioidi, di cui è agonista puro e forte.L’ossicodone è uno degli antidolorifici oppioidi più diffusi al mondo nonché uno dei più utilizzati per le cure palliative nei casi di dolore cronico ed episodico. Appartenente al gruppo dei fenantreni, l’ossicodone è ampiamente impiegato nei pazienti oncologici. In generale, è prescritto ai pazienti di almeno 18-20 anni che richiedono un trattamento preventivo e/o sintomatico del dolore da moderato a grave.

Oxycodone (marketed in Italy and in various countries around the world as OxyContin in the prolonged-release version, and in the immediate-release version in combination with paracetamol, in Italy as Depalgos and in the United States Percocet ) is a drug belonging to the opioid class, of which it is a pure and strong agonist Oxycodone is one of the most prevalent opioid painkillers in the world as well as one of the most used for palliative care in cases of chronic and episodic pain. Belonging to the phenanthrene group, oxycodone is widely used in cancer patients. In general, it is prescribed to patients at least 18-20 years old who require preventive and/or symptomatic treatment of moderate to severe pain.

OSTEOCALCINA

L’osso è una struttura rigida composta perlopiù da tessuto connettivo duro, e costituisce la maggior parte dello scheletro umano. Si tratta di un tessuto vivo e continuamente in crescita e rimodellamento, con un tasso di ricambio di circa il 10% annuo. I marcatori ossei presenti nel sangue e nelle urine rilevano i prodotti del rimodellamento osseo, fornendo un’indicazione riguardo la velocità di riassorbimento e neoformazione ossea, e riguardo la sua eventuale alterazione, indice di una malattia ossea. I marcatori ossei possono essere utilizzati ai fini di una definizione del rischio di sviluppare una malattia ossea o per monitorare il trattamento di persone affette da una di queste malattie, come l’osteoporosi od il morbo di Paget.  L’osso è costituito in larga parte da collagene di tipo 1, organizzato in una fitta rete proteica in grado di conferire alla struttura ossea la sua peculiare elasticità, insieme a fosfati di calcio, un complesso mineralizzato responsabile della durezza dell’osso e quindi della sua resistenza.  Questa combinazione di collagene e calcio conferisce quindi alle ossa durezza, ma anche flessibilità tali da sopportare il peso e resistere alle sollecitazioni. Più del 99% del calcio di tutto l’organismo è contenuto all’interno delle ossa e nei denti. Il rimanente 1% è presente nel circolo ematico.Nel corso della vita di un individuo, le ossa vengono continuamente rimodellate al fine di mantenere la salute della struttura ossea. Nelle ossa esistono due tipi principali di cellule: gli osteoblasti e gli osteoclasti. Gli osteoblasti sono le cellule deputate alla formazione ossea, ma che inizialmente stimolano gli osteoclasti che assicurano il riassorbimento osseo nelle aree che necessitano di rinnovamento; questo grazie all’azione di alcuni acidi ed enzimi in grado di dissolvere la fitta rete proteica che costituisce l’impalcatura ossea.L’azione degli osteoblasti prevede la formazione di nuovo tessuto osseo tramite la secrezione di vari componenti in grado di costituire la nuova rete proteica, la quale subisce poi il processo di mineralizzazione grazie al calcio ed al fosfato. Questo continuo processo di rimodellamento osseo avviene in tutto l’organismo, al fine di mantenere la struttura ossea in vita e in salute. Durante l’infanzia e l’adolescenza, la neoformazione ossea avviene più velocemente di quanto avvenga il riassorbimento. Di conseguenza le ossa divengono progressivamente sempre più lunghe, larghe e dense. La formazione ossea avviene più velocemente rispetto al riassorbimento fintanto che la persona non raggiunge il picco di massa ossea (massima densità e forza), intorno ai 25-30 anni.

Dopo questo periodo, il riassorbimento osseo comincia progressivamente ad essere più veloce ripetto alla formazione, con conseguenze perdita netta di massa ossea. Il momento in cui una persona comincia ad avvertire i primi sintomi di carenza ossea dipende dalla quantità di ossa formatasi durante il periodo di accrescimento e dal tasso di riassorbimento. In genere le donne sviluppano i sintomi più precocemente rispetto agli uomini, sia perché la massa ossea prodotta durante il picco di produzione è minore, sia per gli effetti della menopausa, durante la quale il riassorbimento osseo può risultare accelerato.Esistono diverse patologie caratterizzate da uno sbilanciamento tra la formazione ed il riassorbimento osseo. I marcatori osseo possono essere utilizzati in quest’ambito, per rilevare quindi eventuali sbilanciamenti. Nella maggior parte dei casi, i marcatori ossei vengono usati nella valutazione e nel monitoraggio dell’osteoporosi, inclusa quella correlata all’età o quella secondaria, nella quale la perdita ossea è dovuta ad altre patologie concomitanti. Tra queste si possono avere l’artrite reumatoide, l’iperparatiroidismo, il morbo di Cushing, le malattie renali croniche, il mieloma multiplo ma anche le conseguenze derivate dall’uso prolungato di farmaci antiepilettici, glucocorticoidi o litio.Nei bambini i marcatori ossei sono utili anche nella rilevazione di malattie metaboliche ossee e nel monitoraggio della terapia di queste patologie. Alcuni esempi includono il rachitismo, la malattia di Paget giovanile, l’osteogenesi imperfetta ed il rachitismo ipofosfatemico, un tipo di rachitismo associato a ipofosfatemia con livelli normali di calcio, responsabile della formazione anomala di ossa e denti.

Bone is a rigid structure composed mostly of hard connective tissue, and makes up the majority of the human skeleton. It is a living fabric that is continuously growing and remodeling, with a turnover rate of approximately 10% per year. Bone markers present in blood and urine detect the products of bone remodeling, providing an indication regarding the rate of bone resorption and neoformation, and regarding its possible alteration, indicative of a bone disease. Bone markers can be used to define the risk of developing bone disease or to monitor the treatment of people with one of these diseases, such as osteoporosis or Paget’s disease.  Bone is largely made up of type 1 collagen, organized in a dense protein network capable of giving the bone structure its peculiar elasticity, together with calcium phosphates, a mineralized complex responsible for the hardness of the bone and therefore its resistance.  This combination of collagen and calcium therefore gives the bones hardness, but also flexibility that supports weight and resists stress. More than 99% of calcium throughout the body is contained within bones and in teeth. The remaining 1% is present in the bloodstream. Over the course of an individual’s life, bones are continually reshaped in order to maintain the health of the bone structure. There are two main types of cells in bones: osteoblasts and osteoclasts. Osteoblasts are the cells responsible for bone formation, but which initially stimulate osteoclasts which ensure bone resorption in areas that need renewal; this is thanks to the action of some acids and enzymes capable of dissolving the dense protein network that constitutes the bone scaffold. The action of osteoblasts involves the formation of new bone tissue through the secretion of various components capable of constituting the new protein network, which then undergoes the mineralization process thanks to calcium and phosphate. This continuous process of bone remodeling occurs throughout the body, in order to keep the bone structure alive and healthy. During childhood and adolescence, bone neoformation occurs faster than resorption occurs. As a result, the bones progressively become longer, wider and denser. Bone formation occurs faster than resorption until the person reaches peak bone mass (maximum density and strength), around age 25-30.  After this period, bone resorption progressively begins to be faster than formation, resulting in net loss of bone mass. The time a person begins to experience the first symptoms of bone deficiency depends on the amount of bone formed during the growth period and the rate of reabsorption. Generally, women develop symptoms earlier than men, both because the bone mass produced during peak production is lower and because of the effects of menopause, during which bone resorption can be accelerated. There are various pathologies characterized by an imbalance between bone formation and resorption. Bone markers can be used in this area, to therefore detect any imbalances. In most cases, bone markers are used in the evaluation and monitoring of osteoporosis, including age-related or secondary osteoporosis, in which bone loss is due to other concomitant conditions. These may include rheumatoid arthritis, hyperparathyroidism, Cushing’s disease, chronic kidney disease, multiple myeloma but also the consequences derived from the prolonged use of antiepileptic drugs, glucocorticoids or lithium. In children, bone markers are also useful in the detection of metabolic bone diseases and in monitoring the therapy of these pathologies. Some examples include rickets, juvenile Paget’s disease, osteogenesis imperfecta, and hypophosphatemic rickets, a type of rickets associated with hypophosphatemia with normal calcium levels, responsible for the abnormal formation of bones and teeth.

P

PARASSITI INTESTINALI

La ricerca di uova e parassiti nelle feci (esame coproparassitologico) consiste in una valutazione al microscopio del campione di feci, alla ricerca di uova e/o parassiti (O&P) che possono essere presenti nel tratto gastrointestinale del paziente e causare sintomi quali diarrea. L’apparato digerente può essere infettato da numerosi parassiti (infezioni gastrointestinali), i quali vengono rilasciati, insieme alle loro uova, nelle feci.  Per l’esecuzione dell’esame viene posto su un vetrino un sottile strato di feci (fresche o in liquido conservante), che viene colorato ed esaminato al microscopio, alla ricerca dei parassiti e/o delle loro uova o cisti, ossia delle formazioni resistenti nelle quali possono essere racchiusi i parassiti. Ciascun parassita/uovo/ciste è caratterizzato da forma, dimensione e struttura interna peculiari, che permettono di discriminare tra le diverse specie.   Gli esseri umani possono essere infettati da numerosi parassiti differenti. Ciascun tipo di parassita ha un proprio ciclo vitale e processo maturativo, e può vivere in uno o più ospiti. Alcuni parassiti permangono a lungo in ospiti intermedi (o secondari), quali pecore, mucche o serpenti, prima di infettare l’ospite definitivo o primario, l’uomo. Alcuni parassiti possono invece infettare l’uomo in maniera accidentale (ospite accidentale). Alcuni parassiti sono costituiti da singole cellule (unicellulari), mentre altri hanno un aspetto vermiforme (elminti). Molti parassiti cambiano aspetto durante le varie fasi maturative; le più comuni includono la forma matura, quella di ciste e/o di uova. Alcuni parassiti attraversano anche una fase larvale, ossia una forma intermedia tra lo stadio di uova e la forma matura. Le uova sono generalmente più resistenti e possono rimanere nell’ambiente anche per diverso tempo senza la necessità di un ospite, pur mantenendo le capacità infettive.   La maggior parte delle infezioni gastrointestinali parassitarie sono dovute all’assunzione di acqua o cibo contaminato con le uova. Le uova e i parassiti rilasciati nelle feci di persone o animali infetti possono contaminare ulteriormente acqua, cibo o superfici, promuovendo il diffondersi dell’infezione. La contaminazione non è visibile: l’acqua e/o il cibo contaminato appaiono normali. Le persone che entrano in contatto con acqua o cibo contaminato possono infettarsi e, in assenza di un’accurata sanificazione (attenta detersione delle mani e cura nella preparazione dei cibi), possono diffondere l’infezione parassitaria.  I sintomi più comuni associati ad un’infezione parassitaria includono diarrea prolungata, con talvolta sangue e/o muco nelle feci, dolore addominale e nausea. Generalmente, questi sintomi persistono per giorni o settimane dopo l’esposizione. Alcune persone possono anche sviluppare mal di testa e febbre, mentre altre risultano asintomatiche.  La diarrea protratta per più di qualche giorno può causare perdita di peso, disidratazione e conseguente squilibrio elettrolitico; queste complicanze risultano particolarmente pericolose in bambini, anziani e soggetti con sistema immunitario compromesso. Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), le malattie diarroiche dovute alla contaminazione di cibo e acqua, incluse quelle da parassiti, sono responsabili di 1,7 milioni di decessi ogni anno a livello mondiale.

I parassiti più comuni in Europa sono parassiti unicellulari appartenenti alla specie Giardia, Entamoeba histolytica Cryptosporidium. Questi parassiti sono diffusi in tutto il mondo, anche nei fiumi e laghi più remoti e incontaminati, e possono contaminare piscine, vasche idromassaggio e talvolta anche catene idriche pubbliche. Giardia colpisce prevalentemente bambini da 1 a 4 anni di età e giovani dai 20 ai 40 anni, per abitudini legate ai viaggi (bagni, cibo e bevande contaminati) o per l’accudimento dei figli  Cryptosporidium è responsabile del 50% delle epidemie di infezioni gastrointestinali associate all’acqua e causate da parassiti, di cui il 93% registrate in Europa e in Nord America  Entamoeba histolytica è relativamente comune, ma causa malattia solo nel 10-20% dei soggetti infettiIn molti casi le cisti di Giardia e Cryptosporidium possono sopravvivere nelle acque contaminate per settimane o mesi, essendo anche resistenti al cloro. Pertanto, il numero delle persone infettate da questi parassiti tende ad aumentare durante la stagione estiva, quando molte persone si dedicano a molteplici attività all’aria aperta quali gite, trekking o nuoto, durante le quali possono ingerire consapevolmente o accidentalmente acqua o cibi contaminati.   Le persone che si recano nei paesi in via di sviluppo sono maggiormente esposte ad una grande varietà di parassiti. Nelle zone con clima caldo-umido e con inefficace trattamento delle acque reflue possono essere presenti molteplici parassiti, compresa un’ampia gamma di parassiti vermiformi, quali platelminti (vermi piatti), e nematodi (vermi cilindrici), tra i quali ascaridi e anchilostomi, che possono infettare l’intestino ed altre regioni dell’organismo. Generalmente, i viaggiatori possono contrarre l’infezione tramite l’assunzione di cibi o bevande contaminate con le uova del parassita, talvolta anche semplicemente ingerendo una bevanda con all’interno cubetti di ghiaccio contaminati o mangiando un’insalata. Esistono però anche dei piccoli parassiti in grado di penetrare attraverso la pelle dei piedi, nel caso in cui la persona cammini a piedi nudi in zone contaminate.  Nel caso in cui queste infezioni si risolvano spontaneamente entro pochi giorni senza complicanze, può non essere necessario alcun trattamento farmacologico né sottoporsi all’esame coproparassitologico. Tuttavia, in presenza di gravi sintomi quali diarrea prolungata con muco e/o sangue, può essere richiesto un esame colturale delle feci (coprocoltura), in particolare nei viaggiatori che abbiano sviluppato questi sintomi dopo l’assunzione di cibi o bevande potenzialmente contaminate.  Per stabilire correttamente la diagnosi, l’esame coproparassitologico dovrebbe essere richiesto in associazione ad altri esami (pannello dei patogeni gastrointestinali) volti ad identificare eventuali altri patogeni responsabili della sintomatologia, quali batteri e virus. L’identificazione delle specie microbiche può essere effettuata tramite esami colturali o test immunochimici.

The search for eggs and parasites in the stool (coproparasitological examination) consists of a microscopic evaluation of the stool sample, looking for eggs and/or parasites (O&P) that may be present in the patient’s gastrointestinal tract and cause symptoms such as diarrhea. The digestive system can be infected by numerous parasites (gastrointestinal infections), which are released, together with their eggs, into the feces.  To carry out the examination, a thin layer of feces (fresh or in preservative liquid) is placed on a slide, which is colored and examined under a microscope, in search of parasites and/or their eggs or cysts, i.e. resistant formations in which parasites can be enclosed. Each parasite/egg/cyst is characterized by a peculiar shape, size and internal structure, which allow discrimination between the different species.    Humans can be infected with numerous different parasites. Each type of parasite has its own life cycle and maturation process, and can live in one or more hosts. Some parasites remain for a long time in intermediate (or secondary) hosts, such as sheep, cows or snakes, before infecting the definitive or primary host, humans. Some parasites can instead infect humans in an accidental manner (accidental host). Some parasites are made up of single cells (unicellular), while others have a worm-like appearance (helminths). Many parasites change appearance during the various maturation phases; the most common include the mature form, that of cysts and/or eggs. Some parasites also go through a larval phase, i.e. an intermediate form between the egg stage and the mature form. Eggs are generally more resistant and can remain in the environment for some time without the need for a host, while maintaining infectious capabilities.  Most parasitic gastrointestinal infections are due to the intake of water or food contaminated with eggs. Eggs and parasites released into the feces of infected people or animals can further contaminate water, food, or surfaces, promoting the spread of infection. Contamination is not visible: contaminated water and/or food appear normal. People who come into contact with contaminated water or food may become infected and, in the absence of thorough sanitization (careful hand cleansing and care in food preparation), may spread the parasitic infection.  The most common symptoms associated with a parasitic infection include prolonged diarrhea, with sometimes blood and/or mucus in the stool, abdominal pain, and nausea. Generally, these symptoms persist for days or weeks after exposure. Some people may also develop headaches and fever, while others are asymptomatic.  Diarrhea lasting more than a few days can cause weight loss, dehydration and consequent electrolyte imbalance; these complications are particularly dangerous in children, the elderly and subjects with compromised immune systems. According to the WHO (World Health Organization), diarrheal diseases due to food and water contamination, including those from parasites, are responsible for 1.7 million deaths worldwide every year.  The most common parasites in Europe are unicellular parasites belonging to the species Giardia, Entamoeba histolytica and Cryptosporidium. These parasites are widespread throughout the world, even in the most remote and uncontaminated rivers and lakes, and can contaminate swimming pools, hot tubs and sometimes even public water chains. Giardia predominantly affects children from 1 to 4 years of age and young people from 20 to 40 years of age, due to travel-related habits (contaminated baths, food and drinks) or child care Cryptosporidium is responsible for 50% of outbreaks of water-associated gastrointestinal infections caused by parasites, of which 93% recorded in Europe and North America Entamoeba histolytica is relatively common, but it causes disease in only 10-20% of infected subjects. In many cases, Giardia and Cryptosporidium cysts can survive in contaminated waters for weeks or months, also being resistant to chlorine. Therefore, the number of people infected with these parasites tends to increase during the summer season, when many people engage in multiple outdoor activities such as outings, trekking or swimming, during which they may knowingly or accidentally ingest contaminated water or food.  People who travel to developing countries are more exposed to a wide variety of parasites. In areas with a hot-humid climate and ineffective wastewater treatment, multiple parasites may be present, including a wide range of worm-like parasites, such as flatworms (flatworms), and nematodes (cylindrical worms), including roundworms and hookworms, which they can infect the intestine and other regions of the body. Generally, travelers can become infected by eating food or drink contaminated with the eggs of the parasite, sometimes even by simply ingesting a drink with contaminated ice cubes inside or eating a salad. However, there are also small parasites capable of penetrating through the skin of the feet if the person walks barefoot in contaminated areas.    In the event that these infections resolve spontaneously within a few days without complications, no pharmacological treatment may be necessary or undergo coproparasitological examination. However, in the presence of severe symptoms such as prolonged diarrhoea with mucus and/or blood, a stool culture examination (coproculture) may be required, particularly in travellers who have developed these symptoms after taking potentially contaminated food or drink.  To correctly establish the diagnosis, the coproparasitological examination should be requested in association with other tests (panel of gastrointestinal pathogens) aimed at identifying any other pathogens responsible for the symptoms, such as bacteria and viruses. The identification of microbial species can be done through culture examinations or immunochemical tests.

PAROTITE (Anticorpi IgG)

Il virus del Morbillo e il virus della Parotite sono virus appartenenti alla famiglia dei Paramyxoviridae. Entrambi causano infezioni che generalmente si risolvono spontaneamente entro pochi giorni; tuttavia possono causare talvolta complicanze gravi, motivo per il quale sono stati inseriti all’interno dei protocolli di vaccinazione dell’infanzia (prima dose a 13-15 mesi e seconda dose a 5-6 anni) e dei lavoratori a rischio (operatoriscolastici, operatori sanitari,ecc). In Italia il vaccino è combinato trivalente (morbillo, parotite, rosolia), obbligatorio dall’anno scolastico 2017-2018, fornito gratuitamente secondo la Legge 119 del 31/7/2017 e previsto dal Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale PNPV 2017-2019  Gli esami diagnostici per il morbillo e la parotite comprendono:  i test sierologici per la ricerca di anticorpi IgG e IgM anti-virus del morbillo o della parotite. i metodi molecolari (PCR, polymerasechainreaction classica e real-time) per la ricerca del materiale genetico virale (RNA). Questi metodi possono essere applicati su differenti tipi di campioni.  Allo stato attuale entrambe le malattie sono endemo-epidemiche: sono cioè sempre presenti nella collettività, ma presentano picchi epidemici ogni 3-4 anni legati al fatto che i nuovi nati, quando l’immunità materna è decaduta dopo il parto e l’allattamento, vanno a costituire gradualmente una popolazione di soggetti suscettibili all’infezione. Nel 2010 WHO ha comunicato che “l’eradicazione globale del morbillo è biologicamente, tecnicamente ed operativamente possibile”. L’eradicazione è definita come l’interruzione della trasmissione del morbillo a livello mondiale, in presenza di un sistema di sorveglianza verificato e funzionante. Il vaccino (virus attenuato) è disponibile fin dal 1963 ed il morbillo è una malattia completamente prevenibile con 2 dosi di vaccino. Un tasso di copertura di almeno il 95% della popolazione (sia a livello nazionale che all’interno delle comunità) con 2 dosi è necessario per garantire l’immunità di gregge, in grado di proteggere anche quella porzione di popolazione che non può essere vaccinata per motivi di salute, ed evitare la circolazione della malattia.  Secondo WHO e UNICEF i dati disponibili relativi al 2017 e 2018 indicano una stima della copertura dell’86% dei bambini con la prima dose e del 69% per la seconda, del tutto insufficienti per bloccare la trasmissione. Nel 2017 comunque l’85% dei bambini del mondo ha ricevuto la prima dose di vaccino all’età di un anno (rispetto al 72% di bambini nel 2000). Si stima che nel periodo 2000-2017 la vaccinazione anti morbillo abbia evitato più di 21 milioni di morti, rappresentando pertanto uno dei più efficaci interventi di sanità pubblica. Tale campagna di vaccinazione globale è stata lanciata nel 2001 dalla Measles Initiative, un’iniziativa mondiale nata dalla collaborazione tra WHO, Croce Rossa americana, Unicef, Fondazione delle Nazioni Unite e CDC statunitensi.  Il vaccino è raccomandato anche per tutti i viaggiatori non immuni (di età superiore a 6 mesi) verso un’area in cui il morbillo sta circolando, almeno 15 giorni prima della partenza.  Tuttavia, fin dall’inizio del 2019 l’UNICEF aveva segnalato il preoccupante aumento del numero dei casi di morbillo in tutto il mondo nel 2018 rispetto al 2017 (con 110.000 morti nel mondo), compresi diversi stati che erano stati precedentemente dichiarati “liberi dal morbillo” (measles free) dal WHO. In 10 Stati è stato registrato oltre il 74% dell’incremento totale   (Ucraina, Filippine, Brasile, ecc).In sintesi, a livello globale, l’aumento dei casi di morbillo nel 2018 in 98 Stati nel mondo ha vanificato i progressi finora ottenuti con la vaccinazione contro questa malattia.La situazione è risultata particolarmente preoccupante in Ucraina, con 35.120 casi di morbillo nel 2018 e 24.042 solo nei primi due mesi del 2019,e nelle Filippine, con 15.599 casi nel 2018 e 12.736 casi (con 203 decessi) nei primi due mesi 2019. In Madagascar i casi sono diminuiti drasticamente a seguito di campagne di vaccinazione di emergenza a livello nazionale, dimostrando così l’efficacia della vaccinazione nel porre fine alle epidemie e proteggere la salute. Grandi focolai sono in corso in Angola, Camerun, Ciad, Congo, Kazakistan, Nigeria, Filippine, Sudan del Sud, Sudan e Thailandia.Al 31/7/2019, WHO segnala che il numero di casi di morbillo riportati è il più alto che ci sia stato in ogni anno fin dal 2006, con un numero di casi di quasi 3 volte quelli riportati in tutto il 2018.I sistemi sanitari di molte parti del mondo riscontrano notevoli difficoltà a causa dell’aumento delle forme gravi e dei decessi. Le più grandi epidemie coinvolgono paesi con bassa copertura vaccinale, sia al momento attuale che nel passato, creando in tal modo grandi sacche di persone suscettibili alla malattia. Allo stesso tempo, epidemie protratte si stanno realizzando anche in paesi con alti tassi di copertura vaccinale.

Il fenomeno deriva da disuguaglianze nella copertura vaccinale nelle diverse comunità, aree geografiche, gruppi di età, ecc dovute a mancanza di servizi vaccinali, conflitti, migrazioni, cattiva informazione, scarsa consapevolezza circa il significato delle vaccinazioni.  Essendo il morbillo una malattia estremamente contagiosa, quando un numero sufficiente di persone non immuni è esposto al virus, si ha una diffusione molto rapida.    Gli Stati Uniti, dichiarati “liberi dal morbillo” dal 2000, hanno riportato nel 2018-2019 il più alto numero di casi negli ultimi 25 anni. Nella regione europea WHO ci sono stati più di 90.000 casi riportati nei primi 6 mesi del 2019, rispetto a 84462 casi nell’intero 2018.  Dati globali e stime dei decessi WHO sono disponibili per il 2017: 6.7 milioni di casi e 110.000 morti (prevalentemente bambini con meno di 5 anni), basati su 173.330 casi riportati. Nel 2018 sono stati riportati a WHO 353.236 casi di morbillo. I dati globali e le stime del 2018 saranno rilasciati entro la fine del 2019.  Dal 1/1 al 31/7/2019 182 paesi hanno riportato a WHO 364.808 casi di morbillo (129.239 casi nel 2018 per lo stesso periodo): la regione Africana WHO ha avuto un incremento di casi di 10 volte (900%), la regione Europea di 2 volte (93.890 casi fino a luglio 2019, contro 82.596 casi in tutto il 2018 in 47 su 53 stati) , la regione Est Mediterranea di 1,5 volte, la regione Ovest Pacifico di 3 volte.   Nella regione WHO Europea si è realizzato l’incremento dei casi di morbillo,nonostante nel 2017 fosse stata ottenuta la copertura di quasi il 95% della popolazione a livello nazionale per la prima dose di vaccino e del 90% per la seconda dose. Tuttavia, la disomogeneità dei dati di copertura tra i paesi crea sacche di popolazione suscettibile che non permettono l’interruzione della diffusione del virus. Per questo motivo l’ufficio regionale WHO Europa ha pubblicato un piano strategico di risposta all’emergenza del morbillo nella Regione (Strategic Response Planfor the measles emergency in the WHO European Region, September 2019-December 2020), dopo aver condotto indagini approfondite nei Paesi membri per comprendere quali siano i fattori che agevolano la circolazione del morbillo e aver definito piani di intervento a livello nazionale.

Il CDC Europa ha pubblicato a maggio 2019 un’analisi del rischio per il morbillo (Who is at risk for measles in the EU/EEA? Identifying susceptible groups to close immunity gaps towards measles elimination).I principali aspetti da considerare sono: più di 4,5 milioni di bambini e adolescenti sono ancora suscettibili al morbillo; solo 4 Stati Membri EU/EEA hanno raggiunto il target di copertura del 95% per entrambe le dosi di vaccino; elevata incidenza fra ragazzi e adulti con età media dei casi in aumento: da 10 anni nel 2009-2010 a 17 anni nel 2018-2019, il 35% dei casi si osserva in soggetti con più di 20 anni.Inoltre gli adulti risultano essere il gruppo più colpito in 19 paesi (con maggior gravità dei casi); il 45% delle morti si osserva nei bambini al di sotto di 1 anno e nel 2016-2019 il 43% dei casi di morbillo importati in EU/EEA avevano acquisito l’infezione in un altro paese EU/EEA, generalmente quelli in cui il morbillo era endemico o in cui erano in corso epidemie. La conclusione è che, finché il morbillo continuerà a circolare nella regione, rimarrà il rischio di contrarre la malattia in ogni stato membro.  In Italia, grazie alla legge 119 del 2017, le vaccinazioni obbligatorie nell’infanzia e nell’adolescenza sono diventate 10, tra cui anche il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia. L’obiettivo della legge è stato quello di contrastare il progressivo calo delle vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, in atto dal 2013, che ha determinato una copertura vaccinale media al di sotto del 95%. La legge permetterà anche il conseguimento degli obiettivi prioritari del Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019 ed il rispetto degli obblighi assunti a livello europeo ed internazionale. Nel 2018 sono già migliorate per il morbillo sia la copertura per la prima dose,che ha raggiunto il 94,35% (rispetto a 92,38% nel 2017), che per la seconda dose,che ha raggiunto il 90% (rispetto a 85,74% nel 2017). Nonostante l’evidente miglioramento, la copertura risulta ancora al di sotto della soglia del 95%, essenziale per garantire l’immunità di gregge. L’incidenza dei casi per milione di abitanti di morbillo nell’ultimo triennio (dati ISS) si è ridotta: 88,4 nel 2017, che è stato l’anno di picco epidemico con 5.397 casi (età mediana 27 anni), 43,3 nel 2018, con 2.681 casi (età mediana 27 anni), 32 nel 2019 con 1605 casi al 31 ottobre (età mediana 30 anni). Nel 2019 l’86% dei soggetti era non vaccinato al momento del contagio. L’80% dei casi si è verificato in persone tra i 15 e i 64 anni di età. Sono stati segnalati casi sia negli operatori scolastici che negli operatori sanitari: nel 70- 80% dei casi i soggetti non erano vaccinati, anche se avrebbero dovuto esserlo in quanto a rischio (Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale 2017-2019).   Poiché il morbillo e la rosolia colpiscono le stesse fasce di età ed hanno una sintomatologia simile, è clinicamente ed epidemiologicamente corretto, oltre che efficace dal punto di vista dei costi (il vaccino combinato costa meno di 2 euro), effettuare una sorveglianza integrata delle due malattie, come raccomandato anche da WHO con l’iniziativa Morbillo e Rosolia lanciata nel 2001. In Italia sono stati istituiti nel 2013 il Piano Nazionale per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita (PNEMoRc) 2010-2015 e nel 2017 la rete MoRoNET (rete di Laboratori accreditati per il morbillo e la rosolia) per rafforzare la sorveglianza del Morbillo e della Rosolia e confermare i casi attraverso indagini di laboratorio: i casi di sospetto morbillo negativi ai test di conferma devono essere sottoposti ai test per la rosolia e i casi di sospetta rosolia negativi ai test di conferma devono essere testati per il morbillo.  Sai il morbillo che la parotite si trasmettono facilmente per via aerea attraverso goccioline di saliva emesse con tosse, starnuti o semplicemente parlando oppure toccando superfici contaminate dal virus e quindi attraverso occhi, naso e bocca. Secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), il virus del morbillo può sopravvivere fino a due ore nell’aria in cui una persona infetta abbia tossito o starnutito. Le persone infette sono contagiose già alcuni giorni prima della comparsa dei sintomi. Il morbillo è una malattia estremamente contagiosa   Il virus infetta le cellule dei polmoni e, dopo un periodo di incubazione variabile da un minimo di 7 ad un massimo di 18 giorni (in media 10), si ha la comparsa di: febbre alta, tosse secca, congiuntivite, fotosensibilità, raffreddore, mal di gola, piccole macchie bianche a livello gengivale, all’altezza dei molari (macchie di Koplik). Dopo 3-4 giorni compare l’eruzione cutanea maculo papulosa, che comincia solitamente dal collo e dal capo per poi diffondersi sul tronco e gli arti (esantema discendente). L’esantema dura 5-6 giorno e scompare, come è iniziato, a cominciare dal collo.  Le complicanze più frequenti sono rappresentate da otite, bronchite, laringite, tracheite, polmonite, diarrea e più raramente encefalite/encefalo mielite (incidenza 1 su 1000). I soggetti a maggior rischio di sviluppare complicanze sono i bambini malnutriti, gli immunodepressi e i soggetti affetti da altre patologia. Il morbillo contratto in gravidanza è associato ad un maggior rischio di complicanze (in particolare polmonite)e mortalità materna. Alcuni studi hanno dimostrato un maggior rischio di aborto spontaneo, morte intrauterina, parto pretermine.   L’infezione in prossimità del parto può aumentare il rischio di morbillo neonatale, gravato da una significativa mortalità.  In Italia il vaccino è combinato (morbillo-parotite-rosolia -MPR). Nel bambino il calendario vaccinale raccomanda la prima dose a 13-15 mesi, la seconda a 5-6 anni. Per gli adolescenti e gli adulti che non sono mai stati vaccinati, sono previste due dosi a distanza di almeno 4 settimane, da effettuare in soggetti a rischio e prima di viaggi in zone endemiche/epidemiche.   E’ inoltre importante verificare lo stato immunitario della donna nei confronti del morbillo in previsione di una gravidanza. In assenza d’immunizzazione verso questa malattia, è opportuno proporre attivamente la vaccinazione con un intervallo di un mese tra le dosi, al di fuori della gravidanza, soprattutto in donne che effettuano lavori a rischio (operatrici scolastiche e sanitarie).  Il virus della parotite è trasmissibile con le stesse modalità indicate per il virus del morbillo. Dopo un periodo di incubazione variabile (12-25 giorni), si sviluppano sintomi simil-influenzali come mal di testa, dolori muscolari e febbre, seguiti dalla caratteristica parotite, che consiste nella tumefazione delle ghiandole salivari parotidee sotto i padiglioni auricolari, dietro l’angolo della mandibola, con dolore durante la masticazione e la deglutizione.   Nei bambini la malattia si risolve in pochi giorni nella maggior parte dei casi. Tra le complicazioni descritte vi sono encefaliti (0,02-0,3%), meningiti (0,5-15%), pancreatite (4%) e danni all’udito.   Una rara complicanza è la perdita dell’udito nei bambini (5 casi su 100.000 malattie): la parotite è infatti la principale causa di sordità neurosensoriale infantile acquisita. L’encefalite porta raramente alla morte, ma si possono avere conseguenze permanenti come paralisi, epilessia, paralisi dei nervi cranici.   Negli adulti le complicanze sono più frequenti. Nel 20-30% dei maschi dopo la pubertà si ha l’insorgenza dell’orchite, una malattia infiammatoria molto dolorosa, caratterizzata dal gonfiore di uno o di entrambi i testicoli. Questa, sebbene raramente, può risolversi in un’atrofia testicolare con conseguente sterilità.Il contagio durante le prime 12 settimane di gravidanza è associato a un’alta percentuale di aborti spontanei (25%), ma non comporta il rischio di malformazioni del feto.   La parotite è una patologia più lieve del morbillo e, nonostante sia più rara di questo, in alcune parti del mondo è ancora endemica. Nel 2016 in Europa sono stati segnalati dal European Surveillance System (TESSy) 14795 casi di parotite di cui 6939 confermati in laboratorio (732 in Italia), con un trend in aumento rispetto al 2014. Il 77% dei casi si sono realizzati in Cecoslovacchia, Polonia, Spagna,Regno Unito. Circa la metà dei casi si è realizzato in soggetti vaccinati, in quanto l’immunità decade dopo un certo periodo.La promozione dell’uso del vaccino combinato per morbillo, parotite e rosolia dovrebbe portare ad una riduzione della circolazione del virus, peraltro non preoccupante, data anche la scarsa gravità della malattia.  La parotite si diffonde prevalentemente in corrispondenza di focolai epidemici che spesso si realizzano in ambienti nei quali le persone stanno a stretto contatto, come scuole, dormitori o gruppi sportivi. Ad esempio, nel 2011-2013 in diversi college degli Stati Uniti si sono sviluppati alcuni piccoli focolai epidemici la cui diffusione all’esterno è stata però limitata.

Measles virus and Mumps virus are viruses belonging to the Paramyxoviridae family. Both cause infections that generally resolve spontaneously within a few days; however, they can sometimes cause serious complications, which is why they have been included within the vaccination protocols of childhood (first dose at 13-15 months and second dose at 5-6 years) and of workers at risk (school workers, healthcare workers, etc.). In Italy, the vaccine is a trivalent combination (measles, mumps, rubella), mandatory since the 2017-2018 school year, provided free of charge according to Law 119 of 31/7/2017 and provided for by the National Plan of Vaccination Prevention PNPV 2017-2019 Diagnostic tests for measles and mumps include: serological tests for the search for IgG and IgM antibodies to the measles or mumps virus. molecular methods (PCR, classic polymerasechainreaction and real-time) for the search for viral genetic material (RNA). These methods can be applied to different types of samples.  At present both diseases are endemic-epidemic: that is, they are always present in the community, but they present epidemic peaks every 3-4 years linked to the fact that newborns, when maternal immunity has decayed after giving birth and breastfeeding, gradually constitute a population of subjects susceptible to infection. In 2010 WHO communicated that “global measles eradication is biologically, technically and operationally possible”. Eradication is defined as the disruption of measles transmission worldwide, in the presence of a verified and functioning surveillance system. The vaccine (attenuated virus) has been available since 1963 and measles is a disease completely preventable with 2 doses of the vaccine. A coverage rate of at least 95% of the population (both nationally and within communities) with 2 doses is necessary to ensure herd immunity, capable of protecting even that portion of the population that cannot be vaccinated for health reasons, and avoid the circulation of the disease.  According to WHO and UNICEF, the available data relating to 2017 and 2018 indicate an estimated coverage of ’86% of children with the first dose and 69% for the second, completely insufficient to block transmission. In 2017, however, ’85% of the world’s children received their first dose of the vaccine at the age of one (compared to 72% of children in 2000). It is estimated that in the period 2000-2017, measles vaccination avoided more than 21 million deaths, thus representing one of the most effective public health interventions. Such a global vaccination campaign was launched in 2001 by the Measles Initiative, a worldwide initiative born out of collaboration between the WHO, the American Red Cross, Unicef, the United Nations Foundation and the US CDC.  The vaccine is also recommended for all non-immune travellers (over 6 months of age) to an area where measles is circulating, at least 15 days before departure.  However, since early 2019 UNICEF had reported the worrying increase in the number of measles cases worldwide in 2018 compared to 2017 (with 110,000 deaths worldwide), including several states that had previously been declared “measles free” (measles free) by the WHO. Over 74 per cent of the total increase was recorded in 10 States.  Ukraine, Philippines, Brazil, etc.).In summary, globally, the increase in measles cases in 2018 in 98 states around the world has undermined the progress achieved so far with vaccination against this disease.The situation was particularly worrying in Ukraine, with 35,120 measles cases in 2018 and 24,042 in the first two months of 2019 alone, and in the Philippines, with 15,599 cases in 2018 and 12,736 cases (with 203 deaths) in the first two months of 2019. In Madagascar, cases fell sharply as a result of nationwide emergency vaccination campaigns, thus demonstrating the effectiveness of vaccination in ending epidemics and protecting health. Large outbreaks are ongoing in Angola, Cameroon, Chad, Congo, Kazakhstan, Nigeria, the Philippines, South Sudan, Sudan and Thailand.As of 7/31/2019, WHO reports that the number of measles cases reported is the highest there has been in every year since 2006, with the number of cases almost 3 times those reported in all of 2018.Health systems in many parts of the world experience considerable difficulties due to the increase in severe forms and deaths. The largest epidemics involve countries with low vaccination coverage, both at present and in the past, thereby creating large pockets of people susceptible to the disease.    At the same time, protracted epidemics are also taking place in countries with high immunization coverage rates.                              communities, geographical areas, age groups, etc. due to lack of vaccination services, conflicts, migrations, bad information, lack of awareness about the meaning of vaccinations.  Since measles is an extremely contagious disease, when a sufficient number of non-immune people are exposed to the virus, it spreads very rapidly.    The United States, declared “measles-free” since 2000, reported the highest number of cases in 2018-2019 in the last 25 years. In the WHO European Region there were more than 90,000 cases reported in the first 6 months of 2019, compared to 84462 cases in the whole of 2018.  Global data and WHO death estimates are available for 2017: 6.7 million cases and 110,000 deaths (predominantly children under 5 years old), based on 173,330 reported cases. In 2018, 353,236 cases of measles were reported to WHO. Global data and estimates for 2018 will be released by the end of 2019.  From 1/1 to 31/7/2019, 182 countries reported 364,808 cases of measles to WHO (129,239 cases in 2018 for the same period): the WHO African region had a 10-fold increase in cases (900%), the European region 2 times (93,890 cases until July 2019, compared to 82,596 cases in all of 2018 in 47 out of 53 states) , the East Mediterranean region 1.5 times, the West Pacific region 3 times.    In the WHO European region, an increase in measles cases was achieved, despite the fact that in 2017 coverage of almost 95% of the population at a national level was obtained for the first dose of vaccine and 90% for the second dose. However, the inhomogeneity of coverage data across countries creates pockets of susceptible population that do not allow disruption of the spread of the virus. For this reason, the WHO Europe regional office has published a strategic response plan to the measles emergency in the Region (Strategic Response Plan for the measures emergency in the WHO European Region, September 2019-December 2020), after having conducted in-depth investigations in member countries to understand what factors facilitate the circulation of measles and have defined intervention plans at a national level.    CDC Europe published a risk analysis for measles in the EU/EEA in May 2019? Identifying susceptible groups to close immunity gaps towards measures elimination).The main aspects to consider are: more than 4.5 million children and adolescents are still susceptible to measles; only 4 EU/EEA Member States have reached the coverage target of 95% for both doses of vaccine; high incidence among children and adults with increasing average age of cases: from 10 years in 2009-2010 to 17 years in 2018-2019, 35% cases are observed in subjects over 20 years of age Furthermore, adults are the most affected group in 19 countries (with greater severity of cases); 45% of deaths are observed in children under 1 year and in 2016-2019 43% of measles cases imported into the EU/EEA had acquired the infection in another EU/EEA country, generally those where measles was endemic or where epidemics were ongoing. The bottom line is that as long as measles continues to circulate in the region, the risk of contracting the disease will remain in every member state.  In Italy, thanks to law 119 of 2017, mandatory vaccinations in childhood and adolescence have become 10, including the vaccine against measles, mumps and rubella. The objective of the law has been to counteract the progressive decline in vaccinations, both mandatory and recommended, in place since 2013, which has resulted in average vaccination coverage below 95%. The law will also allow the achievement of the priority objectives of the National Vaccination Prevention Plan 2017-2019 and compliance with the obligations undertaken at European and international level. In 2018, both the coverage for the first dose, which reached 94.35% (compared to 92.38% in 2017), and for the second dose, which reached 90% (compared to 85, has already improved for measles. 74% in 2017). Despite the obvious improvement, coverage is still below the 95 per cent threshold, which is essential for ensuring herd immunity. The incidence of cases per million inhabitants of measles in the last three years (ISS data) reduced: 88.4 in 2017, which was the epidemic peak year with 5,397 cases (median age 27 years), 43.3 in 2018, with 2,681 cases (median age 27 years), 32 in 2019 with 1605 cases as of October 31 (median age 30 years). In 2019, ’86% of subjects were unvaccinated at the time of infection. L’80% of cases occurred in people between 15 and 64 years of age. Cases have been reported in both school workers and healthcare workers: in 70-80% of cases the subjects were not vaccinated, although they should have been vaccinated as they were at risk (National Vaccination Prevention Plan 2017-2019).  Since measles and rubella affect the same age groups and have similar symptoms, it is clinically and epidemiologically correct, as well as cost-effective (the combined vaccine costs less than 2 euros), to carry out integrated surveillance of the two diseases, as also recommended by WHO with the Measles and Rubella initiative launched in 2001. In Italy, the National Plan for the Elimination of Measles and Congenital Rubella (PNEMoRc) 2010-2015 was established in 2013 and in 2017 the MoRoNET network (network of accredited laboratories for measles and rubella) to strengthen the surveillance of Measles and Rubella and confirm cases through laboratory investigations: cases of suspected measles negative on confirmatory testing should be tested for rubella and cases of suspected rubella negative on confirmatory testing should be tested for measles.  You know measles that mumps are easily transmitted through the air through droplets of saliva emitted by coughing, sneezing or simply talking or touching surfaces contaminated by the virus and then through the eyes, nose and mouth. According to the Centers for Disease Control and Prevention (CDC), the measles virus can survive up to two hours in the air when an infected person has coughed or sneezed. Infected people are contagious already a few days before the onset of symptoms. Measles is an extremely contagious disease.  The virus infects the cells of the lungs and, after an incubation period varying from a minimum of 7 to a maximum of 18 days (on average 10), there is the appearance of: high fever, dry cough, conjunctivitis, photosensitivity, cold, sore throat, small white spots at the gingival level, at the height of the molars (Koplik spots). After 3-4 days, the papular maculo rash appears, usually starting from the neck and head and then spreading to the trunk and limbs (descending rash). The rash lasts 5-6 days and disappears, as it began, starting with the neck.  The most frequent complications are represented by otitis, bronchitis, laryngitis, tracheitis, pneumonia, diarrhea and more rarely encephalitis/encephalon myelitis (incidence 1 in 1000). The subjects at greatest risk of developing complications are malnourished children, immunosuppressed people and subjects suffering from other pathologies. Measles contracted during pregnancy is associated with a greater risk of complications (particularly pneumonia) and maternal mortality. Some studies have shown a greater risk of miscarriage, intrauterine death, preterm birth.   Infection near delivery may increase the risk of neonatal measles, burdened by significant mortality.  In Italy the vaccine is combined (measles-mumps-rubella -MPR). In children, the vaccination calendar recommends the first dose at 13-15 months, the second at 5-6 years. For adolescents and adults who have never been vaccinated, two doses are scheduled at least 4 weeks apart, to be carried out in subjects at risk and before travel to endemic/epidemic areas.  E’it is also important to check the woman’s immune status towards measles in anticipation of pregnancy. In the absence of immunization to this disease, it is advisable to actively propose vaccination with an interval of one month between doses, outside of pregnancy, especially in women who perform risky work (school and health workers).  The mumps virus is transmissible in the same way as for the measles virus. After a variable incubation period (12-25 days), flu-like symptoms such as headache, muscle aches and fever develop, followed by the characteristic mumps, which consists of swelling of the parotid salivary glands under the auricles, around the corner of the jaw, with pain when chewing and swallowing.   In children the disease resolves within a few days in most cases. Among the described complications are encephalitis (0.02-0.3%), meningitis (0.5-15%), pancreatitis (4%), and hearing damage.  A rare complication is hearing loss in children (5 cases per 100,000 diseases): mumps is in fact the main cause of acquired childhood sensorineural deafness. Encephalitis rarely leads to death, but permanent consequences such as paralysis, epilepsy, cranial nerve palsy can occur.   In adults, complications are more frequent. In 20-30% of males after puberty there is an onset of orchitis, a very painful inflammatory disease, characterized by swelling of one or both testicles. This, although rarely, can result in testicular atrophy resulting in sterility Contagion during the first 12 weeks of pregnancy is associated with a high percentage of miscarriages (25%), but does not carry the risk of malformations of the fetus.   Mumps is a milder condition than measles and, although it is rarer than this, it is still endemic in some parts of the world. In 2016, 14,795 cases of mumps were reported by the European Surveillance System (TESSy) in Europe, of which 6,939 were confirmed in the laboratory (732 in Italy), with an increasing trend compared to 2014. 77% of cases occurred in Czechoslovakia, Poland, Spain and the United Kingdom. About half of the cases occurred in vaccinated subjects, as immunity lapses after a certain period.The promotion of the use of the combined vaccine for measles, mumps and rubella should lead to a reduction in the circulation of the virus, which is not worrying, also given the low severity of the disease.  Mumps spreads mainly during epidemic outbreaks which often occur in environments where people are in close contact, such as schools, dormitories or sports groups. For example, in 2011 – 2013 a number of small epidemic outbreaks developed in several colleges in the United States but were limited in their spread outside.

PAROTITE (Anticorpi IgM)

Il virus del Morbillo e il virus della Parotite sono virus appartenenti alla famiglia dei Paramyxoviridae. Entrambi causano infezioni che generalmente si risolvono spontaneamente entro pochi giorni; tuttavia possono causare talvolta complicanze gravi, motivo per il quale sono stati inseriti all’interno dei protocolli di vaccinazione dell’infanzia (prima dose a 13-15 mesi e seconda dose a 5-6 anni) e dei lavoratori a rischio (operatoriscolastici, operatori sanitari,ecc). In Italia il vaccino è combinato trivalente (morbillo, parotite, rosolia), obbligatorio dall’anno scolastico 2017-2018, fornito gratuitamente secondo la Legge 119 del 31/7/2017 e previsto dal Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale PNPV 2017-2019  Gli esami diagnostici per il morbillo e la parotite comprendono:  i test sierologici per la ricerca di anticorpi IgG e IgM anti-virus del morbillo o della parotite. i metodi molecolari (PCR, polymerasechainreaction classica e real-time) per la ricerca del materiale genetico virale (RNA). Questi metodi possono essere applicati su differenti tipi di campioni.  Allo stato attuale entrambe le malattie sono endemo-epidemiche: sono cioè sempre presenti nella collettività, ma presentano picchi epidemici ogni 3-4 anni legati al fatto che i nuovi nati, quando l’immunità materna è decaduta dopo il parto e l’allattamento, vanno a costituire gradualmente una popolazione di soggetti suscettibili all’infezione. Nel 2010 WHO ha comunicato che “l’eradicazione globale del morbillo è biologicamente, tecnicamente ed operativamente possibile”. L’eradicazione è definita come l’interruzione della trasmissione del morbillo a livello mondiale, in presenza di un sistema di sorveglianza verificato e funzionante. Il vaccino (virus attenuato) è disponibile fin dal 1963 ed il morbillo è una malattia completamente prevenibile con 2 dosi di vaccino. Un tasso di copertura di almeno il 95% della popolazione (sia a livello nazionale che all’interno delle comunità) con 2 dosi è necessario per garantire l’immunità di gregge, in grado di proteggere anche quella porzione di popolazione che non può essere vaccinata per motivi di salute, ed evitare la circolazione della malattia.  Secondo WHO e UNICEF i dati disponibili relativi al 2017 e 2018 indicano una stima della copertura dell’86% dei bambini con la prima dose e del 69% per la seconda, del tutto insufficienti per bloccare la trasmissione. Nel 2017 comunque l’85% dei bambini del mondo ha ricevuto la prima dose di vaccino all’età di un anno (rispetto al 72% di bambini nel 2000). Si stima che nel periodo 2000-2017 la vaccinazione anti morbillo abbia evitato più di 21 milioni di morti, rappresentando pertanto uno dei più efficaci interventi di sanità pubblica. Tale campagna di vaccinazione globale è stata lanciata nel 2001 dalla Measles Initiative, un’iniziativa mondiale nata dalla collaborazione tra WHO, Croce Rossa americana, Unicef, Fondazione delle Nazioni Unite e CDC statunitensi.  Il vaccino è raccomandato anche per tutti i viaggiatori non immuni (di età superiore a 6 mesi) verso un’area in cui il morbillo sta circolando, almeno 15 giorni prima della partenza.  Tuttavia, fin dall’inizio del 2019 l’UNICEF aveva segnalato il preoccupante aumento del numero dei casi di morbillo in tutto il mondo nel 2018 rispetto al 2017 (con 110.000 morti nel mondo), compresi diversi stati che erano stati precedentemente dichiarati “liberi dal morbillo” (measles free) dal WHO. In 10 Stati è stato registrato oltre il 74% dell’incremento totale   (Ucraina, Filippine, Brasile, ecc).In sintesi, a livello globale, l’aumento dei casi di morbillo nel 2018 in 98 Stati nel mondo ha vanificato i progressi finora ottenuti con la vaccinazione contro questa malattia.La situazione è risultata particolarmente preoccupante in Ucraina, con 35.120 casi di morbillo nel 2018 e 24.042 solo nei primi due mesi del 2019,e nelle Filippine, con 15.599 casi nel 2018 e 12.736 casi (con 203 decessi) nei primi due mesi 2019. In Madagascar i casi sono diminuiti drasticamente a seguito di campagne di vaccinazione di emergenza a livello nazionale, dimostrando così l’efficacia della vaccinazione nel porre fine alle epidemie e proteggere la salute. Grandi focolai sono in corso in Angola, Camerun, Ciad, Congo, Kazakistan, Nigeria, Filippine, Sudan del Sud, Sudan e Thailandia.Al 31/7/2019, WHO segnala che il numero di casi di morbillo riportati è il più alto che ci sia stato in ogni anno fin dal 2006, con un numero di casi di quasi 3 volte quelli riportati in tutto il 2018.I sistemi sanitari di molte parti del mondo riscontrano notevoli difficoltà a causa dell’aumento delle forme gravi e dei decessi. Le più grandi epidemie coinvolgono paesi con bassa copertura vaccinale, sia al momento attuale che nel passato, creando in tal modo grandi sacche di persone suscettibili alla malattia. Allo stesso tempo, epidemie protratte si stanno realizzando anche in paesi con alti tassi di copertura vaccinale.

Il fenomeno deriva da disuguaglianze nella copertura vaccinale nelle diverse comunità, aree geografiche, gruppi di età, ecc dovute a mancanza di servizi vaccinali, conflitti, migrazioni, cattiva informazione, scarsa consapevolezza circa il significato delle vaccinazioni.  Essendo il morbillo una malattia estremamente contagiosa, quando un numero sufficiente di persone non immuni è esposto al virus, si ha una diffusione molto rapida.    Gli Stati Uniti, dichiarati “liberi dal morbillo” dal 2000, hanno riportato nel 2018-2019 il più alto numero di casi negli ultimi 25 anni. Nella regione europea WHO ci sono stati più di 90.000 casi riportati nei primi 6 mesi del 2019, rispetto a 84462 casi nell’intero 2018.  Dati globali e stime dei decessi WHO sono disponibili per il 2017: 6.7 milioni di casi e 110.000 morti (prevalentemente bambini con meno di 5 anni), basati su 173.330 casi riportati. Nel 2018 sono stati riportati a WHO 353.236 casi di morbillo. I dati globali e le stime del 2018 saranno rilasciati entro la fine del 2019.  Dal 1/1 al 31/7/2019 182 paesi hanno riportato a WHO 364.808 casi di morbillo (129.239 casi nel 2018 per lo stesso periodo): la regione Africana WHO ha avuto un incremento di casi di 10 volte (900%), la regione Europea di 2 volte (93.890 casi fino a luglio 2019, contro 82.596 casi in tutto il 2018 in 47 su 53 stati) , la regione Est Mediterranea di 1,5 volte, la regione Ovest Pacifico di 3 volte.   Nella regione WHO Europea si è realizzato l’incremento dei casi di morbillo,nonostante nel 2017 fosse stata ottenuta la copertura di quasi il 95% della popolazione a livello nazionale per la prima dose di vaccino e del 90% per la seconda dose. Tuttavia, la disomogeneità dei dati di copertura tra i paesi crea sacche di popolazione suscettibile che non permettono l’interruzione della diffusione del virus. Per questo motivo l’ufficio regionale WHO Europa ha pubblicato un piano strategico di risposta all’emergenza del morbillo nella Regione (Strategic Response Planfor the measles emergency in the WHO European Region, September 2019-December 2020), dopo aver condotto indagini approfondite nei Paesi membri per comprendere quali siano i fattori che agevolano la circolazione del morbillo e aver definito piani di intervento a livello nazionale.

Il CDC Europa ha pubblicato a maggio 2019 un’analisi del rischio per il morbillo (Who is at risk for measles in the EU/EEA? Identifying susceptible groups to close immunity gaps towards measles elimination).I principali aspetti da considerare sono: più di 4,5 milioni di bambini e adolescenti sono ancora suscettibili al morbillo; solo 4 Stati Membri EU/EEA hanno raggiunto il target di copertura del 95% per entrambe le dosi di vaccino; elevata incidenza fra ragazzi e adulti con età media dei casi in aumento: da 10 anni nel 2009-2010 a 17 anni nel 2018-2019, il 35% dei casi si osserva in soggetti con più di 20 anni.Inoltre gli adulti risultano essere il gruppo più colpito in 19 paesi (con maggior gravità dei casi); il 45% delle morti si osserva nei bambini al di sotto di 1 anno e nel 2016-2019 il 43% dei casi di morbillo importati in EU/EEA avevano acquisito l’infezione in un altro paese EU/EEA, generalmente quelli in cui il morbillo era endemico o in cui erano in corso epidemie. La conclusione è che, finché il morbillo continuerà a circolare nella regione, rimarrà il rischio di contrarre la malattia in ogni stato membro.  In Italia, grazie alla legge 119 del 2017, le vaccinazioni obbligatorie nell’infanzia e nell’adolescenza sono diventate 10, tra cui anche il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia. L’obiettivo della legge è stato quello di contrastare il progressivo calo delle vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, in atto dal 2013, che ha determinato una copertura vaccinale media al di sotto del 95%. La legge permetterà anche il conseguimento degli obiettivi prioritari del Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019 ed il rispetto degli obblighi assunti a livello europeo ed internazionale. Nel 2018 sono già migliorate per il morbillo sia la copertura per la prima dose,che ha raggiunto il 94,35% (rispetto a 92,38% nel 2017), che per la seconda dose,che ha raggiunto il 90% (rispetto a 85,74% nel 2017). Nonostante l’evidente miglioramento, la copertura risulta ancora al di sotto della soglia del 95%, essenziale per garantire l’immunità di gregge. L’incidenza dei casi per milione di abitanti di morbillo nell’ultimo triennio (dati ISS) si è ridotta: 88,4 nel 2017, che è stato l’anno di picco epidemico con 5.397 casi (età mediana 27 anni), 43,3 nel 2018, con 2.681 casi (età mediana 27 anni), 32 nel 2019 con 1605 casi al 31 ottobre (età mediana 30 anni). Nel 2019 l’86% dei soggetti era non vaccinato al momento del contagio. L’80% dei casi si è verificato in persone tra i 15 e i 64 anni di età. Sono stati segnalati casi sia negli operatori scolastici che negli operatori sanitari: nel 70- 80% dei casi i soggetti non erano vaccinati, anche se avrebbero dovuto esserlo in quanto a rischio (Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale 2017-2019).   Poiché il morbillo e la rosolia colpiscono le stesse fasce di età ed hanno una sintomatologia simile, è clinicamente ed epidemiologicamente corretto, oltre che efficace dal punto di vista dei costi (il vaccino combinato costa meno di 2 euro), effettuare una sorveglianza integrata delle due malattie, come raccomandato anche da WHO con l’iniziativa Morbillo e Rosolia lanciata nel 2001. In Italia sono stati istituiti nel 2013 il Piano Nazionale per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita (PNEMoRc) 2010-2015 e nel 2017 la rete MoRoNET (rete di Laboratori accreditati per il morbillo e la rosolia) per rafforzare la sorveglianza del Morbillo e della Rosolia e confermare i casi attraverso indagini di laboratorio: i casi di sospetto morbillo negativi ai test di conferma devono essere sottoposti ai test per la rosolia e i casi di sospetta rosolia negativi ai test di conferma devono essere testati per il morbillo.  Sai il morbillo che la parotite si trasmettono facilmente per via aerea attraverso goccioline di saliva emesse con tosse, starnuti o semplicemente parlando oppure toccando superfici contaminate dal virus e quindi attraverso occhi, naso e bocca. Secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), il virus del morbillo può sopravvivere fino a due ore nell’aria in cui una persona infetta abbia tossito o starnutito. Le persone infette sono contagiose già alcuni giorni prima della comparsa dei sintomi. Il morbillo è una malattia estremamente contagiosa   Il virus infetta le cellule dei polmoni e, dopo un periodo di incubazione variabile da un minimo di 7 ad un massimo di 18 giorni (in media 10), si ha la comparsa di: febbre alta, tosse secca, congiuntivite, fotosensibilità, raffreddore, mal di gola, piccole macchie bianche a livello gengivale, all’altezza dei molari (macchie di Koplik). Dopo 3-4 giorni compare l’eruzione cutanea maculo papulosa, che comincia solitamente dal collo e dal capo per poi diffondersi sul tronco e gli arti (esantema discendente). L’esantema dura 5-6 giorno e scompare, come è iniziato, a cominciare dal collo.  Le complicanze più frequenti sono rappresentate da otite, bronchite, laringite, tracheite, polmonite, diarrea e più raramente encefalite/encefalo mielite (incidenza 1 su 1000). I soggetti a maggior rischio di sviluppare complicanze sono i bambini malnutriti, gli immunodepressi e i soggetti affetti da altre patologia. Il morbillo contratto in gravidanza è associato ad un maggior rischio di complicanze (in particolare polmonite)e mortalità materna. Alcuni studi hanno dimostrato un maggior rischio di aborto spontaneo, morte intrauterina, parto pretermine.   L’infezione in prossimità del parto può aumentare il rischio di morbillo neonatale, gravato da una significativa mortalità.  In Italia il vaccino è combinato (morbillo-parotite-rosolia -MPR). Nel bambino il calendario vaccinale raccomanda la prima dose a 13-15 mesi, la seconda a 5-6 anni. Per gli adolescenti e gli adulti che non sono mai stati vaccinati, sono previste due dosi a distanza di almeno 4 settimane, da effettuare in soggetti a rischio e prima di viaggi in zone endemiche/epidemiche.   E’ inoltre importante verificare lo stato immunitario della donna nei confronti del morbillo in previsione di una gravidanza. In assenza d’immunizzazione verso questa malattia, è opportuno proporre attivamente la vaccinazione con un intervallo di un mese tra le dosi, al di fuori della gravidanza, soprattutto in donne che effettuano lavori a rischio (operatrici scolastiche e sanitarie).  Il virus della parotite è trasmissibile con le stesse modalità indicate per il virus del morbillo. Dopo un periodo di incubazione variabile (12-25 giorni), si sviluppano sintomi simil-influenzali come mal di testa, dolori muscolari e febbre, seguiti dalla caratteristica parotite, che consiste nella tumefazione delle ghiandole salivari parotidee sotto i padiglioni auricolari, dietro l’angolo della mandibola, con dolore durante la masticazione e la deglutizione.   Nei bambini la malattia si risolve in pochi giorni nella maggior parte dei casi. Tra le complicazioni descritte vi sono encefaliti (0,02-0,3%), meningiti (0,5-15%), pancreatite (4%) e danni all’udito.   Una rara complicanza è la perdita dell’udito nei bambini (5 casi su 100.000 malattie): la parotite è infatti la principale causa di sordità neurosensoriale infantile acquisita. L’encefalite porta raramente alla morte, ma si possono avere conseguenze permanenti come paralisi, epilessia, paralisi dei nervi cranici.   Negli adulti le complicanze sono più frequenti. Nel 20-30% dei maschi dopo la pubertà si ha l’insorgenza dell’orchite, una malattia infiammatoria molto dolorosa, caratterizzata dal gonfiore di uno o di entrambi i testicoli. Questa, sebbene raramente, può risolversi in un’atrofia testicolare con conseguente sterilità.Il contagio durante le prime 12 settimane di gravidanza è associato a un’alta percentuale di aborti spontanei (25%), ma non comporta il rischio di malformazioni del feto.   La parotite è una patologia più lieve del morbillo e, nonostante sia più rara di questo, in alcune parti del mondo è ancora endemica. Nel 2016 in Europa sono stati segnalati dal European Surveillance System (TESSy) 14795 casi di parotite di cui 6939 confermati in laboratorio (732 in Italia), con un trend in aumento rispetto al 2014. Il 77% dei casi si sono realizzati in Cecoslovacchia, Polonia, Spagna,Regno Unito. Circa la metà dei casi si è realizzato in soggetti vaccinati, in quanto l’immunità decade dopo un certo periodo.La promozione dell’uso del vaccino combinato per morbillo, parotite e rosolia dovrebbe portare ad una riduzione della circolazione del virus, peraltro non preoccupante, data anche la scarsa gravità della malattia.  La parotite si diffonde prevalentemente in corrispondenza di focolai epidemici che spesso si realizzano in ambienti nei quali le persone stanno a stretto contatto, come scuole, dormitori o gruppi sportivi. Ad esempio, nel 2011-2013 in diversi college degli Stati Uniti si sono sviluppati alcuni piccoli focolai epidemici la cui diffusione all’esterno è stata però limitata.

Measles virus and Mumps virus are viruses belonging to the Paramyxoviridae family. Both cause infections that generally resolve spontaneously within a few days; however, they can sometimes cause serious complications, which is why they have been included within the vaccination protocols of childhood (first dose at 13-15 months and second dose at 5-6 years) and of workers at risk (school workers, healthcare workers, etc.). In Italy, the vaccine is a trivalent combination (measles, mumps, rubella), mandatory since the 2017-2018 school year, provided free of charge according to Law 119 of 31/7/2017 and provided for by the National Plan of Vaccination Prevention PNPV 2017-2019 Diagnostic tests for measles and mumps include: serological tests for the search for IgG and IgM antibodies to the measles or mumps virus. molecular methods (PCR, classic polymerasechainreaction and real-time) for the search for viral genetic material (RNA). These methods can be applied to different types of samples.  At present both diseases are endemic-epidemic: that is, they are always present in the community, but they present epidemic peaks every 3-4 years linked to the fact that newborns, when maternal immunity has decayed after giving birth and breastfeeding, gradually constitute a population of subjects susceptible to infection. In 2010 WHO communicated that “global measles eradication is biologically, technically and operationally possible”. Eradication is defined as the disruption of measles transmission worldwide, in the presence of a verified and functioning surveillance system. The vaccine (attenuated virus) has been available since 1963 and measles is a disease completely preventable with 2 doses of the vaccine. A coverage rate of at least 95% of the population (both nationally and within communities) with 2 doses is necessary to ensure herd immunity, capable of protecting even that portion of the population that cannot be vaccinated for health reasons, and avoid the circulation of the disease.  According to WHO and UNICEF, the available data relating to 2017 and 2018 indicate an estimated coverage of ’86% of children with the first dose and 69% for the second, completely insufficient to block transmission. In 2017, however, ’85% of the world’s children received their first dose of the vaccine at the age of one (compared to 72% of children in 2000). It is estimated that in the period 2000-2017, measles vaccination avoided more than 21 million deaths, thus representing one of the most effective public health interventions. Such a global vaccination campaign was launched in 2001 by the Measles Initiative, a worldwide initiative born out of collaboration between the WHO, the American Red Cross, Unicef, the United Nations Foundation and the US CDC.  The vaccine is also recommended for all non-immune travellers (over 6 months of age) to an area where measles is circulating, at least 15 days before departure.  However, since early 2019 UNICEF had reported the worrying increase in the number of measles cases worldwide in 2018 compared to 2017 (with 110,000 deaths worldwide), including several states that had previously been declared “measles free” (measles free) by the WHO. Over 74 per cent of the total increase was recorded in 10 States.  Ukraine, Philippines, Brazil, etc.).In summary, globally, the increase in measles cases in 2018 in 98 states around the world has undermined the progress achieved so far with vaccination against this disease.The situation was particularly worrying in Ukraine, with 35,120 measles cases in 2018 and 24,042 in the first two months of 2019 alone, and in the Philippines, with 15,599 cases in 2018 and 12,736 cases (with 203 deaths) in the first two months of 2019. In Madagascar, cases fell sharply as a result of nationwide emergency vaccination campaigns, thus demonstrating the effectiveness of vaccination in ending epidemics and protecting health. Large outbreaks are ongoing in Angola, Cameroon, Chad, Congo, Kazakhstan, Nigeria, the Philippines, South Sudan, Sudan and Thailand.As of 7/31/2019, WHO reports that the number of measles cases reported is the highest there has been in every year since 2006, with the number of cases almost 3 times those reported in all of 2018.Health systems in many parts of the world experience considerable difficulties due to the increase in severe forms and deaths. The largest epidemics involve countries with low vaccination coverage, both at present and in the past, thereby creating large pockets of people susceptible to the disease.    At the same time, protracted epidemics are also taking place in countries with high immunization coverage rates.                              communities, geographical areas, age groups, etc. due to lack of vaccination services, conflicts, migrations, bad information, lack of awareness about the meaning of vaccinations.  Since measles is an extremely contagious disease, when a sufficient number of non-immune people are exposed to the virus, it spreads very rapidly.    The United States, declared “measles-free” since 2000, reported the highest number of cases in 2018-2019 in the last 25 years. In the WHO European Region there were more than 90,000 cases reported in the first 6 months of 2019, compared to 84462 cases in the whole of 2018.  Global data and WHO death estimates are available for 2017: 6.7 million cases and 110,000 deaths (predominantly children under 5 years old), based on 173,330 reported cases. In 2018, 353,236 cases of measles were reported to WHO. Global data and estimates for 2018 will be released by the end of 2019.  From 1/1 to 31/7/2019, 182 countries reported 364,808 cases of measles to WHO (129,239 cases in 2018 for the same period): the WHO African region had a 10-fold increase in cases (900%), the European region 2 times (93,890 cases until July 2019, compared to 82,596 cases in all of 2018 in 47 out of 53 states) , the East Mediterranean region 1.5 times, the West Pacific region 3 times.    In the WHO European region, an increase in measles cases was achieved, despite the fact that in 2017 coverage of almost 95% of the population at a national level was obtained for the first dose of vaccine and 90% for the second dose. However, the inhomogeneity of coverage data across countries creates pockets of susceptible population that do not allow disruption of the spread of the virus. For this reason, the WHO Europe regional office has published a strategic response plan to the measles emergency in the Region (Strategic Response Plan for the measures emergency in the WHO European Region, September 2019-December 2020), after having conducted in-depth investigations in member countries to understand what factors facilitate the circulation of measles and have defined intervention plans at a national level.    CDC Europe published a risk analysis for measles in the EU/EEA in May 2019? Identifying susceptible groups to close immunity gaps towards measures elimination).The main aspects to consider are: more than 4.5 million children and adolescents are still susceptible to measles; only 4 EU/EEA Member States have reached the coverage target of 95% for both doses of vaccine; high incidence among children and adults with increasing average age of cases: from 10 years in 2009-2010 to 17 years in 2018-2019, 35% cases are observed in subjects over 20 years of age Furthermore, adults are the most affected group in 19 countries (with greater severity of cases); 45% of deaths are observed in children under 1 year and in 2016-2019 43% of measles cases imported into the EU/EEA had acquired the infection in another EU/EEA country, generally those where measles was endemic or where epidemics were ongoing. The bottom line is that as long as measles continues to circulate in the region, the risk of contracting the disease will remain in every member state.  In Italy, thanks to law 119 of 2017, mandatory vaccinations in childhood and adolescence have become 10, including the vaccine against measles, mumps and rubella. The objective of the law has been to counteract the progressive decline in vaccinations, both mandatory and recommended, in place since 2013, which has resulted in average vaccination coverage below 95%. The law will also allow the achievement of the priority objectives of the National Vaccination Prevention Plan 2017-2019 and compliance with the obligations undertaken at European and international level. In 2018, both the coverage for the first dose, which reached 94.35% (compared to 92.38% in 2017), and for the second dose, which reached 90% (compared to 85, has already improved for measles. 74% in 2017). Despite the obvious improvement, coverage is still below the 95 per cent threshold, which is essential for ensuring herd immunity. The incidence of cases per million inhabitants of measles in the last three years (ISS data) reduced: 88.4 in 2017, which was the epidemic peak year with 5,397 cases (median age 27 years), 43.3 in 2018, with 2,681 cases (median age 27 years), 32 in 2019 with 1605 cases as of October 31 (median age 30 years). In 2019, ’86% of subjects were unvaccinated at the time of infection. L’80% of cases occurred in people between 15 and 64 years of age. Cases have been reported in both school workers and healthcare workers: in 70-80% of cases the subjects were not vaccinated, although they should have been vaccinated as they were at risk (National Vaccination Prevention Plan 2017-2019).  Since measles and rubella affect the same age groups and have similar symptoms, it is clinically and epidemiologically correct, as well as cost-effective (the combined vaccine costs less than 2 euros), to carry out integrated surveillance of the two diseases, as also recommended by WHO with the Measles and Rubella initiative launched in 2001. In Italy, the National Plan for the Elimination of Measles and Congenital Rubella (PNEMoRc) 2010-2015 was established in 2013 and in 2017 the MoRoNET network (network of accredited laboratories for measles and rubella) to strengthen the surveillance of Measles and Rubella and confirm cases through laboratory investigations: cases of suspected measles negative on confirmatory testing should be tested for rubella and cases of suspected rubella negative on confirmatory testing should be tested for measles.  You know measles that mumps are easily transmitted through the air through droplets of saliva emitted by coughing, sneezing or simply talking or touching surfaces contaminated by the virus and then through the eyes, nose and mouth. According to the Centers for Disease Control and Prevention (CDC), the measles virus can survive up to two hours in the air when an infected person has coughed or sneezed. Infected people are contagious already a few days before the onset of symptoms. Measles is an extremely contagious disease.  The virus infects the cells of the lungs and, after an incubation period varying from a minimum of 7 to a maximum of 18 days (on average 10), there is the appearance of: high fever, dry cough, conjunctivitis, photosensitivity, cold, sore throat, small white spots at the gingival level, at the height of the molars (Koplik spots). After 3-4 days, the papular maculo rash appears, usually starting from the neck and head and then spreading to the trunk and limbs (descending rash). The rash lasts 5-6 days and disappears, as it began, starting with the neck.  The most frequent complications are represented by otitis, bronchitis, laryngitis, tracheitis, pneumonia, diarrhea and more rarely encephalitis/encephalon myelitis (incidence 1 in 1000). The subjects at greatest risk of developing complications are malnourished children, immunosuppressed people and subjects suffering from other pathologies. Measles contracted during pregnancy is associated with a greater risk of complications (particularly pneumonia) and maternal mortality. Some studies have shown a greater risk of miscarriage, intrauterine death, preterm birth.   Infection near delivery may increase the risk of neonatal measles, burdened by significant mortality.  In Italy the vaccine is combined (measles-mumps-rubella -MPR). In children, the vaccination calendar recommends the first dose at 13-15 months, the second at 5-6 years. For adolescents and adults who have never been vaccinated, two doses are scheduled at least 4 weeks apart, to be carried out in subjects at risk and before travel to endemic/epidemic areas.  E’it is also important to check the woman’s immune status towards measles in anticipation of pregnancy. In the absence of immunization to this disease, it is advisable to actively propose vaccination with an interval of one month between doses, outside of pregnancy, especially in women who perform risky work (school and health workers).  The mumps virus is transmissible in the same way as for the measles virus. After a variable incubation period (12-25 days), flu-like symptoms such as headache, muscle aches and fever develop, followed by the characteristic mumps, which consists of swelling of the parotid salivary glands under the auricles, around the corner of the jaw, with pain when chewing and swallowing.   In children the disease resolves within a few days in most cases. Among the described complications are encephalitis (0.02-0.3%), meningitis (0.5-15%), pancreatitis (4%), and hearing damage.  A rare complication is hearing loss in children (5 cases per 100,000 diseases): mumps is in fact the main cause of acquired childhood sensorineural deafness. Encephalitis rarely leads to death, but permanent consequences such as paralysis, epilepsy, cranial nerve palsy can occur.   In adults, complications are more frequent. In 20-30% of males after puberty there is an onset of orchitis, a very painful inflammatory disease, characterized by swelling of one or both testicles. This, although rarely, can result in testicular atrophy resulting in sterility Contagion during the first 12 weeks of pregnancy is associated with a high percentage of miscarriages (25%), but does not carry the risk of malformations of the fetus.   Mumps is a milder condition than measles and, although it is rarer than this, it is still endemic in some parts of the world. In 2016, 14,795 cases of mumps were reported by the European Surveillance System (TESSy) in Europe, of which 6,939 were confirmed in the laboratory (732 in Italy), with an increasing trend compared to 2014. 77% of cases occurred in Czechoslovakia, Poland, Spain and the United Kingdom. About half of the cases occurred in vaccinated subjects, as immunity lapses after a certain period.The promotion of the use of the combined vaccine for measles, mumps and rubella should lead to a reduction in the circulation of the virus, which is not worrying, also given the low severity of the disease.  Mumps spreads mainly during epidemic outbreaks which often occur in environments where people are in close contact, such as schools, dormitories or sports groups. For example, in 2011 – 2013 a number of small epidemic outbreaks developed in several colleges in the United States but were limited in their spread outside.

PAUL BUNNEL

La reazione di Paul Bunnel è utilizzata per la ricerca di anticorpi eterofili che compaiono in corso di mononucleosi infettiva. Gli anticorpi (IgM) eterofili nella mononucleosi sono riscontrabili a seconda della durata della malattia: nel 40% dei casi nella I settimana, nel 60% dei casi nella II settimana, nell’ 85% dei casi nella III settimana. Permangono elevati per circa 3-6 mesi, fino ad un anno.

The Paul Bunnel reaction is used to search for heterophilic antibodies that appear during infectious mononucleosis. Heterophilic antibodies (IgM) in mononucleosis can be found depending on the duration of the disease: in 40% of cases in the first week, in 60% of cases in the second week, in 85% of cases in the third week. They remain elevated for approximately 3-6 months, up to a year.

PEPTIDE C

Il C-peptide viene considerato un indicatore di secrezione di insulina endogena da parte delle cellule beta del pancreas. I livelli di C-peptide si correlano sia al tipo di diabete che alla durata della malattia. Livelli di C-peptide inferiori a 0.2 nmol/l sono associati a una diagnosi di diabete di tipo 1 (DT1). Valori <0.60 mmol/l suggeriscono una possibile diagnosi di DT1 ma anche nel diabete tipo 2 (DT2) di lunga durata i livelli di C-peptide possono scendere sotto tale soglia. Nel diabete di tipo 2, il dosaggio del C-peptide può essere utile per orientare le scelte terapeutiche. Crescenti evidenze suggeriscono una correlazione tra C-peptide e controllo del diabete nel tempo, risposta alla terapia ipoglicemizzante e rischio futuro di complicanze microvascolari.  Il peptide C è una molecola di 31 amminoacidi rilasciata dalle cellule beta del pancreas durante il clivaggio della pro-insulina (precursore dell’ormone) in insulina. Rispetto a quest’ultima, il C-peptide è rilasciato in un rapporto di 1:1 (per ogni molecola di insulina, viene messa in circolo una molecola di C-peptide).  Questo frammento non è inerte, come si pensava fino a qualche tempo fa ma svolge alcune importanti funzioni biologiche, per esempio interviene nella riparazione della tonaca muscolare delle arterie.

C-peptide is considered an indicator of endogenous insulin secretion by pancreatic beta cells. C-peptide levels correlate with both type of diabetes and duration of disease. C-peptide levels below 0.2 nmol/l are associated with a diagnosis of type 1 diabetes (DT1). Values <0.60 mmol/l suggest a possible diagnosis of DT1 but even in long-lasting type 2 diabetes (DT2) C-peptide levels can fall below this threshold. In type 2 diabetes, C-peptide dosing may be useful in guiding treatment choices. Growing evidence suggests a correlation between C-peptide and diabetes control over time, response to hypoglycemic therapy and future risk of microvascular complications.  Peptide C is a 31 amino acid molecule released by beta cells of the pancreas during cleavage of pro-insulin (precursor of the hormone) to insulin. Compared to the latter, the C-peptide is released in a ratio of 1:1 (for each insulin molecule, a C-peptide molecule is put into circulation).  This fragment is not inert, as was thought until some time ago but performs some important biological functions, for example it intervenes in the repair of the muscular layer of the arteries.

PHENOBARBITAL (Gardenale)

L’esame misura la quantità di Fenobarbital nel sangue. Il Fenobarbital è un barbiturico a lunga durata d’azione, un farmaco antiepilettico e sedativo che è in grado di deprimere l’attività del sistema nervoso. Viene prescritto nel trattamento dell’epilessia e di altre sindromi convulsive, in relazione alla sua capacità di stabilizzare l’attività elettrica del sistema nervoso centrale.È importante mantenere stabili i livelli di fenobarbital nel sangue, all’interno dei valori di concentrazione terapeutica. Nel caso in cui i livelli del farmaco siano troppo bassi, possono manifestarsi convulsioni o stati d’ansia. Se i livelli del farmaco sono troppo alti, possono manifestarsi effetti collaterali o addirittura tossicità. Gli effetti tossici includono sonnolenza, stato confusionale, mancata coordinazione dei movimenti muscolari volontari (atassia), i quali possono influire sul normale svolgimento delle attività abituali, come la capacità di guidare. I pazienti trattati in maniera cronica con questo farmaco, possono sviluppare un fenomeno di tolleranza agli effetti sedativi del farmaco e diventarne dipendenti.  È difficile mantenere stabili all’interno delle concentrazioni terapeutiche i livelli di farmaco nel sangue. La finestra terapeutica del farmaco (i livelli entro i quali il farmaco è efficace senza essere associato ad effetti collaterali tossici), anche detta indice terapeutico, è molto ristretta. Pertanto il monitoraggio del farmaco è molto importante. Il Fenobarbital metabolizzato dagli enzimi epatici ed eliminato con l’urina con una velocità che dipende dall’età del paziente e dal suo stato di salute complessivo. Pertanto, il farmaco può impiegare da pochi giorni fino a qualche settimana per essere eliminato, in rapporto all’età del paziente, al suo stato di salute e alla dose di somministrazione. Una volta che l’organismo ha raggiunto la capacità massima di metabolizzare il farmaco, anche piccoli aumenti del dosaggio del farmaco possono comportare aumenti consistenti della sua concentrazione nel sangue, con conseguente manifestazione di effetti collaterali e tossicità. Il clinico deve monitorare la risposta del paziente al farmaco per stabilire che i suoi livelli siano mantenuti all’interno del range terapeutico e per determinare il dosaggio più appropriato per il trattamento del singolo paziente. Solitamente, il dosaggio del Fenobarbital viene richiesto all’inizio della terapia e ad intervalli regolari durante la terapia, per valutare il corretto andamento della terapia. Poiché alcuni farmaci possono interferire con il metabolismo del Fenobarbital, il dosaggio può essere richiesto anche nel caso di inizio di una nuova terapia farmacologia concomitante.

The test measures the amount of Phenobarbital in your blood. Phenobarbital is a long-acting barbiturate, an antiepileptic and sedative drug that is able to depress the activity of the nervous system. It is prescribed in the treatment of epilepsy and other seizure syndromes, in relation to its ability to stabilize the electrical activity of the central nervous system It is important to keep phenobarbital levels in the blood stable, within therapeutic concentration values. In case the drug levels are too low, seizures or anxiety states may occur. If drug levels are too high, side effects or even toxicity may occur. Toxic effects include drowsiness, confusion, lack of coordination of voluntary muscle movements (ataxia), which can affect the normal performance of usual activities, such as the ability to drive. Patients treated chronically with this drug can develop a phenomenon of tolerance to the sedative effects of the drug and become dependent on it.  It is difficult to keep drug levels in the blood stable within therapeutic concentrations. The therapeutic window of the drug (the levels within which the drug is effective without being associated with toxic side effects), also called therapeutic index, is very narrow. Therefore monitoring the drug is very important. Phenobarbital metabolized by liver enzymes and eliminated with urine at a rate that depends on the age of the patient and their overall health status. Therefore, the drug can take from a few days up to a few weeks to be eliminated, in relation to the age of the patient, his state of health and the dose of administration. Once the body has reached its maximum capacity to metabolize the drug, even small increases in the dosage of the drug can result in large increases in its concentration in the blood, resulting in the manifestation of side effects and toxicity. The clinician should monitor the patient’s response to the drug to establish that his or her levels are maintained within the therapeutic range and to determine the most appropriate dosage for individual patient treatment. Usually, the dosage of Phenobarbital is requested at the beginning of therapy and at regular intervals during therapy, to evaluate the correct progress of therapy. Since some drugs can interfere with the metabolism of Phenobarbital, the dosage may also be required if starting a new concomitant pharmacological therapy.

PIRUVATOCHINASI ERITROCITARIA

Il deficit di piruvato chinasi (PKD) è una rara malattia ereditaria, a trasmissione autosomica recessiva, essenzialmente caratterizzata da anemia emolitica, ossia da una prematura distruzione dei globuli rossi. La patologia è causata da mutazioni nel gene PKLR che provocano una carenza di piruvato chinasi (PK), un enzima che partecipa al processo di glicolisi, aiutando le cellule a trasformare il glucosio in adenosina trifosfato (ATP) per produrre energia. A causa della PKD, quindi, i globuli rossi soffrono di una mancanza di energia che li conduce a una morte prematura. La prevalenza generale della patologia è stimata in 1-9 casi ogni 100.000 persone.    Il deficit di piruvato chinasi può manifestarsi in diverse età e con gravità variabile da paziente a paziente. La conseguenza principale della patologia è l’anemia emolitica, una condizione cronica che dura per tutta la vita e che può causare sintomi come pallore, affaticamento, debolezza, stordimento, vertigini, mal di testa, difficoltà respiratorie e problematiche cardiache. Nei casi più severi, soprattutto nei neonati, l’anemia può avere anche esito fatale. Frequente è la comparsa di ittero (ingiallimento della pelle e degli occhi, dovuto a un’eccessiva concentrazione ematica di bilirubina non coniugata), calcoli biliari e splenomegalia (aumento di volume nella milza). I pazienti adolescenti e adulti possono manifestare fragilità ossea, con conseguente aumento del rischio di fratture. Più raramente, la PKD può comportare complicanze che includono l’ipertensione arteriosa polmonare (elevata pressione sanguigna nelle arteriole polmonari) e l’emopoiesi extramidollare (produzione di cellule ematiche al di fuori del midollo osseo). La diagnosi di PKD si basa sull’osservazione del quadro clinico e su specifiche analisi di laboratorio (tra cui la misurazione dell’attività enzimatica di PK). La conferma diagnostica viene solitamente effettuata tramite test genetico.   Il trattamento di prima scelta per la PKD è rappresentato dalle trasfusioni di sangue e, nei casi più gravi, dalla rimozione chirurgica della milza (splenectomia). Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche può curare la patologia ma, per via dei rischi legati all’intervento, viene preso in considerazione in un ristretto numero di pazienti. Eventuali terapie di supporto includono la supplementazione di acido folico (per aumentare la produzione di globuli rossi) e di vitamina D e calcio (per contrastare la fragilità ossea). In caso di calcoli biliari può essere necessario ricorrere alla rimozione della cistifellea.

Pyruvate kinase deficiency (PKD) is a rare hereditary disease, with autosomal recessive transmission, essentially characterized by hemolytic anemia, i.e. premature destruction of red blood cells. The condition is caused by mutations in the PKLR gene that cause a deficiency of pyruvate kinase (PK), an enzyme that participates in the glycolysis process, helping cells transform glucose into adenosine triphosphate (ATP) for energy. Due to PKD, therefore, red blood cells suffer from a lack of energy which leads them to premature death. The general prevalence of the pathology is estimated at 1-9 cases per 100,000 people.  Pyruvate kinase deficiency can occur at different ages and with varying severity from patient to patient. The main consequence of the pathology is hemolytic anemia, a chronic condition that lasts for life and that can cause symptoms such as paleness, fatigue, weakness, lightheadedness, dizziness, headache, breathing difficulties and heart problems. In more severe cases, especially in newborns, anemia can also have a fatal outcome. The occurrence of jaundice (yellowing of the skin and eyes, due to excessive blood concentration of unconjugated bilirubin), gallstones and splenomegaly (increased volume in the spleen) is frequent. Adolescent and adult patients may experience bone fragility, resulting in an increased risk of fractures. More rarely, PKD may involve complications that include pulmonary arterial hypertension (high blood pressure in the pulmonary arterioles) and extramedullary hematopoiesis (production of blood cells outside the bone marrow).    The diagnosis of PKD is based on observation of the clinical picture and specific laboratory analyses (including measurement of PK enzymatic activity). Diagnostic confirmation is usually done through genetic testing.   The first-line treatment for PKD is blood transfusions and, in severe cases, surgical removal of the spleen (splenectomy). Hematopoietic stem cell transplantation can cure the disease but, due to the risks associated with the operation, it is taken into consideration in a small number of patients. Any supportive therapies include the supplementation of folic acid (to increase the production of red blood cells) and vitamin D and calcium (to counteract bone fragility). In case of gallstones it may be necessary to remove the gallbladder.

PORFOBILINOGENO

Le porfirine sono un gruppo di composti definiti dalla loro struttura chimica. Questi composti sono sottoprodotti della sintesi dell’eme e sono normalmente presenti in basse concentrazioni nel sangue e nei fluidi corporei. L’esame misura le porfirine ed i loro precursori nell’urina nel sangue e/o nelle feci.Il gruppo eme è un pigmento contenente ferro che compone l’emoglobina e numerose altre proteine. È costituito da una porzione organica (protoporfirina) legante un atomo di ferro. La sintesi dell’eme é un processo graduale che richiede l’azione sequenziale di 8 enzimi diversi. La carenza di uno di questi enzimi interrompe tale processo, con conseguente accumulo dei precursori della porfirina, quali uroporfirine, coproporfirine e protoporfirine, nei fluidi e nei tessuti dell’organismo. Il tipo di precursori che si accumulano dipende dall’enzima carente o non funzionale; i precursori possono essere tossici.Il test consente di diagnosticare e monitorare un gruppo di patologie definite porfirie. Esistono sette tipi di porfirie, ciascuno dei quali è associato ad una diversa carenza di enzimi. La maggior parte delle porfirie sono ereditarie, dovute alla presenza di variazioni nella sequenza di un gene. Le porfirie vengono classificate come neurologiche, cutanee o entrambe, sulla base dei segni e sintomi presenti.  Le porfirie con sintomi neurologici si presentano con attacchi acuti che possono durare per giorni o settimane. Sono caratterizzate dalla presenza di dolori addominali, costipazione, stato confusionale, allucinazioni e convulsioni. Esistono quattro tipi di porfirie neurologiche: Porfiria Acuta Intermittente (AIP), Porfiria Variegata (VP), Coproporfiria Ereditaria (HCP) e Porfiria ALA-Deidratasi Carente (ALAD), particolarmente rara. In alcuni casi di VP e di HCP possono essere presenti anche sintomi cutanei.  Le porfirie cutanee sono associate a fotosensibilità, che causa rossore, gonfiore, sensazione di bruciore, vescicole, ispessimento della pelle, iperpigmentazione ed in alcuni casi cicatrici. Esistono tre tipi di porfirie cutanee: Porfiria Cutanea Tarda (PCT), Protoporfiria (anche detta Protoporfiria Eritropoietica; EPP) e Porfiria Eritropoietica Congenita (CEP).Attualmente la comunità scientifica non concorda sull’eventualità che tutte le porfirie siano ereditarie. La porfiria cutanea tarda (PCT) può essere determinata da fattori genetici o ambientali, come l’esposizione a determinate sostanze chimiche, o dalla presenza di lesioni significative a livello epatico. Questo tipo di PCT viene definito “acquisito” o “sporadico”. Nei pazienti con PCT acquisita la patologia si sviluppa solitamente dopo i 30 anni, mentre l’esordio in età infantile è raro.

La diagnosi di queste patologie si avvale della misura delle porfirine e dei loro precursori nell’urina, nel sangue e/o nelle feci. Il test può includere la misura di uno o più dei seguenti composti:   Porfobilinogeno (PGB), un precursore della porfirina presente nell’urina – Acido delta-aminolevulinico (ALA) un precursore della porfirina presente nell’urina  – -Porfirine (uroporfirine, coproporfirine e protoporfirine) nell’urina, nelle feci e nel sangue   Alcuni laboratori specializzati possono offrire test per uno o più enzimi coinvolti. L’enzima più comunemente misurato è la porfobilinogeno deaminasi (PBG-D) negli eritrociti, utile per i pazienti affetti da porfiria acuta intermittente. Alcuni laboratori offrono test genetici per la ricerca di mutazioni di geni specifici che causano uno dei vari tipi di porfirie, ma questo test non è disponibile ovunque

Porphyrins are a group of compounds defined by their chemical structure. These compounds are by-products of heme synthesis and are normally present in low concentrations in blood and body fluids. The test measures porphyrins and their precursors in urine in blood and/or feces. The heme group is an iron-containing pigment that makes up hemoglobin and numerous other proteins. It consists of an organic moiety (protoporphyrin) binding an iron atom. Heme synthesis is a gradual process that requires the sequential action of 8 different enzymes. Deficiency of one of these enzymes disrupts that process, resulting in the accumulation of porphyrin precursors, such as uroporphyrins, coproporphyrins and protoporphyrins, in the body’s fluids and tissues. The type of precursors that accumulate depends on the deficient or non-functional enzyme; the precursors can be toxic The test allows you to diagnose and monitor a group of pathologies defined as porphyrias. There are seven types of porphyrias, each of which is associated with a different enzyme deficiency. Most porphyrias are hereditary, due to the presence of variations in the sequence of a gene. Porphyrias are classified as neurological, cutaneous, or both, based on the signs and symptoms present.    Porphyrias with neurological symptoms present with acute attacks that can last for days or weeks. They are characterized by the presence of abdominal pain, constipation, confusion, hallucinations and convulsions. There are four types of neurological porphyrias: Acute Intermittent Porphyria (AIP), Variegated Porphyria (VP), Hereditary Coproporphyria (HCP) and Porphyria ALA-Dehydratase Deficiente (ALAD), which is particularly rare. In some cases of VP and HCP, skin symptoms may also be present.  Skin porphyrias are associated with photosensitivity, which causes redness, swelling, burning sensation, blisters, thickening of the skin, hyperpigmentation and in some cases scarring. There are three types of skin porphyrias: Late Skin Porphyria (PCT), Protoporphyria (also called Erythropoietic Protoporphyria; EPP) and Congenital Erythropoietic Porphyria (CEP).Currently, the scientific community does not agree that all porphyrias are hereditary. Late cutaneous porphyria (PCT) can be determined by genetic or environmental factors, such as exposure to certain chemicals, or by the presence of significant lesions in the liver. This type of PCT is referred to as “acquired” or “sporadic”. In patients with acquired PCT, the pathology usually develops after the age of 30, while onset in childhood is rare.  The diagnosis of these pathologies makes use of the measurement of porphyrins and their precursors in urine, blood and/or feces. The test may include the measurement of one or more of the following compounds: Porphobilinogen (PGB), a precursor of porphyrin found in urine – Delta-aminolevulinic acid (ALA) a precursor of porphyrin found in urine – Porphyrins (uroporphyrins, coproporphyrins and protoporphyrins) in urine, faeces and blood Some specialized laboratories may offer tests for one or more enzymes involved. The most commonly measured enzyme is porphobilinogen deaminase (PBG-D) in erythrocytes, which is useful for patients with acute intermittent porphyria. Some laboratories offer genetic testing for mutations in specific genes that cause one of several types of porphyrias, but this test is not available everywhere

POTASSIO

Questo esame misura la concentrazione di potassio nel sangue e/o nell’urina. Il potassio è un elettrolita di vitale importanza per il metabolismo cellulare e la funzionalità muscolare, poiché coinvolto nella trasmissione dei segnali nervosi ai muscoli. Permette l’ingresso delle sostanze nutritive all’interno della cellula e la fuoriuscita dei prodotti di rifiuto all’esterno.  Gli elettroliti sono elementi o composti presenti nei tessuti e nel sangue sotto forma di particelle cariche elettricamente. Il potassio, insieme ad altri elettroliti quali sodio, cloro e bicarbonato (o CO2 totale), è implicato nel mantenimento dell’equilibrio idrico e nella stabilizzazione del livello acido- base (pH) dell’organismo. Il potassio è presente in tutti i liquidi biologici, ma si trova principalmente all’interno delle cellule. Una quantità piccola ma essenziale è presente nei fluidi all’esterno delle cellule e nella parte liquida del sangue (chiamata siero o plasma).   La maggior parte del potassio richiesto dall’organismo viene assunto con l’alimentazione. Le persone normalmente assumono un’adeguata concentrazione di potassio dalla dieta. L’organismo, dopo aver utilizzato la quota necessaria, elimina il potassio in eccesso con l’urina. I livelli di potassio nel sangue sono strettamente controllati dall’aldosterone, un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, localizzate sopra i reni. Dal momento che la concentrazione ematica è così bassa, anche piccole variazioni possono avere importanti conseguenze. Concentrazioni troppo elevate o troppo ridotte possono influenzare il ritmo cardiaco e la capacità di contrazione, causando anche gravi complicazioni, quali shock, insufficienza respiratoria, aritmie o perdita della contrattilità cardiaca.Il potassio viene utilizzato come parte del pannello elettrolitico o metabolico per identificare uno squilibrio elettrolitico o un’acidosi o alcalosi. Acidosi ed alcalosi fanno parte delle condizioni che possono determinare squilibri di pH, per la presenza di acidi o basi in eccesso nel sangue. Questo squilibrio è solitamente riconducibile alla presenza di ulteriori patologie o condizioni.  I farmaci anticorpali che inibiscono il check-point PD-1/PD-L1 sono in grado di bloccare o rallentare la crescita di tumori quali melanoma, tumore polmonare non a piccole cellule, tumore ai reni, alla vescica, al testa-collo e linfoma di Hodgkin. Inoltre, l’immunoterapia è tuttora in fase di studio per il trattamento di altri tipi di cancro.

This test measures the concentration of potassium in the blood and/or urine. Potassium is an electrolyte of vital importance for cellular metabolism and muscle function, as it is involved in the transmission of nerve signals to muscles. It allows nutrients to enter the cell and waste products to escape outside.  Electrolytes are elements or compounds present in tissues and blood in the form of electrically charged particles. Potassium, together with other electrolytes such as sodium, chlorine and bicarbonate (or total CO2), is implicated in maintaining water balance and stabilizing the acid-base (pH) level of the body. Potassium is present in all biological liquids, but is found primarily within cells. A small but essential amount is present in the fluids outside the cells and in the liquid part of the blood (called serum or plasma).  Most of the potassium required by the body is taken in with food. People normally get an adequate concentration of potassium from their diet. The body, after using the necessary quota, eliminates excess potassium with urine. Blood potassium levels are tightly controlled by aldosterone, a hormone produced by the adrenal glands, located above the kidneys. Since the blood concentration is so low, even small changes can have important consequences. Concentrations that are too high or too low can affect your heart rhythm and ability to contract, also causing serious complications, such as shock, respiratory failure, arrhythmias, or loss of cardiac contractility Potassium is used as part of the electrolyte or metabolic panel to identify an electrolyte imbalance or acidosis or alkalosis. Acidosis and alkalosis are part of the conditions that can cause pH imbalances due to the presence of excess acids or bases in the blood. This imbalance is usually attributable to the presence of further pathologies or conditions.    Antibody drugs that inhibit the PD-1/PD-L1 checkpoint are able to block or slow the growth of tumors such as melanoma, non-small cell lung cancer, kidney, bladder, head and neck cancer and lymphoma of Hodgkin. In addition, immunotherapy is still being studied for the treatment of other types of cancer.

POTASSIO URINARIO

Questo esame misura la concentrazione di potassio nel sangue e/o nell’urina. Il potassio è un elettrolita di vitale importanza per il metabolismo cellulare e la funzionalità muscolare, poiché coinvolto nella trasmissione dei segnali nervosi ai muscoli. Permette l’ingresso delle sostanze nutritive all’interno della cellula e la fuoriuscita dei prodotti di rifiuto all’esterno.  Gli elettroliti sono elementi o composti presenti nei tessuti e nel sangue sotto forma di particelle cariche elettricamente. Il potassio, insieme ad altri elettroliti quali sodio, cloro e bicarbonato (o CO2 totale), è implicato nel mantenimento dell’equilibrio idrico e nella stabilizzazione del livello acido- base (pH) dell’organismo. Il potassio è presente in tutti i liquidi biologici, ma si trova principalmente all’interno delle cellule. Una quantità piccola ma essenziale è presente nei fluidi all’esterno delle cellule e nella parte liquida del sangue (chiamata siero o plasma).   La maggior parte del potassio richiesto dall’organismo viene assunto con l’alimentazione. Le persone normalmente assumono un’adeguata concentrazione di potassio dalla dieta. L’organismo, dopo aver utilizzato la quota necessaria, elimina il potassio in eccesso con l’urina. I livelli di potassio nel sangue sono strettamente controllati dall’aldosterone, un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, localizzate sopra i reni. Dal momento che la concentrazione ematica è così bassa, anche piccole variazioni possono avere importanti conseguenze. Concentrazioni troppo elevate o troppo ridotte possono influenzare il ritmo cardiaco e la capacità di contrazione, causando anche gravi complicazioni, quali shock, insufficienza respiratoria, aritmie o perdita della contrattilità cardiaca.Il potassio viene utilizzato come parte del pannello elettrolitico o metabolico per identificare uno squilibrio elettrolitico o un’acidosi o alcalosi. Acidosi ed alcalosi fanno parte delle condizioni che possono determinare squilibri di pH, per la presenza di acidi o basi in eccesso nel sangue. Questo squilibrio è solitamente riconducibile alla presenza di ulteriori patologie o condizioni.  I farmaci anticorpali che inibiscono il check-point PD-1/PD-L1 sono in grado di bloccare o rallentare la crescita di tumori quali melanoma, tumore polmonare non a piccole cellule, tumore ai reni, alla vescica, al testa-collo e linfoma di Hodgkin. Inoltre, l’immunoterapia è tuttora in fase di studio per il trattamento di altri tipi di cancro.

This test measures the concentration of potassium in the blood and/or urine. Potassium is an electrolyte of vital importance for cellular metabolism and muscle function, as it is involved in the transmission of nerve signals to muscles. It allows nutrients to enter the cell and waste products to escape outside.  Electrolytes are elements or compounds present in tissues and blood in the form of electrically charged particles. Potassium, together with other electrolytes such as sodium, chlorine and bicarbonate (or total CO2), is implicated in maintaining water balance and stabilizing the acid-base (pH) level of the body. Potassium is present in all biological liquids, but is found primarily within cells. A small but essential amount is present in the fluids outside the cells and in the liquid part of the blood (called serum or plasma).  Most of the potassium required by the body is taken in with food. People normally get an adequate concentration of potassium from their diet. The body, after using the necessary quota, eliminates excess potassium with urine. Blood potassium levels are tightly controlled by aldosterone, a hormone produced by the adrenal glands, located above the kidneys. Since the blood concentration is so low, even small changes can have important consequences. Concentrations that are too high or too low can affect your heart rhythm and ability to contract, also causing serious complications, such as shock, respiratory failure, arrhythmias, or loss of cardiac contractility Potassium is used as part of the electrolyte or metabolic panel to identify an electrolyte imbalance or acidosis or alkalosis. Acidosis and alkalosis are part of the conditions that can cause pH imbalances due to the presence of excess acids or bases in the blood. This imbalance is usually attributable to the presence of further pathologies or conditions.    Antibody drugs that inhibit the PD-1/PD-L1 checkpoint are able to block or slow the growth of tumors such as melanoma, non-small cell lung cancer, kidney, bladder, head and neck cancer and lymphoma of Hodgkin. In addition, immunotherapy is still being studied for the treatment of other types of cancer.

PROGESTERONE

Il progesterone è un ormone implicato nella preparazione dell’organismo femminile alla gravidanza ed esplica il suo ruolo in associazione ad altri ormoni femminili. Questo esame misura la concentrazione di progesterone nel sangue.   Ogni mese, gli ormoni estrogeni provocano la crescita e la rigenerazione del rivestimento uterino, l’endometrio, mentre il picco dell’ormone luteinizzante (LH) consente il rilascio della cellula uovo da una delle due ovaie. Nella sede in cui l’ovulo è stato rilasciato, si forma il corpo luteo che produce progesterone. Il progesterone prodotto, insieme a quello proveniente, in piccola quantità, anche dalle ghiandole surrenali, ferma la crescita dell’endometrio e rende l’utero pronto al possibile impianto dell’ovocita fecondato.  In caso di mancata fecondazione, il corpo luteo degenera, la concentrazione di progesterone diminuisce e inizia il sanguinamento mestruale. Se l’ovulo fecondato si impianta nell’utero, il corpo luteo continua a produrre progesterone e il trofoblasto, che si forma dall’ovulo fecondato, produce gonadotropina corionica umana (hCG). Dopo alcune settimane, la placenta rimpiazza il corpo luteo come fonte di progesterone, producendone una quantità relativamente alta durante tutto il resto della gravidanza fisiologica.  Il progesterone è prodotto nei maschi ma in quantità molto più scarse ed è implicato nella produzione dello sperma.

Progesterone is a hormone implicated in the preparation of the female body for pregnancy and plays its role in association with other female hormones. This test measures the concentration of progesterone in the blood.   Each month, estrogen hormones cause the growth and regeneration of the uterine lining, the endometrium, while the luteinizing hormone (LH) spike allows the egg cell to be released from one of the two ovaries. At the site where the egg was released, the progesterone-producing corpus luteum is formed. The progesterone produced, together with that coming, in small quantities, also from the adrenal glands, stops the growth of the endometrium and makes the uterus ready for the possible implantation of the fertilized oocyte.    In case of failure to fertilize, the corpus luteum degenerates, the concentration of progesterone decreases and menstrual bleeding begins. If the fertilized egg implants in the uterus, the corpus luteum continues to produce progesterone, and the trophoblast, which forms from the fertilized egg, produces human chorionic gonadotropin (hCG). After a few weeks, the placenta replaces the corpus luteum as a source of progesterone, producing a relatively high amount throughout the rest of the physiological pregnancy.  Progesterone is produced in males but in much smaller quantities and is involved in sperm production.

PROLATTINA (LTH -PRL)

La prolattina è un ormone che svolge un ruolo fondamentale nella promozione della produzione di latte da parte delle ghiandole mammarie ed è normalmente elevato in gravidanza e durante il puerperio. Nelle donne non in gravidanza e negli uomini è normalmente presente in quantità limitata. Questo esame misura la quantità di prolattina nel sangue.  La prolattina è prodotta dalla porzione anteriore della ghiandola pituitaria (ipofisi), un organo delle dimensioni di un chicco d’uva, e la sua secrezione è regolata dalla dopamina e dagli estrogeni. Durante la gravidanza lo sviluppo delle ghiandole mammarie viene stimolato dalla secrezione di prolattina, estrogeni e progesterone. Dopo il parto, la prolattina promuove e stimola il mantenimento della produzione di latte. Nelle donne che non allattano al seno, i livelli di prolattina diminuiscono in tempi brevi fino al raggiungimento dei livelli presenti prima della gravidanza. Durante l’allattamento invece la suzione del neonato stimola la produzione di prolattina e quindi di latte materno. Esiste infatti un meccanismo a feedback tra la frequenza dell’allattamento e la produzione di prolattina e di latte.   Il prolattinoma, un tumore dell’ipofisi generalmente benigno, è una delle cause più frequenti di innalzamento non fisiologico dei livelli di prolattina. Sebbene sia più frequente nelle donne, può interessare anche gli uomini. Alcuni sintomi, come la produzione di latte in una donna non in gravidanza o in allattamento o più raramente nell’uomo (galattorrea), possono essere la conseguenza dell’eccesso di prolattina, altri sintomi possono essere dovuti alla dimensione e/o alla posizione del tumore.  La massa tumorale può insistere sul nervo ottico causando mal di testa e disturbi della vista oltre che interferire con la produzione degli altri ormoni ipofisari. Nelle donne, il prolattinoma può essere responsabile dell’infertilità e dell’irregolarità del ciclo mestruale mentre negli uomini può determinare una perdita progressiva della libido. Se non trattato, il prolattinoma può danneggiare i tessuti circostanti.

Prolactin is a hormone that plays a fundamental role in promoting milk production by the mammary glands and is normally elevated during pregnancy and during the puerperium. In non-pregnant women and men it is normally present in limited quantities. This test measures the amount of prolactin in the blood.  Prolactin is produced by the anterior portion of the pituitary gland (pituitary gland), a grape-sized organ, and its secretion is regulated by dopamine and estrogen. During pregnancy, the development of the mammary glands is stimulated by the secretion of prolactin, estrogen and progesterone. After giving birth, prolactin promotes and stimulates the maintenance of milk production. In women who are not breastfeeding, prolactin levels decrease quickly until they reach the levels present before pregnancy. During breastfeeding, however, sucking the newborn stimulates the production of prolactin and therefore breast milk. In fact, there is a feedback mechanism between the frequency of breastfeeding and the production of prolactin and milk.    Prolactinoma, a generally benign pituitary tumor, is one of the most frequent causes of non-physiological elevations in prolactin levels. Although it is more common in women, it can also affect men. Some symptoms, such as milk production in a non-pregnant or lactating woman or more rarely in humans (galactorrhea), may be the consequence of excess prolactin, other symptoms may be due to the size and/or location of the tumor.  The tumor mass can insist on the optic nerve causing headaches and vision disorders as well as interfering with the production of other pituitary hormones. In women, prolactinoma may be responsible for infertility and irregularity of the menstrual cycle while in men it may result in progressive loss of libido. If left untreated, prolactinoma can damage surrounding tissues.

PROTEINA C ATTIVATA, RESISTENZA ALLA

Le mutazioni del fattore V Leiden e della protrombina 20210 (PT 20210) sono associate ad un rischio aumentato di trombosi. La ricerca di queste mutazioni è possibile tramite l’esecuzione di due esami separati, in grado di ricercare le alterazioni del DNA specifiche, ma richiesti in parallelo, al fine di stimare il rischio trombotico complessivo dell’individuo.  Il fattore V e la protrombina sono due fattori della coagulazione, ossia due delle proteine essenziali per la corretta formazione del coagulo. Qualsiasi evento in grado di provocare un danno ai tessuti e quindi un sanguinamento, innesca un complesso processo chiamato emostasi responsabile della formazione di un “tappo” in corrispondenza dell’area danneggiata e quindi dell’interruzione del sanguinamento. Nella prima fase del processo, le piastrine aderiscono all’area danneggiata aggregandosi; nella seconda fase, i fattori della coagulazione vengono attivati progressivamente tramite un meccanismo a cascata che culmina con la formazione del coagulo. Il coagulo si dissolve solo in seguito alla completa guarigione del tessuto danneggiato.   Per la corretta formazione e successiva dissoluzione del coagulo, devono essere presenti tutti i fattori della coagulazione, in quantità adeguata e devono essere funzionali. Una carenza quantitativa o funzionale dei fattori della coagulazione, può portare ad alterazioni nell’emostasi.    Le mutazioni del fattore V Leiden e della PT20210 della protrombina, sono ereditarie e in grado di aumentare il rischio di trombosi. Si tratta di mutazioni ereditate con meccanismi autosomici dominanti (è sufficiente una sola copia del gene alterato per la manifestazione del fenotipo): è possibile ereditare una copia (eterozigote) o due copie (omozigote) del gene mutato, con conseguenze di diversa entità.  Queste due mutazioni sono indipendenti e vengono testate con due esami separati, anche se, di solito, eseguiti nello stesso momento come parte degli approfondimenti richiesti in seguito ad un episodio trombotico in individui sospettati di avere una predisposizione genetica ereditaria per i  disordini della coagulazione. Ciascun test è utilizzato per rilevare la presenza di specifiche mutazioni e se queste sono presenti in una copia (eterozigote) o due copie (omozigote).   Durante l’emostasi, il fattore V è normalmente inattivato da una proteina chiamata proteina C attivata (APC), responsabile della prevenzione della formazione di coaguli troppo grossi. La mutazione genica del fattore V Leiden può portare alla formazione di un fattore V in grado di resistere all’inattivazione da parte di APC. Come conseguenza, il processo coagulativo rimane più attivo del normale, aumentando il rischio di formazione di trombosi venose profonde (TVP) o di rottura del coagulo e blocco di una vena (tromboembolismo venoso o TEV).Durante il normale processo coagulativo, un enzima converte la protrombina in trombina. La mutazione, a carico del gene che codifica per la protrombina, chiamata PT20210, può provocare un’aumentata concentrazione di protrombina, la formazione anomala di coaguli e l’aumento del rischio di TVP o TEV.

Factor V Leiden and prothrombin 20210 (PT 20210) mutations are associated with an increased risk of thrombosis. The search for these mutations is possible through the performance of two separate tests, capable of searching for specific DNA alterations, but required in parallel, in order to estimate the overall thrombotic risk of the individual.  Factor V and prothrombin are two coagulation factors, i.e. two of the proteins essential for the correct formation of the clot. Any event capable of causing tissue damage and therefore bleeding triggers a complex process called hemostasis responsible for the formation of a “plug” at the damaged area and thus stopping the bleeding. In the first stage of the process, platelets adhere to the damaged area by aggregating; in the second stage, coagulation factors are progressively activated via a cascade mechanism that culminates in clot formation. The clot dissolves only following complete healing of the damaged tissue.    For the correct formation and subsequent dissolution of the clot, all coagulation factors must be present, in adequate quantities and must be functional. A quantitative or functional deficiency of coagulation factors can lead to alterations in hemostasis.    Mutations in factor V Leiden and PT20210 in prothrombin are hereditary and capable of increasing the risk of thrombosis. These are mutations inherited with autosomal dominant mechanisms (only one copy of the altered gene is sufficient for the manifestation of the phenotype): it is possible to inherit one copy (heterozygous) or two copies (homozygous) of the mutated gene, with consequences of different magnitudes.  These two mutations are independent and are tested with two separate tests, although usually performed at the same time as part of the investigatDuring hemostasis, factor V is normally inactivated by a protein called activated protein C (APC), which is responsible for preventing the formation of clots that are too large. Gene mutation of factor V Leiden can lead to the formation of a factor V that can resist inactivation by APC. As a result, the clotting process remains more active than normal, increasing the risk of deep vein thrombosis (DVT) formation or clot rupture and blockage of a vein (venous thromboembolism or VTE).During the normal coagulation process, an enzyme converts prothrombin into thrombin. The mutation, in the gene encoding prothrombin, called PT20210, can result in an increased concentration of prothrombin, abnormal clot formation, and increased risk of DVT or VTE.ions required following a thrombotic episode in individuals suspected of having an inherited genetic predisposition for coagulation disorders. Each test is used to detect the presence of specific mutations and whether they are present in one copy (heterozygous) or two copies (homozygous).   

PROTEINA C REATTIVA (PCR)

La proteina C reattiva (PCR) è una proteina di fase acuta, prodotta dal fegato e rilasciata in circolo in seguito ad infiammazione. L’esame della PCR misura la quantità di proteina nel sangue, al fine di rilevare uno stato infiammatorio o monitorare la progressione di una malattia infiammatoria cronica.Si tratta di un indicatore aspecifico d’infiammazione: può essere rilasciata in circolo entro poche ore da un danno tissutale, dall’inizio dell’infezione o dall’insorgere di altre cause di infiammazione. Un aumento importante si osserva, ad esempio, dopo un trauma o un attacco cardiaco, in presenza di patologie autoimmuni oppure in presenza di un’infezione batterica grave come la sepsi. La concentrazione di PCR può aumentare anche di centinaia di volte in risposta ad una patologia infiammatoria. L’aumento della proteina nel sangue può precedere dolore, febbre o altri indicatori clinici.   La PCR non è diagnostica, ma fornisce informazioni al clinico circa l’eventuale presenza o assenza di uno stato infiammatorio e della sua gravità, senza tuttavia indicarne la sede o la causa. Questa informazione può essere usata insieme ad altri dati, come i segni e sintomi, la valutazione dello stato clinico o altri esami, per la diagnosi di una patologia infiammatoria acuta o di una riacutizzazione di una malattia infiammatoria cronica

C-reactive protein (PCR) is an acute phase protein, produced by the liver and released into the circulation following inflammation. The PCR test measures the amount of protein in the blood, in order to detect an inflammatory state or monitor the progression of a chronic inflammatory disease. This is a nonspecific indicator of inflammation: it can be released into the circulation within a few hours of tissue damage, from the onset of infection or from the onset of other causes of inflammation. A major increase is observed, for example, after trauma or a heart attack, in the presence of autoimmune diseases or in the presence of a serious bacterial infection such as sepsis. The concentration of CRP can increase hundreds of times in response to an inflammatory pathology. Increased protein in the blood may precede pain, fever, or other clinical indicators.   PCR is not diagnostic, but provides information to the clinician about the possible presence or absence of an inflammatory state and its severity, without however indicating its location or cause. This information can be used in conjunction with other data, such as signs and symptoms, clinical status assessment, or other tests, to diagnose an acute inflammatory condition or a flare-up of a chronic inflammatory disease

PROTEINE TOTALI

Il test delle proteine urinarie determina e/o misura le proteine escrete nell’urina. Le proteine normalmente non sono presenti nell’urina, se non a causa di infezioni o stress. Se la loro presenza è persistente, è possibile che sia presenta un danno renale.Normalmente l’eliminazione delle proteine urinarie è inferiore a 150 mg/die, mentre i valori di albumina urinaria non dovrebbero superare i 30 mg/die. Livelli elevati di proteinuria possono essere presenti temporaneamente, in condizioni quali infezioni, stress, gravidanza, dieta, esposizione al freddo o esercizio fisico intenso, o permanentemente, in presenza di danno renale o di altre condizioni. Per determinare la causa alla base di tali condizioni cliniche occorre eseguire ulteriori esami di approfondimento.  Esistono diversi tipi di esami per misurare le proteine urinarie, quali:

  • Misurazione semi-quantitativa mediante strisce reattive (dipstick), eseguita come parte dell’analisi dell’urina, solitamente su un campione estemporaneo di urina
  • La quantità di proteine in un campione di urina delle 24 ore può essere misurata e riportata come quantità di proteine escrete nelle 24 ore
  • La quantità di proteine in un campione estemporaneo di urina può essere misurata insieme alla creatinina urinaria e riportata come rapporto proteinuria/creatinuria (UP/CR)

La creatinina è un prodotto del metabolismo muscolare ed è normalmente escreta nell’urina ad un ritmo costante. Il rapporto proteine/creatinina, ottenuto dalla misurazione della creatinina urinaria e delle proteine urinarie su un campione estemporaneo di urina, ha un’accuratezza paragonabile alla misura della proteinuria tramite raccolta delle urine delle 24 ore, la quale risulta può difficoltosa da eseguire, soprattutto in caso di bambini e neonati. Pertanto, il campione estemporaneo viene spesso utilizzato come valida alternativa. Le proteine plasmatiche sono essenziali per la sopravvivenza dell’organismo. I reni, una coppia di organi localizzati nella parte inferiore della gabbia toracica al lato sinistro e destro della schiena, sono deputati alla filtrazione del sangue. Essi riassorbono le proteine dal sangue e rimuovo  no i prodotti di scarto dall’organismo sotto forma di urina. Quando i reni funzionano correttamente trattengono o riassorbono le proteine filtrate, che tornano in circolo.     Al contrario, la presenza di danno renale compromette la filtrazione, con conseguente aumento della proteinuria.   Le strisce reattive utilizzate routinariamente nei laboratori di analisi rilevano la presenza di albumina. L’albumina, una proteina prodotta dal fegato, costituisce circa il 50-60% delle proteine del sangue. La restante parte è composta da globuline, incluse le immunoglobuline. Al progredire del danno renale, la quantità di albumina nell’urina aumenta. L’albumina è una delle prime proteine ad essere rilevata nell’urina in presenza di patologie renali.   La proteinuria è un fenomeno frequentemente osservabile in corso di patologie croniche, quali diabete e ipertensione, nel corso delle quali l’aumento della concentrazione delle proteine nell’urina riflette l’aumento del danno renale. Soggetti con danno renale in fase precoce sono spesso asintomatici. Al progredire del danno, o se la perdita di proteine è grave, è possibile sviluppare sintomi quali edema, respiro affannoso, nausea e affaticamento. Anche l’eccessiva produzione di proteine, associata a patologie quali mieloma multiplo, linfoma e amiloidosi, può causare proteinuria.   La presenza di albuminuria è un indicatore precoce di patologie renali in pazienti affetti da diabete e ipertensione; pertanto, in questi casi, è raccomandata la misurazione dell’albumina nell’urina invece delle proteine totali urinarie (per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo Albumina urinaria e rapporto albumina/creatinina).

Urinary protein testing determines and/or measures proteins excreted in urine. Protein is not normally present in urine, except due to infection or stress. If their presence is persistent, it is possible that it presents renal damage Normally the elimination of urinary proteins is less than 150 mg/day, while urinary albumin values should not exceed 30 mg/day. Elevated levels of proteinuria may be present temporarily, in conditions such as infection, stress, pregnancy, diet, exposure to cold or strenuous exercise, or permanently, in the presence of kidney damage or other conditions. To determine the underlying cause of these clinical conditions, further in-depth tests must be performed.  There are different types of tests to measure urinary proteins, such as:  Semi-quantitative measurement using test strips (dipsticks), performed as part of urine analysis, usually on an extemporaneous urine sample  The amount of protein in a 24-hour urine sample can be measured and reported as the amount of protein excreted in the 24 hours  The amount of protein in an extemporaneous urine sample can be measured together with urinary creatinine and reported as a proteinuria/creatinuria (UP/CR) ratio. Creatinine is a product of muscle metabolism and is normally excreted in urine at a constant rate. The protein/creatinine ratio, obtained from the measurement of urinary creatinine and urinary proteins on an extemporaneous urine sample, has an accuracy comparable to the measurement of proteinuria via 24-hour urine collection, which can be difficult to perform, especially in case of children and infants. Therefore, the extemporaneous sample is often used as a valid alternative. Plasma proteins are essential for the survival of the body. The kidneys, a pair of organs located in the lower part of the rib cage on In contrast, the presence of kidney damage impairs filtration, resulting in increased proteinuria.   Test strips used routinely in testing laboratories detect the presence of albumin. Albumin, a protein produced by the liver, makes up about 50 to 60 percent of blood protein. The remainder is made up of globulins, including immunoglobulins. As kidney damage progresses, the amount of albumin in the urine increases. Albumin is one of the first proteins to be detected in urine in the presence of kidney disease.   Proteinuria is a frequently observable phenomenon during chronic conditions, such as diabetes and hypertension, during which the increase in protein concentration in urine reflects the increase in kidney damage. Subjects with early renal damage are often asymptomatic. As the damage progresses, or if the loss of protein is severe, you may develop symptoms such as edema, shortness of breath, nausea, and fatigue. Excessive protein production, associated with conditions such as multiple myeloma, lymphoma and amyloidosis, can also cause proteinuria.   The presence of albuminuria is an early indicator of kidney disease in patients with diabetes and hypertension; therefore, in these cases, measurement of albumin in urine instead of total urinary protein is recommended (for more information about this, see the article Urinary albumin and albumin/creatinine ratio). the left and right side of the back, are responsible for filtering blood. They reabsorb proteins from the blood and remove waste products from the body in the form of urine. When the kidneys work properly they retain or reabsorb the filtered proteins, which return to circulation.  

 

PROTEINURIA

Il test delle proteine urinarie determina e/o misura le proteine escrete nell’urina. Le proteine normalmente non sono presenti nell’urina, se non a causa di infezioni o stress. Se la loro presenza è persistente, è possibile che sia presenta un danno renale.Normalmente l’eliminazione delle proteine urinarie è inferiore a 150 mg/die, mentre i valori di albumina urinaria non dovrebbero superare i 30 mg/die. Livelli elevati di proteinuria possono essere presenti temporaneamente, in condizioni quali infezioni, stress, gravidanza, dieta, esposizione al freddo o esercizio fisico intenso, o permanentemente, in presenza di danno renale o di altre condizioni. Per determinare la causa alla base di tali condizioni cliniche occorre eseguire ulteriori esami di approfondimento.  Esistono diversi tipi di esami per misurare le proteine urinarie, quali:

  • Misurazione semi-quantitativa mediante strisce reattive (dipstick), eseguita come parte dell’analisi dell’urina, solitamente su un campione estemporaneo di urina
  • La quantità di proteine in un campione di urina delle 24 ore può essere misurata e riportata come quantità di proteine escrete nelle 24 ore
  • La quantità di proteine in un campione estemporaneo di urina può essere misurata insieme alla creatinina urinaria e riportata come rapporto proteinuria/creatinuria (UP/CR)

La creatinina è un prodotto del metabolismo muscolare ed è normalmente escreta nell’urina ad un ritmo costante. Il rapporto proteine/creatinina, ottenuto dalla misurazione della creatinina urinaria e delle proteine urinarie su un campione estemporaneo di urina, ha un’accuratezza paragonabile alla misura della proteinuria tramite raccolta delle urine delle 24 ore, la quale risulta può difficoltosa da eseguire, soprattutto in caso di bambini e neonati. Pertanto, il campione estemporaneo viene spesso utilizzato come valida alternativa. Le proteine plasmatiche sono essenziali per la sopravvivenza dell’organismo. I reni, una coppia di organi localizzati nella parte inferiore della gabbia toracica al lato sinistro e destro della schiena, sono deputati alla filtrazione del sangue. Essi riassorbono le proteine dal sangue e rimuovo  no i prodotti di scarto dall’organismo sotto forma di urina. Quando i reni funzionano correttamente trattengono o riassorbono le proteine filtrate, che tornano in circolo.     Al contrario, la presenza di danno renale compromette la filtrazione, con conseguente aumento della proteinuria.   Le strisce reattive utilizzate routinariamente nei laboratori di analisi rilevano la presenza di albumina. L’albumina, una proteina prodotta dal fegato, costituisce circa il 50-60% delle proteine del sangue. La restante parte è composta da globuline, incluse le immunoglobuline. Al progredire del danno renale, la quantità di albumina nell’urina aumenta. L’albumina è una delle prime proteine ad essere rilevata nell’urina in presenza di patologie renali.   La proteinuria è un fenomeno frequentemente osservabile in corso di patologie croniche, quali diabete e ipertensione, nel corso delle quali l’aumento della concentrazione delle proteine nell’urina riflette l’aumento del danno renale. Soggetti con danno renale in fase precoce sono spesso asintomatici. Al progredire del danno, o se la perdita di proteine è grave, è possibile sviluppare sintomi quali edema, respiro affannoso, nausea e affaticamento. Anche l’eccessiva produzione di proteine, associata a patologie quali mieloma multiplo, linfoma e amiloidosi, può causare proteinuria.   La presenza di albuminuria è un indicatore precoce di patologie renali in pazienti affetti da diabete e ipertensione; pertanto, in questi casi, è raccomandata la misurazione dell’albumina nell’urina invece delle proteine totali urinarie (per maggiori informazioni a riguardo, consultare l’articolo Albumina urinaria e rapporto albumina/creatinina).

 

Urinary protein testing determines and/or measures proteins excreted in urine. Protein is not normally present in urine, except due to infection or stress. If their presence is persistent, it is possible that it presents renal damage Normally the elimination of urinary proteins is less than 150 mg/day, while urinary albumin values should not exceed 30 mg/day. Elevated levels of proteinuria may be present temporarily, in conditions such as infection, stress, pregnancy, diet, exposure to cold or strenuous exercise, or permanently, in the presence of kidney damage or other conditions. To determine the underlying cause of these clinical conditions, further in-depth tests must be performed.  There are different types of tests to measure urinary proteins, such as:  Semi-quantitative measurement using test strips (dipsticks), performed as part of urine analysis, usually on an extemporaneous urine sample  The amount of protein in a 24-hour urine sample can be measured and reported as the amount of protein excreted in the 24 hours  The amount of protein in an extemporaneous urine sample can be measured together with urinary creatinine and reported as a proteinuria/creatinuria (UP/CR) ratio. Creatinine is a product of muscle metabolism and is normally excreted in urine at a constant rate. The protein/creatinine ratio, obtained from the measurement of urinary creatinine and urinary proteins on an extemporaneous urine sample, has an accuracy comparable to the measurement of proteinuria via 24-hour urine collection, which can be difficult to perform, especially in case of children and infants. Therefore, the extemporaneous sample is often used as a valid alternative. Plasma proteins are essential for the survival of the body. The kidneys, a pair of organs located in the lower part of the rib cage on In contrast, the presence of kidney damage impairs filtration, resulting in increased proteinuria.   Test strips used routinely in testing laboratories detect the presence of albumin. Albumin, a protein produced by the liver, makes up about 50 to 60 percent of blood protein. The remainder is made up of globulins, including immunoglobulins. As kidney damage progresses, the amount of albumin in the urine increases. Albumin is one of the first proteins to be detected in urine in the presence of kidney disease.   Proteinuria is a frequently observable phenomenon during chronic conditions, such as diabetes and hypertension, during which the increase in protein concentration in urine reflects the increase in kidney damage. Subjects with early renal damage are often asymptomatic. As the damage progresses, or if the loss of protein is severe, you may develop symptoms such as edema, shortness of breath, nausea, and fatigue. Excessive protein production, associated with conditions such as multiple myeloma, lymphoma and amyloidosis, can also cause proteinuria.   The presence of albuminuria is an early indicator of kidney disease in patients with diabetes and hypertension; therefore, in these cases, measurement of albumin in urine instead of total urinary protein is recommended (for more information about this, see the article Urinary albumin and albumin/creatinine ratio). the left and right side of the back, are responsible for filtering blood. They reabsorb proteins from the blood and remove waste products from the body in the form of urine. When the kidneys work properly they retain or reabsorb the filtered proteins, which return to circulation.  

PROTEINURIA BENCE JONES

La proteinuria di Bence Jones è una condizione clinica che riveste particolare importanza nella diagnosi e nel monitoraggio di alcune patologie, in particolare quelle ematologiche. Si manifesta con la presenza di catene leggere monoclonali di immunoglobuline nelle urine. Queste catene leggere, prodotte in eccesso da cloni di plasmacellule anomale, sfuggono al riassorbimento renale e vengono quindi escrete nell’urina. Comprendere il significato, la diagnosi e l’importanza di questa condizione è fondamentale per una corretta gestione clinica del paziente.  Le proteine di Bence Jones sono frammenti di immunoglobuline, specificamente le catene leggere, prodotte in quantità eccessiva da plasmacellule monoclonali. Le immunoglobuline, o anticorpi, sono proteine complesse composte da due catene pesanti e due catene leggere. In condizioni normali, le plasmacellule producono una varietà di immunoglobuline con diverse catene leggere (kappa e lambda) per combattere un’ampia gamma di antigeni. Tuttavia, in alcune patologie, un singolo clone di plasmacellule può proliferare in modo incontrollato, producendo un’eccessiva quantità di una singola catena leggera (monoclonale). Queste catene leggere in eccesso, non legate alle catene pesanti, vengono rilasciate nel flusso sanguigno.  Il rene svolge un ruolo cruciale nel filtrare il sangue e riassorbire le proteine essenziali. Le proteine di Bence Jones, a causa delle loro dimensioni ridotte, possono passare attraverso i glomeruli renali, le unità filtranti del rene. In condizioni normali, la maggior parte delle proteine filtrate viene riassorbita dai tubuli renali. Tuttavia, quando la produzione di catene leggere è eccessiva, la capacità di riassorbimento dei tubuli renali viene superata, e le proteine di Bence Jones vengono escrete nelle urine, dando origine alla proteinuria di Bence Jones.

Bence Jones proteinuria is a clinical condition that is of particular importance in the diagnosis and monitoring of some pathologies, in particular hematological ones. It manifests itself with the presence of monoclonal light chains of immunoglobulins in the urine. These light chains, produced in excess by clones of abnormal plasma cells, escape renal reabsorption and are then excreted in the urine. Understanding the meaning, diagnosis and importance of this condition is fundamental for correct clinical management of the patient.  What are Bence Jones Proteins?
Bence Jones proteins are fragments of immunoglobulins, specifically light chains, produced in excessive quantities by monoclonal plasma cells. Immunoglobulins, or antibodies, are complex proteins composed of two heavy chains and two light chains. Under normal conditions, plasma cells produce a variety of immunoglobulins with different light chains (kappa and lambda) to combat a wide range of antigens. However, in some pathologies, a single plasma cell clone can proliferate uncontrollably, producing an excessive amount of a single light (monoclonal) chain. These excess light chains, not bound to the heavy chains, are released into the bloodstream.  The Pathophysiological Mechanism  The kidney plays a crucial role in filtering the blood and reabsorbing essential proteins. Bence Jones proteins, due to their small size, can pass through the renal glomeruli, the filtering units of the kidney. Under normal conditions, most filtered proteins are reabsorbed by the renal tubules. However, when the production of light chains is excessive, the reabsorption capacity of the renal tubules is exceeded, and Bence Jones proteins are excreted in the urine, giving rise to Bence Jones proteinuria.

PSA FREE

Questo esame misura la quantità di antigene prostatico specifico (PSA) nel sangue. Il PSA è una proteina prodotta dalle cellule della prostata, una piccola ghiandola che circonda l’uretra negli uomini e produce il liquido prostatico che contribuisce alla formazione del liquido seminale. La maggior parte del PSA prodotto dalla prostata è rilasciato nel liquido seminale, ma piccole quantità vengono liberate anche nel circolo ematico. Il PSA è presente nel sangue in due forme: complessato (cPSA, legato ad altre proteine) e libero (fPSA, non legato ad altre proteine). Il test del PSA usato più frequentemente è il PSA totale, che misura la somma delle concentrazioni della maggior parte delle forme di PSA complessato e di quello libero.   Il PSA può essere utilizzato per lo screening, la diagnosi e il monitoraggio del cancro alla prostata. Si parla di screening quando il test viene fatto su uomini asintomatici, mentre la diagnosi si riferisce a uomini con sintomi associabili a patologie della prostata. L’obiettivo dello screening è individuare il cancro quando è ancora iniziale e confinato alla prostata. La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che lo screening dovrebbe essere effettuato su uomini asintomatici con una attesa di vita di almeno 10 anni in buone condizioni generali e solo dopo un’approfondita discussione con il medico curante su benefici e rischi di una diagnosi precoce. L’esecuzione del PSA a scopo di screening deve quindi essere una decisione condivisa fra medico e paziente. Livelli ematici elevati di PSA sono associati al cancro alla prostata, ma possono anche essere osservati nella malattia infiammatoria della prostata (prostatite) e nell’iperplasia prostatica benigna (IPB). I livelli di PSA tendono ad aumentare con l’avanzare dell’età in tutti gli uomini. I soggetti di origini africane possono avere livelli più alti anche in età più precoce.       Il PSA non consente di diagnosticare il cancro della prostata. Infatti, l’esame per porre la diagnosi è la biopsia, che consiste il prelievo, mediante un ago, di una piccola quantità di tessuto prostatico su cui viene eseguito l’esame istologico. La biopsia comporta il rischio di complicazioni come dolore, febbre, sangue nelle urine o infezione del tratto urinario (Leggere l’articolo su Anatomia Patologica per ulteriori informazioni sulle biopsie). Sia il PSA totale che l’esplorazione rettale sono utilizzati per valutare la necessità di una biopsia prostatica. Un PSA elevato può essere seguito da una biopsia. Bisogna però ricordare che livelli di PSA normali non escludono la presenza di un tumore della prostata.Quando la presenza di un cancro alla prostata è confermata dalla biopsia, deve essere presa una decisione circa la terapia. Il tumore della prostata è relativamente comune negli uomini con l’avanzare dell’età, e molti dei tumori della prostata, se non la maggior parte, sono a lenta crescita; questi tumori raramente provocano la morte del paziente a potrebbero anche non causare mai sintomi. Il PSA e l’esplorazione rettale non permettono, in generale, di prevedere la velocità di crescita e il decorso della malattia. L’anatomo-patologo, esaminando il tessuto del tumore, può essere in grado di distinguere tra i tumori a crescita lenta e quelli che possono crescere in modo aggressivo e diffondersi ad altre parti del corpo (metastatizzare). Le opzioni terapeutiche principali sono la chirurgia, con asportazione radicale della prostata, la radioterapia curativa e la sorveglianza attiva. Quest’ultima opzione consiste nel monitoraggio periodico del paziente con visita, PSA e biopsia ed è riservata ai tumori di estensione limitata e con caratteristiche tali da far prevedere una crescita lenta.       La frequenza del tumore della prostata nell’uomo dopo i 60 anni e la prevalenza delle forme a lenta crescita, in caso di screening in uomini asintomatici, comportano il rischio di sovradiagnosi e sovratrattamento. Per sovradiagnosi si intende la diagnosi di una malattia che non avrebbe mai causato sintomi o morte nel corso della vita attesa di una data persona. La sovradiagnosi è un effetto collaterale dello screening di forme iniziali del tumore della prostata e induce terapie non necessarie (sovratrattamento). Quindi, sebbene la diagnosi precoce del tumore della prostata in alcuni casi salvi la vita, più frequentemente può portare a trattamenti non necessari con effetti collaterali negativi, come l’incontinenza e la disfunzione erettile, maggiori dei possibili vantaggi. Altri test, come ad esempio il PSA libero, sono a volte usati per valutare la necessità di una biopsia nei casi in cui il PSA totale sia debolmente positivo. Tuttavia, non ci sono ancora nelle linee guida raccomandazioni che chiariscano l’utilità di questi test aggiuntivi.

This test measures the amount of prostate specific antigen (PSA) in the blood. PSA is a protein produced by cells in the prostate, a small gland that surrounds the urethra in men and produces the prostate fluid that contributes to the formation of seminal fluid. Most of the PSA produced by the prostate is released into the seminal fluid, but small quantities are also released into the bloodstream. PSA is present in the blood in two forms: complexed (cPSA, bound to other proteins) and free (fPSA, not bound to other proteins). The most frequently used PSA test is total PSA, which measures the sum of the concentrations of most forms of complexed and free PSA.   PSA can be used for screening, diagnosing, and monitoring prostate cancer. We talk about screening when the test is done on asymptomatic men, while the diagnosis refers to men with symptoms associated with prostate diseases. The goal of screening is to detect cancer when it is still early and confined to the prostate. Most experts agree that screening should be carried out on asymptomatic men with a life expectancy of at least 10 years in good general condition and only after a thorough discussion with the attending physician about the benefits and risks of early diagnosis. Performing PSA for screening purposes must therefore be a shared decision between doctor and patient. Elevated blood levels of PSA are associated with prostate cancer, but can also be seen in inflammatory prostate disease (prostatitis) and benign prostatic hyperplasia (BPH). PSA levels tend to increase with advancing age in all men. People of African origins may have higher levels even at an earlier age.   PSA does not allow prostate cancer to be diagnosed. In fact, the test to make the diagnosis is a biopsy, which consists of taking, using a needle, a small amount of prostate tissue on which the histological test is performed. Biopsy carries the risk of complications such as pain, fever, blood in the urine, or urinary tract infection (Read the Pathological Anatomy article for more information on biopsies). Both total PSA and rectal exploration are used to assess the need for a prostate biopsy. Elevated PSA may be followed by a biopsy. However, it must be remembered that normal PSA levels do not exclude the presence of prostate cancer. When the presence of prostate cancer is confirmed by biopsy, a decision regarding therapy must be made. Prostate cancer is relatively common in men as they age, and many, if not most, prostate cancers are slow-growing; these tumors rarely cause patient death and may never even cause symptoms. PSA and rectal exploration do not, in general, allow predicting the growth rate and course of the disease. The anatomo-pathologist, by examining the tumor tissue, may be able to distinguish between slow-growing tumors and those that can grow aggressively and spread to other parts of the body (metastasize). The main therapeutic options are surgery, with radical removal of the prostate, curative radiotherapy and active surveillance. The latter option consists of periodic monitoring of the patient with a visit, PSA and biopsy and is reserved for tumors of limited extension and with characteristics that predict slow growth.  a frequency of prostate cancer in humans after the age of 60 and the prevalence of slow-growing forms, when screened in asymptomatic men, carry the risk of overdiagnosis and overtreatment. Overdiagnosis refers to the diagnosis of a disease that would never have caused symptoms or death during the expected life of a given per.son. Overdiagnosis is a side effect of screening for early forms of prostate cancer and induces unnecessary therapies (overtreatment). So, although early detection of prostate cancer saves lives in some cases, more frequently it can lead to unnecessary treatments with negative side effects, such as incontinence and erectile dysfunction, greater than the possible benefits. Other tests, such as free PSA, are sometimes used to evaluate the need for a biopsy in cases where total PSA is weakly positive. However, there are still no recommendations in the guidelines clarifying the usefulness of these additional tests

PSA TOTALE

Questo esame misura la quantità di antigene prostatico specifico (PSA) nel sangue. Il PSA è una proteina prodotta dalle cellule della prostata, una piccola ghiandola che circonda l’uretra negli uomini e produce il liquido prostatico che contribuisce alla formazione del liquido seminale. La maggior parte del PSA prodotto dalla prostata è rilasciato nel liquido seminale, ma piccole quantità vengono liberate anche nel circolo ematico. Il PSA è presente nel sangue in due forme: complessato (cPSA, legato ad altre proteine) e libero (fPSA, non legato ad altre proteine). Il test del PSA usato più frequentemente è il PSA totale, che misura la somma delle concentrazioni della maggior parte delle forme di PSA complessato e di quello libero.   Il PSA può essere utilizzato per lo screening, la diagnosi e il monitoraggio del cancro alla prostata. Si parla di screening quando il test viene fatto su uomini asintomatici, mentre la diagnosi si riferisce a uomini con sintomi associabili a patologie della prostata. L’obiettivo dello screening è individuare il cancro quando è ancora iniziale e confinato alla prostata. La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che lo screening dovrebbe essere effettuato su uomini asintomatici con una attesa di vita di almeno 10 anni in buone condizioni generali e solo dopo un’approfondita discussione con il medico curante su benefici e rischi di una diagnosi precoce. L’esecuzione del PSA a scopo di screening deve quindi essere una decisione condivisa fra medico e paziente. Livelli ematici elevati di PSA sono associati al cancro alla prostata, ma possono anche essere osservati nella malattia infiammatoria della prostata (prostatite) e nell’iperplasia prostatica benigna (IPB). I livelli di PSA tendono ad aumentare con l’avanzare dell’età in tutti gli uomini. I soggetti di origini africane possono avere livelli più alti anche in età più precoce.       Il PSA non consente di diagnosticare il cancro della prostata. Infatti, l’esame per porre la diagnosi è la biopsia, che consiste il prelievo, mediante un ago, di una piccola quantità di tessuto prostatico su cui viene eseguito l’esame istologico. La biopsia comporta il rischio di complicazioni come dolore, febbre, sangue nelle urine o infezione del tratto urinario (Leggere l’articolo su Anatomia Patologica per ulteriori informazioni sulle biopsie). Sia il PSA totale che l’esplorazione rettale sono utilizzati per valutare la necessità di una biopsia prostatica. Un PSA elevato può essere seguito da una biopsia. Bisogna però ricordare che livelli di PSA normali non escludono la presenza di un tumore della prostata.Quando la presenza di un cancro alla prostata è confermata dalla biopsia, deve essere presa una decisione circa la terapia. Il tumore della prostata è relativamente comune negli uomini con l’avanzare dell’età, e molti dei tumori della prostata, se non la maggior parte, sono a lenta crescita; questi tumori raramente provocano la morte del paziente a potrebbero anche non causare mai sintomi. Il PSA e l’esplorazione rettale non permettono, in generale, di prevedere la velocità di crescita e il decorso della malattia. L’anatomo-patologo, esaminando il tessuto del tumore, può essere in grado di distinguere tra i tumori a crescita lenta e quelli che possono crescere in modo aggressivo e diffondersi ad altre parti del corpo (metastatizzare). Le opzioni terapeutiche principali sono la chirurgia, con asportazione radicale della prostata, la radioterapia curativa e la sorveglianza attiva. Quest’ultima opzione consiste nel monitoraggio periodico del paziente con visita, PSA e biopsia ed è riservata ai tumori di estensione limitata e con caratteristiche tali da far prevedere una crescita lenta.       La frequenza del tumore della prostata nell’uomo dopo i 60 anni e la prevalenza delle forme a lenta crescita, in caso di screening in uomini asintomatici, comportano il rischio di sovradiagnosi e sovratrattamento. Per sovradiagnosi si intende la diagnosi di una malattia che non avrebbe mai causato sintomi o morte nel corso della vita attesa di una data persona. La sovradiagnosi è un effetto collaterale dello screening di forme iniziali del tumore della prostata e induce terapie non necessarie (sovratrattamento). Quindi, sebbene la diagnosi precoce del tumore della prostata in alcuni casi salvi la vita, più frequentemente può portare a trattamenti non necessari con effetti collaterali negativi, come l’incontinenza e la disfunzione erettile, maggiori dei possibili vantaggi. Altri test, come ad esempio il PSA libero, sono a volte usati per valutare la necessità di una biopsia nei casi in cui il PSA totale sia debolmente positivo. Tuttavia, non ci sono ancora nelle linee guida raccomandazioni che chiariscano l’utilità di questi test aggiuntivi.

This test measures the amount of prostate specific antigen (PSA) in the blood. PSA is a protein produced by cells in the prostate, a small gland that surrounds the urethra in men and produces the prostate fluid that contributes to the formation of seminal fluid. Most of the PSA produced by the prostate is released into the seminal fluid, but small quantities are also released into the bloodstream. PSA is present in the blood in two forms: complexed (cPSA, bound to other proteins) and free (fPSA, not bound to other proteins). The most frequently used PSA test is total PSA, which measures the sum of the concentrations of most forms of complexed and free PSA.   PSA can be used for screening, diagnosing, and monitoring prostate cancer. We talk about screening when the test is done on asymptomatic men, while the diagnosis refers to men with symptoms associated with prostate diseases. The goal of screening is to detect cancer when it is still early and confined to the prostate. Most experts agree that screening should be carried out on asymptomatic men with a life expectancy of at least 10 years in good general condition and only after a thorough discussion with the attending physician about the benefits and risks of early diagnosis. Performing PSA for screening purposes must therefore be a shared decision between doctor and patient. Elevated blood levels of PSA are associated with prostate cancer, but can also be seen in inflammatory prostate disease (prostatitis) and benign prostatic hyperplasia (BPH). PSA levels tend to increase with advancing age in all men. People of African origins may have higher levels even at an earlier age.   PSA does not allow prostate cancer to be diagnosed. In fact, the test to make the diagnosis is a biopsy, which consists of taking, using a needle, a small amount of prostate tissue on which the histological test is performed. Biopsy carries the risk of complications such as pain, fever, blood in the urine, or urinary tract infection (Read the Pathological Anatomy article for more information on biopsies). Both total PSA and rectal exploration are used to assess the need for a prostate biopsy. Elevated PSA may be followed by a biopsy. However, it must be remembered that normal PSA levels do not exclude the presence of prostate cancer. When the presence of prostate cancer is confirmed by biopsy, a decision regarding therapy must be made. Prostate cancer is relatively common in men as they age, and many, if not most, prostate cancers are slow-growing; these tumors rarely cause patient death and may never even cause symptoms. PSA and rectal exploration do not, in general, allow predicting the growth rate and course of the disease. The anatomo-pathologist, by examining the tumor tissue, may be able to distinguish between slow-growing tumors and those that can grow aggressively and spread to other parts of the body (metastasize). The main therapeutic options are surgery, with radical removal of the prostate, curative radiotherapy and active surveillance. The latter option consists of periodic monitoring of the patient with a visit, PSA and biopsy and is reserved for tumors of limited extension and with characteristics that predict slow growth.  a frequency of prostate cancer in humans after the age of 60 and the prevalence of slow-growing forms, when screened in asymptomatic men, carry the risk of overdiagnosis and overtreatment. Overdiagnosis refers to the diagnosis of a disease that would never have caused symptoms or death during the expected life of a given per.son. Overdiagnosis is a side effect of screening for early forms of prostate cancer and induces unnecessary therapies (overtreatment). So, although early detection of prostate cancer saves lives in some cases, more frequently it can lead to unnecessary treatments with negative side effects, such as incontinence and erectile dysfunction, greater than the possible benefits. Other tests, such as free PSA, are sometimes used to evaluate the need for a biopsy in cases where total PSA is weakly positive. However, there are still no recommendations in the guidelines clarifying the usefulness of these additional tests

PTH (Paratormone)

Questo esame misura la concentrazione dell’ormone paratiroideo (PTH) nel sangue. L’ormone paratiroideo, o paratormone, è implicato nel mantenere stabili le concentrazioni di calcio nel sangue e nelle ossa. Fa parte di un sistema a feedback che comprende calcio, PTH, vitamina D e, in una certa misura, fosforo (fosfato) e magnesio. In caso di iperfunzionamento delle ghiandole paratiroidi, condizione nota come iperparatiroidismo, vengono rilasciate quantità eccessive di PTH, con conseguente aumento delle concentrazioni ematiche di calcio e comparsa di sintomi associati all’ipercalcemia. Al contrario, la diminuita produzione di PTH da parte delle paratiroidi (ipoparatiroidismo) causa la comparsa dei sintomi associati all’ipocalcemia.   Il PTH viene prodotto dalle quattro paratiroidi, ghiandole delle dimensioni di un pisello situate nel collo, posteriormente alla tiroide. Normalmente, la diminuzione dei livelli ematici di calcio determina la secrezione del PTH. L’ormone paratiroideo (PTH) agisce su diversi organi per riportare i livelli di calcio nella norma tramite tre vie (due dirette e una indiretta):

  • Promuove il rilascio di calcio dalle ossa nel circolo ematico
  • Agisce sui reni sopprimendo l’escrezione di calcio nell’urina e promuovendo l’escrezione di fostato
  • Stimola i reni a convertire la vitamina D dalla forma inattiva a quella attiva, con conseguente aumento dell’assorbimento intestinale del calcio presente negli alimenti

All’aumentare dei livelli di calcio nel sangue, la secrezione del PTH dalle paratiroidi diminuisce.   L’ormone paratiroideo è costituito da 84 aminoacidi e, pertanto, nella sua forma intatta viene talvolta chiamato PTH 1-84. Le ghiandole paratiroidi producono e secernono sia la forma intatta del PTH (PTH 1-84, la forma biologicamente attiva) che i suoi frammenti. La forma intatta dell’ormone rappresenta solo una piccola porzione del PTH prodotto, ma aumenta con la diminuzione dei livelli ematici di calcio e diminuisce in presenza di livelli elevati.   Una volta rilasciato nel circolo ematico dalle paratiroidi, il PTH ha un’emivita molto breve: i suoi livelli si dimezzano in meno di 5 minuti, a causa del riassorbimento e della degradazione operata dal fegato e dai reni. I frammenti sono di dimensioni variabili e riguardano la porzione carbossi-terminale; possono mancare da 6 aminoacidi a più della metà della porzione N-terminale del PTH. I frammenti C-terminali hanno un’emivita più lunga, sono presenti in concentrazioni maggiori e vengono eliminati dai reni.   Sebbene prima si ritenesse che tali frammenti fossero sostanzialmente inattivi, attualmente esistono ipotesi in merito ad una loro attività opposta a quella del PTH intatto.

Parathyroid hormone, or parathyroid hormone, is implicated in keeping calcium concentrations stable in the blood and bone. It is part of a feedback system that includes calcium, PTH, vitamin D and, to some extent, phosphorus (phosphate) and magnesium. In case of hyperfunctioning of the parathyroid glands, a condition known as hyperparathyroidism, excessive amounts of PTH are released, resulting in increased blood calcium concentrations and the appearance of symptoms associated with hypercalcemia. In contrast, decreased production of PTH by parathyroids (hypoparathyroidism) causes symptoms associated with hypocalcaemia to appear.   PTH is produced by the four parathyroids, pea-sized glands located in the neck, posterior to the thyroid. Normally, decreased blood calcium levels result in secretion of PTH. Parathyroid hormone (PTH) acts on several organs to bring calcium levels back to normal via three routes (two direct and one indirect):  Promotes the release of calcium from bones into the bloodstream  It acts on the kidneys by suppressing calcium excretion in urine and promoting excretion of phostate  It stimulates the kidneys to convert vitamin D from the inactive to the active form, resulting in increased intestinal absorption of calcium found in foods As blood calcium levels increase, PTH secretion from parathyroids decreases.   Parathyroid hormone consists of 84 amino acids and, therefore, in its intact form is sometimes referred to as PTH 1-84. Parathyroid glands produce and secrete both the intact form of PTH (PTH 1-84, the biologically active form) and its fragments. The intact form of the hormone represents only a small portion of the PTH produced, but increases with decreasing blood calcium levels and decreases in the presence of elevated levels.   Once released into the bloodstream by parathyroids, PTH has a very short half-life: its levels halve in less than 5 minutes, due to reabsorption and degradation by the liver and kidneys. The fragments vary in size and concern the carboxy-terminal portion; they can be missing from 6 amino acids to more than half of the N-terminal portion of PTH. C-terminal fragments have a longer half-life, are present in higher concentrations, and are cleared by the kidneys.   Although it was previously believed that these fragments were substantially inactive, there are currently hypotheses regarding their activity opposite to that of intact PTH.

R

RA Test

Il Fattore Reumatoide (FR) è un autoanticorpo, ossia un’immunoglobulina IgM prodotta dal sistema immunitario in grado di riconoscere come estranei ed attaccare erroneamente i tessuti dell’organismo di appartenenza. Sebbene il ruolo biologico del FR non sia ben chiarito, la sua presenza è un utile indicatore di infiammazione e di attività autoimmunitaria. Questo test rileva e misura la quantità di FR nel circolo ematico e, insieme ad altri test, è implicato nella diagnosi di artrite reumatoide (AR).   L’AR è una patologia cronica e autoimmune, che causa infiammazione diffusa, dolore, rigidità e progressiva alterazione delle mani, dei piedi e delle articolazioni. Alcune persone possono manifestare affaticamento, febbre lieve e perdita dipeso.    La malattia può colpire persone di ogni età anche se in genere si manifesta in donne di mezza età e uomini di 60-80 anni. Più del 70% delle persone affette è di sesso femminile. Il decorso della malattia e la prognosi sono variabili. Può svilupparsi gradualmente o velocemente. Può avere periodi di remissione e, talvolta, scomparire. Se non trattata, l’AR comporta l’accorciamento dell’aspettativa di vita della persona affetta e, entro pochi anni, causa disabilità.   La causa dell’AR non è nota, ma si suppone che la patogenesi coinvolga un processo infettivo causato da virus o batteri ed altri fattori scatenanti che alterano il funzionamento del sistema immunitario, portando alla produzione del fattore reumatoide.  Esistono molteplici trattamenti per limitare le complicanze dell’AR; tuttavia è importante che questi vengano iniziati precocemente. Pertanto, la diagnosi accurata e precoce della malattia è un fattore importantissimo.ll test del FR è un utile sostegno alla diagnosi di AR, anche se i livelli di sensibilità e specificità del test non sono tali da consentirne l’uso esclusivo nella diagnosi. Circa l’80% delle persone affette da AR presenta livelli elevati di FR, ma questo può essere negativo pur in presenza di segni clinici evidenti. Esistono diversi metodi per misurare il fattore reumatoide, ad esempio tramite la determinazione del titolo anticorpale. Il titolo anticorpale è la misura della quantità di una specifica tipologia di anticorpi presenti nel sangue.

Un altro test utile affiancato al test per la misura del FR nella diagnosi di AR è il test degli anticorpi anti-peptide ciclico citrullinato (CCP). Questo test sembra essere migliore rispetto a quello del FR in termini di sensibilità e specificità, oltre a consentire la diagnosi precoce. Altri test utili nella diagnosi di AR sono:  Emocromo completo (per l’anemia e la trombocitosi) – Velocità di eritrosedimentazione – Proteina C reattiva – Anticorpi anti-nucleo – Anticorpi anti-citoplasma dei neutrofili – Analisi del liquido sinoviale (per rilevare l’infiammazione delle articolazioni) – Ricerca dell’epatite B e C – Esami di diagnostica per immagini
Il fattore reumatoide è elevato anche in una piccola percentuale di persone sane (circa il 5%). Inoltre può aumentare negli anziani privi di sintomi o in persone affette da altre patologie (falsi positivi), come:  Sindrome di Sjögren – Lupus eritematoso sistemico – Artrite idiopatica giovanile – Sclerodermia – Infezioni batteriche, virali o parassitarie persistenti (epatiti, tubercolosi, sifilide, lebbra, mononucleosi) – Alcuni tipi di cancro, inclusa la leucemia – Malattie polmonari, epatiche e renali

Rheumatoid Factor (FR) is an autoantibody, i.e. an IgM immunoglobulin produced by the immune system capable of recognizing as foreign and mistakenly attacking the tissues of the body to which it belongs. Although the biological role of FR is not well elucidated, its presence is a useful indicator of inflammation and autoimmune activity. This test detects and measures the amount of FR in the bloodstream and, together with other tests, is implicated in the diagnosis of rheumatoid arthritis (RA).   RA is a chronic and autoimmune pathology, causing widespread inflammation, pain, stiffness and progressive alteration of the hands, feet and joints. Some people may experience fatigue, mild fever, and weight loss.    The disease can affect people of all ages although it generally occurs in middle-aged women and men aged 60-80. More than 70% of affected people are female. The course of the disease and prognosis are variable. It can develop gradually or quickly. It may have periods of remission and sometimes disappear. If left untreated, RA results in shortening the life expectancy of the affected person and, within a few years, causes disability.  The cause of RA is not known, but the pathogenesis is supposed to involve an infectious process caused by viruses or bacteria and other triggers that alter the functioning of the immune system, leading to the production of rheumatoid factor.  There are multiple treatments to limit complications of RA; however it is important that these are initiated early. Therefore, accurate and early diagnosis of the disease is a very important factor. The FR test is a useful support for the diagnosis of RA, even if the levels of sensitivity and specificity of the test are not such as to allow its exclusive use in the diagnosis. Approximately ’80% of people with RA have high levels of FR, but this can be negative even in the presence of evident clinical signs. There are several methods for measuring rheumatoid factor, for example by determining antibody titer. Antibody titer is the measurement of the quantity of a specific type of antibodies present in the blood.  Another useful test alongside the test for measuring FR in the diagnosis of RA is the citrullinated cyclic peptide (CCP) antibody test. This test appears to be better than that of the FR in terms of sensitivity and specificity, as well as allowing early diagnosis. Other tests useful in diagnosing RA are: Complete hemochrome (for anemia and thrombocytosis) – Erythrocyte sedimentation rate – C-reactive protein – Anti-nucleus antibodies – Anti-neutrophil cytoplasm antibodies – Synovial fluid analysis (to detect joint inflammation) – Hepatitis B and C research – Diagnostic imaging tests
 Rheumatoid factor is elevated even in a small percentage of healthy people (about 5%). In addition it may increase in elderly people without symptoms or in people with other (false positive) conditions, such as: Sjögren’s syndrome – Systemic lupus erythematosus – Juvenile idiopathic arthritis – Scleroderma – Persistent bacterial, viral or parasitic infections (hepatitis, tuberculosis, syphilis, leprosy, mononucleosis) – Certain types of cancer, including leukaemia – Lung, liver and kidney diseases

RADICALI LIBERI D-ROMs

Una ricerca scientifica ha dimostrato che l’uomo guadagna circa 13 mesi di vita in più ogni 10 anni: nel 2020 l’uomo potrebbe vivere 120 anni! Ma l’obiettivo comune non è quello di essere longevi ad ogni costo, bensì quello di arrivare a 120 anni in buona salute.  Tutta la comunità scientifica è d’accordo sul fatto che, per la conquista del benessere psico-fisico e per la prevenzione di molte patologie degenerative e cardiovascolari, la lotta da ingaggiare è quella contro i RADICALI LIBERI!   La ricerca scientifica ha, infatti, ormai dimostrato che l’origine di alcune gravi malattie degenerative e cardiovascolari è riconducibile anche e soprattutto ad un danno ossidativo cellulare determinato dal progressivo accumulo di specie chimiche altamente reattive chiamate RADICALI LIBERI.  I RADICALI LIBERI sono composti chimici che hanno una spiccata tendenza a reagire, ossidare, tutte le specie chimiche con cui vengono in contatto. Possono accumularsi nell’organismo causando danni ossidativi a volte irreparabili a carico di diverse macromolecole cellulari come: proteine, carboidrati, lipidi, acidi nucleici.

In realtà il corpo umano produce sempre, ogni giorno, una certa quantità di questi Radicali Liberi in quanto essi hanno la funzione di difendere le cellule dagli attacchi di agenti patogeni quali virus, batteri, parassiti, ecc…Subito dopo aver svolto la loro azione difensiva tali Radicali Liberi vengono inattivati dai SISTEMI ANTI-RADICALICI cellulari che intervengono immediatamente in questa opera di neutralizzazione per evitare che gli stessi Radicali possano attaccare le strutture cellulari sane.  Normalmente, se le cellule sono in perfetto stato di salute, esiste un equilibrio fra i Radicali Liberi e i sistemi cellulari Anti-Radicali Liberi.  Purtroppo, però, per numerose ragioni, la quantità di Radicali Liberi può essere così elevata che i sistemi anti-radicalici non ce la fanno più ad inattivarli: la cellula va incontro al cosiddetto STRESS OSSIDATIVO.   Fra le cause di formazione e accumulo dei Radicali: errato stile di vita, inquinamento atmosferico, esposizione a metalli tossici, stress, radiazioni UV, intolleranze alimentari, abuso di farmaci, fumo di sigaretta, abuso di alcool, pillola anti-concezionale…  Lo STRESS OSSIDATIVO è uno stato di intossicazione cellulare dovuto ad un accumulo di Radicali Liberi tossici; se non controllato, tale stress può portare all’insorgenza o al peggioramento di una grande varietà di patologie.  Ipercolesterolemia, ictus, infarto, aterosclerosi, obesità, diabete, morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, artrite reumatoide, cancro…sono solo alcuni esempi di malattie strettamente legate a danni concausati da un accumulo di Radicali Liberi.

Scientific research has shown that humans gain about 13 months more life every 10 years: in 2020, humans could live 120 years! But the common goal is not to be long-lived at any cost, but to reach 120 healthy years.  The entire scientific community agrees that, for the achievement of psycho-physical well-being and for the prevention of many degenerative and cardiovascular pathologies, the fight to be waged is against FREE RADICALS!   Scientific research has, in fact, now shown that the origin of certain serious degenerative and cardiovascular diseases can also and above all be traced back to cellular oxidative damage brought about by the progressive accumulation of highly reactive chemical species called FREE RADICALS.  FREE RADICALS are chemical compounds that have a marked tendency to react, oxidize all the chemical species with which they come into contact. They can accumulate in the body causing sometimes irreparable oxidative damage to various cellular macromolecules such as: proteins, carbohydrates, lipids, nucleic acids.      In reality, the human body always produces, every day, a certain quantity of these Free Radicals as they have the function of defending cells from attacks by pathogens such as viruses, bacteria, parasites, etc…Immediately after carrying out their defensive action, these Free Radicals are inactivated by the ANTI-cellular RADICAL SYSTEMS which immediately intervene in this neutralization work to prevent the Radicals themselves from attacking healthy cellular structures.  Normally, if the cells are in perfect health, there is a balance between Free Radicals and Anti-Free Radical cellular systems.  Unfortunately, however, for numerous reasons, the quantity of Free Radicals can be so high that anti-radical systems can no longer inactivate them: the cell undergoes the so-called OXIDATIVE STRESS.   Causes of Radical formation and accumulation include: poor lifestyle, air pollution, exposure to toxic metals, stress, UV radiation, food intolerances, drug abuse, cigarette smoking, alcohol abuse, birth control pills… OXIDATIVE STRESS is a state of cellular intoxication due to an accumulation of toxic Free Radicals; if not controlled, such stress can lead to the onset or worsening of a wide variety of pathologies.  Hypercholesterolemia, stroke, heart attack, atherosclerosis, obesity, diabetes, Alzheimer’s disease, Parkinson’s disease, rheumatoid arthritis, cancer…are just a few examples of diseases closely linked to damage caused by an accumulation of Free Radicals.

RAME

Il test del rame misura la quantità di rame nel sangue (cupremia), nell’urina (cupruria) o nel fegato (rame epatico). Il rame è un minerale essenziale utilizzato dall’organismo quale costituente di alcuni enzimi.Questi enzimi intervengono nella regolazione del metabolismo del ferro, nella formazione del tessuto connettivo, nella produzione di energia a livello cellulare, nella produzione della melanina (il pigmento responsabile del colore della pelle) e nel funzionamento del sistema nervoso.Il rame è presente in diversi alimenti, quali noci, cioccolato, funghi, crostacei, cereali integrali, frutta secca, fegato. L’acqua potabile, se trasportata attraverso tubi di rame, e gli alimenti, se cucinati con stoviglie di rame, possono contenere rame.

  • Normalmente l’organismo assorbe il rame assunto tramite acqua e cibo nel tratto intestinale, lo converte nella sua forma non tossica legandolo ad una proteina e veicola il complesso al fegato
  • Nel fegato il rame viene in parte immagazzinato ed in parte legato ad una proteina chiamata apoceruloplasmina. L’apoceruloplasmina, legando il rame, viene convertita nell’enzima ceruloplasmina. Circa il 95% del rame presente nel sangue è legato alla ceruloplasmina, la restante parte viene legata ad altre proteine, come l’albumina
  • Solo una piccola quota del rame rimane libero (non legato) nel sangue
  • Il fegato veicola l’eccesso di rame nella bile, il quale viene successivamente eliminato con le feci. Una percentuale minore di rame viene eliminata con l’urina

Sia la carenza che l’eccesso di rame sono rari. Nella malattia (o morbo) di Wilson, un raro disordine ereditario, il rame può accumularsi in maniera eccessiva negli occhi, nel fegato, nel cervello ed in altri organi. Anche l’esposizione a grandi quantità di rame in un periodo di tempo limitato (esposizione acuta) o l’esposizione a piccole quantità di rame per periodi di tempo prolungati (esposizione cronica) possono portare ad un eccessivo accumulo di rame nell’organismo (tossicità da rame).In presenza di gravi patologie da malassorbimento, come la fibrosi cistica o la celiachia, o in caso di alimentazione esclusiva con latte vaccino nei bambini piccoli, possono verificarsi delle carenze di rame.La malattia di Menkes, una rara malattia genetica causata da una mutazione nel cromosoma X, provoca carenza di rame a livello epatico e cerebrale nei bambini che ne sono affetti. Questa malattia, che colpisce prevalentemente i maschi, si manifesta con convulsioni, ritardo nello sviluppo mentale, anomalo sviluppo delle arterie cerebrali e presenza di capelli grigi, radi e fragili.

The copper test measures the amount of copper in the blood (cupremia), urine (cupruria), or liver (hepatic copper). Copper is an essential mineral used by the body as a constituent of some enzymes.These enzymes are involved in the regulation of iron metabolism, in the formation of connective tissue, in the production of energy at the cellular level, in the production of melanin (the pigment responsible for the color of the skin) and in the functioning of the nervous system.Copper is present in various foods, such as nuts, chocolate, mushrooms, shellfish, whole grains, dried fruit, liver. Drinking water, if transported through copper pipes, and food, if cooked with copper utensils, may contain copper.Normally the body absorbs copper taken through water and food in the intestinal tract, converts it into its non-toxic form by binding it to a protein and conveys the complex to the liverIn the liver, copper is partly stored and partly bound to a protein called apoceruloplasmin. Apoceruloplasmin, binding copper, is converted into the enzyme ceruloplasmin. About 95% of the copper present in the blood is bound to ceruloplasmin, the remaining part is bound to other proteins, such as albuminOnly a small amount of copper remains free (unbound) in the bloodThe liver carries excess copper into the bile, which is subsequently eliminated in the feces. A smaller percentage of copper is eliminated in the urineBoth copper deficiency and excess are rare. In Wilson’s disease, a rare hereditary disorder, copper can accumulate excessively in the eyes, liver, brain and other organs. Exposure to large amounts of copper in a limited period of time (acute exposure) or exposure to small amounts of copper for prolonged periods of time (chronic exposure) can also lead to excessive accumulation of copper in the body (toxicity from copper).In the presence of serious malabsorption diseases, such as cystic fibrosis or celiac disease, or in the case of exclusive feeding of cow’s milk in young children, copper deficiencies may occur.Menkes disease, a rare genetic disorder caused by a mutation in the X chromosome, causes copper deficiency in the liver and brain in affected children. This disease, which predominantly affects males, manifests itself with convulsions, delayed mental development, abnormal development of the cerebral arteries and the presence of grey, sparse and brittle hair.

RECETTORI TSH (Anticorpi) (TRab)

Gli autoanticorpi tiroidei sono anticorpi che si sviluppano quando il sistema immunitario, invece di attaccare elementi estranei all’organismo come batteri, virus, parassiti e tossine, reagisce erroneamente contro alcune componenti della ghiandola tiroidea o proteine tiroidee, provocando infiammazione cronica della tiroide (tiroidite), danneggiamento tissutale e/o compromissione della funzionalità tiroidea. Questi esami determinano la presenza di specifici autoanticorpi tiroidei e ne misurano la concentrazione nel sangue.  La tiroide è una piccola ghiandola a forma di farfalla posta anteriormente alla trachea, alla base della gola. Gli ormoni primari che la ghiandola produce, la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3), sono implicati nella regolazione del consumo energetico da parte dell’organismo (metabolismo). L’organismo controlla la quantità di T4 e T3 nel sangue tramite un sistema a feedback che comprende l’ormone tireostimolante (TSH) e il suo ormone regolatorio, il fattore di rilascio della tireotropina (TRH); tali ormoni aumentano o diminuiscono la produzione di T3 e T4 operata dalla tiroide per mantenerne stabile la concentrazione in circolo. Quando gli anticorpi tiroidei interferiscono con questo processo, si possono sviluppare patologie croniche e malattie autoimmuni associate a ipotiroidismo o ipertiroidismo, come il Morbo di Graves e la Tiroidite di Hashimoto. La tiroidite di Hashimoto è la principale causa di ipotiroidismo; viene diagnosticata ogni anno a circa una persona ogni 1000​​​​​, con un rapporto tra il numero di diagnosi femminili e maschili di 20 a 1.​​ La malattia di Graves rappresenta più del 50% dei casi di ipertiroidismo e colpisce maggiormente il sesso femminile.  Uno o più dei seguenti test possono essere eseguiti per stabilire la diagnosi e/o monitorare le malattie autoimmuni della tiroide:  Anticorpi anti-perossidasi tiroidea (TPOAb); utilizzati come marcatori delle malattie tiroidee autoimmuni. Tali anticorpi interferiscono con l’attività dell’enzima perossidasi, essenziale per la produzione degli ormoni tiroidei. La presenza di TPOAb è associata a difficoltà riproduttive come aborto, pre-eclampsia, parto prematuro e fallimento della fecondazione in vitro. Quasi la totalità dei pazienti con tiroidite di Hashimoto presenta alti livelli di TPOAb  – Anticorpi anti-tireoglobulina (TgAb); sono diretti contro la tireoglobulina, la forma in cui vengono immagazzinati gli ormoni tiroidei. I TgAb possono essere riscontrati in presenza di lesioni tiroidee e solitamente vengono richiesti insieme alla misura della tireoglobulina, per il monitoraggio dei pazienti in trattamento per il cancro alla tiroide  – Anticorpi anti-recettori dell’ormone stimolante la tiroide (TSHRAb); includono due tipi di autoanticorpi che legano i recettori del TSH nella tiroide:  Immunoglobuline stimolanti la tiroide (TSI); legano i recettori mimando l’attività del TSH, con conseguente aumentata produzione degli ormoni tiroidei ed ipertiroidismo. Tali anticorpi sono riscontrati nei pazienti affetti da morbo di Graves – Immunoglobuline inibenti il legame del TSH (TBII) bloccano il legame del TSH ai recettori, inibendo così la produzione degli ormoni tiroidei e causando ipotiroidismo  Generalmente viene richiesta soltanto la determinazione dei TRAb, ossia la presenza o assenza di anticorpi in grado di legare i recettori del TSH. Non si determina se si tratta di TBII o di TSI; questi anticorpi vengono misurati solo a scopo di ricerca ed in laboratori altamente specializzati.

Thyroid autoantibodies are antibodies that develop when the immune system, instead of attacking elements foreign to the body such as bacteria, viruses, parasites, and toxins, mistakenly reacts against certain components of the thyroid gland or thyroid proteins, resulting in chronic inflammation of the thyroid (thyroiditis), tissue damage, and/or impaired thyroid function. These tests determine the presence of specific thyroid autoantibodies and measure their concentration in the blood.  The thyroid is a small butterfly-shaped gland located anterior to the trachea, at the base of the throat. The primary hormones that the gland produces, thyroxine (T4) and triiodothyronine (T3), are implicated in the regulation of energy consumption by the body (metabolism). The body controls the amount of T4 and T3 in the blood via a feedback system that includes thyrostimulating hormone (TSH) and its regulatory hormone, thyrotropin-releasing factor (TRH); these hormones increase or decrease the production of T3 and T4 operated by the thyroid to keep its concentration stable in circulation.  When thyroid antibodies interfere with this process, chronic conditions and autoimmune diseases associated with hypothyroidism or hyperthyroidism, such as Graves’ disease and Hashimoto’s thyroiditis, can develop. Hashimoto’s thyroiditis is the leading cause of hypothyroidism; approximately one in every 1000 people is diagnosed each year, with the number of female and male diagnoses being 20 to 1. Graves’ disease accounts for more than 50% of cases of hyperthyroidism and affects females the most.  One or more of the following tests may be performed to establish the diagnosis and/or monitor autoimmune thyroid disease: Anti-thyroid peroxidase antibodies (TPOAb); used as markers of autoimmune thyroid disease. Such antibodies interfere with the activity of the enzyme peroxidase, which is essential for the production of thyroid hormones.  The presence of TPOAb is associated with reproductive difficulties such as abortion, pre-eclampsia, premature birth and IVF failure. Almost all patients with Hashimoto’s thyroiditis have high levels of TPOAb – Anti-thyroglobulin Antibodies (TgAb); they are directed against thyroglobulin, the form in which thyroid hormones are stored. TgAbs can be found in the presence of thyroid lesions and are usually required together with thyroglobulin measurement, for monitoring patients being treated for thyroid cancer – Thyroid-stimulating hormone anti-receptor antibodies (TSHRAbs); they include two types of autoantibodies that bind TSH receptors in the thyroid: Thyroid-stimulating immunoglobulins (TSIs); they bind receptors by mimicking TSH activity, resulting in increased production of thyroid hormones and hyperthyroidism. These antibodies are found in patients suffering from Graves’ disease – TSH-binding inhibitory immunoglobulins (TBII) block the binding of TSH to receptors, thus inhibiting the production of thyroid hormones and causing hypothyroidism.  Generally, only the determination of TRAbs is required, i.e. the presence or absence of antibodies capable of binding TSH receptors. It is not determined whether it is TBII or TSI; these antibodies are measured only for research purposes and in highly specialized laboratories.

RENINA- (Orto)

Il rene rilascia la renina quando c’è un abbassamento della pressione arteriosa o un decremento della concentrazione di cloruro di sodio nei tubuli renali. La renina catalizza la trasformazione della proteina del sangue angiotensinogeno in angiotensina I, che è convertita da un secondo enzima in angiotensina II. L’angiotensina II causa vasocostrizione e stimola la produzione di aldosterone. Questo aumenta la pressione sanguigna e mantiene sodio e potassio a livelli normali.
Alcune patologie possono portare ad una sovrapproduzione di aldosterone (iperaldosteronismo, che è solitamente chiamato aldosteronismo) o ad una scarsa produzione (ipoaldosteronismo). Dal momento che renina ed aldosterone sono così correlati tra loro, le due sostanze sono spesso misurate insieme per identificare la causa di una concentrazione anomala di aldosterone.

The kidney releases renin when there is a drop in blood pressure or a decrease in the concentration of sodium chloride in the renal tubules. Renin catalyzes the transformation of the blood protein angiotensinogen into angiotensin I, which is converted by a second enzyme into angiotensin II. Angiotensin II causes vasoconstriction and stimulates aldosterone production. This increases blood pressure and keeps sodium and potassium at normal levels.
Some conditions can lead to overproduction of aldosterone (hyperaldosteronism, which is usually called aldosteronism) or poor production (hypoaldosteronism). Since renin and aldosterone are so related to each other, the two substances are often measured together to identify the cause of an abnormal concentration of aldosterone.

RENINA-(Clino)

Il rene rilascia la renina quando c’è un abbassamento della pressione arteriosa o un decremento della concentrazione di cloruro di sodio nei tubuli renali. La renina catalizza la trasformazione della proteina del sangue angiotensinogeno in angiotensina I, che è convertita da un secondo enzima in angiotensina II. L’angiotensina II causa vasocostrizione e stimola la produzione di aldosterone. Questo aumenta la pressione sanguigna e mantiene sodio e potassio a livelli normali.
Alcune patologie possono portare ad una sovrapproduzione di aldosterone (iperaldosteronismo, che è solitamente chiamato aldosteronismo) o ad una scarsa produzione (ipoaldosteronismo). Dal momento che renina ed aldosterone sono così correlati tra loro, le due sostanze sono spesso misurate insieme per identificare la causa di una concentrazione anomala di aldosterone.

The kidney releases renin when there is a drop in blood pressure or a decrease in the concentration of sodium chloride in the renal tubules. Renin catalyzes the transformation of the blood protein angiotensinogen into angiotensin I, which is converted by a second enzyme into angiotensin II. Angiotensin II causes vasoconstriction and stimulates aldosterone production. This increases blood pressure and keeps sodium and potassium at normal levels.
Some conditions can lead to overproduction of aldosterone (hyperaldosteronism, which is usually called aldosteronism) or poor production (hypoaldosteronism). Since renin and aldosterone are so related to each other, the two substances are often measured together to identify the cause of an abnormal concentration of aldosterone.

RESISTENZA OSMOTICA

La Resistenza Osmotica Eritrocitaria (R.O.E.) indica la capacità del globuli rossi di resistere alla lisi in condizioni di stress osmotico e viene misurata attraverso il test di Simmel per valutare la presenza di anomalie dei globuli rossi e, conseguentemente, diagnosticare alcuni tipi di anemia. Il test, eseguito su sangue intero, consente di valutare la resistenza alla lisi delle membrane eritrocitarie in presenza di una soluzione di acqua distillata ed a concentrazioni crescenti di soluzione di NaCl.

Erythrocyte Osmotic Resistance (ROE) indicates the ability of red blood cells to resist lysis in conditions of osmotic stress and is measured through the Simmel test to evaluate the presence of red blood cell anomalies and, consequently, diagnose some types of anemia. The test, performed on whole blood, allows the resistance to lysis of erythrocyte membranes to be evaluated in the presence of a solution of distilled water and at increasing concentrations of NaCl solution.

RETICOLINA (Anticorpi)

Gli anticorpi anti reticolina sono autoanticorpi rivolti contro le strutture connettivali extracellulari. Questi autoanticorpi aumentano frequentemente nei pazienti affetti da celiachia per cui fino a qualche anno fa il test veniva richiesto per porre diagnosi di tale patologia. Negli ultimi anni, il suo uso è stato sostuituito da test piu specifici e sensibili come anti transglutaminasi e anti endomisioe anti gliadina.

Anti reticulin antibodies are autoantibodies that target extracellular connective structures. These autoantibodies increase frequently in patients suffering from celiac disease, so until a few years ago the test was required to diagnose this pathology. In recent years, its use has been replaced by more specific and sensitive tests such as anti-transglutaminase and anti-endomysio and anti-gliadin.

RETICOLOCITI (Ricerca)

I reticolociti sono forme immature dei globuli rossi. Il numero di reticolociti o la loro percentuale nel sangue riflette l’attività e la funzionalità del midollo osseo.  I globuli rossi vengono prodotti nel midollo osseo, dove le cellule staminali ematopoietiche (che produrranno le cellule del sangue) si differenziano e si sviluppano formando i reticolociti e quindi i globuli rossi maturi. I reticolociti hanno un volume di circa il 24% superiore rispetto ai globuli rossi. Diversamente da altre cellule del sangue i globuli rossi non presentano nucleo, mentre i reticolociti sono caratterizzati dalla presenza di materiale genetico residuo (RNA). Quando i reticolociti maturano perdono tutto l’RNA presente al loro interno; questo avviene entro un giorno circa dal loro ingresso nel circolo sanguigno dal midollo osseo. La conta assoluta o percentuale dei reticolociti è un buon indicatore della capacità del midollo osseo di produrre globuli rossi (eritropoiesi).  I globuli rossi sopravvivono in circolo circa 120 giorni ed il midollo osseo è continuamente impegnato nella produzione di nuovi globuli rossi per sostituire quelli invecchiati, degradati o perduti con il sanguinamento. In questo modo, nel circolo sanguigno viene mantenuto sempre un numero costante di globuli rossi. Conta reticolocitaria percentuale aumentata :  Un aumento del sanguinamento (emorragia), cronico o acuto, o l’aumentata distruzione dei globuli rossi (emolisi) può portare ad una diminuzione dei globuli rossi nel sangue e quindi ad anemia. L’organismo compensa questa perdita o la carenza di globuli rossi dovuta a varie forme di anemia (come l’anemia perniciosa o sideropenica) incrementando il ritmo di produzione dei globuli rossi e tramite il rilascio dei globuli rossi nel circolo ematico prima della loro completa maturazione. In queste situazioni, il numero e la percentuale di reticolociti nel sangue aumenta fino a che non viene ristabilito un numero sufficiente di globuli rossi o fino a quando non venga raggiunta la capacità massima di sintesi del midollo osseo.Varie patologie e condizioni cliniche possono influenzare la produzione di nuovi RBC e/o la loro sopravvivenza; altre possono causare sanguinamenti significativi. Queste condizioni possono portare ad un aumento o ad una diminuzione del numero di RBC ed influenzare il conteggio dei reticolociti. Conta reticolocitaria percentuale bassa :  Nel caso in cui il midollo osseo non funzioni in maniera corretta, può verificarsi una diminuzione del numero di globuli rossi. Questo può accadere in presenza di varie patologie del midollo osseo, tra le quali l’anemia aplastica. La diminuzione della produzione dei globuli rossi può però essere dovuta anche ad altri fattori, come la cirrosi epatica, la malattia renale, i trattamenti chemio- o radio-terapici, i livelli bassi di eritropoietina o la carenza di vari nutrienti quali ferro, vitamina B12 o folati. La diminuzione della produzione eritrocitaria può portare ad una diminuzione del numero dei globuli rossi in circolo, alla diminuzione dell’emoglobina e della capacità di trasportare l’ossigeno ai tessuti, alla diminuzione dell’ematocrito ed alla diminuzione della conta reticolocitaria, dal momento che i RBC invecchiati vengono rimossi dal sangue ma non totalmente sostituiti.  Talvolta, l’eccessiva produzione da parte del midollo osseo può portare al contemporaneo aumento dei reticolociti e dei globuli rossi. Questo può essere dovuto ad una aumentata produzione di eritropoietina, al fumo di sigaretta o a patologie croniche che causano l’iperproduzione dei globuli rossi, come la policitemia vera.  Anche l’assunzione di alcuni farmaci può causare diminuzione o incremento della produzione dei reticolociti.

Reticulocytes are immature forms of red blood cells. The number of reticulocytes or their percentage in the blood reflects bone marrow activity and function.  Red blood cells are produced in the bone marrow, where hematopoietic stem cells (which will produce blood cells) differentiate and develop to form reticulocytes and then mature red blood cells. Reticulocytes are approximately 24% larger in volume than red blood cells. Unlike other blood cells, red blood cells do not have a nucleus, while reticulocytes are characterized by the presence of residual genetic material (RNA). When reticulocytes mature they lose all the RNA present within them; this occurs within a day or so of their entry into the bloodstream from the bone marrow. Absolute or percent reticulocyte counts are a good indicator of the bone marrow’s ability to produce red blood cells (erythropoiesis).  Red blood cells survive in circulation for approximately 120 days and the bone marrow is continually producing new red blood cells to replace those aged, degraded or lost through bleeding. In this way, a constant number of red blood cells is always maintained in the bloodstream. Increased percent reticulocyte count – An increase in bleeding (haemorrhage), chronic or acute, or increased destruction of red blood cells (haemolysis) may lead to a decrease in red blood cells in the blood and thus to anaemia. The body compensates for this loss or deficiency of red blood cells due to various forms of anaemia (such as pernicious or iron deficiency anaemia) by increasing the rate of red blood cell production and via the release of red blood cells into the bloodstream before they fully mature. In these situations, the number and percentage of reticulocytes in the blood increases until a sufficient number of red blood cells is re-established or until the maximum capacity for bone marrow synthesis is reached.  Various pathologies and clinical conditions can affect the production of new RBCs and/or their survival; others can cause significant bleeding. These conditions can lead to an increase or decrease in the number of RBCs and affect reticulocyte counts. Low percentage reticulocyte count : If the bone marrow does not function properly, a decrease in the number of red blood cells may occur. This can happen in the presence of various bone marrow conditions, including aplastic anemia. However, the decrease in the production of red blood cells can also be due to other factors, such as liver cirrhosis, kidney disease, chemo- or radiotherapy treatments, low levels of erythropoietin or the deficiency of various nutrients such as iron, vitamin B12 or folate. Decreased erythrocyte production can lead to a decrease in the number of red blood cells in circulation, a decrease in hemoglobin and the ability to transport oxygen to the tissues, a decrease in hematocrit and a decrease in reticulocyte counts, since the aged RBCs are removed from the blood but not totally replaced.  Sometimes, excessive production by the bone marrow can lead to the simultaneous increase in reticulocytes and red blood cells. This may be due to increased erythropoietin production, cigarette smoking, or chronic conditions that cause overproduction of red blood cells, such as polycythemia vera.  Taking certain medications can also cause reticulocyte production to decrease or increase.

ROSOLIA (Anticorpi IgG)

Il virus della Rosolia è un virus del genere Rubivirus e generalmente causa lievi infezioni caratterizzate da febbre ed eruzioni cutanee che persistono per 2-3 giorni. L’infezione è estremamente contagiosa, ma prevenibile tramite il vaccino. Il test d’elezione per la diagnosi di Rosolia consiste nella ricerca nel sangue degli anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta ad un’infezione da virus della Rosolia. Generalmente, l’infezione da Rosolia viene trasmessa tramite contatto con soggetti infetti e/o tramite colpi di tosse o starnuti. L’infezione determina la comparsa di piccole eruzioni cutanee di colore rosa sul volto e sul collo, che possono poi diffondersi al tronco e agli arti e scomparire entro pochi giorni. Inoltre, l’infezione può causare febbre, ingrossamento dei linfonodi, rinorrea (naso che cola), arrossamento oculare e dolori articolari. Talvolta, i sintomi sono così lievi, in particolare nei bambini, da passare inosservati. Nella maggior parte delle persone, la Rosolia si risolve spontaneamente entro pochi giorni, senza la necessità di sottoporsi ad alcun trattamento.  I soggetti maggiormente esposti al rischio di sviluppare gravi complicanze sono rappresentati dalle donne che contraggono il virus in gravidanza, poichè possono trasmettere l’infezione al feto. Il rischio di trasmissione aumenta durante il primo trimestre e nelle ultime settimane della gravidanza. In questi periodi, lo sviluppo del feto risulta particolarmente vulnerabile. La trasmissione materno-fetale del virus della Rosolia può causare aborto, nascita prematura o una patologia nota come sindrome da rosolia congenita (CRS), che può causare numerose malformazioni permanenti nel bambino. Tale sindrome può determinare la presenza di disordini dello sviluppo e dell’intelletto, sordità, opacità del cristallino (cataratta), microcefalia (testa piccola) e difetti cardiaci. A causa delle gravi complicanze associate all’infezione da virus della Rosolia nello sviluppo fetale, nel 1972 in Italia è stato introdotto un vaccino anti-rosolia per le ragazze in età prepuberale. Inoltre, nei primi anni ’90 è stato introdotto il vaccino combinato trivalente MPR (Morbillo, Parotite, Rosolia) per la vaccinazione universale di tutti i nuovi nati. In Italia, il vaccino MPR è obbligatorio dall’anno scolastico 2017-2018, fornito gratuitamente secondo la Legge 119 del 31/7/2017 e previsto dal Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale PNPV 2017-2019. Il protocollo di vaccinazione dell’infanzia prevede la prima dose a 13-15 mesi e la seconda dose a 5-6 anni.  In Europa, nel 2018 sono stati segnalati 579 casi di Rosolia in 14 Stati. L’Italia è al terzo posto per numero di casi segnalati dopo Polonia (450 casi) e Germania (58 casi).  Attualmente, secondo i dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dai Centri statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle malattie (CDC), in 80 Paesi la campagna di vaccinazioni ha permesso di debellare completamente la malattia. In Italia, nonostante la diminuzione dei casi dopo il 2017, le basse coperture vaccinali raggiunte non hanno fermato la circolazione della Rosolia ed il rischio di sindrome da rosolia congenita è ancora significativamente presente.

Rubella virus is a virus of the Rubivirus genus and generally causes mild infections characterized by fever and rashes that persist for 2-3 days. The infection is extremely contagious, but preventable via the vaccine. The test of choice for the diagnosis of Rubella is to search the blood for antibodies produced by the immune system in response to an infection with the Rubella virus. Generally, rubella infection is transmitted by contact with infected individuals and/or by coughing or sneezing. The infection results in small, pink-colored rashes on the face and neck, which can then spread to the trunk and limbs and disappear within a few days. Additionally, the infection can cause fever, swollen lymph nodes, rhinorrhea (runny nose), redness in the eye, and joint pain. Sometimes, the symptoms are so mild, particularly in children, that they go unnoticed. In most people, Rubella resolves spontaneously within a few days, without the need to undergo any treatment.  Those most exposed to the risk of developing serious complications are women who contract the virus during pregnancy, as they can transmit the infection to the fetus. The risk of transmission increases during the first trimester and in the last weeks of pregnancy. In these periods, the development of the fetus is particularly vulnerable. Maternal-fetal transmission of the Rubella virus can cause miscarriage, premature birth, or a condition known as congenital rubella syndrome (CRS), which can cause numerous permanent malformations in the baby. Such syndrome may determine the presence of developmental and intellectual disorders, deafness, opacity of the lens (cataract), microcephaly (small head), and heart defects. Due to serious complications associated with rubella virus infection in fetal development, a rubella vaccine for prepubertal girls was introduced in Italy in 1972. Furthermore, in the early years ’90 the trivalent combined MMR (Morbil, Mumps, Rubella) vaccine was introduced for the universal vaccination of all newborns. In Italy, the MMR vaccine has been mandatory since the 2017-2018 school year, provided free of charge according to Law 119 of 31/7/2017 and provided for by the National Plan of Vaccination Prevention PNPV 2017-2019. The childhood vaccination protocol includes the first dose at 13-15 months and the second dose at 5-6 years.    In Europe, 579 cases of Rubella were reported in 14 states in 2018. Italy ranks third in the number of cases reported after Poland (450 cases) and Germany (58 cases).   Currently, according to data collected by the World Health Organization (WHO) and the United States Centers for Disease Control and Prevention (CDC), in 80 countries the vaccination campaign has made it possible to completely eradicate the disease. In Italy, despite the decrease in cases after 2017, the low vaccination coverage achieved has not stopped the circulation of Rubella and the risk of congenital rubella syndrome is still significantly present.

ROSOLIA (Anticorpi IgM)

Il virus della Rosolia è un virus del genere Rubivirus e generalmente causa lievi infezioni caratterizzate da febbre ed eruzioni cutanee che persistono per 2-3 giorni. L’infezione è estremamente contagiosa, ma prevenibile tramite il vaccino. Il test d’elezione per la diagnosi di Rosolia consiste nella ricerca nel sangue degli anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta ad un’infezione da virus della Rosolia. Generalmente, l’infezione da Rosolia viene trasmessa tramite contatto con soggetti infetti e/o tramite colpi di tosse o starnuti. L’infezione determina la comparsa di piccole eruzioni cutanee di colore rosa sul volto e sul collo, che possono poi diffondersi al tronco e agli arti e scomparire entro pochi giorni. Inoltre, l’infezione può causare febbre, ingrossamento dei linfonodi, rinorrea (naso che cola), arrossamento oculare e dolori articolari. Talvolta, i sintomi sono così lievi, in particolare nei bambini, da passare inosservati. Nella maggior parte delle persone, la Rosolia si risolve spontaneamente entro pochi giorni, senza la necessità di sottoporsi ad alcun trattamento.  I soggetti maggiormente esposti al rischio di sviluppare gravi complicanze sono rappresentati dalle donne che contraggono il virus in gravidanza, poichè possono trasmettere l’infezione al feto. Il rischio di trasmissione aumenta durante il primo trimestre e nelle ultime settimane della gravidanza. In questi periodi, lo sviluppo del feto risulta particolarmente vulnerabile. La trasmissione materno-fetale del virus della Rosolia può causare aborto, nascita prematura o una patologia nota come sindrome da rosolia congenita (CRS), che può causare numerose malformazioni permanenti nel bambino. Tale sindrome può determinare la presenza di disordini dello sviluppo e dell’intelletto, sordità, opacità del cristallino (cataratta), microcefalia (testa piccola) e difetti cardiaci. A causa delle gravi complicanze associate all’infezione da virus della Rosolia nello sviluppo fetale, nel 1972 in Italia è stato introdotto un vaccino anti-rosolia per le ragazze in età prepuberale. Inoltre, nei primi anni ’90 è stato introdotto il vaccino combinato trivalente MPR (Morbillo, Parotite, Rosolia) per la vaccinazione universale di tutti i nuovi nati. In Italia, il vaccino MPR è obbligatorio dall’anno scolastico 2017-2018, fornito gratuitamente secondo la Legge 119 del 31/7/2017 e previsto dal Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale PNPV 2017-2019. Il protocollo di vaccinazione dell’infanzia prevede la prima dose a 13-15 mesi e la seconda dose a 5-6 anni.  In Europa, nel 2018 sono stati segnalati 579 casi di Rosolia in 14 Stati. L’Italia è al terzo posto per numero di casi segnalati dopo Polonia (450 casi) e Germania (58 casi).  Attualmente, secondo i dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dai Centri statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle malattie (CDC), in 80 Paesi la campagna di vaccinazioni ha permesso di debellare completamente la malattia. In Italia, nonostante la diminuzione dei casi dopo il 2017, le basse coperture vaccinali raggiunte non hanno fermato la circolazione della Rosolia ed il rischio di sindrome da rosolia congenita è ancora significativamente presente.

Rubella virus is a virus of the Rubivirus genus and generally causes mild infections characterized by fever and rashes that persist for 2-3 days. The infection is extremely contagious, but preventable via the vaccine. The test of choice for the diagnosis of Rubella is to search the blood for antibodies produced by the immune system in response to an infection with the Rubella virus. Generally, rubella infection is transmitted by contact with infected individuals and/or by coughing or sneezing. The infection results in small, pink-colored rashes on the face and neck, which can then spread to the trunk and limbs and disappear within a few days. Additionally, the infection can cause fever, swollen lymph nodes, rhinorrhea (runny nose), redness in the eye, and joint pain. Sometimes, the symptoms are so mild, particularly in children, that they go unnoticed. In most people, Rubella resolves spontaneously within a few days, without the need to undergo any treatment.  Those most exposed to the risk of developing serious complications are women who contract the virus during pregnancy, as they can transmit the infection to the fetus. The risk of transmission increases during the first trimester and in the last weeks of pregnancy. In these periods, the development of the fetus is particularly vulnerable. Maternal-fetal transmission of the Rubella virus can cause miscarriage, premature birth, or a condition known as congenital rubella syndrome (CRS), which can cause numerous permanent malformations in the baby. Such syndrome may determine the presence of developmental and intellectual disorders, deafness, opacity of the lens (cataract), microcephaly (small head), and heart defects. Due to serious complications associated with rubella virus infection in fetal development, a rubella vaccine for prepubertal girls was introduced in Italy in 1972. Furthermore, in the early years ’90 the trivalent combined MMR (Morbil, Mumps, Rubella) vaccine was introduced for the universal vaccination of all newborns. In Italy, the MMR vaccine has been mandatory since the 2017-2018 school year, provided free of charge according to Law 119 of 31/7/2017 and provided for by the National Plan of Vaccination Prevention PNPV 2017-2019. The childhood vaccination protocol includes the first dose at 13-15 months and the second dose at 5-6 years.    In Europe, 579 cases of Rubella were reported in 14 states in 2018. Italy ranks third in the number of cases reported after Poland (450 cases) and Germany (58 cases).   Currently, according to data collected by the World Health Organization (WHO) and the United States Centers for Disease Control and Prevention (CDC), in 80 countries the vaccination campaign has made it possible to completely eradicate the disease. In Italy, despite the decrease in cases after 2017, the low vaccination coverage achieved has not stopped the circulation of Rubella and the risk of congenital rubella syndrome is still significantly present.

ROTAVIRUS (Ricerca antigenica)

Il rotavirus è l’agente virale responsabile della maggior parte dei casi giovanili di gastroenterite.  Avente per genoma diverse molecole di RNA a doppia elica, questo comune virus è trasmissibile in vari modi: attraverso la via oro-fecale (modalità di trasmissione principale), per contatto fisico (con oggetti, mani o cibi contaminati) e attraverso le vie respiratorie. In genere, i sintomi della gastroenterite da rotavirus consistono in: nausea, vomito, stato febbrile e diarrea acquosa. La complicanza più temuta è la disidratazione, successiva ai ripetuti episodi di vomito e dissenteria.  Nella maggior parte dei casi, per individuare un’infezione da rotavirus sono sufficienti l’esame obiettivo e l’anamnesi. Non esistono cure specifiche, ma solo trattamenti di tipo sintomatico. Fondamentale, per evitare gravi complicazioni, è la reidratazione del paziente.Il rotavirus è l’agente biologico che rappresenta la principale causa di gastroenterite nei neonati e nei bambini.   Avente per genoma svariate molecole di RNA a doppia elica, il rotavirus appartiene alla famiglia virale nota come Reoviridae. Ad oggi, i virologi hanno individuato 8 specie di rotavirus, identificate con le prime otto lettere maiuscole dell’alfabeto, quindi A, B, C, D, E, F, G e H.  Delle 8 specie di Rotavirus finora individuate, la specie Rotavirus A è quella più diffusa. Questa, infatti, è responsabile di più del 90% delle cosiddette infezioni da rotavirus.  Il genoma del rotavirus consiste in 11 molecole di RNA a doppia elica, identificate con i numeri arabi da 1 a 11.  Tutte insieme, queste 11 molecole di RNA a doppia elica possiedono esattamente 18.555 nucleotidi.  Tranne la molecola di RNA numero 9 – che codifica per due geni – tutte le altre molecole di RNA codificano per un gene soltanto.
Il rotavirus è una particella il cui diametro misura 76,5 nanometri.

Rotavirus is the viral agent responsible for most cases of gastroenteritis in young children. With a genome consisting of several double-stranded RNA molecules, this common virus can be transmitted in various ways: through the fecal-oral route (the main mode of transmission), through physical contact (with contaminated objects, hands, or food), and through the respiratory tract. Typically, the symptoms of rotavirus gastroenteritis consist of nausea, vomiting, fever, and watery diarrhea. The most feared complication is dehydration, following repeated episodes of vomiting and dysentery. In most cases, a physical examination and medical history are sufficient to detect a rotavirus infection. There is no specific cure, only symptomatic treatment. Rehydration of the patient is essential to avoid serious complications. Rotavirus is the biological agent that is the leading cause of gastroenteritis in infants and children.  With a genome consisting of several double-stranded RNA molecules, rotavirus belongs to the viral family known as Reoviridae. To date, virologists have identified eight species of rotavirus, identified by the first eight capital letters of the alphabet, namely A, B, C, D, E, F, G, and H. Of the eight species of rotavirus identified so far, Rotavirus A is the most widespread. In fact, it is responsible for more than 90% of so-called rotavirus infections. The rotavirus genome consists of 11 double-stranded RNA molecules, identified by the Arabic numerals 1 to 11. Together, these 11 double-stranded RNA molecules have exactly 18,555 nucleotides. Except for RNA molecule number 9, which codes for two genes, all other RNA molecules code for only one gene.
Rotavirus is a particle with a diameter of 76.5 nanometers.

S

SALICILATI

I salicilati sono un gruppo di farmaci, inclusa l’aspirina, acquistabili con o senza la necessità di prescrizione medica. Spesso sono utilizzati per ridurre il dolore o l’infiammazione, per ridurre la febbre e per prevenire l’eccessiva coagulazione. Il test dei salicilati misura la concentrazione di queste sostanze nel sangue e rileva o monitora un’eventuale overdose (avvelenamento da salicilati).   I salicilati sono disponibili sotto forma di pillole o compresse assumibili per via orale o sotto forma di creme ad uso topico, che vengono assorbite dall’organismo tramite la pelle. L’aspirina è il salicilato più comunemente utilizzato, disponibile sotto forma di pillole o compresse.

  • I salicilati acquistabili senza prescrizione medica spesso sono utilizzati in caso di necessità o in maniera regolare per ridurre il dolore, la febbre e l’infiammazione
  • Basse dosi di aspirina possono essere assunte con regolarità per ridurre il rischio di trombosi (coagulazione inappropriata del sangue), infarto cardiaco o ictus nelle persone ad alto rischio. Inoltre, basse dosi di aspirina possono essere assunte per prevenire il peggioramento delle malattie cardiovascolari e/o l’insorgenza di complicanze in corso di infarto cardiaco o subito dopo. Tuttavia, l’utilizzo di aspirina per prevenire l’insorgenza di malattie cardiovascolari non è raccomandato in soggetti di età superiore ai 70 anni o in pazienti affetti da disordini della coagulazione
  • L’aspirina può essere utilizzata in pazienti affetti da disordini mieloproliferativi (come la policitemia vera e la trombocitemia essenziale) e per prevenire la formazione di coaguli
  • Raramente, l’aspirina può essere assunta sotto prescrizione medica per diminuire i sintomi correlati all’artrite reumatoide, all’osteoartrite, così come ai disordini autoimmuni e al lupus.

Dopo l’assunzione di una singola dose, la concentrazione dei salicilati nel sangue aumenta nel giro di due ore, anche se il raggiungimento del picco può essere ritardato di 12 ore o più tramite l’assunzione di preparazioni dotate di rivestimento enterico o a rilascio prolungato. L’ingestione di quantità eccessive di salicilati in breve tempo (avvelenamento acuto) o l’assunzione prolungata nel tempo (avvelenamento cronico) può comportare la comparsa di segni e sintomi associati con la tossicità da salicilati.     I salicilati sono metabolizzati dal fegato ed eliminati tramite l’urina. La capacità dell’organismo di rimuovere efficientemente i salicilati è influenzata dal pH ematico e urinario (acidità/alcalinità) e dalla funzionalità epatica e renale. Individui con insufficienza renale o epatica possono risultare maggiormente esposti alla tossicità da salicilati.    L’avvelenamento da salicilati è una condizione grave che spesso richiede il ricovero in ospedale e un attento monitoraggio. Nei casi più gravi lo sbilanciamento dell’equilibrio acido-base può peggiorare progressivamente determinando squilibrio elettrolitico (ipercaliemia), ipoglicemia e disidratazione e progredire verso convulsioni, allucinazioni, delirio, coma e addirittura morte.    Sia la tossicità acuta che quella cronica presentano sintomi simili, ma la tossicità cronica è associata a livelli più bassi di salicilati. Inoltre, la tossicità cronica si verifica con maggior probabilità negli anziani, causando delirio, perdita di energie, accumulo di liquidi nei polmoni (edema polmonare), insufficienza renale, squilibrio acido-base e/o elettrolitico. Molti di questi sintomi sono già presenti nelle persone anziane che non assumono salicilati, pertanto, rilevare la presenza di un’overdose/avvelenamento da salicilati in questi soggetti può rivelarsi difficile.   Se usata con attenzione e seguendo le indicazioni relative al dosaggio appropriato, le dosi terapeutiche di salicilati risultano essere efficaci e sicure per la maggior parte degli adulti. Tuttavia, problemi con l’assunzione dei salicilati possono derivare dalla combinazione inconsapevole di più prodotti che li contengono.

  • Molti farmaci da banco includono salicilati e l’assunzione di diversi di questi farmaci può portare inconsapevolmente ad un effetto cumulativo, con conseguente assunzione di quantità eccessive di salicilati
  • La grande diffusione e disponibilità di salicilati può far erroneamente pensare che si tratti di farmaci innocui
  • L’assunzione di un dosaggio superiore a quello raccomandato o con frequenza troppo alta può comportare un’overdose. Questo può verificarsi in soggetti che, per lenire un dolore che non viene alleviato con una singola dose, incorrono in un sovradosaggio
  • Nelle persone più anziane le conseguenze possono essere complicate dalla presenza di patologie concomitanti e dallo stato generale di salute che può determinare una diminuita capacità di eliminare i salicilati dall’organismo

L’assunzione di aspirina non è raccomandata nei bambini e negli adolescenti per il rischio di sviluppare la sindrome di Reye, una patologia caratterizzata da danneggiamento acuto dell’encefalo, associato a cambiamenti nel comportamento, nausea, vomito e disfunzione epatica potenzialmente letali. Poiché a questa categoria di persone non viene di solito prescritta l’assunzione di aspirina, l’avvelenamento da salicilati può derivare da ingestione accidentale o intenzionale. Le creme ad uso topico contenenti metil-salicilati destano particolare preoccupazione per l’alto dosaggio di farmaco contenuto al loro interno.

Salicylates are a group of drugs, including aspirin, that can be purchased with or without a prescription. They are often used to reduce pain or inflammation, lower fever, and prevent excessive clotting. The salicylate test measures the concentration of these substances in the blood and detects or monitors a possible overdose (salicylate poisoning). Salicylates are available in the form of pills or tablets that can be taken orally or in the form of topical creams that are absorbed by the body through the skin. Aspirin is the most commonly used salicylate, available in pill or tablet form.  Salicylates that can be purchased without a prescription are often used as needed or on a regular basis to reduce pain, fever, and inflammation.
Low doses of aspirin can be taken regularly to reduce the risk of thrombosis (inappropriate blood clotting), heart attack, or stroke in high-risk individuals. In addition, low doses of aspirin can be taken to prevent the worsening of cardiovascular disease and/or the onset of complications during or immediately after a heart attack. However, the use of aspirin to prevent the onset of cardiovascular disease is not recommended in individuals over the age of 70 or in patients with coagulation disorders.
Aspirin can be used in patients with myeloproliferative disorders (such as polycythemia vera and essential thrombocythemia) and to prevent blood clots.
In rare cases, aspirin may be taken under medical prescription to reduce symptoms related to rheumatoid arthritis, osteoarthritis, autoimmune disorders, and lupus.  After taking a single dose, the concentration of salicylates in the blood increases within two hours, although peak levels may be delayed by 12 hours or more when taking enteric-coated or extended-release preparations. Ingestion of excessive amounts of salicylates in a short period of time (acute poisoning) or prolonged intake over time (chronic poisoning) can lead to the appearance of signs and symptoms associated with salicylate toxicity. Salicylates are metabolized by the liver and eliminated in the urine. The body’s ability to efficiently remove salicylates is influenced by blood and urine pH (acidity/alkalinity) and liver and kidney function. Individuals with kidney or liver failure may be more susceptible to salicylate toxicity. Salicylate poisoning is a serious condition that often requires hospitalization and careful monitoring. In severe cases, the acid-base imbalance can progressively worsen, leading to electrolyte imbalance (hyperkalemia), hypoglycemia, and dehydration, and progressing to convulsions, hallucinations, delirium, coma, and even death.  Both acute and chronic toxicity present similar symptoms, but chronic toxicity is associated with lower levels of salicylates. In addition, chronic toxicity is more likely to occur in the elderly, causing delirium, loss of energy, fluid accumulation in the lungs (pulmonary edema), renal failure, and acid-base and/or electrolyte imbalance. Many of these symptoms are already present in older people who do not take salicylates, so detecting salicylate overdose/poisoning in these individuals can be difficult. When used carefully and according to the appropriate dosage guidelines, therapeutic doses of salicylates are effective and safe for most adults. However, problems with salicylate intake can arise from the unwitting combination of multiple products containing them.   Many over-the-counter medications contain salicylates, and taking several of these medications can unknowingly lead to a cumulative effect, resulting in excessive intake of salicylates.  The widespread availability of salicylates can lead to the mistaken belief that they are harmless medications.
Taking a higher than recommended dose or taking them too frequently can lead to an overdose. This can occur in individuals who, in order to relieve pain that is not alleviated by a single dose, end up taking an overdose.  In older people, the consequences can be complicated by the presence of concomitant diseases and their general state of health, which can lead to a reduced ability to eliminate salicylates from the body.

Aspirin is not recommended for children and adolescents due to the risk of developing Reye’s syndrome, a condition characterized by acute brain damage associated with behavioral changes, nausea, vomiting, and potentially fatal liver dysfunction. Since this group of people is not usually prescribed aspirin, salicylate poisoning can result from accidental or intentional ingestion. Topical creams containing methyl salicylates are of particular concern due to the high dosage of the drug they contain.

SECRETI VARI

Tra le analisi prescritte dal medico, soprattutto in caso di malattie infettive, può esserci l’esecuzione di un tampone. Questo tipo di esame è molto importante poiché molte malattie infettive possono avere segni e disturbi (sintomi) simili e l’analisi del materiale prelevato tramite il tampone può fornire l’esatta natura dell’agente infettivo permettendo la somministrazione della cura più adeguata.

 

Among the tests prescribed by your doctor, especially in the case of infectious diseases, there may be a swab test. This type of test is very important because many infectious diseases can have similar signs and symptoms, and analysis of the material collected by the swab can reveal the exact nature of the infectious agent, allowing the most appropriate treatment to be administered.

SECRETI VARI + ANTIBIOGRAMMA

Tra le analisi prescritte dal medico, soprattutto in caso di malattie infettive, può esserci l’esecuzione di un tampone. Questo tipo di esame è molto importante poiché molte malattie infettive possono avere segni e disturbi (sintomi) simili e l’analisi del materiale prelevato tramite il tampone può fornire l’esatta natura dell’agente infettivo permettendo la somministrazione della cura più adeguata.  L’antibiogramma consiste in un esame che valuta la sensibilità dei batteri agli antibiotici. Questo test viene eseguito in vitro esponendo i batteri a determinate dosi di antibiotici. Viene solitamente effettuato all’interno dei laboratori di microbiologia clinica tramite una coltura batterica in agar secondo il metodo Kirby-Bauer oppure in microdiluizione in brodo.   Queste metodiche, insieme, permettono di stabilire la Minima Concentrazione Inibente (MCI), cioè la più bassa concentrazione di farmaco in grado di inibire la crescita del microorganismo in oggetto. Un antibiogramma è un’analisi di laboratorio che viene effettuata per la scelta dell’antibiotico più efficace nel caso di una determinata infezione.   I valori ottenuti vengono comparati con valori stabiliti dalla comunità scientifica, in base ai risultati ottenuti si può stabilire se un batterio è, rispetto ad un antibiotico:

  • S (sensibile)
  • I (intermedio)
  • R (resistente)

 

Among the tests prescribed by doctors, especially in cases of infectious diseases, there may be a swab test. This type of test is very important because many infectious diseases can have similar signs and symptoms, and analysis of the material collected via the swab can reveal the exact nature of the infectious agent, allowing the most appropriate treatment to be administered. An antibiogram is a test that assesses the sensitivity of bacteria to antibiotics. This test is performed in vitro by exposing the bacteria to certain doses of antibiotics. It is usually carried out in clinical microbiology laboratories using a bacterial culture in agar according to the Kirby-Bauer method or in broth microdilution. Together, these methods allow the Minimum Inhibitory Concentration (MIC) to be established, i.e., the lowest concentration of the drug capable of inhibiting the growth of the microorganism in question. An antibiogram is a laboratory analysis that is performed to select the most effective antibiotic for a given infection. The values obtained are compared with values established by the scientific community, and based on the results obtained, it can be determined whether a bacterium is, with respect to an antibiotic:

S (sensitive)
I (intermediate)
R (resistant)

SEROTONINA

La serotonina è un neurotrasmettitore, ossia una sostanza chimica in grado di trasmettere le informazioni tra le cellule del tessuto nervoso. Questo test misura la concentrazione di serotonina nel circolo ematico.  La serotonina deriva dall’aminoacido triptofano. Essa viene prodotta dalle cellule del sistema nervoso, per lo più nell’encefalo, ma anche da particolari cellule dell’albero bronchiale (polmoni) e del tratto gastrointestinale. Più del 90% della serotonina presente nel circolo ematico è contenuta nelle piastrine.   La serotonina favorisce la trasmissione degli impulsi nervosi, è un vasocostrittore, contribuisce al ritmo sonno-veglia e condiziona l’umore. Essa viene metabolizzata nel fegato ed i suoi metaboliti, prevalentemente il 5-HIAA (acido 5-idrossi-indolacetico), vengono eliminati con l’urina.         In condizioni normali la serotonina è presente in piccole quantità nel circolo ematico; tuttavia, alte concentrazioni di serotonina possono essere prodotte in modo continuo o intermittente da alcuni tumori carcinoidi. I tumori carcinoidi sono masse neuroendocrine cancerose o non cancerose a crescita lenta che possono formarsi a livello del tratto gastrointestinale, prevalentemente nell’appendice, e nei polmoni. Tuttavia, possono interessare anche altri organi. Esistono anche altri tipi di tumori che possono derivare dalle cellule del sistema neuroendocrino. Tali cellule sono in grado di secernere ormoni in risposta a segnali provenienti dal sistema nervoso e sono diffuse in tutto l’organismo. La serotonina prodotta dalle cellule tumorali può causare la comparsa di vampate di calore sul viso, diarrea, tachicardia e dispnea, in modo particolare quando il tumore diffonde a livello epatico. Il gruppo di segni e sintomi sopracitato viene descritto come “sindrome carcinoide”.

I tumori neuroendocrini sono relativamente rari (in Italia, ogni anno, si registrano 4-5 nuovi casi ogni 100.000 persone); nel 60-70% dei casi interessano in tratto gastrointestinale e nel 20-30% dei casi i polmoni. Nel 10% dei casi possono anche interessare altre regioni del corpo, come cute, tiroide, paratiroide e surreni, ma la maggior parte di questi rimane localizzata e non determina l’insorgenza di sintomi. Quando i tumori carcinoidi vengono scoperti in pazienti asintomatici nel corso di interventi chirurgici eseguiti per altre ragioni, questi vengono definiti tumori “incidentali” o incidentalomi. Una piccola percentuale di questi tumori può crescere in misura tale da provocare ostruzione intestinale o bronchiale.

Serotonin is a neurotransmitter, i.e. a chemical substance capable of transmitting information between cells in the nervous tissue. This test measures the concentration of serotonin in the bloodstream. Serotonin is derived from the amino acid tryptophan. It is produced by cells in the nervous system, mainly in the brain, but also by specific cells in the bronchial tree (lungs) and gastrointestinal tract. More than 90% of the serotonin in the bloodstream is contained in platelets. Serotonin promotes the transmission of nerve impulses, is a vasoconstrictor, contributes to the sleep-wake cycle, and affects mood. It is metabolized in the liver and its metabolites, mainly 5-HIAA (5-hydroxyindoleacetic acid), are excreted in the urine.   Under normal conditions, serotonin is present in small quantities in the bloodstream; however, high concentrations of serotonin can be produced continuously or intermittently by some carcinoid tumors. Carcinoid tumors are slow-growing cancerous or noncancerous neuroendocrine masses that can form in the gastrointestinal tract, predominantly in the appendix, and in the lungs. However, they can also affect other organs. There are also other types of tumors that can arise from cells of the neuroendocrine system. Such cells are able to secrete hormones in response to signals from the nervous system and are spread throughout the body. The serotonin produced by tumor cells can cause the appearance of hot flashes on the face, diarrhea, tachycardia and dyspnea, partiNeuroendocrine tumors are relatively rare (in Italy, every year, 4-5 new cases are recorded per 100,000 people); in 60-70% of cases they affect the gastrointestinal tract and in 20-30% of cases the lungs. In 10% of cases, they can also affect other regions of the body, such as the skin, thyroid, parathyroid and adrenals, but most of these remain localized and do not cause the onset of symptoms. When carcinoid tumors are discovered in asymptomatic patients during surgery performed for other reasons, they are called “incidental” or incidentaloma tumors. A small percentage of these tumors can grow to an extent that causes intestinal or bronchial obstruction.cularly when the tumor spreads to the liver. The above group of signs and symptoms is described as “carcinoid syndrome”. 

 

SHBG

La globulina legante gli ormoni sessuali (SHBG) è una proteina prodotta nel fegato in grado di legare il testosterone, il diidrotestosterone (DHT) e l’estradiolo (estrogeno) e di trasportarli in forma inattiva nel circolo sanguigno. Le variazioni dei livelli di SHBG possono quindi influenzare la quantità di ormoni biodisponibili. Il test misura la quantità di SHBG nel sangue ed è spesso utilizzato per valutare la carenza o l’eccesso di testosterone.   Negli uomini circa il 45-65% del testosterone nel sangue è legato all’SHBG mentre il restante è legato con minore avidità all’albumina (la proteina più abbondante nel siero). Solo il 2-3% del testosterone è immediatamente disponibile ai tessuti come testosterone libero, anche se il testosterone legato debolmente all’albumina può essere facilmente catturato dai tessuti dell’organismo.

Nella donna è legata all’SHBG una quota maggiore di testosterone (66-78%) rispetto all’uomo. Nella donna l’SHBG gioca un ruolo fondamentale nella regolazione dei livelli di ormoni sessuali maschili (androgeni) biodisponibili e degli estrogeni circolanti in tutto l’organismo. L’SHBG ha una grande affinità per gli androgeni testosterone e DHT; per cui la carenza di SHBG nelle donne comporta la comparsa di segni e sintomi correlati all’eccesso di androgeni.   L’esame per la misura del testosterone totale non distingue tra il testosterone libero e legato ma rileva la quantità totale di testosterone. In molti casi questo è sufficiente per identificare la carenza o l’eccesso di testosterone. Tuttavia, la misura del testosterone totale può non essere accurata nella stima del testosterone disponibile se i livelli di SHBG sono alterati. La misura dell’SHBG viene quindi richiesta nel caso in cui i livelli di testosterone non correlino con i segni e sintomi presenti.

Sex hormone-binding globulin (SHBG) is a protein produced in the liver that can bind testosterone, dihydrotestosterone (DHT), and estradiol (estrogen) and transport them in an inactive form into the bloodstream. Changes in SHBG levels can therefore affect the amount of bioavailable hormones. The test measures the amount of SHBG in the blood and is often used to assess testosterone deficiency or excess.   In men about 45-65% of testosterone in the blood is bound to SHBG while the remainder is bound with less avidity to albumin (the most abundant protein in serum). Only 2-3% of testosterone is immediately available to tissues as free testosterone, although testosterone bound weakly to albumin can be easily captured by tissues in the body.    A higher share of testosterone (66-78%) is bound to SHBG in women than in men. In women, SHBG plays a fundamental role in regulating the levels of bioavailable male sex hormones (androgens) and estrogens circulating throughout the body. SHBG has a great affinity for the androgens testosterone and DHT; whereby SHBG deficiency in women results in the appearance of signs and symptoms related to excess androgens.   The examination for the measure of total testosterone does not distinguish between free and bound testosterone but detects the total amount of testosterone. In many cases this is sufficient to identify testosterone deficiency or excess. However, the measurement of total testosterone may not be accurate in estimating available testosterone if SHBG levels are altered. The SHBG measure is then required in case testosterone levels do not correlate with the signs and symptoms present.

SIDEREMIA

Il ferro è un nutriente essenziale che, tra le altre funzioni, è richiesto per la produzione di globuli rossi sani. È un costituente essenziale dell’emoglobina, la proteina presente all’interno dei globuli rossi responsabile del legame dell’ossigeno nei polmoni e del suo rilascio in tutto l’organismo. La sideremia è la misura della quantità di ferro presente nella parte liquida del sangue (siero).  La misura del ferro sierico (sideremia) in genere viene richiesta insieme ad altri test per la valutazione del metabolismo del ferro, come la ferritina, la transferrina e la capacità legante totale (TIBC). Questi test vengono spesso richiesti ed interpretati insieme, per la diagnosi e/o il monitoraggio di stati ferro carenziali o di accumulo di ferro.  L’organismo non è in grado di produrre il ferro ma può assorbirlo dagli alimenti o integratori. Una volta assorbito, il ferro è trasportato dalla transferrina, una proteina di origine epatica.   Nelle persone sane, la maggior parte del ferro assorbito viene incorporato nell’emoglobina presente all’interno dei globuli rossi. Il rimanente viene immagazzinato nei tessuti sotto forma di ferritina o emosiderina. Una piccola parte viene utilizzata per produrre altre proteine come la mioglobina, o alcuni enzimi.

In caso di apporto insufficiente di ferro, tale da non soddisfare le necessità dell’organismo, la sideremia scende e i depositi di ferro vengono mobilitati. Ciò può avvenire per:

  • Bassa assunzione di ferro tramite la dieta
  • Incapacità dell’organismo di assorbire il ferro (come nella celiachia)
  • Necessità di maggiori quantità di ferro come durante la gravidanza o l’adolescenza o in persone con patologie croniche responsabili di continue emorragie (ulcera peptica, cancro al colon).

La presenza di quantità insufficienti di ferro circolante e immagazzinato può portare ad anemia ferro carente (sideropenica). Nelle fasi precoci la carenza di ferro non comporta sintomi evidenti poiché la diminuzione della quantità di ferro circolante viene compensata dalla mobilitazione dei depositi di ferro. I segni e sintomi si manifestano solo in seguito alla quasi totale mobilitazione dei depositi di ferro. In persone in un buono stato di salute perciò, i sintomi della carenza di ferro si manifestano raramente prima della diminuzione della quantità di emoglobina presente.Il perdurare dello stato ferro carenziale comporta tuttavia il manifestarsi dei sintomi tra cui, quelli più comuni, sono: fatica, debolezza, vertigini, cefalea, pallore. Per maggiori dettagli si rimanda alla pagina “Anemia”.  Anche la presenza di quantità eccessive di ferro possono risultare tossiche. I livelli di ferro nel sangue e i depositi di ferro possono aumentare considerevolmente nel caso in cui vengano assunte quantità di ferro superiori rispetto alle necessità. Ciò può portare al progressivo accumulo di ferro e danno ad organi come fegato, cuore e pancreas. Un esempio è l’emocromatosi, un raro disordine genetico caratterizzato dall’eccessivo assorbimento di ferro, anche in persone con un regime dietetico nella norma. L’overdose da ferro può essere anche conseguente all’ingestione di quantità eccessive di integratori.

Iron is an essential nutrient that, among other functions, is required for the production of healthy red blood cells. It is an essential constituent of hemoglobin, the protein found within red blood cells responsible for binding oxygen in the lungs and releasing it throughout the body. Sideremia is the measurement of the amount of iron present in the liquid part of the blood (serum).  Measurement of serum iron (sideremia) is typically required along with other tests to evaluate iron metabolism, such as ferritin, transferrin, and total binding capacity (TIBC). These tests are often requested and interpreted together, for the diagnosis and/or monitoring of iron deficiency or iron accumulation states.  The body is unable to produce iron but can absorb it from foods or supplements. Once absorbed, iron is transported by transferrin, a protein of hepatic origin.   In healthy people, most of the absorbed iron is incorporated into the hemoglobin found inside red blood cells. The remainder is stored in the tissues in the form of ferritin or hemosiderin. A small part is used to produce other proteins such as myoglobin, or some enzymes.   In case of insufficient iron intake, such that it does not meet the needs of the body, the sideremia drops and the iron deposits are mobilized. This can happen for:  Low iron intake through diet  Inability of the body to absorb iron (as in celiac disease)  Need for greater amounts of iron such as during pregnancy or adolescence or in people with chronic conditions responsible for continuous bleeding (peptic ulcer, colon cancer).  The presence of insufficient amounts of circulating and stored iron can lead to iron deficiency anemia (sideropenic). In the early stages, iron deficiency does not lead to obvious symptoms since the decrease in the quantity of circulating iron is compensated by the mobilization of iron deposits. The signs and symptoms manifest themselves only following the almost total mobilization of iron deposits. In people in a good state of health therefore, the symptoms of iron deficiency rarely manifest themselves before the decrease in the quantity of hemoglobin present. However, the continuation of the iron deficiency state leads to the manifestation of symptoms, the most common ones being: fatigue, weakness, dizziness, headache, paleness. For further details, please refer to the “Anemia” page.  The presence of excessive quantities of iron can also be toxic. Blood iron levels and iron deposits can increase considerably if more iron is consumed than necessary. This can lead to the progressive accumulation of iron and damage to organs such as the liver, heart and pancreas. An example is hemochromatosis, a rare genetic disorder characterized by excessive iron absorption, even in people with a normal diet. Iron overdose can also be a result of ingesting excessive amounts of supplements.

SODIO

Questo esame misura la concentrazione di sodio nel sangue e/o nell’urina. Il sodio è un elettrolita di vitale importanza per il metabolismo cellulare, la funzionalità muscolare e la trasmissione dei segnali nervosi.   Gli elettroliti sono elementi o composti presenti nei tessuti e nel sangue sotto forma di particelle cariche elettricamente. Il sodio, insieme ad altri elettroliti quali potassio, cloro e bicarbonato (o CO2 totale), è implicato nel mantenimento dell’equilibrio idrico e della funzionalità cellulare. Il sodio è presente in tutti i liquidi biologici, ma si trova principalmente all’interno delle cellule dell’organismo e nel liquido all’esterno delle cellule. La concentrazione del sodio extracellulare, così come l’acqua presente nell’organismo, è regolata dai reni. Il sodio è introdotto con la dieta, sia tramite sale da tavola (cloruro di sodio o NaCl) che con alcuni alimenti di utilizzo comune. Le persone normalmente assumono un’adeguata concentrazione di sodio dalla dieta. L’organismo, dopo aver utilizzato la quota necessaria, elimina il sodio in eccesso con l’urina, affinché la concentrazione nel sangue venga mantenuta entro limiti ristretti. Ciò avviene:

  • Producendo ormoni che aumentano (peptidi natriuretici) o diminuiscono (aldosterone) la quantità di sodio escreta con l’urina
  • Producendo un ormone che previene la perdita di acqua (ormone antidiuretico, ADH, o vasopressina)
  • Controllando la sensazione di sete; anche solo l’aumento dell’1% di sodio nel sangue fa aumentare la sete e stimola la persona a bere acqua, facendo tornare il sodio a concentrazioni normali.

Quando la concentrazione di sodio nel sangue cambia, cambia anche il contenuto di acqua nell’organismo. Questi cambiamenti possono essere associati a disidratazione o edema, spesso con conseguente gonfiore alle gambe.

This test measures the concentration of sodium in the blood and/or urine. Sodium is an electrolyte of vital importance for cellular metabolism, muscle function and the transmission of nerve signals.   Electrolytes are elements or compounds present in tissues and blood in the form of electrically charged particles. Sodium, along with other electrolytes such as potassium, chlorine and bicarbonate (or total CO2), is implicated in maintaining water balance and cellular functionality. Sodium is present in all biological liquids, but it is mainly found inside the cells of the body and in the liquid outside the cells. The concentration of extracellular sodium, as well as the water in the body, is regulated by the kidneys. Sodium is introduced through the diet, both through table salt (sodium chloride or NaCl) and with some commonly used foods. People normally get an adequate concentration of sodium from their diet. The body, after using the necessary amount, eliminates excess sodium with urine, so that the concentration in the blood is kept within narrow limits. This happens:     By producing hormones that increase (natriuretic peptides) or decrease (aldosterone) the amount of sodium excreted in urine   Producing a hormone that prevents water loss (antidiuretic hormone, ADH, or vasopressin)  Controlling the feeling of thirst; even just the ’1% increase in sodium in the blood increases thirst and stimulates the person to drink water, causing the sodium to return to normal concentrations.  When the concentration of sodium in the blood changes, the water content in the body also changes. These changes can be associated with dehydration or edema, often resulting in swelling of the legs.

SODIO URINARIO

Questo esame misura la concentrazione di sodio nel sangue e/o nell’urina. Il sodio è un elettrolita di vitale importanza per il metabolismo cellulare, la funzionalità muscolare e la trasmissione dei segnali nervosi.   Gli elettroliti sono elementi o composti presenti nei tessuti e nel sangue sotto forma di particelle cariche elettricamente. Il sodio, insieme ad altri elettroliti quali potassio, cloro e bicarbonato (o CO2 totale), è implicato nel mantenimento dell’equilibrio idrico e della funzionalità cellulare. Il sodio è presente in tutti i liquidi biologici, ma si trova principalmente all’interno delle cellule dell’organismo e nel liquido all’esterno delle cellule. La concentrazione del sodio extracellulare, così come l’acqua presente nell’organismo, è regolata dai reni. Il sodio è introdotto con la dieta, sia tramite sale da tavola (cloruro di sodio o NaCl) che con alcuni alimenti di utilizzo comune. Le persone normalmente assumono un’adeguata concentrazione di sodio dalla dieta. L’organismo, dopo aver utilizzato la quota necessaria, elimina il sodio in eccesso con l’urina, affinché la concentrazione nel sangue venga mantenuta entro limiti ristretti. Ciò avviene:

  • Producendo ormoni che aumentano (peptidi natriuretici) o diminuiscono (aldosterone) la quantità di sodio escreta con l’urina
  • Producendo un ormone che previene la perdita di acqua (ormone antidiuretico, ADH, o vasopressina)
  • Controllando la sensazione di sete; anche solo l’aumento dell’1% di sodio nel sangue fa aumentare la sete e stimola la persona a bere acqua, facendo tornare il sodio a concentrazioni normali.

Quando la concentrazione di sodio nel sangue cambia, cambia anche il contenuto di acqua nell’organismo. Questi cambiamenti possono essere associati a disidratazione o edema, spesso con conseguente gonfiore alle gambe.

This test measures the concentration of sodium in the blood and/or urine. Sodium is an electrolyte of vital importance for cellular metabolism, muscle function and the transmission of nerve signals.   Electrolytes are elements or compounds present in tissues and blood in the form of electrically charged particles. Sodium, along with other electrolytes such as potassium, chlorine and bicarbonate (or total CO2), is implicated in maintaining water balance and cellular functionality. Sodium is present in all biological liquids, but it is mainly found inside the cells of the body and in the liquid outside the cells. The concentration of extracellular sodium, as well as the water in the body, is regulated by the kidneys. Sodium is introduced through the diet, both through table salt (sodium chloride or NaCl) and with some commonly used foods. People normally get an adequate concentration of sodium from their diet. The body, after using the necessary amount, eliminates excess sodium with urine, so that the concentration in the blood is kept within narrow limits. This happens:     By producing hormones that increase (natriuretic peptides) or decrease (aldosterone) the amount of sodium excreted in urine   Producing a hormone that prevents water loss (antidiuretic hormone, ADH, or vasopressin)  Controlling the feeling of thirst; even just the ’1% increase in sodium in the blood increases thirst and stimulates the person to drink water, causing the sodium to return to normal concentrations.  When the concentration of sodium in the blood changes, the water content in the body also changes. These changes can be associated with dehydration or edema, often resulting in swelling of the legs.

SOMATOMEDINA C

L’IGF-1 (insulin-like growth factor-1) (somatomedina C)  è un ormone che, insieme all’ormone della crescita (GH), promuove un’appropriata crescita delle ossa e dei tessuti consentendo un normale sviluppo. Questo esame misura la quantità di IGF-1 nel sangue.  L’IGF-1 viene prodotto principalmente nel fegato, nel muscolo scheletrico e in altri tessuti sensibili alla stimolazione da parte del GH. L’IGF-1 media gli effetti del GH, stimolando la crescita delle ossa e di altri tessuti e promuovendo la produzione della massa muscolare. Inoltre, IGF-1 svolge un ruolo essenziale nel metabolismo del glucosio e dei lipidi ed è implicato nell’insorgenza della sindrome metabolica.  Normalmente, il GH viene rilasciato nel circolo ematico in maniera intermittente durante il giorno e la notte, rendendo la singola misura del GH nel sangue di difficile interpretazione. L’IGF-1 rispecchia il deficit o l’eccesso di GH, ma, diversamente dal GH, i livelli plasmatici di IGF-1 non variano nel corso della giornata. Questo rende IGF-1 un buon indicatore dei livelli medi di GH; pertanto, viene spesso utilizzato per valutare il deficit o l’eccesso di GH.

IGF-1 e Deficit di GH

Analogamente al GH, anche i livelli di IGF-1 sono normalmente bassi nei primi anni di vita, per poi aumentare in maniera graduale durante l’infanzia, raggiungere un picco durante la pubertà e diminuire nell’età adulta. Il deficit di GH e IGF-1 può essere causato da:

  • pisfunzioni dell’ipofisi, con conseguente diminuzione della produzione degli ormoni ipofisari (ipopituitarismo)
  • presenza di tumori dell’ipofisi non GH-secernenti, che danneggiano le cellule dell’ipofisi responsabili della produzione di ormoni
  • perdita di sensibilità all’azione del GH; questa condizione può essere causata da disordini primari (genetici) o secondari, quali malnutrizione, ipotiroidismo, deficit degli ormoni sessuali, patologie epatiche e renali e sindromi congenite. L’insensibilità (o resistenza) al GH è un evento estremamente raro, di cui sono stati diagnosticati complessivamente circa 300 casi a livello globale.

Il deficit di IGF-1 nei bambini può inibire la crescita delle ossa ed il normale sviluppo, con conseguente bassa statura dei soggetti affetti. Negli adulti, la diminuzione della produzione di IGF-1 può causare diminuzione della densità ossea, della massa muscolare ed alterazione dei livelli lipidici nel sangue. Tuttavia, questi test non sono effettuati routinariamente negli adulti che presentano tale sintomatologia, poichè il deficit di GH, e di conseguenza di IGF-1, è un evento estremamente raro.

IGF-1 e Eccesso di GH

L’eccesso di GH e di IGF-1 può causare la crescita anomala dell’intero scheletro ed altri segni e sintomi caratteristici di due rare condizioni, il gigantismo (nei bambini) e l’acromegalia (negli adulti), caratterizzati rispettivamente da una crescita anomala delle ossa lunghe (persone molto alte e con mani e piedi molto grandi) ed ispessimento delle ossa e rigonfiamento dei tessuti molli, come quelli del naso. Diversamente dal gigantismo, gli adulti con acromegalia non sono caratterizzati da una crescita in altezza. Entrambe queste patologie possono portare a complicanze come l’ingrossamento degli organi interni (cuore, fegato, reni, milza, ghiandola tiroide/paratiroide, pancreas), diabete di tipo 2, aumentato rischio di patologie cardiovascolari, ipertensione, artrite, lieve aumento del rischio di cancro (mammella, colon, prostata, polmone) e diminuzione della vita media. Generalmente, l’eccessiva produzione di GH è imputabile alla presenza di un adenoma ipofisario, un tumore a crescita lenta e solitamente benigno che stimola l’ipofisi a produrre quantità eccessive di GH. Solitamente, questo tipo di tumore può essere rimosso chirurgicamente e/o trattato con farmaci o radiazioni. Nella maggior parte dei casi, questi trattamenti determinano la riduzione dei livelli di GH e di IGF-1, che tornano a livelli normali (o quasi).

IGF-1 (insulin-like growth factor-1) (somatomedin C) is a hormone that, together with growth hormone (GH), promotes appropriate bone and tissue growth allowing normal development. This test measures the amount of IGF-1 in the blood.  IGF-1 is produced primarily in the liver, skeletal muscle, and other tissues sensitive to stimulation by GH. IGF-1 mediates the effects of GH, stimulating the growth of bone and other tissues and promoting muscle mass production. In addition, IGF-1 plays an essential role in glucose and lipid metabolism and is implicated in the onset of metabolic syndrome.  Normally, GH is released into the bloodstream intermittently during the day and night, making the single measurement of GH in the blood difficult to interpret. IGF-1 mirrors GH deficiency or excess, but, unlike GH, plasma IGF-1 levels do not vary throughout the day. This makes IGF-1 a good indicator of average GH levels; therefore, it is often used to assess GH deficiency or excess. IGF-1 and GH deficiency  Similar to GH, IGF-1 levels are normally low in the first years of life, then gradually increase during childhood, peak during puberty, and decrease in adulthood. GH and IGF-1 deficiency can be caused by  pituitary pisfunctions, resulting in decreased pituitary hormone production (hypopituitarism)  presence of non-GH-secreting pituitary tumors, which damage pituitary cells responsible for hormone production  loss of sensitivity to the action of GH; this condition can be caused by primary (genetic) or secondary disorders, such as malnutrition, hypothyroidism, sex hormone deficiency, liver and kidney disease, and congenital syndromes. Insensitivity (or resistance) to GH is an extremely rare event, of which a total of about 300 cases have been diagnosed globally. IGF-1 deficiency in children can inhibit bone growth and normal development, resulting in the short stature of affected individuals. In adults, decreased IGF-1 production can cause decreased bone density, muscle mass and impaired blood lipid levels. However, these tests are not routinely carried out in adults who present such symptoms, as GH deficiency, and consequently IGF-1, is an extremely rare event.  IGF-1 and Excess GH  Excess GH and IGF-1 can cause abnormal growth of the entire skeleton and other signs and symptoms characteristic of two rare conditions, gigantism (in children) and acromegaly (in adults), characterized by abnormal growth of long bones (very tall people with very large hands and feet) and thickening of bones and swelling of soft tissues, respectively like those on the nose. Unlike gigantism, adults with acromegaly are not characterized by growth in height. Both of these conditions can lead to complications such as enlargement of internal organs (heart, liver, kidneys, spleen, thyroid/parathyroid gland, pancreas), type 2 diabetes, increased risk of cardiovascular conditions, hypertension, arthritis, mild increased risk of cancer (breast, colon, prostate, lung) and decreased mean life.  Generally, excessive GH production is attributable to the presence of a pituitary adenoma, a slow-growing and usually benign tumor that stimulates the pituitary gland to produce excessive amounts of GH. Usually, this type of tumor can be surgically removed and/or treated with drugs or radiation. In most cases, these treatments cause the reduction of GH and IGF-1 levels, which return to normal (or almost normal) levels.

SPERMATOZOI (Anticorpi)

Gli anticorpi antispermatozoi (ASA)   sono immunoglobuline IgA, IgG e, più raramente, IgM diretti contro gli antigeni degli spermatozoi. Non sono comuni, ma sia gli uomini che le donne possono produrli quando gli spz. vengono a contatto con il sistema immunitario e perciò possono essere ritrovati nel liquido seminale, secrezioni uretrali e nel siero degli uomini, nel muco cervicale, nel liquido follicolare e nel siero delle donne. In queste ultime gli ASA possono formarsi in seguito ad una reazione immunitaria al seme del partner in seguito a rapporti sessuali anche per via orale o anale (1-3).  Gli ASA possono indurre la formazione di sostanze tossiche che possono danneggiare direttamente gli spermatozoi o porzioni dello spermatozoo interferendo con la fertilità in modi diversi: se gli ASA interagiscono con la coda (flagello) dello spermatozoo, tendono a ridurne la motilità e a farli agglutinare tra loro; quando aderiscono alla testa, invece, possono impedirne la penetrazione attraverso il muco cervicale femminile, ridurne la capacitazione e l’attitudine alla fecondazione. La presenza di ASA è si ritrova nel nel 20% circa delle coppie infertili ma non sempre la presenza di ASA induce infertilità (7-13).

Antisperm antibodies (ASA) are IgA, IgG and, more rarely, IgM immunoglobulins directed against sperm antigens. They are not common, but both men and women can produce them when spz. they come into contact with the immune system and therefore can be found in seminal fluid, urethral secretions and in men’s serum, in cervical mucus, in follicular fluid and in women’s serum. In the latter, ASAs can form following an immune reaction to the partner’s semen following sexual intercourse, including orally or anal (1-3).  ASAs can induce the formation of toxic substances that can directly damage sperm or portions of the sperm by interfering with fertility in different ways: if ASAs interact with the tail (scourge) of the sperm, they tend to reduce their motility and make them agglutinate with each other; when they adhere to the head, however, they can prevent its penetration through female cervical mucus, reduce its capacitation and aptitude for fertilization. The presence of ASA is found in approximately 20% of infertile couples but the presence of ASA does not always induce infertility (7-13).

SPERMIOCOLTURA

La spermiocoltura è un esame diagnostico che consiste nella raccolta e coltura del liquido seminale per identificare la presenza di batteri, funghi o altri microrganismi patogeni. Questo test è particolarmente utile per diagnosticare infezioni dell’apparato urogenitale maschile, che possono influenzare la salute riproduttiva, e può aiutare a capire se ci sono fattori che influenzano negativamente la fertilità o causare l’infertilità maschile. La sua integrazione nei protocolli diagnostici e terapeutici di Medicina della Riproduzione è importante per garantire risultati favorevoli nelle coppie che desiderano concepire.

Sperm culture is a diagnostic test that consists of collecting and culturing seminal fluid to identify the presence of bacteria, fungi or other pathogenic microorganisms. This test is particularly useful for diagnosing infections of the male urogenital system, which can affect reproductive health, and can help understand whether there are factors that negatively affect fertility or cause male infertility. Its integration into Reproductive Medicine diagnostic and therapeutic protocols is important to ensure favorable results in couples who wish to conceive.

 

SPERMIOCOLTURA + ANTIOBIOGRAMMA

La spermiocoltura è un esame diagnostico che consiste nella raccolta e coltura del liquido seminale per identificare la presenza di batteri, funghi o altri microrganismi patogeni. Questo test è particolarmente utile per diagnosticare infezioni dell’apparato urogenitale maschile, che possono influenzare la salute riproduttiva, e può aiutare a capire se ci sono fattori che influenzano negativamente la fertilità o causare l’infertilità maschile. La sua integrazione nei protocolli diagnostici e terapeutici di Medicina della Riproduzione è importante per garantire risultati favorevoli nelle coppie che desiderano concepire.

Sperm culture is a diagnostic test that consists of collecting and culturing seminal fluid to identify the presence of bacteria, fungi or other pathogenic microorganisms. This test is particularly useful for diagnosing infections of the male urogenital system, which can affect reproductive health, and can help understand whether there are factors that negatively affect fertility or cause male infertility. Its integration into Reproductive Medicine diagnostic and therapeutic protocols is important to ensure favorable results in couples who wish to conceive.

Antibiogramma

Il termine “sensibilità” si riferisce all’incapacità di funghi e/o batteri di crescere in presenza di un particolare farmaco o una serie di farmaci antimicrobici. I test di sensibilità vengono eseguiti sui batteri (antibiogramma) o funghi isolati in coltura. Questi test vengono utilizzati per conoscere la potenziale efficacia terapeutica nell’utilizzo di particolari farmaci antimicrobici o per determinare se il ceppo batterico isolato in coltura ha sviluppato una particolare resistenza. Il risultato del test quindi può essere un valido ausilio nella scelta della terapia più efficace.  Sebbene anche i virus siano microrganismi, i test relativi alla resistenza ai farmaci antivirali vengono effettuati in maniera differente; pertanto questo articolo riguarda solo i test di sensibilità per funghi e batteri.I batteri e i funghi sono potenzialmente in grado di sviluppare una resistenza ai farmaci antibatterici o antimicotici in qualsiasi momento. Questo significa che i farmaci antimicrobici utilizzati per inibire la loro crescita, potrebbero perdere la loro efficacia. (Per maggiori dettagli si rimanda alle pagine: emocoltura, urinocoltura, Bacilli alcol-acidi resistenti (BAAR), Infezioni della pelle e delle ferite, Esame micologico ).  Durante l’esame colturale i patogeni, se presenti, vengono isolati (ossia separati dagli altri microrganismi presenti) ed identificati tramite test biochimici, enzimatici o molecolari. Una volta identificato, il patogeno può essere sottoposto al test di sensibilità. Questo test non viene eseguito per tutti i patogeni, ma solo per quelli che risultano essere non responsivi ai trattamenti standard. Un esempio è la faringotonsillite causata da Streptococcus pyogenes, trattata usualmente con penicillina.Il test di sensibilità può essere effettuato su qualunque tipo di batteri o funghi, clinicamente rilevanti, per i quali non sia nota la sensibilità ai farmaci. Ciascun agente patogeno deve essere testato in maniera indipendente dagli altri al fine di definirne l’eventuale resistenza ai farmaci. A questo scopo, l’agente patogeno in esame può essere posto in coltura (in un terreno di crescita liquido o su piastra) insieme al farmaco antimicrobico da testare, così di valutare la capacità di quest’ultimo di inibire la crescita microbica. La resistenza può anche essere rilevata ricercando nel genoma del microrganismo, i geni responsabili.

Antibiogram

The term “sensitivity” refers to the inability of fungi and/or bacteria to grow in the presence of a particular drug or series of antimicrobial drugs. Sensitivity tests are performed on isolated bacteria (antibiogram) or fungi in culture. These tests are used to learn about the potential therapeutic efficacy in using particular antimicrobial drugs or to determine whether the isolated bacterial strain in culture has developed a particular resistance. The test result can therefore be a valid aid in choosing the most effective therapy.  Although viruses are also microorganisms, tests related to resistance to antiviral drugs are carried out differently; therefore this article only covers susceptibility testing for fungi and bacteria. Bacteria and fungi have the potential to develop resistance to antibacterial or antifungal drugs at any time. This means that antimicrobial drugs used to inhibit their growth may lose their effectiveness. (For more details, please refer to the pages: blood culture, urine culture, Alcohol-resistant bacilli (BAAR), Skin and wound infections, Mycological examination ).  During the culture examination, pathogens, if present, are isolated (i.e. separated from other microorganisms present) and identified through biochemical, enzymatic or molecular tests. Once identified, the pathogen can be subjected to the susceptibility test. This test is not performed for all pathogens, but only for those that are non-responsive to standard treatments. An example is pharyngotonsillitis caused by Streptococcus pyogenes, usually treated with penicillin. The sensitivity test can be carried out on any type of clinically relevant bacteria or fungi for which sensitivity to drugs is not known. Each pathogen must be tested independently of the others in order to define its possible resistance to drugs. For this purpose, the test pathogen can be placed in culture (in a liquid or plate growth medium) together with the antimicrobial drug to be tested, so as to evaluate the ability of the latter to inhibit microbial growth. Resistance can also be detected by searching the genome of the microorganism for the responsible genes.

SURRENE (Anticorpi)

Gli anticorpi anti cellule steroido-secernenti della corteccia surrenale sono frequentemente presenti nel siero di pazienti con morbo di Addison. In questi pazienti si riscontra un’alta frequenza di altre patologie autoimmuni, come tireotossicosi, tiroidite di Hashimoto, insufficienza ovarica. Nell’insufficienza surrenale isolata la percentuale di pazienti positivi per autoanticorpi è molto inferiore. Gli anticorpi anti surrene sono virtualmente assenti nella popolazione normale.

Antibodies to steroid-secreting cells of the adrenal cortex are frequently present in the serum of patients with Addison’s disease In these patients there is a high frequency of other autoimmune pathologies, such as thyrotoxicosis, Hashimoto’s thyroiditis, ovarian failure. In isolated adrenal insufficiency the percentage of patients positive for autoantibodies is much lower. Adrenal antibodies are virtually absent in the normal population.

T

T.P.A.

Il TPA (Antigene Polipeptidico Tessutale) è un marcatore tumorale costituito da una proteina di 43000 dalton. Diversi tipi di tumore possono produrre TPA: cancro della mammella, ovaio, carcinoma del polmone, tumori dell’apparato digerente, tumori delle vie urinarie (carcinoma della vescica), tumori della prostata. Il TPA più che rappresentare un marcatore specifico di una patologia tumorale è un indice di proliferazione cellulare. Il suo aumento è correlato alla velocità di accrescimento tumorale più che alla massa tumorale. Pertanto il TPA è utile nel follow-up di pazienti con tumori già accertati più che nella fase diagnostica. Un aumento del TPA può essere presente anche in malattie non neoplastiche quali la cirrosi epatica, le infezioni del tratto biliare, epatiti in genere, infezioni del tratto respiratorio, Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale, infiammazione intestinale, enterocoliti infettive, colon irritabile, Morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa, patologie peptiche. E’ preferibile sospendere il fumo 72 ore prima del test.

TPA (Tissue Polypeptide Antigen) is a tumor marker consisting of a 43,000 dalton protein. Various types of tumors can produce TPA: breast cancer, ovarian cancer, lung cancer, digestive tract tumors, urinary tract tumors (bladder cancer), and prostate cancer. Rather than being a specific marker of a tumor pathology, TPA is an indicator of cell proliferation. Its increase is related to the rate of tumor growth rather than tumor mass. Therefore, TPA is more useful in the follow-up of patients with already diagnosed tumors than in the diagnostic phase. An increase in TPA may also be present in non-neoplastic diseases such as liver cirrhosis, biliary tract infections, hepatitis in general, respiratory tract infections, chronic inflammatory bowel disease, intestinal inflammation, infectious enterocolitis, irritable bowel syndrome, Crohn’s disease, ulcerative colitis, and peptic diseases. It is preferable to stop smoking 72 hours before the test.

TAMPONE VAGINALE

Il tampone vaginale (così come il tampone cervicale) è un esame diagnostico veloce e indolore, che consiste nel prelevare delle secrezioni vaginali attraverso un tampone ovattato, molto simile a un cotton-fioc.  Le secrezioni vengono analizzate in laboratorio, per verificare l’eventuale presenza di microorganismi patogeni, responsabili dell’infezione a carico della vagina o della cervice uterina.  Le infezioni dell’uretere, invece, vengono rilevate dal tampone uretrale, che si esegue prelevando secrezioni dal meato uretrale.   Il tampone vaginale e cervicale vengono prescritti entrambi dal ginecologo, dopo una visita approfondita e in presenza di fastidi come prurito o bruciore, dolore durante i rapporti sessuali, problemi urinari; il tampone uretrale viene invece prescritto dall’urologo.  Il tampone vaginale rileva microrganismi patogeni (batteri, funghi e lieviti) che causano infezioni vaginali. I microrganismi solitamente rilevati sono lo streptococco beta-emolitico del gruppo B (SBEB), lo stafilococco, la gardnerella vaginalis ed alcuni funghi come la candida.    Il tampone cervicale, invece, oltre a quanto detto sopra, è in grado di identificare anche il batterio clamydia trachomatis, responsabile della Clamidia, il mycoplasma e l’ureaplasma che si trasmettono per via sessuale e per via materno fetale.    Infine, il tampone uretrale, rileva anche batteri come l’escherichia coli e la neisseria gonorrhoeae.

The vaginal swab (like the cervical swab) is a quick and painless diagnostic test that involves collecting vaginal secretions using a cotton swab, very similar to a cotton bud. The secretions are analyzed in the laboratory to check for the presence of pathogenic microorganisms responsible for infection of the vagina or cervix. Infections of the ureter, on the other hand, are detected by a urethral swab, which is performed by collecting secretions from the urethral meatus. Both vaginal and cervical swabs are prescribed by a gynecologist after a thorough examination and in the presence of symptoms such as itching or burning, pain during sexual intercourse, or urinary problems. while urethral swabs are prescribed by a urologist. Vaginal swabs detect pathogenic microorganisms (bacteria, fungi, and yeasts) that cause vaginal infections. The microorganisms usually detected are group B beta-hemolytic streptococcus (SBEB), staphylococcus, gardnerella vaginalis, and certain fungi such as candida. In addition to the above, the cervical swab can also identify the bacterium Chlamydia trachomatis, which causes chlamydia, as well as mycoplasma and ureaplasma, which are transmitted sexually and from mother to fetus. Finally, the urethral swab also detects bacteria such as Escherichia coli and Neisseria gonorrhoeae.

TAMPONE VAGINALE + ANTIOBIOGRAMMA e/o ANTIMICOGRAMMA

l tampone vaginale (così come il tampone cervicale) è un esame diagnostico veloce e indolore, che consiste nel prelevare delle secrezioni vaginali attraverso un tampone ovattato, molto simile a un cotton-fioc.  Le secrezioni vengono analizzate in laboratorio, per verificare l’eventuale presenza di microorganismi patogeni, responsabili dell’infezione a carico della vagina o della cervice uterina.  Le infezioni dell’uretere, invece, vengono rilevate dal tampone uretrale, che si esegue prelevando secrezioni dal meato uretrale.   Il tampone vaginale e cervicale vengono prescritti entrambi dal ginecologo, dopo una visita approfondita e in presenza di fastidi come prurito o bruciore, dolore durante i rapporti sessuali, problemi urinari; il tampone uretrale viene invece prescritto dall’urologo.  Il tampone vaginale rileva microrganismi patogeni (batteri, funghi e lieviti) che causano infezioni vaginali. I microrganismi solitamente rilevati sono lo streptococco beta-emolitico del gruppo B (SBEB), lo stafilococco, la gardnerella vaginalis ed alcuni funghi come la candida.    Il tampone cervicale, invece, oltre a quanto detto sopra, è in grado di identificare anche il batterio clamydia trachomatis, responsabile della Clamidia, il mycoplasma e l’ureaplasma che si trasmettono per via sessuale e per via materno fetale.    Infine, il tampone uretrale, rileva anche batteri come l’escherichia coli e la neisseria gonorrhoeae.

The vaginal swab (like the cervical swab) is a quick and painless diagnostic test that involves collecting vaginal secretions using a cotton swab, very similar to a cotton bud. The secretions are analyzed in the laboratory to check for the presence of pathogenic microorganisms responsible for infection of the vagina or cervix. Infections of the ureter, on the other hand, are detected by a urethral swab, which is performed by collecting secretions from the urethral meatus. Both vaginal and cervical swabs are prescribed by a gynecologist after a thorough examination and in the presence of symptoms such as itching or burning, pain during sexual intercourse, or urinary problems. while urethral swabs are prescribed by a urologist. Vaginal swabs detect pathogenic microorganisms (bacteria, fungi, and yeasts) that cause vaginal infections. The microorganisms usually detected are group B beta-hemolytic streptococcus (SBEB), staphylococcus, gardnerella vaginalis, and certain fungi such as candida. In addition to the above, the cervical swab can also identify the bacterium Chlamydia trachomatis, which causes chlamydia, as well as mycoplasma and ureaplasma, which are transmitted sexually and from mother to fetus. Finally, the urethral swab also detects bacteria such as Escherichia coli and Neisseria gonorrhoeae.

Antibiogramma/ Antimicogramma

Il termine “sensibilità” si riferisce all’incapacità di funghi e/o batteri di crescere in presenza di un particolare farmaco o una serie di farmaci antimicrobici. I test di sensibilità vengono eseguiti sui batteri (antibiogramma) o funghi isolati in coltura. Questi test vengono utilizzati per conoscere la potenziale efficacia terapeutica nell’utilizzo di particolari farmaci antimicrobici o per determinare se il ceppo batterico isolato in coltura ha sviluppato una particolare resistenza. Il risultato del test quindi può essere un valido ausilio nella scelta della terapia più efficace.  Sebbene anche i virus siano microrganismi, i test relativi alla resistenza ai farmaci antivirali vengono effettuati in maniera differente; pertanto questo articolo riguarda solo i test di sensibilità per funghi e batteri.  I batteri e i funghi sono potenzialmente in grado di sviluppare una resistenza ai farmaci antibatterici o antimicotici in qualsiasi momento. Questo significa che i farmaci antimicrobici utilizzati per inibire la loro crescita, potrebbero perdere la loro efficacia. (Per maggiori dettagli si rimanda alle pagine: emocoltura, urinocoltura, Bacilli alcol-acidi resistenti (BAAR), Infezioni della pelle e delle ferite, Esame micologico ).  Durante l’esame colturale i patogeni, se presenti, vengono isolati (ossia separati dagli altri microrganismi presenti) ed identificati tramite test biochimici, enzimatici o molecolari. Una volta identificato, il patogeno può essere sottoposto al test di sensibilità. Questo test non viene eseguito per tutti i patogeni, ma solo per quelli che risultano essere non responsivi ai trattamenti standard. Un esempio è la faringotonsillite causata da Streptococcus pyogenes, trattata usualmente con penicillina.   Il test di sensibilità può essere effettuato su qualunque tipo di batteri o funghi, clinicamente rilevanti, per i quali non sia nota la sensibilità ai farmaci. Ciascun agente patogeno deve essere testato in maniera indipendente dagli altri al fine di definirne l’eventuale resistenza ai farmaci. A questo scopo, l’agente patogeno in esame può essere posto in coltura (in un terreno di crescita liquido o su piastra) insieme al farmaco antimicrobico da testare, così di valutare la capacità di quest’ultimo di inibire la crescita microbica. La resistenza può anche essere rilevata ricercando nel genoma del microrganismo, i geni responsabili.

Antibiogram/Antimycogram

The term “sensitivity” refers to the inability of fungi and/or bacteria to grow in the presence of a particular drug or series of antimicrobial drugs. Sensitivity tests are performed on isolated bacteria (antibiogram) or fungi in culture. These tests are used to learn about the potential therapeutic efficacy in using particular antimicrobial drugs or to determine whether the isolated bacterial strain in culture has developed a particular resistance. The test result can therefore be a valid aid in choosing the most effective therapy.  Although viruses are also microorganisms, tests related to resistance to antiviral drugs are carried out differently; therefore this article only covers susceptibility testing for fungi and bacteria.  Bacteria and fungi are potentially capable of developing resistance to antibacterial or antifungal drugs at any time. This means that antimicrobial drugs used to inhibit their growth may lose their effectiveness. (For more details, please refer to the pages: blood culture, urine culture, Alcohol-resistant bacilli (BAAR), Skin and wound infections, Mycological examination ).    During the culture examination, pathogens, if present, are isolated (i.e. separated from other microorganisms present) and identified through biochemical, enzymatic or molecular tests. Once identified, the pathogen can be subjected to the susceptibility test. This test is not performed for all pathogens, but only for those that are non-responsive to standard treatments. An example is pharyngotonsillitis caused by Streptococcus pyogenes, usually treated with penicillin.   The sensitivity test can be carried out on any type of clinically relevant bacteria or fungi for which sensitivity to drugs is not known. Each pathogen must be tested independently of the others in order to define its possible resistance to drugs. For this purpose, the test pathogen can be placed in culture (in a liquid or plate growth medium) together with the antimicrobial drug to be tested, so as to evaluate the ability of the latter to inhibit microbial growth. Resistance can also be detected by searching the genome of the microorganism for the responsible genes.

 

TAMPONI VARI

Tra le analisi prescritte dal medico, soprattutto in caso di malattie infettive, può esserci l’esecuzione di un tampone. Questo tipo di esame è molto importante poiché molte malattie infettive possono avere segni e disturbi (sintomi) simili e l’analisi del materiale prelevato tramite il tampone può fornire l’esatta natura dell’agente infettivo permettendo la somministrazione della cura più adeguata.

 

Among the tests prescribed by your doctor, especially in the case of infectious diseases, there may be a swab test. This type of test is very important because many infectious diseases can have similar signs and symptoms, and analysis of the material collected by the swab can reveal the exact nature of the infectious agent, allowing the most appropriate treatment to be administered.

TAMPONI VARI + ANTIBIOGRAMMA

Tra le analisi prescritte dal medico, soprattutto in caso di malattie infettive, può esserci l’esecuzione di un tampone. Questo tipo di esame è molto importante poiché molte malattie infettive possono avere segni e disturbi (sintomi) simili e l’analisi del materiale prelevato tramite il tampone può fornire l’esatta natura dell’agente infettivo permettendo la somministrazione della cura più adeguata.  L’antibiogramma consiste in un esame che valuta la sensibilità dei batteri agli antibiotici. Questo test viene eseguito in vitro esponendo i batteri a determinate dosi di antibiotici. Viene solitamente effettuato all’interno dei laboratori di microbiologia clinica tramite una coltura batterica in agar secondo il metodo Kirby-Bauer oppure in microdiluizione in brodo.   Queste metodiche, insieme, permettono di stabilire la Minima Concentrazione Inibente (MCI), cioè la più bassa concentrazione di farmaco in grado di inibire la crescita del microorganismo in oggetto. Un antibiogramma è un’analisi di laboratorio che viene effettuata per la scelta dell’antibiotico più efficace nel caso di una determinata infezione.   I valori ottenuti vengono comparati con valori stabiliti dalla comunità scientifica, in base ai risultati ottenuti si può stabilire se un batterio è, rispetto ad un antibiotico:

  • S (sensibile)
  • I (intermedio)
  • R (resistente)

 

Among the tests prescribed by doctors, especially in cases of infectious diseases, there may be a swab test. This type of test is very important because many infectious diseases can have similar signs and symptoms, and analysis of the material collected via the swab can reveal the exact nature of the infectious agent, allowing the most appropriate treatment to be administered. An antibiogram is a test that assesses the sensitivity of bacteria to antibiotics. This test is performed in vitro by exposing the bacteria to certain doses of antibiotics. It is usually carried out in clinical microbiology laboratories using a bacterial culture in agar according to the Kirby-Bauer method or in broth microdilution. Together, these methods allow the Minimum Inhibitory Concentration (MIC) to be established, i.e., the lowest concentration of the drug capable of inhibiting the growth of the microorganism in question. An antibiogram is a laboratory analysis that is performed to select the most effective antibiotic for a given infection. The values obtained are compared with values established by the scientific community, and based on the results obtained, it can be determined whether a bacterium is, with respect to an antibiotic:

S (sensitive)
I (intermediate)
R (resistant)

TAS

Questo esame misura la quantità di anticorpi antistreptolisina O (ASO) nel sangue. L’ASO è un anticorpo reattivo contro la streptolisina O, una tossina prodotta dallo streptococco β-emolitico di gruppo A (SBEA). L’ASO e l’anti-Dnasi B sono i più comuni anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione streptococcica di gruppo A.    Lo streptococco di gruppo A (Streptococcus pyogenes) è il batterio responsabile della faringotonsillite e di una varietà di altre infezioni, incluse alcune infezioni della pelle (pioderma, impetigine, cellulite). Nella maggior parte dei casi, le infezioni da streptococco vengono identificate e quindi trattate con terapia antibiotica fino alla risoluzione dell’infezione.     Tuttavia, se un’infezione da streptococco non presenta una sintomatologia chiara, non viene trattata o la terapia è inefficace, possono svilupparsi delle complicazioni post-streptococciche (sequelae), come la febbre reumatica o la glomerulonefrite, in particolare nei bambini piccoli. L’introduzione dei test rapidi per la diagnosi di queste infezioni ha diminuito la frequenza di queste complicanze, che sono tuttavia ancora presenti. Le conseguenze secondarie a queste patologie sono piuttosto gravi, come danno cardiaco, disfunzione renale acuta, edemi e ipertensione. Il test ASO può quindi essere impiegato per determinare se tali complicanze siano effettivamente conseguenti ad una recente infezione da SBEA.

This test measures the amount of antistreptolysin O (ASO) antibodies in the blood. ASO is an antibody that reacts to streptolysin O, a toxin produced by group A β-hemolytic streptococcus (GABHS). ASO and anti-DNase B are the most common antibodies produced by the immune system in response to group A streptococcal infection. Group A streptococcus (Streptococcus pyogenes) is the bacterium responsible for pharyngotonsillitis and a variety of other infections, including certain skin infections (pyoderma, impetigo, cellulitis). . In most cases, streptococcal infections are identified and then treated with antibiotics until the infection is resolved. However, if a streptococcal infection does not present clear symptoms, is not treated, or the therapy is ineffective, post-streptococcal complications (sequelae) may develop, such as rheumatic fever or glomerulonephritis, particularly in young children. The introduction of rapid tests for the diagnosis of these infections has reduced the frequency of these complications, which are nevertheless still present. The secondary consequences of these diseases are quite serious, such as heart damage, acute renal dysfunction, edema, and hypertension. The ASO test can therefore be used to determine whether such complications are actually the result of a recent SBEA infection.

TBG

La globulina legante la tiroxina (TBG) è una proteina capace di legare e trasportare gli ormoni tiroidei T4 e T3 nel sangue. Questa glicoproteina ha più affinità per l’ormone T4 che non per il T3, in ogni caso l’interazione che si forma è di tipo reversibile e dipende dalla concentrazione degli ormoni in forma libera. La percentuale degli ormoni liberi nel sangue è molto bassa infatti quansi tutti sono legati alla TBG o all’albumina e alla transtiretina. La necessità di essere trasportati deriva dal fatto che sono sostanze lipofile (grasse) e quindi non solubili in soluzioni acquose come il sangue e comunque necessario che l’ormone per espletare il suo effetto debba staccarsi e legarsi al proprio recettore.

Thyroxine-binding globulin (TBG) is a protein capable of binding and transporting the thyroid hormones T4 and T3 in the blood. This glycoprotein has a greater affinity for the hormone T4 than for T3, but in any case, the interaction that forms is reversible and depends on the concentration of free hormones. The percentage of free hormones in the blood is very low; in fact, almost all of them are bound to TBG or albumin and transthyretin. The need for transport stems from the fact that they are lipophilic (fatty) substances and therefore not soluble in aqueous solutions such as blood. In any case, in order for the hormone to exert its effect, it must detach and bind to its receptor.

TELOPEPTIDE-C CTx (CROSS-LAPS)

L’osso è una struttura rigida composta perlopiù da tessuto connettivo duro, e costituisce la maggior parte dello scheletro umano. Si tratta di un tessuto vivo e continuamente in crescita e rimodellamento, con un tasso di ricambio di circa il 10% annuo. I marcatori ossei presenti nel sangue e nelle urine rilevano i prodotti del rimodellamento osseo, fornendo un’indicazione riguardo la velocità di riassorbimento e neoformazione ossea, e riguardo la sua eventuale alterazione, indice di una malattia ossea. I marcatori ossei possono essere utilizzati ai fini di una definizione del rischio di sviluppare una malattia ossea o per monitorare il trattamento di persone affette da una di queste malattie, come l’osteoporosi od il morbo di Paget.L’osso è costituito in larga parte da collagene di tipo 1, organizzato in una fitta rete proteica in grado di conferire alla struttura ossea la sua peculiare elasticità, insieme a fosfati di calcio, un complesso mineralizzato responsabile della durezza dell’osso e quindi della sua resistenza.Questa combinazione di collagene e calcio conferisce quindi alle ossa durezza, ma anche flessibilità tali da sopportare il peso e resistere alle sollecitazioni. Più del 99% del calcio di tutto l’organismo è contenuto all’interno delle ossa e nei denti. Il rimanente 1% è presente nel circolo ematico.Nel corso della vita di un individuo, le ossa vengono continuamente rimodellate al fine di mantenere la salute della struttura ossea. Nelle ossa esistono due tipi principali di cellule: gli osteoblasti e gli osteoclasti. Gli osteoblasti sono le cellule deputate alla formazione ossea, ma che inizialmente stimolano gli osteoclasti che assicurano il riassorbimento osseo nelle aree che necessitano di rinnovamento; questo grazie all’azione di alcuni acidi ed enzimi in grado di dissolvere la fitta rete proteica che costituisce l’impalcatura ossea.L’azione degli osteoblasti prevede la formazione di nuovo tessuto osseo tramite la secrezione di vari componenti in grado di costituire la nuova rete proteica, la quale subisce poi il processo di mineralizzazione grazie al calcio ed al fosfato. Questo continuo processo di rimodellamento osseo avviene in tutto l’organismo, al fine di mantenere la struttura ossea in vita e in salute. Durante l’infanzia e l’adolescenza, la neoformazione ossea avviene più velocemente di quanto avvenga il riassorbimento. Di conseguenza le ossa divengono progressivamente sempre più lunghe, larghe e dense. La formazione ossea avviene più velocemente rispetto al riassorbimento fintanto che la persona non raggiunge il picco di massa ossea (massima densità e forza), intorno ai 25-30 anni.Dopo questo periodo, il riassorbimento osseo comincia progressivamente ad essere più veloce ripetto alla formazione, con conseguenze perdita netta di massa ossea. Il momento in cui una persona comincia ad avvertire i primi sintomi di carenza ossea dipende dalla quantità di ossa formatasi durante il periodo di accrescimento e dal tasso di riassorbimento. In genere le donne sviluppano i sintomi più precocemente rispetto agli uomini, sia perché la massa ossea prodotta durante il picco di produzione è minore, sia per gli effetti della menopausa, durante la quale il riassorbimento osseo può risultare accelerato.Esistono diverse patologie caratterizzate da uno sbilanciamento tra la formazione ed il riassorbimento osseo. I marcatori osseo possono essere utilizzati in quest’ambito, per rilevare quindi eventuali sbilanciamenti. Nella maggior parte dei casi, i marcatori ossei vengono usati nella valutazione e nel monitoraggio dell’osteoporosi, inclusa quella correlata all’età o quella secondaria, nella quale la perdita ossea è dovuta ad altre patologie concomitanti. Tra queste si possono avere l’artrite reumatoide, l’iperparatiroidismo, il morbo di Cushing, le malattie renali croniche, il mieloma multiplo ma anche le conseguenze derivate dall’uso prolungato di farmaci antiepilettici, glucocorticoidi o litio.Nei bambini i marcatori ossei sono utili anche nella rilevazione di malattie metaboliche ossee e nel monitoraggio della terapia di queste patologie. Alcuni esempi includono il rachitismo, la malattia di Paget giovanile, l’osteogenesi imperfetta ed il rachitismo ipofosfatemico, un tipo di rachitismo associato a ipofosfatemia con livelli normali di calcio, responsabile della formazione anomala di ossa e denti.

Bone is a rigid structure composed mostly of hard connective tissue, and makes up the majority of the human skeleton. It is a living tissue that is continually growing and remodeling, with a turnover rate of approximately 10% per year. The bone markers present in the blood and urine detect the products of bone remodelling, providing an indication regarding the speed of bone reabsorption and new formation, and regarding its possible alteration, indicative of a bone disease. Bone markers can be used to define the risk of developing a bone disease or to monitor the treatment of people suffering from one of these diseases, such as osteoporosis or Paget’s disease.The bone is largely made up of type 1 collagen, organized in a dense protein network capable of giving the bone structure its peculiar elasticity, together with calcium phosphates, a mineralized complex responsible for the hardness of the bone and therefore for the its resistance.This combination of collagen and calcium therefore gives the bones hardness, but also flexibility to bear weight and resist stress. More than 99% of the calcium in the entire body is contained within the bones and teeth. The remaining 1% is present in the bloodstream.Throughout an individual’s life, bones are continually remodeled in order to maintain the health of the bone structure. There are two main types of cells in bones: osteoblasts and osteoclasts. Osteoblasts are the cells responsible for bone formation, but which initially stimulate osteoclasts which ensure bone reabsorption in the areas that need renewal; this thanks to the action of some acids and enzymes capable of dissolving the dense protein network that constitutes the bone scaffold.The action of osteoblasts involves the formation of new bone tissue through the secretion of various components capable of forming the new protein network, which then undergoes the mineralization process thanks to calcium and phosphate. This continuous process of bone remodeling occurs throughout the body, in order to keep the bone structure alive and healthy. During childhood and adolescence, new bone formation occurs faster than resorption. As a result, the bones progressively become longer, wider and denser. Bone formation occurs faster than resorption until the person reaches peak bone mass (maximum density and strength), around age 25-30.After this period, bone resorption progressively begins to occur faster than formation, resulting in a net loss of bone mass. The time at which a person begins to experience the first symptoms of bone deficiency depends on the amount of bone formed during the growth period and the rate of resorption. Women generally develop symptoms earlier than men, both because the bone mass produced during peak production is lower and due to the effects of menopause, during which bone resorption may be accelerated.There are several pathologies characterized by an imbalance between bone formation and resorption. Bone markers can be used in this area, to therefore detect any imbalances. In most cases, bone markers are used in the evaluation and monitoring of osteoporosis, including age-related or secondary osteoporosis, in which bone loss is due to other concomitant diseases. These may include rheumatoid arthritis, hyperparathyroidism, Cushing’s disease, chronic kidney disease, multiple myeloma but also the consequences resulting from the prolonged use of antiepileptic drugs, glucocorticoids or lithium.In children, bone markers are also useful in the detection of metabolic bone diseases and in monitoring the therapy of these pathologies. Some examples include rickets, juvenile Paget disease, osteogenesis imperfecta, and hypophosphatemic rickets, a type of rickets associated with hypophosphatemia with normal calcium levels, which is responsible for the abnormal formation of bones and teeth.

TEMPO DI EMORRAGIA

Permette di valutare la fase vascolare e piastrinica dell’emostasi.   Di solito viene determinato con la tecnica di Duke o con la tecnica di Ivy. La tecnica di Duke consiste nel praticare una puntura profonda circa 3 mm nel lobo dell’ orecchio con una lancetta sterile e nell’ assorbire, ogni 15 secondi, la goccia di sangue su carta bibula.   Con il metodo di Ivy si praticano tre piccole incisioni superficiali sulla faccia volare dell’ avambraccio dopo aver applicato al braccio una pressione costante di 40 mmHg, mediante sfigmomanometro. Ogni 30 sec viene assorbito il sangue su carta bibula. Un aumento dei valori normali del tempo di emorragia si può osservare in caso di piastrinopenia/patia, sindrome di von Willebrand, terapia antiaggregante (acido acetilsalicilico, sulfinpirazone, ticlopidina, ecc.), cause vascolari (porpore non trombocitopeniche idiopatiche, porpore non trombocitopeniche sintomatiche, malattie del tessuto connettivo, ecc.)

It allows the vascular and platelet phases of hemostasis to be assessed. It is usually determined using the Duke technique or the Ivy technique. The Duke technique involves making a puncture about 3 mm deep in the earlobe with a sterile lancet and absorbing the drop of blood onto blotting paper every 15 seconds. With the Ivy method, three small superficial incisions are made on the volar surface of the forearm after applying constant pressure of 40 mmHg to the arm using a sphygmomanometer. Every 30 seconds, the blood is absorbed onto blotting paper. An increase in normal bleeding time values can be observed in cases of thrombocytopenia/pathology, von Willebrand syndrome, antiplatelet therapy (acetylsalicylic acid, sulfinpyrazone, ticlopidine, etc.), vascular causes (idiopathic non-thrombocytopenic purpura, symptomatic non-thrombocytopenic purpura, connective tissue diseases, etc.).

TEMPO DI PROTROMBINA P.T. (Attivita protrombinica in % del normale)

Il tempo di protrombina (PT) è la misura del tempo necessario alla formazione di un coagulo, in un campione di sangue a cui è aggiunto un reattivo denominato tromboplastina, contenente fosfolipidi (PL), fattore tissutale (TF) e ioni Calcio. Spesso viene richiesto insieme ad un altro esame di primo livello per la coagulazione, cioè il tempo di tromboplastina parziale attivato (APTT). Insieme PT e APTT valutano la funzionalità delle proteine note come fattori della coagulazione, che sono elementi fondamentali per il processo della coagulazione plasmatica, una tappa dell’emostasi.L’emostasi è il processo fisiologico che regola la fluidità del sangue e concorre a bloccare il sanguinamento associato ad una lesione vascolare, garantendo l’integrità dei vasi sanguigni. Si tratta di un insieme di reazioni alle partecipano elementi cellulari dell’ambiente vascolare, cellule del sangue e proteine plasmatiche. Queste reazioni sono finemente regolate e una loro alterazione può portare allo sbilanciamento verso la perdita di sangue (emorragia), oppure verso un eccesso di coagulazione (trombosi). Gli esami di coagulazione devono valutare il funzionamento della componente plasmatica di questo processo, costituita dai fattori della coagulazione, che interagiscono con le piastrine circolanti per mantenere l’integrità dell’intero sistema. Una semplificazione del processo emostatico nella sua parte plasmatica è rappresentata da un modello a cascata di attivazione delle singole proteine che vi partecipano, suddiviso in via intrinseca e via estrinseca, che si differenziano per le diverse modalità di innesco.    Le diverse modalità di innesco della coagulazione portano all’attivazione dell’una o dell’altra via. Quando si verifica una lesione della parete vascolare con l’immissione in circolo del fattore tissutale (TF), si induce l’attivazione del FVII della coagulazione e si innesca la via estrinseca. Qualora invece il sangue circolante prenda contatto con le strutture cariche negativamente della matrice extracellulare, ad essere attivato è il sistema della fase di contatto, che comprende proteine quali il chininogeno ad alto peso molecolare, la precallicreina e il FXII della coagulazione. Si innesca così la via intrinseca, che porta all’attivazione successiva di FXI, FIX e FVIII. Entrambe le vie (intrinseca e estrinseca) convergono nella via comune, che vede l’attivazione sequenziale di FX, FV, FII e infine del fibrinogeno. Si viene a formare così la fibrina insolubile, che rappresenta lo scheletro del coagulo, tra le cui maglie sono poi incorporati globuli rossi e piastrine per formare il tappo emostatico definitivo.

Il PT valuta la funzionalità dei fattori della via estrinseca e della via comune della cascata della coagulazione. I fattori esplorati con il PT sono il FVII (per la via estrinseca) e FX, FV, FII (protrombina) e FI (fibrinogeno) per la via comune.

Modalità di espressione del risultato di PT:

  • Ratio (o rapporto): è il rapporto tra il tempo di coagulazione del plasma da testare e quello del plasma di riferimento (pool di plasmi normali o media geometrica lotto reagente specifica dei soggetti normali). È considerata la modalità di espressione del risultato idonea per pazienti che non sono in trattamento con farmaci anticoagulanti.
  • INR: International Normalized Ratio. È il risultato del calcolo in cui la Ratio è elevata ad un esponente che esprime il grado di sensibilità del reattivo in uso rispetto a uno standard internazionale. In sostanza esprime il PT in maniera normalizzata, a prescindere dal singolo sistema analitico e consente quindi che i risultati ottenuti in laboratori diversi siano confrontabili. Questo indice è stato sviluppato da un comitato dell’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) per il monitoraggio dei pazienti in terapia con i farmaci anticoagulanti orali ad azione anti-vitamina K, ad es. il warfarin.
  • Tempo di coagulazione espresso in secondi: non è utile per la valutazione del risultato, dal momento che è dipendente dal tipo e dal lotto del reattivo in uso. È quindi fortemente sconsigliato.
  • % di attività: estrapolata da una curva dose-risposta, allestita con opportune diluizioni scalari di un Pool di Plasmi Normali, riportando su un sistema di assi cartesiani i tempi di coagulazione e le rispettive attività %. Si tratta di una modalità fortemente sconsigliata e per lo più abbandonata in quanto questo parametro può presentare importanti problemi interpretativi per valori molto alti o molto bassi di attività protrombinica.

Per quanto riguarda la misurazione dell’attività di altri tipi di farmaci anticoagulanti, quali gli anticoagulanti orali diretti (DOACs), il PT non è particolarmente utile, dal momento che i reattivi a disposizione rispondono in maniera molto diversa ai singoli farmaci, rendendo quindi i risultati ottenuti in laboratori diversi poco confrontabili. In ogni caso, anche con tromboplastine molto sensibili non è garantita la linearità di risposta.  Il risultato del PT del paziente in esame viene confrontato con l’intervallo di riferimento: se risulta superiore al valore massimo di questo intervallo si dice che il PT è “allungato”.  L’intervallo di riferimento deve essere calcolato all’interno di ciascun laboratorio adottando i criteri emanati dalle principali Linee Guida; in linea di massima i valori di riferimento del PT(nei soggetti non in trattamento con farmaci AVK) sono compresi tra 0,9 e 1,2 in termini di Ratio (o rapporto).

Prothrombin time (PT) is the measurement of the time required for a clot to form in a blood sample to which a reagent called thromboplastin, containing phospholipids (PL), tissue factor (TF), and calcium ions, has been added. It is often requested together with another first-level coagulation test, namely activated partial thromboplastin time (APTT). Together, PT and APTT assess the functionality of proteins known as coagulation factors, which are fundamental elements in the plasma coagulation process, a stage of hemostasis.  Hemostasis is the physiological process that regulates blood fluidity and helps to stop bleeding associated with vascular injury, ensuring the integrity of blood vessels. It involves a series of reactions involving cellular elements of the vascular environment, blood cells, and plasma proteins. These reactions are finely regulated, and any alteration can lead to an imbalance towards blood loss (hemorrhage) or excessive coagulation (thrombosis). Coagulation tests must evaluate the functioning of the plasma component of this process, consisting of coagulation factors that interact with circulating platelets to maintain the integrity of the entire system. A simplification of the plasma part of the hemostatic process is represented by a cascade model of activation of the individual proteins involved, divided into intrinsic and extrinsic pathways, which differ in their triggering mechanisms.  The different modes of coagulation initiation lead to the activation of one or the other pathway. When a lesion occurs in the vascular wall with the release of tissue factor (TF) into the circulation, FVII activation is induced and the extrinsic pathway is triggered. If, on the other hand, circulating blood comes into contact with negatively charged structures in the extracellular matrix, the contact phase system is activated, which includes proteins such as high molecular weight kininogen, prekallikrein, and FXII of coagulation. This triggers the intrinsic pathway, which leads to the subsequent activation of FXI, FIX, and FVIII. Both pathways (intrinsic and extrinsic) converge in the common pathway, which involves the sequential activation of FX, FV, FII, and finally fibrinogen. This forms insoluble fibrin, which represents the skeleton of the clot, into whose mesh red blood cells and platelets are then incorporated to form the final hemostatic plug.        The PT assesses the functionality of the factors involved in the extrinsic pathway and the common pathway of the coagulation cascade. The factors explored with the PT are FVII (for the extrinsic pathway) and FX, FV, FII (prothrombin), and FI (fibrinogen) for the common pathway.

Methods of expressing PT results:

Ratio: this is the ratio between the coagulation time of the plasma being tested and that of the reference plasma (pool of normal plasmas or geometric mean of the specific reagent batch for normal subjects). This is considered the appropriate method of expressing results for patients who are not being treated with anticoagulant drugs.
INR: International Normalized Ratio. This is the result of a calculation in which the ratio is raised to an exponent that expresses the degree of sensitivity of the reagent in use compared to an international standard. Essentially, it expresses the PT in a normalized manner, regardless of the individual analytical system, and therefore allows results obtained in different laboratories to be compared. This index was developed by a World Health Organization (WHO) committee for monitoring patients undergoing therapy with oral anticoagulant drugs with anti-vitamin K action, e.g., warfarin.    As regards measuring the activity of other types of anticoagulant drugs, such as direct oral anticoagulants (DOACs), PT is not particularly useful, since the reagents available respond very differently to individual drugs, making the results obtained in different laboratories difficult to compare. In any case, even with highly sensitive thromboplastins, linearity of response is not guaranteed.    The PT result of the patient being tested is compared with the reference range: if it is higher than the maximum value of this range, the PT is said to be “prolonged.”    The reference range must be calculated within each laboratory using the criteria issued by the main guidelines; in general, the reference values for PT (in subjects not treated with AVK drugs) are between 0.9 and 1.2 in terms of ratio.

TEMPO DI PROTROMBINA P.T. (INR International Normalised Ratio)

Il tempo di protrombina (PT) è la misura del tempo necessario alla formazione di un coagulo, in un campione di sangue a cui è aggiunto un reattivo denominato tromboplastina, contenente fosfolipidi (PL), fattore tissutale (TF) e ioni Calcio. Spesso viene richiesto insieme ad un altro esame di primo livello per la coagulazione, cioè il tempo di tromboplastina parziale attivato (APTT). Insieme PT e APTT valutano la funzionalità delle proteine note come fattori della coagulazione, che sono elementi fondamentali per il processo della coagulazione plasmatica, una tappa dell’emostasi.

L’emostasi è il processo fisiologico che regola la fluidità del sangue e concorre a bloccare il sanguinamento associato ad una lesione vascolare, garantendo l’integrità dei vasi sanguigni. Si tratta di un insieme di reazioni alle partecipano elementi cellulari dell’ambiente vascolare, cellule del sangue e proteine plasmatiche. Queste reazioni sono finemente regolate e una loro alterazione può portare allo sbilanciamento verso la perdita di sangue (emorragia), oppure verso un eccesso di coagulazione (trombosi). Gli esami di coagulazione devono valutare il funzionamento della componente plasmatica di questo processo, costituita dai fattori della coagulazione, che interagiscono con le piastrine circolanti per mantenere l’integrità dell’intero sistema. Una semplificazione del processo emostatico nella sua parte plasmatica è rappresentata da un modello a cascata di attivazione delle singole proteine che vi partecipano, suddiviso in via intrinseca e via estrinseca, che si differenziano per le diverse modalità di innesco.    Le diverse modalità di innesco della coagulazione portano all’attivazione dell’una o dell’altra via. Quando si verifica una lesione della parete vascolare con l’immissione in circolo del fattore tissutale (TF), si induce l’attivazione del FVII della coagulazione e si innesca la via estrinseca. Qualora invece il sangue circolante prenda contatto con le strutture cariche negativamente della matrice extracellulare, ad essere attivato è il sistema della fase di contatto, che comprende proteine quali il chininogeno ad alto peso molecolare, la precallicreina e il FXII della coagulazione. Si innesca così la via intrinseca, che porta all’attivazione successiva di FXI, FIX e FVIII. Entrambe le vie (intrinseca e estrinseca) convergono nella via comune, che vede l’attivazione sequenziale di FX, FV, FII e infine del fibrinogeno. Si viene a formare così la fibrina insolubile, che rappresenta lo scheletro del coagulo, tra le cui maglie sono poi incorporati globuli rossi e piastrine per formare il tappo emostatico definitivo.  Il PT valuta la funzionalità dei fattori della via estrinseca e della via comune della cascata della coagulazione. I fattori esplorati con il PT sono il FVII (per la via estrinseca) e FX, FV, FII (protrombina) e FI (fibrinogeno) per la via comune.

Modalità di espressione del risultato di PT:

  • Ratio (o rapporto): è il rapporto tra il tempo di coagulazione del plasma da testare e quello del plasma di riferimento (pool di plasmi normali o media geometrica lotto reagente specifica dei soggetti normali). È considerata la modalità di espressione del risultato idonea per pazienti che non sono in trattamento con farmaci anticoagulanti.
  • INR: International Normalized Ratio. È il risultato del calcolo in cui la Ratio è elevata ad un esponente che esprime il grado di sensibilità del reattivo in uso rispetto a uno standard internazionale. In sostanza esprime il PT in maniera normalizzata, a prescindere dal singolo sistema analitico e consente quindi che i risultati ottenuti in laboratori diversi siano confrontabili. Questo indice è stato sviluppato da un comitato dell’Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) per il monitoraggio dei pazienti in terapia con i farmaci anticoagulanti orali ad azione anti-vitamina K, ad es. il warfarin.
  • Tempo di coagulazione espresso in secondi: non è utile per la valutazione del risultato, dal momento che è dipendente dal tipo e dal lotto del reattivo in uso. È quindi fortemente sconsigliato.
  • % di attività: estrapolata da una curva dose-risposta, allestita con opportune diluizioni scalari di un Pool di Plasmi Normali, riportando su un sistema di assi cartesiani i tempi di coagulazione e le rispettive attività %. Si tratta di una modalità fortemente sconsigliata e per lo più abbandonata in quanto questo parametro può presentare importanti problemi interpretativi per valori molto alti o molto bassi di attività protrombinica.

Per quanto riguarda la misurazione dell’attività di altri tipi di farmaci anticoagulanti, quali gli anticoagulanti orali diretti (DOACs), il PT non è particolarmente utile, dal momento che i reattivi a disposizione rispondono in maniera molto diversa ai singoli farmaci, rendendo quindi i risultati ottenuti in laboratori diversi poco confrontabili. In ogni caso, anche con tromboplastine molto sensibili non è garantita la linearità di risposta.  Il risultato del PT del paziente in esame viene confrontato con l’intervallo di riferimento: se risulta superiore al valore massimo di questo intervallo si dice che il PT è “allungato”.  L’intervallo di riferimento deve essere calcolato all’interno di ciascun laboratorio adottando i criteri emanati dalle principali Linee Guida; in linea di massima i valori di riferimento del PT(nei soggetti non in trattamento con farmaci AVK) sono compresi tra 0,9 e 1,2 in termini di Ratio (o rapporto).

Prothrombin time (PT) is the measurement of the time required for a clot to form in a blood sample to which a reagent called thromboplastin, containing phospholipids (PL), tissue factor (TF), and calcium ions, has been added. It is often requested together with another first-level coagulation test, namely activated partial thromboplastin time (APTT). Together, PT and APTT assess the functionality of proteins known as coagulation factors, which are fundamental elements in the plasma coagulation process, a stage of hemostasis.  Hemostasis is the physiological process that regulates blood fluidity and helps to stop bleeding associated with vascular injury, ensuring the integrity of blood vessels. It involves a series of reactions involving cellular elements of the vascular environment, blood cells, and plasma proteins. These reactions are finely regulated, and any alteration can lead to an imbalance towards blood loss (hemorrhage) or excessive coagulation (thrombosis). Coagulation tests must evaluate the functioning of the plasma component of this process, consisting of coagulation factors that interact with circulating platelets to maintain the integrity of the entire system. A simplification of the plasma part of the hemostatic process is represented by a cascade model of activation of the individual proteins involved, divided into intrinsic and extrinsic pathways, which differ in their triggering mechanisms.  The different modes of coagulation initiation lead to the activation of one or the other pathway. When a lesion occurs in the vascular wall with the release of tissue factor (TF) into the circulation, FVII activation is induced and the extrinsic pathway is triggered. If, on the other hand, circulating blood comes into contact with negatively charged structures in the extracellular matrix, the contact phase system is activated, which includes proteins such as high molecular weight kininogen, prekallikrein, and FXII of coagulation. This triggers the intrinsic pathway, which leads to the subsequent activation of FXI, FIX, and FVIII. Both pathways (intrinsic and extrinsic) converge in the common pathway, which involves the sequential activation of FX, FV, FII, and finally fibrinogen. This forms insoluble fibrin, which represents the skeleton of the clot, into whose mesh red blood cells and platelets are then incorporated to form the final hemostatic plug.        The PT assesses the functionality of the factors involved in the extrinsic pathway and the common pathway of the coagulation cascade. The factors explored with the PT are FVII (for the extrinsic pathway) and FX, FV, FII (prothrombin), and FI (fibrinogen) for the common pathway.

Methods of expressing PT results:

Ratio: this is the ratio between the coagulation time of the plasma being tested and that of the reference plasma (pool of normal plasmas or geometric mean of the specific reagent batch for normal subjects). This is considered the appropriate method of expressing results for patients who are not being treated with anticoagulant drugs.
INR: International Normalized Ratio. This is the result of a calculation in which the ratio is raised to an exponent that expresses the degree of sensitivity of the reagent in use compared to an international standard. Essentially, it expresses the PT in a normalized manner, regardless of the individual analytical system, and therefore allows results obtained in different laboratories to be compared. This index was developed by a World Health Organization (WHO) committee for monitoring patients undergoing therapy with oral anticoagulant drugs with anti-vitamin K action, e.g., warfarin.    As regards measuring the activity of other types of anticoagulant drugs, such as direct oral anticoagulants (DOACs), PT is not particularly useful, since the reagents available respond very differently to individual drugs, making the results obtained in different laboratories difficult to compare. In any case, even with highly sensitive thromboplastins, linearity of response is not guaranteed.    The PT result of the patient being tested is compared with the reference range: if it is higher than the maximum value of this range, the PT is said to be “prolonged.”    The reference range must be calculated within each laboratory using the criteria issued by the main guidelines; in general, the reference values for PT (in subjects not treated with AVK drugs) are between 0.9 and 1.2 in terms of ratio.

TEMPO DI TROMBOPLASTINA P.T.T.

Il tempo di tromboplastina parziale attivato (APTT) è un test di screening che valuta la capacità di completare il processo coagulativo in modo corretto. L’APTT stima la quantità e la funzionalità di specifiche proteine del sangue, definite fattori della coagulazione, che sono fondamentali per la coagulazione plasmatica, una tappa dell’emostasi.   L’emostasi è un normale fenomeno fisiologico che regola la fluidità del sangue e concorre a bloccare il sanguinamento associato a una lesione vascolare, garantendo l’integrità dei vasi sanguigni. Si tratta di un insieme di reazioni a cui partecipano elementi cellulari dell’ambiente vascolare, cellule del sangue e proteine plasmatiche. Queste reazioni sono finemente regolate e una loro alterazione può portare allo sbilanciamento verso la perdita di sangue (emorragia), oppure verso un eccesso di coagulazione (trombosi).

Gli esami di coagulazione sono volti a valutare il funzionamento della componente plasmatica di questo processo, costituita dai fattori della coagulazione, che interagiscono con le piastrine circolanti per mantenere l’integrità dell’intero sistema. Una semplificazione del processo emostatico nella sua parte plasmatica è rappresentata dall’attivazione delle singole proteine che vi partecipano, secondo un modello a cascata suddiviso in via intrinseca e via estrinseca, che si differenziano per le diverse modalità di innesco. Quando si verifica una lesione della parete vascolare con l’immissione in circolo del fattore tissutale (TF) dalle cellule sottostanti, si induce l’attivazione del FVII della coagulazione e si innesca la via estrinseca. Qualora, invece, il sangue circolante prenda contatto con una superficie carica negativamente, ad essere attivato è il sistema della fase di contatto, che comprende il chininogeno ad alto peso molecolare, la precallicreina e il FXII della coagulazione, innescando la via intrinseca con l’attivazione successiva di FXI, FIX e FVIII. Entrambe le vie (intrinseca e estrinseca) convergono nella via comune, che vede l’attivazione sequenziale di FX, FV, FII e infine del Fibrinogeno. Si viene a formare così la fibrina insolubile, che rappresenta lo scheletro del coagulo, tra le cui maglie sono poi incorporati globuli rossi e piastrine per formare il tappo emostatico definitivo.

L’APTT misura il tempo in secondi necessario per la formazione del coagulo in un campione di sangue dopo l’aggiunta di tromboplastina parziale, costituita da fosfolipidi (PL) in assenza di TF e perciò parziale, in presenza di un attivatore e di ioni Calcio. I PL costituiscono una superficie sulla quale i fattori della coagulazione sono messi in condizione di interagire; l’attivatore può essere una sostanza dotata di carica negativa, quale silice, acido ellagico, caolino o celite e serve ad attivare la fase di contatto; il Calcio, infine, favorisce l’attivazione dei fattori stessi della coagulazione.    Diversi reattivi per APTT sono caratterizzati da diversa sensibilità alla concentrazione dei fattori della coagulazione, al Lupus anticoagulante e all’effetto dell’eparina.

Modalità di espressione del risultato di APTT:

  • Ratio (o rapporto): è il rapporto tra il tempo di coagulazione del plasma campione e quello del plasma di riferimento (pool di plasmi normale o media geometrica lotto reagente specifica soggetti normali). È considerata la modalità di espressione del risultato più corretta in quanto riduce significativamente molte problematiche intra- e inter-laboratorio. Quando il risultato di un APTT misurato risulta superiore al valore massimo dell’intervallo di riferimento, allora si dice che l’APTT è “allungato”.
  • Tempo di coagulazione espresso in secondi: non è utile per la valutazione del risultato, dal momento che è dipendente dal tipo e dal lotto del reattivo in uso. È quindi fortemente sconsigliato riportare questo risultato nel referto.

Il risultato dell’APTT del paziente in esame viene confrontato con l’intervallo di riferimento: se risulta superiore al valore massimo di questo intervallo si dice che l’aPTT è “allungato”.     L’intervallo di riferimento deve essere calcolato all’interno di ciascun laboratorio adottando i criteri emanati dalle principali Linee Guida; in linea di massima i valori di riferimento dell’APTT sono compresi tra 0,8 e 1,2 in termini di Ratio (o rapporto).    Nonostante i test di coagulazione come PT e APTT siano basati su procedure eseguite in vitro e non riflettano necessariamente ciò che accade in vivo, possono comunque essere utilizzati per valutare alcune importanti componenti dell’emostasi. L’APTT è utilizzato per valutare i fattori della coagulazione XII, XI, IX, VIII per la via intrinseca, e i fattori X, V, II (protrombina) e I (fibrinogeno) per la via comune. È un test che risente anche della carenza di precallicreina (PK) e chininogeno ad alto peso molecolare (HMWK) della fase di contatto.

Activated partial thromboplastin time (APTT) is a screening test that assesses the ability to complete the coagulation process correctly. APTT estimates the quantity and functionality of specific blood proteins, called coagulation factors, which are essential for plasma coagulation, a stage of hemostasis. Hemostasis is a normal physiological phenomenon that regulates blood fluidity and helps to stop bleeding associated with vascular injury, ensuring the integrity of blood vessels. It is a set of reactions involving cellular elements of the vascular environment, blood cells, and plasma proteins. These reactions are finely regulated, and any alteration can lead to an imbalance towards blood loss (hemorrhage) or excessive coagulation (thrombosis).     Coagulation tests are designed to assess the functioning of the plasma component of this process, consisting of coagulation factors that interact with circulating platelets to maintain the integrity of the entire system. A simplification of the plasma part of the hemostatic process is represented by the activation of the individual proteins involved, according to a cascade model divided into intrinsic and extrinsic pathways, which differ in their triggering mechanisms. When a lesion occurs in the vascular wall with the release of tissue factor (TF) from the underlying cells into the circulation, coagulation factor VII is activated and the extrinsic pathway is triggered. If, on the other hand, circulating blood comes into contact with a negatively charged surface, the contact phase system is activated, which includes high molecular weight kininogen, prekallikrein, and FXII of coagulation, triggering the intrinsic pathway with the subsequent activation of FXI, FIX, and FVIII. Both pathways (intrinsic and extrinsic) converge in the common pathway, which sees the sequential activation of FX, FV, FII, and finally fibrinogen. This forms insoluble fibrin, which represents the skeleton of the clot, into whose mesh red blood cells and platelets are then incorporated to form the definitive hemostatic plug.  The APTT measures the time in seconds required for clot formation in a blood sample after the addition of partial thromboplastin, consisting of phospholipids (PL) in the absence of TF and therefore partial, in the presence of an activator and calcium ions. PLs form a surface on which coagulation factors are able to interact; the activator can be a negatively charged substance, such as silica, ellagic acid, kaolin, or celite, and serves to activate the contact phase; finally, calcium promotes the activation of the coagulation factors themselves. Different APTT reagents are characterized by different sensitivities to the concentration of coagulation factors, lupus anticoagulant, and the effect of heparin.

Methods of expressing APTT results:     Ratio: this is the ratio between the clotting time of the sample plasma and that of the reference plasma (pool of normal plasmas or geometric mean of the specific reagent batch for normal subjects). This is considered the most accurate method of expressing the result as it significantly reduces many intra- and inter-laboratory problems. When the measured APTT result is higher than the maximum value of the reference range, the APTT is said to be “prolonged.”
Clotting time expressed in seconds: this is not useful for evaluating the result, as it depends on the type and batch of the reagent used. It is therefore strongly discouraged to report this result in the report.  The APTT result for the patient being examined is compared with the reference range: if it is higher than the maximum value in this range, the APTT is said to be “prolonged.” The reference range must be calculated within each laboratory using the criteria issued by the main guidelines. in general, the reference values for APTT are between 0.8 and 1.2 in terms of ratio. Although coagulation tests such as PT and APTT are based on procedures performed in vitro and do not necessarily reflect what happens in vivo, they can still be used to evaluate some important components of hemostasis. APTT is used to evaluate coagulation factors XII, XI, IX, and VIII for the intrinsic pathway, and factors X, V, II (prothrombin), and I (fibrinogen) for the common pathway. This test is also affected by deficiencies of prekallikrein (PK) and high molecular weight kininogen (HMWK) in the contact phase.

TEST DI GRAVIDANZA

La gonadotropina corionica umana (hCG) è un ormone prodotto dalla placenta nelle donne in gravidanza. I livelli di hCG aumentano precocemente in gravidanza ed essa viene eliminata con l’urina. Il test di gravidanza rileva l’hCG nel sangue o nell’urina per la conferma o l’esclusione di una gravidanza.Durante le prime settimane di gravidanza, l’hCG svolge un importante ruolo nel mantenimento delle funzionalità del corpo luteo. La produzione di hCG aumenta costantemente durante il primo trimestre di gravidanza (8-10 settimane), raggiungendo un picco intorno alla 10° settimana dopo l’ultimo ciclo mestruale.     I livelli di hCG quindi diminuiscono progressivamente per il resto della gravidanza. Entro poche settimane dal parto, l’hCG nell’urina non è più rilevabile.Nel caso in cui sia presente una gravidanza ectopica (fuori dall’utero), i livelli di hCG nel sangue aumentano a velocità ridotta. Per questo motivo, nel caso in cui si sospetti tale condizione, è necessario monitorare i livelli ematici della gonadotropina corionica umana, effettuando più prelievi e misurando i livelli di hCG (test quantitativo).I livelli di hCG possono essere alterati anche nel caso in cui il feto risulti portatore di difetti cromosomici come quelli responsabili della sindrome di Down. Il test hCG fa parte, insieme ad altri test, di un protocollo di screening per la rilevazione delle anomalie cromosomiche fetali (per maggiori informazioni a riguardo, consultare gli articoli “Screening del primo trimestre di gravidanza” e “Screening del secondo trimestre di gravidanza”).

Human chorionic gonadotropin (hCG) is a hormone produced by the placenta in pregnant women. hCG levels rise early in pregnancy and are excreted in the urine. Pregnancy tests detect hCG in the blood or urine to confirm or rule out pregnancy. During the first few weeks of pregnancy, hCG plays an important role in maintaining the function of the corpus luteum. hCG production increases steadily during the first trimester of pregnancy (8-10 weeks), peaking around the 10th week after the last menstrual period.    HCG levels then gradually decrease for the remainder of the pregnancy. Within a few weeks of delivery, hCG is no longer detectable in urine. In the case of an ectopic pregnancy (outside the uterus), hCG levels in the blood increase at a slower rate. For this reason, if such a condition is suspected, it is necessary to monitor blood levels of human chorionic gonadotropin by taking multiple blood samples and measuring hCG levels (quantitative test). hCG levels may also be altered if the fetus has chromosomal defects such as those responsible for Down syndrome. The hCG test, along with other tests, is part of a screening protocol for the detection of fetal chromosomal abnormalities (for more information, see the articles “First trimester screening” and “Second trimester screening”).

TESTOSTERONE

Il testosterone è un ormone steroideo del gruppo degli androgeni. É il principale ormone sessuale maschile, ma è presente in concentrazioni inferiori anche nelle donne. Viene principalmente secreto dalle cellule di Leydig presenti nei testicoli, dalle ghiandole surrenali sia nei maschi che nelle femmine e, in piccola quantità, dalle ovaie. L’esame misura la concentrazione di testosterone nel sangue, come testosterone totale o in combinazione con il testosterone libero e/o fisiologicamente bioattivo.

  • Nei maschi, il testosterone stimola lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari, inclusa la maturazione degli organi sessuali, la crescita dei peli, lo sviluppo della massa muscolare e l’abbassamento del timbro della voce. Viene prodotto in concentrazioni elevate durante la pubertà e l’età adulta per la regolazione del desiderio sessuale ed il mantenimento della massa muscolare
  • Nelle donne, il testosterone viene convertito in estradiolo, il principale ormone sessuale femminile (estrogeno)

La produzione del testosterone è stimolata e controllata dall’ormone luteinizzante (LH), prodotto a livello ipofisario. L’organismo regola la quantità di testosterone nel sangue tramite un meccanismo a feedback negativo:

  • Bassi livelli di testosterone aumentano la secrezione ipofisaria di LH, che stimola la produzione di testosterone
  • Alti livelli di testosterone riducono la secrezione ipofisaria di LH, con conseguente inibizione della produzione di testosterone

La concentrazione del testosterone nel sangue aumenta e diminuisce seguendo un “ritmo circadiano”: raggiunge il massimo al mattino presto, decresce durante il giorno e raggiunge il punto più basso intorno a mezzanotte. Inoltre, i livelli di testosterone aumentano in seguito all’esercizio fisico e diminuiscono gradualmente con l’età.   Circa il 60% del testosterone circola nel sangue legato alle proteine SHBG (sex-hormone binding globulin) e la restante parte legato all’albumina. Soltanto una piccola percentuale (circa 1-4%) circola come testosterone non legato o libero. Sia la frazione legata all’albumina che quella libera risultano fisiologicamente attive e sono definite come testosterone biodisponibile.   Solitamente viene richiesta la misura del testosterone totale, tuttavia, in alcuni casi, come in presenza di concentrazioni anomale di SHBG, la misura del testosterone libero e biodisponibile riflette con maggior accuratezza lo stato clinico del paziente.

Testosterone is a steroid hormone belonging to the androgen group. It is the main male sex hormone, but it is also present in lower concentrations in women. It is mainly secreted by Leydig cells in the testicles, by the adrenal glands in both males and females, and, in small quantities, by the ovaries. The test measures the concentration of testosterone in the blood, either as total testosterone or in combination with free and/or physiologically bioactive testosterone.In males, testosterone stimulates the development of secondary sexual characteristics, including the maturation of the sexual organs, hair growth, muscle mass development, and deepening of the voice. It is produced in high concentrations during puberty and adulthood to regulate sexual desire and maintain muscle mass.
In women, testosterone is converted to estradiol, the main female sex hormone (estrogen).  Testosterone production is stimulated and controlled by luteinizing hormone (LH), which is produced in the pituitary gland. The body regulates the amount of testosterone in the blood through a negative feedback mechanism:  Low testosterone levels increase pituitary secretion of LH, which stimulates testosterone production  High testosterone levels reduce pituitary secretion of LH, resulting in inhibition of testosterone production  The concentration of testosterone in the blood increases and decreases following a “circadian rhythm”: it peaks in the early morning, decreases during the day, and reaches its lowest point around midnight. In addition, testosterone levels increase following exercise and gradually decrease with age. Approximately 60% of testosterone circulates in the blood bound to SHBG (sex-hormone binding globulin) proteins and the remainder bound to albumin. Only a small percentage (approximately 1-4%) circulates as unbound or free testosterone. Both the albumin-bound and free fractions are physiologically active and are defined as bioavailable testosterone. Total testosterone measurement is usually required; however, in some cases, such as in the presence of abnormal SHBG concentrations, the measurement of free and bioavailable testosterone more accurately reflects the patient’s clinical status.

TESTOSTERONE LIBERO

Il testosterone è un ormone steroideo del gruppo degli androgeni. É il principale ormone sessuale maschile, ma è presente in concentrazioni inferiori anche nelle donne. Viene principalmente secreto dalle cellule di Leydig presenti nei testicoli, dalle ghiandole surrenali sia nei maschi che nelle femmine e, in piccola quantità, dalle ovaie. L’esame misura la concentrazione di testosterone nel sangue, come testosterone totale o in combinazione con il testosterone libero e/o fisiologicamente bioattivo.

  • Nei maschi, il testosterone stimola lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari, inclusa la maturazione degli organi sessuali, la crescita dei peli, lo sviluppo della massa muscolare e l’abbassamento del timbro della voce. Viene prodotto in concentrazioni elevate durante la pubertà e l’età adulta per la regolazione del desiderio sessuale ed il mantenimento della massa muscolare
  • Nelle donne, il testosterone viene convertito in estradiolo, il principale ormone sessuale femminile (estrogeno)

La produzione del testosterone è stimolata e controllata dall’ormone luteinizzante (LH), prodotto a livello ipofisario. L’organismo regola la quantità di testosterone nel sangue tramite un meccanismo a feedback negativo:

  • Bassi livelli di testosterone aumentano la secrezione ipofisaria di LH, che stimola la produzione di testosterone
  • Alti livelli di testosterone riducono la secrezione ipofisaria di LH, con conseguente inibizione della produzione di testosterone

La concentrazione del testosterone nel sangue aumenta e diminuisce seguendo un “ritmo circadiano”: raggiunge il massimo al mattino presto, decresce durante il giorno e raggiunge il punto più basso intorno a mezzanotte. Inoltre, i livelli di testosterone aumentano in seguito all’esercizio fisico e diminuiscono gradualmente con l’età.   Circa il 60% del testosterone circola nel sangue legato alle proteine SHBG (sex-hormone binding globulin) e la restante parte legato all’albumina. Soltanto una piccola percentuale (circa 1-4%) circola come testosterone non legato o libero. Sia la frazione legata all’albumina che quella libera risultano fisiologicamente attive e sono definite come testosterone biodisponibile.   Solitamente viene richiesta la misura del testosterone totale, tuttavia, in alcuni casi, come in presenza di concentrazioni anomale di SHBG, la misura del testosterone libero e biodisponibile riflette con maggior accuratezza lo stato clinico del paziente.

Testosterone is a steroid hormone belonging to the androgen group. It is the main male sex hormone, but it is also present in lower concentrations in women. It is mainly secreted by Leydig cells in the testicles, by the adrenal glands in both males and females, and, in small quantities, by the ovaries. The test measures the concentration of testosterone in the blood, either as total testosterone or in combination with free and/or physiologically bioactive testosterone.  In males, testosterone stimulates the development of secondary sexual characteristics, including the maturation of the sexual organs, hair growth, muscle mass development, and deepening of the voice. It is produced in high concentrations during puberty and adulthood to regulate sexual desire and maintain muscle mass.
In women, testosterone is converted to estradiol, the main female sex hormone (estrogen).   Testosterone production is stimulated and controlled by luteinizing hormone (LH), which is produced in the pituitary gland. The body regulates the amount of testosterone in the blood through a negative feedback mechanism:   Low testosterone levels increase pituitary secretion of LH, which stimulates testosterone production  High testosterone levels reduce pituitary secretion of LH, resulting in inhibition of testosterone production    The concentration of testosterone in the blood increases and decreases following a “circadian rhythm”: it peaks in the early morning, decreases during the day, and reaches its lowest point around midnight. In addition, testosterone levels increase following exercise and gradually decrease with age. Approximately 60% of testosterone circulates in the blood bound to SHBG (sex-hormone binding globulin) proteins and the remainder bound to albumin. Only a small percentage (approximately 1-4%) circulates as unbound or free testosterone. Both the albumin-bound and free fractions are physiologically active and are defined as bioavailable testosterone. Total testosterone measurement is usually required; however, in some cases, such as in the presence of abnormal SHBG concentrations, the measurement of free and bioavailable testosterone more accurately reflects the patient’s clinical status.

TETANO (Anticorpi)

Il Clostridium tetani, agente etiologico del tetano, è un batterio sporigeno gram positivo, ubiquitario, normalmente presente nell’intestino degli animali (specialmente equini) e quindi nel terreno, dove riesce a sopravvivere trasformandosi in spora. Il tetano si sviluppa solo quando le spore del Clostridium tetani germinano e questo avviene in condizioni di anaerobiosi (tipicamente nelle ferite profonde, e quindi temporaneamente ipovascolarizzate, contaminate da terriccio o polvere); la germinazione delle spore è seguita dal rilascio di una potente neurotossina, la tetanospasmina, che causa le manifestazioni cliniche del tetano. L’unico modo per evitare il tetano è attraverso l’immunizzazione attiva (vaccino) o passiva (somministrazione di immunoglobuline specifiche nell’immediatezza della possibile esposizione).
L’infezione o la vaccinazione causano la comparsa di immunoglobuline della classe G (IgG) che permangono tutta la vita.

Clostridium tetani, the causative agent of tetanus, is a gram-positive, ubiquitous spore-forming bacterium normally found in the intestines of animals (especially horses) and therefore in the soil, where it survives by transforming into spores. Tetanus develops only when Clostridium tetani spores germinate, which occurs in anaerobic conditions (typically in deep wounds, which are therefore temporarily hypovascularized and contaminated with soil or dust). Spore germination is followed by the release of a powerful neurotoxin, tetanospasmin, which causes the clinical manifestations of tetanus. The only way to prevent tetanus is through active immunization (vaccination) or passive immunization (administration of specific immunoglobulins immediately after possible exposure).
Infection or vaccination causes the appearance of class G immunoglobulins (IgG), which remain throughout life.

TIBC E CAPACITA’ FERRO LEGANTE

La transferrina è la proteina più importante implicata nel legame e nel trasporto del ferro in tutto l’organismo. La quantità di transferrina disponibile al legame e al trasporto del ferro si riflette nella misura della capacità totale di legare il ferro (TIBC), della capacità ferro-legante latente   o della saturazione della transferrina.   Normalmente il ferro viene assunto tramite l’alimentazione e trasportato in tutto l’organismo dalla transferrina, una proteina prodotta nel fegato. Per circa il 70% il ferro viene trasportato nel midollo osseo e incorporato nell’ emoglobina  all’interno dei globuli rossi. Il restante viene immagazzinato nei tessuti sotto forma di ferritina o emosiderina. La quantità di transferrina nel sangue dipende dalla funzionalità epatica e dallo stato nutrizionale. In condizioni normali, un terzo dei siti di legame della transferrina per il ferro sono saturati. Questo significa che per due terzi la transferrina conserva la sua capacità legante.    I test TIBC, UIBC, della transferrina e della saturazione della transferrina permettono di valutare la capacità del circolo sanguigno di legare e trasportare il ferro e riflettono anche la quantità delle sue riserve.    Saturazione della transferrina – è un calcolo (vedi “Domande frequenti”) che, utilizzando i valori di sideremia, TIBC e UIBC, permette di stimare la percentuale di transferrina saturata dal ferro..TIBC (total iron binding capacity) – misura la quantità totale di ferro che può essere legato dalle proteine del sangue. Poiché la transferrina è la principale proteina legante il ferro, la misura della TIBC è una buona approssimazione della misura di transferrina disponibile.   UIBC (unsaturated iron binding capacity) – questo test misura la quantità di transferrina di riserva ossia la quantità di transferrina che non è ancora stata saturata dal ferro. L’UIBC può essere misurato direttamente o può essere calcolato: TIBC – ferro serico = UIBC.     Sideremia – la misura del ferro sierico (sideremia) rispecchia la quantità di ferro totale nel sangue, la cui quota maggiore risulta legata alla transferrina. Questo valore viene richiesto per il calcolo di TIBC e di UIBC.

Transferrin is the most important protein involved in the binding and transport of iron throughout the body. The amount of transferrin available for binding and transporting iron is reflected in the measurement of total iron binding capacity (TIBC), latent iron-binding capacity, or transferrin saturation. Normally, iron is obtained through diet and transported throughout the body by transferrin, a protein produced in the liver. About 70% of the iron is transported to the bone marrow and incorporated into hemoglobin within red blood cells. The remaining iron is stored in tissues as ferritin or hemosiderin. The amount of transferrin in the blood depends on liver function and nutritional status. Under normal conditions, one-third of the transferrin binding sites for iron are saturated. This means that two-thirds of transferrin retains its binding capacity.  TIBC, UIBC, transferrin, and transferrin saturation tests allow for the assessment of the blood’s ability to bind and transport iron and also reflect the amount of its reserves. Transferrin saturation is a calculation (see “Frequently Asked Questions”) that, using the values of serum iron, TIBC, and UIBC, estimates the percentage of transferrin saturated with iron. TIBC (total iron binding capacity) measures the total amount of iron that can be bound by blood proteins. Since transferrin is the main iron-binding protein, the TIBC measurement is a good approximation of the available transferrin amount. UIBC (unsaturated iron binding capacity) measures the amount of reserve transferrin, that is, the amount of transferrin that has not yet been saturated with iron. UIBC can be measured directly or calculated: TIBC – serum iron = UIBC. Serum iron (sideremia) reflects the total amount of iron in the blood, the majority of which is bound to transferrin. This value is required for calculating TIBC and UIBC.

TIOCIANATI

L’acido cianidrico, i cianuri organici e numerosi nitrili alifatici ed aromatici sono metabolizzati nel fegato, dall’enzima rodanasi, in solfoconiugati (tiocianati) che vengono successivamente escreti nelle urine; la determinazione della concentrazione di tiocianati nel sangue e nelle urine costituisce pertanto un indicatore utilizzabile ai fini del monitoraggio dell’esposizione. Gli effetti tossici acuti determinano anossia per blocco della respirazione cellulare. L’esposizione cronica provoca vertigini, astenia, alterazioni del Sistema Nervoso Centrale.

Hydrogen cyanide, organic cyanides, and numerous aliphatic and aromatic nitriles are metabolized in the liver by the enzyme rhodanese into thioconjugates (thiocyanates), which are subsequently excreted in the urine; therefore, the determination of thiocyanate concentration in blood and urine serves as an indicator for monitoring exposure. Acute toxic effects cause anoxia due to the blockage of cellular respiration. Chronic exposure leads to dizziness, weakness, and alterations in the Central Nervous System.

TIOCIANATI URINARI

L’acido cianidrico, i cianuri organici e numerosi nitrili alifatici ed aromatici sono metabolizzati nel fegato, dall’enzima rodanasi, in solfoconiugati (tiocianati) che vengono successivamente escreti nelle urine; la determinazione della concentrazione di tiocianati nel sangue e nelle urine costituisce pertanto un indicatore utilizzabile ai fini del monitoraggio dell’esposizione. Gli effetti tossici acuti determinano anossia per blocco della respirazione cellulare. L’esposizione cronica provoca vertigini, astenia, alterazioni del Sistema Nervoso Centrale.

Hydrogen cyanide, organic cyanides, and numerous aliphatic and aromatic nitriles are metabolized in the liver by the enzyme rhodanese into thioconjugates (thiocyanates), which are subsequently excreted in the urine; therefore, the determination of thiocyanate concentration in blood and urine serves as an indicator for monitoring exposure. Acute toxic effects cause anoxia due to the blockage of cellular respiration. Chronic exposure leads to dizziness, weakness, and alterations in the Central Nervous System.

TIREOGLOBULINA

Questo esame misura la concentrazione di tireoglobulina nel sangue. La tireoglobulina (Tg) è una proteina prodotta dalla tiroide, la ghiandola che regola il metabolismo dell’organismo.
La tiroide è un piccolo organo a forma di farfalla posto nel collo a ridosso della trachea ed è composta da piccole strutture sferiche dette follicoli. Le cellule dei follicoli producono ed immagazzinano la tireoglobulina che, al bisogno, viene scissa a formare gli ormoni tiroidei T4 (tiroxina) e T3(triiodotironina). La produzione di questi ormoni ed il loro rilascio nel circolo sanguigno è stimolato dall’ormone ipofisario TSH (thyroid stimulating hormone, ormone stimolante la tiroide).  La tireoglobulina viene prodotta fisiologicamente negli individui sani e le sue concentrazioni risultano basse nel sangue. Un incremento dei livelli di tireoglobulina si osserva frequentemente sia nelle patologie benigne della tiroide (malattia di Graves, tiroidite subacuta, tiroidite di Hashimoto) che nelle forme tumorali. La misura della tiroglobulina può essere utilizzata come indicatore aspecifico di disfunzione tiroidea e come marcatore tumorale per monitorare i pazienti con diagnosi di adenocarcinoma papillare o follicolare della tiroide (per maggiori informazioni, consultare l’articolo Cancro alla Tiroide).

This test measures the concentration of thyroglobulin in the blood. Thyroglobulin (Tg) is a protein produced by the thyroid, the gland that regulates the body’s metabolism. The thyroid is a small butterfly-shaped organ located in the neck near the trachea and is composed of small spherical structures called follicles. The cells of the follicles produce and store thyroglobulin, which, when needed, is cleaved to form the thyroid hormones T4 (thyroxine) and T3 (triiodothyronine). The production of these hormones and their release into the bloodstream is stimulated by the pituitary hormone TSH (thyroid-stimulating hormone). Thyroglobulin is physiologically produced in healthy individuals, and its concentrations are low in the blood. An increase in thyroglobulin levels is frequently observed in both benign thyroid conditions (Graves’ disease, subacute thyroiditis, Hashimoto’s thyroiditis) and in tumor forms. The measurement of thyroglobulin can be used as a nonspecific indicator of thyroid dysfunction and as a tumor marker to monitor patients diagnosed with papillary or follicular thyroid adenocarcinoma (for more information, consult the article on Thyroid Cancer).

TIREOGLOBULINA (Anticorpi)

Gli autoanticorpi tiroidei sono anticorpi che si sviluppano quando il sistema immunitario, invece di attaccare elementi estranei all’organismo come batteri, virus, parassiti e tossine, reagisce erroneamente contro alcune componenti della ghiandola tiroidea o proteine tiroidee, provocando infiammazione cronica della tiroide (tiroidite), danneggiamento tissutale e/o compromissione della funzionalità tiroidea. Questi esami determinano la presenza di specifici autoanticorpi tiroidei e ne misurano la concentrazione nel sangue.  La tiroide è una piccola ghiandola a forma di farfalla posta anteriormente alla trachea, alla base della gola. Gli ormoni primari che la ghiandola produce, la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3), sono implicati nella regolazione del consumo energetico da parte dell’organismo (metabolismo). L’organismo controlla la quantità di T4 e T3 nel sangue tramite un sistema a feedback che comprende l’ormone tireostimolante (TSH) e il suo ormone regolatorio, il fattore di rilascio della tireotropina (TRH); tali ormoni aumentano o diminuiscono la produzione di T3 e T4 operata dalla tiroide per mantenerne stabile la concentrazione in circolo.   Quando gli anticorpi tiroidei interferiscono con questo processo, si possono sviluppare patologie croniche e malattie autoimmuni associate a ipotiroidismo o ipertiroidismo, come il Morbo di Graves e la Tiroidite di Hashimoto. La tiroidite di Hashimoto è la principale causa di ipotiroidismo; viene diagnosticata ogni anno a circa una persona ogni 1000​​​​​, con un rapporto tra il numero di diagnosi femminili e maschili di 20 a 1.​​ La malattia di Graves rappresenta più del 50% dei casi di ipertiroidismo e colpisce maggiormente il sesso femminile. Uno o più dei seguenti test possono essere eseguiti per stabilire la diagnosi e/o monitorare le malattie autoimmuni della tiroide:

  • Anticorpi anti-perossidasi tiroidea (TPOAb); utilizzati come marcatori delle malattie tiroidee autoimmuni. Tali anticorpi interferiscono con l’attività dell’enzima perossidasi, essenziale per la produzione degli ormoni tiroidei. La presenza di TPOAb è associata a difficoltà riproduttive come aborto, pre-eclampsia, parto prematuro e fallimento della fecondazione in vitro. Quasi la totalità dei pazienti con tiroidite di Hashimoto presenta alti livelli di TPOAb
  • Anticorpi anti-tireoglobulina (TgAb); sono diretti contro la tireoglobulina, la forma in cui vengono immagazzinati gli ormoni tiroidei. I TgAb possono essere riscontrati in presenza di lesioni tiroidee e solitamente vengono richiesti insieme alla misura della tireoglobulina, per il monitoraggio dei pazienti in trattamento per il cancro alla tiroide
  • Anticorpi anti-recettori dell’ormone stimolante la tiroide (TSHRAb); includono due tipi di autoanticorpi che legano i recettori del TSH nella tiroide:
    • Immunoglobuline stimolanti la tiroide (TSI); legano i recettori mimando l’attività del TSH, con conseguente aumentata produzione degli ormoni tiroidei ed ipertiroidismo. Tali anticorpi sono riscontrati nei pazienti affetti da morbo di Graves
    • Immunoglobuline inibenti il legame del TSH (TBII) bloccano il legame del TSH ai recettori, inibendo così la produzione degli ormoni tiroidei e causando ipotiroidismo

Generalmente viene richiesta soltanto la determinazione dei TRAb, ossia la presenza o assenza di anticorpi in grado di legare i recettori del TSH. Non si determina se si tratta di TBII o di TSI; questi anticorpi vengono misurati solo a scopo di ricerca ed in laboratori altamente specializzati.

Thyroid autoantibodies are antibodies that develop when the immune system, instead of attacking foreign elements such as bacteria, viruses, parasites, and toxins, mistakenly reacts against certain components of the thyroid gland or thyroid proteins, causing chronic inflammation of the thyroid (thyroiditis), tissue damage, and/or impairment of thyroid function. These tests determine the presence of specific thyroid autoantibodies and measure their concentration in the blood. The thyroid is a small butterfly-shaped gland located in front of the trachea at the base of the throat. The primary hormones produced by the gland, thyroxine (T4) and triiodothyronine (T3), are involved in regulating the body’s energy consumption (metabolism). The body controls the amount of T4 and T3 in the blood through a feedback system that includes thyroid-stimulating hormone (TSH) and its regulatory hormone, thyrotropin-releasing hormone (TRH); these hormones increase or decrease the production of T3 and T4 by the thyroid to maintain stable circulating concentrations.  When thyroid antibodies interfere with this process, chronic conditions and autoimmune diseases associated with hypothyroidism or hyperthyroidism can develop, such as Graves’ disease and Hashimoto’s thyroiditis. Hashimoto’s thyroiditis is the leading cause of hypothyroidism; it is diagnosed each year in about one in every 1000 people, with a female-to-male diagnosis ratio of 20 to 1. Graves’ disease accounts for more than 50% of hyperthyroidism cases and predominantly affects females.One or more of the following tests may be performed to establish the diagnosis and/or monitor autoimmune thyroid diseases:

Anti-thyroid peroxidase antibodies (TPOAb); used as markers for autoimmune thyroid diseases. These antibodies interfere with the activity of the peroxidase enzyme, which is essential for the production of thyroid hormones. The presence of TPOAb is associated with reproductive difficulties such as miscarriage, pre-eclampsia, premature birth, and failure of in vitro fertilization. Almost all patients with Hashimoto’s thyroiditis have high levels of TPOAb.
Anti-thyroglobulin antibodies (TgAb); directed against thyroglobulin, the form in which thyroid hormones are stored. TgAb can be found in the presence of thyroid lesions and are usually requested along with the measurement of thyroglobulin, for monitoring patients undergoing treatment for thyroid cancer.
Anti-thyroid-stimulating hormone receptor antibodies (TSHRAb); include two types of autoantibodies that bind to TSH receptors in the thyroid:
Thyroid-stimulating immunoglobulins (TSI); bind to the receptors mimicking the activity of TSH, resulting in increased production of thyroid hormones and hyperthyroidism. These antibodies are found in patients with Graves’ disease.
Thyroid-binding inhibiting immunoglobulins (TBII) block the binding of TSH to the receptors, thereby inhibiting the production of thyroid hormones and causing hypothyroidism.
Generally, only the determination of TRAb is requested, that is, the presence or absence of antibodies capable of binding to TSH receptors. It is not determined whether they are TBII or TSI; these antibodies are measured only for research purposes and in highly specialized laboratories.

TIREOPEROSSIDASI (Anticorpi)

Gli autoanticorpi tiroidei sono anticorpi che si sviluppano quando il sistema immunitario, invece di attaccare elementi estranei all’organismo come batteri, virus, parassiti e tossine, reagisce erroneamente contro alcune componenti della ghiandola tiroidea o proteine tiroidee, provocando infiammazione cronica della tiroide (tiroidite), danneggiamento tissutale e/o compromissione della funzionalità tiroidea. Questi esami determinano la presenza di specifici autoanticorpi tiroidei e ne misurano la concentrazione nel sangue.

La tiroide è una piccola ghiandola a forma di farfalla posta anteriormente alla trachea, alla base della gola. Gli ormoni primari che la ghiandola produce, la tiroxina (T4) e la triiodotironina (T3), sono implicati nella regolazione del consumo energetico da parte dell’organismo (metabolismo). L’organismo controlla la quantità di T4 e T3 nel sangue tramite un sistema a feedback che comprende l’ormone tireostimolante (TSH) e il suo ormone regolatorio, il fattore di rilascio della tireotropina (TRH); tali ormoni aumentano o diminuiscono la produzione di T3 e T4 operata dalla tiroide per mantenerne stabile la concentrazione in circolo.    Quando gli anticorpi tiroidei interferiscono con questo processo, si possono sviluppare patologie croniche e malattie autoimmuni associate a ipotiroidismo o ipertiroidismo, come il Morbo di Graves e la Tiroidite di Hashimoto. La tiroidite di Hashimoto è la principale causa di ipotiroidismo; viene diagnosticata ogni anno a circa una persona ogni 1000​​​​​, con un rapporto tra il numero di diagnosi femminili e maschili di 20 a 1.​​ La malattia di Graves rappresenta più del 50% dei casi di ipertiroidismo e colpisce maggiormente il sesso femminile.     Uno o più dei seguenti test possono essere eseguiti per stabilire la diagnosi e/o monitorare le malattie autoimmuni della tiroide:

  • Anticorpi anti-perossidasi tiroidea (TPOAb); utilizzati come marcatori delle malattie tiroidee autoimmuni. Tali anticorpi interferiscono con l’attività dell’enzima perossidasi, essenziale per la produzione degli ormoni tiroidei. La presenza di TPOAb è associata a difficoltà riproduttive come aborto, pre-eclampsia, parto prematuro e fallimento della fecondazione in vitro. Quasi la totalità dei pazienti con tiroidite di Hashimoto presenta alti livelli di TPOAb
  • Anticorpi anti-tireoglobulina (TgAb); sono diretti contro la tireoglobulina, la forma in cui vengono immagazzinati gli ormoni tiroidei. I TgAb possono essere riscontrati in presenza di lesioni tiroidee e solitamente vengono richiesti insieme alla misura della tireoglobulina, per il monitoraggio dei pazienti in trattamento per il cancro alla tiroide
  • Anticorpi anti-recettori dell’ormone stimolante la tiroide (TSHRAb); includono due tipi di autoanticorpi che legano i recettori del TSH nella tiroide:
    • Immunoglobuline stimolanti la tiroide (TSI); legano i recettori mimando l’attività del TSH, con conseguente aumentata produzione degli ormoni tiroidei ed ipertiroidismo. Tali anticorpi sono riscontrati nei pazienti affetti da morbo di Graves
    • Immunoglobuline inibenti il legame del TSH (TBII) bloccano il legame del TSH ai recettori, inibendo così la produzione degli ormoni tiroidei e causando ipotiroidismo

Generalmente viene richiesta soltanto la determinazione dei TRAb, ossia la presenza o assenza di anticorpi in grado di legare i recettori del TSH. Non si determina se si tratta di TBII o di TSI; questi anticorpi vengono misurati solo a scopo di ricerca ed in laboratori altamente specializzati.

 

Thyroid autoantibodies are antibodies that develop when the immune system, instead of attacking foreign elements such as bacteria, viruses, parasites, and toxins, mistakenly reacts against certain components of the thyroid gland or thyroid proteins, causing chronic inflammation of the thyroid (thyroiditis), tissue damage, and/or impairment of thyroid function. These tests determine the presence of specific thyroid autoantibodies and measure their concentration in the blood.  The thyroid is a small butterfly-shaped gland located in front of the trachea, at the base of the throat. The primary hormones produced by the gland, thyroxine (T4) and triiodothyronine (T3), are involved in regulating the body’s energy consumption (metabolism). The body controls the amount of T4 and T3 in the blood through a feedback system that includes thyroid-stimulating hormone (TSH) and its regulatory hormone, thyrotropin-releasing hormone (TRH); these hormones increase or decrease the production of T3 and T4 by the thyroid to maintain stable circulating concentrations. When thyroid antibodies interfere with this process, chronic conditions and autoimmune diseases associated with hypothyroidism or hyperthyroidism can develop, such as Graves’ disease and Hashimoto’s thyroiditis. Hashimoto’s thyroiditis is the leading cause of hypothyroidism; it is diagnosed in about one in every 1000 people each year, with a female-to-male diagnosis ratio of 20 to 1. Graves’ disease accounts for more than 50% of hyperthyroidism cases and predominantly affects females.One or more of the following tests may be performed to establish the diagnosis and/or monitor autoimmune thyroid diseases:Anti-thyroid peroxidase antibodies (TPOAb); used as markers for autoimmune thyroid diseases. These antibodies interfere with the activity of the enzyme peroxidase, which is essential for the production of thyroid hormones. The presence of TPOAb is associated with reproductive difficulties such as miscarriage, pre-eclampsia, premature birth, and failure of in vitro fertilization. Almost all patients with Hashimoto’s thyroiditis have high levels of TPOAb.
Anti-thyroglobulin antibodies (TgAb); directed against thyroglobulin, the form in which thyroid hormones are stored. TgAb can be found in the presence of thyroid lesions and are usually requested alongside the measurement of thyroglobulin, for monitoring patients undergoing treatment for thyroid cancer.
Anti-thyroid-stimulating hormone receptor antibodies (TSHRAb); include two types of autoantibodies that bind to TSH receptors in the thyroid:
Thyroid-stimulating immunoglobulins (TSI); bind to the receptors mimicking TSH activity, resulting in increased production of thyroid hormones and hyperthyroidism. These antibodies are found in patients with Graves’ disease.
Thyroid-blocking immunoglobulins (TBII) block the binding of TSH to the receptors, thereby inhibiting the production of thyroid hormones and causing hypothyroidism.  Generally, only the determination of TRAb is requested, that is, the presence or absence of antibodies capable of binding to TSH receptors. It is not determined whether they are TBII or TSI; these antibodies are measured only for research purposes and in highly specialized laboratories.

TIROXINA LIBERA (FT4)

La tiroxina (T4) è uno dei due ormoni principali prodotti dalla tiroide, una piccola ghiandola a forma di farfalla situata alla base del collo, appiattita contro la trachea. L’altro principale ormone è la triiodotironina (T3) che, insieme alla T4, esercita un controllo sulla velocità di consumo dell’energia da parte dell’organismo. In particolare, gli ormoni tiroidei sono necessari per il corretto sviluppo cerebrale durante l’infanzia e per numerose funzioni corporee in età adulta. La tiroxina viene anche definita T4 poichè contiene al suo interno quattro atomi di iodio. La maggior parte della T4 (e della T3) nel sangue circola legata a proteine, mentre la restante parte è libera e rappresenta la forma biologicamente attiva dell’ormone. Questo esame misura la concentrazione del T4 libero nel sangue, ovvero la frazione disponibile per l’ingresso ed il metabolismo nei tessuti dell’organismo.  La T4 costituisce circa l”80% degli ormoni tiroidei. Si tratta di un ormone perlopiù inattivo che però viene convertito nella forma maggiormente attiva, il T3, nel fegato e in altri tessuti.  La produzione di T4 è regolata da un sistema a feedback, tale da mantenere stabile la concentrazione degli ormoni tiroidei nel sangue. Fanno parte di questo sistema a feedback anche il T3, il TSH (ormone tireostimolante) e il TRH (ormone tireotropo) prodotto dall’ipotalamo:

  • Quando la concentrazione ematica di T4 diminuisce, l’ipotalamo produce il TRH, che stimola l’ipofisi a produrre e rilasciare il TSH. Il TSH a sua volta stimola la tiroide a produrre più T4 e T3
  • All’aumentare della concentrazione ematica di ormoni tiroidei, il rilascio di TSH è inibito e di conseguenza anche la produzione degli stessi T4 e T3.

Il corretto funzionamento dei tre organi coinvolti – ipotalamo, ipofisi e tiroide – assicura il mantenimento di concentrazioni stabili degli ormoni tiroidei.    Se la tiroide non produce quantità sufficienti di T4 e di T3, a causa di disfunzioni tiroidee o di produzione insufficiente di TSH, allora la persona affetta può manifestare sintomi di ipotiroidismo, come aumento di peso, secchezza della cute, intolleranza al freddo, ciclo mestruale irregolare e affaticamento. L’ipotiroidismo non trattato, chiamato mixedema, può portare a insufficienza cardiaca, convulsioni e coma. Nei bambini l’ipotiroidismo può arrestare la crescita e ritardare lo sviluppo sessuale. La tiroidite di Hashimoto, una patologia autoimmune, è una causa frequente di ipotiroidismo.     Se la tiroide produce quantità eccessive di T4 e T3, la velocità delle funzioni dell’organismo aumenta con sintomi associati ad ipertiroidismo, come tachicardia, ansia, perdita di peso, difficoltà a dormire, tremori alle mani e gonfiore degli occhi (esoftalmo). Il morbo di Graves è una causa frequente di ipertiroidismo.   Sia l’ipertiroidismo che l’ipotiroidismo possono essere causati da tiroiditi, tumori tiroidei ed eccessiva o scarsa produzione di TSH. Gli effetti di queste patologie sulla produzione di ormoni tiroidei possono essere determinati e monitorati tramite la misura del T4 libero.

 

Thyroxine (T4) is one of the two main hormones produced by the thyroid, a small butterfly-shaped gland located at the base of the neck, flattened against the trachea. The other main hormone is triiodothyronine (T3), which, along with T4, controls the rate of energy consumption by the body. In particular, thyroid hormones are necessary for proper brain development during childhood and for numerous bodily functions in adulthood. Thyroxine is also referred to as T4 because it contains four iodine atoms. Most of the T4 (and T3) in the blood circulates bound to proteins, while the remaining part is free and represents the biologically active form of the hormone. This test measures the concentration of free T4 in the blood, that is, the fraction available for entry and metabolism in the body’s tissues. T4 constitutes about 80% of thyroid hormones. It is mostly an inactive hormone that is converted into the more active form, T3, in the liver and other tissues. The production of T4 is regulated by a feedback system that maintains stable concentrations of thyroid hormones in the blood. This feedback system also includes T3, TSH (thyroid-stimulating hormone), and TRH (thyrotropin-releasing hormone) produced by the hypothalamus:   When the blood concentration of T4 decreases, the hypothalamus produces TRH, which stimulates the pituitary gland to produce and release TSH. TSH in turn stimulates the thyroid to produce more T4 and T3. As the blood concentration of thyroid hormones increases, the release of TSH is inhibited, and consequently, the production of T4 and T3 is also reduced.    The proper functioning of the three involved organs – hypothalamus, pituitary gland, and thyroid – ensures the maintenance of stable concentrations of thyroid hormones. If the thyroid does not produce sufficient amounts of T4 and T3, due to thyroid dysfunctions or insufficient production of TSH, the affected person may exhibit symptoms of hypothyroidism, such as weight gain, dry skin, cold intolerance, irregular menstrual cycle, and fatigue. Untreated hypothyroidism, called myxedema, can lead to heart failure, seizures, and coma. In children, hypothyroidism can halt growth and delay sexual development. Hashimoto’s thyroiditis, an autoimmune condition, is a common cause of hypothyroidism. If the thyroid produces excessive amounts of T4 and T3, the rate of bodily functions increases with symptoms associated with hyperthyroidism, such as tachycardia, anxiety, weight loss, difficulty sleeping, hand tremors, and swelling of the eyes (exophthalmos). Graves’ disease is a common cause of hyperthyroidism. Both hyperthyroidism and hypothyroidism can be caused by thyroiditis, thyroid tumors, and excessive or insufficient production of TSH. The effects of these conditions on the production of thyroid hormones can be determined and monitored by measuring free T4.

TOXOPLASMA GONDII (Anticorpi IgG)

La toxoplasmosi è un’infezione causata da un parassita chiamato Toxoplasma gondii. Gli esami possono essere di tipo sierologico o molecolare. Il test sierologico rileva gli anticorpi prodotti in risposta all’infezione e, sulla base del tipo di anticorpi presenti (IgM o IgG), l’infezione può essere identificata come attiva o pregressa. Il test molecolare rileva il materiale genetico (DNA) del parassita presente nel circolo ematico e identifica un’infezione acuta.    T. gondii è un parassita non visibile ad occhio nudo. Nella maggior parte delle persone l’infezione è asintomatica o determina solo la comparsa di lievi sintomi para-influenzali. Tuttavia, il parassita può causare gravi complicanze nelle persone immunocompromesse o nel caso in cui infetti donne in gravidanza che possono quindi trasmettere l’infezione al feto.   T. gondii è molto comune. È diffuso in tutto il mondo e in alcuni paesi si stima che abbia infettato addirittura il 95% della popolazione. In generale la percentuale di persone sieropositive per la toxoplasmosi è molto variabile, con valori che variano dal 3 al 70%. In Italia è stato stimato che circa il 60% delle donne che affrontano una gravidanza sono sieronegative per la malattia. Questo è dovuto al miglioramento della conservazione e del trattamento degli alimenti.   L’infezione può essere contratta tramite:

  • L’ingestione di acqua contaminata
  • L’ingestione di cibo contaminato, in modo particolare nel caso di carne cruda (maiale, cervo, agnello) o poco cotta
  • Ingestione di frutta e verdura non correttamente lavate e cresciute in un terreno contaminato
  • Manipolazione della terra di orti e giardini dove animali infetti possono aver defecato
  • Ingestione di latte non pastorizzato
  • Manipolazione delle lettiere dei gatti (soprattutto i gatti randagi o abituati ad uscire, che possono quindi aver mangiato uccelli o roditori infetti)
  • Gioco in sabbiere contaminate Trasmissione materno-fetale
  • Raramente, tramite il trapianto d’organo o trasfusione di sangue.

L’ospite definitivo di T. gondii è il gatto, il quale si infetta mangiando uccelli, roditori o carne cruda infetta. T. gondii si replica e forma delle oocisti. Durante un’infezione attiva, milioni di microscopiche oocisti possono essere rilasciate nelle feci del gatto per diverse settimane. Le oocisti diventano infettive nel giro di un paio di giorni e rimangono tali per alcuni mesi. In altri ospiti, inclusi gli esseri umani, T. gondii completa solo una parte del suo ciclo vitale e forma cisti inattive nei muscoli, nell’encefalo e negli occhi. Il sistema immunitario dell’ospite riconosce queste cisti inattive e protegge l’organismo da ulteriori infezioni. Lo stato di quiescenza delle cisti può perdurare per tutto il corso della vita del soggetto, a patto che non vi sia compromissione del sistema immunitario.    Un’infezione o una riattivazione di T. gondii in persone immunocompromesse, come i pazienti affetti da HIV/AIDS, coloro ai quali viene somministrata chemioterapia, che abbiano subito di recente un trapianto d’organo o che assumano farmaci immunosoppressori, può comportare lo sviluppo di sintomi e complicanze significative. Possono essere interessati il sistema nervoso e gli occhi, causando cefalea, convulsioni, stato confusionale, febbre, encefalite, perdita di coordinazione e visione offuscata.    Nel caso di donne in gravidanza con una infezione attiva, le possibilità di trasmissione materno- fetale è del 30-40%. Se l’infezione congenita interessa le prime settimane di gravidanza, allora può comportare aborto, morte intrauterina o anche lo sviluppo di gravi complicanze nel neonato, incluso ritardo mentale, convulsioni, cecità ed epatosplenomegalia. Molti bambini infetti, in particolare quelli esposti durante le ultime settimane di gravidanza, possono apparire normali alla nascita ma sviluppare sintomi tardivi come gravi infezioni agli occhi, perdita

 

Toxoplasmosis is an infection caused by a parasite called Toxoplasma gondii. Tests can be serological or molecular. The serological test detects antibodies produced in response to the infection and, based on the type of antibodies present (IgM or IgG), the infection can be identified as active or past. The molecular test detects the genetic material (DNA) of the parasite present in the bloodstream and identifies an acute infection. T. gondii is a parasite not visible to the naked eye. In most people, the infection is asymptomatic or only causes mild flu-like symptoms. However, the parasite can cause severe complications in immunocompromised individuals or in cases where it infects pregnant women who can then transmit the infection to the fetus. T. gondii is very common. It is widespread worldwide, and in some countries, it is estimated to have infected as much as 95% of the population. Generally, the percentage of people who are seropositive for toxoplasmosis varies widely, with values ranging from 3% to 70%. In Italy, it has been estimated that about 60% of women facing pregnancy are seronegative for the disease. This is due to improvements in food preservation and treatment. The infection can be contracted through:

  • Ingestion of contaminated water
  • Ingestion of contaminated food, particularly in the case of raw (pork, venison, lamb) or undercooked meat
  • Ingestion of improperly washed fruits and vegetables grown in contaminated soil
  • Handling soil from gardens and yards where infected animals may have defecated
  • Ingestion of unpasteurized milk
  • Handling cat litter (especially from stray or outdoor cats, which may have eaten infected birds or rodents)
  • Playing in contaminated sandboxes
  • Maternal-fetal transmission
  • Rarely, through organ transplantation or blood transfusion.

The definitive host of T. gondii is the cat, which becomes infected by eating infected birds, rodents, or raw meat. T. gondii replicates and forms oocysts. During an active infection, millions of microscopic oocysts can be released in the cat’s feces for several weeks. The oocysts become infectious within a couple of days and remain so for several months. In other hosts, including humans, T. gondii only completes part of its life cycle and forms inactive cysts in muscles, the brain, and the eyes. The host’s immune system recognizes these inactive cysts and protects the organism from further infections. The dormant state of the cysts can last throughout the host’s life, provided there is no compromise of the immune system. An infection or reactivation of T. gondii in immunocompromised individuals, such as patients with HIV/AIDS, those undergoing chemotherapy, those who have recently had an organ transplant, or those taking immunosuppressive drugs, can lead to the development of significant symptoms and complications. The nervous system and eyes may be affected, causing headaches, seizures, confusion, fever, encephalitis, loss of coordination, and blurred vision. In the case of pregnant women with an active infection, the chances of maternal-fetal transmission are 30-40%. If congenital infection occurs in the first weeks of pregnancy, it can lead to miscarriage, intrauterine death, or even the development of severe complications in the newborn, including mental retardation, seizures, blindness, and hepatosplenomegaly. Many infected children, particularly those exposed during the last weeks of pregnancy, may appear normal at birth but develop late symptoms such as severe eye infections, loss of vision.

TOXOPLASMA GONDII (Anticorpi IgM)

La toxoplasmosi è un’infezione causata da un parassita chiamato Toxoplasma gondii. Gli esami possono essere di tipo sierologico o molecolare. Il test sierologico rileva gli anticorpi prodotti in risposta all’infezione e, sulla base del tipo di anticorpi presenti (IgM o IgG), l’infezione può essere identificata come attiva o pregressa. Il test molecolare rileva il materiale genetico (DNA) del parassita presente nel circolo ematico e identifica un’infezione acuta.    T. gondii è un parassita non visibile ad occhio nudo. Nella maggior parte delle persone l’infezione è asintomatica o determina solo la comparsa di lievi sintomi para-influenzali. Tuttavia, il parassita può causare gravi complicanze nelle persone immunocompromesse o nel caso in cui infetti donne in gravidanza che possono quindi trasmettere l’infezione al feto.   T. gondii è molto comune. È diffuso in tutto il mondo e in alcuni paesi si stima che abbia infettato addirittura il 95% della popolazione. In generale la percentuale di persone sieropositive per la toxoplasmosi è molto variabile, con valori che variano dal 3 al 70%. In Italia è stato stimato che circa il 60% delle donne che affrontano una gravidanza sono sieronegative per la malattia. Questo è dovuto al miglioramento della conservazione e del trattamento degli alimenti.   L’infezione può essere contratta tramite:

  • L’ingestione di acqua contaminata
  • L’ingestione di cibo contaminato, in modo particolare nel caso di carne cruda (maiale, cervo, agnello) o poco cotta
  • Ingestione di frutta e verdura non correttamente lavate e cresciute in un terreno contaminato
  • Manipolazione della terra di orti e giardini dove animali infetti possono aver defecato
  • Ingestione di latte non pastorizzato
  • Manipolazione delle lettiere dei gatti (soprattutto i gatti randagi o abituati ad uscire, che possono quindi aver mangiato uccelli o roditori infetti)
  • Gioco in sabbiere contaminate Trasmissione materno-fetale
  • Raramente, tramite il trapianto d’organo o trasfusione di sangue.

L’ospite definitivo di T. gondii è il gatto, il quale si infetta mangiando uccelli, roditori o carne cruda infetta. T. gondii si replica e forma delle oocisti. Durante un’infezione attiva, milioni di microscopiche oocisti possono essere rilasciate nelle feci del gatto per diverse settimane. Le oocisti diventano infettive nel giro di un paio di giorni e rimangono tali per alcuni mesi. In altri ospiti, inclusi gli esseri umani, T. gondii completa solo una parte del suo ciclo vitale e forma cisti inattive nei muscoli, nell’encefalo e negli occhi. Il sistema immunitario dell’ospite riconosce queste cisti inattive e protegge l’organismo da ulteriori infezioni. Lo stato di quiescenza delle cisti può perdurare per tutto il corso della vita del soggetto, a patto che non vi sia compromissione del sistema immunitario.    Un’infezione o una riattivazione di T. gondii in persone immunocompromesse, come i pazienti affetti da HIV/AIDS, coloro ai quali viene somministrata chemioterapia, che abbiano subito di recente un trapianto d’organo o che assumano farmaci immunosoppressori, può comportare lo sviluppo di sintomi e complicanze significative. Possono essere interessati il sistema nervoso e gli occhi, causando cefalea, convulsioni, stato confusionale, febbre, encefalite, perdita di coordinazione e visione offuscata.    Nel caso di donne in gravidanza con una infezione attiva, le possibilità di trasmissione materno- fetale è del 30-40%. Se l’infezione congenita interessa le prime settimane di gravidanza, allora può comportare aborto, morte intrauterina o anche lo sviluppo di gravi complicanze nel neonato, incluso ritardo mentale, convulsioni, cecità ed epatosplenomegalia. Molti bambini infetti, in particolare quelli esposti durante le ultime settimane di gravidanza, possono apparire normali alla nascita ma sviluppare sintomi tardivi come gravi infezioni agli occhi, perdita

 

Toxoplasmosis is an infection caused by a parasite called Toxoplasma gondii. Tests can be serological or molecular. The serological test detects antibodies produced in response to the infection and, based on the type of antibodies present (IgM or IgG), the infection can be identified as active or past. The molecular test detects the genetic material (DNA) of the parasite present in the bloodstream and identifies an acute infection. T. gondii is a parasite not visible to the naked eye. In most people, the infection is asymptomatic or only causes mild flu-like symptoms. However, the parasite can cause severe complications in immunocompromised individuals or in cases where it infects pregnant women who can then transmit the infection to the fetus. T. gondii is very common. It is widespread worldwide, and in some countries, it is estimated to have infected as much as 95% of the population. Generally, the percentage of people who are seropositive for toxoplasmosis varies widely, with values ranging from 3% to 70%. In Italy, it has been estimated that about 60% of women facing pregnancy are seronegative for the disease. This is due to improvements in food preservation and treatment. The infection can be contracted through:

  • Ingestion of contaminated water
  • Ingestion of contaminated food, particularly in the case of raw (pork, venison, lamb) or undercooked meat
  • Ingestion of improperly washed fruits and vegetables grown in contaminated soil
  • Handling soil from gardens and yards where infected animals may have defecated
  • Ingestion of unpasteurized milk
  • Handling cat litter (especially from stray or outdoor cats, which may have eaten infected birds or rodents)
  • Playing in contaminated sandboxes
  • Maternal-fetal transmission
  • Rarely, through organ transplantation or blood transfusion.

The definitive host of T. gondii is the cat, which becomes infected by eating infected birds, rodents, or raw meat. T. gondii replicates and forms oocysts. During an active infection, millions of microscopic oocysts can be released in the cat’s feces for several weeks. The oocysts become infectious within a couple of days and remain so for several months. In other hosts, including humans, T. gondii only completes part of its life cycle and forms inactive cysts in muscles, the brain, and the eyes. The host’s immune system recognizes these inactive cysts and protects the organism from further infections. The dormant state of the cysts can last throughout the host’s life, provided there is no compromise of the immune system. An infection or reactivation of T. gondii in immunocompromised individuals, such as patients with HIV/AIDS, those undergoing chemotherapy, those who have recently had an organ transplant, or those taking immunosuppressive drugs, can lead to the development of significant symptoms and complications. The nervous system and eyes may be affected, causing headaches, seizures, confusion, fever, encephalitis, loss of coordination, and blurred vision. In the case of pregnant women with an active infection, the chances of maternal-fetal transmission are 30-40%. If congenital infection occurs in the first weeks of pregnancy, it can lead to miscarriage, intrauterine death, or even the development of severe complications in the newborn, including mental retardation, seizures, blindness, and hepatosplenomegaly. Many infected children, particularly those exposed during the last weeks of pregnancy, may appear normal at birth but develop late symptoms such as severe eye infections, loss of vision.

TPHA

La sifilide è una delle malattie sessualmente trasmissibili maggiormente diffuse ed è causata dall’infezione da Treponema pallidum.Generalmente, la sifilide viene trasmessa tramite rapporti sessuali non protetti (vaginali, anali o orali), ma anche tramite il contatto diretto con un’ulcera (sifiloma) infetta. Inoltre, l’infezione può essere trasmessa per via materno-fetale durante la gravidanza o il parto.    Se non trattata, la sifilide può causare gravi lesioni agli organi interni.   Il test d’elezione per stabilire la diagnosi di sifilide consiste nella ricerca degli anticorpi diretti contro il batterio responsabile dell’infezione (test sierologici). Gli anticorpi sono proteine prodotte dal sistema immunitario in risposta all’infezione. Ulteriori metodi prevedono invece la ricerca diretta del batterio o del suo materiale genetico.

La sifilide è caratterizzata da tre fasi cliniche:

  1. Sifilide primaria – la fase iniziale comincia dopo 2-3 settimane dall’infezione, con la comparsa di un’ulcera (sifiloma iniziale) nelle vicinanze della sede dell’infezione, generalmente in zona genitale (pene, vulva o vagina). Tali ulcere possono talvolta risultare indolori e passare inosservate, in particolare se presenti a livello rettale o cervicale, per poi risolversi spontaneamente entro 4-6 settimane, anche in assenza di trattamento
  2. Sifilide secondaria – se la sifilide primaria non viene trattata, può svilupparsi la forma secondaria dopo 6 settimane-6 mesi dalla comparsa della prima ulcera. Tale fase è caratterizzata dalla comparsa di eruzioni cutanee ruvide, rosse e tondeggianti, presenti solitamente sul palmo delle mani o sotto la pianta dei piedi, generalmente non pruriginose. Inoltre, il paziente può manifestare sintomi quali febbre, affaticamento, gonfiore dei linfonodi, mal di gola, dolore muscolare, perdita di peso e di appetito. Meno comunemente, possono comparire infezioni a livello epatico, oculare o nervoso
  3. Sifilide terziaria (tardiva) – se la sifilide secondaria non viene trattata, il batterio permane in uno stato latente, durante il quale la persona affetta è priva di sintomi nonostante la presenza dell’infezione. Questo stato di latenza può durare per anni. Le complicanze della sifilide terziaria compaiono in circa il 15% dei soggetti non trattati. In questi casi, il batterio può causare lesioni a livello del cuore, degli occhi, del sistema nervoso centrale e periferico, delle ossa, delle articolazioni e degli organi interni. In caso di interessamento del sistema nervoso centrale si parla di neurosifilide, caratterizzata da sintomi quali cefalea, perdita di coordinazione, paralisi e perdita di memoria. La sifilide terziaria può comparire dopo molti anni; gli stadi finali della malattia sono caratterizzati da disturbi mentali, cecità o altri problemi neurologici e problemi cardiaci potenzialmente letali.

La sifilide risulta maggiormente contagiosa nella fase primaria e secondaria. Secondo i dati dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), nel 2018 nell’Unione Europea sono stati riportati 33.927 casi di sifilide, con un tasso di prevalenza nove volte superiore negli uomini rispetto alle donne. In generale, i più alti tassi di incidenza di casi di sifilide sono stati riscontrati tra i 25-34 anni (29 casi per 100.000). Il 69% dei casi segnalati riguardava uomini con rapporti omosessuali.  La sifilide può essere trattata tramite antibiotici, preferibilmente penicillina. Le infezioni recenti risultano più facilmente trattabili rispetto a quelle in fasi avanzate, che possono richiedere trattamenti più duraturi.

 

Syphilis is one of the most widespread sexually transmitted diseases and is caused by infection with Treponema pallidum. Generally, syphilis is transmitted through unprotected sexual intercourse (vaginal, anal, or oral), but also through direct contact with an infected ulcer (chancre). Additionally, the infection can be transmitted from mother to fetus during pregnancy or childbirth. If left untreated, syphilis can cause serious damage to internal organs. The preferred test for diagnosing syphilis involves the detection of antibodies directed against the bacterium responsible for the infection (serological tests). Antibodies are proteins produced by the immune system in response to infection. Other methods involve the direct detection of the bacterium or its genetic material.

Syphilis is characterized by three clinical stages:

Primary syphilis – the initial phase begins 2-3 weeks after infection, with the appearance of an ulcer (primary chancre) near the site of infection, usually in the genital area (penis, vulva, or vagina). These ulcers can sometimes be painless and go unnoticed, particularly if located in the rectal or cervical area, and may resolve spontaneously within 4-6 weeks, even in the absence of treatment.

Secondary syphilis – if primary syphilis is not treated, the secondary form may develop 6 weeks to 6 months after the appearance of the first ulcer. This phase is characterized by the emergence of rough, red, round rashes, usually found on the palms of the hands or the soles of the feet, generally not itchy. Additionally, the patient may experience symptoms such as fever, fatigue, swollen lymph nodes, sore throat, muscle pain, weight loss, and loss of appetite. Less commonly, infections may occur in the liver, eyes, or nervous system.

Tertiary (late) syphilis – if secondary syphilis is not treated, the bacterium remains in a latent state, during which the affected person is asymptomatic despite the presence of the infection. This latent state can last for years. Complications of tertiary syphilis occur in about 15% of untreated individuals. In these cases, the bacterium can cause damage to the heart, eyes, central and peripheral nervous systems, bones, joints, and internal organs. If the central nervous system is involved, it is referred to as neurosyphilis, characterized by symptoms such as headache, loss of coordination, paralysis, and memory loss. Tertiary syphilis can appear many years later; the final stages of the disease are characterized by mental disturbances, blindness, or other neurological problems and potentially lethal heart issues.

Syphilis is most contagious during the primary and secondary stages. According to data from the European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), in 2018, there were 33,927 reported cases of syphilis in the European Union, with a prevalence rate nine times higher in men than in women. In general, the highest incidence rates of syphilis cases were found among those aged 25-34 years (29 cases per 100,000). 69% of reported cases involved men who have sex with men.

Syphilis can be treated with antibiotics, preferably penicillin. Recent infections are generally more easily treatable than those in advanced stages, which may require longer treatments.

TRANSFERRINA

La transferrina è la proteina più importante implicata nel legame e nel trasporto del ferro in tutto l’organismo. La quantità di transferrina disponibile al legame e al trasporto del ferro si riflette nella misura della capacità totale di legare il ferro (TIBC), della capacità ferro-legante latente o della saturazione della transferrina.   Normalmente il ferro viene assunto tramite l’alimentazione e trasportato in tutto l’organismo dalla transferrina, una proteina prodotta nel fegato. Per circa il 70% il ferro viene trasportato nel midollo osseo e incorporato nell’emoglobina all’interno dei globuli rossi. Il restante viene immagazzinato nei tessuti sotto forma di ferritina o emosiderina. La quantità di transferrina nel sangue dipende dalla funzionalità epatica e dallo stato nutrizionale. In condizioni normali, un terzo dei siti di legame della transferrina per il ferro sono saturati. Questo significa che per due terzi la transferrina conserva la sua capacità legante.

I test TIBC, UIBC, della transferrina e della saturazione della transferrina permettono di valutare la capacità del circolo sanguigno di legare e trasportare il ferro e riflettono anche la quantità delle sue riserve.

  • TIBC (total iron binding capacity) – misura la quantità totale di ferro che può essere legato dalle proteine del sangue. Poiché la transferrina è la principale proteina legante il ferro, la misura della TIBC è una buona approssimazione della misura di transferrina disponibile.
  • UIBC (unsaturated iron binding capacity) – questo test misura la quantità di transferrina di riserva ossia la quantità di transferrina che non è ancora stata saturata dal ferro. L’UIBC può essere misurato direttamente o può essere calcolato: TIBC – ferro sierico = UIBC.
  • Sideremia – la misura del ferro sierico (sideremia) rispecchia la quantità di ferro totale nel sangue, la cui quota maggiore risulta legata alla transferrina. Questo valore viene richiesto per il calcolo di TIBC e di UIBC.
  • Saturazione della transferrina – è un calcolo (vedi “Domande frequenti”) che, utilizzando i valori di sideremia, TIBC e UIBC, permette di stimare la percentuale di transferrina saturata dal ferro.

Transferrin is the most important protein implicated in iron binding and transport throughout the body. The amount of transferrin available at iron binding and transport is reflected in the measure of total iron-binding capacity (TIBC), latent ferro-binding capacity, or transferrin saturation.   Iron is normally taken in via food and transported throughout the body by transferrin, a protein produced in the liver. About 70% of iron is transported to the bone marrow and incorporated into hemoglobin within red blood cells. The remainder is stored in tissues in the form of ferritin or hemosiderin. The amount of transferrin in the blood depends on liver function and nutritional status. Under normal conditions, one third of transferrin binding sites for iron are saturated. This means that two thirds of transferrin retains its binding capacity.    TIBC, UIBC, transferrin and transferrin saturation tests allow us to evaluate the ability of the bloodstream to bind and transport iron and also reflect the quantity of its reserves.  TIBC (total iron binding capacity) – measures the total amount of iron that can be bound by blood proteins. Since transferrin is the major iron-binding protein, the TIBC measure is a good approximation of the available transferrin measure.
UIBC (unsaturated iron binding capacity) – this test measures the amount of spare transferrin, i.e. the amount of transferrin that has not yet been saturated by iron. UIBC can be measured directly or can be calculated: TIBC – serum iron = UIBC.
Sideremia – the measurement of serum iron (sideremia) reflects the quantity of total iron in the blood, the greatest share of which is linked to transferrin. This value is required for the calculation of TIBC and UIBC.
Transferrin saturation – is a calculation (see “Frequently asked questions”) which, using the sideremia, TIBC and UIBC values, allows us to estimate the percentage of transferrin saturated by iron.

 

TRANSFERRINA INSATURA

Il recettore solubile della transferrina (sTfR) è una proteina presente nel circolo sanguigno che può aumentare in caso di anemia sideropenica. Questo test misura la concentrazione di sTfR come supporto alla rilevazione e alla diagnosi di anemia sideropenica.  Il ferro è un nutriente essenziale che viene assunto con la dieta. La transferrina è la principale proteina nel sangue in grado di legare il ferro e trasportarlo a tutti i tessuti dell’organismo. Circa l’80% del ferro viene trasportato nel midollo osseo, dove viene incorporato nell’emoglobina e quindi nei globuli rossi (RBC) durante la loro produzione. Il resto viene immagazzinato in altri organi e tessuti sotto forma di ferritina e emosiderina.    Quando la transferrina lega il ferro si forma un complesso. Il legame di questo complesso ai recettori per la transferrina, presenti sulla superficie delle cellule, permette l’ingresso del ferro al loro interno. Il successivo taglio del recettore della transferrina dalla superficie delle cellule determina la formazione e l’ingresso all’interno del circolo ematico del recettore solubile della transferrina (sTfR).     Il numero di recettori per la transferrina esposti sulla superficie cellulare dipende dai livelli di ferro presenti all’interno delle cellule stesse. La diminuzione dei livelli di ferro determina un aumento nella produzione dei recettori della transferrina. Questo comporta l’aumento del taglio dei recettori e la conseguente formazione ed ingresso nel circolo ematico dei sTfR. Per questo motivo, misurare i livelli di sTfR è uno dei metodi di misura indiretti della quantità di ferro disponibile nell’organismo.    La vita media dei globuli rossi è di circa 120 giorni, pertanto il midollo osseo deve produrne continuamente. La diminuzione dell’assunzione di ferro tramite la dieta e/o l’aumento della sua perdita (ad esempio dovuta a sanguinamento importante), determina il consumo delle riserve di ferro. Nel caso in cui queste situazioni persistano, si osserva una progressiva diminuzione delle riserve e quindi l’impossibilità di far fronte alle richieste di ferro da parte dell’organismo; questo porta ad uno stato di carenza di ferro. Tale condizione, che si manifesta con la produzione di globuli rossi piccoli (microcitici) e con un basso contenuto di emoglobina (ipocromici), è chiamata anemia sideropenica.    Di solito, per la diagnosi di questo tipo di anemia e per la valutazione delle riserve di ferro nell’organismo, viene richiesto il test della ferritina. Tuttavia, i livelli di ferritina possono aumentare in corso di infiammazione o di patologie croniche, come alcuni tipi di cancro, e le malattie autoimmuni. In questi casi, il test della ferritina non è indicativo e viene richiesta la misura del sTfR.

 

The soluble transferrin receptor (sTfR) is a protein present in the bloodstream that can increase in cases of iron deficiency anemia. This test measures the concentration of sTfR as support for the detection and diagnosis of iron deficiency anemia. Iron is an essential nutrient that is obtained through the diet. Transferrin is the main protein in the blood capable of binding iron and transporting it to all the tissues of the body. About 80% of iron is transported to the bone marrow, where it is incorporated into hemoglobin and then into red blood cells (RBC) during their production. The rest is stored in other organs and tissues in the form of ferritin and hemosiderin.   When transferrin binds to iron, a complex is formed. The binding of this complex to transferrin receptors present on the surface of cells allows iron to enter inside them. The subsequent cleavage of the transferrin receptor from the cell surface leads to the formation and entry into the bloodstream of the soluble transferrin receptor (sTfR).   The number of transferrin receptors exposed on the cell surface depends on the levels of iron present within the cells themselves. A decrease in iron levels leads to an increase in the production of transferrin receptors. This results in increased cleavage of the receptors and the consequent formation and entry of sTfR into the bloodstream. For this reason, measuring sTfR levels is one of the indirect methods for assessing the amount of available iron in the body.    The average lifespan of red blood cells is about 120 days, so the bone marrow must continuously produce them. A decrease in iron intake through the diet and/or an increase in its loss (for example, due to significant bleeding) leads to the consumption of iron reserves. If these situations persist, a progressive decrease in reserves is observed, leading to an inability to meet the body’s iron demands; this results in a state of iron deficiency. This condition, which manifests with the production of small (microcytic) red blood cells and low hemoglobin content (hypochromic), is called iron deficiency anemia.    Usually, for the diagnosis of this type of anemia and for the assessment of iron reserves in the body, the ferritin test is requested. However, ferritin levels can increase during inflammation or chronic diseases, such as certain types of cancer and autoimmune diseases. In these cases, the ferritin test is not indicative, and the measurement of sTfR is requested.

TRANSGLUTAMINASI, ANTICORPI ANTI

Gli anticorpi anti-Transglutaminasi (TG) sono rivolti verso una famiglia di enzimi (TG2, TG3, TG6) con diverso significato clinico.    In particolare gli anti-TG2 o anti- TG tissutale (tTG), della classe immunoglobulinica IgA, costituiscono il marker diagnostico per la malattia celiaca: elevate concentrazioni di anticorpi tTG IgA solitamente correlano con il resultato della biopsia duodenale per la diagnosi di celiachia. Il riscontro di elevate concentrazioni di tTG IgA con la positività anche del test sierologico addizionale costituito dagli anticorpi anti-Endomisio (EMA), aumentando il valore predittivo positivo per la malattia, può evitare la biopsia duodenale nei bambini con età inferiore ai 2 anni. Nel percorso del test riflesso gli anticorpi anti- tTG hanno un ruolo diagnostico mentre al di fuori del test riflesso sono importanti nel monitoraggio dei soggetti celiaci in dieta priva di glutine, per il controllo della compliance verso la dieta priva di glutine, per il controllo dell’attività di malattia, per la valutazione di una eventuale forma refrattaria di celiachia.

La classe immunoglobulinica IgG degli anti- TG tissutale (tTGG), assume ruolo diagnostico per la celiachia nei soggetti con deficit di IgA, assieme alla determinazione contemporanea degli anticorpi anti-Gliadina deamidata IgG.

Anti-transglutaminase (TG) antibodies target a family of enzymes (TG2, TG3, TG6) with different clinical significance.   In particular, anti-TG2 or anti-tissue TG (tTG) antibodies, belonging to the IgA immunoglobulin class, are the diagnostic marker for celiac disease: high concentrations of tTG IgA antibodies usually correlate with the results of a duodenal biopsy for the diagnosis of celiac disease. The finding of high concentrations of tTG IgA with a positive additional serological test consisting of anti-endomysial antibodies (EMA), increasing the positive predictive value for the disease, can avoid duodenal biopsy in children under 2 years of age. In the reflex test, anti-tTG antibodies play a diagnostic role, while outside the reflex test they are important in monitoring celiac subjects on a gluten-free diet, checking compliance with the gluten-free diet, monitoring disease activity, and evaluating a possible refractory form of celiac disease.The IgG immunoglobulin class of tissue anti-TG (tTGG) antibodies plays a diagnostic role in celiac disease in individuals with IgA deficiency, together with the simultaneous determination of anti-deamidated gliadin IgG antibodies.

 

TRIGLICERIDI

I trigliceridi sono una tipologia di lipidi e rappresentano la principale fonte di energia per l’organismo. Questo esame misura la concentrazione di trigliceridi nel sangue.

La maggior parte dei trigliceridi sono localizzati nel tessuto adiposo, ma una parte circola nel sangue per fornire energia ai muscoli. Dopo i pasti, aumenta la concentrazione di trigliceridi nel sangue, così che l’organismo converta l’energia non necessaria in depositi di grasso. I trigliceridi si muovono attraverso il circolo sanguigno dalle viscere verso il tessuto adiposo, dove vengono depositati. Tra un pasto e un altro, i trigliceridi vengono rilasciati dal tessuto adiposo per essere utilizzati come fonte di energia dall’organismo. La maggior parte dei trigliceridi circola nel sangue legata a molecole chiamate lipoproteine a bassissima densità (VLDL).    Alte concentrazioni di trigliceridi nel sangue sono associate ad un aumentato rischio di sviluppare patologie cardiovascolari (CVD), per cause non ancora del tutto conosciute. Alcuni esempi di fattori contribuiscono ad aumentare il livello di trigliceridi e il rischio di CVD includono la sedentarietà, l’essere sovrappeso, il fumo, l’abuso di alcol e patologie come diabete e malattie renali.

Triglycerides are a type of lipid and represent the main source of energy for the body. This test measures the concentration of triglycerides in the blood.    Most triglycerides are located in adipose tissue, but some circulate in the blood to provide energy to the muscles. After meals, the concentration of triglycerides in the blood increases so that the body can convert unnecessary energy into fat deposits. Triglycerides move through the bloodstream from the intestines to adipose tissue, where they are stored. Between meals, triglycerides are released from adipose tissue to be used as an energy source by the body. Most triglycerides circulate in the blood bound to molecules called very low-density lipoproteins (VLDL).   High concentrations of triglycerides in the blood are associated with an increased risk of developing cardiovascular disease (CVD), for reasons that are not yet fully understood. Some examples of factors that contribute to increased triglyceride levels and CVD risk include a sedentary lifestyle, being overweight, smoking, alcohol abuse, and conditions such as diabetes and kidney disease.

 

TRIIODOTIRONINA LIBERA (FT3)

La triiodotironina (T3) è uno dei due principali ormoni prodotti dalla ghiandola tiroidea, un piccolo organo a forma di farfalla localizzato alla base della gola adeso alla trachea. L’altro principale ormone tiroideo è chiamato tiroxina (T4) e insieme sono implicati nei meccanismi di regolazione dell’utilizzo di energia dell’organismo (metabolismo). La triiodotironina viene anche definita T3 poiché contiene tre atomi di iodio, mentre la tiroxina viene anche detta T4 perché ne contiene quattro. La maggior parte del T3 e del T4 presente nel circolo ematico circola legata a proteine di trasporto, ma solo la quota libera (non legata) degli ormoni è biologicamente attiva. I test T3 consentono di misurare la quota libera (fT3) e/o totale (fT3 + T3 libero) dell’ormone.   La tiroide produce perlopiù l’ormone T4 (80%) e solo una piccola parte (20%) di T3. Il T4, dotato di scarsa attività, viene poi convertito nella forma maggiormente attiva, il T3, nel fegato e nel rene.    La concentrazione di T3 è regolata tramite un sistema a feedback, necessario per il mantenimento dell’equilibrio della concentrazione ematica degli ormoni tiroidei. Sono parte di questo meccanismo il T4, il TSH e anche l’ormone deputato alla loro regolazione, ossia il fattore di rilascio della tireotropina (TRH), prodotto dall’ipotalamo.

  • Quando la concentrazione di ormoni tiroidei nel circolo sanguigno diminuisce, l’ipotalamo produce l’ormone di rilascio della tireotropina (TRH) che stimola l’ipofisi a secernere l’ormone tireostimolante (TSH). Questo, a sua volta, stimola la tiroide a produrre e/o a rilasciare una maggiore quantità di ormoni tiroidei
  • L’aumento della concentrazione ematica di ormoni tiroidei inibisce il rilascio di TRH e TSH con conseguente diminuzione della produzione/rilascio di T4 e T3.

Il corretto funzionamento di tutti gli organi (ipotalamo, ipofisi e tiroide) implicati nel meccanismo di regolazione a feedback, assicura il mantenimento dell’equilibrio della concentrazione di ormoni tiroidei circolanti.    La produzione da parte della tiroide di T3 e T4 in eccesso comporta la comparsa di sintomi di ipertiroidismo come ansia, tremori alle mani, calo ponderale, insonnia, gonfiore, irritazione degli occhi e, in alcuni casi, esoftalmo (occhi sporgenti). La malattia di Graves è una delle cause più frequenti di ipertiroidismo.    La produzione da parte della tiroide di quantità non sufficienti di ormoni comporta invece la comparsa di sintomi di ipotiroidismo con riduzione della velocità delle reazioni metaboliche, aumento ponderale, cute secca, astenia e stitichezza. La tiroidite di Hashimoto è una causa comune di ipotiroidismo.    L’ipotiroidismo e l’ipertiroidismo possono essere anche conseguenza della presenza di tiroiditi o tumori della tiroide con carente o eccessiva produzione di TSH. Gli effetti di queste patologie sulla funzionalità tiroidea possono essere monitorati tramite la misura del T3 libero o totale.

 

Triiodothyronine (T3) is one of the two main hormones produced by the thyroid gland, a small butterfly-shaped organ located at the base of the throat attached to the trachea. The other main thyroid hormone is called thyroxine (T4) and together they are involved in regulating the body’s energy use (metabolism). Triiodothyronine is also called T3 because it contains three iodine atoms, while thyroxine is also called T4 because it contains four. Most of the T3 and T4 in the bloodstream circulates bound to transport proteins, but only the free (unbound) portion of the hormones is biologically active. T3 tests measure the free (fT3) and/or total (fT3 + free T3) amount of the hormone. The thyroid gland produces mostly T4 hormone (80%) and only a small amount (20%) of T3. T4, which has little activity, is then converted into the more active form, T3, in the liver and kidneys. The concentration of T3 is regulated by a feedback system, which is necessary to maintain the balance of thyroid hormone concentration in the blood. T4, TSH, and the hormone responsible for their regulation, thyrotropin-releasing hormone (TRH), produced by the hypothalamus, are all part of this mechanism.

When the concentration of thyroid hormones in the bloodstream decreases, the hypothalamus produces thyrotropin-releasing hormone (TRH), which stimulates the pituitary gland to secrete thyroid-stimulating hormone (TSH). This, in turn, stimulates the thyroid to produce and/or release more thyroid hormones.
The increase in the blood concentration of thyroid hormones inhibits the release of TRH and TSH, resulting in a decrease in the production/release of T4 and T3.

The proper functioning of all organs (hypothalamus, pituitary gland, and thyroid) involved in the feedback regulation mechanism ensures that the concentration of circulating thyroid hormones remains balanced. Excess production of T3 and T4 by the thyroid gland leads to the appearance of symptoms of hyperthyroidism such as anxiety, hand tremors, weight loss, insomnia, swelling, eye irritation and, in some cases, exophthalmos (bulging eyes). Graves’ disease is one of the most common causes of hyperthyroidism. Insufficient production of hormones by the thyroid gland leads to the onset of symptoms of hypothyroidism, with a reduction in metabolic rate, weight gain, dry skin, asthenia, and constipation. Hashimoto’s thyroiditis is a common cause of hypothyroidism. Hypothyroidism and hyperthyroidism can also be the result of thyroiditis or thyroid tumors with insufficient or excessive TSH production. The effects of these conditions on thyroid function can be monitored by measuring free or total T3.

TROPONINA I

Le troponine sono una famiglia di proteine presenti nei muscoli scheletrico e cardiaco (miocardio), implicate nel meccanismo di contrazione muscolare. I test delle troponine misurano la concentrazione nel sangue delle troponine cardiache (specifiche del cuore) come supporto alla diagnosi di danno cardiaco.  Nel muscolo (sia cardiaco che scheletrico), le troponine sono associate a formare il complesso troponinico. Il complesso troponinico è costituito da 3 subunità: troponina C (legante il calcio), troponina T (legante la tropomiosina) e troponina I (inibitoria). L’aumento della concentrazione di calcio permette l’innesco della contrazione muscolare, tramite il suo legame alla troponina C. Questo legame causa l’allontanamento della troponina I e l’interazione delle proteine che muovono le fibre muscolari. La troponina T, ancora il complesso delle troponine alla fibra muscolare. Le isoforme di troponina C scheletrica e cardiaca sono quasi identiche, mentre le isoforme di troponina I e T cardiache (cTnT, cTnI) hanno caratteristiche peculiari rispetto alle isoforme scheletriche, dalle quali possono essere facilmente differenziate con metodiche appropriate. La misura della concentrazione ematica della cTnT e/o cTnI fornisce informazioni circa la presenza di un possibile danno al miocardio (il muscolo cardiaco).

La troponina, presente in condizioni fisiologiche in quantità non misurabili nel sangue, viene rilasciata nel circolo ematico in seguito a danno cardiaco: maggiore è il danno, più è alta la concentrazione di troponina rilasciata nel sangue. Il test della troponina è utile nella diagnosi di infarto miocardico acuto (IMA) ma può essere utile anche nella valutazione di altre forme di danno al miocardio e per la valutazione del rischio cardiovascolare, soprattutto nei soggetti con età > 55 anni con co-morbidità (come diabete, obesità, insufficienza renale, malattie dell’apparato respiratorio). La diffusione, relativamente recente, dei metodi per la misura della troponina ad elevata sensibilità (metodi hs-cTn) ha comportato l’introduzione di modifiche essenziali nei protocolli diagnostici. La misura ad elevata sensibilità per la troponina I (hs-cTnI) e T (hs-cTnT) consente la diagnosi precoce di IMA e sindrome coronarica acuta, ma può risultare alterata anche in presenza di angina e in persone asintomatiche. L’aumento dei livelli circolanti di hs-cTnI e hs-cTnT in questa categoria di pazienti indica un rischio aumentato di futuri episodi cardiaci. La sindrome coronarica acuta (SCA) è un termine che descrive diverse condizioni che riducono il flusso sanguigno al cuore e che possono causare IMA ed angina instabile. Sintomi tipici dell’angina sono dolore al petto, senso di malessere o di oppressione.   In corso d’infarto, i livelli circolanti di hs-cTnI e hs-cTnT aumentano alcuni minuti dal danno e possono rimanere elevate per più giorni (mediamente 5-7). I test per la misura di hs-cTnI e hs-cTnT sono così sensibili che consentono di rilevare delle alterazioni significative nella concentrazione del biomarcatore già dopo un’ora dall’inizio della sintomatologia anginosa.

Troponins are a family of proteins found in skeletal and cardiac muscles (myocardium), implicated in the mechanism of muscle contraction. Troponin tests measure the blood concentration of cardiac troponins (heart-specific) to support the diagnosis of heart damage.  In muscle (both cardiac and skeletal), troponins are associated with forming the troponin complex. The troponin complex consists of 3 subunits: troponin C (calcium binding), troponin T (tropomyosin binding) and troponin I (inhibitory). The increase in calcium concentration allows the triggering of muscle contraction, via its binding to troponin C. This binding causes troponin I to move away and muscle fiber-moving proteins to interact. Troponin T, again the troponin complex at the muscle fiber. The skeletal and cardiac troponin C isoforms are almost identical, while the cardiac troponin I and T isoforms (cTnT, cTnI) have peculiar characteristics compared to the skeletal isoforms, from which they can be easily differentiated with appropriate methods. Measuring the blood concentration of cTnT and/or cTnI provides information about the presence of possible damage to the myocardium (the heart muscle).  Troponin, present in physiological conditions in non-measurable quantities in the blood, is released into the bloodstream following cardiac damage: the greater the damage, the higher the concentration of troponin released into the blood. The troponin test is useful in the diagnosis of acute myocardial infarction (AMI) but can also be useful in the evaluation of other forms of damage to the myocardium and for the evaluation of cardiovascular risk, especially in subjects aged > 55 years with co-morbidity (such as diabetes, obesity, renal failure, respiratory system diseases). The relatively recent spread of methods for measuring troponin with high sensitivity (hs-cTn methods) has led to the introduction of essential changes in diagnostic protocols. The highly sensitive measure for troponin I (hs-cTnI) and T (hs-cTnT) allows the early diagnosis of AMI and acute coronary syndrome, but can also be altered in the presence of angina and in asymptomatic people. The increase in circulating hs-cTnI and hs-cTnT levels in this category of patients indicates an increased risk of future cardiac episodes. Acute coronary syndrome (ACS) is a term that describes several conditions that reduce blood flow to the heart and can cause AMI and unstable angina. Typical symptoms of angina are chest pain, feeling sick or tight.  In the course of a heart attack, circulating levels of hs-cTnI and hs-cTnT increase a few minutes from the damage and may remain elevated for several days (average 5-7). The tests for the measurement of hs-cTnI and hs-cTnT are so sensitive that they allow the detection of significant alterations in the concentration of the biomarker already one hour after the onset of anginal symptoms.

TROPONINE CARDIACHE ( hs-cTnT)

Negli ultimi dieci anni, i metodi immunochimici per la rilevazione di biomarcatori delle malattie cardiovascolari, comprese le troponine cardiache (cTnT e cTnI), sono notevolmente migliorati, aumentando il loro valore diagnostico e aprendo nuove opportunità di impiego nella pratica clinica. I nuovi metodi per la determinazione delle troponine cardiache, definiti “ad alta sensibilità” (hs-cTnT e hs-cTnI), possono identificare anche danni miocardici minimi, secondo alcuni autori anche reversibili, riscontrabili in condizioni parafisiologiche (sforzo fisico o altre situazioni di stress), nelle fasi iniziali di molte condizioni patologiche che coinvolgono primariamente o secondariamente il cuore quali ad esempio, miocardite, sepsi, insufficienza renale, patologie oncologiche. L’aumento di hs-cTnT e hs-cTnI nel siero, corrisponde al grado di danno miocardico e ha un alto valore diagnostico e prognostico consentendo di stratificare il rischio di sviluppo di eventi cardiovascolari avversi. L’ipertensione arteriosa è una delle condizioni patologiche epidemiologicamente più frequenti ed è associata ad una elevata morbilità e mortalità. In questa rassegna vengono esposti i risultati di studi clinici dedicati al valore diagnostico e prognostico delle troponine cardiache nell’ipertensione arteriosa con riferimento al dosaggio nel siero o in altri materiali biologici ottenibili con modalità non invasiva oltre all’analisi dei meccanismi patogenetici che sottendono alla loro dismissione in circolo.

Over the past decade, immunochemical methods for the detection of biomarkers of cardiovascular diseases, including cardiac troponins (cTnT and cTnI), have significantly improved, increasing their diagnostic value and opening up new opportunities for use in clinical practice. The new methods for the determination of cardiac troponins, defined as “high sensitivity” (hs-cTnT and hs-cTnI), can also identify minimal myocardial damage, according to some authors even reversible, found in paraphysiological conditions (physical effort or other stressful situations), in the initial stages of many pathological conditions that primarily or secondarily involve the heart such as, for example, myocarditis, sepsis, renal failure, oncological pathologies. The increase in hs-cTnT and hs-cTnI in serum, corresponds to the degree of myocardial damage and has a high diagnostic and prognostic value allowing to stratify the risk of development of adverse cardiovascular events. Arterial hypertension is one of the epidemiologically most frequent pathological conditions and is associated with high morbidity and mortality. In this review, the results of clinical studies dedicated to the diagnostic and prognostic value of cardiac troponins in arterial hypertension are exposed with reference to the dosage in serum or other biological materials obtainable in a non-invasive manner in addition to the analysis of the pathogenetic mechanisms underlying their release into circulation.

U

UREA

Questo esame misura la concentrazione di urea nel sangue (azotemia). L’urea è prodotta nel fegato quando le proteine sono frammentate nelle loro componenti elementari (amminoacidi) e metabolizzate. Questo processo produce ammoniaca, che è convertita in un prodotto di scarto meno tossico, l’urea. Talvolta, il rapporto urea/creatinina può essere calcolato per contribuire a determinare la causa di livelli elevati.     L’azoto è un componente sia dell’ammoniaca che dell’urea. “Urea” e “azoto ureico” sono due modalità di esprimere lo stesso concetto: l’urea contiene azoto e rappresenta il mezzo di trasporto usato dall’organismo per rimuoverne l’eccesso, può essere quantificata come tale oppure come “azoto contenuto nell’urea” cioè l’azoto ureico. L’urea è rilasciata dal fegato nel circolo ematico ed è trasportata ai reni, dove viene filtrata dal sangue ed è escreta nell’urina. Questo è un processo sempre attivo, perciò una concentrazione bassa ma stabile di azoto ureico è sempre presente nell’urina. Tuttavia, in presenza di danni o patologie renali, i reni non sono in grado di filtrare correttamente i prodotti di scarto dal sangue, con conseguente aumento della concentrazione di urea.

I reni sono una coppia di organi con la caratteristica forma a fagiolo, localizzati nella parte inferiore della gabbia toracica al lato sinistro e destro della schiena. Sono composti da circa un milione di nefroni, le unità funzionali in cui avviene la filtrazione del sangue. In ogni nefrone il sangue viene continuamente filtrato attraverso un gruppo di vasi sanguigni che formano una matassa, chiamata glomerulo. Questa struttura permette il passaggio di acqua e piccole molecole, mentre trattiene le cellule del sangue, le proteine come l’albumina e le molecole più grandi. Ad ogni glomerulo sono attaccati dei tubi (tubuli), che raccolgono i liquidi e le molecole che passano attraverso il glomerulo e riassorbono ciò che può essere riutilizzato dall’organismo. I prodotti di scarto rimanenti sono eliminati sotto forma di urina.     La maggior parte delle patologie e condizioni che colpiscono i reni e il fegato possono potenzialmente aumentare l’urea presente nel sangue. Se c’è un’aumentata concentrazione di urea prodotta dal fegato o una diminuita escrezione da parte dei reni, allora la concentrazione nel sangue aumenta. Se un danno al fegato o una patologia inibisce la produzione di urea, l’azotemia può diminuire.

This test measures the concentration of urea in the blood (blood urea nitrogen). Urea is produced in the liver when proteins are broken down into their basic components (amino acids) and metabolized. This process produces ammonia, which is converted into a less toxic waste product, urea. Sometimes, the urea/creatinine ratio may be calculated to help determine the cause of elevated levels. Nitrogen is a component of both ammonia and urea. “Urea” and “ureic nitrogen” are two ways of expressing the same concept: urea contains nitrogen and is the means by which the body removes excess nitrogen. It can be quantified as such or as “nitrogen contained in urea,” i.e., ureic nitrogen. Urea is released by the liver into the bloodstream and transported to the kidneys, where it is filtered from the blood and excreted in the urine. This is a continuous process, so a low but stable concentration of urea nitrogen is always present in the urine. However, in the presence of kidney damage or disease, the kidneys are unable to properly filter waste products from the blood, resulting in an increase in urea concentration.

The kidneys are a pair of bean-shaped organs located in the lower part of the rib cage on the left and right sides of the back. They are composed of approximately one million nephrons, the functional units where blood filtration occurs. In each nephron, blood is continuously filtered through a group of blood vessels that form a tangle called a glomerulus. This structure allows water and small molecules to pass through, while retaining blood cells, proteins such as albumin, and larger molecules. Tubes (tubules) are attached to each glomerulus, which collect the fluids and molecules that pass through the glomerulus and reabsorb what can be reused by the body. The remaining waste products are eliminated in the form of urine. Most diseases and conditions affecting the kidneys and liver can potentially increase the amount of urea in the blood. If there is an increased concentration of urea produced by the liver or decreased excretion by the kidneys, then the concentration in the blood increases. If liver damage or disease inhibits urea production, azotemia may decrease.

URICEMIA

L’acido urico viene prodotto in seguito alla degradazione delle purine, composti contenenti azoto presenti in varie sostanze del nostro organismo, come il DNA. Le purine vengono rilasciate nel sangue principalmente attraverso la normale degradazione ed il ricambio cellulare e, in minor misura, dalla digestione di alcuni cibi (come fegato, acciughe, sgombri, piselli e fagioli secchi) e bevande (vino e birra). La maggior parte dell’acido urico e rimossa dall’organismo attraverso l’azione di filtro dei reni, ed è escreto nelle urine; il rimanente è eliminato attraverso le feci. La produzione eccessiva o la diminuita eliminazione di acido urico, può comportare l’accumulo di questa sostanza nell’organismo e quindi l’aumento dei suoi livelli ematici (iperuricemia). L’eccesso di acido urico può portare a gotta, una patologia caratterizzata da infiammazione articolare dovuta alla formazione di cristalli di acido urico all’interno del liquido sinoviale (fluido contenuto nelle articolazioni ). L’eccesso di acido urico può anche portare alla deposizione in tessuti come il rene e quindi a conseguenti patologie renali e calcoli.L’accumulo di acido urico può essere dovuto sia ad un aumentata produzione che ad una diminuita eliminazione, o una combinazione di entrambe. L’aumentata produzione può essere causata, ad esempio, da un aumento della morte cellulare così come accade in corso di alcune terapie per la cura del cancro, o più raramente, in presenza di una tendenza ereditaria all’iper-produzione di acido urico. Spesso la diminuzione di eliminazione di acido urico è il risultato di una compromissione della funzionalità renale di varia natura.

Uric acid is produced following the degradation of purines, nitrogen-containing compounds found in various substances in our bodies, such as DNA. Purines are released into the blood mainly through normal cell degradation and turnover and, to a lesser extent, from the digestion of certain foods (such as liver, anchovies, mackerel, peas and dried beans) and beverages (wine and beer). Most uric acid is removed from the body through the filtering action of the kidneys, and is excreted in the urine; the remainder is eliminated through the feces. Excessive production or decreased elimination of uric acid can lead to the accumulation of this substance in the body and therefore an increase in its blood levels (hyperuricemia). Excess uric acid can lead to gout, a condition characterized by joint inflammation due to the formation of uric acid crystals within synovial fluid (fluid contained in the joints). Excess uric acid can also lead to deposition in tissues such as the kidney, resulting in kidney disease and stones. Uric acid accumulation can be due to either increased production or decreased elimination, or a combination of both. Increased production can be caused, for example, by increased cell death as occurs during some cancer therapies, or more rarely, in the presence of an inherited tendency to over-production of uric acid. Often the decrease in uric acid elimination is the result of impaired renal function of various kinds.

 

URINE COMPLETO (Esame chimico-fisico)

L’esame chimico fisico e microscopico delle urine comprende un insieme di test per la rivelazione e la quantificazione dei prodotti fisiologici o patologici del metabolismo, nonché di cellule, batteri e frammenti cellulari. L’urina è un liquido prodotto dai reni a seguito della continua filtrazione del sangue, che contiene acqua, sali minerali, sostanze organiche e rarissimi leucociti: in condizioni normali non sono presenti nell’urina né batteri né lieviti. I reni sono una coppia di organi con la caratteristica forma a fagiolo, localizzati nella parte inferiore della gabbia toracica, posti ai lati della colonna vertebrale. L’urina viene trasportata tramite dei condotti chiamati ureteri fino alla vescica, dove permane temporaneamente, fino a che il soggetto non urina, e viene eliminata tramite l’uretra.In condizioni normali l’urina hanno una colorazione gialla ed un aspetto limpido ma, a seconda dell’ora della minzione, il colore, la quantità, la concentrazione ed il contenuto delle urine possono modificarsi a causa della variazione dei suoi costituenti.Numerose patologie possono essere diagnosticate in fase precoce ricercando la presenza di eventuali anomalie nell’urina. Tali anomalie includono l’aumentata concentrazione di costituenti che in condizioni normali non sono presenti in quantità significative nell’urina, quali: glucosio, proteine, bilirubina, globuli rossi, globuli bianchi, cristalli e batteri.Tali sostanze possono essere presenti per:

  • Elevata concentrazione della suddetta sostanza nel sangue, che l’organismo tenta di ridurre eliminandola con l’urina
  • Patologie renali che compromettono la capacità filtrante dei reni
  • Infezione delle vie urinarie, caratterizzate dalla presenza di batteri e globuli bianchi nell’urina

L’analisi completa dell’urina comprende tre tipologie di esami:

  1. Esame fisico: ne rileva il colore, la limpidezza e la concentrazione
  2. Esame chimico: analizza chimicamente diverse sostanze che forniscono informazioni circa lo stato di salute del paziente
  3. Esame microscopico: identifica e conta il tipo di cellule, i cilindri, i cristalli ed altre componenti quali batteri e muco, che possono essere presenti nell’urina.

 

The chemical, physical and microscopic examination of urine includes a set of tests for the detection and quantification of physiological or pathological products of metabolism, as well as cells, bacteria and cell fragments. Urine is a liquid produced by the kidneys following the continuous filtration of the blood, which contains water, mineral salts, organic substances and very rare leukocytes: under normal conditions, neither bacteria nor yeasts are present in the urine. The kidneys are a pair of organs with the characteristic bean shape, located in the lower part of the rib cage, placed on the sides of the vertebral column. Urine is transported through ducts called ureters to the bladder, where it remains temporarily until the person urinates, and is eliminated through the urethra.Under normal conditions urine has a yellow color and a clear appearance but, depending on the time of urination, the colour, quantity, concentration and content of the urine can change due to the variation of its constituents.Numerous diseases can be diagnosed at an early stage by looking for the presence of any abnormalities in the urine. These abnormalities include increased concentrations of constituents that are not normally present in significant amounts in urine, such as: glucose, protein, bilirubin, red blood cells, white blood cells, crystals, and bacteria.These substances can be present for:High concentration of the aforementioned substance in the blood, which the body tries to reduce by eliminating it in the urineRenal pathologies that compromise the filtering capacity of the kidneysUrinary tract infection, characterized by the presence of bacteria and white blood cells in the urineComplete urine analysis includes three types of tests:Physical examination: it detects the color, clarity and concentrationChemical test: chemically analyzes various substances that provide information about the patient’s state of health Microscopic examination: identifies and counts the type of cells, casts, crystals and other components such as bacteria and mucus, which may be present in the urine.

UROCOLTURA

L’urina è un liquido prodotto dai reni a seguito della continua filtrazione del sangue, che contiene acqua, sali minerali, sostanze organiche e rarissimi leucociti: in condizioni normali non sono presenti nell’urina né batteri né lieviti. I reni sono una coppia di organi con la caratteristica forma a fagiolo, localizzati nella parte inferiore della gabbia toracica, posti ai lati della colonna vertebrale. L’urina viene trasportata tramite dei condotti chiamati ureteri fino alla vescica, dove permane temporaneamente, fino a che il soggetto non urina, e viene eliminata tramite l’uretra. L’urinocoltura è l’esame che rileva ed identifica i batteri ed i lieviti che possono essere presenti nell’urina, provenendo dalla cute circostante, dalle zone genitali o dalle feci, e causando le infezioni delle vie urinarie (IVU). Si parla di infezioni delle basse vie urinarie, se coinvolgono la vescica (cistite) o l’uretra (uretrite); di infezioni delle alte vie urinarie se interessano il rene e/o gli ureteri. Si tratta di infezioni molto comuni, che costituiscono motivo frequente di consultazione per i Medici di Medicina generale ed i Pediatri, soprattutto per quanto riguarda la cistite nelle donne. Sono frequenti anche nei bambini di età inferiore ad un anno e richiedono un’attenta valutazione. La maggior parte di queste infezioni sono facili da trattare ma, se trascurate o non correttamente trattate, possono diffondere dalla vescica e dagli ureteri verso i reni, causando patologie decisamente più pericolose (glomerulonefriti, pielonefriti, ecc), che possono provocare danni permanenti e/o raggiungere il circolo sanguigno (setticemia) e causare la sepsi, una complicanza potenzialmente letale.

La Linea Guida della Associazione Europea di Urologia (EAU) del 2018 e la Linea Guida SIGN (Scottish Intercollegiate Guidelines Network) del 2020 classificano le IVU secondo la presentazione clinica, la sede ed i fattori di rischio in:

  • IVU non complicate: cistite e/o pielonefrite acuta (eventuale febbre >38°C, brividi, dolore al fianco, nausea, vomito, dolorabilità all’angolo costo-vertebrale con o senza sintomi di cistite) in donne non gravide e in soggetti senza anormalità anatomiche né comorbidità
  • IVU complicate: si tratta delle stesse forme del punto precedente in pazienti con aumentata probabilità di decorso complicata: uomini, donne gravide, soggetti con anomalie anatomiche o funzionali del tratto urinario, malattie renali, altre malattie immunodeprimenti
  • IVU ricorrenti: frequenza di almeno 3 episodi all’anno o 2 episodi negli ultimi 6 mesi dovute a persistenza/fallimento terapeutico (stesso  microorganismo entro 2 settimane) oppure a reinfezione (microrganismo diverso dopo più di 2 settimane)
  • IVU in soggetti con catetere vescicale a permanenza o che hanno avuto un catetere nelle ultime 48 ore
  • Urosepsi: si tratta di una grave patologia d’ organo causata da un’anomala risposta dell’ospite all’infezione del tratto urinario e/o dei genitali maschili

Le due suddette LG e quella della Società Americana di Malattie Infettive (IDSA) del 2019 affrontano il problema della batteriuria asintomatica, definita come colonizzazione batterica persistente del tratto urinario (carica batterica maggiore di 100.000 UFC/mL) in 2 campioni di urina nelle donne e 1 negli uomini, senza manifestazioni sintomatologiche. La sua prevalenza è stimata essere dell’1-5% nelle donne sane in premenopausa, del 2-10% nelle donne in gravidanza, del 4-19% in donne e uomini anziani sani, dello 0,7-27% nei diabetici, del 15-50% negli anziani istituzionalizzati, del 23-89% in pazienti con lesioni del midollo spinale. Negli uomini giovani non è comune, ma se viene rilevata, è necessario sospettare una prostatite batterica cronica. Nelle donne in gravidanza la batteriuria asintomatica è associata ad una maggiore incidenza di pielonefrite, parto pretermine e basso peso alla nascita. Pertanto in Italia le Linee Guida 2011 per la gravidanza fisiologica e il DPCM (pubblicato sulla GU n. 65 del 18/3/2017) ne prevedono lo screening gratuito, mediante esame delle urine ed urinocoltura con eventuale antibiogramma al 1° trimestre (fra la 12° e la 16° settimana), 2° trimestre (fra la 24° e la 27° settimana) e 3° trimestre (fra la 33° e la 37° settimana). Il trattamento va fatto con un ciclo breve di farmaci che possono essere usati in gravidanza: penicilline, cefalosporine, fosfomicina, nitrofurantoina (da evitare nel caso di deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi e alla fine della gravidanza), trimetoprim (da evitare nel primo trimestre) e sulfonamidi (da evitare nell’ultimo trimestre). Secondo tali Linee Guida, in tutti gli altri casi citati la batteriuria asintomatica non va trattata. Non è infatti dimostrato che i soggetti anziani interessati da batteriuria asintomatica vadano incontro ad esiti avversi e, comunque, non è dimostrato che il ricorso agli antibiotici in questa condizione sia benefico. Per contro, sono noti gli effetti indesiderati da antibiotici, che comprendono le specifiche reazioni avverse delle singole molecole e la pressione selettiva sui batteri colonizzatori (in particolare gli enterobatteri), con lo sviluppo di ceppi resistenti. Lo screening e quindi il trattamento di una batteriuria asintomatica restano giustificati solo in caso di procedure urologiche durante le quali sia prevedibile un sanguinamento mucoso.

In generale le donne risultano più suscettibili alle infezioni delle vie urinarie rispetto agli uomini, comprese quelle in età preadolescenziale, le gravide e le donne dopo la menopausa. Gli uomini adulti, gli adolescenti e i bambini, a cui è stata confermata la presenza di IVU tramite urinocoltura, dovrebbero eseguire ulteriori test per escludere, tra le possibili cause d’infezione, la presenza di calcoli renali o di anormalità strutturali delle vie urinarie (reflusso vescico-ureterale). Gli individui più esposti a IVU frequenti, ripetute e/o complesse sono i pazienti con un sistema immunitario compromesso (trapiantati), affetti da malattie renali o altre patologie che colpiscono i reni, quali diabete o calcoli renali.

  • Per l’esecuzione della coltura una piccola quantità di urina viene stesa (seminata) con un’ansa calibrata su piastre di agar (contenenti uno strato sottile di mezzo di coltura) e incubata a 37°C. L’identificazione del microrganismo viene condotta sulla base di identificazione biochimica o mediante MALDI-TOF (Matrix-Assisted Laser Desorption/Ionization). Ogni batterio o lievito presente nel campione di urina del paziente cresce nelle successive 24-48 ore
  • Il laboratorista (o la strumentazione automatizzata) osserva le colonie sulla piastra di agar, stimandone il numero totale e determinando quale/i tipo/i di microrganismi siano cresciuti. La forma, il tipo e il colore delle colonie sulla piastra contribuiscono a suggerire quali batteri sono presenti e che verranno sottoposti ad identificazione e antibiogramma
  • Idealmente, se il campione di urina è stato raccolto in modo accurato, gli unici batteri presenti dovrebbero essere quelli che provocano l’infezione, in quanto l’urina è un liquido normalmente sterile. Di solito, è presente un unico tipo di batteri in quantità relativamente elevata
  • Talvolta i batteri cresciuti in coltura possono essere sono più di uno; questo fenomeno è spesso dovuto alla contaminazione di microrganismi della cute, vaginali, prostatici o fecali durante la raccolta
  • Nel caso in cui siano presenti più di 3 microrganismi, nel referto il laboratorio dovrebbe segnalare che si tratta di una possibile contaminazione e suggerire di raccogliere un nuovo campione
  • Il test di senbilità agli antibiotici (antibiogramma) viene eseguito per identificare l’antibiotico più efficace per curare l’infezione. Il batterio viene descritto nel referto come sensibile, intermedio o resistente ad una serie di antibiotici comunemente utilizzati per il trattamento delle IVU. Viene inoltre indicata la concentrazione minima inibente (MIC) che corrisponde alla più bassa concentrazione di antibiotico in grado di inibire la crescita del germe dopo 18-24 ore, valutata mediante sistemi automatizzati. L’antibiogramma non viene eseguito nel caso di una possibile contaminazione

Se dopo 24-48 ore di incubazione la crescita sulle piastre di agar è minima o assente, la coltura di urina è considerata negativa, suggerendo che non è presente alcuna infezione.Recentemente (Guideline Sign 2020, Linea Guida GIAU 2016) è stato suggerito di utilizzare, in pazienti affetti anche da altre patologie, test rapidi da effettuare al letto del paziente, prima di somministrare antibiotici o richiedere un’urinocoltura. Si tratta di striscette (dipstick) che, se rilevano esterasi e nitriti, fanno sospettare un’infezione delle vie urinarie, se al contrario sono negative con alta probabilità la escludono. Per approfondimenti consultare la Linea Guida 2016 del GIAU (Gruppo Italiano Analisi Urine 2016).

Urine is a liquid produced by the kidneys as a result of continuous blood filtration, which contains water, mineral salts, organic substances, and very rare leukocytes: under normal conditions, neither bacteria nor yeast are present in urine. The kidneys are a pair of organs with the characteristic bean shape, located in the lower part of the rib cage, located on the sides of the spine. Urine is transported via ducts called ureters to the bladder, where it remains temporarily, until the subject urinates, and is eliminated via the urethra. Urine culture is the test that detects and identifies bacteria and yeasts that may be present in urine, originating from the surrounding skin, genital areas, or feces, and causing urinary tract infections (UTIs). We speak of lower urinary tract infections, if they involve the bladder (cystitis) or urethra (urethritis); of upper urinary tract infections if they affect the kidney and/or ureters. These are very common infections, which are a frequent reason for consultation for general practitioners and pediatricians, especially regarding cystitis in women. They are also common in children under one year of age and require careful evaluation. Most of these infections are easy to treat but, if neglected or not properly treated, can spread from the bladder and ureters to the kidneys, causing significantly more dangerous conditions (glomerulonephritis, pyelonephritis, etc.), which can cause permanent damage and/or reach the bloodstream (septicemia) and cause sepsis, a potentially fatal complication.  The 2018 European Association of Urology (EAU) Guideline and the 2020 Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) Guideline classify UIs according to clinical presentation, location, and risk factors into:Uncomplicated UTI: acute cystitis and/or pyelonephritis (possible fever >38°C, chills, flank pain, nausea, vomiting, costovertebral angle tenderness with or without symptoms of cystitis) in non-pregnant women and in subjects without anatomical abnormalities or comorbidities
Complicated UTI: These are the same forms as the previous point in patients with an increased likelihood of a complicated course: men, pregnant women, subjects with anatomical or functional abnormalities of the urinary tract, kidney disease, other immunosuppressive diseases
Recurrent UTI: frequency of at least 3 episodes per year or 2 episodes in the last 6 months due to therapeutic persistence/failure (same microorganism within 2 weeks) or reinfection (different microorganism after more than 2 weeks)
UTI in subjects with an indwelling bladder catheter or who have had a catheter in the last 48 hours
Urosepsis: This is a serious d’ organ disease caused by an abnormal host response to infection of the urinary tract and/or male genitalia

The two aforementioned LGs and the 2019 one from the American Society of Infectious Diseases (IDSA) address the problem of asymptomatic bacteriuria, defined as persistent bacterial colonization of the urinary tract (bacterial load greater than 100,000 CFU/mL) in 2 urine samples in women and 1 in men, without symptomatic manifestations. Its prevalence is estimated to be ’1-5% in healthy premenopausal women, 2-10% in pregnant women, 4-19% in healthy older women and men, 0.7-27% in diabetics, 15-50% in institutionalized older adults, 23-89% in patients with spinal cord injury. In young men it is not common, but if it is detected, chronic bacterial prostatitis should be suspected. In pregnant women, asymptomatic bacteriuria is associated with a higher incidence of pyelonephritis, preterm birth, and low birth weight. Therefore in Italy the 2011 Guidelines for physiological pregnancy and the DPCM (published in the Official Journal no. 65 of 18/3/2017) provide for free screening, through urine tests and urine culture with a possible antibiogram in the 1° trimester (between the 12th° and 16th° week), 2° quarter (between 24° and 27° week) and 3° quarter (between 33° and 37° week). Treatment should be done with a short course of drugs that can be used during pregnancy: penicillins, cephalosporins, fosfomycin, nitrofurantoin (to be avoided in the case of glucose-6-phosphate dehydrogenase deficiency and at the end of pregnancy), trimethoprim (to be avoided in the first trimester) and sulfonamides (to be avoided in the last trimester). According to these Guidelines, in all other cases cited, asymptomatic bacteriuria should not be treated. In fact, it has not been demonstrated that elderly subjects affected by asymptomatic bacteriuria experience adverse outcomes and, in any case, it has not been demonstrated that the use of antibiotics in this condition is beneficial. On the other hand, antibiotic side effects are known, which include specific adverse reactions of individual molecules and selective pressure on colonizing bacteria (particularly enterobacteria), with the development of resistant strains. Screening and therefore treatment of asymptomatic bacteriuria remains justified only in case of urological procedures during which mucosal bleeding is expected. In general, women are more susceptible to urinary tract infections than men, including those in preadolescence, pregnant women, and women after menopause. Adult men, adolescents and children, who have been confirmed to have UTI by urine culture, should perform further tests to exclude, among the possible causes of infection, the presence of kidney stones or structural abnormalities of the urinary tract (vesicoureteral reflux). The individuals most exposed to frequent, repeated and/or complex UTI are patients with a compromised immune system (transplant patients), suffering from kidney disease or other pathologies affecting the kidneys, such as diabetes or kidney stones.   To perform the culture, a small amount of urine is spread (seeded) with a loop calibrated on agar plates (containing a thin layer of culture medium) and incubated at 37°C. Identification of the microorganism is conducted on the basis of biochemical identification or by MALDI-TOF (Matrix-Assisted Laser Desorption/Ionization). Each bacterium or yeast present in the patient’s urine sample grows over the next 24-48 hours
The laboratory worker (or automated instrumentation) observes the colonies on the agar plate, estimating their total number and determining which type/s of microorganisms have grown. The shape, type and color of the colonies on the plate help suggest which bacteria are present and which will be subjected to identification and antibiogram
Ideally, if the urine sample has been accurately collected, the only bacteria present should be those that cause infection, as urine is a normally sterile liquid. Usually, a single type of bacteria is present in relatively high quantities
Sometimes there can be more than one bacteria grown in culture; this phenomenon is often due to the contamination of skin, vaginal, prostatic or fecal microorganisms during collection
In case more than 3 microorganisms are present, in the report the laboratory should indicate that it is a possible contamination and suggest collecting a new sample
Antibiotic susceptibility testing (antibiogram) is performed to identify the most effective antibiotic to treat the infection. The bacterium is described in the report as sensitive, intermediate, or resistant to a number of antibiotics commonly used for the treatment of UTI. The minimum inhibitory concentration (MIC) is also indicated, which corresponds to the lowest concentration of antibiotic capable of inhibiting germ growth after 18-24 hours, evaluated using automated systems. The antibiogram is not performed in case of possible contamination.

If after 24-48 hours of incubation, growth on the agar plates is minimal or absent, urine culture is considered negative, suggesting that no infection is present. Recently (Guideline Sign 2020, GIAU Guideline 2016) it has been suggested to use rapid bedside tests in patients with other conditions before administering antibiotics or requiring a urine culture. These are strips (dipsticks) which, if they detect esterases and nitrites, raise suspicion of a urinary tract infection, while if they are negative they most likely rule it out. For further information, see the 2016 GIAU Guideline (Italian Urine Analysis Group 2016).

 

 

UROCOLTURA + ANTIBIOGRAMMA

L’urina è un liquido prodotto dai reni a seguito della continua filtrazione del sangue, che contiene acqua, sali minerali, sostanze organiche e rarissimi leucociti: in condizioni normali non sono presenti nell’urina né batteri né lieviti. I reni sono una coppia di organi con la caratteristica forma a fagiolo, localizzati nella parte inferiore della gabbia toracica, posti ai lati della colonna vertebrale. L’urina viene trasportata tramite dei condotti chiamati ureteri fino alla vescica, dove permane temporaneamente, fino a che il soggetto non urina, e viene eliminata tramite l’uretra. L’urinocoltura è l’esame che rileva ed identifica i batteri ed i lieviti che possono essere presenti nell’urina, provenendo dalla cute circostante, dalle zone genitali o dalle feci, e causando le infezioni delle vie urinarie (IVU). Si parla di infezioni delle basse vie urinarie, se coinvolgono la vescica (cistite) o l’uretra (uretrite); di infezioni delle alte vie urinarie se interessano il rene e/o gli ureteri. Si tratta di infezioni molto comuni, che costituiscono motivo frequente di consultazione per i Medici di Medicina generale ed i Pediatri, soprattutto per quanto riguarda la cistite nelle donne. Sono frequenti anche nei bambini di età inferiore ad un anno e richiedono un’attenta valutazione. La maggior parte di queste infezioni sono facili da trattare ma, se trascurate o non correttamente trattate, possono diffondere dalla vescica e dagli ureteri verso i reni, causando patologie decisamente più pericolose (glomerulonefriti, pielonefriti, ecc), che possono provocare danni permanenti e/o raggiungere il circolo sanguigno (setticemia) e causare la sepsi, una complicanza potenzialmente letale.

La Linea Guida della Associazione Europea di Urologia (EAU) del 2018 e la Linea Guida SIGN (Scottish Intercollegiate Guidelines Network) del 2020 classificano le IVU secondo la presentazione clinica, la sede ed i fattori di rischio in:

  • IVU non complicate: cistite e/o pielonefrite acuta (eventuale febbre >38°C, brividi, dolore al fianco, nausea, vomito, dolorabilità all’angolo costo-vertebrale con o senza sintomi di cistite) in donne non gravide e in soggetti senza anormalità anatomiche né comorbidità
  • IVU complicate: si tratta delle stesse forme del punto precedente in pazienti con aumentata probabilità di decorso complicata: uomini, donne gravide, soggetti con anomalie anatomiche o funzionali del tratto urinario, malattie renali, altre malattie immunodeprimenti
  • IVU ricorrenti: frequenza di almeno 3 episodi all’anno o 2 episodi negli ultimi 6 mesi dovute a persistenza/fallimento terapeutico (stesso  microorganismo entro 2 settimane) oppure a reinfezione (microrganismo diverso dopo più di 2 settimane)
  • IVU in soggetti con catetere vescicale a permanenza o che hanno avuto un catetere nelle ultime 48 ore
  • Urosepsi: si tratta di una grave patologia d’ organo causata da un’anomala risposta dell’ospite all’infezione del tratto urinario e/o dei genitali maschili

Le due suddette LG e quella della Società Americana di Malattie Infettive (IDSA) del 2019 affrontano il problema della batteriuria asintomatica, definita come colonizzazione batterica persistente del tratto urinario (carica batterica maggiore di 100.000 UFC/mL) in 2 campioni di urina nelle donne e 1 negli uomini, senza manifestazioni sintomatologiche. La sua prevalenza è stimata essere dell’1-5% nelle donne sane in premenopausa, del 2-10% nelle donne in gravidanza, del 4-19% in donne e uomini anziani sani, dello 0,7-27% nei diabetici, del 15-50% negli anziani istituzionalizzati, del 23-89% in pazienti con lesioni del midollo spinale. Negli uomini giovani non è comune, ma se viene rilevata, è necessario sospettare una prostatite batterica cronica. Nelle donne in gravidanza la batteriuria asintomatica è associata ad una maggiore incidenza di pielonefrite, parto pretermine e basso peso alla nascita. Pertanto in Italia le Linee Guida 2011 per la gravidanza fisiologica e il DPCM (pubblicato sulla GU n. 65 del 18/3/2017) ne prevedono lo screening gratuito, mediante esame delle urine ed urinocoltura con eventuale antibiogramma al 1° trimestre (fra la 12° e la 16° settimana), 2° trimestre (fra la 24° e la 27° settimana) e 3° trimestre (fra la 33° e la 37° settimana). Il trattamento va fatto con un ciclo breve di farmaci che possono essere usati in gravidanza: penicilline, cefalosporine, fosfomicina, nitrofurantoina (da evitare nel caso di deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi e alla fine della gravidanza), trimetoprim (da evitare nel primo trimestre) e sulfonamidi (da evitare nell’ultimo trimestre). Secondo tali Linee Guida, in tutti gli altri casi citati la batteriuria asintomatica non va trattata. Non è infatti dimostrato che i soggetti anziani interessati da batteriuria asintomatica vadano incontro ad esiti avversi e, comunque, non è dimostrato che il ricorso agli antibiotici in questa condizione sia benefico. Per contro, sono noti gli effetti indesiderati da antibiotici, che comprendono le specifiche reazioni avverse delle singole molecole e la pressione selettiva sui batteri colonizzatori (in particolare gli enterobatteri), con lo sviluppo di ceppi resistenti. Lo screening e quindi il trattamento di una batteriuria asintomatica restano giustificati solo in caso di procedure urologiche durante le quali sia prevedibile un sanguinamento mucoso.

In generale le donne risultano più suscettibili alle infezioni delle vie urinarie rispetto agli uomini, comprese quelle in età preadolescenziale, le gravide e le donne dopo la menopausa. Gli uomini adulti, gli adolescenti e i bambini, a cui è stata confermata la presenza di IVU tramite urinocoltura, dovrebbero eseguire ulteriori test per escludere, tra le possibili cause d’infezione, la presenza di calcoli renali o di anormalità strutturali delle vie urinarie (reflusso vescico-ureterale). Gli individui più esposti a IVU frequenti, ripetute e/o complesse sono i pazienti con un sistema immunitario compromesso (trapiantati), affetti da malattie renali o altre patologie che colpiscono i reni, quali diabete o calcoli renali.

  • Per l’esecuzione della coltura una piccola quantità di urina viene stesa (seminata) con un’ansa calibrata su piastre di agar (contenenti uno strato sottile di mezzo di coltura) e incubata a 37°C. L’identificazione del microrganismo viene condotta sulla base di identificazione biochimica o mediante MALDI-TOF (Matrix-Assisted Laser Desorption/Ionization). Ogni batterio o lievito presente nel campione di urina del paziente cresce nelle successive 24-48 ore
  • Il laboratorista (o la strumentazione automatizzata) osserva le colonie sulla piastra di agar, stimandone il numero totale e determinando quale/i tipo/i di microrganismi siano cresciuti. La forma, il tipo e il colore delle colonie sulla piastra contribuiscono a suggerire quali batteri sono presenti e che verranno sottoposti ad identificazione e antibiogramma
  • Idealmente, se il campione di urina è stato raccolto in modo accurato, gli unici batteri presenti dovrebbero essere quelli che provocano l’infezione, in quanto l’urina è un liquido normalmente sterile. Di solito, è presente un unico tipo di batteri in quantità relativamente elevata
  • Talvolta i batteri cresciuti in coltura possono essere sono più di uno; questo fenomeno è spesso dovuto alla contaminazione di microrganismi della cute, vaginali, prostatici o fecali durante la raccolta
  • Nel caso in cui siano presenti più di 3 microrganismi, nel referto il laboratorio dovrebbe segnalare che si tratta di una possibile contaminazione e suggerire di raccogliere un nuovo campione
  • Il test di senbilità agli antibiotici (antibiogramma) viene eseguito per identificare l’antibiotico più efficace per curare l’infezione. Il batterio viene descritto nel referto come sensibile, intermedio o resistente ad una serie di antibiotici comunemente utilizzati per il trattamento delle IVU. Viene inoltre indicata la concentrazione minima inibente (MIC) che corrisponde alla più bassa concentrazione di antibiotico in grado di inibire la crescita del germe dopo 18-24 ore, valutata mediante sistemi automatizzati. L’antibiogramma non viene eseguito nel caso di una possibile contaminazione

Se dopo 24-48 ore di incubazione la crescita sulle piastre di agar è minima o assente, la coltura di urina è considerata negativa, suggerendo che non è presente alcuna infezione.Recentemente (Guideline Sign 2020, Linea Guida GIAU 2016) è stato suggerito di utilizzare, in pazienti affetti anche da altre patologie, test rapidi da effettuare al letto del paziente, prima di somministrare antibiotici o richiedere un’urinocoltura. Si tratta di striscette (dipstick) che, se rilevano esterasi e nitriti, fanno sospettare un’infezione delle vie urinarie, se al contrario sono negative con alta probabilità la escludono. Per approfondimenti consultare la Linea Guida 2016 del GIAU (Gruppo Italiano Analisi Urine 2016).

Urine is a liquid produced by the kidneys as a result of continuous blood filtration, which contains water, mineral salts, organic substances, and very rare leukocytes: under normal conditions, neither bacteria nor yeast are present in urine. The kidneys are a pair of organs with the characteristic bean shape, located in the lower part of the rib cage, located on the sides of the spine. Urine is transported via ducts called ureters to the bladder, where it remains temporarily, until the subject urinates, and is eliminated via the urethra. Urine culture is the test that detects and identifies bacteria and yeasts that may be present in urine, originating from the surrounding skin, genital areas, or feces, and causing urinary tract infections (UTIs). We speak of lower urinary tract infections, if they involve the bladder (cystitis) or urethra (urethritis); of upper urinary tract infections if they affect the kidney and/or ureters. These are very common infections, which are a frequent reason for consultation for general practitioners and pediatricians, especially regarding cystitis in women. They are also common in children under one year of age and require careful evaluation. Most of these infections are easy to treat but, if neglected or not properly treated, can spread from the bladder and ureters to the kidneys, causing significantly more dangerous conditions (glomerulonephritis, pyelonephritis, etc.), which can cause permanent damage and/or reach the bloodstream (septicemia) and cause sepsis, a potentially fatal complication.  The 2018 European Association of Urology (EAU) Guideline and the 2020 Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) Guideline classify UIs according to clinical presentation, location, and risk factors into:Uncomplicated UTI: acute cystitis and/or pyelonephritis (possible fever >38°C, chills, flank pain, nausea, vomiting, costovertebral angle tenderness with or without symptoms of cystitis) in non-pregnant women and in subjects without anatomical abnormalities or comorbidities
Complicated UTI: These are the same forms as the previous point in patients with an increased likelihood of a complicated course: men, pregnant women, subjects with anatomical or functional abnormalities of the urinary tract, kidney disease, other immunosuppressive diseases
Recurrent UTI: frequency of at least 3 episodes per year or 2 episodes in the last 6 months due to therapeutic persistence/failure (same microorganism within 2 weeks) or reinfection (different microorganism after more than 2 weeks)
UTI in subjects with an indwelling bladder catheter or who have had a catheter in the last 48 hours
Urosepsis: This is a serious d’ organ disease caused by an abnormal host response to infection of the urinary tract and/or male genitalia

The two aforementioned LGs and the 2019 one from the American Society of Infectious Diseases (IDSA) address the problem of asymptomatic bacteriuria, defined as persistent bacterial colonization of the urinary tract (bacterial load greater than 100,000 CFU/mL) in 2 urine samples in women and 1 in men, without symptomatic manifestations. Its prevalence is estimated to be ’1-5% in healthy premenopausal women, 2-10% in pregnant women, 4-19% in healthy older women and men, 0.7-27% in diabetics, 15-50% in institutionalized older adults, 23-89% in patients with spinal cord injury. In young men it is not common, but if it is detected, chronic bacterial prostatitis should be suspected. In pregnant women, asymptomatic bacteriuria is associated with a higher incidence of pyelonephritis, preterm birth, and low birth weight. Therefore in Italy the 2011 Guidelines for physiological pregnancy and the DPCM (published in the Official Journal no. 65 of 18/3/2017) provide for free screening, through urine tests and urine culture with a possible antibiogram in the 1° trimester (between the 12th° and 16th° week), 2° quarter (between 24° and 27° week) and 3° quarter (between 33° and 37° week). Treatment should be done with a short course of drugs that can be used during pregnancy: penicillins, cephalosporins, fosfomycin, nitrofurantoin (to be avoided in the case of glucose-6-phosphate dehydrogenase deficiency and at the end of pregnancy), trimethoprim (to be avoided in the first trimester) and sulfonamides (to be avoided in the last trimester). According to these Guidelines, in all other cases cited, asymptomatic bacteriuria should not be treated. In fact, it has not been demonstrated that elderly subjects affected by asymptomatic bacteriuria experience adverse outcomes and, in any case, it has not been demonstrated that the use of antibiotics in this condition is beneficial. On the other hand, antibiotic side effects are known, which include specific adverse reactions of individual molecules and selective pressure on colonizing bacteria (particularly enterobacteria), with the development of resistant strains. Screening and therefore treatment of asymptomatic bacteriuria remains justified only in case of urological procedures during which mucosal bleeding is expected. In general, women are more susceptible to urinary tract infections than men, including those in preadolescence, pregnant women, and women after menopause. Adult men, adolescents and children, who have been confirmed to have UTI by urine culture, should perform further tests to exclude, among the possible causes of infection, the presence of kidney stones or structural abnormalities of the urinary tract (vesicoureteral reflux). The individuals most exposed to frequent, repeated and/or complex UTI are patients with a compromised immune system (transplant patients), suffering from kidney disease or other pathologies affecting the kidneys, such as diabetes or kidney stones.   To perform the culture, a small amount of urine is spread (seeded) with a loop calibrated on agar plates (containing a thin layer of culture medium) and incubated at 37°C. Identification of the microorganism is conducted on the basis of biochemical identification or by MALDI-TOF (Matrix-Assisted Laser Desorption/Ionization). Each bacterium or yeast present in the patient’s urine sample grows over the next 24-48 hours
The laboratory worker (or automated instrumentation) observes the colonies on the agar plate, estimating their total number and determining which type/s of microorganisms have grown. The shape, type and color of the colonies on the plate help suggest which bacteria are present and which will be subjected to identification and antibiogram
Ideally, if the urine sample has been accurately collected, the only bacteria present should be those that cause infection, as urine is a normally sterile liquid. Usually, a single type of bacteria is present in relatively high quantities
Sometimes there can be more than one bacteria grown in culture; this phenomenon is often due to the contamination of skin, vaginal, prostatic or fecal microorganisms during collection
In case more than 3 microorganisms are present, in the report the laboratory should indicate that it is a possible contamination and suggest collecting a new sample
Antibiotic susceptibility testing (antibiogram) is performed to identify the most effective antibiotic to treat the infection. The bacterium is described in the report as sensitive, intermediate, or resistant to a number of antibiotics commonly used for the treatment of UTI. The minimum inhibitory concentration (MIC) is also indicated, which corresponds to the lowest concentration of antibiotic capable of inhibiting germ growth after 18-24 hours, evaluated using automated systems. The antibiogram is not performed in case of possible contamination.

If after 24-48 hours of incubation, growth on the agar plates is minimal or absent, urine culture is considered negative, suggesting that no infection is present. Recently (Guideline Sign 2020, GIAU Guideline 2016) it has been suggested to use rapid bedside tests in patients with other conditions before administering antibiotics or requiring a urine culture. These are strips (dipsticks) which, if they detect esterases and nitrites, raise suspicion of a urinary tract infection, while if they are negative they most likely rule it out. For further information, see the 2016 GIAU Guideline (Italian Urine Analysis Group 2016).

 

V

VARICELLA (Anticorpi IgG)

La varicella e l’herpes zoster sono causate dall’infezione del Virus della Varicella Zoster (VZV), un membro della famiglia degli herpesviridae. I test per la VZV rilevano gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione a VZV o il virus stesso.   Il test della varicella o dell’herpes zoster può essere effettuato per rilevare un’infezione attiva o pregressa del VZV. Di solito la diagnosi di varicella è esclusivamente clinica sulla base dei segni e sintomi presenti ma in alcune persone possono essere presenti lesioni della pelle atipiche; in questi casi il test della VZV può essere un utile ausilio diagnostico. In pazienti in procinto di ricevere un trapianto d’organo o nelle donne in gravidanza invece, il test della VZV può essere utile per la diagnosi di un’infezione attiva o per verificare l’immunizzazione al virus dovuta ad una precedente infezione o ad una vaccinazione. In Italia l’introduzione nel 2005 del vaccino contro la varicella tra le vaccinazioni raccomandate dal Ministero della Salute, ha determinato una repentina diminuzione dei casi di varicella e delle ospedalizzazioni dovute a complicanze di tale infezione, nonostante il virus sia ancora presente in forma latente nelle persone adulte che hanno contratto il VZV in età pediatrica. Per una copertura efficace al 98% sono sufficienti una (tra i 12 mesi e i 12 anni) o due dosi del vaccino (sopra i 12 anni) e, nel caso in cui venga comunque contratta l’infezione, questa presenta una sintomatologia più lieve.   Il virus della varicella zoster può causare la varicella in adulti e bambini non vaccinati o non precedentemente esposti. L’infezione primaria è altamente contagiosa, e viene trasmessa tramite i colpi di tosse, gli starnuti o toccando i liquidi fuoriusciti dalle vescicole.   L’infezione primaria è caratterizzata dalla comparsa di punti pruriginosi a distanza di circa due settimane dall’esposizione all’agente infettivo, che si trasformano poi in piccoli ponfi o vescicole piene di liquido. La rottura delle vescicole è seguita dalla formazione di una crosta e quindi dalla guarigione. Questo processo avviene in due o tre ondate di qualche centinaio di vescicole in pochi giorni.

Dopo la risoluzione dell’infezione primaria, il virus rimane latente all’interno delle cellule del tessuto nervoso. Gli anticorpi prodotti durante l’infezione primaria prevengono un’eventuale re- infezione. Tuttavia, la diminuzione delle difese immunitarie può comportare una riattivazione del virus il quale può migrare dalle cellule nervose nelle quali si trova in uno stato di latenza, fino alla pelle, causando la cosiddetta Herpes Zoster. I sintomi includono una sensazione di bruciore da moderata a intensa o una sensazione di prurito e dolore che può interessare diverse sedi, come la pelle del viso o dei fianchi. In genere interessa solo una sede ma può comparire anche in sedi multiple. Alcuni giorni dopo il prurito o il formicolio possono comparire nella stessa sede eruzioni cutanee, con o senza la presenza di vescicole. Nella maggior parte delle persone, le eruzioni cutanee e il dolore scompaiono entro poche settimane, quando il virus torna allo stato di latenza. In alcune persone però il dolore può permanere anche per mesi.  Il vaccino è controindicato per gli individui immunocompromessi, mentre è consigliato negli adolescenti e negli adulti che non abbiano ancora contratto la malattia e privi di controindicazioni. Anche le donne in età fertile che non abbiano ancora contratto la malattia dovrebbero vaccinarsi per evitare un’eventuale infezione in gravidanza e quindi le conseguenze sulla salute del bambino che potrebbero derivare da questa infezione.   Nella maggior parte dei casi l’infezione da VZV si risolve senza conseguenze. Nelle persone con il sistema immunitario compromesso come coloro che sono affetti da HIV/AIDS o che si sono sottoposti ad un trapianto d’organo, possono però comparire conseguenze peggiori e prolungate. In alcuni casi il virus può non diventare latente e può diffondersi al sistema nervoso centrale  Nelle donne in gravidanza, gli effetti dell’esposizione del feto o del neonato al VZV dipendono dall’età gestazionela durante la quale è avvenuta l’infezione e dalla precedente eventuale esposizione della madre al virus. Nelle prime 20-30 settimane di gravidanza, l’infezione primaria di VZV può, seppur raramente, determinare la presenza di anomalie congenite neonatali. Se l’infezione viene contratta invece nelle tre settimane prima del parto, il bambino può nascere con la “varicella del neonato” la cui mortalità può arrivare fino al 30%, in modo particolare se questo non è protetto dagli anticorpi di origine materna.

Chickenpox and shingles are caused by infection with Varicella Zoster Virus (VZV), a member of the herpesviridae family. Tests for VZV detect antibodies produced by the immune system in response to infection with VZV or the virus itself.   Chickenpox or shingles testing can be done to detect active or previous VZV infection. Varicella is usually diagnosed exclusively clinically based on the signs and symptoms present, but atypical skin lesions may be present in some people; in these cases, VZV testing can be a useful diagnostic aid. In patients about to receive an organ transplant or in pregnant women, however, VZV testing may be useful for diagnosing an active infection or for verifying immunization to the virus due to a previous infection or vaccination. In Italy, the introduction of the chickenpox vaccine among the vaccinations recommended by the Ministry of Health in 2005 led to a sudden decrease in chickenpox cases and hospitalizations due to complications of this infection, despite the virus still being present in latent form in adults who contracted VZV in childhood. For 98% effective coverage, one (between 12 months and 12 years) or two doses of the vaccine (over 12 years) are sufficient and, if the infection is still contracted, it presents milder symptoms.   Varicella zoster virus can cause chickenpox in unvaccinated or previously unexposed adults and children. The primary infection is highly contagious, and is transmitted by coughing, sneezing, or touching fluid that has leaked from the vesicles.   Primary infection is characterized by the appearance of itchy spots approximately two weeks after exposure to the infectious agent, which then develop into small, fluid-filled bumps or vesicles. The rupture of the vesicles is followed by the formation of a crust and then healing. This process occurs in two or three waves of a few hundred vesicles in a few days.   After resolution of the primary infection, the virus remains latent within cells of nervous tissue. Antibodies produced during primary infection prevent possible re-infection. However, the decrease in immune defenses can lead to a reactivation of the virus which can migrate from the nerve cells in which it is in a latent state, to the skin, causing the so-called Herpes Zoster. Symptoms include a moderate to intense burning sensation or a feeling of itching and pain that may affect several sites, such as the skin on the face or hips. It generally only affects one location but can also appear in multiple locations. A few days after itching or tingling, rashes may appear in the same location, with or without the presence of vesicles. In most people, the rashes and pain disappear within a few weeks, when the virus returns to its latent state. In some people, however, the pain can persist for months.  The vaccine is contraindicated for immunocompromised individuals, while it is recommended for adolescents and adults who have not yet contracted the disease and have no contraindications. Women of childbearing age who have not yet contracted the disease should also be vaccinated to avoid possible infection during pregnancy and thus the health consequences of this infection on the child.   In most cases, VZV infection resolves without consequences. In people with compromised immune systems such as those with HIV/AIDS or who have undergone an organ transplant, however, worse and more prolonged consequences may appear. In some cases the virus may not become latent and may spread to the central nervous system In pregnant women, the effects of exposure of the foetus or newborn to VZV depend on the gestational age during which the infection occurred and on the previous possible exposure of the mother to the virus. In the first 20-30 weeks of pregnancy, primary VZV infection may, although rarely, result in the presence of neonatal congenital anomalies. If the infection is contracted in the three weeks before delivery, the baby can be born with “newborn chickenpox”, the mortality rate of which can reach up to 30%, especially if this is not protected by maternally derived antibodies.

 

 

 

VARICELLA (Anticorpi IgM)

La varicella e l’herpes zoster sono causate dall’infezione del Virus della Varicella Zoster (VZV), un membro della famiglia degli herpesviridae. I test per la VZV rilevano gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta all’infezione a VZV o il virus stesso.   Il test della varicella o dell’herpes zoster può essere effettuato per rilevare un’infezione attiva o pregressa del VZV. Di solito la diagnosi di varicella è esclusivamente clinica sulla base dei segni e sintomi presenti ma in alcune persone possono essere presenti lesioni della pelle atipiche; in questi casi il test della VZV può essere un utile ausilio diagnostico. In pazienti in procinto di ricevere un trapianto d’organo o nelle donne in gravidanza invece, il test della VZV può essere utile per la diagnosi di un’infezione attiva o per verificare l’immunizzazione al virus dovuta ad una precedente infezione o ad una vaccinazione. In Italia l’introduzione nel 2005 del vaccino contro la varicella tra le vaccinazioni raccomandate dal Ministero della Salute, ha determinato una repentina diminuzione dei casi di varicella e delle ospedalizzazioni dovute a complicanze di tale infezione, nonostante il virus sia ancora presente in forma latente nelle persone adulte che hanno contratto il VZV in età pediatrica. Per una copertura efficace al 98% sono sufficienti una (tra i 12 mesi e i 12 anni) o due dosi del vaccino (sopra i 12 anni) e, nel caso in cui venga comunque contratta l’infezione, questa presenta una sintomatologia più lieve.   Il virus della varicella zoster può causare la varicella in adulti e bambini non vaccinati o non precedentemente esposti. L’infezione primaria è altamente contagiosa, e viene trasmessa tramite i colpi di tosse, gli starnuti o toccando i liquidi fuoriusciti dalle vescicole.   L’infezione primaria è caratterizzata dalla comparsa di punti pruriginosi a distanza di circa due settimane dall’esposizione all’agente infettivo, che si trasformano poi in piccoli ponfi o vescicole piene di liquido. La rottura delle vescicole è seguita dalla formazione di una crosta e quindi dalla guarigione. Questo processo avviene in due o tre ondate di qualche centinaio di vescicole in pochi giorni.

Dopo la risoluzione dell’infezione primaria, il virus rimane latente all’interno delle cellule del tessuto nervoso. Gli anticorpi prodotti durante l’infezione primaria prevengono un’eventuale re- infezione. Tuttavia, la diminuzione delle difese immunitarie può comportare una riattivazione del virus il quale può migrare dalle cellule nervose nelle quali si trova in uno stato di latenza, fino alla pelle, causando la cosiddetta Herpes Zoster. I sintomi includono una sensazione di bruciore da moderata a intensa o una sensazione di prurito e dolore che può interessare diverse sedi, come la pelle del viso o dei fianchi. In genere interessa solo una sede ma può comparire anche in sedi multiple. Alcuni giorni dopo il prurito o il formicolio possono comparire nella stessa sede eruzioni cutanee, con o senza la presenza di vescicole. Nella maggior parte delle persone, le eruzioni cutanee e il dolore scompaiono entro poche settimane, quando il virus torna allo stato di latenza. In alcune persone però il dolore può permanere anche per mesi.  Il vaccino è controindicato per gli individui immunocompromessi, mentre è consigliato negli adolescenti e negli adulti che non abbiano ancora contratto la malattia e privi di controindicazioni. Anche le donne in età fertile che non abbiano ancora contratto la malattia dovrebbero vaccinarsi per evitare un’eventuale infezione in gravidanza e quindi le conseguenze sulla salute del bambino che potrebbero derivare da questa infezione.   Nella maggior parte dei casi l’infezione da VZV si risolve senza conseguenze. Nelle persone con il sistema immunitario compromesso come coloro che sono affetti da HIV/AIDS o che si sono sottoposti ad un trapianto d’organo, possono però comparire conseguenze peggiori e prolungate. In alcuni casi il virus può non diventare latente e può diffondersi al sistema nervoso centrale  Nelle donne in gravidanza, gli effetti dell’esposizione del feto o del neonato al VZV dipendono dall’età gestazionela durante la quale è avvenuta l’infezione e dalla precedente eventuale esposizione della madre al virus. Nelle prime 20-30 settimane di gravidanza, l’infezione primaria di VZV può, seppur raramente, determinare la presenza di anomalie congenite neonatali. Se l’infezione viene contratta invece nelle tre settimane prima del parto, il bambino può nascere con la “varicella del neonato” la cui mortalità può arrivare fino al 30%, in modo particolare se questo non è protetto dagli anticorpi di origine materna.

Chickenpox and shingles are caused by infection with Varicella Zoster Virus (VZV), a member of the herpesviridae family. Tests for VZV detect antibodies produced by the immune system in response to infection with VZV or the virus itself.   Chickenpox or shingles testing can be done to detect active or previous VZV infection. Varicella is usually diagnosed exclusively clinically based on the signs and symptoms present, but atypical skin lesions may be present in some people; in these cases, VZV testing can be a useful diagnostic aid. In patients about to receive an organ transplant or in pregnant women, however, VZV testing may be useful for diagnosing an active infection or for verifying immunization to the virus due to a previous infection or vaccination. In Italy, the introduction of the chickenpox vaccine among the vaccinations recommended by the Ministry of Health in 2005 led to a sudden decrease in chickenpox cases and hospitalizations due to complications of this infection, despite the virus still being present in latent form in adults who contracted VZV in childhood. For 98% effective coverage, one (between 12 months and 12 years) or two doses of the vaccine (over 12 years) are sufficient and, if the infection is still contracted, it presents milder symptoms.   Varicella zoster virus can cause chickenpox in unvaccinated or previously unexposed adults and children. The primary infection is highly contagious, and is transmitted by coughing, sneezing, or touching fluid that has leaked from the vesicles.   Primary infection is characterized by the appearance of itchy spots approximately two weeks after exposure to the infectious agent, which then develop into small, fluid-filled bumps or vesicles. The rupture of the vesicles is followed by the formation of a crust and then healing. This process occurs in two or three waves of a few hundred vesicles in a few days.   After resolution of the primary infection, the virus remains latent within cells of nervous tissue. Antibodies produced during primary infection prevent possible re-infection. However, the decrease in immune defenses can lead to a reactivation of the virus which can migrate from the nerve cells in which it is in a latent state, to the skin, causing the so-called Herpes Zoster. Symptoms include a moderate to intense burning sensation or a feeling of itching and pain that may affect several sites, such as the skin on the face or hips. It generally only affects one location but can also appear in multiple locations. A few days after itching or tingling, rashes may appear in the same location, with or without the presence of vesicles. In most people, the rashes and pain disappear within a few weeks, when the virus returns to its latent state. In some people, however, the pain can persist for months.  The vaccine is contraindicated for immunocompromised individuals, while it is recommended for adolescents and adults who have not yet contracted the disease and have no contraindications. Women of childbearing age who have not yet contracted the disease should also be vaccinated to avoid possible infection during pregnancy and thus the health consequences of this infection on the child.   In most cases, VZV infection resolves without consequences. In people with compromised immune systems such as those with HIV/AIDS or who have undergone an organ transplant, however, worse and more prolonged consequences may appear. In some cases the virus may not become latent and may spread to the central nervous system In pregnant women, the effects of exposure of the foetus or newborn to VZV depend on the gestational age during which the infection occurred and on the previous possible exposure of the mother to the virus. In the first 20-30 weeks of pregnancy, primary VZV infection may, although rarely, result in the presence of neonatal congenital anomalies. If the infection is contracted in the three weeks before delivery, the baby can be born with “newborn chickenpox”, the mortality rate of which can reach up to 30%, especially if this is not protected by maternally derived antibodies.

 

VASOPRESSINA

L’esame misura la quantità di ADH nel sangue. L’ADH (ormone antidiuretico), anche conosciuto come vasopressina, contribuisce a regolare l’equilibrio idrico dell’organismo controllando la quantità di acqua riassorbita dai reni. L’ADH è un ormone prodotto dall’ippotalamo (una porzione dell’encefalo) ed immagazzinato nella ghiandola pituitaria posteriore, o neuroipofisi, localizzata alla base del cervello. Il rilascio da parte dell’ipofisi avviene normalmente in risposta a dei sensori che rilevano un aumento dell’osmolalità  del sangue (numero di particelle disciolte nel sangue) o una diminuzione del volume del sangue. L’ADH agisce quindi a livello del rene stimolando il riassorbimento dell’acqua, con conseguente produzione di urine più concentrate. L’acqua trattenuta diluisce il sangue, abbassa l’osmolalità e aumenta il volume e la pressione sanguigna. Se l’equilibrio idrico non risulta ancora ripristinato, segue il rilascio di ulteriori ormoni che stimolano la sensazione della sete, inducendo la persona a bere.    La quantità di ADH rilasciata o la resistenza renale ai suoi effetti possono essere influenzate da un’ampia varietà di disturbi, patologie e farmaci. Sia la carenza che l’eccesso di ADH possono causare sintomi e complicazioni che, in rari casi, possono portare alla morte.    Se l’ADH è scarso o i reni non rispondono adeguatamente all’ormone, i reni perdono una quantità elevata di acqua che non viene riassorbita, producendo un’urina più diluita e un sangue più concentrato. Questo può causare sete eccessiva, minzione frequente, disidratazione e, se non si beve abbastanza acqua per reintegrare quanta ne viene persa, alti livelli di sodio nel sangue.    Bassi livelli di ADH o la resistenza renale all’azione dell’ormone sono la causa del diabete insipido.

  • Il diabete insipido centrale è associato alla mancata produzione di ADH da parte dell’ipotalamo o al mancato rilascio da parte dell’ipofisi, e può essere dovuto a una varietà di cause, tra cui: difetti genetici ereditari, trauma cranico, tumore al cervello, infezioni che causano encefalite o meningite.
  • Il diabete insipido nefrogenico ha origine nel rene ed è associato ad una diminuita sensibilità dei reni all’ADH, di conseguenza vi è incapacità di concentrare l’urina. Può essere ereditario o causato da varie malattie renali.    Entrambi i tipi di diabete insipido determinano l’eliminazione di grandi volumi di urina diluita attraverso i reni.    Al contrario, l’eccesso di ADH causa un riassorbimento d’acqua spropositato, con conseguente aumento del volume del sangue. Questo può causare nausea, mal di testa, disorientamento, letargia e basso contenuto di sodio nel sangue.    L’eccesso di ADH si manifesta nella “sindrome da inappropriata produzione dell’ormone antidiuretico” (SIADH), una malattia caratterizzata dalla produzione incontrollata di ADH, con conseguente ritenzione idrica, basso contenuto di sodio nel sangue e ridotta osmolalità nel sangue.
  • L’aumento nella produzione non è presente se la risposta ad un’elevata osmolalità o ad un basso volume di sangue risulta nella norma.
  • Il SIADH può essere causato da un’ampia varietà di malattie e condizioni che stimolano l’eccessiva produzione e rilascio di ADH oppure non ne inibiscono la secrezione.
  • Il SIADH può manifestarsi anche in presenza di tumori che producono ADH, o sostanze simili all’ADH, indipendentemente dall’ipotalamo e dalle ghiandole pituitarie.

Indipendentemente dalla causa o dalla fonte, l’eccesso di ADH causa il riassorbimento dell’acqua e l’aumento del volume del sangue e, di conseguenza, bassi livelli ematici di sodio e ridotta osmolalità.  Queste condizioni sono raramente diagnosticate solo con la determinazione dell’ADH ma, più spesso, sulla base della storia clinica del paziente e di altri esami di laboratorio, come l’osmolalità del sangue, l’esame delle urine e gli elettroliti.

The test measures the amount of ADH in the blood. ADH (antidiuretic hormone), also known as vasopressin, helps regulate the body’s water balance by controlling the amount of water reabsorbed by the kidneys. ADH is a hormone produced by the hippothalamus (a portion of the brain) and stored in the posterior pituitary gland, or neurohypophysis, located at the base of the brain. Release by the pituitary gland normally occurs in response to sensors that detect an increase in blood osmolality (number of dissolved particles in the blood) or a decrease in blood volume. ADH then acts at the kidney level by stimulating water reabsorption, resulting in the production of more concentrated urine. The retained water dilutes the blood, lowers osmolality, and increases blood volume and pressure. If the water balance is not yet restored, it is followed by the release of additional hormones that stimulate the sensation of thirst, inducing the person to drink.    The amount of ADH released or renal resistance to its effects can be affected by a wide variety of disorders, pathologies and drugs. Both ADH deficiency and excess can cause symptoms and complications that, in rare cases, can lead to death.    If ADH is poor or the kidneys do not respond adequately to the hormone, the kidneys lose a high amount of water that is not reabsorbed, producing more diluted urine and more concentrated blood. This can cause excessive thirst, frequent urination, dehydration, and, if you don’t drink enough water to replenish how much is lost, high levels of sodium in your blood.    Low ADH levels or renal resistance to the action of the hormone are the cause of diabetes insipidus.    Central diabetes insipidus is associated with failure of the hypothalamus to produce ADH or failure of the pituitary gland to release it, and can be due to a variety of causes, including: inherited genetic defects, head trauma, brain tumor, infections that cause encephalitis or meningitis.
Nephrogenic diabetes insipidus originates in the kidney and is associated with decreased sensitivity of the kidneys to ADH, resulting in an inability to concentrate urine. It can be hereditary or caused by various kidney diseases.    Both types of diabetes insipidus result in the elimination of large volumes of diluted urine through the kidneys.    Conversely, excess ADH causes disproportionate water reabsorption, resulting in increased blood volume. This can cause nausea, headache, disorientation, lethargy, and low sodium in the blood.    Excess ADH occurs in “syndrome of inappropriate antidiuretic hormone production” (SIADH), a disease characterized by uncontrolled production of ADH, resulting in fluid retention, low blood sodium, and reduced blood osmolality.
The increase in production is not present if the response to high osmolality or low blood volume is normal.
SIADH can be caused by a wide variety of diseases and conditions that stimulate excessive production and release of ADH or do not inhibit its secretion.
SIADH can also occur in the presence of ADH-producing tumors, or ADH-like substances, regardless of the hypothalamus and pituitary glands.     Regardless of the cause or source, excess ADH causes water reabsorption and increased blood volume, and consequently, low blood sodium levels and reduced osmolality.  These conditions are rarely diagnosed with ADH determination alone but, more often, based on the patient’s medical history and other laboratory tests, such as blood osmolality, urinalysis, and electrolytes.

 

VDRL

La sifilide è una delle malattie sessualmente trasmissibili maggiormente diffuse ed è causata dall’infezione da Treponema pallidum.  Generalmente, la sifilide viene trasmessa tramite rapporti sessuali non protetti (vaginali, anali o orali), ma anche tramite il contatto diretto con un’ulcera (sifiloma) infetta. Inoltre, l’infezione può essere trasmessa per via materno-fetale durante la gravidanza o il parto. Se non trattata, la sifilide può causare gravi lesioni agli organi interni.   Il test d’elezione per stabilire la diagnosi di sifilide consiste nella ricerca degli anticorpi diretti contro il batterio responsabile dell’infezione (test sierologici). Gli anticorpi sono proteine prodotte dal sistema immunitario in risposta all’infezione. Ulteriori metodi prevedono invece la ricerca diretta del batterio o del suo materiale genetico.

La sifilide è caratterizzata da tre fasi cliniche:

  1. Sifilide primaria – la fase iniziale comincia dopo 2-3 settimane dall’infezione, con la comparsa di un’ulcera (sifiloma iniziale) nelle vicinanze della sede dell’infezione, generalmente in zona genitale (pene, vulva o vagina). Tali ulcere possono talvolta risultare indolori e passare inosservate, in particolare se presenti a livello rettale o cervicale, per poi risolversi spontaneamente entro 4-6 settimane, anche in assenza di trattamento
  2. Sifilide secondaria – se la sifilide primaria non viene trattata, può svilupparsi la forma secondaria dopo 6 settimane-6 mesi dalla comparsa della prima ulcera. Tale fase è caratterizzata dalla comparsa di eruzioni cutanee ruvide, rosse e tondeggianti, presenti solitamente sul palmo delle mani o sotto la pianta dei piedi, generalmente non pruriginose. Inoltre, il paziente può manifestare sintomi quali febbre, affaticamento, gonfiore dei linfonodi, mal di gola, dolore muscolare, perdita di peso e di appetito. Meno comunemente, possono comparire infezioni a livello epatico, oculare o nervoso
  3. Sifilide terziaria (tardiva) – se la sifilide secondaria non viene trattata, il batterio permane in uno stato latente, durante il quale la persona affetta è priva di sintomi nonostante la presenza dell’infezione. Questo stato di latenza può durare per anni. Le complicanze della sifilide terziaria compaiono in circa il 15% dei soggetti non trattati. In questi casi, il batterio può causare lesioni a livello del cuore, degli occhi, del sistema nervoso centrale e periferico, delle ossa, delle articolazioni e degli organi interni. In caso di interessamento del sistema nervoso centrale si parla di neurosifilide, caratterizzata da sintomi quali cefalea, perdita di coordinazione, paralisi e perdita di memoria. La sifilide terziaria può comparire dopo molti anni; gli stadi finali della malattia sono caratterizzati da disturbi mentali, cecità o altri problemi neurologici e problemi cardiaci potenzialmente letali.

La sifilide risulta maggiormente contagiosa nella fase primaria e secondaria. Secondo i dati dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), nel 2018 nell’Unione Europea sono stati riportati 33.927 casi di sifilide, con un tasso di prevalenza nove volte superiore negli uomini rispetto alle donne. In generale, i più alti tassi di incidenza di casi di sifilide sono stati riscontrati tra i 25-34 anni (29 casi per 100.000). Il 69% dei casi segnalati riguardava uomini con rapporti omosessuali.  La sifilide può essere trattata tramite antibiotici, preferibilmente penicillina. Le infezioni recenti risultano più facilmente trattabili rispetto a quelle in fasi avanzate, che possono richiedere trattamenti più duraturi.

Syphilis is one of the most common sexually transmitted diseases and is caused by infection with Treponema pallidum.  Generally, syphilis is transmitted through unprotected sex (vaginal, anal, or oral), but also through direct contact with an infected ulcer (syphiloma). Furthermore, the infection can be transmitted through the maternal-fetal route during pregnancy or childbirth. If left untreated, syphilis can cause serious injury to internal organs.   The test of choice for establishing the diagnosis of syphilis consists in the search for antibodies directed against the bacterium responsible for the infection (serological tests). Antibodies are proteins produced by the immune system in response to infection. Further methods instead involve the direct search for the bacterium or its genetic material.   Syphilis is characterized by three clinical phases:     Primary syphilis – the initial phase begins 2-3 weeks after infection, with the appearance of an ulcer (initial syphiloma) near the site of infection, usually in the genital area (penis, vulva or vagina). Such ulcers can sometimes be painless and go unnoticed, particularly if present rectally or cervical, and then resolve spontaneously within 4-6 weeks, even in the absence of treatment
Secondary syphilis – if primary syphilis is not treated, the secondary form may develop 6 weeks to 6 months after the first ulcer appears. This phase is characterized by the appearance of rough, red, rounded skin rashes, usually present on the palms of the hands or under the soles of the feet, generally not itchy. Additionally, the patient may experience symptoms such as fever, fatigue, swollen lymph nodes, sore throat, muscle pain, weight loss, and loss of appetite. Less commonly, infections may appear in the liver, eye, or nerve
Tertiary (late) syphilis – if secondary syphilis is not treated, the bacterium remains in a latent state, during which the affected person is symptom-free despite the presence of the infection. This state of latency can last for years. Complications of tertiary syphilis appear in approximately 15% of untreated subjects. In these cases, the bacterium can cause lesions in the heart, eyes, central and peripheral nervous system, bones, joints, and internal organs. If the central nervous system is involved, it is called neurosyphilis, characterized by symptoms such as headache, loss of coordination, paralysis, and memory loss. Tertiary syphilis can appear after many years; the final stages of the disease are characterized by mental disorders, blindness or other neurological problems, and life-threatening heart problems.   Syphilis is most contagious in the primary and secondary stages. According to data from the European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), 33,927 cases of syphilis were reported in the European Union in 2018, with a prevalence rate nine times higher in men than in women. Overall, the highest incidence rates of syphilis cases were found among 25-34 years of age (29 cases per 100,000). 69% of the reported cases involved men with homosexual relations.  Syphilis can be treated with antibiotics, preferably penicillin. Recent infections are more easily treated than those in advanced stages, which may require longer-lasting treatments.

 

VES

La velocità di eritrosedimentazione (VES) è un test che misura indirettamente il grado di infiammazione presente nell’organismo. Il test in realtà misura il tempo che gli eritrociti (globuli rossi) impiegano a precipitare (sedimentare) in un campione di sangue posto in un tubo verticale di altezza standard, alto e stretto. Il risultato è riportato in millimetri di fluido (plasma) presenti nella porzione superiore del tubo dopo un’ora (mm/h).     Dopo l’inserimento del campione di sangue nel tubo, le cellule sedimentano lentamente, lasciando nella parte superiore il plasma. In presenza di un’aumentata concentrazione di proteine, in particolare delle proteine chiamate “di fase acuta”, i globuli rossi sedimentano più velocemente. La concentrazione delle proteine della fase acuta, come la poroteina C reattiva (PCR) e il fibrinogeno, aumenta nel sangue in risposta all’infiammazione.   L’infiammazione è parte della risposta immunitaria dell’organismo. Può essere acuta, sviluppandosi rapidamente dopo, ad esempio, un trauma, una ferita o un’infezione, o può perdurare per un periodo di tempo prolungato (cronica) in presenza di malattie quali patologie autoimmuni o tumori.  La VES non ha valore diagnostico: è un test non specifico che può risultare elevato in corso di numerose differenti patologie. Tuttavia, fornisce informazioni generiche circa la presenza o assenza di uno stato infiammatorio.   Dopo l’introduzione di nuovi test più specifici, è stata messa in discussione l’utilità della VES. Tuttavia, la VES è solitamente indicata per la diagnosi ed il monitoraggio dell’artrite transitoria, della vasculite sistemica e della polimialgia reumatica.   La VES molto elevata è utile per la diagnosi differenziale di malattia reumatica. Inoltre, può essere utilizzata in contesti in cui i nuovi test non sono disponibili, come in aree del mondo con risorse limitate, o in corso di monitoraggio per una patologia specifica.

Erythrocyte sedimentation rate (ESR) is a test that indirectly measures the degree of inflammation present in the body. The test actually measures the time it takes for erythrocytes (red blood cells) to precipitate (sediment) in a blood sample placed in a standard-height, tall, narrow vertical tube. The result is reported in millimeters of fluid (plasma) present in the upper portion of the tube after one hour (mm/h).     After the blood sample is inserted into the tube, the cells slowly settle, leaving the plasma at the top. In the presence of an increased concentration of proteins, particularly proteins called “acute phase”, red blood cells sediment faster. The concentration of acute phase proteins, such as C-reactive porothein (CRP) and fibrinogen, increases in the blood in response to inflammation.   Inflammation is part of the body’s immune response. It can be acute, developing rapidly after, for example, trauma, injury, or infection, or it can persist for a prolonged (chronic) period of time in the presence of diseases such as autoimmune diseases or tumors.  ESR has no diagnostic value: it is a non-specific test that can be elevated during numerous different pathologies. However, it provides general information about the presence or absence of an inflammatory state.   After the introduction of new, more specific tests, the usefulness of ESR was questioned. However, ESR is usually indicated for the diagnosis and monitoring of transient arthritis, systemic vasculitis, and polymyalgia rheumatica.   Very high ESR is useful for the differential diagnosis of rheumatic disease. Furthermore, it can be used in settings where new tests are not available, such as in areas of the world with limited resources, or under monitoring for a specific pathology.

 

VITAMINA B12

La vitamina B è una sostanza nutritiva richiesta dall’organismo in piccole quantità (micronutriente). É essenziale per il metabolismo, la produzione di energia e la salute di cellule, pelle, muscoli, organi e sistema nervoso. Il test della vitamina B misura questi specifici componenti nel sangue e nell’urina, come supporto nel valutare lo stato nutrizionale del paziente.La vitamina B è assorbita con la dieta, utilizzata al bisogno e ogni eccesso viene rimosso dall’organismo attraverso l’urina. Poiché la vitamina B è idrosolubile, ne sono immagazzinate solo piccole quantità nell’organismo e deve essere regolarmente assimilata con integratori vitaminici o alimenti arricchiti di tale vitamina (fortificati). Il deficit di vitamina B si verifica raramente nei paesi occidentali, ma interessa ancora numerosi paesi la cui popolazione è esposta ad importanti carenze alimentari.La carenza può manifestarsi in seguito a:

  • Inadeguata assunzione di vitamina B
  • Inadeguato assorbimento o mancato utilizzo di una o più vitamine
  • Assunzione di alimenti o farmaci che rallentano o inibiscono l’assorbimento, la produzione o l’azione della vitamina
  • Carenza di altre vitamine o minerali che impedisce l’utilizzo della vitamina B
  • Aumentato fabbisogno della vitamina

Nel mondo occidentale la carenza di vitamina B si verifica principalmente nei soggetti che soffrono di malnutrizione, alcolismo cronico, sindromi da malassorbimento (come la celiachia), nei pazienti che si sono sottoposti a bypass gastrico e negli anziani. Risultano maggiormente esposti anche i soggetti affetti da patologie croniche, i pazienti neoplastici, sottoposti ad una terapia anti-tumorale, che assumono farmaci che interferiscono con il metabolismo e l’utilizzo delle vitamine, che seguono una dieta sbilanciata e che hanno avuto una diarrea prolungata.Le donne in gravidanza che seguono una dieta non adeguata sono esposte ad un rischio aumentato di sviluppare una carenza di vitamina B, così come i loro figli. Raramente, i neonati sono affetti da un difetto metabolico congenito che preveda un inadeguato utilizzo della vitamina B.I sintomi associati a carenza di vitamina B, soprattutto se lieve o moderata, possono essere aspecifici. Spesso, i pazienti presentano carenze di diverse vitamine; pertanto, i sintomi manifestati sono molteplici. I sintomi più comuni includono rash cutaneo, dermatite, lingua infiammata, intorpidimento, formicolio o bruciore alle estremità, anemia, affaticamento e problemi mentali.La tossicità della vitamina B si verifica raramente, di solito in seguito all’assunzione di una dose eccessiva (superiore a quella prescritta) degli integratori vitaminici. Concentrazioni elevate di poche vitamine del complesso B possono danneggiare il fegato o il sistema nervoso.

Informazioni dettagliate sui tipi di vitamina B:

B1, Tiamina
Anche nota come: Vitamina F, Aneurina, Tiamina difosfato (TDP) – forma fisiologicamente attivaRuolo: B1 è un coenzima che supporta la produzione di energia dell’organismo, è coinvolto nel metabolismo del glucosio, degli aminoacidi, dei lipidi e dell’alcol; è necessario per la crescita, lo sviluppo, il corretto funzionamento del sistema nervoso centrale, del cuore e dei muscoli.Fonti: cereali, grano, riso, carne (soprattutto maiale), pesce, noccioline, semi, legumi (fagioli neri e semi di soia)Carenza: si verifica principalmente nei soggetti che soffrono di alcolismo cronico, HIV/AIDS, diabete, che si sono sottoposti ad un intervento di chirurgia bariatrica e negli anziani. Alcuni farmaci come la furosemide e il 5-fluorouracile possono ridurre i livelli di tiamina. La carenza di tiamina può provocare perdita di peso e di appetito, confusione, perdita di memoria, debolezza muscolare e problemi cardiaci. Inoltre, causa la sindrome di Wernicke-Korsakoff, che interessa prevalentemente gli alcolisti ed è caratterizzata da formicolio alle estremità, perdita della memoria e dell’orientamento, confusione. Meno comunemente, la carenza di tiamina è associata all’insorgenza di una patologia nota come beriberi, una malattia neurologica che può coinvolgere anche il cuore.Nome del test: Tiamina (Tiamina difosfato) nel sangueAltri metodi per la misura: Transchetolasi (test della tiamina funzionale)
B2, Riboflavina
Anche nota come: Vitamina GRuolo: B2 è un coenzima coinvolto nella produzione di energia, nella funzionalità cellulare, nella crescita e nello sviluppo, nel metabolismo di lipidi, farmaci e steroidi; è necessario per il metabolismo delle altre vitamine del gruppo B e contribuisce a mantenere stabile la concentrazione dell’omocisteina, un aminoacido presente in circolo.Fonti: cereali, pane, prodotti del grano, verdure di colore verde (asparagi, broccoli, spinaci), carne magra, reni e fegato, latticini, uovaCarenza: chiamata ariboflavinosi, di solito viene osservata nei casi di carenza di altre vitamine, alcolismo, malassorbimento, patologie epatiche, anoressia nervosa, gravidanza, allattamento al seno, negli anziani e nei soggetti che seguono una dieta vegetariana o vegana. La carenza di riboflavina può causare problemi cutanei, presenza di tagli agli angoli della bocca (cheilite angolare), infiammazione della lingua (glossite), perdita di capelli, pallore, mal di gola, patologie epatiche e alterazioni a carico del sistema nervoso e del sistema riproduttivo. Una grave carenza di riboflavina a lungo termine può causare anemia e cataratta.Nome del test: Riboflavina, su sangue o urinaAltri metodi per la misura: Glutatione riduttasi nei globuli rossi (attività)
B3, Niacina
Anche nota come: Acido nicotinico, Niacinamide, Nicotinamide, Vitamina P, Vitamina PPRuolo: B3 è coinvolta nelle reazioni enzimatiche, nel metabolismo e nella produzione di energia; contribuisce al corretto funzionamento del sistema nervoso, digestivo e della cute. Viene somministrata in dosi farmacologiche per ridurre i livelli di colesterolo LDL e di trigliceridi e per aumentare il colesterolo HDL.Fonti: carne magra (pollo, manzo, maiale), pesce, noccioline, grano, cereali e legumi Carenza: osservata in pazienti denutriti affetti da AIDS, in corso di alcolismo, anoressia, malattia infiammatoria intestinale, cirrosi e sindrome carcinoide, caratterizzata dalla presenza di tumori a crescita lenta localizzati nel tratto digestivo. La carenza grave di niacina causa una patologia nota come pellagra, caratterizzata da dermatite (rash cutaneo nelle zone esposte al sole), lingua rosso vivo, vomito, stitichezza o diarrea, depressione, cefalea, stanchezza, insonnia, aggressività, paranoia, tendenze suicide, allucinazioni, apatia e perdita della memoria.Tossicità: dosi farmacologiche possono causare vampate di calore, cefalea, ipotensione, iperglicemia, visione offuscata, diplopia ed edema oculare. Dosi elevate possono danneggiare il fegato.Nome del test: Niacina e rispettivi metaboliti, N1-Metilnicotinamide e N1-metil-2-piridone-5-carbossamide nell’urina; quest’ultimo è considerato la misura più affidabile di assunzione e dello stato di salute generaleAltri metodi per la misura: misurata come NAD (Nicotinamide adenina dinucleotide) su sangue o urina
B5, Acido pantotenico
Ruolo: B5 contribuisce a metabolizzare e ad utilizzare i lipidi, le proteine e i carboidrati. È necessario per la crescita e la produzione di ormoni e colesterolo.Fonti: la maggior parte degli alimentiCarenza: si verifica raramente poiché la vitamina è presente in molti alimenti. Tuttavia, pazienti che presentano un raro disturbo ereditario noto come neurodegenerazione associata alla pantotenato chinasi non sono in grado di utilizzare adeguatamente l’acido pantotenico. Tale patologia può determinare sintomi associati alla carenza di acido pantotenico, quali formicolio e bruciore alle estremità, difficoltà nella guarigione delle ferite, diarrea e vomito, insonnia ed affaticamento.Nome del test: Acido pantotenico su sangue o urina
B6, Piridossal fosfato (PLP)
Esistono tre forme: Piridossina, piridossamina e piridossaleRuolo: B6 è un coenzima coinvolto nel metabolismo degli aminoacidi e nella sintesi dell’emoglobina; è necessario per il sistema nervoso ed il sistema immunitario, in particolare in gravidanza e in età pediatrica.Fonti: maiale, pesce, pollo, patate, frutta, ortaggiCarenza: si verifica raramente; come la vitamina B2, B6 è necessaria per la formazione di PLP attiva; può essere osservata in alcolismo cronico, malassorbimento, fumo, perdita di funzionalità renale, malattie autoimmuni e nei soggetti che assumono alcuni farmaci antiepilettici e la teofillina. La carenza può provocare anemia, eruzioni cutanee pruriginose, cheilite angolare, glossite, depressione, confusione ed immunodeficienza. I neonati caratterizzati dall’insufficiente introduzione di vitamina B6 possono diventare irritabili o sviluppare un udito estremamente sensibile e crisi epilettiche. Il sovradosaggio può provocare neuropatie periferiche, con perdita del controllo dei movimenti volontari.Nome del test: Piridossal fosfato (PLP) nel sangueAltri metodi per la misura: test di funzionalità della vitamin B6, acido 4- piridossico su urina, acido xanturenico su urina
B7, Biotina
Anche nota come: Vitamina H, coenzima R e Vitamina B-wRuolo: B7 è un coenzima necessario per il metabolismo di lipidi, proteine e carboidrati; svolge un ruolo importante nella produzione ormonale.Fonti: carne, pesce, fegato, noccioline, legumi e alcuni vegetali (patate dolci, spinaci, broccoli). La vitamina B7 è anche prodotta dai batteri intestinaliCarenza: molto rara; può colpire donne in gravidanza o in allattamento al seno, soggetti che ricevono una nutrizione completamente parenterale, che fanno abuso cronico di alcol o che presentano un difetto metabolico ereditario noto come “carenza di biotinidasi”. La carenza può provocare riduzione della peluria sul capo e sul corpo, rash cutaneo intorno ad occhi, naso, bocca e ano, congiuntivite, convulsioni, infezioni della pelle, unghie fragili e disturbi del sistema nervoso. I sintomi di carenza di biotina in età neonatale includono debolezza del tono muscolare, indolenza e ritardo nello sviluppo. L’eccesso di biotina non causa alcun danno noto; tuttavia, gli integratori a base di biotina possono alterare in maniera significativa i risultati di alcuni esami di laboratorio, tra cui, ma non solo, test diagnostici cardiovascolari e test ormonali.Nome del test: Biotina nell’urinaAltri metodi per la misura: escrezione urinaria dell’acido 3-idrossivalerato
Acido folico e folato
Anche nota come: Vitamina B9, Vitamina MRuolo: i folati sono necessari per la divisione cellulare, la sintesi degli acidi nucleici e dei globuli rossi.
B12, Cobalamina
Ruolo: B12 è coinvolta nel metabolismo, nella sintesi degli acidi nucleici e dei globuli rossi e nella salute dei nervi.

 

Vitamin B is a nutrient required by the body in small amounts (micronutrient). It is essential for the metabolism, energy production, and health of cells, skin, muscles, organs, and nervous system. The vitamin B test measures these specific components in the blood and urine to help assess the patient’s nutritional status. Vitamin B is absorbed through the diet, used as needed, and any excess is removed from the body through the urine. Because vitamin B is water-soluble, only small amounts are stored in the body and it must be regularly assimilated with vitamin supplements or foods enriched with that vitamin (fortified). Vitamin B deficiency rarely occurs in Western countries, but it still affects numerous countries whose populations are exposed to significant food shortages. The deficiency can manifest itself following:   Inadequate vitamin B intake   Inadequate absorption or non-use of one or more vitamins    Taking foods or medications that slow or inhibit the absorption, production, or action of the vitamin  Deficiency of other vitamins or minerals that prevents the use of vitamin B  Increased vitamin requirements    In the Western world, vitamin B deficiency occurs mainly in people suffering from malnutrition, chronic alcoholism, malabsorption syndromes (such as celiac disease), patients who have undergone gastric bypass and the elderly. Subjects with chronic diseases, neoplastic patients, those undergoing anti-tumor therapy, those taking drugs that interfere with metabolism and vitamin use, those following an unbalanced diet, and those who have had prolonged diarrhea are also more exposed. Pregnant women who follow an inadequate diet are at increased risk of developing vitamin B deficiency as well as their children. Rarely, newborns have a congenital metabolic defect that involves inadequate vitamin B use. Symptoms associated with vitamin B deficiency, especially mild or moderate, may be nonspecific. Often, patients are deficient in several vitamins; therefore, there are many symptoms. The most common symptoms include skin rash, dermatitis, inflamed tongue, numbness, tingling or burning in the extremities, anemia, fatigue, and mental problems. Vitamin B toxicity occurs rarely, usually following an overdose (higher than prescribed) of vitamin supplements. High concentrations of a few B-complex vitamins can damage the liver or nervous system.

Detailed information on the types of vitamin B:

B1, Thiamine
Also known as: Vitamin F, Aneurin, Thiamine Diphosphate (TDP) – physiologically active form Role: B1 is a coenzyme that supports the body’s energy production and is involved in the metabolism of glucose, amino acids, lipids, and alcohol; it is necessary for the growth, development, and proper functioning of the central nervous system, heart, and muscles. Sources: cereals, wheat, rice, meat (especially pork), fish, peanuts, seeds, legumes (black beans and soybeans) Deficiency: occurs mainly in individuals suffering from chronic alcoholism, HIV/AIDS, diabetes, who have undergone bariatric surgery and in the elderly. Some drugs such as furosemide and 5-fluorouracil can reduce thiamine levels. Thiamine deficiency can result in weight and appetite loss, confusion, memory loss, muscle weakness, and heart problems. It also causes Wernicke-Korsakoff syndrome, which predominantly affects alcoholics and is characterized by tingling in the extremities, loss of memory and orientation, and confusion. Less commonly, thiamine deficiency is associated with the onset of a condition known as beriberi, a neurological disease that can also involve the heart. Test name: Thiamine (Thiamine diphosphate) in the blood. Other measurement methods: Transchetolase (functional thiamine test)
B2, Riboflavin
Also known as: Vitamin GRuolo: B2 is a coenzyme involved in energy production, cellular function, growth and development, and the metabolism of lipids, drugs, and steroids. It is necessary for the metabolism of other B vitamins and helps maintain a stable concentration of homocysteine, an amino acid present in the circulation. Sources: cereals, bread, wheat products, green vegetables (asparagus, broccoli, spinach), lean meat, kidneys and liver, dairy products, eggsDeficiency: called ariboflavinosis, it is usually observed in cases of deficiency of other vitamins, alcoholism, malabsorption, liver diseases, anorexia nervosa, pregnancy, breastfeeding, in the elderly and in subjects following a vegetarian or vegan diet. Riboflavin deficiency can cause skin problems, cuts in the corners of the mouth (angular cheilitis), inflammation of the tongue (glossitis), hair loss, pallor, sore throat, liver disease, and changes in the nervous and reproductive systems. Severe long-term riboflavin deficiency can cause anemia and cataracts. Test name: Riboflavin, on blood or urine. Other measurement methods: Glutathione reductase in red blood cells (activity)

B3, Niacin
Also known as: Nicotinic acid, Niacinamide, Nicotinamide, Vitamin P, Vitamin PPRuole: B3 is involved in enzymatic reactions, metabolism, and energy production; it contributes to the proper functioning of the nervous, digestive, and skin systems. It is administered in pharmacological doses to reduce LDL cholesterol and triglyceride levels and to increase HDL cholesterol. Sources: lean meat (chicken, beef, pork), fish, peanuts, wheat, cereals and legumes Deficiency: observed in malnourished patients with AIDS, in the course of alcoholism, anorexia, inflammatory bowel disease, cirrhosis and carcinoid syndrome, characterized by the presence of slow-growing tumors located in the digestive tract. Severe niacin deficiency causes a condition known as pellagra, characterized by dermatitis (skin rash in sun-exposed areas), bright red tongue, vomiting, constipation or diarrhea, depression, headache, fatigue, insomnia, aggression, paranoia, suicidal tendencies, hallucinations, apathy, and memory loss. Toxicity: Drug doses can cause hot flashes, headache, hypotension, hyperglycemia, blurred vision, diplopia, and ocular edema. High doses can damage the liver. Test name: Niacin and its metabolites, N1-Methylnicotinamide and N1-methyl-2-pyridone-5-carboxamide in urine; the latter is considered the most reliable measure of intake and general health. Other measurement methods: measured as NAD (Nicotinamide adenine dinucleotide) in blood or urine
B5, Pantothenic acid
Role: B5 helps metabolize and utilize lipids, proteins and carbohydrates. It is necessary for the growth and production of hormones and cholesterol. Sources: Most foods. Deficiency: This occurs rarely because the vitamin is present in many foods. However, patients who have a rare inherited disorder known as pantothenate kinase-associated neurodegeneration are unable to adequately utilize pantothenic acid. This condition can cause symptoms associated with pantothenic acid deficiency, such as tingling and burning in the extremities, difficulty healing wounds, diarrhea and vomiting, insomnia, and fatigue. Test name: Pantothenic acid on blood or urine

B6, Pyridoxal phosphate (PLP)
There are three forms: Pyridoxine, pyridoxamine, and pyridoxal. Role: B6 is a coenzyme involved in amino acid metabolism and hemoglobin synthesis; it is necessary for the nervous system and immune system, particularly in pregnancy and childhood. Sources: pork, fish, chicken, potatoes, fruit, vegetables. Deficiency: Occurs rarely; like vitamin B2, B6 is necessary for the formation of active PLP; it can be observed in chronic alcoholism, malabsorption, smoking, loss of kidney function, autoimmune diseases and in people taking certain antiepileptic drugs and theophylline. Deficiency can result in anemia, itchy skin rashes, angular cheilitis, glossitis, depression, confusion, and immunodeficiency. Infants characterized by insufficient introduction of vitamin B6 may become irritable or develop extremely sensitive hearing and epileptic seizures. Overdose can cause peripheral neuropathies, with loss of control of voluntary movements. Test name: Pyridoxal phosphate (PLP) in the blood. Other measurement methods: vitamin B6 function test, 4-pyridoxic acid in urine, xanthurenic acid in urine
B7, Biotin
Also known as: Vitamin H, coenzyme R, and Vitamin B-w. Role: B7 is a coenzyme required for the metabolism of lipids, proteins, and carbohydrates; it plays an important role in hormone production. Sources: meat, fish, liver, peanuts, legumes, and some vegetables (sweet potatoes, spinach, broccoli). Vitamin B7 is also produced by gut bacteria. Deficiency: Very rare; it can affect pregnant or breastfeeding women, those receiving fully parenteral nutrition, those who chronically abuse alcohol, or those with an inherited metabolic defect known as “biotinidase deficiency.” The deficiency can result in reduced hair on the head and body, skin rash around the eyes, nose, mouth, and anus, conjunctivitis, seizures, skin infections, brittle nails, and nervous system disorders. Symptoms of biotin deficiency in neonatal age include weakness in muscle tone, indolence, and developmental delay. Excess biotin does not cause any known harm; however, biotin supplements can significantly alter the results of some laboratory tests, including, but not limited to, cardiovascular diagnostic tests and hormone tests. Test name: Biotin in urine Other measurement methods: urinary excretion of 3-hydroxyvalerate acid

Folic acid and folate
Also known as: Vitamin B9, Vitamin MRuolo: Folates are required for cell division, nucleic acid and red blood cell synthesis. 
B12, Cobalamin
Role: B12 is involved in metabolism, nucleic acid and red blood cell synthesis, and nerve health

 

 

 

VMA

L’acido vanilmandelico (VMA) è uno dei metaboliti delle catecolamine adrenalina (epinefrina) e noradrenalina (norepinefrina). L’esame misura la concentrazione dell’acido vanilmandelico escreto nell’urina, solitamente in un arco di tempo di 24 ore, per rilevare l’eccesso di adrenalina e noradrenalina. É utilizzato per rilevare la presenza di neuroblastomi o altri tumori neuroendocrini.

Le catecolamine sono un gruppo di ormoni prodotti dalle cellule del sistema nervoso simpatico (in tal caso chiamate sostanze neurotrasmettitrici o neurotrasmettitori) o dalla midollare (porzione interna) delle ghiandole surrenali, piccoli organi di forma triangolare localizzati sopra i reni. Le catecolamine principali sono dopamina, adrenalina (epinefrina) e noradrenalina (norepinefrina). Questi ormoni vengono rilasciati nel sangue in risposta a stress fisici o emotivi e aiutano a trasmettere gli impulsi nervosi al cervello; aumentano il rilascio di glucosio e acidi grassi per fornire energia, dilatano i bronchioli (ramificazioni dell’albero bronchiale) e le pupille. La noradrenalina provoca la costrizione dei vasi sanguigni, con conseguente aumento della pressione arteriosa, e l’adrenalina accelera il battito cardiaco ed il metabolismo.     Dopo aver svolto la loro azione, le catecolamine sono metabolizzate a forme inattive. La dopamina diventa acido omovanillico (HVA), la noradrenalina si trasforma in normetanefrina e acido vanilmandelico (VMA) e l’adrenalina diventa metanefrina e VMA. Sia gli ormoni che i loro metaboliti vengono escreti nell’urina. Il VMA è di solito presente nell’urina in piccole concentrazioni fluttuanti, che aumentano in modo apprezzabile durante e subito dopo l’esposizione allo stress.   Differenti tipi di tumori possono originare dalle cellule del sistema neuroendocrino, composto da un insieme di cellule che producono ormoni e cellule nervose, localizzate in organi quali polmoni e apparato digerente.

I tumori che originano da queste cellule sono definiti tumori neuroendocrini. I tumori neuroendocrini, quali neuroblastomi e feocromocitomi, possono talvolta produrre grandi quantità di catecolamine, con aumento di questi ormoni e dei loro metaboliti nel sangue e nell’urina. Le catecolamine prodotte dal tumore possono provocare segni e sintomi gravi, quali ipertensione persistente (pressione sanguigna alta), grave emicrania, tachicardia, sudorazione eccessiva, nausea, ansia e formicolio alle estremità.   Il neuroblastoma è un tumore relativamente raro ma, in accordo con L’Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica (AIEOP), risulta essere il tumore più frequente in età neonatale. Ogni anno in Italia vengono diagnosticati 130-140 nuovi casi, con incidenza di circa 1: 40.000 nati vivi/anno. Solitamente, il tumore insorge nei primi anni di vita, con frequenza maggiore tra il secondo e il terzo anno. Raramente il neuroblastoma è presente alla nascita. Il tumore, che si sviluppa da cellule nervose primitive, può essere localizzato alla sede d’origine, quale addome, ghiandole surrenali, collo, torace o bacino. In circa la metà dei casi, alla diagnosi il tumore si presenta con localizzazioni secondarie in altre zona dell’organismo (metastasi).    Nella maggior parte dei pazienti il trattamento del neuroblastoma risulta efficace. In alcuni casi il tumore può risolversi spontaneamente, senza alcuna terapia; in altri, le cellule tumorali possono maturare spontaneamente in cellule nervose normali, con conseguente conversione del neuroblastoma in un ganglioneuroma benigno o in un ganglioneuroblastoma parzialmente benigno.    I feocromocitomi sono tumori abbastanza rari (incidenza 1/1.000.000 in Italia) che originano nelle ghiandole surrenali e, mentre pochissimi sono maligni, la maggior parte sono benigni e continuano a crescere senza diffondersi fuori dalla sede primaria. Se non trattato, tuttavia, il feocromocitoma può crescere e produrre catecolamine, ed i sintomi possono peggiorare.    Nel tempo, l’ipertensione dovuta al feocromocitoma può causare danno renale, patologie cardiache ed aumentare il rischio di ictus e infarto. É importante diagnosticare questa patologia per intervenire sull’ipertensione, potenzialmente curabile, da questa provocata. Nella maggior parte dei casi, i feocromocitomi possono essere rimossi chirurgicamente, riducendo la quantità di catecolamine prodotte ed eliminando o attenuando i sintomi e le complicazioni ad essi associati.    La misura del VMA, insieme a quella delle catecolamine e dei loro metaboliti, può essere utilizzata per contribuire a rilevare la presenza di neuroblastomi. I test d’elezione per la diagnosi del feocromocitoma includono le metanefrine libere plasmatiche, metanefrine urinarie e le catecolamine plasmatiche e urinarie. Il VMA può essere prescritto, insieme ad uno o più di questi esami, come ausilio per confermare o escludere la presenza di feocromocitomi.

 

Vanillylmandelic acid (VMA) is one of the metabolites of the catecholamines adrenaline (epinephrine) and noradrenaline (norepinephrine). The test measures the concentration of vanillylmandelic acid excreted in the urine, usually over a 24-hour period, to detect excess adrenaline and noradrenaline. It is used to detect the presence of neuroblastomas or other neuroendocrine tumors.

Catecholamines are a group of hormones produced by the cells of the sympathetic nervous system (in this case called neurotransmitter substances or neurotransmitters) or by the medulla (internal portion) of the adrenal glands, small triangular-shaped organs located above the kidneys. The main catecholamines are dopamine, adrenaline (epinephrine) and norepinephrine (norepinephrine). These hormones are released into the blood in response to physical or emotional stress and help transmit nerve impulses to the brain; they increase the release of glucose and fatty acids to provide energy, dilate the bronchioles (branches of the bronchial tree) and pupils. Norepinephrine causes blood vessels to constrict, resulting in increased blood pressure, and adrenaline speeds up the heartbeat and metabolism.     After carrying out their action, catecholamines are metabolised to inactive forms. Dopamine becomes homovanillic acid (HVA), norepinephrine turns into normethanephrine and vanylmandelic acid (VMA), and adrenaline becomes methanephrine and VMA. Both hormones and their metabolites are excreted in urine. VMA is usually present in urine in small fluctuating concentrations, which increase appreciably during and shortly after exposure to stress.   Different types of tumors can originate from the cells of the neuroendocrine system, composed of a set of cells that produce hormones and nerve cells, located in organs such as the lungs and digestive system. 

Tumors that originate from these cells are defined as neuroendocrine tumors. Neuroendocrine tumors, such as neuroblastomas and pheochromocytomas, can sometimes produce large amounts of catecholamines, leading to increased levels of these hormones and their metabolites in the blood and urine. The catecholamines produced by the tumor can cause severe signs and symptoms, such as persistent hypertension (high blood pressure), severe headaches, tachycardia, excessive sweating, nausea, anxiety, and tingling in the extremities.   Neuroblastoma is a relatively rare tumor but, according to the Italian Association of Pediatric Hematology and Oncology (AIEOP), it is the most common tumor in the neonatal period. Each year in Italy, 130-140 new cases are diagnosed, with an incidence of about 1 in 40,000 live births per year. Typically, the tumor arises in the early years of life, with a higher frequency between the second and third year. Rarely, neuroblastoma is present at birth. The tumor, which develops from primitive nerve cells, can be localized to its site of origin, such as the abdomen, adrenal glands, neck, chest, or pelvis. In about half of the cases, at diagnosis, the tumor presents with secondary localizations in other areas of the body (metastases).  In most patients, the treatment of neuroblastoma is effective. In some cases, the tumor may resolve spontaneously, without any therapy; in others, the tumor cells may mature spontaneously into normal nerve cells, resulting in the conversion of neuroblastoma into a benign ganglioneuroma or a partially benign ganglioneuroblastoma.   Pheochromocytomas are relatively rare tumors (incidence 1 in 1,000,000 in Italy) that originate in the adrenal glands, and while very few are malignant, most are benign and continue to grow without spreading outside the primary site. However, if left untreated, pheochromocytoma can grow and produce catecholamines, and the symptoms may worsen.   Over time, hypertension due to pheochromocytoma can cause kidney damage, heart disease, and increase the risk of stroke and heart attack. It is important to diagnose this condition to address the potentially treatable hypertension it causes. In most cases, pheochromocytomas can be surgically removed, reducing the amount of catecholamines produced and eliminating or alleviating the associated symptoms and complications.   The measurement of VMA, along with that of catecholamines and their metabolites, can be used to help detect the presence of neuroblastomas. The preferred tests for diagnosing pheochromocytoma include free plasma metanephrines, urinary metanephrines, and plasma and urinary catecholamines. VMA may be prescribed, along with one or more of these tests, as an aid to confirm or exclude the presence of pheochromocytomas.

W

WAALER E ROSE

II fattori reumatoide (FR) sono auto-anticorpi umani diretti contro il frammento Fc delle IgG umane ed animali. La ricerca dei FR è importante per la diagnosi di poliartrite reumatoide (PR). Tuttavia i FR non sono specifici della PR. Non vengono rilevati in tutti i casi di PR e possono essere presenti in soggetti sani come pure in pazienti affetti da altre patologie. Le differenti tecniche utilizzate si possono dividere in due gruppi a seconda dell’origine delle IgG: IgG animali (reazione di Waaler-Rose) o IgG umane (reazione “al lattice”): Le reazioni di Waaler-Rose sono più specifiche, mentre i metodi al lattice sono più sensibili. L’insieme di queste tecniche mette in evidenza solo i FR di classe IgM.

 

Rheumatoid factors (RF) are human autoantibodies directed against the Fc fragment of human and animal IgG. The search for RF is important for the diagnosis of rheumatoid arthritis (RA). However, RF are not specific to RA. They are not detected in all cases of RA and can be present in healthy individuals as well as in patients with other diseases. The different techniques used can be divided into two groups depending on the origin of the IgG: animal IgG (Waaler-Rose reaction) or human IgG (lattice reaction): Waaler-Rose reactions are more specific, while lattice methods are more sensitive. The combination of these techniques highlights only the IgM class RF.

WIDAL WRIGHT

La reazione di Widal è un esame sierologico mediante il quale è possibile ricercare gli anticorpi presenti nel siero di pazienti che sono venuti a contatto con la Salmonella Typhi e/o con le Salmonelle Paratyphi A e B. La Salmonella è un batterio spesso responsabile di infezioni alimentari sia sporadiche che epidemiche. Nella maggior parte dei casi, la Salmonella causa diarrea, febbre, e crampi addominali. La Salmonella vive nell’apparato intestinale di uomini e animali, e si trasmette attraverso ingestione di cibi contaminati. La reazione di Wright è un esame mediante il quale è possibile ricercare gli anticorpi anti Brucella presenti nel siero di pazienti entrati in contatto con il batterio “Brucella abortus”.Le Brucelle sono batteri che infettano i bovini.L’uomo può venire in contatto con questi microrganismi tramite l’ingestione di latte non pastorizzato o carne infetta; oppure attraverso contatto con animali infetti.La brucellosi (o febbre maltese) è una malattia infettiva che può avere un decorso asintomatico oppure può presentare sintomi quali: febbre ondulante, ingrossamento della milza, dolori muscolari.

The Widal reaction is a serological test by which antibodies present in the serum of patients who have come into contact with Salmonella Typhi and/or Salmonella Paratyphi A and B can be searched. Salmonella is a bacterium often responsible for both sporadic and epidemic foodborne infections. In most cases, Salmonella causes diarrhea, fever, and abdominal cramps. Salmonella lives in the intestinal tract of humans and animals, and is transmitted through the ingestion of contaminated foods. Wright’s reaction is a test by which anti-Brucella antibodies can be detected in the serum of patients who have come into contact with the bacterium “Brucella abortus”.Brucella are bacteria that infect cattle. Humans can come into contact with these microorganisms through the ingestion of unpasteurized milk or infected meat, or through contact with infected animals. Brucellosis (or Maltese fever) is an infectious disease that can be asymptomatic or present with symptoms such as rolling fever, an enlarged spleen, and muscle pain.

 

Z

ZINCO

Lo zinco è un oligoelemento essenziale ed è presente soprattutto a livello intracellulare (99%). Nel corpo umano serve come componente strutturale nelle membrane cellulari e come co-fattore per molte reazioni enzimatiche. Inoltre processi dipendenti dallo zinco interessano il sistema immunitario, l’equilibrio ormonale e la capacità antiossidante. Antagonisti tossici: cadmio. In caso di aumento dei valori di un antagonista tossico è necessario prestare attenzione a un apporto sufficiente dell’oligoelemento corrispondente. Elevati livelli degli oligoelementi/minerali calcio, rame, selenio e fosfato possono portare a bassi livelli di zinco a causa delle interazioni. In ragione della presenza intracellulare di zinco, la determinazione negli eritrociti è il marker più sensibile per individuare una carenza di zinco.

 

Zinc is an essential trace element and is primarily present at the intracellular level (99%). In the human body, it serves as a structural component in cell membranes and as a co-factor for many enzymatic reactions. Additionally, zinc-dependent processes are involved in the immune system, hormonal balance, and antioxidant capacity. Toxic antagonists include cadmium. In case of increased levels of a toxic antagonist, it is necessary to ensure sufficient intake of the corresponding trace element. High levels of trace elements/minerals such as calcium, copper, selenium, and phosphate can lead to low zinc levels due to interactions. Because of the intracellular presence of zinc, its determination in erythrocytes is the most sensitive marker for identifying zinc deficiency.

ZINCO URINARIO

Lo zinco è un metallo presente in tracce nell’organismo dove è coinvolto in numerose attività. Esso è presente in numerosi enzimi (metalloenzimi) e svolge un ruolo nella sintesi proteica, nella crescita, nella spermiogenesi, nella cicatrizzazione delle ferite. Regola inoltre l’omeostasi glucidica e l’immunità cellulo-mediata. Lo zinco è normalmente presente nella dieta (carne, pesce, uova, latte), è ssorbito a livello gastro-intestinale ed è eliminato prevalentemente con le feci. Nell’industria è usato nei processi di galvanizzazione, produzione di leghe, batterie elettriche. L’esposizione ai fumi dei sali di zinco può provocare irritazione cutanea, delle vie respiratorie e dell’apparato gastroenterico.

 

Zinc is a metal present in trace amounts in the body, where it is involved in numerous activities. It is found in many enzymes (metalloenzymes) and plays a role in protein synthesis, growth, spermatogenesis, and wound healing. It also regulates carbohydrate homeostasis and cell-mediated immunity. Zinc is normally present in the diet (meat, fish, eggs, milk), is absorbed at the gastrointestinal level, and is primarily eliminated through feces. In industry, it is used in galvanization processes, alloy production, and electric batteries. Exposure to zinc salt fumes can cause skin irritation, respiratory tract irritation, and gastrointestinal issues.

ZINCOPROTOPORFIRINA

Questo test misura la concentrazione di Zincoprotoporfirina (ZPP) nel sangue. La ZPP è normalmente presente in piccole quantità all’interno degli eritrociti, ma la carenza di ferro o l’avvelenamento da piombo possono determinare un suo incremento.Per capire come i livelli di ZPP possano essere influenzati sia dalla presenza di quantità eccessive di piombo che dalla carenza di ferro, è necessario avere maggiori informazioni riguardo al gruppo eme.Il gruppo eme (Fe-protoporfirina IX) è un componente essenziale dell’emoglobina, la proteina contenuta all’interno degli eritrociti e deputata al trasporto dell’ossigeno dai polmoni a tutti gli organi e i tessuti.La formazione del gruppo eme prevede una serie di passaggi che culminano con l’inserimento di un atomo di ferro all’interno di una molecola chiamata protoporfirina. In condizioni di carenza di ferro o nel caso in cui l’inserimento del ferro sia inibito, come in presenza di quantità eccessive di piombo, la protoporfirina lega lo zinco piuttosto che il ferro, con la conseguente formazione della zinco-protoporfirina. La ZPP non è in grado di legare l’ossigeno e pertanto non può realizzare l’importante ruolo svolto fisiologicamente dal gruppo eme.La protoporfirina presente negli eritrociti (EP) si accumula nei GR quando il ferro non è presente in quantità sufficiente per una corretta sintesi dell’eme. Una piccola percentuale di EP può essere libera ed essere misurata come protoporfirina eritrocitaria libera (FEP), mentre la EP rimanente (circa il 90%) viene misurata come zinco protoporfirina (ZPP).

 

This test measures the concentration of Zinc Protoporphyrin (ZPP) in the blood. ZPP is normally present in small amounts within red blood cells, but iron deficiency or lead poisoning can lead to an increase in its levels. To understand how ZPP levels can be influenced by both excessive amounts of lead and iron deficiency, it is necessary to have more information about the heme group. The heme group (Fe-protoporphyrin IX) is an essential component of hemoglobin, the protein contained within red blood cells responsible for transporting oxygen from the lungs to all organs and tissues. The formation of the heme group involves a series of steps that culminate in the insertion of an iron atom into a molecule called protoporphyrin. In conditions of iron deficiency or when iron insertion is inhibited, such as in the presence of excessive amounts of lead, protoporphyrin binds zinc instead of iron, resulting in the formation of zinc protoporphyrin. ZPP is unable to bind oxygen and therefore cannot perform the important physiological role played by the heme group. The protoporphyrin present in red blood cells (EP) accumulates in red blood cells when iron is not present in sufficient quantities for proper heme synthesis. A small percentage of EP may be free and measured as free erythrocyte protoporphyrin (FEP), while the remaining EP (about 90%) is measured as zinc protoporphyrin (ZPP).

ZONISAMIDE

La zonisamide è un farmaco antiepilettico sulfonamidico chimicamente distinto dagli altri farmaci antiepilettici. Come derivato dell’1,2-benzisossazolo, può essere indicato sia per condizioni epilettiche che non epilettiche. Questa attività esamina le indicazioni, la somministrazione, le controindicazioni e le precauzioni associate all’uso di zonisamide. Il meccanismo d’azione, la farmacocinetica, le reazioni avverse associate e le strategie di monitoraggio vengono analizzati per migliorare il processo decisionale clinico. Vengono inoltre discusse le interazioni farmacologiche e la tossicologia clinica per supportare pratiche di prescrizione sicure ed efficaci. Un esame dettagliato delle proprietà farmacologiche della zonisamide fornisce agli operatori sanitari conoscenze essenziali per ottimizzare l’assistenza ai pazienti. Per promuovere approcci terapeutici collaborativi, viene sottolineato il ruolo del team sanitario interprofessionale nella gestione della terapia con zonisamide. Una conoscenza approfondita di questo farmaco consente di elaborare piani di trattamento personalizzati, riducendo al minimo gli effetti avversi. Integrando queste conoscenze nella pratica clinica, gli operatori sanitari possono migliorare i risultati per i pazienti e migliorare gli standard di cura nella gestione dell’epilessia.

Zonisamide is a sulfonamide antiepileptic drug that is chemically distinct from other antiepileptic medications. As a 1,2-benzisoxazole derivative, it may be indicated for both epileptic and non-epileptic conditions. This activity reviews the indications, administration, contraindications, and precautions associated with zonisamide use. The mechanism of action, pharmacokinetics, associated adverse reactions, and monitoring strategies are analyzed to enhance clinical decision-making. Drug-drug interactions and clinical toxicology are also discussed to support safe and effective prescribing practices. A detailed examination of zonisamide’s pharmacological properties provides healthcare professionals with essential knowledge for optimizing patient care. To promote collaborative treatment approaches, the role of the interprofessional healthcare team in managing zonisamide therapy is emphasized. A thorough understanding of this medication allows for individualized treatment plans while minimizing adverse effects. By integrating this knowledge into clinical practice, healthcare professionals can improve patient outcomes and advance care standards in epilepsy management.

ZONULINA (Siero)

Negli ultimi anni gli scienziati hanno identificato la zonulina come un biomarcatore chiave per la permeabilità intestinale, che è stata associata alla celiachia, alla sensibilità al glutine non celiaca (NCGS) e ad altre condizioni gastrointestinali e sistemiche. In un tratto gastrointestinale sano le strette giunzioni tra le cellule prevengono l’afflusso non regolato di materiale luminale. Tuttavia, alcune situazioni, come la presenza di glutine per le persone celiache o con sensibilità al glutine, possono portare a livelli elevati di zonulina nel tratto gastrointestinale.
Questo può provocare la rottura delle giunzioni, portando alla permeabilità intestinale e consentendo alla zonulina di entrare nel flusso sanguigno. Di conseguenza la zonulina circolante è un marcatore clinicamente utile della permeabilità intestinale. Inoltre la zonulina è l’unico regolatore della permeabilità intestinale noto per essere reversibile, il che lo rende prezioso anche nel monitoraggio degli interventi terapeutici. Diverse malattie autoimmuni, infiammatorie e neoplastiche ma anche una maggior permeabilità intestinale sono state associate a livelli elevati di zonulina, che può essere identificata da questo test.

In recent years scientists have identified zonulin as a key biomarker for intestinal permeability, which has been associated with celiac disease, non-celiac gluten sensitivity (NCGS), and other gastrointestinal and systemic conditions. In a healthy gastrointestinal tract tight junctions between cells prevent unregulated influx of luminal material. However, some situations, such as the presence of gluten for people with celiac disease or gluten sensitivity, can lead to elevated zonulin levels in the gastrointestinal tract.
This can cause the junctions to break, leading to intestinal permeability and allowing zonulin to enter the bloodstream. Accordingly circulating zonulin is a clinically useful marker of intestinal permeability. In addition zonulin is the only intestinal permeability regulator known to be reversible, which also makes it valuable in monitoring therapeutic interventions. Several autoimmune, inflammatory and neoplastic diseases but also greater intestinal permeability have been associated with elevated levels of zonulin, which can be identified by this test.